Bettiol a Rimini, fra l’emozione e un diavolo per capello

29.06.2024
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RIMINI – C’è un sacco di gente che aspetta i corridori, come ce n’era tantissima a Firenze in questa partenza toscana del Tour de France che resta come uno stupore sul volto di Bettiol. Eppure quando Alberto è arrivato al pullman, aveva lo sguardo torvo e i nervi a fior di pelle. Ha lasciato giù la bici, non ha risposto ad alcun saluto e poi è sparito per i tre gradini, cercando un luogo riparato in cui sbollire la rabbia. Poco dopo Ben Healy ne è sceso e si è messo a girare le gambe sui rulli, unico della squadra. Il suo attacco, mentre dietro i compagni tiravano, ha suscitato più di un interrogativo.

Ai piedi del pullman rosa della EF Education-Easy Post c’è un gruppetto di tifose di Carapaz che inneggiano al loro campione. Fanno notare quanto sia stato brutto farlo fuori dalla selezione olimpica. Proprio lui che è il vincitore uscente, ma che forse dopo Tokyo parlò troppo duramente contro il suo comitato olimpico. Giusto accanto c’è Lisa, la compagna bionda di Bettiol, che quel malumore l’ha capito benissimo e fa un sorriso a suggerire che passerà. E infatti dopo una decina di minuti, Bettiol scende dal pullman. Indossa un completo nero e il sorriso di chi ha cominciato a fare pace col mondo.

«Sono contento per come mi sono sentito – dice – soprattutto per il calore che ho ricevuto e questa è la cosa più importante. Poi in corsa è così, a volte basta poco. Sono stati bravi i due ragazzi (Bardet che ha vinto e Van den Broeck che lo ha aiutato a farlo, ndr) al momento di attaccare. Noi forse abbiamo sbagliato a far muovere Ben Healy e invece dovevamo fare un po’ più di forcing. Però va bene così, il ciclismo è questo. Comunque dai se la gamba è così, ci sono tre settimane per divertirsi».

La gialla a pochi metri

La volata del gruppo l’ha vinta Wout Van Aert davanti a Pogacar, Alberto è arrivato decimo. Difficile dire se in caso di tappa ancora in gioco, se la sarebbe giocata diversamente. Ma intanto, mentre dai bar del lungomare arrivano le prime voci della partita dell’Italia contro la Svizzera, il discorso va avanti.

«Volevamo fare la corsa più dura – prosegue Bettiol, parlando dell’attacco del compagno – e pensavamo di muoverci per costringere gli altri a collaborare. La Visma era compatta, ha fatto un ritmo forte, ma non eccessivamente forte. Anche la Lidl di Ciccone tirava. E alla fine non li abbiamo presi per pochi metri. Forse, per come mi sono sentito, per come ha lavorato la squadra, ci meritavamo di più.

«Comunque è una giornata che sicuramente mi ricorderò finché vivrò. E’ stata quasi irripetibile, ho cercato di godermi ogni centimetro di strada. Porterò questa bellissima maglia in giro per la Francia. Ma prima c’è domani che arriviamo a Bologna, poi a Torino, poi si riparte da Pinerolo. La squadra ha fatto una buona gara, ci sentiamo bene. Peccato perché alla fine, per pochi metri, non ci siamo giocati una maglia gialla…».

Una promessa ai tifosi

Forse perché c’eravamo quando quel tricolore l’ha conquistato e ha parlato del via da Firenze come di una favola, ci assale la voglia di farci raccontare la partenza. Sin dalla discesa dal pullman è stato un bagno di folla, in una folla che raramente abbiamo visto così numerosa, ancorché un po’ indisciplinata.

«Passare con il Tour de France sopra Ponte Vecchio – sorride – è stato un sogno. Mi sono divertito, è stato qualcosa di unico. E’ stato bello, mi sono divertito e mi sono emozionato: è stato bello far parte di questo spettacolo, peccato per il finale. Se quando sono arrivato qui era rabbia o rammarico? Un po’ di rabbia, ma una rabbia sana. Siamo qui per fare bene.

«Ero sicuro che la tappa veniva così. Dura, ragazzi, ma non eccessivamente, perché siamo al Tour. Questa tappa al Coppi e Bartali, con tutto il rispetto, arriva un corridore per angolo. Al Tour ne arrivano quasi 50 in volata. E’ normale, il livello è altissimo. E allora io rilancio e prometto di provarci ogni giorno. Come ho fatto oggi, come ci abbiamo provato come squadra. Lo prometto a me stesso, prima di tutto. E penso che gli italiani si divertiranno con me e spero di dedicargli una vittoria. Non domani però, domani sarà molto dura. Domani vince Pogacar».

Il riposo con Ben recuperando forze e lustrando la bici

23.05.2023
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OME – Da qualche parte qui intorno c’è la clinica dove accompagnammo Pantani per togliere i ferri dalla gamba e iniziare la parte più gloriosa e insieme drammatica della carriera. L’hotel che la EF Education-Easy Post divide con la Eolo-Kometa è inondato da un bel sole caldo. E’ il secondo riposo del Giro (ieri per chi legge), i corridori scendono alla spicciolata. Bettiol è passato per qualche istante, si è avvicinato ai meccanici e poi è tornato in stanza. Poi arriva Cepeda e con lui si ride forte ricordandogli gli sguardi torvi di Pinot sulla salita di Crans Montana. Nell’attesa degli altri, si sta coi meccanici davanti alla Cannondale di Ben Healy, che a Bergamo è andato a un soffio dalla doppietta.

Lo sguardo di Moser

L’irlandese è il solo della squadra a usare un manubrio classico di FSA, con l’attacco e la piega Vision Metron Aero 4D. Le leve dei freni sono così chiuse verso l’interno che quasi si guardano in faccia. Le ruote sulla bici sono quelle da allenamento, mentre ieri ha usato le Vision SL45 con tubeless Vittoria da 28. Il gruppo è lo Shimano Dura Ace, ma completato dalla guarnitura FSA con misuratore di potenza PowerBox. La sella è la Prologo Dimension 143 Nack.

Ben arriva trascinando le ciabatte, i capelli sciolti, la barbetta ispida e lo sguardo semi assonnato che tanto ricorda il Moreno Moser dei primi tempi. Due parole con Giorgio Marra di FSA-Vision che è venuto con un operatore per filmarlo con le nuove appendici da crono e poi si avvicina. I ritmi sono lenti e anche l’allenamento oggi sarà più una passeggiata che una cosa seria. Il primo sole dopo tanto tempo, la temperatura di quasi 26 gradi e la fatica da smaltire esigono un giorno a ritmo blando.

Cosa ti aspetti dalla terza settimana? E’ un punto interrogativo per te che sei così giovane?

Penso che avremo alcuni giorni difficili, forse qualche fuga. E se ne avrò la possibilità, proverò a fare qualche punto per il gran premio della montagna. Quanto al punto interrogativo, amico mio… Penso che ogni esperienza nuova porti qualche punto di domanda. Di solito tendo ad andare bene e a non avere alti e bassi, non vedo l’ora di scoprirlo, ma penso che per me sarà una settimana positiva.

Cosa ti resta del secondo posto di Bergamo?

E’ stata sicuramente una bella giornata e spero anche una gara emozionante per il pubblico che l’ha seguita. Ho sicuramente commesso alcuni errori, ho sciupato troppe forze, ma sono tutti aspetti da cui posso imparare e che porterò con me per il futuro. Almeno so che le gambe ci sono.

Con le leve girate, per Ben Healy la presa è comoda e l’appoggio aumenta
Con le leve girate, per Ben Healy la presa è comoda e l’appoggio aumenta
Guardando la tua bici, si nota che sei l’unico a usare un manubrio tradizionale, come mai?

Perché mi piace stare piuttosto basso nella parte anteriore e le nuove Cannondale hanno un tubo di sterzo piuttosto alto. Quindi dobbiamo usare un attacco negativo.

Invece i freni così girati?

Li ho sempre avuti così, da prima che diventasse una moda. Quando mi sono messo a cercare la posizione più comoda, ho cominciato a girarle e le trovo comode. E adesso sta venendo fuori che può essere una posizione sbagliata per il discorso dell’aerodinamica.

Oggi ruote da 55 per l’allenamento, ieri più basse. Domani (oggi, ndr) sul Bondone tornerai alle più basse?

Esatto, in montagna si va con le Vision 45.

Come deve essere la tua bici?

L’aspetto più importante prima ancora di pensare a rigidità e leggerezza, è che sia comoda e aerodinamica, visto che devo starci sopra a lungo.

Quando attacchi in salita, spingi dei bei rapporti…

Quando attacco sì, altrimenti mi piace avere anche ingranaggi che permettano una buona frequenza di pedalata. Non perché sia uno scalatore, ma perché quando salgo in bici, mi viene naturale tenere un’alta cadenza. Non credo che esista una frequenza di pedalata ottimale, è molto soggettiva. Si vedono alcuni corridori macinare ad alta velocità e altri girare più lentamente, ma è un fatto legato alla fisiologia di ciascuno.

Guarnitura FSA Power2Max con ingranaggi 54-40 sulla Cannondale di Ben Healy
Guarnitura FSA Power2Max con ingranaggi 54-40 sulla Cannondale di Ben Healy
Quanto ti è pesato finora correre con pioggia e freddo?

Per me non è un problema insormontabile, vediamo come va giorno dopo giorno. Certo sarebbe bello avere un po’ di sole, ma non ho troppa paura del freddo

Si va giorno per giorno, ma c’è un’altra tappa che hai scelto di puntare?

Non si può prevedere quando ci riuscirò. Finora penso di aver colto le opportunità giuste, quando mi rendo conto che sono fuori dalla mia portata cerco di spendere il meno possibile. 

Healy, l’irlandese naif che non sente ragioni

23.05.2023
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In un Giro d’Italia finora piuttosto scarno di storie belle, chi certamente non ha deluso le aspettative della vigilia è stato Ben Healy. L’irlandese è arrivato alla corsa rosa sull’onda delle due prestazioni nelle Classiche del Nord. Si capiva che i suoi piazzamenti all’Amstel dietro Pogacar e alla Liegi di Evenepoel non erano stati casuali. In Italia l’irlandese dell’EF Education EasyPost ha corso con autorità, da vero cacciatore di tappe senza sprecare un’oncia di energia, portando a casa una vittoria e un secondo posto che sa di occasione perduta. E potrebbe non essere finita qui.

Healy, irlandese dal 2016 ma precedentemente britannico, è la colonna sulla quale poggia il ciclismo dell’Isola, che nel corso della storia ha sempre avuto, pur a fronte di un movimento molto ridotto, grandi campioni, da Kelly a Roche per citarne qualcuno. Proprio il figlio di Stephen, quel Nicolas che per molti anni è stato protagonista nel circo delle due ruote, conosce bene Healy e può darne un ritratto inedito.

Rintracciamo Roche a Dallas, ennesima tappa di un autentico giro del mondo da novello Phileas Fogg, al seguito del massimo circuito mondiale del gravel che gli ha restituito la voglia di correre dopo il ritiro dello scorso anno e l’approdo al Trinity Racing, proprio dove ha conosciuto Healy.

Nicolas Roche, tecnico del Trinity Racing ma ancora in attività nel gravel
Nicolas Roche, tecnico del Trinity Racing ma ancora in attività nel gravel

«Effettivamente in Irlanda abbiamo avuto spesso corridori di spicco – afferma Roche – pur senza un grande movimento alle spalle. Non c’è solo Healy, non dimentichiamo Bennett che ha collezionato vittorie e sta tornando in auge. Oppure Dunbar, che reputo uno dei migliori per le corse a tappe. A dir la verità c’era stato un buco dai tempi di mio padre e Kelly, ma nel nuovo secolo siamo spesso riusciti a metterci in mostra».

Hai citato Bennett e Dunbar, rispetto a loro vedi differenze in Healy?

Il primo è un velocista, il secondo un corridore da classifica, Healy non è così facilmente inquadrabile. E’ un corridore moderno, di quelli che non ha paura e al Giro lo sta dimostrando. Per certi versi è un corridore un po’ atipico e dal carattere tutto particolare.

Healy ha un’ottima propensione per le crono. Lo scorso anno è stato 6° agli Europei
Healy ha un’ottima propensione per le crono. Lo scorso anno è stato 6° agli Europei
Quando lo hai conosciuto?

Al campionato irlandese del 2020. Al venerdì era in programma la prova a cronometro, lui gareggiava fra gli under 23 ma vinse con un tempo di 45” migliore del mio, utile per vincere fra gli elite. Quando lo vidi non mi capacitavo come facesse ad andare così forte: casco messo male in testa, i capelli lunghi che uscivano fuori da tutte le parti, un manubrio super stretto che non capivo come facesse a tenere la posizione. Due giorni dopo ci siamo trovati di fronte nella gara in linea, ma non c’è stata storia: è andato via dopo 30 chilometri e se n’è fatti 120 da solo. Dietro chiedevo aiuto per andarlo a prendere, ma nessuno tirava così ho chiuso secondo a 2’37”. Io venivo dal Tour, ero un po’ stanco, ma la verità è che aveva fatto un numero impressionante. E aveva appena compiuto vent’anni…

Poi lo hai rivisto?

L’anno dopo è approdato al Trinity Racing, con cui ero già in contatto. Vinse una tappa al Giro d’Italia di categoria, si vedeva che correva in maniera facile. Nell’ambiente dicevamo che era una vera bestia, per come tirava… Tutti parlano della sua esplosione di quest’anno, io certamente non ne sono rimasto stupito.

La caratteristica dell’irlandese è la voglia di attaccare, provando a sgretolare il gruppo
La caratteristica dell’irlandese è la voglia di attaccare, provando a sgretolare il gruppo
Secondo te che prospettive ha, corridore da classiche o da grandi giri?

Io penso che abbia davanti tutte le possibilità. E’ uno che a cronometro va forte e questo è un aspetto fondamentale se vuoi fare classifica. Bisogna vedere che cosa sa fare in alta montagna, ma non è questo Giro il test ideale, vista anche la classifica e soprattutto le sue scelte di queste due settimane. Infatti ha giustamente privilegiato la caccia alle fughe giuste per le tappe. Per il resto è uno molto bravo a limare e, come si è visto anche nelle classiche, è anche molto furbo il che non guasta. C’è però un aspetto da considerare…

Quale?

E’ diverso correre pensando alla classifica. Se ti poni obiettivi saltuari puoi puntare tutto per quelli, essere al 120 per cento nel giorno giusto. Se punti alla maglia devi essere sempre almeno al 99 per cento, non puoi permetterti errori, cedimenti. Devi essere sempre davanti, portarti addosso il peso della responsabilità che non è poco. La squadra a quel punto gira per te, non puoi tradirla. Io penso che su di lui si possa investire, ma deve farlo lui stesso, in questi 3-4 anni, per capire se può diventare un corridore da grandi giri.

Nelle classiche del Nord Healy ha colto il podio alla Freccia del Brabante e all’Amstel
Nelle classiche del Nord Healy ha colto il podio alla Freccia del Brabante e all’Amstel
Dicevi che il Giro attuale non è un test probante in tal senso…

A parte che ha speso molto, bisogna vedere se se la sente di spremersi per aiutare Carthy, se ne ha le forze fisiche ma soprattutto mentali. Io dico che la Vuelta potrebbe essere un banco di prova ideale in tal senso, una corsa dura ma con salite più corte. Potrebbe provare a vedere come va ampliando il raggio delle sue aspettative.

Caratterialmente che tipo è?

Non è uno che parla tanto, è molto discreto, fa un po’ di testa sua. Lo scorso anno agli europei ero stato chiamato come manager della nazionale. Ricordo che il giorno della cronometro pioveva, io lo seguivo ma non stava molto ad ascoltare. Si organizzava per conto suo, ha una maniera d’interpretare il mestiere un po’ naif, ma evidentemente funziona…

A Bergamo Healy semina, McNulty raccoglie

21.05.2023
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BERGAMO – McNulty ha il volto stanco ma felice di chi ha vinto sapendo di aver dato tutto quello che aveva in corpo, ed anche qualcosa di più. Il finale della quindicesima tappa del Giro d’Italia è la copia del Lombardia del 2021, quel giorno vinse un altro corridore in maglia UAE Emirates: Tadej Pogacar. Anche in questo caso si è trattato di uno sprint ristretto, con tre atleti che arrivano fino agli ultimi metri lasciando con il fiato sospeso il pubblico. McNulty vince di forza e con grande cattiveria agonistica, anticipando sulla linea bianca Healy e Frigo, con quest’ultimo che ha lanciato la volata dai 500 metri una volta rientrato sulle ruote dei primi due.

Una lunga giornata

Il sole si affaccia finalmente sul Giro d’Italia, ricordandoci che siamo a maggio ed è ormai primavera inoltrata. Le strade delle valli bergamasche diventano un punto di ritrovo per appassionati ed amanti di ciclismo, con colori e rumori che intasano l’aria di “amore infinito”.

«E’ stata finalmente una bella giornata di sole – racconta lo statunitense nel post corsa – ma la fatica non è mancata. Fin dai primi chilometri ci siamo dati battaglia per prendere la fuga e rimanere nelle posizioni di testa. Il gruppo dei primi era davvero numeroso (inizialmente era composto da diciassette corridori, ndr) ma la strada man mano ha accumulato fatica nelle gambe. La tappa era lunga ed estremamente difficile, con tante salite e strade tortuose, le quali non ti permettevano di deconcentrarti nemmeno un secondo. Avevo provato anche nei giorni precedenti ad entrare in qualche fuga ma non ero al meglio della condizione, oggi per fortuna è stato diverso».

Il forcing di Healy sullo strappo finale di Città Alta non ha portato i frutti sperati
Il forcing di Healy sullo strappo finale di Città Alta non ha portato i frutti sperati

Sfida a eliminazione

Con i chilometri che scorrevano sotto le ruote ed il respiro sempre più pesante i diciassette uomini che hanno animato la tappa sono diminuiti sempre più. Uno scatto di Bonifazio a 45 chilometri dall’arrivo, prima del traguardo volante di Almenno, ha animato la corsa. La scalata alla Roncola, ultima salita di giornata, è stata il passaggio chiave di questa tappa.

«Frigo è scattato dopo il lavoro dei Movistar – continua McNulty, con il volto arrossato dal sole – l’ho seguito subito e ci siamo avvantaggiati ma poi Healy è tornato sotto. E’ stato l’irlandese ad alzare il ritmo sulle pendenze della Roncola, Non era facile seguirlo, ma non mi sono arreso ed ho proseguito del mio passo. Ho approfittato della discesa per riportarmi su di lui senza troppo affanno, un fuori giri lo avrei pagato sicuramente di più.

Ben Healy ha dato tutto, forse avrebbe potuto risparmiare un po’ di energie ad inizio tappa per affrontare meglio il finale
Healy ha dato tutto, forse avrebbe potuto risparmiare un po’ di energie ad inizio tappa per affrontare meglio il finale

Healy sprecone

Il giovane irlandese della EF Education Easy Post è stato uno dei protagonisti di giornata, se non il principale. Si è dimostrato uno dei più attivi battagliando con Rubio ad ogni GPM, i due in cima a Passo Valcava sono arrivati anche ad uno spalla a spalla molto aggressivo. Healy era consapevole di essere il più forte oggi, ma non è riuscito a portare a casa il bottino pieno, complice una gestione di gara non eccellente.

«Healy – conclude McNulty – ha attaccato spesso, lo ha fatto anche sulla salita di Bergamo Alta. In precedenza, Frigo è riuscito a rientrare su di noi nel tratto di strada tra la Roncola e lo strappo finale. Ho cercato di approfittare di un momento di indecisione tra noi tre ai meno sette dall’arrivo ma non è andata bene. Il duello finale si è svolto sulla salita di Bergamo Alta. E’ stato davvero uno spettacolo vedere così tanta gente a bordo strada, ha sicuramente aiutato a sentire meno la fatica. Ben (Healy, ndr) ha affrontato quello strappo finale a tutta ma sono riuscito a resistere.

«Nella breve discesa che portava all’ultimo chilometro Frigo è rientrato ancora, dimostrando di essere molto forte, ed ha lanciato uno sprint lungo. L’ho tenuto a bada e per fortuna sono rimasto in testa per tutta la volata finale. E’ la mia prima vittoria in un grande Giro e sono davvero felice di ciò. Ora arriva il giorno di riposo e poi l’ultima settimana, che sarà davvero tosta».

L’assolo di Healy, il graffio di Roglic e il Giro decolla

13.05.2023
5 min
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FOSSOMBRONE – Benvenuto Giro d’Italia? Che dite, sarà la volta buona? A Fossombrone la corsa rosa sembra essersi accesa definitivamente. Un corridore, Healy, che vince con una grande azione. La lotta tra gli uomini di classifica. La bagarre per andare in fuga… per di più con tanti atleti di spessore.

Andiamoli a sviscerare i temi di questa ottava tappa. Una frazione bellissima, ancora nel cuore di quella spina dorsale d’Italia che è l’Appennino. Per due ore e passa la fuga non prende quota. La media è altissima e sembra di rivivere le fasi iniziali della quarta frazione, quella di Lago Laceno.

Ben Healy (classe 2000) vince a Fossombrone e coglie il suo primo successo nel WorldTour
Ben Healy (classe 2000) vince a Fossombrone e coglie il suo primo successo nel WorldTour

Healy a mani basse

Fasi che a quanto pare sono state un mezzo incubo per Ben Healy. Il corridore della  EF Education-EasyPost è stato il dominatore di questa tappa e molto lo deve proprio a quanto accaduto quel giorno in Irpinia.

«E’ stata una buona esperienza col senno del poi – ha detto Healy – quel giorno ho speso e sprecato tantissimo. E non sono riuscito ad entrare in fuga. Oggi invece mi sono gestito diversamente. Io sono sempre nervoso quando non colgo l’attimo. E dopo che la fuga è partita, mi sono tranquillizzato e ho pensato a salvare la gamba».

Charly Wegelius, il suo diesse, alla Liegi ci disse che avevano un piano ben specifico per Healy al Giro. Ebbene era questo?

«In realtà – spiega Healy – il piano era prendere la maglia rosa nella prima settimana, ma appunto nella quarta tappa ho sbagliato tutto. Però avevo studiato il Garibaldi e questa era una delle frazioni che avevo cerchiato in rosso».

Le bellezze e il verde dell’Appennino tra Umbria e Marche. Curve tantissime, pianura pochissima
Le bellezze e il verde dell’Appennino tra Umbria e Marche. Curve tantissime, pianura pochissima

Come una classica

Healy quest’anno è stato uno degli atleti più performanti nelle corse di un giorno. Alla Liegi dopo la caduta di Pogacar era il più temuto da Evenepoel, tanto per dire. Ha vinto a Larciano e alla Coppi e Bartali.

Oggi il percorso poteva tranquillamente essere paragonato ad una Liegi. E come una classica Healy lo ha interpretato. Una volta in fuga non ha esagerato e al primo passaggio sullo strappo dei Cappuccini, a 50 chilometri dall’arrivo, ha nettamente cambiato passo. Ha innestato quella marcia in più che appartiene alla nuova generazione dei vincenti. La sua vittoria, almeno per noi che in un paio di occasioni lo abbiamo anche visto da bordo strada, non è mai sembrata in bilico.

«In effetti – dice l’irlandese – stavo bene. Però ho capito che avrei vinto solo quando durante l’ultimo passaggio sui Cappuccini avevo ancora più di due minuti. Perché sì, sono veloce, ma arrivare da solo è più bello e soprattutto perché sei sicuro di vincere!

«Grandi Giri? Non so ancora. Dovrei misurarmi con le lunghe salite e con i tanti giorni di gara. Io al massimo ne ho fatti dieci (al Giro U23, ndr). Per ora questo tipo di percorsi e gli strappi mi piacciono molto. Quindi preferisco puntare su questo tipo di gare».

Nella scalata dei Cappuccini, Evenepoel non era davanti come sempre. Piccoli segnali che non fosse al meglio
Nella scalata dei Cappuccini, Evenepoel non era davanti come sempre. Piccoli segnali che non fosse al meglio

Remco scricchiola

Ma se questa è stata la “foto” di giornata, l’altro piatto forte è stato il primo scontro tra gli uomini di classifica. Uno scontro acceso inaspettatamente da Primoz Roglic e dalla sua Jumbo-Visma, proprio lungo l’ultimo strappo di giornata. 

Il bottino dello sloveno, ma anche dei due Ineos-Grenadiers, Geogehgan Hart e Thomas, è di 14”. Tanti? Pochi? La questione, almeno per ora, non è questa, quanto piuttosto che lo scontro c’è stato e anche un esito. E ha vinto Roglic.

Sono secondi che fanno bene alla mente, che cementano certezze da una parte e ne destabilizzano da un’altra. Sì, Remco ha controllato, ma ho oggi ha perso. E lui non ama perdere.

«Conoscevo questa discesa già affrontata dalla Tirreno – ha detto Evenepoel alla tv belga – e Lutsenko ci era caduto, quindi non volevo rischiare. Li ho sempre avuti in vista sui rettilinei quindi nessun problema. Semplicemente non è stata la mia giornata migliore. Ho detto a Cattaneo che avevo mal di gambe e non volevo aggiungere acido lattico in vista della crono di domani».

Roglic in fiducia

«Più fiducia per domani? No, quella già c’era – dice un Roglic sorridente – oggi era dura, ma domani è più facile no? E’ tutta piatta, non c’è la salita dei Cappuccini!

«Ho visto che eravamo più uomini noi della Jumbo fino alla penultima salita e così ho detto: “Imponiamo un ritmo un po’ più duro nel finale”. L’ultimo chilometro della salita era davvero tosto, ma le gambe erano buone. Provarci mi è sembrata una buona idea. E poi fondamentalmente, se non ci provi non sai mai veramente come stanno le cose. Io ci ho provato… ed è andata bene. Quindi sì, siamo (usa il plurale, ndr) soddisfatti».

Ma quel che più ci ha colpito di Primoz è stata la sua disponibilità. Il suo buon umore. Ha detto qualche battuta tra l’arrivo e il bus. Ha parlato mentre era sui rulli a sciogliersi facendo anche delle battute scherzose. Chi passava gli dava pacche sulle spalle e lui a sua volta ne dava ad altri corridori. Davvero un Roglic nuovo.

«Domani? Beh, sto già facendo il riscaldamento per la crono…  Spero solo di non essermi surriscaldato!».

Healy, lanciato a tutta verso il futuro (e verso il Giro)

26.04.2023
5 min
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LIEGI – Ben Healy è un altro corridore che si aggiunge alla lista della nuova generazione dei ragazzini terribili. L’irlandese della EF Education-EasyPost esce da un’ottima primavera e non è finita qui. Ben infatti sarà presente al Giro d’Italia.

Dall’inizio dell’anno ha ottenuto undici piazzamenti nei primi dieci, comprese due brevi corse a tappe, e due vittorie: una tappa alla Coppi e Bartali e il Gp Industria e Commercio a Larciano.

Ben Healy (classe 2000) è al primo anno tra i pro’. Viene dalla scuola di Wiggins e dalla Trinity (stessa squadra di Pidcock)
Ben Healy (classe 2000) è al primo anno tra i pro’. Viene dalla scuola di Wiggins e dalla Trinity (stessa squadra di Pidcock)

In Irlanda…

Vogliamo conoscere meglio questo ragazzo, un “non inglese” più che un irlandese. Taciturno, stile molto brithis, Healy è nato in Inghilterra a Kingswinford, nei pressi di Birmingham nel cuore della Gran Bretagna. Aveva iniziato a pedalare sotto quella bandiera ed era un ottimo biker.

L’Inghilterra in quegli anni usciva dall’onda del boom ciclistico in seguito alla grande spinta per le Olimpiadi. Insieme a Tom Pidcock – forse il suo rivale di sempre, ma di un anno più grande – faceva parte della nazionale di mtb. Tuttavia venne scartato. Ben capì che in quella nazione c’era meno spazio per lui ed “emigrò” nell’isola di San Patrizio.

«E così – ha detto tempo fa Healy ad un media irlandese – ho iniziato anche a pedalare su strada e proprio in quel periodo ho scelto l’Irlanda».

Ma se questa è la sua storia più remota, per quanto lo possa essere quella di un ragazzo del 2000, di Helay ricordiamo l’affondo nel finale dell’ultima tappa del Giro d’Italia U23 2021, scappando via in pianura quando il gruppo filava ad oltre 50 all’ora. Ma anche la tappa alla Ronde de l’Isard, i titoli nazionali a crono e su strada e la tappa all’Avenir 2019 al primo anno tra gli U23.

Dopo il secondo posto all’Amstel Gold Race. Al via della Freccia e della Liegi è stato uno degli atleti più “attenzionati” persino da Pogacar.

Ben Healy vince a Larciano dopo un finale corso da vero dominatore
Ben Healy vince a Larciano dopo un finale corso da vero dominatore

Da giovane a pro’

«Mi stupisco che adesso tutti scoprano Healy, come se saltasse fuori dal nulla  – dice il suo direttore sportivo Charly Wegelius – ma bisogna guardare il suo palmares tra i dilettanti». E su questo punto ribattiamo subito a Charly, ricordando le sue prestazioni anche tra gli under 23. Ma certo l’exploit di questa primavera non può passare inosservata.


«Ben – va avanti Wegelius – si sta abituando alle nuove attenzioni. Attenzioni che fino ad ora non aveva avuto. E  questo cambia un po’ le cose per lui.

«Io, come atleta non ho mai vissuto in prima persona questa situazione, perché non ho mai fatto questo tipo di risultati, ma penso che faccia parte di una fase nella carriera di un atleta che spera diventare importante. Ma tra sperare e fare c’è di mezzo il mare!».

Ben il meticoloso

E le speranze erano vive anche alla Liegi. Quel giorno c’era l’atteso scontro fra Pogacar ed Evenepoel. E un corridore come Healy aveva la condizione e i numeri per mettersi in mezzo. E ha le caratteristiche fisiche (175 centimetri per 64 chili) per potersi scontrare, ogni tanto, anche con Van Aert e Van der Poel. Ma si sente pronto a questi scontri diretti?

«Per me – spiega Wegelius – Ben è pronto a questi scontri diretti e lo ha dimostrato all’Amstel, ma non ne fa un’ossessione. Quel giorno in alcuni momenti lo avevano staccato, ma lui è stato capace di rientrare su di loro. 

«Ben ha grandi aspettative su se stesso, vuole sempre fare del suo meglio. È molto, molto meticoloso nella preparazione, pensa molto alle corse e poi si vede anche dalla sua posizione in bici quanti curi tutti gli aspetti».

In effetti su materiali e posizione Healy è molto particolare. Noi stessi abbiamo visto una sella molto in avanti, un manubrio strettissimo (38 mm, nonostante spalle non proprio piccole) e leve fortemente piegate all’interno. Una posizione moderna, segno che è sul pezzo. E sulla crono non è da meno.

Sulla Redoute un po’ di fatica, poi è uscito alla distanza. Altro segnale non da poco per un ventiduenne
Sulla Redoute un po’ di fatica, poi è uscito alla distanza. Altro segnale non da poco per un ventiduenne

Ragazzo sincero

«Io mi aspettavo questa maturazione da parte sua – va avanti il diesse – ma lasciatemi anche dire che per me è un po’ scomodo sentire che salta fuori dal nulla. Questo è un ciclismo in cui i giovani emergono molto rapidamente, almeno quando hanno il talento.

«Che tipo di corridore è lo dobbiamo scoprire. Adesso Ben farà il suo primo grande Giro, appunto il Giro d’Italia e li vedremo come reagirà alla lunga. Strada facendo, vedremo anche se proverà a tenere o a puntare sulle tappe. Come EF abbiamo vari progetti e lui senz’altro ne farà parte. Credo che di certo sarà un protagonista in qualche tappa.


«Io – conclude Wegelius – vedo in lui un ragazzo intelligente, che ha fiducia in se stesso e che parla normalmente. Se ha una domanda la fa senza problemi. Non se la tiene dentro dicendo chissà cosa pensano di me gli altri. Ed è così con noi tecnici e anche con i compagni».

Pogacar gigante all’Amstel, ma i rivali “veri” dove sono?

16.04.2023
5 min
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Chissà che cosa avranno pensato i corridori della Alpecin-Deceuninck sentendo che a Pogacar il punto dell’attacco per vincere l’Amstel Gold Race l’ha suggerito il loro capitano Mathieu Van der Poel. L’olandese oggi non c’era, perché dopo la vittoria alla Roubaix si è preso un turno di riposo, ma ha trovato il modo un paio di giorni fa di mandare un messaggio allo sloveno, che evidentemente a suo giudizio avrebbe avuto bisogno di aiuto per piegare i rivali anche nella corsa dei mastri birrai.

«Mathieu Van der Poel mi ha detto di accelerare sul Keutenberg – racconta Pogacar dopo l’arrivo – quella era davvero la salita più dura e mi si addiceva di più. Quando me l’ha detto? Tre giorni fa, mi ha mandato un messaggio. Lo ringrazierò per il consiglio».

La foto ai fotografi che immortalano il gruppo davanti al mulino a vento, ma intanto la UAE Emirates fa la corsa
La foto ai fotografi che imortalano il gruppo davanti al mulino a vento, ma intanto la UAE Emirates fa la corsa

Una gomma a terra

Dopo il Fiandre, Pogacar centra in Olanda l’undicesima vittoria stagionale, applicando alla lettera quel che Van der Poel gli ha suggerito e aggiungendo del suo alla ricetta vincente. La fuga che ha deciso la corsa infatti è andata via a 90 chilometri dall’arrivo, seguendo una logica cui ormai dovremmo esserci abituati e che ogni volta invece ci lascia di sasso. Poi, quando di chilometri ne mancavano 39, lo sloveno si è ritrovato con una gomma a terra. Ha maledetto l’assenza dell’ammiraglia, restata intrappolata nelle retrovie. Il cambio bici e il ritorno sui primi sono stati tuttavia l’anticamera dell’attacco decisivo.

«Non mi aspettavo che saremmo andati in fuga così presto – commenta – e sono andato avanti con una gomma bucata per molti chilometri. Per fortuna la ruota perdeva pressione molto lentamente, ma lo stesso ho dubitato che sarei stato in grado di arrivare al traguardo. Alla fine ce l’ho fatta. E’ stato frustrante non aver avuto accanto l’ammiraglia per così tanto tempo, ma fortunatamente siamo riusciti a cambiare la bici appena in tempo, prima delle salite finali».

L’Astana ha fatto arrivare Lutsenko, fresco della vittoria in Sicilia. Il kazako qui vinse il mondiale U23 del 2012
L’Astana ha fatto arrivare Lutsenko, fresco della vittoria in Sicilia. Il kazako qui vinse il mondiale U23 del 2012

Solo Remco

Alla vigilia la domanda che circolava fra gli addetti ai lavori riguardava la Jumbo Visma e altri squadroni. Come mai la squadra di Van Aert ha scelto di non portare né RoglicVingegaard, che stanno vivendo un ottimo momento e sono fra i pochi che in passato siano riusciti a opporsi a Pogacar? La riposta fornita dal team olandese è che il primo sta preparando il Giro, mentre il secondo non ha una grande esperienza nelle classiche.

Dato che volenterosi rivali come Cosnefroy, Gaudu e Benoot si sono arresi al primo attacco (quindi a 90 chilometri dall’arrivo), in attesa di saggiare la condizione di altri come ad esempio Mas, Higuita e Vlasov, bisognerà capire chi nei prossimi giorni sarà in grado di opporsi a Pogacar: forse Evenepoel. Anche Remco infatti sta preparando il Giro, ma non rinuncerà alla Liegi. In questo modo diventa evidente lo scontro fra due scuole. Quella più moderna (sul piano delle metodiche) di coloro che puntano sulla specializzazione. E poi quella più spregiudicata di campioni che accettano le sfide senza nascondersi dietro troppi calcoli, forse perché consapevoli di margini più ampi.

Giro d’Onore

Pogacar ha sferrato l’attacco finale a 36 chilometri dall’arrivo sull’Eyserbosweg, la salita delle Antenne, da cui solitamente la corsa prendeva il largo nel ciclismo di ieri. Healy si è gestito bene e ha proseguito col suo ritmo. Pidcock ha provato invece a opporsi, ma è durato 50 metri in più e poi ha dovuto fare i conti con le gambe più pesanti. Salvare il podio dal ritorno di Lutsenko e Kroon non è stato così semplice.

Da quel momento l’Amstel Gold Race si è trasformata in un giro d’onore, come altri già visti in questa primavera. E se il vantaggio su Healy alla fine è stato solo di 38 secondi, è perché Pogacar ha affrontato l’ultima scalata del Cauberg senza andare a fondo nella fatica, pensando magari a salvare le forze per la Freccia Vallone e la Liegi.

L’Amstel non è un monumento, ma vale parecchio. Per Pogacar è la undicesima vittoria stagionale
L’Amstel non è un monumento, ma vale parecchio. Per Pogacar è la undicesima vittoria stagionale

«In questa stagione – dice andando via dall’Amstel con il suo addetto stampa Luke McGuire – sto vivendo un sogno. Non so se sia stato più forte di quando ho vinto il Fiandre, perché è stata una corsa completamente diversa, ma di certo mi sono sentito bene. Stamattina ero piuttosto congelato con il brutto tempo, ma poi ho scoperto di avere delle buone gambe. Ora si va verso Freccia e Liegi. Mi hanno detto che se vincessi anche la Liegi entrerei nella storia, ma credo che sia presto. Ne parleremo semmai mercoledì o domenica».

Grinta, sfacciataggine e gambe: ecco Ben Healy

30.03.2023
4 min
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Uno dei primi ricordi dal vivo di Ben Healy risale al Giro d’Italia under 23 del 2021. Eravamo nella fornace afosa di Castelfranco Veneto. Ultima fatica della corsa dominata da Ayuso. Dieci tappe e quella finale era un piattone che ripercorreva le mura della cittadina trevigiana.

Healy partì a diverse tornate dal termine. Sulla linea d’arrivo ci si chiedeva dove volesse andare “questo qui”. E lui in tutta risposta vinse la tappa, rispondendo coi fatti!

Ben Healy (classe 2000) vince a Larciano dopo un finale corso da vero dominatore
Ben Healy (classe 2000) vince a Larciano dopo un finale corso da vero dominatore

Primavera magica

Healy, irlandese, classe 2000 è professionista dallo scorso anno. Da U23 Correva con la Trinity, la stessa squadra di Pidcock, ora è con la EF Education-EasyPost. Dopo una prima stagione fra i grandi di adattamento, in questa primavera sta esplodendo.

Il corridore è da scoprire. Difficile stabilire se si tratti di uno scalatore. Di certo in salita va forte, ma se la cava anche sul passo. E’ campione nazionale a cronometro in carica e anche quel giorno a Castelfranco, tutta pianura, andò via di forza.  Anche se i suoi numeri (175 centimetri per 64 chili) fanno legittimamente pensare ad un grimpeur. Ma è il ciclismo moderno. Sono i corridori moderni: si va e si deve andare forte dappertutto.

E Healy forte ci è andato sia alla Coppi e Bartali che al Gp di Industria e Commercio di Larciano. Una settimana che ha cambiato non poco i suoi orizzonti. Terzo nella generale e vincitore di una tappa nella corsa dedicata ai due campioni, primo nella classica toscana.

L’irlandese viene dalla scuola di Wiggins e dal team Trinity. Anche per questo è molto bravo sia in mtb che contro il tempo
L’irlandese viene dalla scuola di Wiggins e dal team Trinity. Anche per questo è molto bravo sia in mtb che contro il tempo

Attaccante dentro

Se lo guardi, non sembra un corridore che “morde”, in realtà in bici è cattivissimo, determinato e non guarda in faccia nessuno (lo sa bene Pozzovivo).

«Questo è il modo in cui mi piace vincere – ha detto l’irlandese dopo il successo di Larciano –arrivando da solo. In questo modo sei sicuro che ce la farai», come a voler ritornare proprio al finale di Forlì contro Pozzovivo (Padun era suo compagno).

Anche in squadra cominciano a prendere coscienza del suo potenziale. Ken Vanmarcke, uno dei diesse della EF sapeva che Healy stesse bene: «Prima della gara di Larciano guardando TrainingPeaks, era chiaro che Healy stesse volando, che fosse ad un certo livello».

E poi ha aggiunto un dettaglio affatto secondario, che appunto dice della grinta di Ben: «Le gare italiane come Larciano non sempre vanno a chi ha le gambe più forti, ma a chi riesce ad adattarsi, a capire le situazioni e a proporsi». E Healy sulla scalata finale si è proposto bene: con gambe, con grinta e tempismo. Ma soprattutto senza paura.

Al momento del suo scatto, il traguardo distava una quindicina di chilometri e all’inizio i secondi di vantaggio erano pochi. Lui però ha insistito, non si è voltato e alla fine ha vinto con margine.

Dopo l’Amstel Gold Race dovrebbe tornare in altura prima del Giro (foto Instagram)
Dopo l’Amstel Gold Race dovrebbe tornare in altura prima del Giro (foto Instagram)

Verso il Giro

La EF Education-EasyPost ha previsto un calendario man mano sempre più impegnativo ed importante per il ragazzo. Dopo queste corse di “seconda fascia” in Italia, ne farà altre in Francia, ma poi l’asticella si alzerà. E non poco.

Ben prenderà parte all’Amstel Gold Race e poi al Giro d’Italia, il suo primo grande Giro. Tra le due gare dovrebbe tornare in altura a Sierra Nevada. Proprio lì ha costruito, o forse sarebbe meglio dire ha affinato la condizione per la Coppi e Bartali e il resto. Come un po’ tutti i ragazzi di oggi, Healy ha la capacità di entrare presto in condizione.

Visto il suo potenziale e sapendo che al Giro la EF Education-EasyPost non porterà Carapaz, chissà che Healy non possa essere un outsider, una sorpresa. Magari non salirà sul podio, ma se dovesse entrare nei dieci non saremmo così stupiti.

Castelfranco premia Healy e onora Ayuso. Festa al Giro U23

12.06.2021
6 min
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Il classico ultimo giorno di scuola. Eppure la San Vito al Tagliamento-Castelfranco, che ha chiuso il Giro U23, non era proprio una tappa passerella: 164 chilometri e anche qualche strappo giusto per assegnare gli ultimi punti della classifica dei Gpm.

Sarà stato il sole, sarà stato che il peggio era passato, sarà tutto quello che volete, ma oggi persino il protagonista della corsa, Juan Ayuso, si è sciolto in lunghi sorrisi. Il suo volto era decisamente più rilassato. Specie dopo l’arrivo. A lui sono andate tutte le maglie, tranne quella blu dell’Intergiro.

Anche Ayuso ride

«Oggi mi annoiavo in corsa», diceva lo spagnolo al diesse Valoti. In realtà la tensione c’era, eccome. 

«No, io sono rimasto tranquillo. Dovevo solo passare la giornata. E’ stata una tappa facile – racconta la maglia rosa dopo il traguardo – nessuna paura. Neanche ieri dopo la caduta. Sono rimasto tranquillo, ho capito subito che potevo ripartire e poi volevo ringraziare la Dsm che stava tirando e ha mollato. La squadra mi è rimasta vicino e poi sapevo che c’era la gamba e un’altra salita ancora, quindi potevo recuperare. Il giorno più difficile invece è stato quello della crono con la sella che mi è scesa».

Mentre il gruppo sfilava via dopo l’arrivo Ayuso dava una pacca sulla spalla del primo compagno che aveva vicino.

«E’ stato un Giro comunque duro. Credo che la vera differenza l’abbia fatta a Sestola, quel giorno ho creato i distacchi maggiori. Okay, il giorno dopo ho perso la maglia, ma il grosso lo avevo fatto lì. Poi si è trattato soprattutto di controllare, specialmente dopo la vittoria nella “etapa reina”.

«Se sono mai stato a tutta? A Sestola sì – risponde Ayuso con tono più che sincero – poi ammetto di aver sempre avuto tutto sotto controllo. Anche se poi ho vinto a Campo Moro. Sapete, quel giorno stavo bene, mi sono girato, ho visto che eravamo in cinque e a quel punto ho colto l’occasione. Era la tappa più bella!».

Debutto all’Appennino

Juan adesso saluterà il mondo degli U23 e passerà con i grandi. Realizzerà un grande sogno, consapevole che si tratta di un punto di partenza. Fino a lunedì sera sarà ancora con la famiglia della Colpack Ballan, poi da martedì mattina lo aspetta la Uae che comunque qui al Giro era molto presente, sia con Gianetti, sia con Matxin, il suo “papà sportivo”. A proposito ci mancava solo che ieri i tre punti di sutura li mettesse il manager spagnolo anziché il medico, tanto gli era vicino!

«Adesso correrò al Giro dell’Appennino e poi anche a San Sebastian. Intanto è stato importante vincere il Giro. Era il mio obiettivo e per me era la prima esperienza in una corsa a tappe così lunga. Oggi sono davvero emozionato».

Intanto si avvicina Marco Selleri per dargli una medaglia e gli chiediamo se gli sia piaciuto il percorso che ha ideato questo signore al suo fianco. «Sì, molto. Un percorso da grandi. Molto duro ma anche molto vario. C’era spazio per tutti».

Ma quale volata

E a proposito di spazio per tutti. Oggi nessuno avrebbe scommesso su un arrivo non in volata. Già ieri vedevamo le ruote veloci fare melina al penultimo passaggio sul Nevegal. Stavano risparmiando energie in vista di oggi. Invece un ragazzo alla presentazione sul palco al mattino, intervistato da Ivan Cecchini (lo speaker), aveva detto: «Occhio, non è detto che si arrivi in volata. Fa caldo, la tappa è lunga, veniamo da tre giorni durissimi ed è il decimo giorno di gara». Quel ragazzo, che ci scusiamo non poter citare poiché in quel momento eravamo lontani dal palco e sentivamo solo l’audio, aveva ragione.

Nella fuga buona nata negli ultimi 60 chilometri circa, c’era Jacopo Menegotto che ha menato forte dopo il passaggio su Ca’ del Poggio e si è ritrovato con due super big del Nord Europa: Healy e Hoole (sembra uno scioglilingua!).

«Ai 200 metri dallo scollinamento – racconta il ragazzo della General Store – sono partito e mi sono buttato giù in discesa più forte che potevo. Queste sono le mie strade. Quando hanno presentato il Giro ho detto subito a mio papà che in questa tappa avrei fatto bene. Peccato che sia arrivato solo secondo. Ma in questo Giro volevo lasciare il segno e ci sono riuscito. E adesso? Adesso vorrei un contratto da pro’… perché me lo merito».

Healy beffa Menegotto

La tappa finale è andata al campione irlandese Ben Healy. Uno che forse ha molto da recriminare. Era atteso sul podio finale e invece spesso si è staccato. Oggi era la sua ultima occasione, anche se va detto che ci aveva provato spesso. A poco meno di 5 chilometri dalla fine ha staccato Menegotto e Daan Hoole, il gigante del gruppo, e di potenza si è preso l’arrivo finale».

E poi? Poi grande festa di tutti, anche dello staff di Selleri e Pavarini, che hanno regalato dieci giorni di grande ciclismo. «Guarda qua che bello – dice Selleri (quasi commosso) mentre muove il braccio verso la piazza – guarda quanto pubblico. Dai, dai… è andata bene».