E ora Bennati: con Remco forse poteva starci Bettiol

25.09.2022
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Daniele Bennati qualche chiacchiera con i suoi è riuscito a farla e solo per questo accetta di parlarne. Un attimo fa si è guardato intorno, nell’area piuttosto stretta dei camper delle squadre, chiedendosi come mai ci fossero tante facce lunghe.

Ragionando, si è detto che avevamo tutti gli occhi puntati sulla corsa dei pro’ dopo il bilancio di quelle precedenti, e questo aveva implicitamente fatto aumentare le attese. E’ anche vero però che la nazionale è partita dall’Italia tra voci di sicura disfatta. Invece gli azzurri sono stati protagonisti, arrivando a giocarsi una medaglia.

Nella riunione informale del mattino, Bennati ha ripassato i ruoli: clima disteso
Nella riunione informale del mattino, Bennati ha ripassato i ruoli: clima disteso

Errore o ragionamento

C’è quell’unica sbavatura che ci gira per la testa ed è il fatto che nessuno dei leader abbia seguito l’azione di Evenepoel e nella fuga siano rimasti soltanto Lorenzo Rota e Nicola Conci. Appena siamo arrivati al camper della nazionale, abbiamo trovato Bennati e Trentin che parlavano proprio di questo (foto di apertura). Matteo non sembrava molto convinto, ma non doveva essere lui a muoversi. Bennati allarga le braccia, la mancanza l’ha colta pure lui.

«Diciamo che se si muoveva Remco – ammette il cittì – e in quella fuga ci fosse stato Bettiol, a quel punto Rota sarebbe stato veramente importante per lui. E’ chiaro che Alberto in quel frangente sicuramente avrà ragionato, perché poi quando sei in corsa fai anche dei ragionamenti. E ti dici che secondo te la corsa potrebbe andare un altro modo. Magari ha visto dei movimenti del Belgio o della Francia piuttosto che di qualche altra nazionale.

«L’Australia comunque è un po’ mancata. Parliamoci chiaro, loro si aspettavano probabilmente che anche l’Australia potesse controllare meglio la situazione, perché Matthews era uno dei favoriti. E lì sono scelte. E’ chiaro però che se perdi l’attimo, poi ti giochi il mondiale».

Bettiol probabilmente avrebbe dovuto entrare nella fuga di Evenepoel: l’attacco era annunciato
Bettiol probabilmente avrebbe dovuto entrare nella fuga di Evenepoel: l’attacco era annunciato

L’errore dei quattro

Un secondo di silenzio serve per fare ordine nelle idee. Se non fosse stato per questo mezzo blackout la ciambella sarebbe riuscita col buco, perché il toscano non è così sicuro che Evenepoel avrebbe staccato Bettiol come ha fatto invece con Lutsenko. Ma a quel punto, con i soli Rota e Conci davanti, le cose sono andate fin troppo bene. Fino al grande rimescolamento nel finale.

«Dispiace – dice Bennati – perché comunque in pochissimo tempo ci siamo giocati due medaglie. C’è stato un rimescolamento che… Parliamoci chiaro, non era facile da interpretare, perché era un circuito duro, ma allo stesso tempo veloce. E questo è la dimostrazione del fatto che se hai un po’ di vantaggio davanti ma ti fermi e dietro vanno a 60 all’ora, fanno anche presto a chiudere il gap. Però è chiaro che quando sei li a giocarti una medaglia, i quattro anzi se ne giocavano due…

«Sono stati dei polli. Secondo me sono stati tutti e quattro dei polli, perché comunque quattro corridori che in carriera non si sono mai ritrovati a giocarsi il podio in un mondiale, e tutti giovani, non si fermano a quel modo.

«Dicono che non sapevano nulla dei distacchi? Eh, ho capito, a maggior ragione se non lo so, io cerco di girare fino ai 300 metri e poi faccio la volata. Almeno la perdo sulla linea. Comunque mi dispiace per Rota, perché lui veramente si è fermato, ma gli altri si sono fermati dietro di lui. E dispiace perché nel giro di 200 metri sono svanite due possibilità di medaglie». 

Sobrero e Zana su un ponticello con la radio e sotto il sole passavano gli ordini di Bennati
Sobrero e Zana su un ponticello con la radio e sotto il sole passavano gli ordini di Bennati

Due posti a disposizione

La corsa di Wollongong corre come un film davanti agli occhi del Benna e fra le righe racconta che il sistema di comunicazione radio era così precario che ha preferito fermarsi in un punto lungo la strada, approfittando di uno schermo. Lungo il percorso, a parte le postazioni ai due box, Sobrero e Zana fermi su un cavalcavia con la radio in mano fornivano informazioni aggiuntive. I due dopo la corsa avevano la faccia bruciata dal sole.

E così il debutto iridato di Bennati è ormai alle spalle e si sottoporrà nelle prossime ore al giudizio di appassionati ed esperti.

«Battistella davanti – ragiona Bennati – ha fatto il suo alla grande. E’ chiaro che su otto, qualche defezione ce l’hai sempre. È difficile fare tutto, tutto alla perfezione, però non so se ci sia convenuto che alla fine si sono riuniti. Secondo me il fatto di essere esserci riuniti ci ha precluso magari una possibilità di medaglia. Rota allo sprint se la cava, erano quattro e c’erano due posti a disposizione.

«Poi addirittura per un attimo ho pensato che Trentin avesse fatto quarto, terzo della volata. A quel punto stare giù dal podio di una sola posizione sarebbe stato parecchio fastidioso».

Evenepoel: impresa pazzesca e grande vittoria di squadra

25.09.2022
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Quando ha deciso che anche Lutsenko era di troppo mancavano 25,7 chilometri al traguardo. Quello che aveva fatto sino a quel punto aveva già dello straordinario e in qualche modo aveva messo in pratica quanto annunciato dai belgi alla vigilia. Remco Evenepoel da lontano, Wout Van Aert nel finale. Forse, volendo leggere fra le pieghe della corsa, Remco si è mosso un po’ prima di quanto si aspettasse il compagno di nazionale. Perché mano a mano che la testa della corsa si fosse avvicinata al traguardo, le azioni del gigante di Herentals sarebbero aumentate di valore.

Remco non si è neppure voltato, si è limitato ad alzarsi sui pedali e dare due colpi più energici degli altri. E per il kazako si sono spenti luce e sogni.

Il resto è stata la cavalcata eccezionale che tutti hanno visto. Con la stessa sicurezza che alla Vuelta gli ha permesso di divorare la crono di Alicante, lunga curiosamente quanto la sua fuga di oggi.

Mancano 27,5 chilometri all’arrivo: Remco lascia Lutsenko
Mancano 27,5 chilometri all’arrivo: remco lascia Lutsenko

Un anno da sogno

Remco Evenepoel arriva davanti ai giornalisti dopo aver abbracciato e ricevuto abbracci. Bello quello con Van Aert dopo l’arrivo e bello anche quello con Alaphilippe, suo fratello maggiore alla  Quick Step-Alpha Vinyl. La gente ai piedi del palco lo ha osannato, perché quel suo vincere sfrontato ha conquistato la gente accalcata nel parco in riva al mare.

«Penso che sia ancora incredibile – dice – questa stagione non ha niente di normale. E’ iniziata a febbraio con la Valenciana e alle mie spalle non c’erano grandi vittorie. Sono venute la prima Monumento, un grande Giro e il mondiale. Come faccio a crederci?».

Vittoria di squadra

Ha corso e vinto con la sfacciataggine di quando da junior conquistò allo stesso modo il mondiale di Innsbruck, ma rispetto a quel Remco, quello di oggi è più saggio e attento. Non celebra se stesso e la sua impresa solitaria, ma la inquadra al centro di una scena più ampia.

«Oggi il team è stato fortissimo – dice il neoiridato – sempre in testa e mai a inseguire. Si è creato davvero il perfetto scenario. E quando i francesi hanno aperto la corsa, ci siamo ritrovati in quattro davanti e quattro dietro. Non potevamo aspettarci niente di meglio. Quello che abbiamo fatto era nei piani. Avere due leader è stata la migliore decisione, ma è chiaro che queste scelte dipendono dal percorso. Fosse stato più veloce, nessun dubbio a puntare tutto su Van Aert, ma così era bene essere di più».

«Ho capito di aver vinto solo alla fine. Quando ero con Lutsenko pensavo di avere buone possibilità. Quando l’ho staccato, ho pensato di aver rischiato. L’ultimo giro da solo poteva essere un rischio, ma quando sono arrivato in cima all’ultima salita, ho iniziato a vedere l’arrivo.

«In discesa sono stato super veloce. E finalmente ai 3 chilometri dall’arrivo, ho capito che presto sarei stato il nuovo campione del mondo».

Evenepoel rompe gli indugi: lo segue solo Lutsenko
Evenepoel rompe gli indugi: lo segue solo Lutsenko

Svolta alla Tirreno

La svolta nella sua stagione e di riflesso nella sua carriera pare ci sia stata a marzo in Italia, dopo l’aspra lezione alla Tirreno-Adriatico. Tornò a casa con la coda fra le gambe, avendo capito che prepararsi per una corsa a tappe e seguire la giusta dieta non sono cose solo per gli altri.

«Perciò dopo aver vinto la Liegi – racconta – ho cominciato a preparare la Vuelta e a fare le cose nel modo giusto. Ho imparato a conoscere il mio corpo, a gestire l’allenamento e il recupero. La conoscenza e la pazienza, che portano i grandi risultati. E oggi è venuta la vittoria più bella di tutte. Ogni corridore inizia con dei sogni. I miei erano la Liegi, un grande Giro e il mondiale (alza lo sguardo e sorride, ndr), ma non avevo mai sognato di vincerli nello stesso anno. Però non parliamo delle mie vittorie solitarie, perché anche se sul traguardo ci sono io, dietro c’è un team di uomini e donne che mi aiutano e lavorano con me».

Van Aert all’attacco, nonostante Evenepoel al comando. Per poco ai belgi non riusciva il doppio podio
Van Aert all’attacco, nonostante Evenepoel al comando. Per poco ai belgi non riusciva il doppio podio

Evenepoel e la pressione

I giorni di Wollongong hanno avuto voci e colori diversi. Il jet-lag non gli ha fatto sconti e così nel giorno della crono, dove pure ha preso il terzo posto, ammette di non aver avuto la capacità di soffrire, semplicemente perché era ancora stanco.

«Ma la settimana in più di recupero e allenamenti con la squadra – annuisce Remco – hanno riportato nel mio corpo la freschezza giusta. Stamattina mi sentivo nuovamente fresco e con la testa libera. So che adesso qualcuno mi chiederà di vincere il Tour, ma finalmente posso dire che il problema della pressione è qualcosa che non mi disturba più.

«Ho un gruppo di lavoro e una famiglia che mi circondano e mi rendono forte. Non vinci mai da solo e non sei solo neppure quando perdi. Sono tutti concetti che ho imparato mentre mi rialzavo dall’incidente del Lombardia. La rieducazione mi ha reso quello che sono ora».

Tempo per la festa

Lo vedi che smania per andare. Dice che non ha ancora acceso il telefono perché non c’è un wifi e il roaming gli costerebbe troppo. Dice che Alaphilippe gli ha fatto i complimenti e lo ha salutato, sapendo che il mondiale sarà la sua ultima corsa di stagione. Dice di voler festeggiare finalmente la Vuelta e ora questo “cadeaux” aggiuntivo.

Poi sta un attimo zitto al pensiero delle vacanze e aggiunge che magari la prima uscita ufficiale con la maglia iridata potrebbe anche farla. Ma la lascia cadere nel vuoto. Lo stesso che resta nell’immensa sala stampa, quando se ne va. Wollongong 2022 finisce qui, le nostre storie andranno avanti ancora per un po’…

EDITORIALE / La legge di Newton, Ganna e le cose della stampa

19.09.2022
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E’ tutto un fatto di equilibrio, in fondo. Pertanto, applicando il principio di azione e reazione, tanto vieni portato in alto quando vinci, per quanto verrai tenuto sotto quando qualcosa si incepperà. Nello sport e soprattutto in Italia, la terza legge di Newton ha un’applicazione quasi perversa. Puoi diventare dio e il giorno dopo ritrovarti servo della gleba. E a quel punto nel mirino finisce anche la decorazione del casco. Chi ha avuto la fortuna di lavorare negli anni di Pantani sa di cosa stiamo parlando. Ieri la scure si è abbattuta su Filippo Ganna, che ha accusato il colpo, forse perché finora non ne aveva ancora sperimentato il taglio.

Nella vicenda in sé, quel che ha uno strano sviluppo è il metro di certe valutazioni. Per cui la frase di Ganna dopo la resa nasconde una profonda verità. «Se vincevo – ha detto – erano tutti felici. Ma a quanto pare perché è venuto un settimo posto, ho fatto il flop dell’anno».

Ganna è arrivato bene al mondiale, come conferma la vittoria del prologo al Giro di Germania
Ganna è arrivato bene al mondiale, come conferma la vittoria del prologo al Giro di Germania

La tutela di Ganna

Questo concetto lo abbiamo parzialmente affrontato dopo la crono, oggi andiamo oltre. Al pari dell’indignazione per il monumento Lombardia picconato dal record dell’Ora, vogliamo chiederci in che modo sia gestito il monumento Ganna. E se la sua generosità non stia diventando la sua condanna.

Lo scorso anno 66 giorni di gara: neanche tanti, direte. Ma se si entra nello specifico, si nota che oltre al Giro d’Italia con le due crono vinte e i tanti chilometri tirati per Bernal, al cumulo dei giorni vanno aggiunti le Olimpiadi (5° nella crono e oro nel quartetto) e subito dopo i campionati europei (2° nella crono e ritirato su strada), i mondiali strada (oro nella crono) e per finire i mondiali su pista (oro nel quartetto e bronzo nell’inseguimento individuale). Ciascuna di queste prove ha richiesto ritiri e lavori specifici. Quanto è logorante un calendario del genere? Quanto costa in termini nervosi? E quanto questo stillicidio toglie freschezza alla preparazione successiva?

Quest’anno, finora, 66 giorni di corsa: gli stessi di fine 2021. Il Giro è stato sostituito dal Tour e nel mezzo ci sono stati ugualmente gli europei della crono (bronzo), i mondiali crono (settimo posto) e mancano ancora il Team Relay di mercoledì, quindi il record dell’Ora e i mondiali in pista. Fermo restando che nell’anno post olimpico tutti gli atleti che abbiano vinto accusano una flessione di rendimento, non è forse sbagliato pretendere che Ganna continui a vincere e criticarlo se non ci riesce? E non è poco lungimirante da parte di chi lo gestisce continuare ad assecondarne la generosità?

La sala stampa di Wollongong, dimensionata per i soliti numeri, appare ancora deserta
La sala stampa di Wollongong, dimensionata per i soliti numeri, appare ancora deserta

Dal nostro inviato

Chi ieri fosse stato accanto a Ganna mentre si scaldava avrebbe colto dei segni di nervosismo. Probabilmente perché Filippo, come poi ha detto, si era accorto dal mattino di non avere grandi sensazioni e sapeva di avviarsi verso una gara nella quale è impossibile nascondersi. Se non stava davvero bene, tutti lo avrebbero visto. Gli amici. I parenti. E anche i tifosi che non lo conoscono, ma gli vogliono bene. E che, al pari di coloro che lui ha citato nelle sue scuse, si sono alzati per vederlo correre.

Il guaio è che ieri accanto a Ganna eravamo davvero in pochi. E qui si apre un’altra pagina. Venire in Australia è stato un piccolo investimento, ma non esserci avrebbe significato interrompere il filo invisibile che permette al giornalista di raccontare dopo aver visto. Provando a dare una lettura obiettiva e non filtrata dai commenti di altri.

A Wollongong siamo in pochi, circa 150 tra giornalisti, fotografi e televisivi. Dall’Italia appena in 6. La Rai con Stefano Rizzato, Bicisport con Luca Neri, i fotografi Luca Bettini, Stefano Sirotti ed Eloise Malavan e ovviamente chi vi scrive. D’accordo, si sopravvive bene anche con il telefono, gli audio whatsapp e le videoconferenze ereditate dal Covid, ma se questa fosse la regola, perderebbe senso l’esistenza stessa degli inviati. Non è la stessa cosa, grazie al Cielo. Scrivere a migliaia di chilometri di distanza fa perdere il senso di umanità che si prova davanti alla vittoria e ancor di più alla sconfitta

Il clima di critiche non sta regalando alla nazionale la vigilia più serena
Il clima di critiche non sta regalando alla nazionale la vigilia più serena

La voce dei campioni

Il ciclismo, ha scritto giorni fa Pier Bergonzi in un corsivo sulla Gazzetta dello Sport commentando la sovrapposizione delle date di Lombardia e record dell’Ora, si diverte a farsi del male. Non potrebbe essere più vero, ma il problema va ben oltre la Classica delle Foglie Morte. Forse bisognerebbe avviare un’azione robusta contro la deriva imposta dall’UCI, che ha portato di recente alcuni grandi club a non mandare i propri atleti in nazionale. Anche questa una picconata niente male, di cui però si parla poco. E come sarebbe ingiusto per essa additare i corridori assenti, altrettanto lo è appellarsi a Ganna perché faccia cambiare la data del tentativo di Grenchen. La responsabilità nel caso specifico non è ascrivibile all’atleta, quanto ai suoi datori di lavoro. Che hanno imposto a lui il record e a noi la data, peraltro per dare modo a Filippo di partecipare ai mondiali in pista. Il mercoledì ci saranno le qualificazioni del quartetto e dovrà aver recuperato. E se dicessimo che uno dei due è di troppo?

Il timore, in questo momento di fulmini e saette, è che se quel record non arrivasse, anziché premiare l’eroismo di averci provato, si scriverebbe di arroganza per averlo fatto. E questo, parlando di sport, è un evidente squilibrio. Che vizia i rapporti fra giornalisti e campioni e di riflesso fra campioni e tifosi, laddove in certi momenti siamo noi più degli stessi social la loro voce verso l’esterno. Lo abbiamo visto nei mesi del Covid, cerchiamo di non dimenticarlo: cosa c’è di bello a raccontare il ciclismo perdendo la voce dei protagonisti?

Prima gara, primo oro: Guazzini regina della crono U23

18.09.2022
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«Di solito sono nevrotica prima di una crono – sorride Vittoria Guazzini vestita con i colori dell’iride – ma questa volta credo di essere stata insopportabile. Ringrazio e mi scuso con tutti quelli che ho tirato matti in questi giorni. I meccanici soprattutto. Non immaginate quante volte ho chiesto di cambiare i rapporti…».

Stamattina si scaldava all’ombra del camper, per ripararsi dai raggi del sole di colpo aggressivi. E mentre Elisabetta Borgia le stava accanto con la sua presenza tranquillizzante, i meccanici Foccoli e Cornacchione avevano appena finito di ripassare la sua bici, montata con il 55×11 dopo giorni di modifiche e teorie.

La previsione del cittì

La toscana sorride con ogni parte del suo viso. Ha concluso la conferenza stampa mangiando una barretta, col terrore che le arrivasse la domanda mentre stava masticando. Così, da grande direttrice d’orchestra, invitava a rispondere l’olandese e la tedesca che l’hanno accompagnata sul podio iridato delle under 23.

La previsione del cittì Sangalli, con cui quest’anno Guazzini aveva già vinto i Giochi del Mediterraneo, è stata azzeccata. Guazzini è stata anche seduta sulla hot seat accanto a Grace Brown che fino a quel momento aveva ottenuto il miglior tempo, poi ne è scesa quando sono arrivate la svizzera Reusser e alla fine Ellen Van Dijk che ha vinto il titolo fra le elite.

«Ho corso per fare il meglio possibile nell’ordine d’arrivo generale – spiega Guazzini – ma vincere non è male. Questo risultato mi dà tanta motivazione per il tipo di prestazione che sono riuscita a fare. E’ di buon auspicio per fare meglio l’anno prossimo e puntare, perché no, al titolo delle elite».

Il percorso non era dei più adatti a Guazzini, ma il quarto tempo assoluto parla di un’ottima prova
Il percorso non era dei più adatti a Guazzini, ma il quarto tempo assoluto parla di un’ottima prova

Un passo in più

La nuova categoria è arrivata appena in tempo. E Vittoria, che già l’anno scorso agli europei di Trento aveva vinto il titolo delle più giovani, prosegue nella sua crescita.

«Il percorso non era semplice – spiega – ma stavo così bene da non aver sofferto più di tanto sulle due salite. Ero veramente nervosa. Le crono mi piacciono tanto, ma mi rendono nervosa perché si tratta di combattere contro se stessi. Finalmente poi sono partita e mi sono concentrata sull’andare forte, spingere al massimo e rilanciare forte dopo le curve. Avere la categoria U23 ai mondiali è un bel passo avanti. Sarebbe meglio avere due gare distinte, ma ora mi godo questa maglia e prendo il buono della novità. Il salto dalle junior alle elite è davvero troppo alto e avere una categoria intermedia è quello di cui davvero c’era bisogno».

La mattinata se ne va con i colori sgargianti dell’iride della ragazza italiana, che per il resto del tempo veste i colori della FDJ Nouvelle Aquitaine. Il pomeriggio sarà dedicato alle crono degli uomini. Nell’area dei camper e nella zona box il fruscio dei rulli nella fase di riscaldamento è già a pieno regime.

L’ultima volta in Australia? A Pozzato girano ancora

16.09.2022
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L’ultima volta che i mondiali si sono corsi in Australia fu nel 2010 e a Pozzato girano ancora le scatole. Il vicentino aveva 29 anni e arrivò quarto, dando però la sensazione di poter vincere. Hushovd, Breschel, Davis. E poi Filippo. Per questo, strappato per qualche minuto alla routine di organizzatore proiettato verso i mondiali gravel di ottobre, il tono di voce cambia e si inasprisce.

Fu un anno maledetto. Il 7 febbraio l’incidente si portò via Franco Ballerini, il cittì di 4 mondiali vinti e un’Olimpiade. Al suo posto fu spinto Paolo Bettini, che non riuscì a dire di no e grazie a questo avrebbe scoperto negli anni di avere qualità tecniche eccellenti. Il suo lavoro, guidato da emotività e senso del dovere, fu mantenere in nazionale lo spirito di Franco. In Australia portò Gavazzi, Nibali, Oss, Paolini, Pozzato, Tonti, Tosatto e Visconti. Pozzato ricorda, la voce adesso è bassa.

Pozzato arrivava ai mondiali di Geelong dopo la Vuelta. Sulla maglia la scritta per Ballerini
Pozzato arrivava ai mondiali di Geelong dopo la Vuelta. Sulla maglia la scritta per Ballerini

Da Madrid a Melbourne

Corse la Vuelta, quella di Nibali. Si fermò proprio alla vigilia della Bola del Mundo, con il terzo posto di Toledo nelle gambe, ad appena un secondo da Gilbert in forma smagliante e Tyler Farrar.

«Andammo via presto – ricorda – perché c’era un’altra gara il sabato prima, quindi era tutto previsto. Mi sono fermato il venerdì e ricordo di aver fatto un buon avvicinamento, sarei arrivato al mondiale come volevo io. Poi si sa, in Italia ci sono sempre stati i giornalisti che mi davano contro. Non è che ti facessero lavorare tranquillo. Dovevo sempre dimostrare qualcosa, dicevano che comunque non avevo vinto, anche se andavo forte. E si chiedevano se fossi pronto per fare il leader e cose di questo tipo».

Una settimana prima del mondiale, Pozzato vince la Herald Sun World Cycling Classic: la gamba c’è
Una settimana prima del mondiale, Pozzato vince la Herald Sun World Cycling Classic: la gamba c’è
Come andò?

Paolo, che comunque a me è sempre piaciuto molto per come ha interpretato il ruolo di cittì, forse viveva la corsa come le faceva lui, col suo modo di correre. Io invece correvo al contrario rispetto a lui e questo forse ci portò a fare una corsa un po’ troppo d’attacco. Ma la colpa per come andò il finale fu solamente mia. Era un mondiale che avrei vinto con una gamba sola o comunque abbastanza facilmente. Bastava solo partire due posizioni più avanti.

Cosa successe?

A un certo punto, verso fine corsa, mi convinsi di non avere le gambe per fare la volata. Invece quando sono partito, mi sono chiesto: come mai gli altri non vanno? Sembravano tutti fermi, piantati. E io rimontavo, rimontavo, ma non abbastanza. Un metro dopo l’arrivo ero praticamente primo. Venivo su a doppia velocità, bastava partire due posizioni davanti.

Gilbert è in gran forma e attacca a raffica per arrivare da solo: Pozzato lo segue
Gilbert è in gran forma e attacca a raffica per arrivare da solo: Pozzato lo segue
Da mangiarsi ancora le mani?

Forse Geelong è il più grosso rammarico della carriera. Io avevo due sogni. Vincere la Sanremo e il mondiale e il mondiale non sono mai riuscito a vincerlo.

Si parlò dell’ultima curva presa troppo indietro…

L’ultima curva l’ho presa indietro perché ero suonato, ero convinto di non avere le gambe. Perché comunque c’era Gilbert che volava. Attaccò cinque o sei volte e io gli sono sempre andato dentro. L’ultima volta non sono riuscito a seguirlo, perché avevo un inizio di crampi e sono andato un po’ in crisi di testa. Mi sono detto: hai i crampi, vedi che sei finito e gli altri vanno il doppio?

La volata di rimonta non basta, Hushovd iridato, Pozzato “solo” quarto
La volata di rimonta non basta, Hushovd iridato, Pozzato “solo” quarto
Bastava crederci di più?

Mi sono messo in testa questa cosa qua, invece alla fine ero quello che stava meglio di tutti. Erano morti, ma il mio più grande problema è sempre stato che quando vincevo non facevo tanta fatica, quindi pretendevo di andare alle corse e arrivare sempre senza soffrire. Così, se magari sentivo una mezza cosa che non andava, era crisi.

Ci pensi ancora?

Ci penso sì. Mi girano veramente le scatole di non essere mai diventato campione del mondo. Per un motivo o per l’altro, anche se magari andavo forte, m’è sempre sfuggito, Al mondiale di Stoccarda sono stato l’ultimo a staccarmi da quelli davanti per i crampi, per una cavolata mia e vabbè… Più o meno una ti ritorna sempre indietro, ma quella in Australia è stata l’occasione che ho buttato io. Certi treni non passano più.

Come andò con il fuso?

All’andata andò bene. Anticipammo parecchio perché il sabato prima ci fu una corsa (Herald Sun World Cycling Classic, ndr) e la vinsi io. Fu la scelta giusta proprio per prendere il fuso orario. Corremmo quasi subito e io ero ancora suonato per il viaggio, però vinsi e quindi era il segno che andavo.

Com’era il clima?

Era inverno, non era caldo. C’era una bella temperatura, era freschino. Il giorno che ho vinto, avevo la maglia a maniche lunghe. Invece il mondiale lo feci a maniche corte. Saranno stati 20 gradi.

Invece in squadra?

Paolo era stato veramente bravo a costruire la squadra, essendo uno che aveva appena smesso ed era stato in gruppo fino a due anni prima. Era comunque uno di noi e creò un gran clima. Secondo me era riuscito a rimettere in piedi le stesse idee che Ballerini aveva cercato di portare in nazionale, quindi stavamo veramente bene.

Al via da Melbourne, Pozzato con il suo fan club: dietro, suo zio
Al via da Melbourne, Pozzato con il suo fan club: dietro, suo zio
Ricordi il pubblico?

C’erano un sacco di italiani d’Australia. Tra l’altro ho anche dei parenti e mi ricordo che erano venuti anche mio papà e mia mamma. C’era gente immigrata tanto tempo prima, quindi era bello perché comunque sembrava quasi di essere a casa e loro erano orgogliosi di vederci con la maglia azzurra. Una bella sensazione, un bel modo di correre anche a livello emozionale. Un qualcosa in più.

Il pensiero a Ballerini?

Avevamo sulla maglia una scritta per Franco: “Ballero sempre con noi”. Secondo me era stata una cosa veramente bella. Diciamo che il clima non era cambiato tanto rispetto a quando c’era lui. Si sentiva la mancanza, però Paolo era stato bravissimo a rimettere in piedi l’atmosfera che Franco aveva creato negli anni. Perché Paolo è quello che l’ha vissuta meglio di tutti, ha vinto i mondiali e le Olimpiadi con lui, era quello che meglio di tutti sapeva interpretare quel suo spirito.

Da Jovanotti al mondiale: i dieci guerrieri di Bennati

13.09.2022
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Si potranno fare polemiche perché il tecnico della nazionale Bennati, amico di Jovanotti, ha avuto l’idea e l’opportunità di far conoscere il ciclismo a 50 mila persone che hanno così saputo del mondiale e magari tiferanno Italia? Da noi succede anche questo e a dire il vero, rischiando con questo altre maledizioni, sarebbe bello che accadesse più spesso. Significherebbe che il ciclismo sta uscendo dalla sua nicchia per sbocciare quale lo sport figo che è sempre stato.

Tanti fortunatamente hanno preso favorevolmente posizione sul tema e fra questi vale la pena segnalare gli interventi di Marino Bartoletti e a seguire il commento di Pippo Pozzato. Se c’è uno legato al valore della maglia azzurra, cresciuto accanto a Franco Ballerini e Alfredo Martini, quello è proprio Daniele, ma cosa c’è di male nell’uscire dal tempio (spesso vuoto) e scendere nelle strade? Così, proprio con Bennati, parliamo della sua prima squadra per il mondiale, dopo il debutto agli europei di Monaco.

Bennati ha dato una prima lista degli azzurri sul palco di Jovanotti, provocando reazioni discordanti (foto FCI)
Bennati ha dato una prima lista degli azzurri sul palco di Jovanotti, provocando reazioni discordanti (foto FCI)
Affini, Ballerini, Bagioli, Battistella, Bettiol, Conci, Rota, Sobrero, Trentin, Zana. Una squadra giovane e bella. E forse non c’erano alternative…

Piace molto anche a me. Giovane sì, rispetto alle abitudini. Ma guardando quello che c’è fuori, forse neanche giovanissima. Di certo quando ho cominciato io, non c’era così tanto spazio per i corridori emergenti. E’ la nuova tendenza.

L’ultima volta che ci siamo sentiti, dicesti di aspettare un segnale da Bagioli.

Sono contento di come si è mosso in Canada (terzo a Montreal, dietro Pogacar e Van Aert, ndr). Visto come sono andate le cose con Ulissi, devo dire grazie alla Quick Step per la disponibilità che ha dimostrato. Ho detto che avrei aspettato lo scorso weekend per dare la conferma e loro hanno capito. Andrea è un talento vero, che quando sta bene sa lasciare il segno.

Bagioli doveva un segnale a Bennati e a Montreal gliel’ha mandato con il terzo posto
Bagioli doveva un segnale a Bennati e a Montreal gliel’ha mandato con il terzo posto
Ha semmai il problema che in squadra viene spesso dopo altri leader. Un po’ come gli azzurri che hanno vinto il mondiale di volley…

Hanno quasi tutti questo problema. Rota è quello con più continuità e più risultati e infatti è anche il primo italiano nel ranking UCI in 35ª posizione. Lo stesso Trentin è spesso al servizio della squadra, idem Bettiol (in apertura a Montreal, ndr). Quando al Tour ha fatto secondo a Mende, prima aveva tirato forte per Uran. Hanno poche occasioni e questo dipende dalla mancanza della famosa squadra WorldTour italiana, ma anche dalle poche occasioni di fare esperienza. Forse saremo anche meno talentuosi, ma quando arrivi in corse così importanti, l’esperienza è tutto. E noi spesso non riusciamo a farla.

Bettiol, Trentin, e Bagioli saranno le punte?

Certamente, anche Bagioli diventa una delle tre frecce per il finale. Bettiol è il fulcro, ma tutti conosciamo anche le qualità atletiche e la capacità di gestione di Trentin. Rota viene subito dietro, ma è molto affidabile e ha sempre dimostrato nelle grandi corse di saper essere protagonista.

Ulissi no, fermato dalla squadra. Trentin sì e sarà il regista in corsa degli azzurri
Ulissi no, fermato dalla squadra. Trentin sì e sarà il regista in corsa degli azzurri
Due nomi su cui ragionare: Battistella e Conci.

Samuele ha avuto il piccolo intoppo del malanno alla Vuelta, ma si sta riprendendo e nei prossimi due giorni correrà in Toscana per mettersi a posto. Conci invece ho avuto modo di conoscerlo le volte in cui l’ho chiamato in azzurro a inizio stagione. Ha caratteristiche importanti, sono certo che qualsiasi cosa gli chiederò di fare, lui la farà.

Ed è anche la prova che puoi correre in una continental, ma se vai forte in nazionale ci arrivi.

L’ho portato anche per questo, anche se si corre in 8 e non potrò schierarli tutti. Nicola ha sofferto tutta la fase della Gazprom ed è stato l’unico di quelli che ho convocato a non aver vinto. Proprio perché si è messo a disposizione della squadra, lasciando che a vincere fossero i compagni.

Il combattivo Battistella in nazionale dopo una Vuelta d’attacco: è stato iridato U23 nel 2019
Il combattivo Battistella in nazionale dopo una Vuelta d’attacco: è stato iridato U23 nel 2019
Ci sarà Zana, campione italiano.

La maglia tricolore merita di essere onorata, chiaramente se il percorso lo permette. A Monaco, Zana non lo avrei mai portato. Detto questo, è un ragazzo di 24 anni che è stato anche secondo a un Avenir: non sarà l’azzurro più rappresentativo, ma ha dato dei segnali che meritavano attenzione. E sono certo che se anche alla fine fosse riserva, sarebbe con noi con identico impegno.

Le riserve saranno comunicate in Australia?

Esatto. A tutti ho detto che dovranno partire pronti per correre, non voglio cali di tensione. Ho anche parlato con Albanese e Oldani che sono rimasti fuori e ho trovato davvero dei ragazzi straordinari.

Lorenzo Rota è l’italiano che ha corso con maggior continuità ed è il primo nel ranking UCI: 35°
Lorenzo Rota è l’italiano che ha corso con maggior continuità ed è il primo nel ranking UCI: 35°
Aspettavi segnali anche da Ballerini…

Davide ha avuto un avvicinamento particolare. Doveva fare l’europeo, ma è caduto a Burgos e se l’è portata dietro a lungo. Per cui niente Monaco e attenzione sul mondiale. Non era molto tranquillo della sua condizione, ma l’ho lasciato lavorare. Ci siamo risentiti dopo il secondo blocco di lavoro e mi ha detto di sentirsi molto meglio. Allora ho parlato con il suo preparatore e mi ha confermato che è in crescita, così ho deciso di dargli fiducia. Credo che darà qualche segnale al Giro del Lussemburgo. Sarà tardi, ma a me va bene così.

Non resta che partire, insomma. Pronta la valigia?

Ho cominciato. Intanto ho messo dentro l’abbigliamento della nazionale, il resto verrà più avanti. Partiamo venerdì. Malpensa-Abu Dhabi e poi Sydney. Sono giorni intensi, ma ormai ci siamo.

Mondiali crono: sfida fra Ganna ed Evenepoel?

09.09.2022
5 min
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Se fa fede il podio ai mondiali dello scorso anno, senza Van Aert che ha deciso di puntare sulla strada, è credibile che la crono iridata di Wollongong diventi una sfida tra Ganna ed Evenepoel? Nell’intervista pubblicata dopo la prova di Alicante, il preparatore belga di Remco ha detto di non poter affermare che il suo pupillo sia più forte di Ganna solo perché lo storico è a favore dell’italiano. Ha tuttavia lasciato intuire di pensarlo.

I due si presenteranno in Australia a capo di due avvicinamenti diametralmente opposti. Evenepoel all’ultimo momento dalla Vuelta, Ganna dopo un solido ritiro in altura e poi con tutto il tempo per recuperare il jet lag. L’analisi della sfida l’abbiamo affidata ad Adriano Malori, nostro nume tutelare quando si parla di cronometro. Perché non si tratta di una disamina agevole, viste le differenze tecniche e fisiche fra i due e alla luce di un percorso non semplicissimo da interpretare.

Evenepoel arriva ai mondiali australiani dopo aver corso la Vuelta, spendendo parecchio
Evenepoel arriva ai mondiali australiani dopo aver corso la Vuelta, spendendo parecchio
Da dove cominciamo?

Da Evenepoel che dopo le fatiche della Vuelta potrebbe arrivare con una gamba non ottimale, anche se il ritiro di Roglic gli ha permesso sicuramente di spendere meno. Ganna invece ha puntato dritto sulla crono e ha fatto un avvicinamento mirato.

Il percorso?

Fanno due giri, con due strappi per giro. Quindi ci sono quattro strappi abbastanza impegnativi che favoriscono Remco, che pesa 20 chili meno di Ganna. Ma ugualmente il mio favorito è Pippo.

Si dice sempre che la Vuelta dia una marcia in più…

Se corri la Vuelta in funzione del mondiale. Ma Evenepoel ha corso per la classifica e non dimentichiamo che va forte da San Sebastian. Insomma, il suo avvicinamento sarà parecchio complicato.

Ganna si è preparato in altura in altura al rifugio Oberoli (foto Instagram)
Ganna si è preparato in altura in altura al rifugio Oberoli (foto Instagram)
Lo hai visto nella crono di Alicante?

Si vede che ha una posizione meno estrema, ma più comoda. E’ il discorso che abbiamo fatto per Cattaneo: non serve essere aerodinamici al massimo, se poi non si riesce a spingere. Piuttosto bisognerà capire quanto guadagnerà sugli strappi. Potrebbero 30 secondi a ogni salita ed è il motivo per cui quel percorso non mi piace. E’ molto tecnico, ci sono parecchie curve. Non c’è grande spazio in cui Pippo possa distendersi e lanciarsi. Quindi sarà penalizzato sugli strappi e c’è da capire bene come sono le curve, perché potrebbero far perdere il ritmo e costringere a rilanciare. Le curve rischiano di spezzare il ritmo a chi come Pippo eventualmente dovesse recuperare, forte del fatto che in rettilineo arriverebbe prima del rivale ai 56-57 all’ora.

Sfida a due secondo te?

Starei attendo anche a Bissegger, che è in crescita e in salita va forte. Non lo escluderei dalla lotta per la vittoria. Di sicuro per battere Ganna serve un fuoriclasse. E gli unici in questo momento sono il Remco della Vuelta e Van Aert che su quel percorso avrebbe detto sicuramente la sua. Potrebbe vincere.

Remco Evenepoel ha dominato la crono di Alicante della Vuelta
Remco Evenepoel ha dominato la crono di Alicante della Vuelta
Perché non la farà secondo te?

L’anno scorso disse di non aver reso su strada, perché aveva ancora la gamba guastata dalla crono. Il lungo viaggio non aiuta, però è triste che uno dei più forti del mondo decida di rinunciare. Secondo me significa che non gliene importa nulla.

Ganna viene da un periodo sotto tono, si può ricostruire la sicurezza senza aver corso?

Si costruisce benissimo. Nel 2015 arrivai secondo ai mondiali, avendo fatto l’ultima corsa a fine agosto. Ci sono i dati, c’è il confronto continuo con il preparatore. Vidi i dati, capii che stavo bene e la motivazione venne su da sé. Pippo quest’anno si è un po’ inceppato…

Marco Villa e Filippo Ganna
Marco Villa e Filippo Ganna
Perché?

Perché può capitare. Secondo me lo fanno correre troppo. Non so quanto gli convenga continuare a fare strada e pista. La pista è complicata. Devi prendere la macchina, guidare fino a Montichiari, non è semplice come uscire su strada. Non sta a me giudicare, ho fatto molto meno di lui, ma forse nell’anno dopo l’oro olimpico, avrei mollato la pista.

Perché pensi che sia lui il favorito?

Perché quando prepara un obiettivo, non sbaglia. E’ meticoloso e sarà motivato come una bestia. L’anno scorso non vinse l’europeo e a Bruges sappiamo come andò a finire. E poi ha fatto l’avvicinamento migliore, anche se su quello entrambe le soluzioni hanno pro e contro. Tra i vantaggi di volare laggiù per tempo, c’è il fatto che Pippo potrà provare per bene il percorso.

Adriano Malori, mondiali Richmond 2015
Malori arrivò secondo al mondiale di Richmond 2015 senza aver corso per settimane prima
Adriano Malori, mondiali Richmond 2015
Malori arrivò secondo al mondiale di Richmond 2015 senza aver corso per settimane prima
Mentre Remco?

Arriverà tre giorni prima della gara e non so se riuscirà ad assorbire il fuso orario. Per contro, rispetto allo scorso anno è migliorato tanto. E’ sempre composto. Ad Alicante sembrava una macchina, ha dato un’enormità a Cavagna che, se non fosse caduto, nella crono di Milano al Giro 2021 avrebbe battuto Ganna. Piuttosto sapete chi vedo bene?

Indoviniamo: Kung?

No, lui di solito i grandi appuntamenti li cicca. Vedo bene Sobrero, Matteo potrebbe entrare nei cinque e forse anche puntare al podio. Fisicamente ha le stesse caratteristiche di Evenepoel, il percorso gli si addice perché in salita va bene. Ha vinto la crono finale del Giro. E poi lo allena Pinotti e io lo so quanto sia bravo Marco nel preparare certo appuntamenti.

Van der Poel ai mondiali per vincere. In barba agli assenti

08.09.2022
3 min
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«Non andrei in Australia, se non pensassi di poter diventare campione del mondo». Punto e a capo. Se ti serve il titolo, Van der Poel te lo dà. E così l’altra sera, ospite di un podcast alla vigilia del GP di Zandvoort di Formula Uno, l’olandese ha tirato fuori dal cilindro la sua ambizione iridata.

«Non so esattamente a che punto sono – ha precisato – perché ultimamente non ho preso parte a gare di alto livello. Ma il mondiale ha un percorso un po’ tipo l’Amstel. Per vincere dovrei essere al 100 per cento, ma finora abbiamo visto il percorso solo in uno schermo. Solo quando ci avremo pedalato davvero, potremo stimare quanto sia davvero difficile».

Al Tour, Van der Poel era sfinito. Nella tappa del pavé ha deluso
Al Tour, Van der Poel era sfinito. Nella tappa del pavé ha deluso

Senza pressione

E così, in mezzo a corridori che scelgono di non andare e squadre che lo impediscono ad altri, la voglia di Mathieu di esserci fa bene al morale e al ciclismo stesso. L’ultima volta che si è visto andar forte l’olandese, eravamo al Giro d’Italia del debutto, quando quel suo correre sconclusionato produsse spettacolo per noi e tossine per i suoi muscoli. Al punto che ha dovuto ritirarsi dal Tour e da quel 13 luglio lo si è rivisto in bici alla fine di agosto in due gare fiamminghe (in apertura al Druivenkoers di Overijse), la seconda delle quali a Geraardsbergen, conclusa con la vittoria davanti a suo fratello David. Mathieu ha fatto di tutto per essere a posto per l’Australia.

«In realtà – ha detto – ora si tratta principalmente di allenarsi e di fare alcune gare più piccole per prepararsi. E dopo si vedrà. Il focus è sul mondiale. Non sento più alcuna pressione. L’avevo ancora nei primi anni del ciclocross, ma ora non ho più stress prima di una competizione. Era tutto nella mia testa, ma una gara su strada è diversa da una di ciclocross in cui bisogna essere concentrati fin dall’inizio».

Il Tour ha consegnato Van Aert a una dimensione superiore: in Australia ci sarà la vendetta di Mathieu?
Il Tour ha consegnato Van Aert a una dimensione superiore: in Australia la vendetta di Mathieu?

Di nuovo nel cross

E tanto lo sai che alla fine il discorso finisce nuovamente lì, al ciclocross. Forse perché Mathieu pensa di aver riposato abbastanza. O forse perché la passata stagione è andata quasi tutta in malora a causa dei problemi alla schiena e al ginocchio.

«L’anno scorso – conferma – sono riuscito a fare solo un cross e mezzo, poi mi sono fermato a Zolder e non sono più riuscito a ripartire. Voglio tornare, anche se non so quando o quali cross correrò. Voglio fare da dieci a quindici gare. I fastidi alla schiena sono sempre lì, continuo a lavorare per tenerli lontani. Devo passare qualche ora in palestra e, se non lo facessi, potrebbero tornare. Ci ho sempre convissuto, ma il problema è che ho fatto tre discipline per tre anni, quindi ho avuto pochissimo tempo e spazio per fare quegli esercizi. Credo ci sia stato un piccolo problema, aggravato dall’accumulo di impegni. Per questo ora ci devo lavorare un po’, ma posso pedalare di nuovo in modo completamente indolore. E questa è la cosa più importante»

Dall’Avenir all’Australia, il pensare positivo di Amadori

31.08.2022
4 min
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Chiudere il Tour de l’Avenir con una vittoria di tappa, due corridori nei primi 6 della generale e la vittoria nella classifica a squadre, conquistata con i soli tre corridori rimasti in gara (in apertura, nella foto di Anouk Flesch), nonostante la Francia determinata a farci fuori. Il bilancio degli azzurri al Tour de l’Avenir, partiti per infortunio senza Germani e Frigo, è decisamente positivo e questo per il cittì Amadori è stato motivo di ispirazione sulla strada del mondiale di Wollongong.

«Ero fiducioso – dice – abbiamo lavorato bene per 15 giorni a Sestriere. Li ho visti che si divertivano a stare insieme ed andare in bici e questo tipo di intesa aiuta a superare anche i momenti difficili. Ero convinto di fare bene».

Nel 2022 di Amadori, il bronzo agli europei con De Pretto e un ottimo Tour de l’Avenir
Nel 2022 di Amadori, il bronzo agli europei con De Pretto e un ottimo Tour de l’Avenir
Finire l’Avenir con tre corridori non è cosa semplice, cosa hai imparato di questi tre ragazzi?

Sono tre ragazzi che hanno fatto tutti una certa esperienza. Fancellu viene dal mondo dei pro’. Milesi corre al Team DSM e ha fatto tutte corse di qualità, in più conosce le squadre e i corridori. Si vede che ha girato. E poi c’è Piganzoli, che sta crescendo bene. L’ho visto sereno e motivato. Quando hai corridori che fanno attività internazionale, i fatti dicono questo. Anche se poi agli europei abbiamo fatto il bronzo con De Pretto, che al confronto ha fatto meno attività. Ma se l’atleta è forte, i risultati vengono lo stesso. Gli altri non sono mostri, fermo restando che ovviamente il livello dell’europeo è diverso da quello del mondiale.

Ecco, a proposito di mondiale, che cosa prevedi?

Come è successo anche l’anno scorso (l’Italia vinse la gara degli U23 con il colpo di mano di Filippo Baroncini, ndr), in volata è meglio se non ci arriviamo. Al massimo possiamo puntate a un posto fra il quinto e il decimo. Per questo dovremo trovare una soluzione alternativa. Partiremo il 15 e correremo il 23. Abbiamo 8 giorni per studiare bene il percorso e mettere a punto la tattica.

Pensi che il percorso degli U23 sarà duro come quello dei pro’?

Noi non faremo il tratto in linea, ma solo i 10 giri del circuito di 17 chilometri. Ci sono 2.000 metri di salita circa per ogni giro e l’ultima è di un chilometro con pendenze davvero importanti. Servirà avere gli uomini giusti.

Anche lo scorso anno, non avendo un velocista all’altezza, l’Italia fece corsa d’attacco e vinse con Baroncini: Amadori in trionfo
Anche lo scorso anno, non avendo un velocista all’altezza, l’Italia fece corsa d’attacco e vinse con Baroncini
Pensi che li avrai tutti a disposizione oppure per motivi di salute qualcuno non ci sarà?

Incrocio le dita, ma in linea di massima li avrò tutti. Andremo giù con sette corridori, i cinque stradisti più i due cronoman, che sono Milesi e Piganzoli. Inizialmente avevo anche pensato di portare qualcuno più veloce, come Persico e Bruttomesso. Ma poi, fatte le dovute analisi, ho capito che non sarebbero stati all’altezza degli altri. In una volata di 30-50 corridori, noi non ci saremmo stati.

In che modo i corridori arriveranno al mondiale?

Seguiranno percorsi variabili. Alcuni faranno il Giro del Friuli. Alcuni correranno al Tour of Britain. Con quelli che invece non avrebbero corso, andremo a fare tre corse in Puglia – 8, 9, 10 settembre – una dietro l’altra. C’è il progetto di rifare il Giro delle Puglie e questo magari potrebbe essere il primo passo. Con noi verrà anche Gianmarco Garofoli, che se ne muore dalla voglia di ripartire. Ho visto gli allenamenti che sta facendo, lo definirei a dir poco impaziente.

Milesi e Piganzoli, i due cronoman azzurri per i mondiali, durante il ritiro di Sestriere
Milesi e Piganzoli, i due cronoman azzurri per i mondiali, durante il ritiro di Sestriere
Dopo tutte queste corse?

Ci troviamo il 13, mentre i cronoman partono il 12. Ecco, loro due che non riuscirebbero a correre, li affido a Salvoldi che ha chiesto e ottenuto di correre l’Astico Brenta dell’8 settembre con i cinque juniores del mondiale. Dino si è inventato questa cosa e sta lavorando davvero a tutta. Mi ha chiesto se avessi due U23 da dargli, ma saranno tutti con le loro squadre. Allora per i due cronomen è stata un’ottima soluzione. Per cui ci troviamo il 13 e il 14 partiamo. Fra volo e tutto il resto, rimarremo per tre giorni senza pedalare, ma laggiù avremo modo e tempo di fare tutto.

A questo punto mancano solo i cinque nomi…

Per quelli bisognerà aspettare di capire se ci sarà un giorno prima di partire in cui annunceremo tutte le squadre.