Mister Gasparotto, le emozioni e i consigli d’oro

22.04.2022
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«L’Amstel è stata bella – dice Gasparotto – salire il Cauberg ha riportato a galla delle emozioni. Non guidavo io l’ammiraglia, parlavo alla radio, quindi ero super concentrato su questo. Più che la corsa infatti mi sono goduto la ricognizione. Avevo pensato di portare la bici per farla con i corridori, ma il mio stato di forma non me lo avrebbe permesso. Invece ho portato le scarpe per fare come a Leuven, quando la sera sono uscito da solo a fare un giro sul percorso e fu bellissimo. Sarei andato con Benedetti, ma pioveva e alla fine ho lasciato perdere».

Tecnico della Bora-Hansgrohe da quest’anno, per Gasparotto è la prima campagna del Nord in ammiraglia
Alla Bora-Hansgrohe da quest’anno, per Gasparotto è la prima campagna del Nord in ammiraglia

Ricognizione sul percorso

Due giorni alla Liegi. Alcune squadre, fra cui Intermarché, Ineos e Trek, hanno anticipato al giovedì la ricognizione sul percorso. La Bora-Hansgrohe come le altre è rimasta fedele al rituale del venerdì.

«Il rischio anticipandola di un giorno – spiega Gasparotto – è che non avendo recuperato gli sforzi della Freccia, soprattutto ai debuttanti le salite sembrassero troppo dure. Dipende molto da quanti ne hai. Noi ad esempio abbiamo Vlasov, Hindley e Aleotti che non l’hanno mai fatta. Non ricordo molto del sopralluogo della mia prima Liegi, ma ricordo che fu nel 2009 e tirai per Cunego dalla Redoute al Saint Nicholas».

Il direttore sportivo della squadra tedesca sarebbe poi arrivato terzo nel 2012, alle spalle del compagno Iglinskij che batté Nibali. Per uno che a queste strade ha legato alcuni dei ricordi più belli della carriera, come le due Amstel vinte nel 2012 e nel 2016, queste giornate non passano via indifferenti.

Nel 2012 Gasparotto sprinta per il terzo posto alle spalle di Iglinskij vincitore e Nibali battuto
Nel 2012 Gasparotto sprinta per il terzo posto alle spalle di Iglinskij vincitore e Nibali battuto
Che effetto fa?

Da una parte non è automatico essere un buon direttore nelle corse in cui sei andato forte. Per contro, arrivare in forma qua mi è sempre costato caro, non sono mai stato un campione cui vengono le cose facili, come Nibali o Sagan, che potevano essere meno accorti tatticamente, compensando eventuali errori con il talento. Questa consapevolezza mi può aiutare a dare le dritte giuste ai corridori. Come con Vlasov alla Freccia. Ieri abbiamo festeggiato, era il primo podio per la squadra…

Che cosa hai detto a Vlasov?

L’ho detto a lui e agli altri, che se fosse arrivato ai piedi dell’ultimo Muro d’Huy sulla destra della strada, il gruppo lo avrebbe chiuso facendo la svolta a destra e recuperare sarebbe stato impossibile. Sono le cose che hanno sempre insegnato Valverde e Purito Rodriguez e tutti quelli che hanno vinto la Freccia. Eppure a un certo punto l’ho dato per perso. Ai due chilometri era in ventesima posizione, in auto abbiamo alzato gli occhi al cielo. Poi si è bloccata l’immagine alla televisione e quando è ripartita l’abbiamo visto a ruota di Valverde. Non so dove sia passato, ma evidentemente mi ha ascoltato.

Il podio di Vlasov alla Freccia, dietro Teuns e Valverde, è stato anche merito dei consigli di Gasparotto alla vigilia
Il podio di Vlasov alla Freccia è stato anche merito dei consigli di Gasparotto
Ci sono altri aspetti pratici che hai portato con la tua esperienza ancora fresca?

Qualcosa sì. Ad esempio per l’Amstel avevamo pianificato la ricognizione al venerdì, per avere più recupero. Poi per una serie di motivi i leader sono venuti meno e l’abbiamo spostata al solito sabato. Come per la Liegi, il fatto di anticiparla al giovedì non è da scartare, ma come ci siamo detti, bisogna vedere che corridori si hanno e la loro esperienza.

Pochi italiani in questi ordini di arrivo, non trovi?

Sono diventate corse in cui performano gli scalatori. C’è meno specializzazione di una volta, quando il cacciatore di classiche veniva qui per vincere e poi puntava alle tappe. Oggi trovi davanti quelli che hanno vinto i Baschi o il Catalunya e che poi faranno classifica nei grandi Giri. Sono sempre gli stessi. E se non abbiamo ancora uomini di classifica là, difficile averne vincenti di qua.

Hindley di buon umore, il 2021 è dimenticato. Dice di stare bene e si informa sulla salute di Umbertone
Hindley di buon umore, il 2021 è dimenticato. Dice di stare bene e si informa sulla salute di Umbertone
Voi avete qui Aleotti…

Che è molto adatto per queste corse, anche se per motivi di salute non ci è arrivato come volevamo. Può fare bene, deve amarle e capire come funzionano. Alla Liegi sarà meno libero di come è stato all’Amstel, perché avremo i nostri leader, ma lo stesso cerco di spiegargli quali siano i punti importanti per uno che deve aiutare e per uno che invece fa la corsa. Gli ho detto di memorizzare i passaggi, perché gli tornerà utile. E gli ho detto anche che a me è sempre stato utile registrare le corse e poi riguardarle perché mi permetteva di analizzare gli errori che dall’interno non riuscivo a cogliere.

Ad esempio?

Ad esempio la Freccia del 2012 in cui arrivò secondo Albasini. Avevo preso come riferimento gli 800 metri ed ero in seconda fila a 11” dalla testa. Pensavo di essere abbastanza avanti, invece sono arrivato in cima undicesimo con lo stesso distacco. In quella corsa soprattutto, pensi di essere davanti perché magari vedi i primi, ma non lo sei mai abbastanza. A volte sei troppo indietro e non te ne rendi conto. L’occhio della televisione in questo non sbaglia.

Aleotti è uno dei giovani su cui il team punta molto per queste classiche in futuro
Aleotti è uno dei giovani su cui il team punta molto per queste classiche in futuro
Andare in fuga per Aleotti potrebbe essere un bel modo per memorizzare i passaggi?

Non serve che lo faccia. Piuttosto gli ho detto di tenere gli occhi aperti a partire dalla Cote de Haute Levée, la quint’ultima, dove sicuramente si muoverà qualcosa. Quello potrebbe essere il suo momento.

Ecco, parliamo un attimo del percorso…

Hanno tolto la Cote de Forges dopo la Redoute e questo in teoria renderà il finale meno duro. Di conseguenza, può darsi che la corsa esploda prima come è successo finora in tutte le classiche ad eccezione della Freccia Vallone. La serie di salite che inizia con la Cote de Wanne, poi lo Stockeu, Haute Levée e Rosier è un punto ottimo per fare casino. Poi un po’ di fiato e si va verso Desnié, Redoute e la Roche aux Faucons. Detto questo, io ero un estimatore dell’arrivo di Ans. La Liegi con l’arrivo in città ha cambiato faccia.

Ieri sera è arrivato Sergio Higuita, con Vlasov e Hindley uno dei leader del team tedesco
Ieri sera è arrivato Sergio Higuita, con Vlasov e Hindley uno dei leader del team tedesco
Ogni giorno si alza questo vento strano, pensi che cambierà tempo?

Il meteo, altro fattore caldo. Fino a ieri mettevano pioggia. Oggi danno nuvoloso perché dovrebbe piovere lunedì. Un altro aspetto con cui fare i conti, bisognerà aspettare ancora qualche ora per avere un’idea.

Nel ciclismo di Higuita, non ci sono porte chiuse

03.04.2022
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La prima grande vittoria di Sergio Higuita sarà ricordata, più che per il risultato, per il modo in cui l’ha ottenuta. L’epica fuga con Richard Carapaz (130 chilometri all’attacco) risuona ancora nell’atmosfera. E Sergio – nobile, generoso e lucido – la descrive passo dopo passo, con un ampio sorriso, come se la vittoria alla Volta Catalunya fosse stata quella e non la consacrazione nell’ultimo giorno sul circuito del Montjuich.

«E’ stato un attacco pazzesco – dice Sergio – non me lo aspettavo, ma è successo così. In quel momento non pensavo alla classifica generale o al risultato, volevo solo godermi la giornata e dare spettacolo. E’ una tappa che resterà da raccontare ai miei figli, ai miei nipoti, perché molto raramente si fa una fuga come quella. E ancor di più con un campione olimpico, uno forte e aggressivo come Carapaz».

Il Catalunya è la prima vittoria WorldTour di Higuita. Nell’ultima tappa si è difeso da Carapaz
Il Catalunya è la prima vittoria WorldTour di Higuita. Nell’ultima tappa si è difeso da Carapaz

Ordine teutonico

A 24 anni e dopo aver analizzato attentamente diverse offerte, il giovane colombiano ha voluto entrare a far parte della Bora-Hansgrohe, una squadra metodica che non lascia nulla al caso e che gli ha offerto tutto quello che gli serviva per diventare un ciclista completo. Tutti ricorderanno l’episodio del licenziamento poi revocato dalla Ef per l’uso della nuova bici nel Giro de Rigo.

«Sono tedeschi – racconta – hanno tutto pianificato. Sono così. Sono impressionato dall’ordine che hanno. Tanto che a una settimana dalla gara hai già il piano di lavoro pronto e sai già cosa fare. Con loro non fai quello che vuoi, ma quello che dicono. Devi svolgere il tuo ruolo, loro apprezzano molto il lavoro», aggiunge Higuita, una piccola macchina da guerra, pieno di ambizioni senza tuttavia porsi obiettivi specifici.

Fuga di 130 chilometri con Carapaz nella 5ª tappa del Catalunya e volata vincente del venezuelano
Fuga di 130 chilometri con Carapaz nella 5ª tappa del Catalunya e volata vincente del venezuelano

Obiettivo Liegi

Però ha le idee chiare, questo sì. Dopo l’estate sarà leader alla Vuelta a España, ma prima vuole comunque essere una delle rivelazioni della stagione sulle Ardenne.

«Sono entrato in squadra da capitano – spiega – e la vittoria in Catalogna mi ha dato molta fiducia. Sono un corridore a cui piace sempre stare nella mischia, indipendentemente dalla gara. Un obiettivo a breve termine è andare ai Paesi Baschi e provare a fare una buona classifica. Poi nelle Ardenne e al Romandia. In particolare voglio essere protagonista alla Liegi-Bastogne-Liegi, che mi piace molto e ho avuto modo di fare già l’anno scorso»

Alla Strade Bianche ha conquistato il 10° posto. Higuita è alto 1,66 e pesa 57 chili
Decimo alla Strade Bianche. Higuita è alto 1,66 e pesa 57 chili

Su ogni traguardo

Il 2022 del corridore della regione di Antioquia si è aperto con la vittoria ai campionati nazionali di inizio stagione, la top 10 alla Strade Bianche, la vittoria di tappa alla Volta ao Algarve e l’impresa (tappa e maglia) del Catalogna.

«Voglio essere un ciclista che pensa più ai tifosi che ai risultati», ha detto il colombiano, che pensa con la voracità dei talenti precoci del nuovo millennio. «Guarda Pogacar, Van Aaert e Roglic che vincono tutto. Nessuno lascia niente. Oggi i grandi ciclisti lottano su ogni traguardo e questo mi piace».

A febbraio, Higuita ha vinto a Malhao la 5ª tappa dell’Algarve, precedendo Dani Martinez
A febbraio, Higuita ha vinto a Malhao la 5ª tappa dell’Algarve, precedendo Dani Martinez

Vuelta sì, Giro no

Il suo programma prevede il Gran Premio Miguel Indurain, la Vuelta al País Vasco, le Ardenne (Freccia Vallone e Liegi) e il Romandia, prima di concludere il primo semestre e tornare a casa. Poi svolgerà un mese di preparazione in altura in Colombia, per affrontare il rush finale verso la Vuelta, con il Giro di Svizzera, il Giro d’Austria e il Giro di Polonia o la Vuelta Burgos. Ha anche in programma il campionato del mondo in Australia e le classiche autunnali in Italia.

«Mi sento pronto – asserisce – per affrontare la sfida nelle gare di tre settimane. Il mio fisico ha già la maturità per sopportare al massimo questi sforzi, ma voglio fare solo la Vuelta seguendo il calendario che ho programmato con la squadra, che per me è molto buono. Al Giro non ci penso».

Febbre da cavallo e niente Giro: Fabbro verso la Vuelta

25.03.2022
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Matteo Fabbro non sarà al via del Giro d’Italia. Dopo undici giorni senza bici e con la necessaria terapia di antibiotici, la Bora-Hansgrohe ha preso la decisione per tutelarlo e ha riscritto il suo programma. Al posto della corsa italiana ci saranno la Vuelta e prima un’estate di spessore.

Anche per lui è stata fatale la Tirreno-Adriatico. Il giorno di Carpegna ha dato forse il colpo di grazia, ma come spiega Matteo per primo tutta la settimana è stata piuttosto pesante.

Fabbro compirà 27 anni il 10 aprile. Lo scorso anno ha rinnovato con la Bora fino al 2023
Fabbro compirà 27 anni il 10 aprile. Lo scorso anno ha rinnovato con la Bora fino al 2023

«Prima avevo avuto il Covid – dice – ma l’ultimo problema è stato legato a una bronchite presa alla Tirreno. Sono stato per quattro giorni a letto con la febbre a 39 che non scendeva. Ho preso gli antibiotici e oggi per la prima volta sono risalito in bici. Non sono in grado di dire perché siamo stati male in tanti. Di certo girava un virus intestinale, mentre quanto al freddo si può dire quel che si vuole, ma abbiamo corso ogni giorno con temperature sotto agli 8 gradi. Salite e discese, zone d’ombra. Quand’è così, è probabile che ci si ammali».

Scalatore di 52 chili

Un metro e 67 per 52 chili, Matteo ha rinnovato lo scorso anno il contratto con la squadra tedesca, che ne ha fatto uno dei più forti uomini in appoggio del suo team di scalatori, pur consentendogli all’occorrenza di cercare i suoi spazi. E anche se il 2021 è stato un po’ opaco, il 7° posto a Prati di Tivo alla Tirreno e il 4° a Naturno al Tour of the Alps, dicono che il friulano ha sostanza e sta crescendo.

Matteo è alto 1,67 e pesa 52 chili: peso da scalatore vecchio stile
Matteo è alto 1,67 e pesa 52 chili: peso da scalatore vecchio stile
Impossibile recuperare?

Impossibile no, bisogna vedere quali sono gli obiettivi. Dopo una settimana senza miglioramenti, durante la quale mi stavo anche un po’ preoccupando, la febbre è scesa. Solo che avevo perso dei giorni al ritiro di Mallorca, quando ero in stanza con Aleotti positivo. Poi ho perso altri giorni al Saudi Tour. Se tirassi dritto, arriverei al Giro senza la base che serve. Così la squadra per non bruciarmi ha deciso di farmelo saltare. Nessuno è felice di questo. E comunque, detto fra parentesi, è così difficile trovare i nomi per andare a correre che non mi meraviglierei se alla fine mi richiamassero. Ma sarebbe per tappare un buco, per cui a cose normali, non dovrebbe succedere.

Che tipo di Giro avresti corso?

Ero molto concentrato sull’obiettivo. A gennaio avevamo fatto un meeting per programmare ogni cosa e perché io potessi tornare protagonista. Ero stato a vedere qualche tappa. Avrei corso in appoggio dei nostri tre leader: Hindley, Keldermann e Buchmann. Avrei avuto le mie carte, in una squadra che viene al Giro per puntare al podio.

Al Giro di Svizzera del 2021, qualche buon piazzamento, come il 9° posto a Disentis Sedrun
Al Giro di Svizzera del 2021, 9° posto a Disentis Sedrun
E così adesso si apre la strada per la Vuelta…

Preceduta da due blocchi di altura e corse come Getxo e Burgos, oppure il Polonia. Detto questo, non so ancora dove ricomincerò. Non so cosa aspettarmi dopo questo stop, è stato come un’altra piccola pausa invernale. Non ho il problema del peso, ma servirà del tempo per tornare a un buon livello. La squadra però mi sta vicina, mi dà morale e così ho stimolo ad allenarmi bene, curando i dettagli.

Hanno dimostrato più di una volta che a te ci tengono…

Lo spero vivamente e mi fa piacere sentirlo. Ho rinnovato il contratto lo scorso anno ed è stato un bene. Se mi fosse successo questo intoppo e fossi stato in scadenza, mi avrebbe scombussolato non poco tutti i piani. Invece sono tranquillo.

Con Benedetti e Buchmann alla Cascata delle Marmore. Dopo la Tirreno, Fabbro si è ammalato
Con Benedetti e Buchmann alla Cascata delle Marmore. Dopo la Tirreno, Fabbro si è ammalato
Hai chiesto perché non abbiano scelto di portarti al Tour?

Non è un problema di caldo e devo dire che il Tour mi piacerebbe. Ad ora gli scogli sono due. L’inizio sul pavé e il tanto vento delle prime tappe, in cui la mia taglia potrebbe non essere la più adatta. Per questi motivi la carta francese per ora non l’abbiamo giocata, ma se fossi pronto si potrebbe rivalutarla. Di certo il Tour non cadrebbe in un momento sbagliato, vedremo con la squadra altempo debito.

Hai ripreso a pedalare in Friuli?

No, a San Marino. Mi sono trasferito qui e ieri sono andato a salutare i miei compagni alla partenza della Coppi e Bartali. C’è un bel meteo. La prima pedalata è servita giusto per ritrovare le sensazioni, un paio d’ore. E adesso si ricomincia sul serio.

Kamna 2022

Dopo la vittoria, Kamna sulla strada giusta

24.02.2022
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La vittoria ottenuta da Lennart Kamna alla Vuelta a Andalucia-Ruta del Sol aveva davvero un sapore particolare: era come ritrovare la luce dopo mesi e mesi trascorsi in un buio impenetrabile, nel quale il tedesco era piombato improvvisamente lo scorso anno. Cercare di capire le cause è impresa difficile, solo lui probabilmente lo sa, nel fondo del suo animo.

Partiamo dai fatti: nel 2020, l’anno stravolto dal Covid con tutte le gare concentrate in tre mesi, Kamna esplode in maniera fragorosa. Vince una tappa al Criterium du Dauphine e una al Tour de France e fa capire di essere un validissimo prospetto soprattutto per le classiche, avendo solo 23 anni.

Nel 2021 parte alla grande vincendo una tappa alla Volta a Catalunya, poi corre la Volta ao Algarve e dal 9 maggio sparisce dai radar. Non se ne sa più nulla, tanto che come spesso succede nel mondo dello sport si ha quasi timore a fare il suo nome in giro.

Kamna crisi
Un forte rifiuto verso la bici: quello di Kamna è forse l’ennesima crisi psicologica, dalla quale è uscito
Kamna crisi
Un forte rifiuto verso la bici: quello di Kamna è forse l’ennesima crisi psicologica, dalla quale è uscito

Kamna come Dumoulin

Bisognerà attendere 10 mesi per rivederlo in gara, il 1° febbraio al Saudi Tour e subito sembra in grado di riannodare i fili della sua carriera: finisce 16° in classifica, va più che bene anche nella Clasica Jaen Paraiso Interior sulla gravel (4°) e sempre in Spagna riassapora il successo. Tutti a quel punto gli hanno chiesto che cosa fosse successo e Kamna ha ammesso di aver sofferto la stessa crisi interiore di Dumoulin: la perdita d’interesse per il ciclismo, la ricerca di una serenità interiore che aveva perso e che, tornando pian piano, gli ha restituito anche la voglia di pedalare, sacrificarsi, soffrire.

La saggezza del “Gaspa”

Volevamo sapere qualcosa di più di questa storia in piena evoluzione, così ci siamo rivolti a Enrico Gasparotto, suo nuovo diesse alla Bora Hansgrohe.

«Del passato non posso parlare perché non c’ero – risponde – ma gli ho detto subito di guardare al presente, non a quello che è stato. Io cerco di trasmettergli la mia esperienza, il mio modo di vivere il ciclismo, senza affannarmi a cercare di capire il perché della crisi. E’ acqua passata, deve solo restare tranquillo».

Gasparotto Bora 2022
Enrico Gasparotto sull’ammiraglia della Bora Hansgrohe. E’ il suo primo anno da diesse
Gasparotto Bora 2022
Enrico Gasparotto sull’ammiraglia della Bora Hansgrohe. E’ il suo primo anno da diesse
Che impressione ne hai tratto, lavorando con lui?

E’ un grande talento, questo ve lo posso assicurare. Ha una dote rarissima, sa interpretare le corse con una sagacia unica, sa scegliere sempre il momento giusto per attaccare. Questo è incredibile per un ragazzo della sua età, sembra un corridore di 30 anni e oltre. Va tenuto conto che sta correndo senza essere al massimo della forma, anzi ne è ancora lontano. A Jaen, ad esempio, se l’è cavata benissimo sullo sterrato senza avere esperienza. Alla Volta a Andalucia aveva già provato a vincere la terza tappa e se fosse stato in forma ci sarebbe riuscito, ma poi due giorni dopo ha colto il risultato, proprio perché le gambe giravano sempre meglio.

Sa quindi tirare fuori il meglio di quello che ha…

Esatto, è un valore aggiunto. Nella tappa vinta era già andato all’attacco, ma era stato ripreso a 70 chilometri dal traguardo. Poi è ripartito nel finale grazie anche al lavoro di copertura di due compagni di squadra e ha tenuto al veemente ritorno di Fortunato. Mi ha davvero impressionato proprio perché è stata una vittoria soprattutto tattica. Io sono convinto che potrà togliersi grandi soddisfazioni.

Kamna Jaen 2022
Kamna dietro Lutsenko, poi vincitore. L’esordio su sterrato del tedesco è stato più che positivo
Kamna Jaen 2022
Kamna dietro Lutsenko, poi vincitore. L’esordio su sterrato del tedesco è stato più che positivo
Come corridore dove lo vedi meglio?

E’ un atleta che può emergere su vari terreni, il classico passista-scalatore, forte soprattutto in quelle gare di medio livello, anche come salite, dove può fare la differenza. Sa muoversi perfettamente in gruppo, soprattutto sa interpretare i ventagli, dove non perde mai terreno. Non è corridore da classifica nei grandi Giri, ma può sicuramente cogliere tanti traguardi nel corso dell’anno.

E come persona come lo definiresti?

Un bravo ragazzo, molto educato, che sa stare in gruppo. Parla molto bene inglese e questo gli consente di fare amicizia con tutti, ha un modo di fare “easy way”, non ha grilli per la testa. Soprattutto sa fare gruppo, ridere quando è il momento, ma è concentratissimo quando serve.

Kamna Tour 2020
Il successo del tedesco a Villard de Lans nel 2020. Il Tour aveva mostrato di che pasta è fatto
Kamna Tour 2020
Il successo del tedesco a Villard de Lans nel 2020. Il Tour aveva mostrato di che pasta è fatto
Per la Bora è un po’ il beniamino da coccolare, visto che parliamo di una squadra tedesca?

Non direi, certamente in Germania puntano molto su di lui, ma in un team multinazionale come la Bora ci sono 30 corridori e ognuno conta, ognuno lavora per un bene comune. Non importa chi vince, quel che conta è che si vinca… Il nostro compito è portare ognuno di questi 30 ragazzi al suo miglior livello, per questo ogni diesse ha con sé 6-7 corridori e non di più, per dare loro il massimo dell’attenzione e metterli nella miglior condizione per emergere.

Dove lo vedremo?

Intanto correrà nel fine settimana in Francia e poi sarà alla Strade Bianche. Non l’ha mai corsa e lo ha chiesto espressamente. Non gli si chiede nulla di particolare. Sarà comunque al Giro d’Italia e sono convinto che per allora vedremo il miglior Kamna.

Ma quale meteora, per Gasparotto Hindley andrà forte

29.01.2022
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Jai Hindley, 25 anni da Perth, Australia, secondo al Giro d’Italia 2020. Lo scalatore adesso alla Bora-Hansgrohe aveva stupito tutti in quella particolare edizione autunnale della corsa rosa.

Sembrava lanciatissimo verso tanti altri successi. Ecco l’ennesimo ragazzino rivelazione. Poi però qualcosa si è inceppato. 

Lo scorso anno il suo rendimento è stato decisamente più basso. C’è chi dice fosse troppo magro, chi avesse pagato lo scotto di aver perso il Giro nella crono, fatto sta che Jai ha rincorso la condizione tutto l’anno e quando stava iniziando ad andare meglio ecco la rottura della clavicola. 

Ma i corridori sono tosti, Hindley (nella foto di apertura Veloimage) non è da meno e il suo diesse, Enrico Gasparotto, ce lo conferma. 

Hindley Giro 2020
Crono di Milano, Hindley ha appena perso il Giro 2020. Partì in rosa con pochi decimi di vantaggio su Geoghegan Hart
Hindley Giro 2020
Crono di Milano, Hindley ha appena perso il Giro 2020. Partì in rosa con pochi decimi di vantaggio su Geoghegan Hart

La forza della sua storia

Il Gaspa è approdato questo inverno al team tedesco, come Jai del resto. Il friulano ha avuto modo di osservare da vicino l’australiano e di conoscerlo.

«Durante i ritiri – racconta Gasparotto – ho conosciuto bene la sua storia. Una storia incredibile. Il fatto che questo ragazzo lasciasse casa sua per venire a fare il corridore in Italia mi ha davvero colpito, non è stata una cosa da poco. Credetemi che non è facile partire dall’altra parte del mondo, dove tra l’altro le cose funzionano bene, per passare in una squadra a conduzione familiare come l’Aran Cucine di “Umbertone” (Umberto Di Giuseppe, ndr). Ci vuole coraggio e questo la dice lunga sul suo carattere e la sua condizione. Già solo per questo lo ammiro molto, Jai è un coraggioso e sa quel che vuole».

Gasparotto parla dell’inseguire il sogno. Dall’Australia all’Italia non è come andare dalla Sicilia alla Toscana: «Se lo fai è perché sei convinto. Pensate che Jai a causa del Covid non vede la sua famiglia da due anni. 

«Doveva andare nei primi giorni di febbraio. Sembrava che l’Australia avesse dato qualche apertura in più ma invece niente. Tutto rimandato. Per fortuna che qui ha la sua ragazza. Immagino sia stata una bella botta morale, anche se lui non lo dà a vedere».

Per Gasparotto Hindley ha svolto una buona preparazione col suo nuovo team (foto Instagram Veloimages)

Per Gasparotto Hindley ha svolto una buona preparazione col suo nuovo team (foto Instagram Veloimages)

L’amico Kelderman 

Gasparotto parla poi di un Hindley davvero disponibile e tranquillo. Si è integrato bene nel nuovo team e il Giro d’Italia è già forte nei suoi pensieri. Anche se non è facile giudicare adesso quando tutto va bene: «Ottimo ambiente, preparazione svolta senza intoppi e quasi sempre con un ottimo meteo… insomma senza stress. E’ in gara che si possono dare poi dei giudizi. Poi lui è davvero attento e volenteroso e come tutti i giovani di oggi devi quasi fermarli»

«Jai  – dice – è un ragazzo che ascolta molto e non un principino. Sa rispettare i ruoli. Per esempio ho sentito che con Wilco (Kelderman, ndr) non andasse d’accordo dopo il Giro 2020, invece sono in sintonia e quel Giro non ha lasciato strascichi. Evidentemente tra loro due le cose erano chiare. Quando Jai ha firmato anche Wilco è stato contento».

«Hindley è nel gruppo del Giro dove sarò presente anche io – spiega Gasparotto – ma non è uno degli atleti sotto il mio diretto controllo. In ogni caso siamo una squadra, c’è sempre una grande condivisione d’informazioni. Abbiamo già fatto dei meeting per la corsa rosa e lui ha mostrato un grande entusiasmo. Non vede l’ora di tornare e di mettersi alla prova».

Jay Hindley, Wilco Kelderman, MAdonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020
Hindley e Kelderman: l’azione di Jay sullo Stelvio mise in difficoltà l’allora capitano Wilco
Jay Hindley, Wilco Kelderman, MAdonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020
Hindley e Kelderman: l’azione di Jay sullo Stelvio mise in difficoltà l’allora capitano Wilco

Ma quale meteora

Però la domanda che in molti si chiedono è: ma Hindley è davvero forte o si è trattato di una meteora? La sua prestazione è stata figlia di un Giro particolare?

«Jai sta bene, è ad un buon punto con la condizione. Chiaro che un Giro ad ottobre è particolare, ma uno non lotta per la vittoria per caso. Significa che il motore c’è. Chi ha dei dubbi è superficiale. E non a caso la nostra idea è di mettergli attorno una squadra che possa aiutarlo a confermarsi». 

«Poi è chiaro che un giovane possa avere delle difficoltà, soprattutto se deve riconfermarsi subito. Ci mette del tempo a processare la sua dimensione. Questo tempo è passato e noi vogliamo portarlo al Giro nel massimo delle condizioni».

Nei ritiri spagnoli in Bora hanno lavorato molto anche sulla crono (foto Instagram Veloimages)
Nei ritiri spagnoli in Bora hanno lavorato molto anche sulla crono (foto Instagram Veloimages)

Tre punte al Giro

«Abbiamo tre capitani al Giro. Oltre ad Hindley ci saranno anche Buchmann, quarto al Tour 2019 e che ha perso il podio solo per pochi secondi, e ci sarà appunto Kelderman che è stato terzo al Giro, quarto alla Vuelta e quinto al Tour. Insomma tutti e tre hanno già performato nelle grandi corse a tappe: vogliamo unirli per fare qualcosa di grande.

Gasparotto dice che per Hindley è stato rivisto il suo calendario. Col fatto che ci sono stati dei rimescolamenti a causa di alcune positività al Covid e che non deve più andare in Australia salterà le gare majorchine. Di certo farà l’UAE Tour (20-26 febbraio, ndr) e prima un’altra corsa a tappe

La Bora cambia pelle, Benedetti è la bandiera

02.12.2021
5 min
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Uomo franchigia, per Cesare Benedetti non c’è vestito migliore. Negli Stati Uniti definiscono così gli atleti che passano la loro carriera in un’unica squadra. Nel calcio le chiamano bandiere. Queste figure ormai sembrano non esistere più. Nel ciclismo – in cui i corridori cambiano spesso casacca – non ci sono quasi mai state, ma esistono esempi di fedeltà a lungo termine. Valverde ed Erviti sono nella stessa società dal 2005, Rojas e Gesink dal 2007, Pinot e Geraint Thomas dal 2010.

In mezzo a loro c’è anche il trentino della Bora-Hansgrohe, che a differenza dei suddetti colleghi vanta un particolare primato. Dal 2010, da quando è passato professionista, il 34enne di Rovereto (diventato polacco da un anno) corre per la medesima formazione e non solo. L’ha vista crescere (e vincere) da continental a professional fino al WorldTour, dai tempi della NetApp a quelli attuali.

Da under 23 nel 2009, qui al GiroBio, corre alla Uc Bergamasca che a breve diventerà Colpack (foto Scanferla)
Da U23 nel 2009 corre alla Uc Bergamasca, poi Team Colpack (foto Scanferla)

L’eroe di Pinerolo

Benedetti – che nel 2019 ha vissuto il suo giorno di gloria vincendo la Cuneo-Pinerolo (foto di apertura), dodicesima tappa del Giro d’Italia – è il prototipo del fidato gregario (quest’anno ha disputato 90 gare, primo in questa speciale graduatoria) e le tante stagioni le ha sempre vissute al servizio dei tanti capitani e compagni che ha visto passare.

Così, mentre la nostra chiacchierata è già ben avviata e ci prepariamo ad approfondire la sua avventura nel team tedesco, Cesare ci confessa la sua fede calcistica interista dandoci lo spunto per un piccolo giochino a fine intervista. 

«Non seguo più l’Inter – spiega – come prima. Quando posso ora, in Polonia vado a vedere il Piast Gliwice, la squadra della mia città. Pensate che il 19 maggio di due anni fa quando vincevo la tappa di Pinerolo, loro conquistavano il loro primo ed unico scudetto».

Benedetti arriva alla NettApp nel 2010. Nel 2011 il team diventa professional, qui una foto di inizio anno
Benedetti arriva alla NettApp nel 2010. Nel 2011 il team diventa professional, qui una foto di inizio anno
Come ti senti ad essere considerato un cosiddetto uomo franchigia?

Fa un certo effetto perché sono qui dall’anno della fondazione. Contando dall’inizio, l’anno prossimo saremo rimasti solo io ed il team manager (Ralph Denk, ndr). Della vecchia guardia non ci saranno più Schillinger che si ritira, Schwarzmann che va via (andrà alla Lotto Soudal, ndr) così come il diesse Enrico Poitschke. Fu lui a volermi e tenermi in squadra. Nel ciclismo moderno è anomalo restare sempre nella stessa squadra. Mi sento un po’ lo Javier Zanetti della Bora-Hansgrohe.

Cosa ti ricordi di quel 2010?

A settembre dell’anno prima avevo avuto i primi incontri con la dirigenza, che aveva già l’obiettivo di scalare le categorie. C’è sempre stato dietro un progetto che aveva lo slogan “ProTour (l’attuale World Tour, ndr) in tre anni”. Inizialmente hanno dovuto ridimensionare il budget, ma hanno mantenuto la stessa ambizione. Già nel 2011, in cui siamo diventati professional, avevamo un calendario importante e partecipato alla Roubaix. Da lì in avanti abbiamo sempre disputato gare WorldTour.

Nel 2017 la svolta. Arriva Sagan (campione del mondo a Doha) e si sale nel WorldTour
Nel 2017 la svolta. Arriva Sagan (campione del mondo a Doha) e si sale nel WorldTour
Sei stagioni tra le Professional poi nel 2017 arrivano Sagan e anche il WorldTour…

Sì, si era sfaldata la Tinkoff e c’erano liberi sia la licenza che una serie di corridori tra cui Peter. La dirigenza ha colto subito l’occasione grazie all’ingresso di Hansgrohe. Ma bisogna ricordare che nel 2012 era già entrato Bora. Prima come marchio piccolo su una manica e poi come nome principale. Siamo cresciuti con i nostri sponsor e loro sono cresciuti come aziende anche per merito nostro.

Eri tu il primo a dare il benvenuto a tutti i nuovi acquisti?

No, non facevo nessun battesimo (ride, ndr). A quello ci pensava la dirigenza. Posso dirvi però che ho visto passare tantissima gente tra corridori e personale dello staff. Penso però ad alcuni corridori che ho visto progredire da giovani, come ad esempio Buchmann. 

Ha corso il mondiale di Leuven con la Polonia, dove vive ormai da anni
Ha corso il mondiale di Leuven con la Polonia, dove vive ormai da anni
Il 2022 sarà la tua tredicesima stagione con il gruppo Bora. Hai mai avuto richieste da altre squadre o voglia di cambiare aria?

Siccome non ho il procuratore, non avevo la sfacciataggine di propormi altrove. La mia conferma qui non è mai stata scontata, me la sono sempre guadagnata in gara. Come nell’agosto 2015 quando la società mi aveva comunicato che voleva puntare su atleti più giovani e tedeschi. Poi feci un bel finale di stagione e rinnovai. 

Cos’ha di speciale questa società?

Serietà ed internazionalità, anche se è molto legata al territorio in cui è nata. Ha un livello manageriale alto. Se sono rimasto qui così tanto forse ha inciso il fatto di avere una mentalità molto vicina a quella della dirigenza ed un grande spirito di adattamento.

Nel 2021, Benedetti ha corso Giro e Vuelta, qui nella foto: 90 gare nella stessa stagione
Nel 2021, Benedetti ha corso Giro e Vuelta: 90 gare nella stessa stagione
Torniamo alla tua Inter. Quali tuoi compagni di squadra di quest’anno ti ricordano dei giocatori nerazzurri?

Eh, mica facile, ma ci provo (ride, ndr). Ackermann è un finalizzatore come Milito. Schwarzmann ha la solidità di Matthaeus. Leopold Konig invece mi ricorda Adriano, talento di grandi speranze, mai esploso del tutto. Aleotti è estroso come Djorkaeff, mentre Fabbro è scattante e piccolino come lo era Ganz. Oss ha la fisicità e la sicurezza di Materazzi. Infine Sagan la stella assoluta come Ronaldo. Non ce ne sono tanti come loro.


E Benedetti vuole restare nella Bora anche a fine carriera?

Non saprei. A volte penso che non saprei stare senza ciclismo, anche come dirigente. Altre invece che vorrei avere un allevamento di capre e galline tra Trentino e Polonia. Bisogna saper essere utili alla società. Al momento l’idea è quella di continuare a correre altri due anni, possibilmente sempre qui.

Prima stagione da ciclista. Quanto è cambiato il fisico di Palzer?

26.11.2021
5 min
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Ricordate Anton Palzer? Il ragazzo che in primavera lasciò l’alpinismo, dove era un vero leader per affrontare la sfida del ciclismo? Ebbene con lui abbiamo fatto una “chiacchierata” tecnica di questo sua prima stagione da corridore.

Il tedesco ha vestito i colori della Bora-Hansgrohe. Ha faticato come pochi, è rimasto scioccato dalle dinamiche di gruppo. Ma già dopo pochi mesi è stato in grado di concludere un grande Giro: la Vuelta. Non è poco, specie nel ciclismo di oggi, del cui livello siderale non smetteremo di parlare.

Spesso Anton si è messo al servizio della squadra, specie in salita
Spesso Anton si è messo al servizio della squadra, specie in salita
Ciao Anton, prima stagione da ciclista professionista: cosa ti è piaciuto e cosa non ti è piaciuto?

La mia prima stagione da professionista è stata davvero fantastica. Ovviamente ci sono stati alti e bassi, in particolare alla Vuelta. Quella spagnola è stata un’esperienza estrema, in cui ho dovuto forzare i miei limiti. A distanza di qualche mese però, posso dire che è stata anche l’esperienza più importante. Mi ha dato lo stimolo necessario per adattarmi a questo nuovo mondo.

Sei molto tecnico: quanto è cambiato il tuo fisico nel corso dei mesi?

Negli ultimi anni facevo circa 5.000 chilometri in bici oltre agli allenamenti con gli sci e con la corsa a piedi. In questa stagione ho percorso circa 23.000 chilometri da marzo, da quando ho cambiato disciplina. In realtà ho preso un po’ di peso, soprattutto a fine stagione. Credo molti liquidi perché i carichi di lavoro sono stati molto alti e il mio corpo era davvero stanco. In generale però penso che il mio fisico non sia cambiato molto. Bisogna considerare che parliamo solo di un periodo da fine marzo ad ottobre.

Ci sono stati dei cambiamenti nella posizione in bici dalla primavera al post-Vuelta? Insomma, degli adattamenti?

Ovviamente ci sono stati degli adattamenti dal primo montaggio con Specialized fino ad oggi. Hai bisogno di tempo per capire cosa ti aiuta ad aumentare le prestazioni, ma allo stesso tempo sentirti a tuo agio. Ho fatto un passo alla volta. E anche le mie capacità di guida della bici sono migliorate molto durante l’anno.

Nel corso della stagione Palzer ha affinato anche la sua tecnica di guida, una delle difficoltà maggiori
Nel corso della stagione Palzer ha affinato anche la sua tecnica di guida, una delle difficoltà maggiori
Quali sono state le maggiori difficoltà nel passaggio da scialpinismo e skyrunner al ciclismo?

La differenza più grande è stata la quantità di gare. Ho fatto più di 50 giorni di corsa quest’anno, negli anni precedenti non ne ho fatti nemmeno la metà. Credo che questa sia anche la parte più difficile del ciclismo in generale: riposarsi e allenarsi a sufficienza tra una gara e l’altra per crescere come ciclista.

E quali sono stati i vantaggi?

Penso che i muscoli non siano così stressati quanto nello scialpinismo o nella corsa. Sì, si va in “profondità” nel ciclismo, ma non così tanto. Io penso perché le gare sono molto più lunghe e lo sforzo è gestito in modo differente. Nello scialpinismo la maggior parte delle gare dura forse un’ora o due. In allenamento è facile fare 30 ore a settimana in bicicletta, 30 ore di corsa sono un’altra storia. Mi piace allenarmi, quindi il ciclismo per me è un ottimo sport.

Cosa è cambiato in termini di cibo? Ci sono somiglianze tra ciclismo e scialpinismo?

Non c’è stato nessun grande cambiamento ad essere onesti. Fondamentalmente la mia alimentazione si basa su un alto contenuto di carboidrati e pochi grassi. Ovviamente la strategia di alimentazione nelle gare è totalmente diversa proprio in relazione alla lunghezza delle gare stesse. È molto importante assumere calorie a sufficienza, soprattutto in un grande Giro poiché un giorno influenza il successivo. Ma in generale penso che non sia mai stato un grosso problema per me. 

Tutto facile insomma?

Non sempre. Un giorno ho commesso un errore: non avevo abbastanza liquidi in corsa. Ma ho imparato la lezione! E ora sono sempre molto concentrato su questo aspetto.

Svolgi ancora le attività di corsa e scialpinismo (quest’inverno ovviamente)?

Non proprio. Voglio concentrarmi sul ciclismo. Durante la fase di stacco mi sono divertito a passare un po’ di tempo in montagna. Però non ho corso, ma ho fatto delle escursioni. Le montagne sono molto importanti per me e lo saranno sempre.

Hai già ripreso la preparazione? E come ti senti?

Sono tornato ad allenarmi da quattro settimane ormai. Dopo le mie ultime gare ho fatto due settimane molto facili (detraining, ndr) seguite da tre settimane di riposo totale. Al momento sono a Gran Canaria per un training camp di due settimane. Sento già una bella differenza rispetto all’anno scorso. Le gare fatte hanno sicuramente avuto un impatto positivo e riparto da un livello diverso.

I tuoi compagni di squadra ti hanno fatto delle domande curiose? 

Ovviamente ci sono alcune domande da parte dei compagni di squadra ma anche da parte di altri corridori del gruppo. Ho visto che ci sono molti atleti che fanno un po’ di scialpinismo in inverno e mi chiedono della mia esperienza.

E quest’inverno troverai qualcuno che farà sci alpinismo con te?

Sono sicuro che mi allenerò sugli sci in inverno con i miei compagni di squadra austriaci. Ma non c’è molto tempo perché la stagione ciclistica è molto lunga e inizia presto.

Vlasov studia da capitano, ma si arrende agli americani

23.11.2021
5 min
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Vlasov si trova a Monaco, dove ha spostato la residenza da Andorra. Per il russo, che ha lasciato l’Astana-Premiertech con quattro vittorie e il quarto posto all’ultimo Giro d’Italia (a un minuto e mezzo dal podio), il 2022 sarà l’anno dei grandi cambiamenti. Dalla squadra kazaka è infatti approdato alla Bora-Hansgrohe ed è una delle pedine fondamentali su cui il team tedesco ha scelto di rifondarsi dopo gli anni di Sagan.

La scelta è evidente: da team per le grandi classiche, il cambio di pelle punta dritto sui Giri. Undici nuovi corridori, tutti o quasi (fanno eccezione Bennett, Archbold e Haller, dedicati alle volate) con il taglio del grande scalatore. Da Higuita a Hindley, passando appunto per Vlasov e il promettentissimo (e altrettanto impronunciabile) neoprofessionista belga Cian Uijtdebroeks.

«Si può dire che sia un’altra squadra – conferma il russoundici corridori nuovi sono proprio tanti. Ragazzi di tante Nazioni diverse. Ci siamo visti in Austria per un primo ritiro a ottobre. La sensazione è quella di un team molto organizzato, in cui non si parla italiano come all’Astana. Mi sono trovato bene, ci sono direttori sportivi con cui non ho mai lavorato. Io faccio parte del gruppo di Christian Pomer (ex professionista austriaco classe 1977, ndr)».

Il primo novembre, a Mosca, Vlasov con sua moglie Galina (foto @fh_kristina)
Il primo novembre, a Mosca, Vlasov con sua moglie Galina (foto @fh_kristina)

Un mondo nuovo

Il cambio di squadra, come il cambio di scuola o di posto di lavoro, porta con sé adrenalina e tante incognite. Soprattutto in questi ultimi anni, in cui non si tratta di avere una bici e una maglia diverse, ma di adattarsi a un nuovo mondo, metodi diversi e figure professionali con cui entrare in sintonia.

«Da quello che ho visto a ottobre – dice Vlasov – si cerca di programmare tutto, dalla logistica alle esigenze dei corridori. Abbiamo fatto dei colloqui individuali con i vari specialisti. Io ad esempio ho parlato con il fisioterapista, che mi ha dato esercizi per migliorare negli aspetti in cui mi sento più debole. Normale ginnastica, ma già pianificata. Abbiamo un gruppo di nutrizionisti e per fortuna uno lo conosco perché arriva anche lui dall’Astana. Si chiama Aitor e penso che lavoreremo insieme. Anche il preparatore parla italiano. Piano piano si troverà l’equilibrio, mentre per il programma delle corse si dovrà aspettare il ritiro di dicembre».

Perso il secondo posto sullo Zoncolan, a Sega di Ala un’altra flessione gli è costata il podio
Perso il secondo posto sullo Zoncolan, a Sega di Ala un’altra flessione gli è costata il podio

Leader destinato

Vlasov sarà leader, lo hanno preso per quello. Servirà magari del tempo per arrivare ai livelli dei primi, ma il contratto triennale (come già detto dal nuovo diesse Gasparotto) fa capire che il progetto su di lui è ambizioso.

«Non mi hanno detto direttamente che farò il capitano – riconosce il russo – ma mi hanno fatto capire che punteranno su di me per la classifica generale di una grande corsa a tappe. D’altra parte ho scelto Bora proprio per essere leader, dopo i bei risultati di quest’anno. Ho fatto progressi importanti. Ho dimostrato che posso lottare per il podio, con alcuni punti su cui devo migliorare. In salita sto con i migliori, ma al dunque mi manca il cambio di ritmo. E’ un fatto di potenza e sviluppo fisico, per il quale si tratta di lavorare. E poi c’è la crono, che è molto importante e sui cui devo migliorare tanto».

La crono è un fronte da migliorare. Qui a Tokyo, con un 20° posto al di sotto delle attese
La crono è un fronte da migliorare. Qui a Tokyo, con un 20° posto al di sotto delle attese

America proibita

Su questo aspetto si è messa di traverso la burocrazia. Anche Vlasov sarebbe dovuto volare in California con Aleotti, ma l’ingresso negli Usa per un cittadino russo non è così agevole.

«Alcuni sono già andati in galleria del vento – conferma – sarei dovuto andare anche io, ma quando ho fatto la richiesta di appuntamento per il visto, le prime date utili erano troppo avanti. In Russia non ci sono ambasciate americane aperte, per cui si sta studiando per trovare una galleria del vento in Europa o in alternativa un velodromo in cui fare i test necessari. Intanto mi alleno su strada con la nuova bici e mi trovo benissimo».

Nel 2018 Vlasov ha vinto il Giro d’Italia U23 battendo Stannard e Almeida
Nel 2018 Vlasov ha vinto il Giro d’Italia U23 battendo Stannard e Almeida

Esploratore Vlasov

E poi c’è il cambio di strade. La differenza fra Andorra e Monaco è di clima e di scenari, ma per questo Vlasov ha l’atteggiamento dell’esploratore tipica di ogni ciclista che si rispetti.

«Ho ripreso la bici da poco – dice – e nonostante ci siano tanti corridori, per ora sono sempre uscito da solo. Più avanti magari scriverò a qualcuno che conosco e andremo insieme. Però mi piace andare alla scoperta di nuove strade. Se esci tutti i giorni, piano piano ti spingi su strade nuove e componi la geografia per gli allenamenti. E’ interessante spostarsi verso posti che non si conoscono. Magari d’estate rimpiangerò il fresco di Andorra, ma per adesso qui il clima è ideale per pedalare».

Nel cuore del Friuli, con un friulano. Fabbro è già al Giro

20.11.2021
4 min
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Segnatevi questa tappa del prossimo Giro d’Italia: Marano Lagunare – Santuario di Castelmonte. E’ la frazione numero 19 della corsa rosa, 178 chilometri. Uno spaccato del Friuli Venezia Giulia: dal mare alle montagne, passando per la pianura e le colline. 

A raccontarci di questa frazione è Matteo Fabbro, friulano Doc, che giusto qualche giorno fa è andato in avanscoperta con il suo diesse, corregionale ed amico: Enrico Gasparotto, da poco approdato alla Bora-Hansgrohe.

Matteo Fabbro sulle strade del suo Friuli, lui è udinese
Matteo Fabbro sulle strade del suo Friuli, lui è udinese
Matteo, si corre a casa tua…

Tappa quasi tutta friulana, con uno sconfinamento in Slovenia. Fino al Passo di Tanamea si percorrono strade che conosco e tutto sommato è abbordabile, ma poi come si passa in Slovenia… 

Diventa dura?

Mamma mia! Giusto ieri ne ho parlato al telefono con Enzo Cainero, l’organizzatore delle tappe friulane. Gli ho detto che era dura e che non andava sottovalutata. Per me è una frazione di montagna a tutti gli effetti e non di media montagna come è stata classificata. Esattamente come quella di Potenza: lì ci sono da fare 4.500 metri di dislivello. E altre frazioni simili non mancano ad inizio Giro.

Parlaci del percorso…

La prima parte, come si vede, è pianeggiante. Fino a Buja è piatta. Poi si entra nelle prime vallate. Si sale a Villanova Grotte e da lì in poi è un continuo su e giù. E le discese sono tecniche, non tanto quella del Passo Tanamea, quanto le altre e quella del Kolovrat. Quella di Villanova è impegnativa ma breve: 5-6 chilometri. Alterna tratti a tornanti a tratti più scorrevoli. Ma la strada è stretta e se sbagli ti fai male. E se l’andatura è alta il gruppo si spezza, sicuro. Quindi dalla prima salita in poi bisogna stare davanti. Non c’è respiro.

Marano Lagunare – Santuario di Castelmonte: 178 chilometri e 3.230 metri di dislivello
Marano Lagunare – Santuario di Castelmonte: 178 chilometri e 3.230 metri di dislivello
E la planata del Kolovrat?

Impegnativa e tecnica, anche se non tutta. Qui a preoccuparmi di più, sono gli “zampellotti” (veri) che ci sono in discesa. E poi ci sono dei segmenti in cui è molto stretta ed è un continuo destra-sinistra di curve cieche da saper interpretare.

Le salite come sono?

Sono impegnative. Soprattutto questo Kolovrat. Anzi: è proprio duro. Vi dico solo che la pendenza media è del 9% solo che nel mezzo spiana e c’è anche un tratto di discesa, quindi fate voi… Ci sono dei tratti rettilinei da fare in piedi che faranno selezione. E poi non va dimenticato che siamo all’ultima settimana e il giorno dopo c’è la Marmolada.

Della salita finale cosa ci dici invece?

Castelmonte è più pedalabile rispetto al Kolovrat. Come pendenze somiglia all’Etna. Si va su al 7-8%. L’avevamo fatta anche al Giro di due anni fa, ma in discesa (in apertura un segmento di quella tappa, la Udine-San Daniele del Friuli, ndr).

Quel breve tratto di pianura prima della salita finale blocca eventuali attacchi da lontano o dal Kolovrat si può andare all’arrivo?

No, no… si può andare. C’è spazio per attaccare. Il pezzo di pianura in realtà è di 5-6 chilometri, prima è un vallonato. E già a Cividale si riprende a salire.

Farai qualche giro su quelle strade?

Ah sicuro! Non so se già a dicembre, ma di certo a febbraio ci pedalerò. Voglio andarci per farmi un’idea, perché la percezione che si ha dalla macchina è diversa da quella che si ha dalla bici. E spesso dalla macchina è peggio!

I tratti rettilinei del Kolovrat, dure rampe nel bosco
I tratti rettilinei del Kolovrat, dure rampe nel bosco
Prima hai detto che si è all’ultima settimana e che c’è da fare la Marmolada il giorno dopo: un tappone come quello del Fedaia “tarpa le ali” ad una frazione così o al contrario gli dà una spinta?

Dipende dalla classifica. Se è corta e uno ha gli attributi per attaccare fa bene e può essere una spinta. Magari il giorno dopo avrà mal di gambe, ma anche i suoi rivali ce l’avranno e rischia di far saltare il banco. E se poi dovesse piovere tutto si amplificherebbe. Se dovesse piovere sarebbe un bel “casino”: la strada in alcune zone resterebbe viscida. Spesso infatti è ad ombra, come nella seconda parte della frazione. Si complicherebbero le cose. Di certo sarebbe un bello spettacolo… dalla Tv! Anche per questo voglio provarla in bici, per capire quanto sia scivolosa la strada. Vero anche che magari per il Giro la puliscono…

Che rapporti ipotizzi si possano utilizzare?

Adesso direi un 36 davanti e un 28 dietro, forse anche un 30.

Sei andato in ricognizione col Gaspa, aneddoti di corse passate, ricordi…

Non abbiamo fatto gare insieme su queste strade. Più che altro parlavamo della gestione della corsa. E soprattutto più andavamo avanti, più diventava dura e più ci guardavamo perplessi!