Valverde smette, Mas resta: Unzue a metà del guado

14.10.2022
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Unzue accavalla le gambe, sorride e annuisce ascoltando la domanda, poi inizia a parlare seguendo il filo di un discorso che nasce da lontano. Il manager del Movistar Team ha l’alone di saggezza che in precedenza fu di Josè Miguel Echavarri, il mentore di Indurain, che parlava con il carisma di un oracolo o un sacerdote del ciclismo.

L’argomento è il momento della squadra, che da un lato dice addio a Valverde e dall’altro ha ritrovato Enric Mas a livelli insperati.

Abbiamo incontrato Unzue al Giro di Lombardia, ultima corsa di Valverde
Abbiamo incontrato Unzue al Giro di Lombardia, ultima corsa di Valverde

Lo stupore di Unzue

Del mallorquino avevamo parlato con Piepoli che lo allena. E proprio il pugliese ci aveva parlato delle difficoltà di Mas nei giorni del Tour, terrorizzato dalle discese e da altri fattori difficili da decifrare. Invece alla Vuelta, dopo quattro settimane di lavoro certosino, la svolta netta e inattesa.

«Incredibilmente e felicemente aggiungerei – dice Unzue – dopo le tante cose che sono successe quest’anno, il fatto che sia stato capace di fare quella Vuelta e poi il finale di stagione in Italia era sinceramente impensabile. Che questo fosse il suo livello me lo aspettavo. Ma dopo tanta disgrazia, il fatto che sia stato capace di reagire… Al Tour si è ritirato a tre tappe dalla fine per il Covid. In più c’era questo problema delle discese. Non riesco a capire cosa sia cambiato per rivederlo così alla Vuelta. Mi ha stupito più per il suo recupero mentale, che del livello sulla bici. Quello era già così alla Tirreno-Adriatico, dove però sono iniziati tutti i problemi…».

La caduta di Mas nella 5ª tappa del Delfinato secondo Unzue ha bloccato del tutto il povero Mas
Secondo Unzue, la caduta di Mas al Delfinato lo ha bloccato del tutto
Che cosa è successo?

Non lo sappiamo, sono cose difficili da capire. Ha cominciato con la caduta alla Tirreno. Poi quella ai Paesi Baschi e anche al Delfinato, dove la sua fiducia si è distrutta del tutto. Aveva iniziato il Tour molto bene. Si è salvato nelle tappe più rischiose. Siamo andati verso le salite e nelle discese ha iniziato a bloccarsi. In 50 anni di ciclismo non avevo mai visto una cosa così, ve lo dico sinceramente. Ma avevamo sempre la fiducia che come era arrivato, il problema sarebbe potuto passare. Ed è stato così veramente.

Piepoli ci ha parlato del gran lavoro fatto con lui.

Leo lo conoscete bene, sapete come si impegna. E lui ha fatto un lavoro incredibile per restituirgli la fiducia. Bravo anche il tecnico che lo ha accompagnato a fare le discese. Ci hanno lavorato un po’ tutti ed è stato veramente importante, perché lui è ripartito. E’ stato incredibile come abbia perso la fiducia in un momento e incredibile come l’ha recuperata e tutto sia cambiato di nuovo.

La scoperta disarmante del Tour: Mas bloccato in discesa, poi il ritiro causa Covid
La scoperta disarmante del Tour: Mas bloccato in discesa, poi il ritiro causa Covid
Potrebbe aver pagato l’assenza di Valverde?

Potrebbe essere, ma non so se sia stato per questo. Sono convinto che avere vicino Alejandro gli regali la tranquillità per rendere meglio. Questa è una realtà. Alla fine come tutti questi giovani, c’è bisogno di un tempo per essere capaci di guidare un progetto che richiede grande responsabilità. Io credo che questa esperienza sia stata molto importante e credo che lui sia già a posto per essere uno dei grandi.

Anche perché alla fine Valverde ha detto basta…

E io sono felice perché lo vedo felice. Si gode la bici, dopo 21 stagioni da professionista in cui ha cominciato al top, ha continuato al top e dopo tutto questo tempo è ancora al top. E’ partito come uno dei favoriti per il Lombardia, vuol dire che per 21 anni abbiamo avuto il privilegio di vivere accanto a uno come lui.

Come lui?

Uno che non ha mai parlato di momento di forma, che vinceva a gennaio, febbraio, marzo, aprile, maggio al Giro, luglio al Tour, il mondiale a fine anno… Vinceva tutto l’anno. Alejandro ci ha fatto sembrare normali le cose eccezionali che ha fatto. Però intanto il suo palmares si è riempito di corse totalmente diverse. E allora capisci la qualità di questo uomo. E poi è incredibile che sino alla fine abbia continuato a divertirsi. Gli piace allenarsi, mangiare bene, fare i sopralluoghi dei percorsi. Sono cose che ai giovani a volte pesano, ma probabilmente fanno parte della sua grandezza.

Non si dura tanto senza i giusti sacrifici…

Ma lui li ha sempre affrontati con un livello di professionalità incredibile. Sempre disposto a fare bene nella corsa dove lo mandavi. Abbiamo avuto tanti grandi corridori nella squadra. Ma senza dubbio uno che come lui ci abbia permesso di vincere dovunque vai… Lo abbiamo visto vincere a cronometro, battere Petacchi, lo abbiamo visto in corse di una settimana, nei grandi Giri, podi al mondiale, le classiche… Ha fatto di tutto e le ha vinte tutte!

Il Giro di Lombardia è stato anche l’ultima corsa di Valverde a 42 anni, 21 dei quali alla corte di Unzue
Il Giro di Lombardia è stato anche l’ultima corsa di Valverde a 42 anni, 21 dei quali alla corte di Unzue
E adesso, secondo Unzue come cambia la storia del team?

Abbiamo visto smettere Indurain. Credo che la storia degli uomini che ci hanno preceduto ci insegni molto. Confido che quelli che arrivano dietro siano capaci di sostenere la storia di questa squadra. Ho tanta fiducia in questi giovani. Per loro la partenza di Alejandro significherà avere più opportunità. Se c’era Alejandro, si correva perché vincesse. D’altro canto, vedendo il livello di Enric, credo si stia consolidando come un grande leader.

Cosa farà da grande?

Abbiamo un contrato per i prossimi due anni. L’ho fatto con l’idea che lui semplicemente non dovesse pensare al suo futuro mentre correva. Ha un accordo per consentirgli di scoprire il ciclismo da quest’altro punto di vista, perché trovi il suo posto e possa trasmettere la sua esperienza. E dove può sentirsi felice una volta di più nell’ambiente della bicicletta.

Torna il Trofeo Baracchi, la grande storia riparte

18.05.2022
4 min
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C’era un tempo in cui esistevano eventi che erano qualcosa più di semplici corse, competizioni, gare. C’era un tempo in cui la gara era sì accesa, ambita, combattuta, sognata, ma era quasi una scusa per ritrovarsi, salutarsi, abbracciarsi, dirsi arrivederci, condividere passioni, gioie, dolori, professionali e personali. Tra queste c’era il Trofeo Baracchi, una cronometro a coppie che si disputava su una distanza di 100 chilometri e di fatto concludeva la stagione ciclistica (in apertura, Moser e Hinault nell’edizione del 1984). Un ultimo giorno di scuola prima dell’inverno, della lunga sosta, prima che la stessa combriccola si rivedesse in Riviera, per il Laigueglia e la Sanremo.

Fu Giacomo Baracchi, detto “Mino” a inventare e tracciare il percorso della cronocoppie
Fu Giacomo Baracchi, detto “Mino” a inventare e tracciare il percorso della cronocoppie

Le Capitali della Cultura

L’ultima edizione di questa corsa, inventata dal commerciante bergamasco Mino Baracchi nel 1949, si disputò nel 1991, ma nel 2023 finalmente tornerà. La competizione si disputerà con la stessa formula della crono a coppie, sarà riservata ai professionisti e alle donne su un percorso che unirà Bergamo a Brescia. Le due città, cugine e rivali, saranno unite dal fatto che l’anno prossimo saranno Capitali della Cultura.

Ecco, la gara diventa motivo per condividere, scambiare, fondere, unire, appassionare. I nostalgici, i vecchi amanti della bicicletta cresciuti con Coppi e Bartali torneranno ad assaporare il gusto dolce del ciclismo di un tempo. I giovani, quelli nati sotto la stella di Pantani, di Nibali o di Ganna potranno innamorarsi ancora un po’ di più del ciclismo e comprenderne le radici più profonde, poi fiorite fino ai giorni nostri.

Nel 1953 Fausto Coppi e iridato e vince il Baracchi assieme a Riccardo Filippi (foto Miroir du Cyclisme)
Nel 1953 Fausto Coppi e iridato e vince il Baracchi assieme a Riccardo Filippi (foto Miroir du Cyclisme)

Lo zampino di Stanga

A volere il ritorno del mitico “Baracchi” sono stati Gianluigi Stanga, presidente dell’Unione Ciclistica Bergamasca; Beppe Manenti, organizzatore della Granfondo Felice Gimondi e Mario Morotti che di Mino Baracchi fu una sorta di braccio destro.

Tanti i campioni che vinsero il trofeo come Coppi, Motta, Anquetil, Merckx, Gimondi Baldini. La corsa si disputava il 1° novembre o il 4 perché erano due giorni simbolici: Ognissanti o quella che un tempo era la festa dell’Unità Nazionale. Una “trovata” da vero commerciante quella di Baracchi che voleva i fari puntati sulla corsa e sulla sua Bergamo. E così era, ogni anno, sempre un po’ di più, nonostante qualche aggiustamento sull’organizzazione, il percorso, i partecipanti.

Bergamo era il cuore della corsa con l’arrivo al velodromo di Dalmine che fungeva da grande palcoscenico, ma al tramonto della sua epopea si svolse anche in Trentino e in Toscana.

Nel 1979 Moser vince il Baracchi con Saronni: Francesco vanta 5 successi
Nel 1979 Moser vince il Baracchi con Saronni: Francesco vanta 5 successi (foto Miroir du Cyclisme)

Moser e Saronni

Non si disputò nemmeno sempre a coppie, ad esempio l’ultima edizione fu individuale e vinse Tony Rominger. Migliaia di persone, complice proprio il giorno di festa, si riversavano sulle strade per applaudire i propri campioni, soprattutto nell’epoca in cui le televisioni non esistevano e le radio narravano le gesta al Giro o al Tour, con i tifosi che dovevano immaginare, sognare, disegnare, fantasticare il volto di Coppi, le gambe di Bartali, le smorfie di Magni. Una corsa matta, folle, folkloristica, dove non sempre vinceva il più forte nelle gambe, ma il più forte nella testa.

Nei giorni scorsi Bergamo ha omaggiato Mino Baracchi in occasione dei 100 anni della sua nascita (l’ideatore è morto nel 2012, all’alba dei 90 anni) con Francesco Moser e Giuseppe Saronni ospiti d’onore. I due acerrimi rivali corsero insieme il trofeo nel 1979 e lo vinsero, anche in quel caso con qualche frecciatina in corsa. Baracchi che unì persino loro nonostante le iniziali perplessità, unirà anche Bergamo e Brescia per una nuova era, ci auspichiamo, ricca di altri aneddoti ed emozioni.

Italiani e corse a tappe: la spiegazione (dura) di Locatelli

16.05.2022
7 min
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Olivano Locatelli è tornato sull’ammiraglia. La squadra si chiama Onec Cycling e ha base a Parma. Con lui sale a volte Salvatore Commesso, suo allievo da dilettante. Locatelli ha vissuto vicende che quanto a qualità e quantità basterebbero per tre vite. In un titolo di tanti anni fa, lo definimmo “Lo stregone dei dilettanti”. Non sono stati sempre rose e fiori. I suoi metodi sono stati spesso discussi e hanno portato a inchieste e archiviazioni. Diversi corridori hanno puntato il dito, come altri continuano a ringraziarlo, ma nessuno può negare che la sua esperienza sia qualcosa di raro. Per questo e conoscendo bene le sue convinzioni tecniche, abbiamo fatto con lui una fotografia del dilettantismo di oggi (nell’immagine photors.it in apertura, il bergamasco è con Aru al Val d’Aosta del 2012).

Alcune delle sue affermazioni renderanno la sedia scomoda. Però forse questa volta vale la pena accettare la posizione disagevole, ragionare sui singoli punti senza bocciarli a priori e chiedersi se valga la pena accettare tutto come viene o non varrebbe la pena chiedere qualche cambiamento.

Quest’anno Locatelli guida la squadra emiliana della Onec Cycling (foto Facebook)
Quest’anno Locatelli guida la squadra emiliana della Onec Cycling (foto Facebook)
Ce ne hai messo per rispondere…

Avevo lasciato il telefono a casa, ero a potare gli alberi. Me lo ha insegnato mio padre. Ho gli ulivi, ma questa volta ho potato quattro betulle. A inizio settimana scorsa invece ero in Norvegia da mia figlia, a Stavanger.

La città di Kristoff…

Davvero ? Non lo sapevo.

Che cosa ti pare di questo ciclismo dilettantistico?

Non voglio fare critiche, Vicennati, ma il bel ciclismo lo abbiamo visto noi. Il blocco olimpico non era un danno, al contrario (il divieto per i dilettanti di passare professionisti dall’anno pre-olimpico, rimasto in voga fino al 1992, ndr). Riempiva il serbatoio e il livello si alzava, perché i migliori si confrontavano fra loro. In più c’erano gli stranieri che ci aiutavano. I corridori restavano di più fra i dilettanti, non come adesso. Parlo di Belli, Casartelli, Bartoli e Pantani. Guardo Pozzovivo, che fece tre anni con me e il quarto alla Zalf, ed è ancora là.

L’ultimo blocco olimpico nel 1992: Casartelli (corridore di Locatelli) vinse a Barcellona, poi arrivarono tra i pro’ i ragazzi del 1990: da Bartoli a Pantani
L’ultimo blocco olimpico nel 1992: Casartelli (corridore di Locatelli) vinse a Barcellona, poi arrivarono tra i pro’ i ragazzi del 1990: da Bartoli a Pantani
Oggi chi può passa subito.

Non mi sento di condannarli. L’anno scorso ho letto una tesi di laurea, in cui si sosteneva che il maschio di oggi ha 1/5 degli spermatozoi rispetto a quello di 40 anni fa. Il maschio ha bisogno di lavorare per produrre testosterone. Prima da bambino ti davano il secchiello e la paletta, adesso ti danno il cellulare. Faccio un altro esempio. Fino a 10 anni fa, parlavo con i padri dei corridori, adesso vengono le mamme. E ogni tanto mollo loro una battuta. «Voi siete creatrici di maschi che non sposereste mai», gli dico. Dopo un po’ sapete che mi danno ragione? Ma la colpa non è dei ragazzi, vorrei che fosse chiaro.

E di chi è?

Una decina di giorni fa a Castiglion Fiorentino, un direttore sportivo ha detto che ormai non ci sono più corridori. Io gli ho risposto ad alta voce che invece non ci sono più direttori con gli attributi (la parola usata non è esattamente questa, ndr) e tutti i ragazzi intorno si sono messi a ridere.

Che cosa dovrebbero fare i direttori sportivi?

Smetterla di affidarsi soltanto ai test sui watt, che non sono fedeli per tutti. Se ci fossimo basati su quelli, Pozzovivo, Gotti e Aru avrebbero smesso subito. Ne avevano sui 260, ma avevano anche fibra rossa che matura più lentamente. Se fai questi test sugli allievi in cerca dei numeri più alti, di sicuro troverai passisti e velocisti, quelli con le fibre bianche. Gli altri, che hanno bisogno di più tempo per maturare, neanche li guardi. E li perdi. Ricordo bene quando il presidente della mia società disse che non capivo molto di ciclismo e di far smettere Aru al primo anno, perché non valeva nulla. I corridori li abbiamo, ma li abbiamo fatti accelerare troppo nel cervello.

Pozzovivo ha corso con Locatelli per tre anni, poi è andato alla Zalf, quindi è passato pro’
Pozzovivo ha corso con Locatelli per tre anni, poi è andato alla Zalf, quindi è passato pro’
In che senso?

Li senti parlare che se non hanno il procuratore non passeranno. Si è innescata una dinamica da cui non si torna più indietro. Tutto e subito.

E’ irreversibile?

La Federazione avrà il coraggio di bloccare tutto? Dieci anni fa, una sera a cena con Di Rocco (presidente uscente della FCI, ndr), mi disse che stava tenendo duro, ma che l’UCI vuole ridurre il numero di corse e di squadre in Italia. Favorendo semmai la nascita di una squadra WorldTour e un massimo di 250 corridori. Va così da 7-8 anni, senza che i ragazzi ne abbiano colpa.

Hai parlato dei direttori sportivi.

Una volta mi scontrai con Fabrizio Tacchino (responsabile della formazione FCI, ndr) in uno dei suoi corsi di aggiornamento. Dicevo che i watt non sono reali a 18 anni e che non si poteva ridurre tutto a questo. Venne fuori una discussione dopo la quale rimanemmo a lungo senza parlare. Finché due anni dopo, mi vide e disse che voleva dirmi qualcosa. Pensai che volesse tornare su quel discorso, invece mi chiese se nel corso che stava per cominciare, avrebbe potuto usare le mie parole. Gli chiesi quali…

Ivan Gotti corse nei dilettanti con Locatelli nel triennio 1988-1990
Ivan Gotti corse nei dilettanti con Locatelli nel triennio 1988-1990
E lui?

Mi disse che era rimasto colpito dal mio consiglio di non valutare i corridori al chiuso di quattro mura, che la posizione in sella di gennaio è diversa da quella di luglio e di settembre e insomma… i miei argomenti. Gli era piaciuta soprattutto la mia espressione sul fatto che per fare il tecnico serve… l’occhiometro.

Non tutti sanno valutare i corridori guardandoli.

Infatti i corridori se ne rendono conto e finiscono tra le braccia di chi fa i test. Attenti bene, io sono stato fra i primi a farli all’Università di Torino, ma non c’erano solo quelli. Aggiungete poi che i direttori sportivi di oggi sono stati corridori pochi anni fa, sono abituati a quel sistema, senza vedere la necessità di cambiarlo. Bisognerebbe ripartire dai corridori, consapevoli che da anni abbiamo svuotato il serbatoio.

Cosa dovrebbe fare la FCI?

Prendere determinate persone, mandarle in giro a individuare i talenti e poi trovare il modo di trattenerli, affinché maturino nel tempo che serve. Ho un elenco di oltre 20 corridori fatti smettere a 24 anni dopo che erano passati a 20

Cicone ha corso alla Maiet di Locatelli nel 2013, poi è stato per due anni al Team Colpack
Cicone ha corso alla Maiet di Locatelli nel 2013, poi è stato per due anni al Team Colpack
Torni per un attimo al discorso delle fibre rosse e le bianche?

Prendete Ciccone, che era con me poi è andato via. Non hanno capito che lui non era uno da buttare nelle classiche, ma da far crescere gradualmente nelle gare a tappe. Prendete Aru. Gli dissi che aveva fibre rosse, che doveva avere pazienza e sarebbe arrivato. Lui ha ascoltato e al terzo anno ha cominciato a fare i suoi risultati. Mi piacerebbe dare una mano per trovare corridori da corse a tappe, quelli che ci mancano. Ce ne sono tanti che dovrebbero aspettare, ma se glielo proponi, ti guardano come fossi matto, con tutti questi discorsi che ci sono. Allora bisognerebbe trovare una squadra che investa e li convinca a rispettare i loro tempi, liberandoli da tanti condizionamenti.

Di cosa parli?

Pagando di tasca mia, ho mandato quattro ragazzi da sei biomeccanici diversi. Ebbene, sono tornati con 24 posizioni differenti. La geometria non dovrebbe essere una scienza esatta? Anche questo li condiziona. A volte mi trovo con i miei ex e parliamo. Negli anni capisci. E così parlando con Gotti, gli ho detto che su certi allenamenti avevamo sbagliato tutto. Lui mi ha risposto che ci credeva e quindi andava bene. Ma se togli di mezzo un po’ di queste figure, a chi li dai in mano?

Olivano Locatelli è nato a Bergamo nel 1956, ha corso nei dilettanti (foto Facebook)
Olivano Locatelli è nato a Bergamo nel 1956, ha corso nei dilettanti (foto Facebook)
Cosa pensi del ruolo dei procuratori?

Hanno le loro responsabilità, al pari dei genitori dei ragazzi. Purtroppo quello dei giovani corridori è un commercio, con squadre che negli anni ne hanno fatti passare e smettere decine. Non condanno nessuno, è il sistema che è così. Ma datemi retta, il ciclismo migliore lo abbiamo visto tanti anni fa.

Gimondi Camp, un’estate diversa in sella alla bicicletta

27.04.2022
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Felice Gimondi era convinto che il futuro fosse davvero dei giovani, a patto che venissero trasferiti loro i sani principi del vivere nella società. E pensava anche che buona parte di questi potessero sorgere facendo sport, anzi: andando in bicicletta.

Norma Gimondi, figlia del campione bergamasco, porta nel cuore ancora oggi questi insegnamenti, negli occhi ha la luce quando parla di ciclismo e quando parla di ciclismo giovanile, fa venire voglia di prendere i propri figli e metterli in sella.

La locandina dei Gimondi Camp ripercorre la carriera di Felice e ne fa una bandiera
La locandina dei Gimondi Camp ripercorre la carriera di Felice e ne fa una bandiera

Gimondi Camp

Un impegno coi giovani che papà Felice ha concretizzato fondando ormai vent’anni fa la scuola di Mtb dedicata ai bambini dai 5 ai 12 anni, a Sombreno, frazione del comune di Paladina, hinterland di Bergamo. Norma, invece, concretizzerà quest’anno la sua volontà con i Gimondi Camp estivi. Quattro appuntamenti tra giugno e luglio che si svolgeranno in quattro comuni lombardi. Due nella bergamasca, Almenno S.Salvatore (13-18 giugno) e Cene (4-9 luglio); uno nel milanese, a Cassano d’Adda (11-16 luglio) e uno nel bresciano, a Cortefranca (27 giugno-2 luglio).

Nel 1998 Pantani interruppe il record di Gimondi, come ultimo vincitore italiano della maglia gialla (1965)
Nel 1998 Pantani interruppe il record di Gimondi, come ultimo vincitore italiano della maglia gialla (1965)

«L’intento – ha detto la vice presidente della Federazione ciclistica italiana – è quello di trasmettere ai più piccoli la passione per lo sport, per la natura e per l’aria aperta, in un momento in cui questa generazione è stata particolarmente toccata dalla pandemia e dalle chiusure che ha dovuto subire. Vorrei riuscire a fare tutto quello che ha fatto mio padre con me. Lo sport aiuta sempre, aiuta ad affrontare la vita, le difficoltà che si incontrano quotidianamente con una forma mentis secondo me vincente. Mio padre riteneva il ciclismo una passione oltre che un lavoro».

Programma e Kit

Il programma, da lunedì a venerdì: dalle 8 alle 12 attività mattutina, quindi pranzo e attività ricreativa, dalle 15 alle 18,30 attività pomeridiana. Ad ogni iscritto verrà consegnato un kit che comprende casco, maglia e pantaloncino tecnico da ciclismo, t-shirt da riposo, cappellino, borraccia, salvietta, zainetto, tessera mini biker/promozione giovanile e assicurazione infortuni. La quota di iscrizione è di 270 euro. Per partecipare, scrivere a iscrizioni@gimondicamp.it oppure telefonare al 389/5682002.

Alla Gimondi Bike dello scorso anno, Norma premia i bambini in gara (foto Facebook)
Alla Gimondi Bike dello scorso anno, Norma premia i bambini in gara (foto Facebook)

Educazione stradale

Un camp fatto sì di divertimento e allenamento, ma soprattutto di formazione: «All’interno dei Gimondi Camp – spiega Norma Gimondi – avremo dei corsi di formazione guidati dalla vicequestore di Bergamo, Mirella Pontiggia, per insegnare ai bimbi il codice della strada in modo semplice ma efficace. Vogliamo insegnarli le regole, la segnaletica stradale. Genitori, non inculcate un sentimento di paura ai bimbi. Andare in bicicletta li aiuterà a vivere meglio, a confrontarsi meglio con gli altri e anche con se stessi ed educhiamoli anche all’educazione stradale».

La Scuola MTB Felice Gimondi è già una realtà da quasi vent’anni (foto Facebook)
La Scuola MTB Felice Gimondi è già una realtà da quasi vent’anni (foto Facebook)

Dare la scossa

Per il ruolo che ricopre a livello federale, Gimondi non può che dare uno sguardo anche all’intero movimento nazionale.

«Posso dire – spiega – che i numeri sono interessanti a livello di tesserati. Anche dopo la pandemia non sono scesi. Abbiamo però la fascia proprio dai 5 ai 12 anni che passa troppo tempo davanti alla tv, ai videogiochi o agli altri dispositivi elettronici e non si approccia allo sport e alla natura. Noi vogliamo coinvolgerli. Andando avanti così però, tra 10-15 anni si spera di trovare un nuovo Nibali».

Martina Fidanza, dopo la paura il piano di rientro

12.04.2022
3 min
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Martina Fidanza è tornata in pista, perché le hanno detto che riprendere su strada dopo la frattura delle due vertebre sarebbe stato rischioso. Così stamattina ha caricato la bici in macchina ed è andata a Montichiari, dove l’aspettava Marco Villa. La caduta che ha interrotto la sua stagione su strada si è verificata il 16 marzo alla Nokere Koerse, settima corsa con la maglia della Ceratizit WNT Pro Cycling, in cui è approdata quest’anno..

«Ma io ero spaventata più per la testa – dice – perché dopo la caduta mi sono venute addosso veramente in tante. Mi hanno portato in ospedale e l‘unica cosa strana era che quando muovevo le gambe, partivano come delle scariche alla schiena. Mi hanno fatto gli esami per la testa ed era tutto a posto. Poi hanno insistito per guardare la schiena e la radiografia ha evidenziato la frattura di una vertebra. Ho provato ad alzarmi e mi hanno ceduto le gambe. Poi un po’ mi sono ripresa. Sono riuscita a prendere il volo di ritorno, anche grazie a mia sorella e al dottor Pollastri della sua squadra (il Team Bike Exchange-Jayco, ndr). Il giorno dopo sono andata dall’ortopedico ed è saltato fuori che c’era una seconda vertebra lesionata».

Da quest’anno, la bergamasca Fidanza – classe 1999 – corre con la Ceratizit WNT Pro Cycling
Da quest’anno, la bergamasca Fidanza – classe 1999 – corre con la Ceratizit WNT Pro Cycling
Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto fin qui?

Qualcosa di buono si era iniziato a vedere. Nella prima corsa a tappe ho fatto un nono e un secondo posto. Penso che nonostante tutto, sia stato un buon inizio.

Dopo quanto tempo sei risalita in bici?

La verità? Il giorno dopo (si mette a ridere, ndr) ho provato a fare un giretto, ma dopo due pedalate ho capito che era impossibile. Sono stata due settimane col busto, poi ho cominciato la rieducazione in piscina, a fare delle camminate, la cyclette e insieme Tecar e magnetoterapia per attutire il dolore.

Hai tolto il busto dopo due settimane?

Ho tolto quello rigido venerdì e ora ho un corpetto più piccolo per la vita di tutti i giorni. Adesso c’è da capire come risponderà la schiena in pista.

Il suo 2021 si era chiuso con l’oro nello scratch ai mondiali di Roubaix
Il suo 2021 si era chiuso con l’oro nello scratch ai mondiali di Roubaix
Ti sei fatta una tabella ideale di rientro?

Ho tutto chiaro, ma bisogna vedere come andrà il recupero. Vorrei rientrare nella Coppa del mondo su pista in Canada, se Villa me ne dà la possibilità, perché ci arriverei con due settimane di allenamento, che sono poche. Poi farei un paio di gare a tappe, come la Ride London e il Giro di Campania. Non per fare risultato, ma per mettere insieme dei chilometri. Poi il Giro di Svizzera a giugno, un po’ di altura con le Fiamme Oro e i campionati italiani prima del Giro.

La schiena fa male?

Male a volte, più che altro ho dei fastidi. Per questo sono curiosa di vedere come mi riadatterò alla bici da pista. Certo non salirò subito su quella da inseguimento. Con quella penso che dovrò aspettare ancora un po’…

Il Liberazione in testa, Persico punta forte sul professionismo

09.04.2022
4 min
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In questi giorni di corse al Nord nella neve per il Team Colpack-Ballan, Davide Persico sta a casa e segue i suoi compagni tramite i social, benedicendo la fortuna di fare il programma italiano. Per il bergamasco classe 2001 di Cene in Val Seriana, la stagione si è aperta con una vittoria (in apertura l’arrivo alla Milano-Busseto, foto Scanferla) e un paio di podi interessanti. L’obiettivo del 2022 è abbastanza chiaro da poterlo scolpire sulla pietra: passare professionista, le alternative saranno considerate semmai dopo.

«E’ l’anno decisivo – conferma ridendo – passo o passo. Potrei fare la quarta stagione da U23, ma a questo punto la motivazione è giocarmi le mie carte al meglio. Sono arrivato terzo alla San Geo e alla Youngster Coast Challenge in Belgio. Peccato perché alla Gand non c’è stato nessuno per tirarmi la volata e sono rimasto incastrato nel gruppo. Però la condizione c’è, visto che poi ho vinto la Milano-Busseto. Perciò ora Vicenza-Bionde e via andare…».

Il 2022 per Davide Persico è il terzo anno al Team Colpack-Ballan
Il 2022 per Davide Persico è il terzo anno al Team Colpack-Ballan
Dove ti giocherai le tue chance di passare?

Non c’è chiaramente una sola corsa, ma sicuramente lo scorso anno mi è piaciuto molto il Gran Premio Liberazione. A Roma voglio fare bene dopo aver aiutato a vincere Gazzoli. Ho fatto un inverno di allenamenti più incisivi seguito da Fusi, Mazzoleni e anche Giovine che è arrivato quest’anno.

Procuratore o fai da te?

Procuratore, sono con Fabio Perego. Ma va anche detto che la squadra ha dei buoni rapporti con alcuni team dei pro’, vediamo come va la stagione. E dopo il Liberazione, la vetrina maggiore sarà il Giro d’Italia U23.

Anche tua sorella Silvia è partita forte, andate d’accordo oppure vi tirate il collo ogni volta che potete?

Siamo bravi (ride, ndr). Le poche volte che ci incrociamo a casa, lei mi dà i suoi consigli, ma ci vediamo davvero poco. D’inverno è stata fuori con il cross e adesso è a correre su strada fra Belgio e Olanda.

Ecco i cinque fratelli Persico: a un certo punto correvano tutti in bicicletta
Ecco i cinque fratelli Persico: a un certo punto correvano tutti in bicicletta
Sono passati Baroncini e Gazzoli, Martinelli e Verre: adesso tocca a te portare il peso della squadra?

Già l’anno scorso ho avuto i miei spazi, ma è chiaro che essendo andati via i vecchi, quest’anno facciano maggiore affidamento su di me e Nicolas Gomez. Lo schema della squadra è sempre lo stesso e funziona: provare a farci passare dopo il terzo anno. Per cui nel 2022 tocca a me.

Tre preparatori e altrettanti direttori sportivi, come ti trovi?

Lavoro bene con tutti, perché si capisce che sono una famiglia e in effetti lo sono davvero. Con Valoti sono più a contatto, perché ci segue di più anche in allenamento. Mentre per la preparazione Fusi è un ottimo appoggio. Non si tira indietro se c’è da fare dietro moto e si capisce che ne sa tanto. Mazzoleni fa le tabelle, lui è più operativo. E quando ogni tanto tira fuori qualche storia di quando era cittì degli U23 e poi dei professionisti, è bello starlo ad ascoltare. E’ davvero una persona molto valida.

Persico è molto veloce, vince le volate di gruppo, ma non è affatto pesante (foto AT Photography)
Persico è molto veloce, vince le volate di gruppo, ma non è affatto pesante (foto AT Photography)
Parliamo di preparazione allora: cambiato qualcosa?

Sono in linea con lo scorso anno, anche se abbiamo lavorato un po’ per la salita. Ormai le corse sono dure e le volate bisogna arrivare a farle. E’ anche vero però che bisogna starci attenti, perché è un attimo perdere troppo peso e anche l’esplosività che serve per sprintare.

Quando metterai il naso tra i pro’?

Probabilmente alla Adriatica Ionica Race, non al Giro di Sicilia perché quest’anno non siamo stati invitati. Correre con i pro’ dà una grande condizione se ci arrivi in crescendo. Se invece sei mezzo e mezzo, allora ti fai male. Perciò se riuscirò a correre senza tirarmi troppo il collo, potrei arrivare bene al Giro d’Italia. Ma è un’arma a doppio taglio…

Lo scorso anno alla Adriatica Ionica Race, dopo il 2° posto nella prima tappa, la maglia dei giovani (foto Scanferla)
Lo scorso anno alla Adriatica Ionica Race, dopo il 2° posto nella prima tappa, la maglia dei giovani (foto Scanferla)
In che senso?

Nel senso che sarebbe bello anche farsi vedere. Due anni fa alla Coppi e Bartali feci un quinto posto ed ero di primo anno. L’anno scorso feci un secondo alla Adriatica Ionica Race e so che alcune squadre si sono interessate. Io devo passare. E in un modo o nell’altro ci dovrò riuscire…

bici.PRO a casa Santini, per la nuova sede e le collezioni ASO

01.04.2022
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La maglia gialla era solo la punta dell’iceberg. Quando andammo nella sede di Lallio in cui Santini ha fatto base per una vita, fu subito chiaro che il simbolo del Tour de France portasse con sé un mare di altre iniziative. Da una parte le maglie di classifica delle diverse gare ASO (a cominciare dalla Parigi-Nizza), dall’altra le produzioni speciali abbinate alle corse più iconiche, soprattutto le grandi classiche. Dalla Roubaix alla Liegi, passando per la Freccia Vallone.

Via Zanica 14

Quando a distanza di qualche mese siamo andati a Bergamo per vedere la nuova sede dello storico maglificio, ci siamo ritrovati nel bel mezzo della loro preparazione ben prima che ne venisse dato l’annuncio, con la sensazione di essere ammessi in un dietro le quinte piuttosto esclusivo.

La nuova sede, prima di tutto. Si trova in via Zanica, a Bergamo, nel perimetro cittadino. La produzione è già stata spostata, gli uffici arriveranno quando la relativa palazzina sarà stata completata.

Un parco stupendo

Nei capannoni si produceva già abbigliamento intimo a marchio Perofil, in un sito con interessanti spunti di design e circondato da un parco pieno di sculture cui non è possibile apportare modifiche. Gli spazi sono triplicati rispetto alla sede precedente, conseguenza dell’aumento del personale e del volume di lavoro.

«E’ anche la previsione di assunzione di nuovo personale – ha dichiarato Monica Santini in sede di presentazione – che ci ha portato a fare questa scelta. Da quando sono entrata in azienda oltre un decennio fa con 60 dipendenti, oggi siamo a oltre 140 persone, a cui vanno aggiunte altrettante risorse esterne, grazie all’indotto che abbiamo saputo generare sul territorio bergamasco. Nella scelta della nuova sede, ci hanno guidato anche i valori aziendali, come la volontà di avere una struttura dal forte connotato green, sia come spazi verdi che come costo energetico».

Il tetto dell’intera struttura accoglie infatti un’importante pannellatura solare che permetterà a Santini di abbattere i costi energetici.

L’Inferno del Nord

Veniamo ora alle maglie delle grandi classiche, una delle chicche Santini per il 2022. La Parigi-Roubaix si correrà nel weekend di Pasqua: 16-17 aprile. Sabato l’edizione femminile, l’indomani quella degli uomini. Santini lancia due: la linea Paris-Roubaix e la capsule L’Enfer du Nord

La grafica, sia per uomo che per donna, richiama i colori e la simbologia usati sul percorso di gara per indicare i settori di pavé e la loro difficoltà. Nella collezione L’Enfer du Nord, i colori scelti sono quelli dell’inferno dei corridori quando affrontano i settori a cinque stelle.

In perfetto abbinamento sia con le maglie e la capsule L’Enfer du Nord, Santini propone calzoncini e intimo, uno smanicato, una giacca e vari accessori. La giacca è realizzata in Polartec NeoShell, tessuto traspirante e impermeabile che offre protezione contro le condizioni climatiche avverse e permette scambio d’aria e capacità di movimento.

Il Muro d’Huy

La Freccia Vallone si corre invece il 20 aprile, in questa nuova disposizione del calendario che vede le tre classiche ASO nella stessa settimana. E visto che la corsa è famosa per il Muro d’Huy, ad esso e alle sue cappelle si è ispirato Fergus Niland nel disegnare la linea dedicata alla Freccia.

Il Muro, noto anche come Chemin des Chapelles, per le sei piccole cappelle che vi si incontrano, è lungo solo 1.300 metri, con il nome ripetuto ossessivamente da una serie di scritte il cui stile appare sulle maglie Santini.

Maglia e salopette sono realizzati, nella versione maschile, con sfondo giallo e nero e la scritta Flèche Wallonne in rosso. In quella femminile, invece, ugualmente la scritta in rosso e lo sfondo grigio e nero. Gli accessori, la maglia tecnica, l’intimo e lo smanicato sono in abbinamento cromatico.

La Doyenne

Infine, tre giorni dopo la Freccia Vallone, sarà tempo de La Doyenne: la decana di tutte le classiche. La Liegi-Bastogne-Liegi, che si corre dal 1892 e sarà disputata il 24 aprile.

Dato che il percorso si snoda nei boschi e sulle cotes delle Ardenne, protagonista del design dei capi sono varie gradazioni di verde e la presenza di salite stilizzate che richiamano le undici cote della Liegi.

La linea uomo presenta maglia, pantaloncini, t-shirt tecnica e maglia intima, così come quella donna che si differenzia per il calzoncino senza bretelle, mentre la giacca, realizzata in Polartec Power Shield Pro, un tessuto impermeabile (con valore di 5.000 mm colonne d’acqua) e nello stesso tempo leggero e traspirante. Gli accessori coordinati si abbinano a tutti i capi della collezione.

Sorprese in vista

Altre produzioni mirate su eventi ASO sono in fase di preparazione, non vi anticipiamo nulla per rispetto dei tempi dei padroni di casa. Di sicuro, andando a spulciare da anni sui caravan delle maglie al Tour de France, non avevamo mai notato una simile abbondanza.

Santini Cycling

Consonni, un anno di novità: dalle “Fiamme” ai gradi di leader

04.01.2022
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«Ho più esperienza, quest’anno non sarò nemmeno più under 23. Ormai sono diventata grande». In questo 2022 che è appena nato, Chiara Consonni sa già cosa l’aspetta e lo dice con l’immancabile sorriso sulle labbra. Di lei Rossella Callovi, braccio destro del cittì Paolo Sangalli, ci ha detto che è un “trattore” perché è una potenza. Come ragazza per il suo carattere estroverso e solare, a cui piace sdrammatizzare. Come atleta perché quando si attacca il numero sulla schiena si trasforma, scherza poco e mena forte.

Risultati alla mano, la ventiduenne bergamasca sarà chiamata ad uno step ulteriore della sua carriera diventando il faro della rinnovata Valcar-Travel&Service (con cui è sotto contratto fino al 2023) dopo le partenze di Cavalli (a fine 2020) ed ora di Alzini, Guazzini, Magri, Malcotti, Pollicini (ritorno al triathlon) e soprattutto dell’iridata Balsamo. Anche se per la verità “Capo” Arzeni, recentemente interpellato sull’accoppiata Giro Donne-Tour Femmes, ci ha detto che in questa stagione ci sarà spazio per tutte le altre sue ragazze.

E dopo le Feste, Chiara Consonni si è rimboccata le maniche per il 2022 (foto Instagram)
E dopo le Feste, Chiara Consonni si è rimboccata le maniche per il 2022 (foto Instagram)

Nazionale mista, tutto ok

La Consonni ha chiuso il 2021 con un collegiale azzurro a Novo Mesto, in Slovenia, dal 27 al 30 dicembre, voluto da Marco Villa, ora cittì unico della pista, anche del settore femminile. Giorni vissuti con le compagne, con i colleghi maschi e per conoscere meglio lo staff.

«Onestamente pensavo peggio – dice – invece è andato molto bene ed è stata una bella esperienza. Per il futuro dovremo capire meglio le modalità visto che per noi ragazze cambiano non solo i tecnici, ma anche massaggiatori e meccanici. Però qui ci siamo ben organizzati e abbiamo lavorato bene».

Il Grand Prix du Morbihan Feminin è stato la sua terza vittoria del 2021 (in apertura dopo l’arrivo)
Il Grand Prix du Morbihan è stato la terza vittoria 2021 (in apertura dopo l’arrivo)
Chiara torniamo sulla Valcar. E’ impossibile non fare una battuta con te. Anno dopo anno le stai mandando via tutte…

Praticamente sì (ride, ndr). No dai, fosse stato per me sarebbero rimaste tutte. Questo bel gruppo si era creato 6/7 anni fa da tante ragazze talentuose. Molte di loro hanno deciso di prendere un’altra strada e auguro davvero il meglio a loro. La Valcar può ancora fare tanto ed io mi sento che devo e posso dare tanto a questa squadra. Ho delle responsabilità.

Quali sono?

Verso le mie compagne, innanzitutto. La cosa che forse mi fa più paura è quella di poter deludere loro che hanno lavorato tutto il giorno per me. E magari di aver privato una delle mie amiche di poter fare risultato al posto mio. Poi sento la responsabilità di crescere e di arrivare agli obiettivi che ho già un po’ definito con Davide (Arzeni, ndr). In tutto questo sono comunque motivata a fare sempre di più. 

Nonostante tu sia una ’99, hai già una grande esperienza con diverse vittorie e piazzamenti importanti. Partirai con i gradi di capitano…

Non mi piace tanto questo termine, perché ognuna di noi lo è nella gara adatta a sé. Di conseguenza io sarò a disposizione delle altre compagne nelle corse più mosse, con più salita o se non sarò competitiva in qualche sprint. Tuttavia so di avere lo spunto più veloce in squadra e so che in tante classiche del Nord, dove si arriva in volata, toccherà a me farla. Lavoro per farmi trovare pronta.

Anche per Consonni debutto alla Roubaix, con un fuori pista per evitare la caduta
Anche per Consonni debutto alla Roubaix, con un fuori pista per evitare la caduta
Avverti già un po’ di pressione?

Adesso non ci penso. Ma sono sicura che quando faremo la riunione pre-gara per farmi fare la corsa, allora la sentirò. Dall’altro lato so che questo mi stimolerà ancora di più.

In cosa pensi di dover migliorare?

Le mie carenze al momento sono le lunghe distanze e gli strappi in salita. Devo perfezionare alcuni punti deboli, come la resistenza o come l’alimentazione

Nel tuo programma ci saranno tante gare al Nord, ma quale tra Giro e Tour? Arzeni ci ha detto che potresti fare bene entrambi come cacciatrice di tappe…

Fosse per Davide, mi farebbe correre tutte le gare del mondo (ride, ndr). So che lui crede in me, come faccio a dirgli di no? Comunque dovremo fare delle scelte. Inizierò alla Valenciana, in linea e poi a tappe. A seguire, anche se ancora non hanno annunciato il tracciato, alcune indiscrezioni dicono che, contrariamente al solito, il Giro potrebbe avere un percorso meno duro. Potrebbero esserci diverse tappe, specialmente le prime, più adatte alle mie caratteristiche. Sinceramente ho una piccola preferenza per il Tour, che è il simbolo iconico del ciclismo. Staremo a vedere, in ogni caso io sono disposta a correrli tutti e due, anche se non so come arriverei in fondo. 

A proposito di indiscrezioni, il campionato italiano (organizzato da ExtraGiro in una data tra il 22 e il 26 giugno, ndr) ci sarà nei giorni del tuo compleanno e pare che strizzi l’occhio alle ruote veloci. Quanto segretamente punti al tricolore?

Che notizia se il percorso fosse così! Sì, sono sempre in quel periodo (Chiara compie gli anni il 24 giugno, ndr) e quest’anno penso che potrei correrlo già con le Fiamme Azzurre. Quindi spero mi facciano festeggiare loro.

Gand-Wevelgem 2021, Chiara Consonni
La Gand è la classica che ora sente più vicina ai propri mezzi. Nel 2021 ha chiuso nel secondo gruppo
Gand-Wevelgem 2021, Chiara Consonni
La Gand è la classica che ora sente più vicina ai propri mezzi. Nel 2021 ha chiuso nel secondo gruppo
In questo momento della tua carriera, pensi di essere più avanti o più indietro rispetto a quello che ti aspettavi?

Eh, difficile rispondere. Devo ancora crescere come persona. Ad esempio, rispetto ad una Elisa Balsamo, so che devo ancora fare tanto per arrivare a quel livello, ma sto facendo piccoli passi per diventare una professionista al 100 per cento. Mio fratello Simone penso sia il re della regolarità e da lui ho imparato a crescere anno per anno. Direi che sono al punto giusto, sono in linea con le aspettative.

Tu hai già vinto una gara WorldTour (quinta tappa del Boels Ladies nel 2019, ndr). C’è una gara in particolare sulla quale hai fatto un cerchiolino rosso?

Sul Fiandre! Ma al momento è troppo duro per me, quindi nulla (ride, ndr). Tutte quelle del Belgio vanno bene. De Panne o anche la stessa Parigi-Roubaix, ma vi dico la Gand-Wevelgem. Ero già venuta a correrla da junior per due volte (25ª nel 2016, 7ª nel 2017, ndr) e mi aveva colpito subito. Mi è sempre piaciuta molto.

Colleoni 2022, l’argento vivo e un posto al sole

04.01.2022
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Kevin Colleoni è di buon umore e si sente. Il 2021 gli ha lasciato un buon sapore in bocca. E anche se le cose possono sempre andar meglio, aver capito che questo può essere davvero il suo lavoro gli ha messo addosso l’argento vivo e tanta voglia di fare. Le vacanze sono ormai alle spalle. Un po’ ha staccato, racconta, ma dal 21 dicembre (data di rientro dal ritiro spagnolo) la bici c’è stata sempre.

«Diciamo che il primo anno è stato molto difficile all’inizio – spiega – per capire i ritmi e come comportarsi con i compagni. Poi è andata sempre meglio. Sono aumentati i carichi di lavoro e anche in questo mi sento migliorato. Dopo l’estate fare sei ore a buon ritmo ha smesso di essere una croce. Non è mai facile, ma adesso le gestisco meglio. Al Lombardia ho impiegato 6 ore 20’ a un ritmo che a inizio anno non avrei mai pensato di poter reggere. Aver corso con continuità ha dato i suoi frutti».

Colleoni inizia la seconda stagione da pro’. E’ passato dopo 3 anni da U23 (foto BEX Media)
Colleoni inizia la seconda stagione da pro’. E’ passato dopo 3 anni da U23 (foto BEX Media)
Proprio parlando con il tuo… gemello Conca, si ragionava sul fatto che doversi fermare spesso per problemi sia un grosso guaio…

Lo confermo. Ho avuto un paio di problemi intestinali al Delfinato e al Sazka Tour in Repubblica Ceca che mi hanno un po’ rallentato. Però per il resto è andata bene. Ha ragione Filippo, serve continuità. Finire corse a tappe in serie, anche solo di una settimana, dà un’ottima condizione.

Hai lavorato su corse o aspetti specifici?

E’ stato un lavorare in generale, per la squadra e di riflesso per me. Ho fatto sette corse a tappe e fra inizio e fine stagione ho visto che il recupero è migliorato molto. Quest’anno potremo capire dove concentrarci di più. In questo momento mi sento a mio agio su durate di 5-6 giorni. Rispetto ai primi mesi, non sono più stato ogni giorno al limite.

Da dove riparti?

Da Mallorca, non so ancora a quali prove prenderò parte. Poi Oman e un primo stacco di due settimane per andare in altura. Da lì ci saranno la Milano-Torino, Per Sempre Alfredo e la Settimana Coppi e Bartali.

Al Gp Indurain di aprile, Colleoni ha lottato su ogni salita, chiudendo 22°
Al Gp Indurain di aprile ha lottato su ogni salita, chiudendo 22°
Come va con questo andirivieni dalle alte quote?

Mi trovo bene in genere con i ritiri, anche quello di dicembre e quello della settimana prossima in Spagna. In altura si va divisi in piccoli gruppi. Sei o sette corridori con un obiettivo in comune. L’allenamento in quota funziona, non so ancora se andremo a Sierra Nevada oppure Andorra. Sono 10-12 giorni, poi si scende e si corre. Mi riadatto abbastanza facilmente, ho bisogno di un paio di corse di rodaggio. Ad esempio la Milano-Torino e la corsa di Martini serviranno per il primo obiettivo che sarà la Coppi e Bartali.

Si parla di debuttare in un grande Giro?

Quest’anno sì. Sono riserva al Giro, per il quale c’è una lista più ampia, mentre per la Vuelta c’è il mio posto pronto. Bisognerà vedere come va la stagione.

Ti senti a tuo agio in corse di 5-6 giorni, come si vive l’idea di tre settimane di gara?

Come una sfida. Ho parlato con altri corridori e con i tecnici. Un grande Giro è quello che serve per cambiare il motore. L’obiettivo è finirlo, lavorare per la squadra, arrivare in fondo.

Per le nuove maglie, il team australiano è passato all’azzurro (foto BEX Media)
Per le nuove maglie, il team australiano è passato all’azzurro (foto BEX Media)
C’è chi passa da junior, tu pensi di aver avuto il giusto avvicinamento?

Credo di aver fatto i passi giusti, con i miei tre anni da U23, anche se il 2020 è stato turbolento e si è corso poco per il Covid (Kevin si è piazzato al 3° posto al Giro U23, ndr). Rifarei tutto. Potevo passare a fine 2019, ma sarebbe stato presto. I tre anni sono serviti per passare e non soffrire troppo. E resterà la domanda se avrei avuto un miglior adattamento con un 2020 normale.

La squadra sta cambiando, Brent Copeland sta dando il suo tocco…

Si vede abbastanza nettamente. Nello staff ci sono stati parecchi inserimenti interessanti. C’è più attenzione su alcuni aspetti e credo che alla lunga se ne vedranno i risultati.

L’arrivo di Laura Martinelli come nutrizionista ha aggiunto qualcosa?

Laura ha stravolto tutto, in senso buono ovviamente. Credo che sarà difficile starci dentro soprattutto per gli australiani. Ha dato un’impostazione più rigida. C’era l’abitudine di un buffet in cui tutti prendevano quel che volevano, adesso ognuno ha il suo pasto in base al consumo calorico, al tipo di corsa, al dispendio energetico. Inizialmente magari è difficile prendere il ritmo, ma sono sicuro che alla lunga darà ottimi risultati.

L’ultima corsa del 2021 per Colleoni è stata la Veneto Classic, chiusa in 37ª posizione
L’ultima corsa del 2021 è stata la Veneto Classic, chiusa in 37ª posizione
E’ cambiata anche la bici: cosa ti sembra della Giant?

Sensazioni tanto diverse dalla Bianchi. Mi trovo bene, qualche misura è cambiata perché le geometrie sono diverse, ma mi sembra ottima per correre. In attesa delle corse, più di tanto non si può dire. Mentre a dicembre abbiamo provato quella da crono e a gennaio può darsi che andremo in pista a Valencia per fare qualche prova e mettere a punto la posizione.

Sembri motivato…

Lo sono molto, è vero. Vorrei fare bene, ritagliarmi il mio angolo, anche se già qualche occasione l’ho avuta. Ci sono stati giorni come il Lombardia in cui mi sono sentito bene, in cui ero sopra alla mia media stagionale. Dico di aver visto i miglioramenti perché in allenamento i numeri sono migliorati e in corsa, forse anche grazie all’adrenalina, si riesce a dare di più