Con Mazzoleni il punto sulla stagione balorda di Moscon

15.07.2022
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L’impegno e la voglia di tornare ai livelli che gli competono non sono bastati a Gianni Moscon. Quest’anno il trentino proprio non riesce ad ingranare. Il Covid ad inizio stagione gli ha segato gambe e, finora, i sogni di gloria.

Il corridore dell’Astana Qazaqstan ha dovuto lasciare il Tour de France ben prima del previsto. Si era nel corso della tappa con arrivo a Losanna e Gianni ha detto basta. La “foto” del suo Tour è tutta nella tappa del pavè (in apertura). Lui che potenzialmente poteva essere uno dei favoriti per quella frazione è arrivato ultimo.

Maurizio Mazzoleni, segue Moscon da quest’anno…
Maurizio Mazzoleni, segue Moscon da quest’anno…

Parola a Mazzoleni

Durante i giorni del Tour ne abbiamo parlato con il suo preparatore, Maurizio Mazzoleni.

«In effetti – spiega Mazzoleni – è una stagione un po’ particolare per tutti, anche per altri atleti di altri team e di altri sport, non solo per Gianni. Bisogna allargare la discussione un po’ più in generale per capirla e analizzarla al meglio».

E questo è vero. Agli imminenti mondiali di atletica leggera, per esempio, ci sono stati molti forfait e si sono viste prestazioni altalenanti nel corso della stagione da parte di atleti che avevano avuto il Covid. E anche ai mondiali di nuoto ci sono stati ragazzi e ragazze con dei “buchi” pazzeschi.

«Con i nostri medici stiamo facendo tutti gli approfondimenti del caso e presto faremo il punto della situazione. Gianni comunque è un atleta propositivo e ha sempre provato durante l’anno a trovare la migliore condizione per correre. Questa non è arrivata e sta anche alla nostra equipe trovare una soluzione.

«Ma serve pazienza. Siamo un team di professionisti e sicuramente una soluzione la troveremo».

A Copenhagen Moscon (che saluta) aveva grande entusiasmo. La voglia non è mai mancata (foto Instagram – @gettysport)
A Copenhagen Moscon (che saluta) aveva grande entusiasmo. La voglia non è mai mancata (foto Instagram – @gettysport)

Ritiro ponderato

Pertanto il ritiro di Moscon è stato concertato. Non si è trattato di un fulmine a ciel sereno. Inutile continuare in quel modo. Inutile insistere se ogni giorno il corridore va più piano e fa più fatica. E’ solo un trascinarsi verso non si sa cosa.

Nonostante al Giro di Svizzera c’erano stati dei segnali positivi. Prestazioni non costanti, è vero, ma quelle buone avevano dato fiducia a Gianni e al suo staff. La speranza è che le cose con qualche giorno in più si sarebbero definitivamente sistemate al Tour. Non è andata così.

«Né l’atleta, né la squadra vorrebbero mai ritirarsi da una competizione – riprende Mazzoleni – Però quando ci si trova davanti a una situazione in cui la soluzione migliore è quella del ritiro, la si analizza insieme, la si valuta e infine la si prende. Anche se dispiace».

Il morale di Moscon chiaramente non è alto, tanto più che il trentino, anche se non sembra, è alquanto sensibile. Però è proprio qui che bisogna tenere duro e per farlo è importante guardare avanti, come di fatto stanno già facendo Mazzoleni e l’Astana.

Per Moscon (classe 1994) si è trattato del settimo ritiro in stagione su 12 gare disputate, quelle a tappe incluse
Per Moscon (classe 1994) si è trattato del settimo ritiro in stagione su 12 gare disputate, quelle a tappe incluse

Quale piano di rientro?

Proprio con Mazzoleni già alla Tirreno si parlava del recupero lento e senza fretta di Moscon. Un rientro che assolutamente non voleva forzare i tempi.

«Abbiamo provato a rispettare questa tabella di marcia – dice il tecnico – E in effetti, dopo la sosta, tra l’altro uno stacco davvero importante che solitamente non si fa in quel periodo della stagione (primavera, ndr), qualche buona risposta c’è stata. 

«Abbiamo attivato un protocollo di riavvicinamento alle gare molto graduale. Abbiamo pensato un’altura in maniera proporzionata a quelle che erano le sue condizioni… ma non è bastato e quindi proveremo altre strade. E ci riusciremo sicuramente».

«Gianni è un ragazzo determinato che ha un grande talento: sono certo che otterremo dei successi anche con lui. 

«Per adesso la tabella è di attenerci, come sempre, ai nostri protocolli sanitari. Pertanto farà tutti gli accertamenti necessari e una volta trovata la causa, vedremo cosa fare per il rientro agli allenamenti. Le tempistiche però potremo determinarle solo dopo questi esami. Per adesso Gianni non pedala».

Il coltello del Tour nella piaga, ma Battistella ha già svoltato

09.07.2022
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Quando nella tappa di Longwy, due giorni fa, ha capito che Pogacar avrebbe messo il suo timbro, Samuele Battistella ha preso il cane ed è andato a farsi una passeggiata. La tappa era una di quelle che il veneto aveva cerchiato di rosso nei giorni di vigilia a Copenhagen, prima che il medico gli desse la brutta notizia.

«Ero partito dall’Italia avendo fatto il tampone – racconta Samuele (in apertura nella foto Astana/Getty) – ed ero a posto. Lassù ci hanno fatto prima i controlli del sangue, poi il tampone molecolare. Ero in camera a guardare il libro di corsa, quando il medico mi ha chiesto di scendere. Sono andato in paranoia. Ho pensato che non potessi essere positivo, perché ero stato attentissimo. Non avevo neanche visto gli amici. Invece la notizia era proprio quella. In più avevo un indice di positività molto alto e non se la sono sentita di farmi partire per tre settimane di corsa a quel modo. Il contrario di Jungels, che evidentemente era meno positivo e comunque corre per una squadra francese. Per cui sono tornato sopra. Ho richiuso la valigia e sono tornato a casa».

Nelle locandine dell’Astana, Battistella era parte del team. La squadra è andata alla presentazione con un uomo in meno
Nelle locandine dell’Astana, Battistella era parte del team. La squadra è andata alla presentazione con un uomo in meno

La mazzata tricolore

All’aeroporto lo ha accompagnato il massaggiatore Ballerini con il furgone Volkswagen a 9 posti dell’Astana Qazaqstan Team. Lui davanti con la mascherina Fpp2 e Samuele in fondo con mascherina identica. Finestrini tutti aperti e alta velocità per non rischiare niente. Il racconto fa sorridere, ma a tratti si mischia con il ricordo delle attese sul Tour durante i giorni di ritiro sul Pordoi, quando tutto sembrava possibile. Quando raccontava che sarebbe sceso pochi giorni prima dei campionati italiani in Puglia, per giocarsi anche quella carta.

«Invece – sorride amaramente – c’è scappata un’altra mazzata. Sono arrivato terzo, ma ho sbagliato tutto il finale. Dovevo attaccare in salita, perché sentivo di stare bene. Nei discorsi che si fanno dopo l’arrivo, ho capito che gli altri erano tutti giusti. Io sentivo la gamba, ma invece di attaccare come faccio di solito, ho aspettato e buttato un’occasione che non sarà facile da ricreare. Credevo che avrei sofferto di più il passaggio dal Pordoi alla Puglia. In realtà ho sofferto il caldo, ma i watt e i battiti erano quelli giusti. E’ stata una… cappellata tutta mia. E non è che la botta del Tour l’abbia cancellata, si è sommata. Nei primi giorni che non potevo uscire e dovevo restare chiuso in camera (sorride, ndr), credo di aver avuto un po’ di depressione».

Nel finale del tricolore sentiva di stare bene, ma non ha attaccato per troppi dubbi
Nel finale del tricolore sentiva di stare bene, ma non ha attaccato per troppi dubbi
Più che altro dispiacerebbe buttare la condizione trovata…

Ho faticato tanto per andare al Tour. La forma c’è ancora, magari è un po’ calata. Diciamo che ho riposato e ora va ritirata fuori la gamba. Sto cercando di mantenere la forma con uscite blande di tre ore e un po’ di palestra in attesa di avere il via libera per riprendere sul serio.

Hai già un obiettivo su cui concentrarti?

Stiamo definendo un programma. Non so bene quale sarà la gara del rientro, è ancora tutto da definire, ma potrei fare tutte le corse spagnole fino alla Vuelta. Se ho un obiettivo, riesco a seguire bene tutti i lavori.

Hai letto nei giorni scorsi le parole di Chicchi su di te?

Certo che ho letto. Francesco è stato per me un grande direttore sportivo, perché ha occhio ed esperienza. Uno che ha vinto così tanto da professionista è un ottimo riferimento per dei corridori giovani e credo che l’anno con lui sia stato il migliore negli U23. Eravamo quattro amici, con Sobrero, Konychev e Mozzato.

Sul podio di Alberobello, la smorfia di Battistella la dice lunga sulla sua delusione
Sul podio di Alberobello, la smorfia di Battistella la dice lunga sulla sua delusione
Ti aspettavi che proprio Mozzato andasse così bene al Tour?

Ho sempre creduto in Luca, perché ha capacità di correre che altri non hanno. Se guardiamo i miei watt e i suoi alla fine di una corsa del Nord, lui spenderà sempre meno. Ha una capacità di limare davvero speciale. Quando deve essere davanti, sui muri o sul pavé, Mozzato c’è.

Stati sentendo i compagni in Francia?

Sento a volte i compagni. Ho sentito Lutsenko per sapere se stesse bene dopo la tappa del pavé, ma non li chiamo ogni giorno. Il Tour è già stressante per dover rispondere anche a me.

Da martedì in bici?

Lo spero, mi sento bene. Ho avuto un po’ di raffreddore, ma in bici mi sento già bene. Comunque sia è andata, voglio pensare ai prossimi obiettivi. Quello che mi scoccia è non aver ancora vinto, speriamo di cancellare subito almeno questo.

Simone Velasco: «Faccio i bagagli e vado in Francia»

30.06.2022
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Verso il Tour de France nel vero senso della parola. Simone Velasco era in attesa del suo aero all’aeroporto di Bologna per aggregarsi alla Grande Boucle a Copenaghen. Un volo per Amsterdam e da lì alla capitale danese.

«Ciao Simone, ça va?» Come va, gli chiediamo scherzando in francese. «Ca va bien», ribatte lui stando allo scherzo. Il suo tono è squillante. Il corridore dell’Astana Qazaqstan è uno dei tre debuttanti italiani al Tour. Gli altri tre sono Bagioli, Dainese e Luca Mozzato. Ci sarebbe stato anche il suo compagno Battistella, ma Il Covid lo ha tolto dai giochi.

Simone Velasco all’aeroporto di Bologna in attesa di imbarcarsi per la Grande Boucle
Simone Velasco all’aeroporto di Bologna in attesa di imbarcarsi per la Grande Boucle
Simone, ti aspettavi di essere schierato al Tour?

Da programma avrei dovuto fare la Vuelta, poi in primavera hanno visto che andavo forte e a quel punto hanno deciso di farmi saltare il Giro d’Italia e preparare bene il Tour.

Come mai ha saltato il Giro se andavi bene?

Perché come detto il grande Giro doveva essere la Vuelta. Poi dimostrando buoni valori e andando forte le cose sono cambiate. Solo che avevo già corso molto e a ridosso del Giro, al Catalunya, ero stato male. In più non avevo fatto l’altura. Così hanno deciso per il Tour.

Quindi lo sapevi già da un po’?

Ufficialmente me lo hanno detto dopo il Delfinato. Me lo ha detto il mio diesse di riferimento che è Cenghialta. Poi ho parlato anche con “Martino” e “Zazà”. Già a maggio però stavo lavorando in ottica Tour. L’altura sul Teide, il Delfinato, un po’ di recupero, l’italiano e quindi il Tour.

E’ il miglior Velasco di sempre?

Sto bene, dai. Io poi vengo fuori alla distanza e per questo spero di fare bene nelle ultime tappe perché calo meno di altri. Mi spiace solo che domenica scorsa ad Alberobello abbia avuto una giornata storta. Ho davvero sofferto il caldo. Almeno abbiamo fatto bene con Battistella.

L’elbano (classe 1995) al Delfinato con Caruso
L’elbano (classe 1995) al Delfinato con Caruso
Cosa ti “spaventa” del Tour?

Sicuramente i ritmi visti al Delfinato un po’ mi spaventano. Però ormai ci siamo! Sono consapevole del buon lavoro fatto e poi è motivo di orgoglio essere nella formazione per la Francia. Mi hanno sempre detto che il Tour era il Tour ed essere stato selezionato mi spinge a dare il massimo.

Simone, sei un attaccante ma “piccolino”, come la mettiamo con quelle tappe iniziali da passistoni nel vento (e nelle pietre)?

Bisognerà prestare la massima attenzione. So che il vento può far danni e noi dobbiamo stare vicino al nostro leader Lutsenko se non dovesse avere una gran gamba o dovesse incappare in un giorno no. La paura più grossa è quella di restare intrappolati in qualche caduta. Ci sono quelle 5-6 tappe molto tese, poi la situazione dovrebbe essere un po’ più tranquilla per “Lutse”.

Quindi il kazako proverà a fare classifica?

Sì, ci proverà. Sta bene ed è forte davvero. Senza problemi lui può fare bene.

Quanto conterà l’esperienza “da Belgio” in Francia?

Io ho fatto più le classiche delle Ardenne e altre semiclassiche tipo Fourmies a fine stagione. Non sarò un drago nel vento, ma vengo pur sempre da un’isola! Ho sempre avuto il vento in faccia e mi ci so infilare bene. E poi un discorso è tirare per proteggere un compagno e un altro è tirare per vincere.

Simone Velasco in allenamento nella sua Elba, in uno scatto di qualche tempo fa (foto Instagram)
Simone Velasco in allenamento nella sua Elba, in uno scatto di qualche tempo fa (foto Instagram)
Quindi Simone cosa hai messo nella valigia per il Tour?

Poca roba! Lassù ce ne daranno molta nuova. La cosa che non manca mai è il tappetino per lo stretching. Bisogna centellinare le energie e massimizzare il recupero. Un po’ di abbigliamento da riposo della squadra. Un completo più pesante per la Danimarca e tante energie! Ah, e un paio di jeans e una camicia come insegna il buon Pippo Pozzato!

Qualche libro? Serie tv?

Su Netflix ogni tanto ne seguo qualcuna di serie, ma nelle ultime settimane non ho avuto tanto tempo. Ero sempre a tutta con gli allenamenti che come toccavo il letto dormivo! Magari riprenderò a vedere la serie sulla Formula 1. E poi ho saputo che in questo Tour ne gireranno una. Magari sarò protagonista e mi rivedrò nella serie andando al Tour del 2023.

Qual è il primo ricordo che hai del Tour?

Ho sempre associato il Tour de France all’arrivo dell’estate. Se ben ricordo una volta partiva un po’ prima. Io andavo ancora all’asilo e quando c’era il Tour era estate piena per me. Mattina mare, poi pranzo, Tour alla tv… con qualche sonnellino, e poi di nuovo mare.

Tosello e le differenze con le bici del 2014 per le pietre

29.06.2022
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In questi giorni abbiamo parlato spesso della quinta tappa del Tour de France, quella del pavè. L’abbiamo ricordata, l’abbiamo analizzata da un punto di vista tattico, adesso buttiamo un occhio sul punto di vista tecnico. E lo facciamo con Gabriele Tosello, storico meccanico dell’Astana Qazaqstan (in apertura foto Instagram – Getty, ndr).

“Toso” c’era  anche nel 2014 e quell’anno aveva preparato la bici di Nibali. E se lo Squalo volò sulle pietre, una fetta di quel “successo” fu anche la sua.

Gabriele Tosello è il meccanico dell’Astana da molti anni. C’era già nel 2014
Gabriele Tosello è il meccanico dell’Astana da molti anni. C’era già nel 2014

Da Specialized a Wilier

«La differenza più grande fra quelle bici e quelle attuali è la bici stessa – commenta Tosello – almeno nel nostro caso noi usammo un telaio specifico. All’epoca avevamo Specialized e la casa americana aveva un modello chiamato proprio Roubaix. Si trattava di un telaio “più morbido”, merito principalmente degli elastomeri su forcella e carro posteriore.

«Era una bici davvero adatta a quel percorso, molto confortevole. Mentre le ruote erano le stesse che utilizzavamo nelle altre tappe».

«Adesso le cose si sono invertite. Usiamo il telaio che utilizziamo normalmente, ma con altre ruote.

«Nonostante su carta sia un po’ più rigida, la maggior parte dei ragazzi pedalerà sulla Wilier Filante (gli altri sulla Wilier 0 Srl). Abbiamo fatto dei test nel periodo delle classiche del Nord e ci siamo accorti che questa bici dava dei leggeri vantaggi in termini di comfort e quindi di guida. Test che fece, tra gli altri, anche Moscon».

Ruote importantissime

Tosello ha parlato di un’inversione di tendenza: stessa bici ma ruote diverse. Alla base di questa soluzione ci sono più motivazioni. Telai con strutture diverse nel layout costruttivo, presenza dei freni a disco e di conseguenza anche di ruote con ben altre tecnologie rispetto al 2014.

«Adesso le ruote sono un po’ più larghe – riprende Tosello – e soprattutto si possono avere con la tecnologia tubeless. Credo che sei dei nostri otto ragazzi al Tour useranno i tubeless. Gli uomini di classifica e quelli che puntano alla tappa di sicuro, mi riferisco a Moscon e Lutsenko».

«Corima per l’occasione ci ha fornito una ruota specifica, una ruota intermedia direi. Di solito noi utilizziamo i profili da 32 o 47 millimetri, la ruota che monteremo in questa tappa stile Roubaix sarà da 40 millimetri. Si tratta di una tubeless modificata.

«Queste Corima hanno raggi piatti in acciaio ma con niplles esterne al cerchio e non all’interno. I motivi di questa soluzione sono due. Quello principale è che trattandosi di un cerchio tubeless, fare troppi fori sul cerchio appunto rischia di indebolire la sua struttura e di favorire anche delle impercettibili perdite di aria. E la seconda motivazione riguarda il fatto che in questo modo la ruota è leggermente più flessibile. 

«Volendo, c’è anche una terza motivazione. Con le niplles esterne possiamo intervenire meglio sulla tensionatura e la centratura».

Con “Toso” si passa poi ad analizzare le coperture. Nel 2014 sostanzialmente cambiava solo la misura del tubolare.

«Noi usammo – riprende Toso – un tubolare di un marchio francese da 28 millimetri. Ricordo che li gonfiammo intorno ai 5 bar, quelli di Nibali appena meno: sui 4,8. Stavolta le gomme, saranno tubeless, ma sempre da 28 millimetri. Abbiamo l’opzione da 30 millimetri pronta in caso di maltempo. Ma deve essere davvero brutto, brutto!

«Per quanto riguarda le pressioni scenderemo al di sotto dei 5 bar, credo 4,5: con i tubeless si può fare, liquido e mousse te lo consentono. Con le mousse anche se fori, il cerchio non va a terra e quantomeno esci dal settore in pavè. Puoi andare avanti mentre aspetti l’ammiraglia».

Grudzev, che sarà presente al Tour, in azione all’ultima Roubaix
Grudzev, che sarà presente al Tour, in azione all’ultima Roubaix

Zero compromessi

Alla fine le bici attuali con queste ruote (cerchio e gomma) sono performanti sul pavé, ma rispetto al 2014 sono molto più performanti sui tratti in asfalto.

«Esatto – dice Tosello – restano comunque bici veloci. Dobbiamo considerare che sono strutture completamente diverse. C’è stata un’evoluzione continua e… poveri noi meccanici! Ormai siamo più ingegneri che meccanici!

«Pensiamo al carbonio: altri intrecci, altre fasciature e anche un altro peso. Una volta si tendeva ad irrigidire laddove si pensava che ci fossero più tensioni. Quindi si metteva più materiale nella zona della scatola del movimento centrale. Adesso si è visto che non è così. Lì si “è tolto” del materiale e lo si è tolto anche dalla zona del reggisella ed è stato inserito nel carro per esempio. Tanto ha inciso la disposizione delle fibre.

«In teoria i telai pesano meno, ma con il disco alla fine la bici pesa uguale, se non qualcosa in più rispetto al 2014. Quella Specialized Roubaix pesava 7 chili, la Wilier Filante in versione pavé ne pesa 7,2, ma è più performante: è molto più scorrevole e quel piccolo peso in più è abbondantemente recuperato così».

L’inserto di Prologo da inserire sul manubrio (è disponibile in due misure di lunghezza 156mm e 166mm)
L’inserto di Prologo da inserire sul manubrio (è disponibile in due misure di lunghezza 156mm e 166mm)

Comfort più importante

Essendo una tappa in pavè e non una corsa “secca” come la Roubaix, diventa fondamentale uscirne indenni.

«E’ importantissimo non avere piaghe o dolori in vista del giorno dopo – conclude Tosello – A tal proposito non cambiamo le selle, ma semmai i corridori possono scegliere pantaloncini un po’ più imbottiti.

«Prologo inoltre ci ha preparato un “nastro” speciale. Un inserto con la loro tecnologia (e materiale, ndr) CPC, che si può mettere sopra o sotto il nastro e ammorbidisce molto. Ed è anche antiscivolo».

Le tecnologie in generale sono cambiate tantissimo. Le bici sono più comode e più veloci. E il perno passante ha inciso molto.

«Rispetto al bloccaggio classico i ragazzi dicono di avere tutt’altre sensazioni di guida. Ruote e telaio sono un “tutt’uno”, un feeling di guida diretto. Mentre con il bloccaggio c’erano le ruote e c’era il telaio. La sensazione era di avere due pezzi distinti».

Battistella, l’italiano più giovane del Tour: il tagliando e via…

19.06.2022
5 min
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Della sparuta decina di italiani al Tour de France farà parte anche Samuele Battistella, che con i suoi 23 anni, sarà anche il più giovane della spedizione. Campione del mondo U23 nel 2019, prima che il Covid appiattisse tutto, alla fine del secondo anno il veneto ha preso le misure al professionismo, con il Giro a 22 anni, qualche piazzamento e finalmente la vittoria centrata nell’ultima corsa del 2021 nella Veneto Classic. Quest’anno sembrava lanciato verso una rapida conferma, ma un drammatico incidente all’Amstel Gold Race lo ha fermato sul più bello. Lui però si è rimboccato le maniche e ha ripreso subito col passo giusto.

Samuele Battistella è nato a novembre del 1998. E’ pro’ dal 2020 (foto Astana Qazaqstan Team)
Samuele Battistella è nato a novembre del 1998. E’ pro’ dal 2020 (foto Astana Qazaqstan Team)

Base sul Pordoi

In questo momento chi passasse sul Pordoi potrebbe riconoscere la sua pedalata su qualche salita. Ma fra qualche giorno anche lui scenderà dal passo e si sposterà in Puglia per i campionati italiani e poi volerà in Danimarca per l’inizio della contesa.

«Ho beccato una settimana stupenda – racconta dai 2.239 metri del passo trentino – con 26 gradi di massima, mentre giù in valle si arriva quasi a 40. Quest’anno ho fatto tantissima altura. Tre settimane sul Teide prima del Delfinato, tutto per il Tour. Aiuterò Lutsenko, ma avrò spazio per provare a vincere qualche tappa. Andrò giù martedì, sperando di non risentire troppo del caldo. Non so come arriverò ad Alberobello. Ricordo che ero andato in altura anche prima dei mondiali U23 di Harrogate, ma non finivo le gare. Credo che Amadori abbia anche pensato di non portarmi più, ma per fortuna lo fece e vinsi. Ho bisogno di tempo per metabolizzare i lavori in quota. Ma questa settimana me la sono presa per recuperare».

Dopo l’incidente all’Amstel, è passato un mese prima del rientro in gara di Battistella al Giro di Ungheria
Dopo l’incidente all’Amstel, è passato un mese prima del rientro in gara di Battistella al Giro di Ungheria

Sangue e sudore

A proposito di programmi saltati, che per l’Astana sono stati il filo conduttore di una prima parte maledetta, le sole corse del calendario che Battistella sia riuscito a rispettare sono state la Volta ao Algarve e l’Amstel. Le altre sono saltate, a causa di malattie, bronchiti e cadute. A causa dell’incidente nella corsa olandese, Samuele ha infatti dovuto rinunciare al resto delle classiche.

«Il Tour me l’hanno proposto a dicembre – racconta – e ho accettato subito. L’anno scorso ho fatto il Giro, il Tour a detta di tutti è più grande e la sola idea di andare mi mette entusiasmo e tensione. Il fatto di aver saltato le classiche mi scoccia ancora molto, perché ci avevo messo sangue e sudore. Per questo conto di arrivare al Tour con una cattiveria da paura. Quando le cose vanno storte, cresce la frustrazione che poi diventa voglia di riprendersi tutto».

Foto ricordo dopo quasi tre settimane sul Teide alla vigilia del Delfinato (foto Astana Qazaqstan Team)
Foto ricordo dopo quasi tre settimane sul Teide alla vigilia del Delfinato (foto Astana Qazaqstan Team)

Ventun giorni filati

C’è la testa che fa la differenza, con la sensazione che il Giro d’Italia dello scorso anno abbia davvero permesso di salire un gradino importante.

«Quasi sicuramente – dice – i 21 giorni di gara consecutivi sono stati qualcosa che non avevo mai fatto e che ripeterò al Tour. La testa conta tanto. Prima era solo fatica e sofferenza, adesso è fatica e buone sensazioni. A questo aggiungo che aver messo mano in modo importante alla nutrizione fa sì che il mio fisico sia cambiato. Lo vedo da come recupero anche dopo le corse. Il Delfinato è stato tosto, alcuni lo hanno paragonato alla prima settimana del Tour e mi ha dato una bella base di ritmo gara. Quassù prima ho recuperato e poi ho cominciato a lavorare, con distanze mai eccessive. Cucinotta preferisce farmi puntare sull’intensità, perché rispecchia quello che succede in gara».

Al rientro dopo l’infortunio, subito terzo al Giro di Ungheria, dietro Dunbar e Rodrigues
Al rientro dopo l’infortunio, subito terzo al Giro di Ungheria, dietro Dunbar e Rodrigues

Parla Cucinotta

Ieri qualche lavoro di forza, oggi la prima distanza fra medio e soglia, avendo fatto abbastanza ritmo gara al Delfinato. Tirato in ballo da Samuele (i due sono insieme nella foto Astana, in apertura), Claudio Cucinotta riallaccia i fili di questa primavera scombinata e spiega in che modo il veneto arriverà al Tour.

«La sua fortuna – sorride il preparatore dell’Astana – è essere flessibile e duttile. Samuele prende la forma abbastanza facilmente, gli basta qualche settimana per arrivare a un livello discreto da cui provare a raggiungere il top di forma. Dopo l’incidente dell’Amstel abbiamo ricostruito la base aerobica ed è andato al Giro di Ungheria, che ha chiuso al terzo posto. Poi due settimane abbondanti di altura sul Teide e via al Delfinato. Ora altri 10 giorni in montagna per recuperare, lasciando che l’altura faccia il suo corso, quindi il campionato italiano per fare bene e poi il Tour. I corridori che seguiamo impiegano fra 7 e 15 giorni per andare a regime dopo l’altura, per questo fare un altro periodo dopo il Delfinato servirà a ridurre il tempo di latenza, favorendo l’adattamento. All’italiano magari non sarà al massimo, ma avrà un buon livello».

Nella seconda tappa dell’Algarve, Battistella ottiene il secondo posto dietro Gaudu in rimonta
Nella seconda tappa dell’Algarve, Battistella ottiene il secondo posto dietro Gaudu in rimonta

Potenza e recupero

Quel che interessa è il discorso del cambiamento atletico di un ragazzo che ha corso il Giro a 22 anni e si accinge al Tour a 23.

«Lo step di miglioramento – spiega Cucinotta – si nota nel lungo periodo e nella potenza sulle salite lunghe. Non è uno scalatore puro, ma le passa molto meglio. In più, rispetto allo scorso anno, recupera e sopporta meglio carichi di lavoro superiori. Il Tour sarà il modo per fare esperienza in un contesto di livello altissimo, che più alto non c’è. Il Giro a 22 anni non fa più notizia, perché c’è chi alla stessa età è capace di vincerlo. Ma ognuno ha i suoi tempi e Battistella sta facendo un percorso per raggiungere il suo massimo nei prossimi 3-4 anni».

L’Astana, Manzoni e un’utile lezione di vita

08.06.2022
4 min
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«Essere l’unica squadra WorldTour in corsa – ammette Boaro in maglia Astana – è un vantaggio e uno svantaggio. Tutti aspettano noi o vogliono farci lavorare. A me sta bene. In queste gare trovi un ritmo differente. E dato che sto riprendendo in vista del Giro di Svizzera, va più che bene. Se ci fossero altre WorldTour sarebbe diverso e magari non ci sarebbe spazio per queste continental».

Boaro in corsa dopo classiche e ritiro di preparazione, in vista di Svizzera e Tour (è riserva)
Boaro in corsa dopo classiche e ritiro di preparazione, in vista di Svizzera e Tour (è riserva)

L’unica WorldTour

La Adriatica Ionica Race volge al termine e nella tappa di ieri l’Astana ha lanciato Antonio Nibali all’attacco e ha tentato con Pronskiy di infilarsi nella lotta per la classifica tra Zana e Tesfatsion.

Essere l’unica WorldTour in gara non è semplice. Anche se la squadra kazaka è venuta al via con un gruppo di giovani in cerca d’autore, è chiaro che abbia avuto più da perdere che da guadagnare nel confronto con tante squadre più piccole. Eppure la sua presenza parla di rispetto per l’organizzatore e testimonia la voglia di far correre i giovani a un livello che più gli si addice.

Nella tappa di ieri, Antonio Nibali in fuga e Pronskiy a provare nella generale
Nella tappa di ieri, Antonio Nibali in fuga e Pronskiy a provare nella generale

Obiettivo vittoria

Sull’ammiraglia celeste viaggiano Manzoni e Maini e proprio qualche giorno fa, parlando col primo, era saltato fuori il discorso del rispetto delle corse, qualunque sia il loro livello.

«Penso sia un atteggiamento – ripete – che tutte le squadre dovrebbero avere. Magari i corridori non vivono tutte le corse con la stessa grinta, però il messaggio deve venire sempre dall’alto e quindi il direttore sportivo o comunque la squadra deve spingerli a onorare ogni corsa. Non è sempre facile, perché la stagione è intrisa di appuntamenti, però la gara dovrebbe essere sempre un punto di arrivo e un obiettivo da portare a casa».

Manzoni, diesse bergamasco classe 1969, è stato pro’ dal 1991 al 2004 (foto Astana Qazaqstan Team)
Manzoni, diesse bergamasco classe 1969, è stato pro’ dal 1991 al 2004 (foto Astana Qazaqstan Team)

Tutto da perdere

Corse, ritiri e un’agenda che ormai non concede più tregua. L’attività di un team è strutturata in modo così maniacale, che anche l’ipotesi di aggiungere un corridore in corso di stagione, come era stato ventilato parlando degli atleti Gazprom, costringerebbe la squadra ad aggiungere gare nel calendario per aver modo di far correre tutti i propri atleti. Garantendo a ciascuno un calendario decoroso e vedendo però aumentare i costi di gestione.

«Potevamo rimanere a casa da questa corsa – prosegue Manzoni – però se abbiamo accettato l’invito è stato perché pensavamo di portare a casa il risultato. Poi è chiaro che servano corridori e fortuna. Alla fine dipende da come la guardi. Hai più da perdere, perché se non vinci, non hai vinto. E se hai vinto, ti dicono che però eri l’unica squadra WorldTour. In ogni caso dobbiamo avere sempre un atteggiamento e un pensiero positivo, guardare il nostro e cercare di migliorare la performance, concentrandoci sui singoli. Uno come Gazzoli è un ragazzo che ha prospettive, ma deve maturare, deve migliorare e deve dimagrire. Però potrà darci soddisfazioni».

Per l’Astana, unica squadra WorldTour alla Adriatica Ionica Race, tanti occhi puntati
Per l’Astana, unica squadra WorldTour alla Adriatica Ionica Race, tanti occhi puntati

Senza rimpianti

Spesso si diceva nei giorni scorsi la differenza la fanno le motivazioni. E se alcuni corridori vivono la partecipazione a certe corse come una sfortuna, come quando il giornalista riceve un servizio minore e va a farlo con sufficienza, allora qualcosa si inceppa nel loro processo di crescita.

«Vieni qua e fai fatica perché quelli usciti dal Giro d’Italia hanno un’altra marcia», dice Manzoni, che di colpo lo scorso anno si ritrovò senza squadra e fu costretto a rimboccarsi le maniche. «Poi però – prosegue – vedi che i ragazzi della Gazprom riescono a vincere e bisogna fare un plauso a tutti loro. Perché si sono ritrovati senza squadra dall’oggi al domani e magari non prendono lo stipendio, però dall’altro punto di vista hanno trovato delle motivazioni super per dimostrare che meritano il loro posto in gruppo. Quando ti trovi in questa situazione, magari hai un atteggiamento mentale che non avresti in una situazione più tranquilla. Riesci a tirare fuori il meglio di te.

«Io non credo che un ragazzo che corre in bici possa essere svogliato, però è bene che i ragazzi sappiano che siamo dei privilegiati. Abbiamo la possibilità di dimostrare il nostro valore e questo nel mondo e nel lavoro è una cosa importante, da non sottovalutare. Glielo dico sempre che un giorno dovranno smettere e sarà bene che non abbiano rimpianti».

«Nibali fenomeno. Lopez deve diventare leader». E se lo dice Martino…

31.05.2022
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Il Giro d’Italia è alle spalle. Ma non è del tutto chiuso per quel che riguarda analisi, ricordi, polemiche (leggasi Cipollini), bilanci. Con Giuseppe Martinelli, diesse dell’Astana Qazaqstan riavvolgiamo il nastro su Nibali e su Lopez.

Come è andata con l’uno e come è andata con l’altro. Se con Vincenzo alla fine c’è da gioire, non è proprio la stessa cosa con Miguel Angel.

Giuseppe Martinelli (classe 1955) da oltre 10 anni fa parte dello staff dell’Astana
Giuseppe Martinelli (classe 1955) da oltre 10 anni fa parte dello staff dell’Astana
“Martino”, partiamo proprio da Nibali. Cassani ci ha detto: il bravo diesse è colui che riesce a mettere in condizione il suo atleta di fare il meglio possibile. Per me il quarto posto di Nibali di quest’anno vale più di altri podi o di una vittoria di tappa ottenuta stando fuori classifica”. Cosa ne pensi?

Siamo venuti con un’altra idea con Vincenzo. Non posso negare che il quarto posto è bellissimo, però lo abbiamo raccolto perché lui è veramente un fenomeno. Non ha mai mollato ed è riuscito a tirare fuori delle prestazioni incredibili che gli hanno consentito di stare con i migliori. Tuttavia la mia idea era quella di fare un Giro alla Ciccone. Andare fuori classifica, cercare di movimentare le tappe, di raccogliere più risultati possibili. E invece ho dovuto fare ancora quello che che mi viene più facile: stare lì a lottare tutti giorni, a tenere la squadra cucita e compagnia bella… Stavolta ho fatto veramente fatica perché, ripeto, non era nel mio intento. Volevo divertirmi. E lo avevo detto a tutti che avrei voluto correre diversamente. Ma un quarto posto, è chiaro, non si butta assolutamente.

E questo modo di correre è derivato anche dal fatto che non avevate più l’uomo di classifica?

Sicuramente. E’ nato tutto da lì. Quando tu al terzo giorno perdi il tuo leader, cerchi di voltare pagina ma non è così facile. Restano tante pagine bianche che devi completare con qualcosa. 

Cioè?

Non siamo una squadra, non come la Quick Step – Alpha Vinyl che ha tanti uomini di prima fascia e con diverse caratteristiche e può vincere tutti giorni o quantomeno lottare, tutti i giorni. Alla fine, se noi lasciavamo perdere il piazzamento di Vincenzo potevamo, forse, raccogliere qualcosa. Ma anche nulla. 

E se invece ci fosse stato Lopez?

Avremmo tenuto un uomo in classifica, Lopez appunto, con la squadra intorno. E Nibali battitore libero. E diventava tutto più semplice.

Martino, hai toccato il tasto Lopez. Quest’inverno anche in modo deciso ci avevi detto: Lopez dovrà dimostrare se è carne o pesce. Come siamo messi?

Lopez è un buon corridore, nessuno pensa il contrario, però deve diventare grande. Ad un certo punto, a 28-29 anni, devi capire che devi fare i sacrifici. Che tutto è più difficile. Che per conquistare i grandi traguardi e lottare con i migliori serve la massima concentrazione. Devi capire ogni anno che la concorrenza aumenta: arrivano dei giovani, di cui una volta facevi parte anche tu, e invece adesso sono gli altri, ma tu ci devi essere. Non puoi pensare di svegliarti una volta ogni tanto e vincere una tappa al Tour of the Alps. 

Ti aspetti di più…

Mi è dispiaciuto da una parte che si sia ritirato al Giro, ma spero che questa batosta sia la volta buona perché cambi modo di fare e di essere. Noi lo abbiamo abbastanza corteggiato per portarlo qua. Ma in questo momento siamo anche abbastanza arrabbiati.

Perché?

Perché visto come è andato il Giro il risultato si poteva veramente ottenere. Ci sono stati corridori buoni, sicuramente, però tra chi ha vinto e chi ha fatto terzo poteva esserci anche lui. Tanto più che il Giro si è deciso in salita e non a cronometro come sembrava durante la corsa con quei tre che erano sullo stesso piano fino alla Marmolada.

Quindi la porta aperta perché diventi grande con voi, gliela lasciate?

La possibilità c’è ancora e ci crediamo. Adesso sta recuperando. In questi giorni ha ripreso ad allenarsi. Ha passato le settimana del Giro a riposo assoluto per recuperare al meglio. Lo aspetta la possibilità del Tour. E se non sarà al Tour sarà alla Vuelta di sicuro.

Ti saresti aspettato maggior tenacia da parte sua prima di ritirarsi? O effettivamente era impossibile andare avanti nelle sue condizioni?

Io sono sempre arrabbiato quando un mio corridore si ferma, però effettivamente Lopez non poteva andare avanti. Aveva una contrattura che peggiorava tutti i giorni. Abbiamo provato a far di tutto… Addirittura nel giorno di riposo si è accentuata. Probabilmente perché sin che era lì a spingere e il muscolo era sempre “caldo” era meglio. Il giorno di riposo lo ha pagato a caro prezzo.

Nibali e Lopez avevano già corso insieme nell’Astana nel 2016
Nibali e Lopez avevano già corso insieme nell’Astana nel 2016
Hai detto che deve crescere: in cosa?

Nella qualità del suo lavoro – ci pensa un po’ stavolta prima di rispondere Martinelli – deve mettersi in testa che qui l’abbiamo fatto crescere, ma adesso le cose sono cambiate. Adesso è tornato da leader, non più il bravo ragazzo promettente. Quando era qui la prima volta aveva Vincenzo che era già un campione affermato. C’erano Luis Leon Sanchez, Jakob Fuglsang… tanti altri corridori presso cui “ripararsi”. Adesso è un leader.

E qual è il ruolo del leader?

Un leader deve essere consapevole che dietro ha una squadra che investe su di lui. E investe non solo delle risorse umane, ma anche dei soldi.

Quindi ti aspetti un Lopez più presente nel quotidiano? Vita da atleta, concentrazione negli allenamenti…

Le sue responsabilità devono essere al pari di quelle della squadra. Quando  tu lo prendi e lo paghi come un campione. Lui forse non ci è arrivato a questo punto. Io spero, come ripeto, che questa ricaduta gli dia qualcosa ancora. 

Magari non tiene la pressione del leader…

Ma no, quella mi sembra la tenga bene. Io non credo sia una questione di pressione, quanto piuttosto di capire che deve diventare grande.

Nalini e Limar (complice ACSI): che sinergia alla Squali!

26.05.2022
4 min
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In occasione della recente, settima edizione della Gran Fondo Squali Trek, andata in scena domenica 15 maggio lungo le strade attorno a Cattolica e a Gabicce Mare, il brand italiano produttore di caschi per il ciclismo Limar ha presentato ben quattro linee specifiche di caschi. Tutte abbinate ad un rispettivo abbigliamento tecnico, ispirate ai colori e ai gusti degli anni ’60,’70,’80 e ’90. I capi di abbigliamento delle quattro collezioni “limited edition” sono stati firmati da Nalini, e lo stesso evento Gran Fondo ha rappresentato il palcoscenico ideale per annunciare – sotto l’attenta regia di ACSI Ciclismo – la bella partnership fra questi due marchi, entrambi poi presenti al villaggio expo denominato “Shark Arena”.

La regola? Fare squadra…

«Il ciclismo – ha dichiarato Paola Forzina, la responsabile commerciale Italia per Nalini – è uno sport sì individuale, ma credo che le emozioni più belle sia in grado di regalarle quando si fa squadra. E proprio come nello sport, e nel ciclismo in modo particolare, anche nel lavoro occorre fare squadra e creare sinergie… E proprio con questo spirito è nata la bella collaborazione tra noi, ACSI Ciclismo e Limar. Una partnership per condividere non solo comuni obiettivi professionali, ma anche la passione per il proprio lavoro, per questo straordinario sport e per vedere che i risultati che possiamo ottenere facendo squadra sono più appaganti e più incisivi… proprio come avviene sulle due ruote».

Vincenzo Nibali, insieme al team Astana, indossa caschi Limar
Vincenzo Nibali, insieme al team Astana, indossa caschi Limar

«Siamo molto contenti di essere, per il biennio 2022/2023, sponsor tecnico di ACSI Ciclismo e di entrare a far parte di questa fantastica comunità di appassionati – ha commentato Tiziana Santoni, Product and Marketing Manager di Limar – e a tal proposito desidero ringraziare sia la stessa ACSI Ciclismo di Emiliano Borgna quanto la Nalini, che ci hanno accolto come ospiti a questa Gran Fondo offrendoci la possibilità di presentare la nostra nuova collezione Break-ing the Usual. Approfittando di una lunga storia di amicizia, conoscendo la qualità dei loro prodotti ed essendo entrambi sponsor tecnici ACSI Ciclismo, abbiamo chiesto a Nalini di supportarci per la realizzazione delle maglie coordinate ai caschi della nuova collezione: ed il risultato ottenuto è stato davvero speciale».

La regia è di ACSI Ciclismo

Emiliano Borgna, vicepresidente ACSI nazionale e coordinatore di ACSI Ciclismo, è stato personalmente l’artefice di questo fruttuoso incontro tra le due eccellenze produttive italiane Limar e Nalini, entrambe storiche partner di team WorldTour.

«Siamo molto soddisfatti – ha dichiarato Borgna – del risultato ottenuto da questa iniziativa. Mettere insieme e far collaborare due realtà così importanti come Limar e Nalini, in un contesto come quello di Cattolica e Gabicce Mare alla Gran Fondo Squali Trek, è motivo di grande soddisfazione ed orgoglio. Certamente un’operazione da ripetere».

Giovanni Caporali con in mano il casco Limar dedicato agli anni ’90
Giovanni Caporali con in mano il casco Limar dedicato agli anni ’90

La nuova collezione “Break-ing the Usual” di Limar ha poi contato sulla partecipazione diretta di alcuni degli “ambassador” del brand che si sono prestati al via, la domenica in griglia, indossando i nuovi caschi in abbinamento alle maglie fornite da Nalini… così come fatto da Vincenzo Nibali al Giro d’Italia, considerando che il team Astana è proprio fornito dalla stessa azienda lombarda.

Limar

Nalini

ACSI

Dalla galleria a Budapest, Nibali porta al Giro la Turbine SLR

07.05.2022
4 min
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Le foto di Nibali in galleria del vento lasciavano già intravedere qualcosa, ma era troppo presto per parlarne. Era la metà di gennaio. Oggi, a distanza di cinque mesi, Wilier Triestina ha portato in gara al Giro d’Italia la Turbine SLR, evoluzione della Turbine su cui nelle ultime stagioni hanno corso i corridori dell’Astana. La stessa con cui ad esempio Matteo Sobrero lo scorso anno ha conquistato il tricolore di specialità.

Cura dimagrante

Il confronto con il modello 2021 fa notare immediatamente che ad essere cambiata è soprattutto la parte posteriore della bici. Il nuovo disegno del piantone, che prima seguiva una sorta di sagomatura per integrare la ruota posteriore, è ora molto più snello, copiando la soluzione già adottata ad esempio su Filante.

Il reparto Innovation Lab di Wilier Triestina, viene indicato dalla casa veneta, ha realizzato alcune importanti modifiche per migliorare le prestazioni, arrivando a una nuova versione che su percorsi con dislivello e continui cambi di direzione è nettamente più veloce. 

Chiaramente questo sfinamento del piantone e aver reso il carro molto più snello porta a una forte riduzione del peso complessivo del telaio di ben 300 grammi. Minor peso che significa una superiore facilità di rilancio: uno degli obiettivi nel mirino di Wilier e Astana Qazaqstan Team, dopo aver notato che probabilmente la vecchia Turbine soffriva un po’ troppo nei percorsi più nervosi.

Dai test in galleria del vento di Nibali si erano riconosciute le linee della nuova bici
Dai test in galleria del vento di Nibali si erano riconosciute le linee della nuova bici

Più guidabile

Sostanzialmente immutato è invece l’avantreno, con il generoso rinforzo previsto nella zona del tubo di sterzo. Questa solidità, unita all’utilizzo del perno passante, fa sì che la bici sia reattiva e molto guidabile.

A livello di design e soluzioni tecniche, il nuovo telaio è stato ottimizzato per l’utilizzo di gruppi di ultima generazione, come il nuovo Shimano Dura Ace 12V: il tubo obliquo, ad esempio, non presenta più alcun foro per il passaggio dei cavi della centralina.

A Budapest i corridori del team kazako hanno corso con guarnitura 44-58 e pignoni 11-30. Ruote Corima Chrono Three Spokes all’anteriore e Corima Disc C+ al posteriore con gomme Vittoria da 25.

Nuovo cockpit

Fra gli elementi di novità, spicca il comparto del manubrio: questo proprio fu reso evidente da quei test di Nibali in galleria del vento. Le nuove protesi su misura disegnate da Wilier Triestina e poi ottimizzate in galleria del vento e in velodromo, segnano un bel passo avanti per gli atleti dell’Astana. Se fino allo scorso anno le protesi da crono sulla loro Turbine erano piuttosto elementari rispetto alla dotazione dei rivali, ora gli atleti del team kazako non hanno nulla da invidiare agli specialisti di altri colori.

Il percorso di Budapest non era dei più filanti e… gratificanti per le bici veloci, ma ha mostrato – assieme a un Nibali in grande spolvero – che proprio quelle doti di guidabilità e la nuova leggerezza hanno sortito l’effetto sperato. «Veloce come il vento», ha scritto il siciliano su Twitter. Per avere la controprova decisiva, dovremo ora aspettare la crono di Verona.

Wilier Triestina