La prima gara: aspettative, incognite e informazioni preziose

09.01.2025
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Con il nuovo anno arriva anche il debutto agonistico del ciclismo professionistico, che tradizionalmente avviene dall’altra parte del mondo, in Australia o in Sud America, dove è piena estate e le temperature sono ben lontane da quelle invernali dell’Europa. Una sfida non solo per il chilometraggio, ma anche per il corpo, che deve adattarsi rapidamente quindi non solo al ritmo e alle fatiche della prima gara, ma anche al clima caldo. La prima gara rappresenta un mix di aspettative, curiosità e incognite. Alcuni corridori arrivano ben rodati, altri ancora devono trovare il ritmo.

Il dottor Andrea Giorgi, medico e preparatore della VF Group-Bardiani CSF-Faizanè, ci ha fornito una prospettiva sul significato della prima competizione stagionale e sugli aspetti che gli atleti e il team monitorano per ottimizzare le performance: che informazioni emergono? Va detto che la sua squadra non sarà presente al Tour Down Under (dal 21 gennaio per gli uomini, dal 17 per donne. In apertura un’immagine del 2024, ndr), ma Giorgi resta un valido interlocutore per questo argomento, tanto più che oltre ad essere dottore è anche preparatore.

Andrea Giorgi è medico e preparatore in forza alla VF Group-Bardiani
Andrea Giorgi è medico e preparatore in forza alla VF Group-Bardiani
Dottor Giorgi, inizia la stagione, come sempre dall’Australia, dove fa caldo. Come finisce il corridore la prima gara dell’anno?

I corridori devono adattarsi al nuovo clima e per farlo si adottano strategie di allenamento, nutrizione e abitudini di vita che favoriscano l’attività al caldo. Anche se poi oggi in tanti di loro partono almeno una decina di giorni prima per adattarsi. Oltre a queste strategie, c’è l’incognita della prima gara, con chi è più esperto e chi è al debutto.

Cioè?

Gli aspetti psicologici e fisici si intrecciano, così come le strategie nuove che possono emergere da un inverno di sperimentazione. Si arriva alla prima competizione con un misto di curiosità e attesa, sia da parte dell’atleta che dello staff.

Quali dati si raccolgono per valutare la risposta del corridore: numeri? Sensazioni? Risultati?

Mettiamo sempre l’atleta al centro. Il primo dato è come si è sentito il corridore: la percezione personale è fondamentale. Poi analizziamo i dati oggettivi, come la frequenza cardiaca e il carico interno, che ci dicono come il corpo ha risposto alla gara. Usiamo anche parametri come l’HRV (Heart Rate Variability) e la bioimpedenza per valutare l’idoneità e il recupero. Dal lato esterno, invece, ci sono i dati del misuratore di potenza che ci danno un quadro sul lavoro svolto in gara. Ogni informazione viene poi integrata per avere una visione completa delle condizioni dell’atleta.

Qualche giorno prima dell’Australia, il 12 gennaio si inizia in Venezuela (Vuelta al Tachira), quest’anno senza team europei
Qualche giorno prima dell’Australia, il 12 gennaio si inizia in Venezuela (Vuelta al Tachira), quest’anno senza team europei
Ci sono differenze tra la fine della prima gara e quelle successive, dal tuo punto di vista?

Non vedo grandi differenze. Le sensazioni di un atleta sono spesso simili: si è stati bene o male? Questo emerge indipendentemente dalla gara. Tuttavia, ciò che cambia è il livello di preparazione generale del gruppo. Nelle prime competizioni è normale trovare atleti in diverse fasi di forma, con chi punta a essere subito competitivo e chi usa queste gare per costruire la condizione.

Chiaro, magari il ritmo non è super. O più corridori possono staccarsi…

La strategia della squadra e l’obiettivo individuale incidono molto sulle sensazioni finali. Come si deve muovere un certo corridore? Che compito ha?

Cosa è cambiato oggi rispetto al passato nella preparazione alla prima gara? Per esempio, magari una volta si aveva più fame in gara perché non si era più abituati a spendere tanto. E’ ancora così?

Oggi i ciclisti sono già pronti fin dalle prime corse. Il concetto di “train the gut” (allenare l’intestino, ndr), ad esempio, è diventato fondamentale. Durante gli allenamenti si sperimentano carichi alimentari simili a quelli di gara, quindi i 120 e più grammi di carboidrati l’ora, riducendo il rischio di fame o problemi gastrointestinali. Non esiste più lo stacco netto di una volta, con atleti che arrivavano con molti chili in più. Questo è evidente soprattutto nei giovani professionisti, che entrano subito in un sistema ben strutturato.

Oltre ai dati e alle sensazioni, vengono annotati anche dati sull’idratazione e il reintegro dei liquidi
Oltre ai dati e alle sensazioni, vengono annotati anche dati sull’idratazione e il reintegro dei liquidi
E invece, dottor Giorgi, a livello emozionale, cosa rappresenta la prima gara?

La prima gara è sempre speciale. Per me è un vero test, dove posso verificare se le aspettative sui miei atleti sono state rispettate. Okay test e allenamenti, ma la gara è il banco di prova finale: ciò che succede in corsa può confermare o ribaltare le previsioni. Mi piace capire come gli atleti hanno vissuto questa esperienza, non solo fisicamente ma anche mentalmente, perché è qui che si inizia a costruire il resto della stagione. Ed è per questo che mi piace ascoltarli.

Gli atleti tendono a finire meglio o peggio la prima gara rispetto al passato?

Dipende dal singolo atleta. Non c’è una regola universale: alcuni faticano a smaltire i carichi di allenamento del ritiro, altri invece vanno forte da subito. Oggi le differenze sono meno marcate rispetto al passato, grazie alla preparazione sempre più mirata. La soggettività resta comunque un fattore determinante, e per questo è importante un monitoraggio attento e personalizzato.

Chiaro…

Poi, un po’ come dicevo prima, dipende anche dal ruolo che avevano in gara, se dovevano puntare subito e quindi erano super pronti, o se invece dovevano rifinire la gamba. Dipende dall’andamento tattico, dal livello generale del gruppo…

La preparazione invernale passa anche dal power meter

09.11.2024
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La preparazione invernale si fa anche grazie al power meter. Il motore dell’atleta viene mantenuto sempre caldo, magari a regimi ridotti, ma comunque attivo. L’utilizzo del misuratore di potenza offre dei vantaggi anche in questo momento della stagione, quando sarà terminata la fase di off-season e si ricomincerà a lavorare, sia pure a ritmi blandi.

Perché usarlo anche nei periodi lontani dalle gare? Quali sono i vantaggi legati all’impiego del power meter durante la preparazione invernale? Perché è utile il proprio misuratore (quello usato anche su strada/gravel) durante gli allenamenti indoor? E’ possibile passare da una disciplina ad un’altra usando gli stessi riferimenti?

Che l’obiettivo sia la qualità o il semplice divertimento, il power meter è uno strumento moderno
Che l’obiettivo sia la qualità o il semplice divertimento, il power meter è uno strumento moderno

Qualità e prestazione

Il power meter è uno strumento per misurare il carico esterno. Semplifica l’allenamento specifico e lo rende qualitativamente migliore, tanto su strada, nel gravel e nella mtb. Usare un misuratore di potenza ci fa capire come sfruttare al meglio i nostri watt, la nostra potenza e come avviene l’erogazione dell’energia, ancor di più in una fase della stagione dove si può essere lontani dall’agonismo e da picchi di forma.

Per entrare al meglio possibile nel tema abbiamo chiesto un approfondimento al dottor Andrea Giorgi, medico del VF Group-Bardiani, profondo conoscitore dei protocolli più moderni di allenamento, che assiste nella preparazione atletica diversi atleti di alto livello.

Il dottor Andrea Giorgi dal 2023 è parte dello staff del team dei Reverberi
Il dottor Andrea Giorgi dal 2023 è parte dello staff del team dei Reverberi

Fra strada e off-road

«Due attività con molte differenze – inizia Giorgi – soprattutto se consideriamo gli allenamenti specifici. Ogni disciplina ha delle caratteristiche ben precise che, stimolate, permettono di migliorare le prestazioni. Su strada c’è una grande componente legata all’endurance, invece nella mtb, nel gravel e nel ciclocross le componenti maggiori saranno i cambi di ritmo ad elevate intensità e l’irregolarità dell’ambiente. A prescindere, risulta fondamentale costruire una base solida di resistenza sulla quale lavorare, anche in quelle discipline che in qualche modo si discostano dall’endurance. Il corretto utilizzo del misuratore ci permette di rispettare le zone di lavoro.

«Il power meter è utile anche per costruite le fondamenta – continua Giorgi – a patto che sia uno strumento di qualità e che permetta di avere dati ripetibili. Lavoro con Favero Assioma da diverso tempo, gli atleti del team lo utilizzano. Un misuratore, meglio se permette di leggere i dati su entrambi i lati, soprattutto in ambito off-road, permette di avere valori immediati, rispetto alla frequenza cardiaca che ha sempre un ritardo fisiologico. Il power meter è lo strumento migliore quando si fanno le ripetute, le famose 30/30, 20/40 e 40/20, ancor di più per chi pratica gravel, mtb e cx, perché le oscillazioni dovute all’ambiente circostante influiscono non poco. Più il dato è accurato e meglio è. Più il power meter è immune alle sollecitazioni e più i dati saranno completi e semplici da tradurre (nel caso specifico, Assioma Pro MX è dotato di IAV Power System che analizzano e non subisce le pedalate irregolari, ndr)».

Sistema di misurazione IAV?

Acronimo di Istantaneous Angular Velocity, velocità angolare instantanea. E’ alla base del sistema di misurazione Assioma. Consiste nella rilevazione della variazione, anche minima, della pedalata. Il gesto che viene espresso gode di variabili soggettive (legate all’atleta e come pedala), ma anche all’ambiente circostante (su strada e a maggior ragione nell’ambiente sterrato) e diventa fondamentale integrare tutte le variabili possibili nel calcolo della potenza. Il wattaggio che vediamo sullo schermo, il suo calcolo, è il risultato della forza moltiplicata per la velocità angolare, due grandezze che quando si pedala variano in continuazione.

Assioma Pro MX utilizza il valore istantaneo della velocità angolare (non la media), aspetto tecnico che contribuisce ad azzerare gli errori, quando si tende a pedalare a stantuffo e/o in modo irregolare (ad esempio anche quando si è in fuorisella), quando si è stanchi, quando si pedala indoor e in caso di utilizzo delle corone ovali.

Perché Assioma Pro MX

Assioma Pro MX è un vero e proprio strumento di lavoro (adatto a tutti, perché è un pedale SPD a tutti gli effetti che integra un misuratore di potenza estremamente preciso). E’ sviluppato e prodotto per essere tanto affidabile, quanto robusto ed in grado di fornire una ripetibilità dei dati come pochi altri, soprattutto se consideriamo l’ambiente off-road con tutte le sue complicanze.

E’ pensato per durare nel tempo, grazie ad un corpo del pedale super robusto (la zona di aggancio della tacchetta è il lega di cromo-molibdeno con una durezza di 800HV, la maggiore in ambito pedali SPD), sostanzioso e compatibile, dove non è presente nessun componente elettronico. Infatti, tutto quello che riguarda la rilevazione dei dati è nascosto nel perno, ben protetta. E’ il power meter più leggero sul mercato.

Ai fini di un buon risultato il power meter è fondamentale anche nel gravel
Ai fini di un buon risultato il power meter è fondamentale anche nel gravel

I watt anche d’inverno?

«L’allenamento non è una scienza perfetta – dice Giorgi – è in costante evoluzione, così come gli strumenti creati per allenarsi. Un esempio: studi recenti hanno dimostrato che nei momenti considerati di off-season, delle ripetute di Vo2Max fatte secondo un protocollo specifico e due volte a settimana, aiutano l’atleta a mantenere un alto grado di efficienza e agevolano nel momento della ripresa vera e propria. L’atleta sarà meno affaticato e il suo fisico sarà meno stressato in vista della nuova stagione.

«Qualche stagione fa era impensabile un approccio del genere. Il power meter è indispensabile, va considerato il fulcro del training moderno. Grazie al power meter – conclude Giorgi – si entra sempre più nel dettaglio della pedalata, quanta forza viene impressa dall’atleta ed in che modo pedala. Si cerca di analizzare il gesto e migliorarlo dove è possibile per renderlo ancora più efficiente. Ci sono delle funzioni particolarmente utili a noi preparatori e non solo: la power phase, l’efficienza di coppia, l’uniformità della pedalata, funzioni ancor più utili se usate nel modo corretto durante le fasi lontano dalle competizioni».

Gesto corretto, performance migliore

In passato, quando non esistevano i power meter o presentavano dei limiti (legati anche ai device), la qualità del gesto era stimata o presunta. Si andava per sensazioni soggettive ed esperienza: non che fosse errato farlo, ma c’era ben poco di scientifico. Ora è possibile analizzare la pedalata, quantificarla e migliorarla grazie ad una serie di funzionalità alle quali si ha accesso tramite il power meter.

La funzione di bilanciamento tra arto destro e sinistro è visibile con Assioma Pro MX-2, ovvero il power meter con la rilevazione su entrambi i pedali. La Power Phase, citata dal Dottor Giorgi, cioè quanta forza forza viene espressa durante ogni singola rivoluzione e come, magari abbinandola a PCO (platform center off-set) ci fa capire le zone di spinta del pedale (funzione molto utile anche per posizionare le tacchette nel modo più corretto ed in base alle soggettività di spinta). Più la pedalata sarà uniforme, migliore sarà la qualità della prestazione, con una efficienza maggiorata e una stanchezza che arriverà più in la nel tempo.

Quali parametri considerare

«Nell’ottica della qualità e del miglioramento – spiega Giorgi – nulla deve essere escluso. Ritengo l’efficienza della pedalata, il valore di Vo2Max e la capacità di sostenerlo nel tempo, i tre parametri da mettere ai primi tre posti. Si guarda sempre più alla prestazione vera e propria. Si dà il giusto peso alla fisiologia. Per concludere è d’obbligo citare anche il ruolo che ricoprono oggi gli smart trainer, nell’ottica di una preparazione invernale di qualità.

«E’ consigliabile – conclude Giorgi – usare il medesimo strumento che verrà utilizzato anche all’esterno. Quando ci si allena al chiuso cambia leggermente la biomeccanica e la dinamica della pedalata ed il corridore non è influenzato da elementi esterni. Avere una sorta di punto fisso sul quale fare lavori di qualità, di alta intensità e intervallati, porta vantaggi non secondari».

La app Favero è di facile accesso
La app Favero è di facile accesso

In conclusione

Il power meter è cambiato molto nel corso dell’ultimo decennio. Da strumento esclusivo e con dei limiti evidenti, il misuratore è diventato un accessorio alla portata di molti, versatile, facile da usare ed interpretare, adatto all’impiego in diverse discipline (Assioma Pro MX è specifico per l’off-road, quindi gravel, ciclocross ed mtb xco, xcm).

Prima di tutto però, è lo strumento che permette di fare diversi passi in avanti quando si tratta di dare più qualità, specificità al training, nell’ottica del miglioramento e dell’analisi.

Favero Electronics

Fat max: un concetto sempre più diffuso nel ciclismo e non solo

01.11.2024
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Sempre più spesso sentiamo parlare di “Fat Max” nel campo della preparazione atletica, non solo nel ciclismo ma anche in altri sport di endurance, come ad esempio la maratona. Ma cos’è esattamente la Fat Max? A cosa serve? Di base, si può definire come quell’intensità di esercizio alla quale il corpo raggiunge il massimo tasso di ossidazione dei grassi, cioè il punto in cui si brucia la maggior quantità di grassi come fonte di energia.

Per capire meglio, ne abbiamo parlato con il dottor Andrea Giorgi della VF Group-Bardiani CSF-Faizanè. Giorgi è la persona più indicata per affrontare questo tema sia perché è medico sia perché è anche un preparatore atletico (in apertura foto @GabrieleReverberi).

Il dottor Andrea Giorgi
Il dottor Andrea Giorgi
Dottor Giorgi, può spiegarci cos’è esattamente la Fat Max?

La fat max è un concetto legato agli sport di endurance, dove l’energia proviene principalmente dall’ossidazione dei grassi e degli zuccheri, i nostri “carburanti” per sostenere lo sforzo. I grassi rappresentano una riserva energetica molto ampia nel corpo. Questa riserva è distribuita nel tessuto adiposo sottocutaneo, nei muscoli e nel sangue, particolarmente utile per le attività a bassa intensità e di lunga durata.

E quindi, per i ciclisti?

Negli atleti, i grassi ossidati provengono principalmente dai depositi intramuscolari. Questo è un adattamento specifico all’allenamento: in una persona non allenata, il corpo utilizza principalmente i grassi in circolazione, mentre l’atleta riesce a sfruttare meglio quelli intramuscolari. La particolarità della fat max è che rappresenta il punto massimo di ossidazione dei grassi durante l’attività fisica.

La Fat Max si verifica a un’intensità specifica?

Esattamente. La fat max indica l’intensità alla quale si raggiunge la massima ossidazione dei grassi come fonte di energia, generalmente tra il 65 per cento e l’80 per cento del VO2max per gli atleti, con valori variabili a seconda del grado di allenamento. Oltre questo punto, si attiva il cosiddetto “punto di crossover”, dove il corpo inizia a ossidare più carboidrati e meno grassi man mano che l’intensità aumenta. Gli atleti più allenati riescono a mantenere un elevato consumo di grassi anche a intensità maggiori, ottenendo così un vantaggio nelle attività di endurance.

Secondo Giorgi, Pogacar avrebbe un livello di fat max elevatissimo. «Quando lui viaggia con i grassi, gli altri sono già ai carboidrati»
Secondo Giorgi, Pogacar avrebbe un livello di fat max elevatissimo. «Quando lui viaggia con i grassi, gli altri sono già ai carboidrati»
Come si allena la fat max?

Per allenare la fat max bisogna identificare la zona di “crossover” tramite test specifici, come quelli che misurano il consumo di ossigeno e il quoziente respiratorio (QR), ovvero il rapporto tra anidride carbonica prodotta e ossigeno consumato. In genere, quando il QR è intorno a 0,7, la maggior parte dell’energia proviene dall’ossidazione dei grassi.

È chiaro…

La fat max si allena tramite sessioni a bassa intensità da 90′ in su, che migliorano l’efficienza mitocondriale nei muscoli a fibra rossa, grazie alla presenza di mitocondri che ossidano i grassi. Tuttavia, è altrettanto importante eseguire anche allenamenti ad alta intensità per migliorare la qualità muscolare e il numero di mitocondri. Si parla spesso di diete low-carb o chetogeniche per favorire l’ossidazione dei grassi, ebbene queste possono effettivamente aumentare la capacità di ossidazione lipidica, ma riducono la capacità di utilizzare i carboidrati ad alte intensità, rendendo più difficile mantenere l’intensità elevata negli allenamenti. La chiave è trovare un equilibrio tra l’uso dei grassi come carburante a lungo termine e l’efficienza con i carboidrati durante sforzi più intensi.

In pratica, brucio i grassi ma vado più piano…

Esatto. In assenza di fonti di energia immediatamente disponibili, come i carboidrati, si perde in prontezza energetica.

Yeman Crippa è il primatista italiano della maratona. Anche per i podisti di lunghe distanze come lui il lavoro sulla fat max è centrale (foto Grana/Fidal)
Yeman Crippa è il primatista italiano della maratona. Anche per i podisti di lunghe distanze come lui il lavoro sulla fat max è centrale (foto Grana/Fidal)
Ma allora perché si insiste così tanto sulla Fat Max e allo stesso tempo si parla della necessità di introdurre 100-120 grammi di carboidrati all’ora?

Perché, durante la corsa, i carboidrati sono essenziali per ottenere prestazioni ottimali alle alte intensità.

Una curiosità: una grande capacità di Fat Max è importante anche nella maratona?

Sì, per lo stesso motivo dei ciclisti. Va considerato che mediamente i podisti hanno un VO2max leggermente più alto dei ciclisti e quindi una fat max a frequenze cardiache più alte. Tuttavia, il riferimento nella maratona è solitamente il ritmo corrispondente ai 2 millimoli di lattato, un livello che l’organismo riesce a smaltire senza accumulo. Se un atleta riesce ad aumentare questa soglia di fat max, potrà mantenere una “velocità di crociera” più elevata e risparmiare energie per il finale (ricordiamo inoltre che oggi anche nella maratona si utilizzano integratori di carboidrati liquidi, che permettono di sostenere ritmi ancora più elevati: il mix di cui diceva Giorgi ndr).

Come varia il grasso corporeo nei corridori? Ascoltiamo Giorgi

13.07.2024
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Nella stessa cornice di Firenze al via del Tour de France, che ha ospitato Boret Fonda e la sua disamina sulle pedivelle corte, c’è stato spazio anche per Andrea Giorgi. Il medico della VF Group-Bardiani CSF-Faizanè ha avuto modo di tenere anche lui una conferenza. Il tema ha riguardato la distribuzione del grasso corporeo nelle categorie juniores, under 23 e professionisti

«E’ dal 2016 – racconta – che prendo parte ai congressi di inizio Tour e che presento qualcosa. L’idea di quest’anno è nata nell’inverno di questa stagione, quando misuravo il grasso corporeo sottocutaneo. Il metodo che utilizzo da qualche anno è di usare l’ecografia perché risulta un metodo più efficace rispetto alla classica plicometria».

Il metodo dell’ecografia muscolare è più efficace e maggiormente preciso rispetto alla plicometria
Il metodo dell’ecografia muscolare è più efficace e maggiormente preciso rispetto alla plicometria

Misurazioni dirette

«Quella dell’ecografia – dice ancora Giorgi – risulta un metodo migliore perché fai una foto, prendi l’immagine e misuri i centimetri di grasso. La plicometria pinza la pelle e i calcoli per togliere i tessuti non interessati sono tanti. Cambiano anche le condizioni nelle quali si deve fare la plicometria, ovvero il protocollo Isaac. Quindi a riposo e senza attività fisica alle spalle».

«Usare l’ecografia – spiega – è un metodo ormai molto comune, lo utilizza la DSM perché risulta più semplice e si può applicare in ogni condizione. Inoltre ora esistono dei software che leggono l’immagine e danno automaticamente i millimetri di grasso. 

Gli juniores hanno un fisico ancora da formare, per questo la percentuale di grasso è maggiore rispetto a U23 e pro’ (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Gli juniores hanno un fisico ancora da formare, per questo la percentuale di grasso è maggiore rispetto a U23 e pro’ (foto Eroica Juniores/Guido Rubino)
Come mai hai voluto fare questo studio su queste tre categorie?

Mi piaceva capire l’evoluzione dell’atleta nel corso della sua maturazione fisica e sportiva. Le grandi differenze tra le categorie sono legate al monte ore di allenamento. 

Dove hai notato le maggiori differenze?

Nelle gambe, più precisamente nel polpaccio e nella coscia, mentre nelle altre parti è simile. Il peso in sé non varia ma cambia la distribuzione del grasso.

Perché? 

Esiste il fenomeno di azione lipolitica, ovvero il grasso risulta minore nei muscoli maggiormente utilizzati, che nel ciclista sono quelli delle gambe. Le misurazioni hanno riportato che un corridore giovane a parità di peso ha una maggiore percentuale di grasso corporeo. Questo perché il monte ore di un professionista è più alto rispetto a quello di uno juniores o di un under 23. La maggior crescita la si ha nel momento in cui si passa da under 23 a professionista perché le ore di allenamento settimanale diventano intorno le 22 e le 25. 

La grande differenza la si fa nel passaggio da U23 a pro’. In foto De Cassan dal 2024 alla Polti-Kometa
La grande differenza la si fa nel passaggio da U23 a pro’. In foto De Cassan dal 2024 alla Polti-Kometa
Voi in Vf Group Bardiani avete avuto il caso di Pinarello che questo inverno ha perso diversi chili.

Quattro per la precisione. Lui ha fatto un’azione di dimagrimento e un carico di lavoro che gli ha permesso di andare più forte tutto l’anno. Sicuramente si sente più leggero e maggiormente agile. 

Perdere così tanto peso per un atleta già magro può essere un rischio?

Dipende. Si perde del grasso, vero ma si perde anche una parte di muscolo. L’equilibrio è difficile da trovare ma si riesce. Un altro esempio è quello di Pesenti, lui in Beltrami pensava di essere già molto magro, tuttavia abbiamo fatto un’azione dimagrante ed è riuscito a calare ancora di più di peso. E le prestazioni sono migliorate incredibilmente.

Non è solamente una questione di grasso e perdita di peso. 

No, il muscolo, anche se diminuisce di volume, può comunque migliorare nella prestazione. Essere più leggeri consente all’atleta di affaticarsi meno e di reggere carichi di lavoro che prima erano impossibili. Un esempio riguarda Vingegaard e Pogacar. Il primo è uno scalatore puro, molto magro e quindi fortissimo in salita. Pogacar, invece, è più robusto e quindi più prestante in tutti gli altri campi. Anche Evenepoel è dimagrito a vista d’occhio per essere competitivo in questo Tour. Tanto lo fanno gli obiettivi e dove ci si vuole specializzare. 

Ma dimagrire nelle altre aree, quelle non allenate direttamente, come si fa?

Lo si vede dal mio studio. La grande differenza sta nelle ore fatte in bici. Più queste aumentano e più il ciclista perde grasso anche in altre aree del corpo come le braccia. Il salto tra under 23 e professionisti è rilevante, causato anche dal fatto che i ragazzi finiscono la scuola e quindi hanno più ore per allenarsi. 

Molti ragazzi giovani hanno una predisposizione genetica per essere magri e ciò permette di concentrarsi su altri aspetti (foto LaPresse)
Molti ragazzi giovani hanno una predisposizione genetica per essere magri e ciò permette di concentrarsi su altri aspetti (foto LaPresse)
Ora però ci sono juniores già magri e che fanno numeri incredibili, basti vedere il Giro Next Gen.

Quei ragazzi, come Widar o Torres sono predisposti ad essere particolarmente magri. Non devono dimagrire e su loro si agisce già nello specifico, hanno uno step in meno da fare, se vogliamo vederla così. Vai direttamente ad agire sulla qualità degli allenamenti, cosa che non puoi fare su un corridore che deve perdere peso. Questo perché il deficit calorico non permette al corridore di allenarsi ad alte intensità nella maniera corretta. Servirebbe integrare lo sforzo con una nutrizione dedicata ma essendo in deficit calorico ciò non è possibile.

Il nuovo Fiorelli: attaccante, ambizioso e sicuro di sé

26.06.2024
4 min
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La prima parte di stagione per Filippo Fiorelli si è chiusa con il campionato italiano in Toscana e quell’attacco sullo strappo di Monte Morello per ricucire il gap sul gruppo di testa. Ora il siciliano è tornato a casa per riposare e ricaricare le batterie in vista della seconda metà di stagione. Un 2024 che lo ha visto mutare, cambiare obiettivi e diventare un corridore d’attacco. 

«Ora sono a casa – racconta – a Palermo per godermi quattro giorni di stacco totale, magari andrò al mare visto che è praticamente fuori dalla porta. Il tempo fino ad ora non è stato bellissimo, spero migliori prima di giovedì, giorno in cui tornerò ad allenarmi. Riprenderò con bici e palestra come fatto a inizio anno. Le gare sulle quali ho messo il cerchietto rosso saranno a inizio agosto, si parte con l’Arctict Race of Norway. Avevo già corso da quelle parti, nel 2021 quando mi sono ritirato dal Giro d’Italia, ma era un’altra corsa: il Giro di Norvegia».

Fiorelli alle spalle di Aleotti in salita, una testimonianza dei progressi del siciliano
Fiorelli alle spalle di Aleotti in salita, una testimonianza dei progressi del siciliano

Un nuovo Fiorelli

Ce lo aveva raccontato quest’inverno nel ritiro della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè di come l’obiettivo fosse quello di cambiare pelle. Nelle settimane successive il preparatore della squadra, Andrea Giorgi, ci  aveva confermato il tutto spiegandoci il cambio di ritmo in allenamento

«Mi sono accorto dei cambiamenti fatti durante tutta la prima parte di stagione – spiega Fiorelli – anche se nelle prime corse i risultati non erano stati come quelli degli anni scorsi. Poi però sono andato al Giro con ambizioni diverse, di attaccare da lontano. Se si guarda ai risultati il cambiamento non si vede, ma a livello di numeri la stagione è nettamente migliore rispetto agli anni precedenti. Ora mi muovo su percorsi nettamente più impegnativi, con salite che l’anno scorso mi avrebbero fatto male. Sono situazioni di corsa in cui anticipo i migliori e per questo a volte serve un briciolo di fortuna in più, però la stagione è andata bene. Ho avuto un piccolo intoppo nei primi mesi, nei quali ho sofferto di sinusite, ma abbiamo capito il problema e a fine anno mi opererò. Ci siamo accorti che ho il setto nasale leggermente deviato e questo provoca un’infiammazione alle vie respiratorie».

Fiorelli mantiene comunque uno spunto veloce, che può giocarsi nelle volate ristrette
Fiorelli mantiene comunque uno spunto veloce, che può giocarsi nelle volate ristrette

Volate? No grazie

Fiorelli non si lancia più negli sprint di gruppo, ora lo si vede in azione in tappe impegnative, come quella di Prati di Tivo al Giro d’Abruzzo. Oppure attacca da lontano, cercando la fuga, come accaduto al Giro d’Italia nelle prime tre tappe. 

«Non aspetto più le volate – racconta – sono tornato a seguire le mie caratteristiche naturali. Non sono mai stato un velocista, ma aspettavo gli sprint perché in squadra non avevamo un velocista puro. Rimango un corridore con un buono spunto veloce, ma che sa andare forte su percorsi misti. All’ultimo Giro d’Italia abbiamo cambiato registro, nelle prime tre tappe sono entrato in altrettante fughe perché c’era l’occasione di prendere la maglia ciclamino. Alla fine ci sono riuscito ed è stato più gratificante che aspettare una volata per fare ottavo. Vero che nel 2023 a Roma ho fatto terzo, ma succede una volta ogni tanto e comunque non ho vinto. Tanto vale anticipare e provare a fregare i migliori».

Al Giro nuovi obiettivi per lui e la squadra, premiati con la maglia ciclamino
Al Giro nuovi obiettivi per lui e la squadra, premiati con la maglia ciclamino

Nuovo metodo

Il merito di questi miglioramenti va anche ad Andrea Giorgi, preparatore del team che ha aiutato Fiorelli in questa sua trasformazione. 

«Ho cambiato proprio metodo di lavoro, non allenamento – dice – perché quello che faccio in bici non cambia. Ora però mi concentro su salite da 12 minuti, cosa che mi permette di rimanere con i migliori anche in percorsi davvero impegnativi. Al campionato italiano di domenica sono arrivato nono rimanendo con i migliori, anzi nella salita finale ho anche attaccato per chiudere il gap sui primi. Ero lì a 20 secondi, la differenza era poca, quindi penso che la strada intrapresa sia giusta. E’ solamente il primo anno che lavoro in questo modo, ci sono ancora margini di miglioramento, per arrivare a tenere più minuti in salita e con maggiore intensità. Quello che mi manca ora è il risultato pieno, a questo proposito la seconda parte di stagione è ricca di occasioni. L’attimo giusto arriverà, dovrò coglierlo».

Conforti in crescita e ora nuovi lavori con Giorgi

11.03.2024
5 min
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Ci sono sempre differenze tra la prima e la seconda stagione da pro’. Lorenzo Conforti lo ha notato immediatamente in queste corse d’inizio anno. Le ragioni possono essere tanto diverse quanto concatenate fra loro.

Proprio ieri il diciannovenne di Montecatini Terme ha chiuso la lunga serie di gare in Croazia con la sua VF Group Bardiani CSF Faizanè mettendo in valigia qualche certezza in più ed un bel filotto di risultati. Quarto posto a Umag a fine febbraio, poi secondo a Porec qualche giorno dopo ed infine all’Istrian Spring Trophy (breve gara a tappe) ha centrato un’altra seconda piazza dietro, anzi di fianco è il caso di dire, a Pinazzi. In questo caso il grande merito di Conforti è l’aver saputo tirare magistralmente la volata per la prima vittoria da professionista del suo compagno. Alla luce di queste recenti prestazioni, abbiamo chiesto a Lorenzo quanto abbia inciso il cambio di preparatore atletico.

Primo e secondo. Conforti (a sx) lancia la volata a Pinazzi che vince la prima tappa dell’Istrian Spring Trophy (foto ufficio stampa)
Primo e secondo. Conforti (a sx) lancia la volata a Pinazzi che vince la prima tappa dell’Istrian Spring Trophy (foto ufficio stampa)
Restiamo sull’attualità e i piazzamenti nelle corse croate.

Sono contento sia per me che per la squadra. In ognuna di queste gare siamo sempre partiti con l’obiettivo di fare risultato o comunque essere nel vivo. Ad esempio al Giro dell’Istria puntavamo sia alle tappe che alla generale e direi che è andata bene. Come avversari avevamo diversi devo team importatanti, tra cui quelli di Visma e Decathlon. Ecco perché siamo soddisfatti, anche se si poteva fare qualcosa in più.

Com’è correre contro queste squadre?

Bisogna dire che sono formazioni continental sui generis, perché alcune corrono davvero con una mentalità da WorldTour e si vede. Me ne parla spesso Mattio (del Team Visma | Lease a Bike Development, ndr), che conosco bene. Personalmente ad Umag sono stato in una fuga di una decina di uomini con dentro tre Visma. Un’azione andata via di forza voluta da loro. Quando ho visto chi c’era, mi sono trovato nel limbo. Tiravo poco perché dietro avevo Pinazzi deputato alla volata, ma contemporaneamente ero anche stimolato a giocarmi le mie carte. Copione più o meno simile anche a Porec (in entrambe le occasioni ha vinto il britannico Brennan, ndr). Complessivamente ho avuto buone indicazioni da queste gare e dal contronto con rivali di qualità.

Conforti sta crescendo sia fisicamente che mentalmente. Ha notato quanto la testa possa fare la differenza anche in allenamento
Conforti sta crescendo sia fisicamente che mentalmente. Ha notato quanto la testa possa fare la differenza anche in allenamento
Quest’anno hai cambiato preparatore passando da Giovanni Visconti ad Andrea Giorgi, quello della squadra. Ti aspettavi di raccogliere così presto dei risultati?

Prima di tutto penso che sia dovuto per una mia questione quasi fisiologica. In due stagioni passare da juniores ad avere un anno in più di esperienza tra i professionisti ti aiuta ad approcciarti meglio alle corse. Poi sicuramente ha influito anche il cambio di allenatore e dei lavori da fare.

Che differenze hai notato tra i due preparatori?

Ci tengo a dire che, così come mi trovo bene adesso con Andrea, mi sono trovato bene con Giovanni. La scelta di cambiare è stata fatta assieme, visto che aveva altri progetti, però ci sentiamo ancora per sapere come sto e come va. Differenze fra loro ce ne sono. Visconti è un preparatore che si basa di più sulla pratica e di conseguenza anche sulle sensazioni. Era abbastanza flessibile.

Puoi farci un esempio?

Certo. Giovanni essendo stato corridore ed avendo corso ad alti livelli fino a pochi anni fa, riesce a immedesimarsi meglio nel constesto gara-stress. Ovvero quanto ti può condizionare la fatica mentale dopo una corsa nell’allenamento dei giorni successivi. Qualche volta mi è capitato che magari dovessi seguire una tabella ben precisa, ma sentendomi un po’ stanco dopo una gara chiedevo a Visconti di fare qualcosa di diverso in alternativa. E lui mi veniva incontro.

Ora invece cos’è cambiato?

Con Giorgi lavoro molto in VO2 max e curo di più i dettagli. Ma vi faccio un altro esempio. Nel test incrementale si guarda quanto riesci ad andare oltre il tuo limite fisico, ma anche oltre quello mentale. La differenza la fai lì. Ed è questo che è cambiato in me con la preparazione di Andrea. Dal Lorenzo Conforti dell’anno scorso a quello di quest’anno c’è un abisso. Sono cresciuto tanto sia di gambe che di testa.

Che tipo di allenatore è Giorgi?

Andrea è sicuramente un preparatore che si base sull’aspetto teorico e scientifico. Lui guarda i dati dei test e su quelli ti dice cosa puoi fare. La stessa situazione che descrivevo prima con Giovanni, con lui ho dovuto gestirla diversamente (sorride, ndr). Mi è comunque venuto incontro con l’allenamento, però mi ha esortato a non bloccarmi mentalmente. Infatti una volta mi aveva programmato quattro ore in Z2, che per lui dati alla mano è quasi scarico, ed ero un po’ spiazzato. Quando non sei concentrato a dovere, diventa dura anche fare un allenamento più leggero. Invece ho imparato a non farmi turbare mentalmente se magari talvolta non avverto certe sensazioni. Anche perché ho visto che poi sto bene.

Da quest’anno Conforti è seguito da Andrea Giorgi, preparatore della squadra. Con lui ha cambiato anche l’approccio mentale (foto ufficio stampa)
Da quest’anno Conforti è seguito da Andrea Giorgi, preparatore della squadra. Con lui ha cambiato anche l’approccio mentale (foto ufficio stampa)
Quindi hai trovato la tua dimensione con la preparazione?

Si potrebbe trovare un compromesso tra i due metodi di allenamento, tra quello di Visconti e Giorgi. Sto lavorando per il giusto equilibrio. Ho capito che alla fine in bici ci siamo sempre noi corridori e siamo noi che dobbiamo essere la parte pratica del preparatore. In questo senso mi piace dare dei riscontri pratici al mio allenatore. Così come apprezzo che loro ci insegnino la teoria e gli aspetti mentali dell’allenamento.

Resistenza e intensità diverse: il piano di Giorgi per Fiorelli

08.01.2024
5 min
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«Ho trovato un ragazzo generoso, disponibile e soprattutto un grande lavoratore», parole di Andrea Giorgi su Filippo Fiorelli, suo nuovo allievo. Da quest’anno coach e dottore, Giorgi infatti segue la preparazione dell’atleta siciliano in prima persona. 

E’ stato Fiorelli stesso nel ritiro della VF Group–Bardiani a dirci di aver cambiato strada e di essersi affidato al preparatore interno. 

Fiorelli è un talento in seno a questo team e anche uno dei corridori italiani con più potenziale. Questa potrebbe essere la sua occasione.

Andrea Giorgi, medico della VF Group-Bardiani, si è unito al gruppo dei Reverberi dalla scorsa stagione
Andrea Giorgi, medico della VF Group-Bardiani, si è unito al gruppo dei Reverberi dalla scorsa stagione

“Made in Bardiani”

«Il team – spiega Giorgi – voleva che da quest’anno si centralizzasse il più possibile il controllo degli atleti, anche per questo sono aumentati quelli seguiti internamente da me e Borja Martinez, altro coach dello staff medico, ed è stato preso anche il nutrizionista (Luca Porfido, ndr). C’è stata questa possibilità di cambiare e Filippo era propenso a fare un altro passo. Così dopo un anno di lavoro in cui comunque lo supervisionavo (era allenato da Alberati, ndr) abbiamo deciso di provarci».

Giorgi spiega che con Fiorelli si lavora bene, primo perché come detto è uno stakanovista e poi non si tira mai indietro di fronte alle novità. Tra i due c’è sempre un punto d’incontro. Se Filippo è troppo stanco, magari si aggiusta il tiro in corsa.

«Ci sentiamo quotidianamente – spiega Giorgi – Filippo vuole fare le cose per bene e per ogni cosa mi chiede consiglio. C’è un confronto costante. Siamo entrambi chiari. Se piove, se è stanco, se il rullo non funziona… come si aggiusta il tiro? Per esempio all’inizio ha avuto dei problemi con la nuova metodologia in palestra. “Con questi carichi mi serve la sedia a rotelle, altro che la bici”, mi diceva. Però si è adattato presto».

Filippo Fiorelli (classe 1994) da quest’anno è seguito dal dottore e preparatore Giorgi (foto Gabriele Reverberi)
Filippo Fiorelli (classe 1994) da quest’anno è seguito dal dottore e preparatore Giorgi (foto Gabriele Reverberi)

Obiettivo resistenza

Giorgi e Fiorelli stanno lavorando soprattutto su una direttiva: la resistenza. Arrivare meglio ai piedi delle salite, significa poterle affrontare meglio. E di conseguenza sfruttare lo spunto veloce di Filippo. 

«Non so perché, ma nelle professional la parte aerobica è meno curata rispetto che nelle WorldTour – dice Giorgi – poi magari ci sta che i più forti finiscono nelle WorldTour anche per doti fisiche naturali, ma è un dato di fatto, lo dicono i numeri, che nel WorldTour curano di più la componente aerobica.

«Nel caso di Filippo quindi ho insistito subito sulla resistenza soprattutto, ma anche sull’ipertrofia del muscolo. Ed ho inserito delle intensità più elevate. Questo anche perché volevo che arrivasse più pronto al primo ritiro. E così è stato. Anche col peso, il suo tallone d’Achille, era a posto. Alle misurazioni del caso e alla plicometria a ultrasuoni era perfetto. Tanto è vero che gli ho fatto i complimenti. Ed era è solo un mese e mezzo che lavoravamo insieme».

Anche i test fisici danno ragione al duo Giorgi-Fiorelli. La capacità aerobica del siciliano è migliorata.

«Certe intensità che lo scorso anno erano un problema adesso sono quasi il suo recupero – spiega il preparatore – io ricordo Masnada quando era all’Androni. In quei tre anni la sua capacità aerobica è andata sempre migliorando e infatti adesso guardate dove è.

«A 5 watt/chilo nel WorldTour ormai passeggiano, mentre i nostri fanno fatica. Dovevamo arrivare a questo standard perciò e ci stiamo avvicinando. Migliorando la capacità aerobica si è più freschi e quindi più resistenti quando la corsa entra nel vivo». Aspetto quest’ultimo, ancora più importante per le caratteristiche di un corridore come Fiorelli che deve sfruttare il suo spunto veloce nel finale.

Il siciliano non ha paura di buttarsi in volata, né teme i mostri sacri dello sprint come accadde lo scorso anno a Salerno
Il siciliano non teme i mostri sacri dello sprint come accadde lo scorso anno a Salerno

Corse mosse

Per Giorgi, Fiorelli non è un velocista puro. Secondo il toscano, Filippo fa le volate perché sa stare in gruppo, ha grinta e forza. Ma una volata di gruppo farebbe fatica a vincerla.

«Però – continua Giorgi – se resiste sullo strappo le sue possibilità aumentano notevolmente. Di Philipsen e Milan ce ne sono pochi, loro hanno anche un treno e wattaggi mostruosi. Filippo può vincere altre corse: quelle con i gruppetti ristretti o gli sprint dove si arriva dopo uno scollinamento».

«La sua corsa? Una tappa mossa, come del resto ha già fatto vedere, una Per Sempre Alfredo, una Coppa Sabatini o una Veneto Classic. E questa benedetta tappa al Giro d’Italia. In fin dei conti non ci è andato lontano neanche lo scorso, come a Salerno per esempio. Non dico la Sanremo solo perché la Classicissima è molto lunga e Filippo sta lavorando adesso sulla resistenza, ma in futuro…».

La VF Group-Bardiani è tornata a Benidorm (foto Gabriele Reverberi)
La VF Group-Bardiani è tornata a Benidorm (foto Gabriele Reverberi)

Evoluzione sì, rivoluzione no

Da qualche giorno la VF Group-Bardiani è tornata a Benidorm. Nel corso di gennaio Giorgi insisterà parecchio anche sull’intensità, caratteristica che comunque serve con l’avvicinarsi delle gare. E contestualmente sarà ridotta la palestra. Anche questo è stato un bel cambiamento per Filippo. Prima faceva la parte a secco con meno carico e non usciva in bici. Adesso invece quando fa la palestra i carichi sono ben più pesanti e al pomeriggio salta in sella.

«Io credo – conclude Giorgi – che il suo monte ore settimanale sia aumentato non di molto: il 10-15 per cento al massimo. Quel che più è cambiato è come sono distribuite le intensità nell’arco dell’allenamento. Non c’è mai un’uscita tutta uguale. Filippo sa che nella prima ora deve fare questo lavoro. Nella seconda questo e così via. Anche i recuperi sono variati parecchio: non sono mai troppo blandi.

«Ricordiamo poi che parliamo di un ragazzo di quasi 30 anni e non si poteva stravolgergli la vita, ma i suoi valori sono cresciuti un bel po’ e in Z2 siamo ben al di sopra dei 300 watt».

Palestra e bici: l’obiettivo è costruire l’efficienza

05.12.2023
4 min
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Nell’inverno dei ciclisti la palestra assume un ruolo di grande importanza. Tanti esercizi di riattivazione passano attraverso dei macchinari oppure esercizi a corpo libero. L’equilibrio da trovare tra palestra e bici è delicato. Quindi come si uniscono questi due tipi di allenamento? Andrea Giorgi, preparatore della Green Project-Bardiani CSF-Faizanè, ce lo racconta. 

«Partiamo dal presupposto – dice subito – di chiederci a cosa serva la palestra per un ciclista. La performance si divide in tre aree: aerobica, anaerobica ed efficienza. In bici si allenano le prime due, mentre la palestra agisce sull’efficienza. Ci sono degli studi che dicono che se un atleta va in palestra, migliora l’efficienza della pedalata. E chi è efficiente ha una migliore durabilità, ovvero alte prestazioni in fasi di affaticamento. Per capirci dopo le 5 ore in sella».

Il dottor Andrea Giorgi dal 2023 è parte dello staff del team Green Project-Bardiani CSF-Faizanè
Il dottor Andrea Giorgi dal 2023 è parte dello staff del team Green Project-Bardiani CSF-Faizanè
Come si inserisce nell’allenamento?

L’atleta farà palestra con degli obiettivi. Un ciclista ha come esercizio principale quello di endurance. Allenarsi agli attrezzi e poi andare in bici non induce ad un’ipertrofia muscolare. Queste due attività contribuiscono a ridurre la massa grassa, favorendo la muscolatura. 

Si tratta di trovare un giusto equilibrio?

Esatto. La palestra toglie tempo alla specificità, ma allo stesso tempo è utile per migliorare l’efficienza. Bisogna trovare il giusto compromesso tra le ore fatte in sella e quelle passate in sala pesi. Quest’ultima non è l’attività principale del ciclista, quindi è più facile che alla fine di una sessione di allenamento si abbia mal di gambe. Di conseguenza il giorno dopo non si possono fare determinati lavori in bici.

Prima di uscire in bici dopo un allenamento in palestra, Giorgi fa aspettare i suoi corridori fino a sei ore
Prima di uscire in bici dopo un allenamento in palestra, Giorgi fa aspettare i suoi corridori fino a sei ore
Ci spieghi meglio.

Una sessione di allenamento in palestra prevede del recupero, che sono ore in meno passate in bici. Per questo io preferisco metterla a inizio stagione. Degli studi dimostrano che i benefici degli allenamenti in palestra si perdono in 8 settimane. 

Veniamo all’uscita in bici post palestra…

Uno studio del 2021 dice che conviene aspettare tra le due e le tre ore prima di salire in bici. Questo sistema di attesa è necessario solamente per gli elite, non si sa ancora il perché ma ci sono due ipotesi. La prima è che gli atleti professionisti lavorano in maniera pesante in palestra. Il secondo motivo è legato ai volumi, che nei pro’ sono molto maggiori. Io preferisco fa attendere anche sei ore ai miei atleti prima di farli salire in bici. 

I lavori su strada vanno a sollecitare le componenti muscolari allenate in palestra
I lavori su strada vanno a sollecitare le componenti muscolari allenate in palestra
E cosa fanno una volta in sella?

Un’uscita di un’ora o un’ora e mezza, anche sui rulli. Qualche lavoro come possono essere degli sprint da 10” per sei volte. Il totale dei lavori è di 15 minuti, il resto è tutto in Z2. Si fa un minimo richiamo di lavori dove si attivano delle componenti muscolari che hai deciso di allenare precedentemente in palestra. 

Ipotizziamo una settimana tipo? Magari con due sessioni in palestra…

Lunedì palestra con esercizi sulla forza per un totale di una o due ore. Poi un’oretta di rulli la sera. Martedì scarico, quindi un paio d’ore in Z2. Mercoledì bici con lavori in cambio di frequenza, da 50 a 110 pedalate al minuto a ritmo medio-alto. Giovedì e venerdì stessi lavori che si sono fatti lunedì e martedì. Mentre nel weekend aumentano le ore in bici. Il sabato un lungo di 5 ore con lavori anche ad alta intensità. La domenica 4 ore più tranquille. 

Gli allenamenti a gamba singola in palestra servono a riprodurre la dinamica della pedalata
Gli allenamenti a gamba singola in palestra serve a riprodurre la dinamica della pedalata
Questo per quanto?

Per le prime due settimane. Poi tolgo lo scarico e metto qualche ora in più in bici, magari tre o quattro. 

Hai parlato di allenamento ai rulli, come mai?

Per fare degli allenamenti a gamba singola. Il ciclismo è uno sport dove si pedala con due gambe, ma in maniera disgiunta. In palestra si cerca di allenare questa cosa con esercizi alla pressa, utilizzando una sola gamba o facendo degli affondi. Sui rulli questa caratteristica si allena con esercizi ad una gamba che attivano la coordinazione neuromuscolare. Aiutano l’atleta a concentrarsi per trovare la rotondità di pedalata. Serve usare il rapporto giusto e accompagnare bene il pedale. 

E durante la stagione la palestra si mantiene?

Io la accantono. Al massimo inserisco un richiamo ogni dieci giorni, ma lontani dalle corse.

Perdere (tanto) peso nel modo giusto: risponde il dottor Giorgi

18.10.2023
5 min
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Dover perdere, peso, sei chili e magari doverlo fare anche in poco tempo. Un caso simile, che ci serve solo come spunto, ha riguardato qualche tempo fa Thomas Pesenti. Il suo direttore sportivo, Roberto Miodini, ci aveva raccontato come, una volta individuato il problema, che tra l’altro non era legato ad un semplice sovrappeso o a scarsa serietà da parte del ragazzo, si fosse messo sotto per risolvere la questione.

Il dottor Andrea Giorgi, medico della Green Project Bardiani CSF, tra l’altro anche medico della Beltrami Tsa di Pesenti, ci spiega come si lavora in questi casi.

Andrea Giorgi, medico e preparatore, della Green Project-Bardiani
Andrea Giorgi, medico e preparatore, della Green Project-Bardiani
Dunque dottor Giorgi, il corridore deve perdere del peso, una buona dose di peso. Scontato dire che debba mangiare di meno, e allora come si fa? 

Prima di tutto si fa una valutazione della composizione corporea, vale a dire di come si è fatti. Quindi da come è composto il proprio peso: quantità di grasso, muscoli, acqua, ossa… Ed è meglio farla a fine stagione, quando i corridori sono ancora abbastanza in forma. Questa è una misurazione che preferisco alla semplice percentuale di grasso.

Perché?

Perché la sola percentuale di grasso è una valutazione limitata e non adeguata per gli atleti. Sono percentuali create per le persone… normali, ma per gli atleti è diverso. E per questo a me piace lavorare con un sistema più anglosassone, vale a dire la somma dei millimetri delle pliche nei vari punti corporei. Quindi sommando i millimetri della plico sull’addome, sul polpaccio, sulla coscia… un corridore ha un totale di 45 millimetri – sono numeri a caso – e un’altro di 30. Questi sono dati oggettivi, con riferimenti nella popolazione ciclistica professionista che inoltre possiamo confrontare durante la stagione.

Mentre la parte muscolare come si misura?

Con la bioimpedenziometria o Dexa. Ed è un dato importante perché è la massa metabolicamente attiva che influenza prevalentemente la prestazione. Se un atleta è in sovrappeso e deve perdere 4-5 chili ha di fronte a sé un lavoro importante. Ricordo infatti che per perdere un chilo di grasso bisogna avere un deficit energetico di 7.000 calorie. Ma bruciare 7.000 significa creare un deficit calorico molto grande nell’arco della giornata o della settimana. 

Col ciclismo di oggi è sempre più importante arrivare alla ripresa della preparazione col peso ideale
Col ciclismo di oggi è sempre più importante arrivare alla ripresa della preparazione col peso ideale
Ma questo non significa che se brucio 7.000 calorie magari con un allenamento mega lungo, brucio un chilo di grasso, perché ci sono anche gli altri nutrienti, giusto?

Esatto. Per questo è molto difficile. Tutte le diete, da quella del minestrone a quella della carota, hanno il comune denominatore del deficit calorico, ma bisogna trovare il giusto equilibrio fra i macroelementi, le vitamine… in base a quello che si deve fare. Per questo è molto importante dimagrire d’inverno e non nel pieno della stagione. A dicembre dovresti essere già pronto. Anche perché poi quando si parla d’inverno tutto questo tempo non c’è. Molti corridori hanno a disposizione un mese e mezzo visto che a metà gennaio già corrono. 

Ci spieghi meglio…

Se sono nel pieno della stagione o anche della preparazione come fai a togliergli del cibo? Per allenarti bene, anche alle alte intensità, devi mangiare e mangiare i carboidrati. Se non mangi non ti alleni forte, favorisci il catabolismo (perdita di muscolo, ndr) e vai anche in overtraining.

E quindi come si fa? Come si fa a perdere 5-6 chili senza perdere il muscolo?

Soprattutto da questo momento dell’anno in poi, in cui non si gareggia o non ci allena troppo, bisogna ridurre le calorie nell’arco della giornata. In questo periodo si tende a svolgere allenamenti lunghi e a bassa intensità dove la richiesta energetica da parte degli zuccheri è limitata in favore dei grassi. Ci sono tecniche dietetiche dove si mangiano le proteine come fonte energetica durante l’allenamento a bassa intensità e di lunga durata, in modo da preservare la massa muscolare e favorire la perdita di grasso. Di certo meglio un’uscita di cinque ore con le proteine che cinque ore senza mangiare niente. E’ molto importante fare tutto ciò sotto supervisione medica. Il grasso produce ormoni e modificando la sua quantità si creano nuovi equilibri metabolici. 

Il tema dei carbo è molto delicato se si deve dimagrire. Specie se si è già nella fase intensa della preparazione
Il tema dei carbo è molto delicato se si deve dimagrire. Specie se si è già nella fase intensa della preparazione
Posto che ci sono tantissime variabili, come la quantità di peso da perdere, il soggetto, l’età… ma si può dare una stima della velocità della perdita di peso senza perdere watt, cioè muscoli?

Direi un chilo a settimana al massimo, se si vuol restare in salute e allenarsi bene. Quindi dai tre ai quattro chili al mese.

Come si fa?

Per esempio, mangiare i carboidrati soprattutto dopo l’allenamento o a colazione, prima di uscire. Evitare i picchi glicemici e chiaramente controllando i carboidrati. Si può arrivare a riduzioni drastiche, ma per un periodo molto limitato e sotto monitoraggio medico. Oggi poi c’è quasi il problema opposto. In corsa, soprattutto gli atleti dei top team, sono abituati a mangiare grandi quantità di carboidrati. C’è chi ha superato i 120 grammi l’ora. Ma è necessario. Per questo torno a dire che è importante, importantissimo, arrivare all’inizio della stagione già col peso giusto, perché poi è molto difficile calare e un adeguato allenamento dell’intestino a utilizzare certe quantità di zuccheri. Se prendi tutti quei carbo ogni ora anche due chili diventano un problema.