Bora al Tour con due debuttanti: Hindley e Gasparotto

19.06.2023
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Prossima fermata il Tour. Enrico Gasparotto è appena rientrato da una settimana di vacanze in Grecia con sua moglie Anna, anche se gli ultimi tre giorni non sono stati come se li aspettava. La morte di Gino Mader lo ha colpito molto da vicino. I due erano molto uniti. Avevano diviso la stanza alla Vuelta del 2020, erano stati compagni di nazionale agli europei di Trento e lo svizzero è stato uno dei pochi corridori ospiti per cena a casa del friulano. Aver vissuto la tragedia a così tanti chilometri e assieme a sua moglie gli ha permesso di metabolizzarla meglio: se fosse stato anche lui in Svizzera, probabilmente ora non avrebbe neppure la forza di parlarne. L’obiettivo del discorso è tuttavia il Tour, in cui Enrico debutterà sull’ammiraglia, al pari di Hindley che ci metterà per la prima volta le ruote.

Gasparotto, qui con Jungels, è il tecnico che nel 2022 ha vinto il Giro con Hindley
Gasparotto, qui con Jungels, è il tecnico che nel 2022 ha vinto il Giro con Hindley
Che tipo di sensazioni hai su Hindley e il suo avvicinamento al Tour?

La formazione ufficiale la stanno decidendo in queste ore, non è ancora tutto deciso. Di certo andiamo sia con uno sprinter sia con Jai Hindley, che ovviamente avrà ambizioni di classifica. Ha puntato tutto sul Tour, ha avuto un avvicinamento in costante crescita, simile a quello del Giro 2022. La programmazione è stata abbastanza soft a inizio anno, per andare poi in crescendo. Tra gare, ritiri in altura e ancora gare, credo che le performance al Delfinato abbiano dato dei segnali positivi (in apertura, l’australiano terzo sul traguardo della Croix de Fer, ndr).

Obiettivo podio?

Siamo tutti realistici e lui anche più di noi. Vingegaard e Pogacar probabilmente sono di un altro livello, però credo che dietro di loro ci sia una bella lotta alla pari per quello che resta. Quindi bisogna inserirsi e credo che questo sia l’obiettivo primario per Jai.

Higuita, altro uomo per il Tour, è passato per il Giro di Svizzera (qui con Fabbro)
Higuita, altro uomo per il Tour, è passato per il Giro di Svizzera (qui con Fabbro)
La Groupama lascia a casa Demare per puntare al podio, voi portate il velocista. Chi ha ragione?

L’esperienza del Giro 2022 è abbastanza significativa, no? Kamna ha vinto la quarta tappa sull’Etna e ha portato molta tranquillità e serenità all’ambiente. Quest’anno siamo partiti al Giro per far classifica con Vlasov e Kamna, quindi concentrandoci solo su quello. Vedendo però che al Tour ci sono potenzialmente otto sprint, è normale che l’idea sia stata quella di dividere la squadra in due. Non sta a noi fare la corsa in montagna, perché si è visto dallo scorso anno che se ne fanno carico la Jumbo e la UAE. Se hai le forze per stare con loro il più a lungo possibile, riesci ad arrivare al podio. Detto questo e volendo dare un supporto al velocista, porteremo 2-3 uomini in più, che gli siano d’aiuto nei finali affollati.

Corridori che all’occorrenza lavoreranno anche per Hindley?

Certo. Possono aiutare Jai, a lui non togliamo niente. L’anno scorso abbiamo fatto la stessa cosa, portando Sam Bennett, con Vlasov che alla fine ha chiuso al quinto posto.

Hindley arriva al Tour dopo due blocchi di corse e altura: un percorso simile a quello del Giro 2022
Hindley arriva al Tour dopo due blocchi di corse e altura: un percorso simile a quello del Giro 2022
Il Tour si presta a invenzioni tattiche di qualche tipo?

Parto per la Francia completamente inesperto, perché da corridore il Tour l’ho fatto una sola volta e da direttore mai. Le dinamiche non sono quelle del Giro, quindi anche per me è un’esperienza nuova. Era lo stesso lo scorso anno al Giro come direttore, però se non altro il Giro lo avevo corso 10 volte da corridore. In Francia non sarò il tecnico responsabile, andrò in appoggio. Il Tour di quest’anno parte subito cattivo, già dopo 5 giorni potrebbero essere tutti al loro posto e questo toglie l’inventiva. Se prendi una randellata in avvio, poi è difficile inventarsi qualcosa.

Perché? Non si può studiare il percorso e provare?

Pogacar e Vingegaard hanno dimostrato sul campo quanto sono forti, perciò c’è in tutti la voglia di capire a che punto siano rispetto a loro. E questo frena gli slanci, diciamo così. I sopralluoghi li hanno fatti gli altri direttori. Dopo il Giro dei Paesi Baschi, sono rimasti a fare ricognizioni con tanto di video e prova percorso. Poi i ragazzi sono andati in ritiro a Tignes e sono ancora in altura, approfittando della vicinanza delle tappe alpine. Le hanno fatte in bici prima e dopo il Delfinato. Gli scalatori torneranno giovedì dall’altura, invece con gli sprinter abbiamo fatto un ritiro a parte.

Al Delfinato, Hindley ha corso finché ha potuto al pari di Vingegaard e Yates, chiudendo quarto
Al Delfinato, Hindley ha corso finché ha potuto al pari di Vingegaard e Yates, chiudendo quarto
Eppure, dopo la tappa di Torino 2022, tutti si aspettano da te l’invenzione. E’ una pressione che avverti?

Me la sono sentita al Giro, perché già prima della tappa di Bergamo mi venivano fatte più domande del solito. E’ anche vero che certe cose puoi farle nel momento in cui hai la possibilità e gli uomini giusti. Durante le mie ricognizioni, ho sempre sognato che la tappa di Forno di Zoldo fosse l’ideale per fare un gran danno e vedendo come è andata, me ne sono convinto anche di più. Ma noi non avevamo già più Vlasov e Kamna era in fase calante. Al Tour non so cosa si potrà fare. Bisognerà vivere alla giornata e sperare di avere gli uomini in condizione…

Denz, la sfortuna è alle spalle (e anche Skujins!)

18.05.2023
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La vigilia del tappone forse faceva paura ed è stato così che il gruppo ha lasciato sganciare una fuga super numerosa, da cui a sua volta si sono avvantaggiati i cinque che si sono giocati la tappa. Che poi l’azione sia sembrata una svista più che un attacco non cambia il fatto che a Rivoli si siano trovati testa a testa Denz, Skujins e Berwick, mentre il tenace Tonelli è arrivato a 58 secondi, dopo aver chiesto al suo corpo più di quello che aveva sulla salita di Colle Braida.

Fra Denz e Gasparotto

Dopo aver vinto, Denz strillava come un bambino felice nel giorno della sua vittoria più bella. Il tedesco di Waldshut ha 29 anni, è professionista dal 2015 e prima di oggi aveva vinto soltanto tre corse. A Cesena aveva chiesto a Gasparotto di fare la crono a tutta, sentendo di avere le gambe giuste, ma il friulano gli aveva detto di no, immaginando le grandi fatiche che lo attendevano in aiuto di Vlasov e Kamna. Poi Vlasov si è fermato e chissà se il tecnico della Bora-Hansgrohe, ripensandoci, abbia vissuto quel «no» come un senso di colpa. Sta di fatto che la vittoria di Rivoli ha pareggiato il conto, ha dato ragione a Gasparotto e reso felice il tedescone.

«Non so cosa dire – ha detto Denz, che nel finale ha animato la fuga più degli altri – tutto questo è troppo grande per me e ne sono molto orgoglioso. Ho sempre avuto sfortuna, oggi è andata bene. Non dovevo esserci io nella fuga, sarebbe toccato a Konrad e Jungels, ma Bob ha detto che non si sentiva tanto bene e voleva salvarsi per domani. Quindi ho avuto il via libera.

«Sapevo che sarebbe stato difficile, perché la prima fuga era numerosa e la collaborazione era  pessima. Ma improvvisamente si è creato un buco e ho tirato dritto. Sull’ultima salita ero al limite, ce l’ho fatta giusto ad arrivare in cima. Poi ogni cosa è andata al suo posto. Questa tappa rimarrà a lungo nella mia mente».

La sorpresa di Tonelli

Già, la fuga dei trenta da cui si sono sganciati i cinque… Stasera, fra gli altri, Bettiol, Formolo, Velasco e Oldani si mangeranno le mani per averli visti partire e aver litigato invece di unirsi e inseguirli. Non ha invece perso il treno Alessandro Tonelli, che quei 166 chilometri di fuga se li è sorseggiati fino all’ultima goccia.

«Mi sono staccato alla fine dell’ultima salita – ammette sfinito – purtroppo ho speso un po’ troppo nelle prime ore di gara, per entrare nella prima fuga numerosa e poi nel tratto in piana che abbiamo fatto veramente forte. Come sia nata la fuga dei cinque non l’ho capito bene neanche io. So solo che a un certo punto alla radio mi hanno detto di andare, perché si vede che c’era poca collaborazione davanti e nessuno voleva tirare. Si sono aperti, mi sembra che proprio Denz si è accorto di questo buco e ha fatto una tirata forte. A ruota c’era Skujins e poi io. Di colpo abbiamo accelerato a tutta e ci siamo sganciati in cinque, all’inizio c’era anche Battistella. E da lì abbiamo cominciato a guadagnare, grazie anche al lavoro dei miei compagni dietro e del compagno di Skujins che rompevano i cambi

«In salita ho provato ad andare col mio passo fino all’ultimo chilometro, poi gli altri hanno accelerato e non ho più avuto gambe per tenerli. Stasera l’imperativo è recuperare il più possibile, anche oggi abbiamo preso la nostra spruzzata di acqua e domani il meteo non sarà dei migliori…».

La neve in Svizzera

Domani è il giorno del Gran San Bernardo, che sarebbe stato la Cima Coppi qualora si fosse scalato fino in cima. Ma così non sarà a causa della neve che gli svizzeri non hanno pulito del tutto.

«Sarà comunque fantastico – dice Steve Morabito, ex pro’ e direttore generale dell’organizzazione – avremmo sognato di fare il San Bernardo, con i corridori davanti ai muri di neve, ma la sicurezza viene prima di tutto e, sul versante svizzero la strada è ancora in parte innevata. E’ stato meglio non correre rischi. Vista la situazione, tutto quello che dovevamo fare era ufficializzare il Piano B, era già tutto pronto».

Così, invece di salire fino alla cima del passo a circa 2.500 metri, il gruppo salirà fino a quota 1.900 metri e da lì entrerà in Svizzera attraverso il tunnel.

L’ironia di Thomas

Thomas in maglia rosa si guarda intorno e non si capisce se stia pedalando con la sensazione di potersela giocare o con la maglia rosa a orologeria. Il morale è buono, il tweet sul bagno dell’hotel della notte scorsa ha strappato il sorriso, ma in fondo parla di buon umore.

«La fuga di oggi – dice la maglia rosa – ci stava bene perché non comprendeva corridori con una grande classifica. Per noi è stata una buona giornata. Vedremo cosa accadrà domani, sarà il primo tappone alpino e il secondo giorno con delle salite lunghe dopo quello del Gran Sasso. Sarà un bel test. E’ una delle tre tappe più dure del Giro d’Italia, i ragazzi stanno bene. Il morale è alto. Sarebbe stato anche meglio se Tao non fosse caduto».

La Bora-Hansgrohe secondo Cesare Benedetti

03.05.2023
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Lo scorso anno hanno vinto il Giro d’Italia con Jay Hindley, questa volta come andranno le cose per la Bora-Hansgrohe? Nell’ultima corsa rosa la squadra tedesca si mostrò compatta e “istrionica”. Istrionica in quanto ha riservato tattiche inaspettate, grandi attacchi e compatta perché nel momento in cui si è capito che fosse emerso un leader tutti hanno fatto quadrato intorno a lui, a cominciare da Cesare Benedetti.

E con il “polacco del Trentino” cerchiamo di fare proprio un’analisi della Bora che fu e di quella che sarà. Benedetti sembra aver recuperato bene dalla frattura della clavicola in quella folle caduta alla Sanremo poco prima della Cipressa. Al Romandia si è subito messo a disposizione del team.

«Tutto sommato – spiega “Cece” – non va male. Dopo la frattura sono riuscito a risalire in bici abbastanza presto. Al Romandia non correvo da oltre un mese».

Il team di Denz col Trofeo Senza Fine sul podio di Verona. Grande festa per la Bora
Il team di Denz col Trofeo Senza Fine sul podio di Verona. Grande festa per la Bora
Cesare, sei un totem di questo gruppo. Aiutaci a capire meglio le vostre dinamiche e il vostro gruppo. Partiamo dallo scorso anno…

Nel 2022 avevamo tre leader: Jay Hindley, Emanuel Buchmann e Wilco Kelderman, ma in realtà alla partenza non sapevamo chi potesse davvero andare bene. Tutti e tre uscivano da un periodo problematico. Wilco era caduto alla Liegi, Hindley neanche l’aveva fatta perché era stato male e Buchmann era uscito malconcio dai Baschi. Quindi siamo partiti senza certezze, ma anche senza pressioni. La cosa buona è che è arrivata presto la vittoria di Kamna che ci ha tolto lo stress da risultato e da lì tutto è stato più facile.

E quest’anno come vi approcciate al Giro?

I leader saranno due: Aleksandr Vlasov e Lennard Kamna. Entrambi hanno avuto un buon avvicinamento. Non siamo i favoriti, è chiaro, ma per me è meglio così. Gli occhi sono tutti puntati su Evenepoel e Roglic e le loro squadre sono le più attrezzate anche su carta.

Però siete i campioni uscenti, magari un po’ di pressione ce l’avrete?

Secondo me no. Andiamo al Giro con dei corridori diversi. Vlasov era al Tour l’anno scorso. E poi se la pressione non la sente lui – e lui non la sente – perché dovremmo averla noi? Forse ne avrà un po’ di più Kamna che dopo il bel Giro dell’anno scorso è chiamato a confermarsi e a vincere una tappa quantomeno.

Lennard Kamna e Aleksandr Vlasov saranno i capitani della Bora-Hansgrohe al Giro
Lennard Kamna e Aleksandr Vlasov saranno i capitani della Bora-Hansgrohe al Giro
Gasparotto ci ha detto che lui punta a fare classifica. E’ così?

Sì, è così. Ma anche in questo caso non vedo grandi motivi di pressione. E’ vero abbiamo vinto il Giro, ma confermarsi non è facile. Lo sappiamo noi, lo sa la squadra… Di Giro ce n’è uno all’anno e lo vince uno solo: non dobbiamo fasciarci la testa, tanto più con questo elenco partenti. Prendiamo ciò che viene.

Che gruppo è il vostro? Avete corso parecchio insieme?

Un gruppo abbastanza unito direi. Abbiamo fatto anche l’altura insieme, ma è anche vero che quest’anno io non ho mai corso con Aleotti, per esempio. A turno ho corso con tutti. Ma in generale è un gruppo piacevole. C’è una bella atmosfera. In corsa ci supportiamo ed è anche divertente stare a cena insieme.

Chi è il più guascone?

Beh Vlasov è abbastanza silenzioso, ma ride anche lui. Forse Anton Palzer. Lui è quello più goliardico, ma come ripeto a cena scherziamo tutti!

Invece il road capitain? Sei tu il Puccio della situazione immaginiamo… Sei il più esperto.

Diciamo che i capitani in corsa siamo Bob Jungles ed io. Io più per le tappe di pianura e quelle più calme. Bob per quelle più dure, quando ci sarà salita. Anche se è appena arrivato, lui è uomo di esperienza e si è guadagnato la fiducia dei compagni e dei direttori sportivi. Senza contare che è un corridore in grado di fare ottimi risultati.

Benedetti e Jungels (in secondo piano) saranno i capitani in corsa della Bora-Hansgrohe
Benedetti e Jungels (in secondo piano) saranno i capitani in corsa della Bora-Hansgrohe
C’è qualche tappa che vi preoccupa di più?

Tutti insieme il percorso non lo abbiamo visto nel dettaglio, ma a dicembre, in ritiro, ci siamo fatti una carrellata delle tappe. Che dire: per certi aspetti le tappe di montagna sono più facili da controllare, sai che la corsa è quella. Mentre bisogna stare attenti a quelle intermedie: qualche imprevisto può esserci. Basta ricordare quel che facemmo noi stessi a Torino l’anno scorso. Sì, sai che è una tappa dura, ma non ti aspetti nulla di eclatante e invece…

C’è tanta crono: questo vi “spaventa”?

Non penso sia un problema. Sia Alex che Kamna vanno forte contro il tempo. Lennard è stato anche iridato juniores. In più entrambi hanno lavorato tanto sulla posizione e sui materiali.

Il podio è un obiettivo concreto dunque?

A me piace volare basso, così se poi viene qualcosa di più tanto meglio. E allora dico che una top 5 è alla nostra portata. 

Più Vlasov o Kamna?

Alex ha più esperienza. E’ già arrivato quarto in un Giro e quinto in un Tour e sa cosa aspettarsi. Mentre per Lennard il grande Giro per fare classifica è un’incognita. E’ vero che lo scorso anno anche nel finale andava forte, ma un conto è mollare in qualche tappa, anche mentalmente, un altro è stare attenti e al massimo tutti i giorni.

Idratazione e cadenza: i due cardini di Palzer su Zwift

04.04.2023
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Come altri team, vedi la Alpecin-Deceuninck, anche la Bora-Hansgrohe ha lanciato un programma di scouting per trovare una nuova generazione di ciclisti tramite Zwift, ma stavolta c’è il supporto di Red Bull.

Ed è da questa sinergia che nasce il progetto Red Bull Junior Brothers. In Bora-Hansgrohe c’è infatti il motto Band of Brothers (Banda di fratelli) e da qui si riparte.

I ragazzi della Auto Eder con il manager della Bora-Hansgrohe, Ralph Denk (foto Red Bull Content Pool)
I ragazzi della Auto Eder: gli aspiranti juniores passeranno per questa squadra e in due otterranno un contratto (foto Red Bull Content Pool)

Caccia ai talenti

Ma c’è anche la parola juniores e qui ci si rivolge ai ragazzi del 2006 e 2007, che il prossimo anno potranno essere inseriti nel Team Auto Eder, la squadra juniores appunto, legata al Team Bora-Hansgrohe.

Ma nello squadrone tedesco non è del tutto la prima volta che si prendono atleti in modo “anomalo”, se così possiamo dire. Un paio di anni fa c’è stato il caso di Anton Palzer. Ex scialpinista di vertice mondiale, il tedesco si è ben adattato alla strada e al termine della sua prima stagione ha concluso la Vuelta. Non poco…

Anton Palzer (classe 1993) è alla 3ª stagione da pro’, ma è già esperto. Preziosi i suoi consigli per i ragazzi del Red Bull Junior Brothers
Anton Palzer (classe 1993) è alla 3ª stagione da pro’, ma è già esperto. Preziosi i suoi consigli per i ragazzi del Red Bull Junior Brothers

I consigli di “Toni”

Proprio Anton Palzer qualche giorno fa, in un incontro web, ha elargito consigli preziosi su come affrontare al meglio i segmenti Zwift su cui si baserà il grosso della selezione del Red Bull Junior Brothers.  

Al suo fianco, tra gli altri, c’era anche Dan Lorang, performance coach della Bora-Hansgrohe, che ha allargato molto il discorso sulla preparazione.

In particolare Palzer si è espresso sul riscaldamento. «Mediamente – ha detto il corridore bavarese – prima delle mie sessioni su Zwift, mi riscaldo per venti minuti. Questo è un passaggio molto importante, anche nell’allenamento indoor. Venti minuti in cui cerco di non forzare troppo, di “assestarmi sulla bici”. Poi inizio a spingere».

Ed è molto importante anche l’idratazione. Palzer stesso ha detto di bere con molta frequenza. Anche un paio di borracce ogni ora.

«E’ poi importante capire la tipologia del segmento per riuscire a gestire lo sforzo al meglio, tanto più che sei solo. Su strada ci sono gli altri, c’è la velocità, la tattica… Quando sei indoor rischi di essere “troppo” concentrato e di spingere troppo», ha aggiunto Palzer.

Jay Vine è l’emblema del corridore arrivato tra i pro’ attraverso il concorso di ciclismo virtuale (foto Zwift)
Jay Vine è l’emblema del corridore arrivato tra i pro’ attraverso il concorso di ciclismo virtuale (foto Zwift)

Altri muscoli

Ma visto il concorso e i suoi segmenti, si è parlato parecchio dei distretti muscolari coinvolti. E dell’inevitabile paragone con il ciclismo su strada e quello sulla piattaforma Zwift. Non si tratta solo di wattaggi, che sono più bassi di circa il 10%, ma proprio di utilizzo dei distretti muscolari.

«In effetti i muscoli – ha detto in questo caso il coach Lorang – sono gli stessi ma usati in modo diverso. Già il fatto di non dover controbattere l’equilibrio comporta di per sé un utilizzo differente degli stressi distretti.  Sui rulli si tende ad utilizzare più la parte anteriore dei muscoli».

Il senso del discorso è che si svincolano un po’ di più la schiena e la parte posteriore. Specialmente quando ci si alza sui pedali. Anche la forza delle braccia in qualche modo viene “smussata”.

A tal proposito è molto importante mantenere alta la cadenza ed essere molto concentrati anche sui dati output della piattaforma. In questo caso, più che mai, le sessioni su Zwift diventano quasi una cronometro, questi numeri posso contribuire a fare la differenza. Anche se si è dei giovanissimi atleti…

Vlasov, il podio nei grandi Giri adesso è maturo

11.03.2023
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Occhi azzurri che rivelano serenità, gambe scolpite che dicono di chilometri e chilometri messi nel sacco, Aleksandr Vlasov è chiamato alla sfida forse più grande della sua carriera sin qui.

Il russo della Bora-Hansgrohe, che purtroppo corre senza bandiera, sta disputando un buono inizio di stagione, quinto alla Valenciana, e una buona Tirreno-Adriatico: nono a Tortoreto, sesto ieri a Sassotetto.

E anche oggi, ad Osimo, ha provato persino a conquistare la Corsa dei Due Mari animando la giostra degli attacchi finali (foto di apertura). Ma alla fine si è dovuto arrendere alle trenate di Van Aert, Formolo, della Ineos-Grendiers e allo strapotere di Roglic.

Più esercizi

Al prossimo Giro d’Italia, Aleksandr partirà con i gradi di capitano. E stavolta puntare al podio in una corsa di tre settimane è più legittimo che mai.

«La preparazione – racconta Vlasov – procede abbastanza bene. Sono tranquillo e sereno sotto questo punto di vista. In questa Tirreno non sono in gran forma, e questo è buono visto come è andata, ma l’obiettivo vero è il Giro e spero di arrivarci “giusto, giusto” a maggio.

«Da parte mia mi sto allenando bene. I lavori e i chilometri sono più o meno sempre quelli, ma ho dedicato molta più attenzione agli esercizi senza bici per migliorare la posizione. Adesso conta ogni minimo dettaglio. Il ciclismo è sempre più veloce e per questo cerco di curare piccoli dettagli che negli anni passati trascuravo».

Vlasov vive a Monaco e lì i corridori proprio non mancano. Racconta che spesso esce in compagnia e che ama fare le distanze, ma solo quando c’è bel tempo.

«Quasi sempre vado sul Col de la Madone, la salita più famosa della zona, e anche sul Col de Turbie perché sono vicine e ideali per fare i lavori. Ma quando non ho degli specifici da fare mi piace creare dei percorsi diversi. Percorsi che non posso fare tutti i giorni». 

Podio rosa

Come dicevamo Vlasov sarà il leader della Bora-Hansgrohe. Bora che tra l’altro è la squadra con il vincitore uscente, Jay Hindley, e per questo Vlasov in quanto capitano potrebbe partire con il numero uno.

Aleksandr va per i 27 anni, inizia ad essere maturo, e avrà l’occasione di essere il capitano unico, in una grande squadra e con più esperienza. 

«Non è però la prima volta che faccio il capitano – ci tiene a precisare Vlasov – quindi non fa poi così effetto. Sono consapevole di essere in una squadra importante, una squadra che crede in me e di certo io farò di tutto per cogliere il miglior risultato possibile. Il podio è un obiettivo.

«Sarebbe bello partire con il numero uno – ride – però non l’ho vinto io l’anno scorso. Alla fine è solo un numero».

Non è la prima volta che ricopre il ruolo da leader, è vero, però è diverso che essere il co-leader. Il giovane che può fare bene, ma che tutto sommato corre sotto il parafulmine di un capitano più accreditato. E’ chiaro che cambia anche la pressione.

«Sì, forse è così, ma non credo che ci sarà più attenzione su di me da parte della altre squadre. Mentre so cosa vuole da me il mio team. Alla fine poi le cose sono semplici: decidono le gambe».

Il russo non è uno specialista delle crono, ma da quando è in Bora è migliorato moltissimo, tanto da vincere la crono all’ultimo Romandia
Il russo non è uno specialista delle crono, ma da quando è in Bora è migliorato moltissimo, tanto da vincere la crono all’ultimo Romandia

Ricognizioni post Tirreno

Al Giro d’Italia, Vlasov sarà guidato in ammiraglia da Enrico Gasparotto. Il diesse friulano già lo scorso anno andò a visionare le tappe più insidiose e la stessa cosa ha fatto quest’anno… proprio nella sua terra. In autunno era andato sul Lussari. In casa Bora-Hansgroghe dopo l’addio a Sagan hanno voltato pagina e hanno dichiarato senza mezzi termini di puntare sui grandi Giri. 

Una mentalità che si ripercuote a 360° su staff e corridori. E non solo nel modo di correre o nella scelta degli atleti. Basta pensare alla crono, a quanto ci ha lavorato Vlasov da quando è in Bora-Hansgrohe, a quanto sia migliorato e a quante attenzioni dedichi a questa disciplina che nel prossimo Giro d’Italia avrà un bel peso.

«Qualcosa – dice Vlasov – conosco del percorso del prossimo Giro, anche grazie alle corse fatte in passato in Italia. Ma dopo la Tirreno andrò a vedere un paio di tappe, qui nella zona. Credo quella di Cesena (la crono, ndr) e qualche altro tratto non lontano da qui (probabilmente la frazione di Fossombrone, ndr)».

«Higuita continua il suo cammino»: parola di Gasparotto

27.02.2023
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La stagione 2023, anche se un po’ in sordina dal punto di vista mediatico, è iniziata anche per Sergio Higuita. Il colombiano della Bora-Hansgrohe ha iniziato a correre dalla Vuelta a San Juan. Poi si è presentato ai campionati nazionali, dove però non è riuscito a difendere il titolo vinto lo scorso anno. A febbraio il colombiano è arrivato in Europa, più precisamente in Portogallo, dove ha corso la Volta ao Algarve. 

Prima corsa in stagione e primo podio in Argentina per Higuita: terzo dietro Lopez e Ganna
Prima corsa in stagione e primo podio in Argentina per Higuita: terzo dietro Lopez e Ganna

Continuità

Entro la fine del mese il venticinquenne colombiano avrà già messo in saccoccia quindici giorni di corsa, visto che nel fine settimana ha gareggiato in Francia. Non pochi, se si pensa che nel suo calendario ci saranno altre brevi corse a tappe e poi uno dei tre Grandi Giri.

«Higuita – ci spiega Gasparotto, suo diesse di riferimento nel team tedesco – manterrà un calendario simile a quello dello scorso anno. A marzo arriverà in Italia per correre la Strade Bianche e poi si muoverà in Spagna per affrontare la Volta a Catalunya».

Sembra abbiate trovato subito la strada giusta fin dal 2022, suo primo anno in Bora.

La scorsa stagione è stato costante tutto l’anno, lo si è sempre visto davanti nelle varie corse che ha affrontato. Ha accumulato 4 vittorie, tre podi ed undici top 10. Alle quali si devono aggiungere la classifica generale della Volta a Catalunya e due classifiche per il miglior giovane: una sempre al Catalunya e l’altra al Giro di Svizzera. 

L’unica pecca della scorsa stagione è stata la Vuelta, non corsa ai suoi livelli…

Ci eravamo abituati bene per tutto l’anno – dice con un mezzo sorriso Gasparotto – alla Vuelta è arrivato malato e non è riuscito ad esprimersi al meglio

Prima della Vuelta l’anno scorso il colombiano ha corso al Tour de Pologne dove ha vinto la terza tappa
Prima della Vuelta l’anno scorso il colombiano ha corso al Tour de Pologne dove ha vinto la terza tappa
Forse un rischio mandarlo solo alla Vuelta, sarebbe stato meglio fargli correre Giro o Tour con la possibilità, eventualmente, di rimediare?

No. Noi scegliamo le corse in base alle caratteristiche delle tappe ed alle esigenze di ognuno. Sergio l’anno scorso ha detto di voler partecipare alle corse delle Ardenne e quindi era impossibile arrivare pronto al Giro. Il Tour, invece, aveva troppi chilometri a cronometro per lui, ne avrebbe risentito. 

Non cambiare registro vuol dire aver trovato la chiave, con tante corse a tappe brevi per alzare l’asticella poco a poco, giusto?

Le brevi corse a tappe, gestite con un buon periodo di recupero e allenamenti, sono perfette per crescere di condizione. In più, come detto prima, Sergio ha dimostrato di saperle anche vincere, che male non fa.

Rispetto al 2022 è già partito a correre da gennaio…

Il debutto alle corse in Argentina era previsto anche per la scorsa stagione, ma la Vuelta a San Juan è stata cancellata per Covid. Così è rimasto a casa ed ha esordito al campionato nazionale vincendo subito. 

Tra le Ardenne e il Giro di Svizzera tornerà in Colombia per allenarsi e stare con la famiglia
Tra le Ardenne e il Giro di Svizzera tornerà in Colombia per allenarsi e stare con la famiglia
Quest’anno, invece, quale corsa a tappe farà?

E’ stato inserito nella lista dei corridori per il Tour. La Grande Boucle ha pochi chilometri a cronometro ed ha un percorso adatto a lui. Ma vedremo come arriverà a luglio, ora è troppo presto per decidere, al massimo verrà dirottato sulla Vuelta. 

State lavorando anche sulla cronometro?

Certamente, Higuita deve imparare a difendersi a cronometro e deve migliorare molto in questo campo. I margini di crescita sono elevati, dobbiamo anche pensare che si tratta di un corridore di venticinque anni. Non è ancora nel pieno della sua maturazione fisica. 

Dopo la prima parte di stagione cosa farà?

Finite le Ardenne tornerà in Colombia, nel mese di maggio, ad allenarsi e per stare con la famiglia. Per i corridori sudamericani questi sono momenti molto importanti perché si tratta di una breve finestra dove riesce a stare con i propri cari

Niente Giro per Higuita, il gap a cronometro con i grandi è ancora troppo ampio
Niente Giro per Higuita, il gap a cronometro con i grandi è ancora troppo ampio
Come viene gestito quando si trova in Colombia?

Ha un contatto giornaliero con il suo preparatore che lo segue tramite le varie piattaforme di allenamento. Sergio è un ragazzo molto professionale e molte volte siamo noi a frenarlo perché rischia di allenarsi troppo. Io personalmente, essendo il suo diesse di riferimento, lo sento ogni tanto per sapere come sta e per aggiornarci. 

Una volta tornato in Europa dove correrà?

Riprenderà dal Giro di Svizzera, per rimettere la testa sulle corse e capire a che punto è con la preparazione. Poi stileremo il programma per la seconda metà dell’anno

Poche gare alla vigilia, si punta su allenamento e altura

20.02.2023
4 min
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Poche gare prima dei grandi appuntamenti, la tendenza è questa. Ma perché? L’argomento è piuttosto attuale visto che molti corridori, specie quelli che hanno cerchiato di rosso il Giro d’Italia, passeranno più tempo in altura e in allenamento che in gara.

E questo, a quanto pare, vale anche per i preparatori. Paolo Artuso, coach della Bora-Hansgrohe, quando ci risponde sta giusto per partire verso il Teide.

«Andrò lassù per dare il cambio agli altri preparatori che sono lassù già da un po’. Poi andrò alla Parigi-Nizza e tornerò ancora sul vulcano atlantico». Da queste parole già si può capire molto.

Paolo Artuso
Paolo Artuso (classe 1984) da quest’anno è un coach della Bora-Hansgrohe
Paolo Artuso
Paolo Artuso (classe 1984) da quest’anno è un coach della Bora-Hansgrohe
Paolo, ma cosa succede?

Alla fine ciò che serve è avere più ossigeno a disposizione e l’altura è quel che ci vuole per ossigenare ogni distretto muscolare al meglio. Si sapeva anche prima chiaramente, ma l’obiettivo è avere dei buoni valori del sangue. Valori più alti possibile, in modo legale.

Quindi torna a gran voce l’altura…

C’è poi da considerare che l’allenamento è un processo controllato. Posso lavorare laddove ho più bisogno. Potrei fare cento esempi. Per esempio devo perdere un chilo e mi alleno in un certo modo. Devo migliorare la prestazione dopo le 4 ore di gara e allora farò dei test dopo i 3.000 KJ e lavorerò su questo aspetto. L’allenamento è un continuo aggiustamento: oggi, più domani… più un mese.

Però si è sempre detto che la gara serve. Che l’allenamento che si fa in corsa non si fa a casa o in ritiro.

Ovvio che c’è bisogno degli stimoli della gara. Però è anche vero – ed è questo un passaggio chiave – che se oggi non sei al 100% in gara fai fatica e basta. Ti ritrovi a fare sforzi su sforzi, fuorigiri frequenti e alla fine vai in acidosi.

Anche in quota sul Teide, Roglic ha usato la bici da crono… sui rulli (foto Instagram)
Anche in quota sul Teide, Roglic ha usato la bici da crono… sui rulli (foto Instagram)
Acidosi?

I muscoli diventano acidi e ciò contribuisce alla fatica anche in allenamento. In pratica non sei più costruttivo. I mitocondri, queste famose centraline dei muscoli, non amano un ambiente acido e se questo è addirittura troppo acido si distruggono. Ed è quello che succede se vai in corsa senza essere pronto. Sei sempre a tutta, sempre ad inseguire, sempre in acido lattico. Una volta invece non era così. Andavi alle corse per rifinire la preparazione. Andavi in Oman, per esempio, anche se non eri al top e miglioravi. Adesso invece in Oman ho visto numeri da Giro e da Tour e come fai?

Abbiamo visto che Conci dopo queste prime gare farà molta altura, poi Catalunya e poi altura. Roglic idem e non ha neanche corso. Magari Primoz lo fa perché spesso ha tentennato nella terza settimana e vuol preservarsi?

Ma alla fine se ci pensiamo è lo stesso discorso. Vuole arrivare meglio alla terza settimana. Poi è anche una questione mentale.

Cioè?

Al netto di Roglic, oggi ad ogni rotonda c’è una guerra. Tutti i diesse per radio dicono agli atleti di stare davanti e per ogni minima cosa c’è una lotta. Quindi se corri un po’ meno anche dal punto di vista dello stress ci arrivi un po’ meglio.

Abbiamo nominato Conci e Roglic, in Bora-Hansgrohe avete corridori che puntano al Giro e che correranno poco?

Penso a Vlasov. Dopo la Valenciana è tornato in altura. Poi farà Tirreno, di nuovo altura e Tour of the Alps.

Oggi più che mai il rischio di essere sempre a tutta in gara, spinge gli atleti a ponderare bene le gare da fare
Oggi più che mai il rischio di essere sempre a tutta in gara, spinge gli atleti a ponderare bene le gare da fare
Quindi niente Liegi, niente Ardenne?

Vediamo, ma oggi la differenza la fa la durata dell’altura. Prima si facevano due settimane, adesso se ne fanno tre o quasi tre. Soprattutto nel primo ritiro dell’anno. Anche l’adattamento è diverso. Prima tre giorni, adesso magari sono anche cinque e poi s’inizia con i blocchi di lavoro.

Ecco, hai parlato di lavori in altura. Si diceva che in quota non si facevano specifici e adesso tu parli di blocchi di lavoro e Rota ci dice che fa le volate a 2.500 metri di altitudine…

Quelle di Rota però sono volate di 15”-20” e non sono quelli i lavori che ti “finiscono”. Ciò che ti consuma sono i lavori submassimali di un’ora. Anzi, in altura quel tipo di stimoli di Rota sono ottimi. Ma resta il fatto che oggi devi andare in corsa pronto.

Perché?

Perché si va più forte. Noi lo vediamo con i test. Con certi valori una volta vincevi i Giri, oggi arrivi tra i primi venti. C’è sempre una maggior precisione del lavoro. Io dico sempre ai miei atleti che la prestazione è un insieme di palline. Quella più grande è l’allenamento, perché è la base e se non ti alleni non vai. Poi ci sono le palline più piccole della nutrizione, del riposo, dei materiali… cosa è cambiato: che rispetto ad una volta queste altre palline sono diventate più grandi. Hanno più peso…

Uijtdebroeks ha due sogni: il Tour e una fattoria

11.02.2023
5 min
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Cian va veloce. Il suo prossimo step sarà il Tour of Oman, con la mezza idea di fare finalmente classifica, grazie alla salita finale di Green Mountain (tappa di martedì 14 febbraio). Cian Uijtdebroeks e questo suo cognome così difficile (per noi) da pronunciare sono sulla porta di un altro salto di qualità, dopo che la vittoria al Tour de l’Avenir dello scorso anno lo ha fatto uscire dal cono delle luci altrui. Non più il ragazzino che sogna di fare come Evenepoel, ma un atleta promettente e forte, con sogni se possibili più grandi.

Cian ammette che le cose a volte vanno un po’ troppo veloci per lui, ma ci ride su. «Due anni fa guardavo questi campioni in tivù – ha detto al belga Het Nieuwsblad – invece stamattina mi sono trovato improvvisamente in ascensore con Cavendish. Non credo che mi conosca, nessuno mi conosce… ».

La Bora-Hansgrohe lo ha sotto contratto fino al 2024, avendo previsto per lui un cammino di crescita graduale. Il guaio, se di guaio si può parlare, è che il primo ad avere fretta è proprio lui.

Cian Uijtdebroeks è nato il 28 febbraio 2003. Ha corso da junior alla Auto Eder ed è pro’ alla Bora dal 2022
Cian Uijtdebroeks è nato il 28 febbraio 2003. Ha corso da junior alla Auto Eder ed è pro’ alla Bora dal 2022
Cosa è cambiato dopo il Tour de l’Avenir?

Non sono più visto come una promessa. Qualcosa è cambiato, anche se continuo senza mettere troppa pressione su me stesso. Ho ancora 19 anni e ci sono in giro corridori che hanno raggiunto grandi risultati a 23. Se riuscirò ad arrivarci prima, allora lo farò. Voglio sempre attaccare, cercare di vincere, ma l’anno scorso fra i professionisti non ci sono riuscito. La squadra mi ha detto che ho davanti tre anni per crescere, mi sembrano lunghissimi. Spero di arrivarci prima

Era importante liberarsi dal confronto con Evenepoel?

Non è che il confronto con Remco mi tenesse sveglio, ma quando guardavo i suoi risultati, la pressione veniva da sé. Adesso è passata, faccio quello che posso. Il futuro ci dirà se sto crescendo più velocemente o più lentamente di lui. Ci conosciamo. Quando ci vediamo, una chiacchierata ci scappa sempre, ma non è che ci scambiamo messaggi. Ho tre anni di meno, non abbiamo corso insieme nelle giovanili. Non abbiamo parlato poi molto.

Sul podio del Tour de l’Avenir 2022, Uijtdebroeks ha preceduto Staune Mittet e Hessmann (foto Asopresse)
Sul podio del Tour de l’Avenir 2022, Uijtdebroeks ha preceduto Staune Mittet e Hessmann (foto Asopresse)
Sei sempre sorridente…

Mi sto divertendo. Vengo pagato per fare qualcosa che amo fare. Mi sento esattamente come quando ero junior, anche se ovviamente il livello è molto più alto. Essere un ciclista professionista è un sogno che si avvera. Poi certamente verrà il giorno in cui da me si vorranno i risultati. Per ora la squadra mi lascia tempo, ma so anche che non aspetteranno cinque anni. Sono convinto però che anche quando sentirò di essere forte e di poter lottare contro i grandi, mentalmente sarò lo stesso che ha vinto tra i più giovani. Anche lì mi veniva chiesto di fare risultati.

Com’è stato il tuo inizio di stagione?

In questo periodo dell’anno ci sono poche gare con grosse salite e questo è l’aspetto più duro. L’ultimo giorno in Oman si andrà a Green Mountain e saranno già venti minuti di salita. Ne avrei preferiti trenta, un’ora, ma per cominciare va bene così. Alla Muscat Classic ho provato ad attaccare nell’ultimo tratto in salita, ma c’era troppo vento contrario. E poi nel finale ho anche forato: scattare sul cerchio non è facile.

Il gusto di attaccare è alla base del ciclismo di Uijtdebroeks, qui al Trofeo Andratx a Mallorca
Il gusto di attaccare è alla base del ciclismo di Uijtdebroeks, qui al Trofeo Andratx a Mallorca
Che cosa significa essere pro’ a 19 anni?

Faccio ancora molti errori, sono spesso nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ho la testa che va per i fatti suoi. Una volta Nils Politt mi ha detto: «Cian, cosa stai facendo? Vieni alla mia ruota, vieni qui. Fra poco il gruppo tornerà compatto». Se non lo avesse detto, avrei tirato per un’ora e nel finale sarei stato morto. A volte invece sbaglio per capire fin dove posso arrivare…

Quando?

Quando decido di correre come negli juniores. A Mallorca, ad esempio, quando sono partito a 95 chilometri dalla fine. Ho detto alla radio che stavo per attaccare. Mi hanno chiesto se fossi sicuro, ma io sono andato lo stesso. E’ uno stile molto più aggressivo, ma ovviamente per ora non è il modo migliore per vincere una corsa a tappe. A Mallorca si poteva fare, perché non c’era classifica finale. Ma intanto sto crescendo. Ho un buon valore di consumo di ossigeno, ma un solo inverno non può cambiarti troppo. Ho più resistenza, i miei muscoli sono leggermente più sviluppati. L’anno scorso non avrei potuto pedalare per tre ore a tutta come in quella tappa di Mallorca.

Mancavano 95 chilometri all’arrivo del Trofeo Andratx quando il belga è partito da solo
Mancavano 95 chilometri all’arrivo del Trofeo Andratx quando il belga è partito da solo
Resta il sogno di vincere il Tour?

La scorsa è stata una stagione per imparare. Quest’anno deve essere una via di mezzo, ma l’anno prossimo devo andare forte. Il mio sogno resta diventare un buon corridore per i grandi Giri. Il Tour de France resta il sogno più grande, ma devo ancora crescere. Per ora mi pongo piccoli obiettivi e un giorno, che vinca o meno, farò il contadino. Per questo, dopo un anno ho interrotto gli studi di psicologia e ora seguo biologia e agronomia online. Il mio sogno è vincere un giorno il Tour de France e poi comprarmi una fattoria.

Le star della Bora-Hansgrohe per le corse a tappe

12.01.2023
8 min
Salva

Parlando con Paolo Artuso dei tanti e ottimi corridori che ci sono nelle sua fila, la Bora Hansgrohe era stata definita una “all star”, una squadra composta da “tutte stelle”. Sono in effetti molti i corridori importanti nel team tedesco, specie quelli per le corse a tappe. 

Gasparotto (qui con Benedetti) corridore fino al 2020, è un direttore sportivo della Bora-Hansgrohe dalla passata stagione
Gasparotto (qui con Benedetti) corridore fino al 2020, è un direttore sportivo della Bora-Hansgrohe dalla passata stagione

Enrico Gasparotto, direttore sportivo della Bora, ci dice chi sono queste “star” e come pensano di recuperarle al meglio. Non tutte infatti hanno brillato nella passata stagione.

«Partiamo dal concetto che le corse a tappe sono un’ambizione della nostra squadra dal 2022 – dice Gasparotto – da quando è andato via Sagan. Ci dirigiamo verso i grandi Giri soprattutto. Lo scorso anno doveva essere il primo approccio e tutto è andato oltre ogni più rosea aspettativa… nel vero senso della parola, visto che abbiamo vinto il Giro d’Italia».

Jai Hindley, maglia rosa del Giro 2022, punterà al Tour de France
Jai Hindley, maglia rosa del Giro 2022, punterà al Tour de France

Hindley sul Tour

La prima “star” non può che essere Jai Hindley, il re del Giro d’Italia.

«Jai ha ottenuto un grande risultato e si è confermato alla Vuelta con la sua top 10. Di fatto è l’unico dei nostri che è salito sul podio di un grande Giro, e ci sta che abbia l’aspirazione di andare al Tour».

E qui Gasparotto spiega con chiarezza le volontà di Hindley tra Giro e Tour.

«Inizialmente Jai voleva fare il Giro, voleva difendere il titolo. Ma in Bora abbiamo una comunicazione semplice e genuina. Hindley ha visto che al Tour hanno prediletto le montagne e ha spostato le sue attenzioni in Francia. 

«Sappiamo che sarà difficile e che il Tour negli ultimi anni è stato un monopolio di UAE EmiratesIneos Grenadiers e Jumbo-Visma, ma era arrivato il momento di misurarsi nel gran tour più importante. E’ la prima volta e ci andremo con il massimo rispetto».

Vlasov essendo bravo a crono ha scelto di puntare al Giro
Vlasov essendo bravo a crono ha scelto di puntare al Giro

Vlasov al Giro

«Io passerei a Vlasov – prosegue Gasparotto – Alexander riparte dal quarto posto del Giro 2021 e dal quinto del Tour 2022. Un quinto posto catturato nonostante una caduta in un momento cruciale della corsa. Ha mostrato caparbietà e grande costanza. E’ sempre stato davanti. A parte una tappa (la seconda in volata in Danimarca, ndr) non è mai andato oltre il 31° posto. E siamo felici di questo rendimento perché ha ottenuto quel piazzamento pur senza sviluppare i suoi watt migliori. Non era al top».

«Vlasov a crono si difende bene. Non è all’altezza di Remco o Roglic, ma va. Lui ha fatto il ragionamento opposto a quello di Jai. Punta al Giro pensando ad un podio. In generale la differenza così netta fra i percorsi di Giro e Tour hanno facilitato le scelte dei ragazzi e aiutato noi direttori, che li ascoltiamo e cerchiamo di accontentarli».

«Alex è un ragazzo semplice, concreto. E’ già concentrato sul Giro. Sa che già abbiamo visionato delle tappe e segue questo percorso. Se non ci saranno intoppi la corsa rosa diventa davvero interessante per lui… E poi potrebbe avere il numero uno!».

Emanuel Buchmann (classe 1992) vuole una stagione ad alto livello
Emanuel Buchmann (classe 1992) vuole una stagione ad alto livello

Rilancio Buchmann

Scorrendo la lista delle star ecco Emanuel Buchmann. Il tedesco, scalatore, vanta un quarto posto al Tour 2019 e da lì vuol ripartire.

«Lui ci ha detto di voler fare il Tour, sempre per il discorso delle crono, dove non è super. Arriva da stagioni in cui il suo rendimento è stato più basso dei suoi livelli a causa di cadute e malattie, ma quel settimo posto all’ultimo Giro è stato un bagliore».

Il suo 2022 è stato a doppia velocità. Bene nella prima parte, molto meno nella seconda.

«Però – va avanti Gasparotto – adesso è entusiasta e non era giusto gettare quanto di buono fatto nella prima parte. Riprenderà a correre a Majorca.

«E’ importante farlo correre? Io dico che è importante farlo correre bene. Oggi tutto è super professionale, tutti sono al top. Più che spronarli i corridori devi quasi fermarli. Quindi la differenza può farla la felicità. I ragazzi devono essere contenti di quel che fanno, ci devono credere. E se per caso non si sono allenati per una malattia è inutile mandarli a correre per raccogliere dei feedback negativi. In tal senso mi è piaciuta una massima di Gianluca Vialli di questi giorni: “Nessuno perde. O vince o impara”».

Parigi-Nizza 2021, Schachmann si complimenta con Roglic. Il tedesco è stato secondo per due anni consecutivi
Parigi-Nizza 2021, Schachmann si complimenta con Roglic. Il tedesco è stato secondo per due anni consecutivi

Schachman già in pista

La star successiva è Maximilian Schachman. Il tedesco arriva da un anno non altezza della sua classe.

«E infatti – spiega Enrico – ha chiuso in anticipo la stagione 2022 per recuperare meglio. Lui è in Australia. Il team si aspetta molto nelle corse di una settimana e nelle gare di un giorno, tanto più che per i grandi Giri siamo ben coperti.

«Il suo obiettivo 2023 si chiama continuità di rendimento. Per esempio allo Svizzera ha ottenuto un decimo posto pur non stando bene. Max ha un motore talmente grosso che deve avere questa continuità ad alto livello. Artuso ci sta lavorando. Per lui Parigi-Nizza e Ardenne sono i primi obiettivi».

Sergio Higuita (classe 1997) ha mostrato grandi doti nelle corse a tappe di una settimana. Qui leader, provvisorio, all’ultimo Giro di Polonia
Higuita (classe 1997) ha mostrato grandi doti nelle corse a tappe di una settimana. Qui leader, provvisorio, all’ultimo Giro di Polonia

Higuita: corse più brevi

«Sergio è in Colombia… al caldo! Per lui pensiamo alle corse di una settimana più che ai grandi Giri. Nel 2022 ha vinto il Catalunya, è andato forte allo Svizzera… Ma per me può essere competitivo anche nelle grandi corse di un giorno. Poteva già cogliere il primo podio in un monumento se al Lombardia non avesse preso il Civiglio troppo indietro».

«Higuita potrebbe essere di supporto ad Hindley al Tour. Però non dimentichiamo che è giovane e può migliorare ancora».

Kamna lo scorso anno ha mostrato grande tenuta anche nelle tre settimane. Eccolo con Hindley e Carapaz sulla Marmolada
Kamna lo scorso anno ha mostrato grande tenuta anche nelle tre settimane. Eccolo con Hindley e Carapaz sulla Marmolada

Kamna e la classifica

Lennard Kamna è forse la sorpresa maggiore. Talento indiscusso, lo scorso anno è rifiorito.

«Visto che Lennard si difende bene a crono, è campione nazionale, pensa ai 71 chilometri contro il tempo del Giro. Ha l’ambizione di provare a fare classifica ed è giusto accontentarlo. Per me può essere un outsider.

«Deve maturare e avrà un approccio diverso dal correre con la fantasia e la libertà come ha fatto quest’anno. Sarà alla prima esperienza per capire se potrà puntare alle classifiche. Il suo avvicinamento prevede due corse a tappe, Valenciana e Tirreno. Da lì capiremo come impostare il Giro».

Aleotti ha vinto il Sibiou Tour per due anni consecutivi. E’ arrivato il momento di fare uno step almeno nelle corse di un giorno
Aleotti ha vinto il Sibiou Tour per due anni consecutivi. E’ arrivato il momento di fare uno step almeno nelle corse di un giorno

E Aleotti?

Delle stelle della Bora fa parte anche Giovanni Aleotti. Una delle speranze del nostro ciclismo.

«Giovanni è in Australia – dice “Gaspa” – abbiamo deciso di partire più forte perché rendesse subito bene. Poi anche per lui ci sarà il Giro. Si prevede una stagione dispendiosa tanto più dopo un inverno concentrato per essere subito pronto. Sacrificherà le Ardenne. Volevamo che arrivasse bene al Giro. Lo scorso anno ha avuto troppi intoppi».

Aleotti è quindi già concentrato sul Giro e secondo Gasparotto potrà essere una pedina fondamentale per Vlasov.

«Per Giovanni vale un po’ il discorso fatto per Kamna. O uno nasce come Hindley, che è subito performante, oppure ci arriva per step. Ma io credo che crescere per step sia la cosa migliore. E lo dico sulla mia pelle da corridore che ha vinto subito. In questo modo quando arriveranno le difficoltà saprà come affrontarle.

«Se mi chiedete, nel lungo termine, se Giovanni potrà essere da grandi Giri vi rispondo che non lo so. Se mi chiedete cosa potrà fare nel breve termine, vi dico che può essere competitivo nelle corse di un giorno. Specie quelle nella seconda parte di stagione, come Plouay o il Canada, dove ha mostrato di andare forte». 

Bob Jungels (classe 1992), arrivato questo inverno alla Bora Hansgrohe, fa parte a pieno titolo delle star (foto Instagram)
Jungels (classe 1992), arrivato questo inverno alla Bora Hansgrohe, fa parte a pieno titolo delle star (foto Instagram)

Jungels in appoggio

Gasparotto ci fa notare che all’appello manca Bob Jungels. In teoria ci sarebbero anche Patrick Konrad e Sam Bennett, ma loro hanno fatto più una svolta verso il gregariato.

«Bob, altro corridore super solido – dice Enrico – ritrovare la costanza è un suo obiettivo. Il fatto che sia tornato a vincere al Tour e che sia uscito di poco dalla top 10 significa che è di nuovo ai suoi livelli.

«La sua stagione sarà divisa in due parti principali: Parigi-Nizza e classiche del Nord e poi Tour de France. Alla Parigi-Nizza, potrà fare bene sia per la classifica che per aiutare, specie in ottica cronosquadre. Nelle classiche potrà essere competitivo in alcune di quelle sul pavé e in quelle delle Ardenne. Non dimentichiamo che è stato anche nella Quick Step e sa come lottare per quegli obiettivi.

«Riguardo al Tour invece vorrà esserci per dare supporto. E non per la classifica. E’ stata una sua scelta. Parole sue: “Se tengo duro faccio 9°-10° e non mi posso muovere. Così invece potrò aiutare e magari cercare una vittoria di tappa».