Van der Poel si brucia alla fiamma del Tour, ma oggi ci riprova

27.06.2021
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Ha poggiato la mano sulla spalla di Alaphilippe, poi è franato sul manubrio. Mathieu Van der Poel non ci gira intorno, per cui le sue prime parole sono state nette: «Non avevo gambe, la storia è semplice».

Un’eredità scomoda

Sembrava tutto perfetto. La Fosse aux Loups era un insolito Qwaremont da assalire per arrivare a giocarsi il Fiandre. Invece la magia non si è ripetuta e la favola della vittoria e della maglia gialla da dedicare a suo nonno Raymond Poulidor, per la quale l’Uci aveva consentito il cambio di maglia, si è infranta su quell’ultima salita. Come se la maledizione del nonno si fosse abbattuta anche sule spalle del nipote. C’è poesia anche in questo. Poesia e le necessarie analisi, perché non accada di nuovo.

Il primo Tour è una centrifuga, con pressioni e trappole che non si vedono. Come nella prima Roubaix, come in ogni posto in cui i segreti sono più delle evidenze. Però una certezza c’è: Mathieu impara molto in fretta e ieri sera avrà già capito il suo errore.

Giro di Svizzera al top, non c’è partita fra Vdp e Alaphilippe
Giro di Svizzera al top, non c’è partita fra Vdp e Alaphilippe

Posizione sbagliata

Che cosa ha sbagliato Van der Poel? Basta riguardare il film della corsa e incrociarlo con le sue parole dopo l’arrivo. Il segreto del finale di tappa lo aveva raccontato ieri Hirschi, anche se pure allo svizzero è andata piuttosto male. Si arrivava all’attacco della salita della Fosse aux Loups dopo una discesa piuttosto veloce da una località di nome Le Stum. Da quel punto e fino alle prime rampe del finale, serviva avere accanto dei compagni in grado di tenerti davanti e poi di lanciarti. Una strategia che Alaphilippe ha attuato alla perfezione. Tanto che in fondo alla discesa, il francese era già in terza ruota con Asgreen e Devenyns pronti a fare la loro parte. Van der Poel invece era intorno alla 30ª posizione.

Alla partenza della prima tappa, tutti gli occhi su Mathieu
Ma la squadra dov’era? La Alpecin non ha retto il confronto con la Decuninck-Quick Step

Recupero prodigioso

Il ragazzo è un portento, non c’è molto altro da dire. Scorrendo le immagini si vede infatti che in una ventina di secondi riesce a risalire in quinta posizione, ma non osiamo immaginare a prezzo di quali energie. Da quel momento e fino all’arrivo, la corsa diventa una prova di apnea e se il cuore pompa già al doppio dei battiti, non sono i circa 30 secondi di recupero che Van der Poel riesce a concedersi a dargli il tempo di recuperare.

«Alaphilippe ha attaccato nella parte più ripida – racconta – il punto perfetto per lui, esattamente dove me lo aspettavo. Il piano era di seguirlo, ma le mie gambe erano sparite. Sono scoppiato, impossibile seguire Julian».

Ma la squadra dov’era? La Alpecin non ha retto il confronto con la Decuninck-Quick Step
Ma la squadra dov’era? La Alpecin non ha retto il confronto con la Decuninck-Quick Step

Doppio fuorigiri

Il ragazzo è un portento, lo ribadiamo. E piuttosto che arrendersi, decide di scoppiare un’altra volta. Se sei abituato alle strappate del cross, cosa vuoi che sia un altro fuorigiri nel giro di così poco tempo? Succede infatti che alle spalle di Alaphilippe si muovano le due star del Tour, Pogacar e Roglic, evidentemente intenzionati a lottare anche per le briciole. E Van der Poel ci riprova, ma ancora una volta le gambe e il cuore, soprattutto il grande cuore che nei giorni scorsi si era caricato di sentimenti e di pressioni invisibili e infide, gli dice basta.

«Ha pensato tanto a suo nonno – dice il suo addetto stampa – non so quanto sia stato pesante. Ha detto che oggi cercherà di farlo il meno possibile. Se ieri è stata una giornata condizionata dai nervi, allora oggi proviamo a essere più leggeri. Se sono state le gambe, allora per Mathieu il favorito sarà nuovamente Alaphilippe. Le tappe si somigliano molto».

Van der Poel a caccia della gialla per suo nonno Poulidor

25.06.2021
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Presentate le squadre, il Tour de France 2021 inizia a muovere i primi passi. E fra le dichiarazioni di… guerra più esplicite, quella di Mathieu Van der Poel non lascia adito a dubbi. Mathieu vuole vincere domani la prima tappa, per conquistare la maglia gialla e dedicarla a suo nonno Raymond Poulidor.

Ovviamente, come tutto ciò che riguarda il professionismo e uno dei suoi personaggi più mediatici, la dichiarazione di intenti è supportata anche da una campagna a metà fra il marketing e la beneficienza, battezzata “MerciPoupou”.

Così in occasione della presentazione di ieri sera a Brest, la Alpecin-Fenix ha indossato una divisa ispirata ai colori indossati da Raymond Poulidor durante tutta la sua carriera, con la francese Mercier.

Il testimone

Tra il 1962 e il 1976, Poulidor ha partecipato per 14 volte al Tour de France e per 8 lo ha concluso sul podio di Parigi, senza aver indossato per un solo giorno la maglia gialla. E’ successo anche in occasione del suo ultimo arrivo sugli Champs Elysées nel luglio del 1976, quando conquistò il terzo posto dietro Van Impe e Zoetemelk.

Oggi, 45 anni dopo, suo nipote Mathieu Van der Poel ne raccoglie il testimone e sta per fare il suo debutto al Tour de France. Se c’è un motivo che ha convinto l’olandese (tutto proiettato verso le Olimpiadi della mountain bike) ad accettare la sfida, c’è proprio la possibilità di rendere omaggio al nonno scomparso nel novembre del 2019.

Ora tocca a lui inseguire il sogno giallo e raccogliere l’eredità che suo nonno ha lasciato a lui e all’intero mondo del ciclismo. Le generazioni si susseguono, ma le aspirazioni rimangono identiche. 

Una lunga storia

Gli sponsor della Alpecin-Fenix hanno aderito all’istante alla campagna. «Non potevamo lasciarci sfuggire questa opportunità – ha raccontato il team manager Philip Roodhooft – per tanti motivi. A 45 anni dalla fine dell’incredibile carriera di Raymond Poulidor, suo nipote Mathieu inizia per la prima volta al Tour de France. Questa è un’occasione unica per lui e il suo team per rendere omaggio a suo nonno e a uno dei ciclisti più iconici che il mondo del ciclismo abbia avuto.

«Il fatto che i nostri partner supportino “Merci Poupou” dimostra il loro impegno a lungo termine. Alpecin è lo sponsor ciclistico più storico con una storia di 75 anni, mentre Fenix e Canyon non cercano solo un ritorno commerciale sul loro investimento. Vogliono principalmente supportare la squadra e i corridori che inseguono i loro sogni. Sogni che hanno trovato la loro origine nel patrimonio ciclistico a cui tutti siamo stati presentati dai nostri (nonni) genitori».

Qualche scatto fotografico di una parte del team, alla vigilia della presentazione (foto Alpecin-Fenix)
Qualche scatto fotografico di una parte del team, alla vigilia della presentazione (foto Alpecin-Fenix)

Per beneficienza

L’inziativa, si diceva, ha finalità benefiche. E’ stato infatti sviluppato un sito completamente dedicato allo scopo. Su www.mercipoupou.com i fan potranno infatti acquistare una maglia replica MerciPoupou o un cappellino. Il ricavato della vendita online sarà devoluto a organizzazioni e progetti di beneficenza che sostengono bambini e adolescenti nello sport: i dettagli saranno svelati in pillole durante il Tour de France, per tenere alta l’attenzione sul progetto..

«Per mio nonno»

Le parole di Van der Poel, che ricordiamo nelle immagini toccanti al funerale di suo nonno, sono di grande ispirazione.

«Mio nonno – dice – ha riconosciuto presto la mia gioia per il ciclismo e ha sempre detto che io e mio fratello David avevamo più talento di lui. Oggi vorrei che potesse essere qui e vivere questo momento insieme alla nostra famiglia. Lo sognava da tempo, ma sono sicuro che è orgoglioso come sempre. Sono lieto di potergli rendere un omaggio definitivo in modo così emozionante e che potremo dire tutti insieme: MerciPoupou!».

Ma Modolo non doveva fare il Giro? Andiamo a cercarlo

01.05.2021
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Quattro giorni di corsa quest’anno, chiusi con il ritiro al Presidential Tour of Turkey. Sedici giorni l’anno scorso. Dire che Sacha Modolo sia ormai un fantasma sarebbe quasi scontato, al punto che per trovare delle foto attuali si deve andare sul suo profilo Instagram. Nelle cronache di corsa non ce n’è traccia. Ma avendolo conosciuto sin da quando era dilettante e piuttosto che mollare si sarebbe fatto ammazzare, la curiosità di sapere che cosa diavolo stia succedendo nella sua vita era troppo forte. Lo avevamo già chiamato a novembre e a Filippo Lorenzon aveva annunciato un inverno di lavoro in vista di una possibile rinascita. Invece tutto si è fermato di nuovo.

Un’altra ripartenza per Modolo, speriamo sia la volta buona
Un’altra ripartenza per Modolo, speriamo sia la volta buona
Sacha, cosa succede? Non dovevi fare il Giro?

Ero andato in Turchia per fare le prove generali, ma non sono riuscito neppure a finirla. Il solito ginocchio ha ripreso a farmi male e abbiamo preferito fermarci.

Che cosa aveva il ginocchio?

E’ cominciato tutto a a dicembre, alla fine del ritiro con la squadra. Nei giorni procedenti ero stato bene, neanche una caduta o qualsiasi avvisaglia. Invece quel giorno sono salito in bici e ha iniziato a farmi malissimo. Sono tornato a casa. Ho riposato per due giorni. E quando sono ripartito, c’era lo stesso dolore. E’ stato difficile accettare il fatto di doversi fermare ancora e ancora più difficile è stato trovarne la causa. Abbiamo fatto tutti gli esami. E’ venuto fuori che avevo la cartilagine consumata e la rotula non più in asse. Saranno i 34 anni…

Matilde è arrivata a ottobre del 2019: se va bene il papà presto ripartirà… (foto Instagram)
Matilde è arrivata a ottobre del 2019: se va bene il papà presto ripartirà… (foto Instagram)
Al Turchia è rivenuto fuori lo stesso dolore?

Diverso, per fortuna. Abbiamo fatto un’altra risonanza, la rotula e la cartilagine erano a posto, ma si era formata una borsite. Questo da una parte è una cosa positiva, vuol dire che l’articolazione è a posto. Fermarsi era necessario per evitare che l’infiammazione andasse troppo avanti. Per cui ho fatto una prima infiltrazione e va già meglio. Dovrò farne un’altra e poi basta, in modo che magari a fine maggio io possa ripartire. Ma al Giro, cari miei, al Giro non ci sarò…

La gente non sa e magari parla di Modolo finito. Quanto è duro rincorrere ogni volta la salute?

Tanto, anche perché per me si tratta di una rincorsa prolungata. Inseguo dal 2018 e mi ritrovo ancora fra le ammiraglie. Prima quel problema alimentare, risolto a fine 2019. L’anno scorso c’era tutto per fare bene, ma dopo il lockdown sono caduto, mi sono rotto due costole e stagione compromessa. E’ il momento più buio della mia carriera, psicologicamente non è bello per uno che ha sempre fatto le sue volate. Ho vinto l’ultima a febbraio del 2018, tre anni fa…

Modolo sesto al Giro delle Fiandre del 2017
Modolo sesto al Giro delle Fiandre del 2017
Con quale prospettiva sei qui a lavorare?

Quella di rientrare, correre dovunque si possa, tornare il solito Modolo. Non sarà facile trovare il contratto, quello con la Alpecin-Fenix scade quest’anno. Ma non vorrei smettere così.

Come sta adesso il ginocchio?

Non voglio cantare vittoria, finora ha portato male. Ieri sono uscito per la seconda volta e non ho avuto dolori. L’ultima risonanza era meglio di quella di dicembre. Mi basta tornare. Per fortuna in tutto questo ho avuto accanto la famiglia, ma davvero ormai mia moglie Valentina non ne può più di vedermi in casa. Sono sul divano a guardare le corse ed è brutto pensare che dovrei esserci anche io.

Che cosa ti sembra di quello che vedi?

Un bel ciclismo. Non mi è mai piaciuto guardarlo alla tele, ma anche dal riscontro dei social, mi pare che questa nuova ondata di campioni stia smuovendo la gente. Sembra uno sport più seguito a livello mondiale.

Il 2017 è stato il suo ultimo anno buono. Qui vince a Katowice: l’arrivo di Jakobsen
Il 2017 l’ultimo anno buono. Qui a Katowice: l’arrivo di Jakobsen
Quando sei in bici, hai mai paura che il dolore torni?

Ho sempre paura. Un po’ spingo e un po’ mi trattengo. Sto diventando dottore a forza di sentire tutti e l’ultima che ho sentito è che il corpo ha memoria del dolore e di conseguenza condiziona la mente. Per questo bisogna farlo abituare gradualmente ai movimenti di prima. Così faccio lavori brevi e ravvicinati, per adattarmi di nuovo alla bicicletta.

Domanda cruciale, in questi casi: come va con la bilancia?

Sto bene, per fortuna. Mi fosse successo tutto questo 3-4 anni fa, sarei già a 80 chili. Invece sono stato bravo e sono sui 69-70, quando il mio peso forma è sui 67. Sicuramente sarà calato un po’ di muscolo, ma finché non posso ricominciare a fare le 3-4 ore con continuità, posso farci poco.

Come sarà seguire in televisione anche il Giro?

Durissima, anche perché a casa mia sono tutti appassionati, dalla moglie ai suoceri. Mi toccherà seguirlo, oppure magari prenderò il passeggino e andrò a farmi dei bei giri. Altrimenti starò nell’altra stanza a guardare la bimba che dorme…

«Durante il Giro magari andrò a farmi qualche passeggiata con Matilde…» (foto Instagram)
«Durante il Giro andrò a passeggio con Matilde…» (foto Instagram)
Quale potrebbe essere un obiettivo ragionevole?

Ci penso tanto. Se riuscissi a rientrare a fine maggio, correndo il giusto, potrei pensare ai campionati italiani (si faranno a Imola su un percorso simile a quello dei mondiali 2020, ndr).

E a proposito di mondiali, a settembre si corre nelle Fiandre.

E quello è un pensiero fisso, ma visto come sto, farei meglio a stare zitto. Nel mio ultimo anno senza acciacchi, era il 2017, sono arrivato sesto al Fiandre. Che dopo Pozzato secondo e Bettiol che l’ha vinto, è stato il miglior piazzamento italiano degli ultimi anni. Mi piacerebbe essere a posto per allora. Ma continuiamo con la scaramanzia, magari viene fuori che è la cura migliore. E comunque grazie per la chiamata ed esservi ricordati di me…

La resa di Van der Poel stremato all’arrivo

20.03.2021
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Davanti al pullman della Alpecin-Fenix c’è quasi una riunione di famiglia e Mathieu Van der Poel appena arrivato dal traguardo sta raccontando la resa a suo padre Adrie, in quell’incomprensibile idioma che per noi latini è il fiammingo olandese. Non sembra particolarmente afflitto, essendosi reso conto che spazio per fare il fenomeno oggi indubbiamente non c’era. L’aria è fresca, la mamma gli poggia una mano sulla spalla invitandolo a salire per coprirsi, ma due parole riusciamo comunque a scambiarle.

«Stavo bene – dice – sono stato davanti in tutti i momenti più importanti. L’unico passaggio un po’ critico può essere stato aver preso la Cipressa troppo indietro. Ma è anche vero che in cima eravamo con i primi. ».

Sulla Cipressa ha risalito il gruppo fino ad agganciare i primi
Sulla Cipressa ha risalito il gruppo fino ad agganciare i primi

Poggio in ritardo

Si guarda intorno, strizza l’occhio alla compagna Roxanne, che nella sua giacca panna sorseggia una Coca Zero.

«Si possono fare tanti piani alla vigilia di una corsa come questa – dice – e io avevo in mente di attaccare o seguire gli attacchi sul Poggio. Il fatto è che la battaglia si è accesa troppo tardi. E’ partito Alaphilippe, dietro di lui è andato Van Aert e poi sono andato anche io, ma a quel punto la salita era finita e in testa era rimasto un gruppo troppo grande. Attaccare in prima persona? Era quella l’idea, per questo quando è partito Alaphilippe mi avete visto un po’ indietro. Avevo pensato per un momento di attaccare da dietro e mi ero sfilato per prendere velocità. Ma la verità è che stavamo andando troppo forte, sarebbe servito uno sforzo troppo grande per le mie gambe. Però sono soddisfatto perché la squadra ha fatto un ottimo lavoro. Anche Senne Leysen, che ha tirato per tutto il giorno».

Con la compagna Roxanne, dopo la doccia e prima di risalire sul pullman
Con la compagna Roxanne, dopo la doccia

Non è la Tirreno

Adesso viene a chiamarlo anche il direttor sportivo Bart Leysen, storico compagno di squadra di Johan Museeuw e sua madre ci fa un sorriso di complicità: altre due domande e se ne va, rapido!

«Non sono troppo amareggiato – dice lui facendo per andare – perché questa è una corsa molto difficile da vincere. Sono andato meglio dello scorso anno, ma non è bastato. E alla fine, dopo la discesa fatta forte, Stuyven ha scelto il momento giusto. Meritava di vincere per la freddezza di quell’attacco. Il finale è stato molto frenetico ed è stato difficile decidere a quali attacchi reagire. Al traguardo il serbatoio era quasi vuoto. Ho provato a partire negli ultimi cento metri con un lungo rapporto, ma alla fine mi hanno comunque superato altri corridori. E’ stata una gara molto pesante. Se qualcosa posso aver imparato, è che attaccare sul Poggio e andare al traguardo è forse troppo difficile. Ma di sicuro la Sanremo non è la Tirreno, non era possibile né ho mai pensato di poter correre allo stesso modo».

Aveva in mente di attaccare sul Poggio, ma si è accodato ad Alaphilippe e Van Aert
Aveva in mente di attaccare sul Poggio, ma si è accodato ad Alaphilippe e Van Aert

A corollario di una corsa conclusa con il quinto posto che è certo meno delle attese e ha il sapore della resa, viene fuori che per la seconda volta in meno di due mesi, qualcuno del personale del team è risultato positivo al Covid e così per evitare problemi, il gruppo che sarebbe dovuto partire per il Catalunya se ne torna a casa e resterà al palo per una settimana. Il tempo di fare le verifiche del caso e ripartire. Gli altri, Mathieu in testa, tornano a casa affilando le armi per le gare del Belgio. Per un po’ in Italia non lo vedremo, ma siamo certi che non mancherà troppo a lungo dalla testa del gruppo.

Van der Poel a 360°: dal cross al Tour e il sogno olimpico

05.02.2021
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Quasi una settimana dopo il quarto mondiale di ciclocross, il riposo di Mathieu Van der Poel è agli sgoccioli e la stagione su strada ormai all’inizio. Il debutto è fissato allo Uae Tour che inizierà il 21 febbraio, per cui d’ora in avanti l’olandese avrà dei giorni in cui allungare le distanze e trovare la condizione per tornare a testa alta anche sull’asfalto. Nel giorni scorsi il tempo nel Limburgo non è stato granché. E come ha più volte ripetuto, il fatto che i ristoranti siano chiusi per le restrizioni Covid e le uscite con gli amici vietate, il massimo che ha potuto concedersi sono state due girate sulla moto da cross e poco altro. Allo stesso modo in cui non ha potuto fare chissà quali feste dopo il mondiale. A casa, con una bottiglia di vino e la sua ragazza. L’occasione di un meeting online ci ha permesso di mettere insieme gli ultimi ricordi della sfida iridata e insieme di proiettarci sulla stagione della strada.

La vittoria del mondiale è stata per Van der Poel l’ultimo atto della sfida 2021 con Van Aert nel cross
Il mondiale di Ostenda ha chiuso il 2021 del cross
Ti sarebbe piaciuto vincere senza la foratura di Van Aert?

Certo. Avremmo visto una gara molto diversa. Ma forare è strettamente connesso al nostro sport, come le gambe e la motivazione. Quel giorno avevamo tutti le gomme a bassa pressione per non scivolare. Sono cose che succedono anche in Formula Uno e anche io negli anni passati ho avuto la mia parte di sfortuna.

Confessa, il giorno in cui non farai più ciclocross, Van Aert ti mancherà…

E’ importante avere qualcuno che ti spinge al tuo limite e credo che per lo stesso motivo io mancherei a lui (sorride, ndr). Ci rendiamo più forti l’un l’altro, con duelli che fanno più grande il nostro sport. Abbiamo dato vita a belle battaglie. Ma credo che siamo lontani dall’aver scoperto i nostri limiti e non credo che tutto questo si esaurisca nel cross. Non avrei mai immaginato di vederlo andare così forte sulle salite del Tour, credo che dovremo pedalare ancora a lungo per scoprire dove potremo arrivare.

Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Fiandre 2020
Ma la sfida fra Van der Poel e Van Aert si ripeterà certamente nelle classiche: qui al Fiandre 2020, vinto da VdP
Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Fiandre 2020
La sfida con Van Aert si ripeterà alle classiche
E’ bello avere un rivale così forte?

So che per batterlo devo essere al 100 per cento e questo mi motiva molto. Quando siamo al nostro livello migliore, la corsa è fra noi due. Ma sappiamo entrambi che se non siamo al top, ci sono corridori che possono batterci e anche questa è una motivazione. Quest’anno ho avuto bisogno di fare parecchie gare per trovare le giuste sensazioni e arrivare al mondiale convinto di vincere.

Ci si chiede quanto andrai avanti a questi ritmi…

Penso che continuerò a fare cross il più a lungo possibile, perché per me è soprattutto divertimento. Rompe il lungo inverno mentre gli stradisti si allenano per ore e ore. E’ un ottimo modo per raggiungere la condizione, ma al contempo mi rendo conto che fare la stagione completa sta diventando sempre meno importante. Soprattutto da quando gli obiettivi su strada stanno diventando così importanti. In effetti nel cross non devo dimostrare più niente, se non che potevo vincere il mondiale.

Sei uscito dal cross con la condizione che volevi?

Sto bene. Anche in ritiro con la squadra mi sono sentito meglio giorno dopo giorno, segno che il recupero dopo il Fiandre è bastato. Non mi sento stanco. E poi, sempre per le restrizioni Covid, non si può fare altro che andare in bici. Per fortuna lo trovo divertente…

La stagione su strada che forma avrà?

Quella delle classiche. Prima le corse in Italia, poi il Fiandre e la Roubaix. Diciamo che a quel punto la testa si sposterà sulla mountain bike e anche la preparazione cambierà aspetto.

A giugno Van der Poel svolgerà un ritiro a Livigno solo con la Mtb: ha corso poco ultimamente e vuole ritrovare le sue abilità
A giugno Van der Poel svolgerà un ritiro a Livigno solo con la Mtb
Hai detto che preparerai il Tour in mountain bike ed è suonato strano…

Per me le Olimpiadi sono più importanti del Tour. E confermo di aver pianificato un lungo training camp con la mountain bike a Livigno che dovrebbe concludersi con l’inizio del Giro di Svizzera. La squadra in Francia ci sarà, perché abbiamo vinto il ranking europeo e ne abbiamo il diritto. E poco importa che Van der Poel non sarà al top, visto che voglio raggiungere il massimo a Tokyo. In ogni caso, nel 2018 vinsi il campionato nazionale su strada allenandomi solo in mountain bike. Quando sono in forma, non ho problemi. Ma ho bisogno di lavorare sulle mie capacità di guida. L’anno scorso ho fatto soltanto un paio di gare e le sensazioni non sono state affatto buone. Ho anche pensato che potrei lasciare il Tour, dove comunque andrò per rispetto dello sponsor che mi vuole in Francia e posso capirlo.

Quindi ora rotta sullo Uae Tour?

Esatto. E’ arrivato il momento di allungare le distanze. Mi trasferisco in Spagna per un po’, almeno troveremo caldo. Qui il meteo nei prossimi giorni non sarà bellissimo e sarà meglio non perdere troppi giorni di lavoro.

Van der Poel, il mondiale si vince sulla sabbia

29.01.2021
3 min
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Domenica, Ostenda, ore 15: Mathieu Van Der Poel dovrà svestire quella maglia arcobaleno che ha portato per un anno, rimetterla in palio contro il suo grande rivale, Wout Van Aert, nell’ennesimo capitolo di una sfida destinata a perpetuarsi da questa sabbia fino alla strada.

A Overijse, partenza sprint di Van der Poel, ma questa volta Van Aert non ha ceduto
A Overijse, partenza sprint di Van der Poel, ma questa volta Van Aert non ha ceduto

Un solo giorno

Con l’avvicinarsi dell’evento, Mathieu ha esternato davanti alle telecamere del team il suo stato d’animo alla vigilia del grande evento. Le interviste in tempo di pandemia avvengono per lo più nel freddo contatto televisivo, ma guardandolo in faccia, vedendo il suo viso tra l’annoiato e il corrucciato, è facile cogliere una certa tensione, data non solo dall’avvicinarsi della sfida, ma anche dagli esiti delle ultime gare, esiti contraddittori, che gli hanno tolto quelle certezze che solo sabato sera allignavano nella sua mente.

«Io ho sempre detto durante la stagione che la gara che conta è una e una sola, i mondiali – mette subito in chiaro l’olandese dell’Alpecin-Fenix – le altre non erano così importanti, perché non avevo qualcosa di particolare da difendere o da dimostrare. Quel che conta è solo quel che avverrà domenica».

Van der Poel è andato sul percorso, soprattutto nel tratto sulla sabbia, con suo fratello David
Van der Poel è andato sul percorso con suo fratello David

Spiaggia decisiva

VdP non fa mai il nome del suo rivale, quasi fosse un fantasma da esorcizzare, anzi fa pretattica evitando di identificare la gara iridata come una sfida a due.

«Si parte alla pari, tutti – dice – ognuno si è preparato in maniera diversa e arriva all’appuntamento per la sua strada, poi si vedrà. Ogni gara, ma anche ogni percorso è diverso, non si può fare una comparazione. Domenica la differenza si farà prima sulla spiaggia. Il tratto dal mare alla diga e dalla diga al ponte sembra molto difficile. Sarà difficile scavare tracce su quella sabbia. Spingeremo forte o avanzeremo a piedi».

Primo impatto

Il campione uscente attendeva con ansia il suo arrivo a Ostenda per verificare di persona il tracciato di gara.

«Il percorso avevo già potuto vederlo in occasione dei campionati belgi (vinti da Van Aert, ndr) – dice – ma non lo potevo giudicare solo in base a questo, non lo faccio mai. Sono abituato ad affrontarlo, a studiarlo di persona in allenamento per valutare con attenzione ogni singolo passaggio. Non mi fa paura né mi sento particolarmente fiducioso, dovevo vederlo da solo. D’altronde anche rispetto alla gara nazionale è passato tempo e quello che avevo visto va verificato, gli stessi organizzatori lo hanno modificato e reso più duro».

Più di una volta ha fatto show di potenza, soprattutto in partenza
Più di una volta ha fatto show di potenza, soprattutto in partenza

Guanto raccolto

Proclami di vittoria? No, non fanno parte del suo carattere.

«Penso di avere buone possibilità – si mantiene cauto il campione arancione – le ultime uscite sono state davvero buone, tali da farmi entrare nell’ultima parte della preparazione con il feeling giusto. Mi sono preparato meglio che posso, spero di vivere una bella giornata come quella dello scorso anno e so che è ampiamente possibile. Ci è stato presentato un percorso in cui entrambi possiamo fare le nostre cose. Io sarò in vantaggio nell’ippodromo, mentre il ponte e la spiaggia saranno migliori per Wout».

Van Aert, con l’azione di domenica a Overijse, gli ha lanciato il guanto di sfida, VDP è pronto a raccoglierlo.

Alvarado, il mondiale e poi… Tokyo in Mtb

29.01.2021
3 min
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Ceylin Del Carmen Alvarado arriva ai mondiali di ciclocross di Ostenda da campionessa in carica, ma non vuole pensare che si chiuda una parentesi, quella con la maglia iridata indosso. L’ultimo weekend le ha ridato fiducia, com’era a inizio stagione, quando aveva vissuto sull’onda degli eccezionali risultati acquisiti dalla mountain bike.

«Portare la maglia è stato fantastico – dice – ma sono tranquilla e fiduciosa di potermi ripetere e tenerla in casa. Io parto con la stessa mentalità dello scorso anno, con la forza della mia giovane età, forse anche un po’ sfrontata».

Foto di un anno fa, prima del mondiale. Vince al Brussels Universities Cyclocross 2020
Foto di un anno fa, prima del mondiale. Vince al Brussels Universities Cyclocross 2020

Super obiettivi

L’evoluzione della stagione, nella quale la portacolori dell’Alpecin-Fenix ha ottenuto la vittoria agli europei, due tappe del Superprestige e tre dell’X2O Badkamers Trofée, oltre al successo di domenica a Overijse in Coppa del mondo, aveva visto l’olandese di nascita dominicana un po’ in soggezione nella nuvola arancione che ha dominato ogni appuntamento internazionale, soprattutto di fronte alla crescita imperiosa della Brand. Una difficoltà forse più fisica, data dalle migliori condizioni di resistenza della connazionale stradista che da un complesso d’inferiorità.

«Io voglio emergere nelle gare che contano – dice – se ho il titolo mondiale e quello europeo significherà pur qualcosa. Io sono abituata a pormi nuovi obiettivi ogni volta, a spostare il limite sempre più in là, penso sempre a quel che mi aspetta e cerco di ottenere di più».

La vittoria di Hamme l’ha lanciata verso Ostenda
La vittoria di Hamme l’ha lanciata verso Ostenda

La forma c’è

Le vittorie dell’ultimo fine settimana sono però ormai parte del passato, ora c’è da pensare a un’altra gara. LA GARA!

«Credo di avere grandi possibilità – commenta Alvarado – ma so che ci sarà da soffrire e da lottare, perché ci sono altre atlete forti e le conosco bene… L’importante però è che ci arrivo con un buon livello di forma, come mi ero prefissata».

Il percorso le piace? «Molto – sorride – è vario e divertente, ci sono tratti a piedi, c’è sabbia, c’è erba. C’è anche un ponte, forse è un po’ alto, ma non tanto da farmi paura…».

A 22 anni la Alvarado è pronta per il grande appuntamento, poi ci sarà da pensare alla costruzione di un altro grande sogno, quello olimpico nella Mtb, ma ci sarà tempo. Ora quel che conta è riportare quella maglia così speciale nel suo armadio…

Kristian Sbaragli, 2020

Sbaragli, tanta qualità per aiutare Van der Poel

04.01.2021
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Nel giorno in cui il suo capitano Van der Poel vinceva a Hulst in Coppa del mondo, Kristian Sbaragli portava a casa un allenamento quasi asciutto in Toscana, che di questi tempi è un lusso non da poco. Il 2020 è andato in un modo un po’ strano. La squadra avrebbe avuto la possibilità di partecipare al Tour de France, dove Van der Poel sarebbe stato figura assai gradita. Tuttavia, avendo in programma le gare olimpiche, l’olandese aveva valutato di non andarci e questo la Alpecin-Fenix aveva comunicato ai francesi. Quando poi l’annata ha ricevuto l’assestamento definitivo, non c’era più il tempo di cambiare le carte in tavola e la squadra ha sposato un programma di sole classiche. Olimpiadi o no, tuttavia, nel 2021 il ranking permetterà loro di partecipare a tutte le corse e il piano dovrebbe includere i tre grandi Giri.

Kristian Sbaragli ha compiuto 30 anni ed è nel gruppo dei pro’ da quando ne aveva 23, respirando oggi la sensazione di aver trovato il suo ruolo di spalla preziosa per VdP e insieme la voglia di vincerne una ogni tanto.

Kristian Sbaragli, Castellon, Vuelta Espana 2015
Kristian Sbaragli, tappa di Castellon alla Vuelta Espana del 2015
Kristian Sbaragli, Castellon, Vuelta Espana 2015
Sbaragli vince così a Castellon alla Vuelta 2015
Ripreso a pieno regime?

Senza fretta, in realtà, perché non c’è certezza del debutto. Fino a Natale, i preparatori ci hanno detto di non spingere troppo. Abbiamo fatto 10 giorni di ritiro a dicembre, dal 6 al 16, e ora andremo dall’11 al 21 in Spagna. Tutti insieme, anche quelli che fanno ciclocross. Van der Poel è stato con noi a dicembre e ha preso la bici da cross il giorno prima di ripartire. Verrà anche lui e poi si muoverà in base alle gare fino al mondiale, poi credo che chiuderà. In ogni caso si dovrebbe debuttare alla Valenciana e poi si va allo Uae Tour. Avremo solo questa come trasferta fuori dall’Europa e semmai il Canada a settembre.

Farai ancora corsa parallela con Mathieu?

Sarò il suo supporto nei finali di corsa per buona parte del calendario. Sino alla primavera, salterò soltanto le classiche del pavé. Per tanti motivi e nessuno in particolare, non ho mai fatto il Fiandre, che pure sarebbe adatto alle mie caratteristiche. E adesso, avendo uomini esperti per quei percorsi, continuo con il programma delle Ardenne.

Alexander Konychev, Kristian Sbaragli, tricolori 2020
Quinto ai campionati italiani di Cittadella 2020. Qui con Konychev sul Muro della Tisa
Kristian Sbaragli, tricolori 2020
Quinto ai campionati italiani, qui sul Muro della Tisa
Il 2020 accanto a Van der Poel è stato impegnativo?

Lo è stato, ma per tutto quello che abbiamo vissuto. A luglio siamo andati per tre settimane in altura, poi durante tutto il periodo delle corse in Italia, non siamo mai tornati a casa per non rischiare il contagio. Sempre in albergo. Sul piano tecnico invece correre con lui è semplice. L’importante è farsi trovare davanti nei finali come al Brabante o alla Liegi. E’ super sveglio, non mi costringe agli straordinari.

Prima hai parlato dei preparatori.

Ne abbiamo quattro interni alla squadra, che ci seguono in tutto. Sono stati loro a dirci che fino al primo ritiro avremmo potuto gestirci liberamente, anche facendo altri sport. Ma da ora si entra nel vivo e gli allenamenti sono diventati più specifici.

Anche tu hai ridotto le ore e aumentato la qualità?

E’ l’orientamento degli ultimi tempi. La distanza si fa ancora, ma non sono più le 6-7 ore di una volta. Addirittura preparando la Sanremo abbiamo chiesto di allungare dopo qualche corsa, ma ci hanno detto che non serviva.

Quindi come funziona la tua settimana?

Faccio 4-5 giorni di lavoro e 3-2 di scarico, durante i quali si va in palestra o si fa un giretto. Abbiamo uno schema di 20-25 giorni da adattare se ad esempio piove. L’importante è che alla fine il volume del lavoro sia quello. Ogni volta si caricano i dati online e se capita che non lo fai per due giorni, ti arriva la mail che te lo ricorda. Il livello medio del gruppo si è alzato anche per questo. Nessuno a casa può fare il furbo e arriviamo talmente preparati alle corse, che per vincere devi essere sempre al 100 per cento.

Kristian Sbaragli, Tirreno-Adriatico 2020
Nel 2020 Sbaragli ha scortato Van der Poel anche alla Tirreno, con vittoria a Loreto
Kristian Sbaragli, Tirreno-Adriatico 2020
Nel 2020 (e nel 2021) stesso programma di VdP
Quali sono i lavori specifici di queste settimane?

I lavori di forza si fanno in palestra e anche in bici, con le più classiche Sfr e le partenze da fermo. Poi faccio parecchi lavori di soglia, con lo schema del 30″-30″ (30 secondi di sforzo e 30 di recupero), oppure 40″-20″. E anche dei lavori in progressione.

Quanto dura una distanza?

Al massimo si arriva a 5 ore, ma di solito sono 4 e mezza con un po’ di dislivello. Si fanno lavori sulle salite e rispetto a quando magari stavi fuori a spasso per 7 ore, adesso lavori ad un’intensità superiore.

Con chi ti alleni in questo periodo?

Da un paio di settimane c’è in giro Bettiol. Se non piove ci si sposta verso Montecatini dove c’è Sabatini e a volte troviamo Wackerman che correrà con la Eolo-Kometa. Però la squadra ci ha raccomandato di non fare dei grupponi e di uscire al massimo in tre, quindi si sta attenti. Rischiare non serve. Il giorno di Natale di solito si faceva una pedalata con gli amatori qui in paese, ma abbiamo deciso di rimandare.

Kristian Sbaragli, Camilla, Lorenzo
Casa Sbaragli: Kristian, la compagna Camilla, il figlio Lorenzo e il cane Gino: Natale 2020 per quattro (foto Instagram)
Kristian Sbaragli, Camilla, Lorenzo
Natale con Camilla, Lorenzo e il cane Gino (foto Instagram)
E quando piove?

Ci si veste senza esagerare, altrimenti si suda troppo, e si va. Sono importanti guanti, copriscarpe e la mantellina, che se piove già in partenza la tieni su e in salita la apri per traspirare meglio. Puoi avere i capi tecnici che ti pare, ma quando piove ci vuole addosso un po’ di plastica. E’ l’unico modo per restare asciutti.

Si esce sempre?

Se devi, ti alleni. Se piove e ci sono 3 gradi, il primo giorno salti. Poi però si va sui rulli, che io però odio. Il giorno dopo i rulli, di solito sono distrutto. Per cui preferisco uscire.

E come hai fatto durante il lockdown?

Fino a marzo abbiamo riposato, per ordine del team. Poi dal 5-6 aprile ci hanno mandato i rulli a casa e tutte le tabelle. Ed è stato fastidioso vedere che solo noi italiani non uscivamo. Mentre svizzeri, belgi e olandesi erano in bici con quel cielo grigio e il freddo, qua c’è stata la più bella primavera da 10 anni a questa parte. E noi si girava sui rulli…

Mathieu Van der Poel, Soudal Scheldecross 2020

VdP un gigante, agli altri le briciole

12.12.2020
3 min
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VdP ha davvero cattive intenzioni. Avevano evidentemente ragione i belgi, che alla vigilia della tappa del circuito X20 Badkamers Trofee ad Anversa dicevano di non fidarsi delle dichiarazioni di facciata del campione del mondo di ciclocross, né del suo presunto fisico ancora appesantito dalla sosta post-stagione su strada. I fatti hanno dato loro ragione, perché l’olandese dell’Alpecin-Fenix ha dato loro un’autentica lezione.

Mathieu Van der Poel, Soudal Scheldecross 2020
Fasi iniziali. I belgi provano a tenere cucito il gruppo
Mathieu Van der Poel, Soudal Scheldecross 2020
I belgi provano a tenere cucito il gruppo

Maledetta foratura

La sfida tanto attesa con Wout Van Aert non c’è stata, perché il belga ha cambiato programma e ha deciso di non partecipare. Ma lo spettacolo non ne ha sofferto. Si è visto sin dall’inizio che la sfida era “uno contro tutti” (anche se con il ritorno di Van der Poel anche l’altro olandese Lars Van Der Haar è sembrato di ben altra pasta rispetto alle gare d’inizio stagione). 

Il vincitore del Giro delle Fiandre non ha atteso poi tanto prima di dare vita alla sua solita strategia: stroncare gli avversari sul ritmo e la tattica sarebbe stata anche quella giusta, solo che a metà gara la sua Canyon Inflite ha iniziato a fare i capricci, forse a causa dello scivolone che VdP aveva avuto sulla sabbia nel quarto giro. Una foratura gli impediva praticamente di avanzare sui tratti meno scorrevoli, soprattutto sulla stessa sabbia e il campione europeo Eli Iserbyt si è riagganciato e posto davanti quando VdP ha effettuato il necessario cambio bici. Il “folletto fiammingo” a quel punto ha rallentato l’azione, così da dietro sono rientrati in tanti, formando un gruppo in fila indiana di ben 8 corridori.

Mathieu Van der Poel, Ely Iserbyt, Soudal Scheldecross 2020
Iserbyt ripreso dopo la foratura: Mathieu ha strada libera
Mathieu Van der Poel, Ely Iserbyt, Soudal Scheldecross 2020
Ripreso Iserbyt, Mathieu ha via libera

Spallata regolare

A tre tornate dalla fine l’episodio che forse ha deciso la corsa e che molto ci dice del carattere del campione olandese. Davanti Iserbyt (Pauzels-Sauzen Bingoal) su un lungo tratto su sabbia provava la fuga, dietro il suo compagno di colori Vanthourenhout faceva un po’ da tappo. Durante la corsa a piedi con bici al fianco, VdP ha affiancato il belga dandogli una bella botta (ricordate il discorso sul concetto di rispetto nel ciclocross?), facendolo quasi rimbalzare sulle transenne seppur senza commettere un gesto antiregolamentare.

Ripreso Iserbyt

L’olandese si è posto così in caccia di Iserbyt, riprendendolo dopo poche battute. Poco prima della campana dell’ultimo giro, su un tratto in salita, Van der Poel ha aperto il gas, staccando il rivale in maniera secca e netta, con un vantaggio che è andato moltiplicandosi per tutta l’ultima tornata. Fino a quando, sentitosi sicuro, VdP ha rallentato sistemando la sua maglia da campione del mondo per il rettilineo finale.

Di ben altro tenore rispetto alla vigilia le sue dichiarazioni all’arrivo.

«Sto meglio di quando ho esordito lo scorso anno – ha detto – il mio obiettivo sono i mondiali e solo per allora sarò al massimo, ma quando gareggio io parto sempre per vincere…».

Mathieu Van der Poel, Soudal Scheldecross 2020
Nell’ultimo giro la gara è il suo show personale
Mathieu Van der Poel, Soudal Scheldecross 2020
La gara uno show personale

Il Re è tornato

Vittoria quindi per il Re con 6” su Iserbyt (comunque contento per aver rinforzato la sua leadership nella classifica del circuito), mentre terzo arrivava un altro big della strada e del cross, il britannico Tom Pidcock, rimasto nascosto per tutta la gara, ma emerso in maniera prepotente nel finale, dando scacco matto a quel che era rimasto di un’armata belga partita con grandi intenzioni ma ridotta a più miti consigli.

Tripletta olandese fra le donne, ma ad Anversa è arrivato lo stop al filotto di vittorie di Lucinda Brand, reduce da quattro successi consecutivi ma questa volta battuta da Denise Betsema.