Bryan Olivo, Bahrain Victorious Development

Olivo è pronto a ripartire: «Voglio mostrare il mio reale valore»

02.11.2025
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Quella appena conclusa è stata l’ultima stagione da under 23 anche per Bryan Olivo, il corridore di Pordenone entrato al Cycling Team Friuli con le stigmate del campione ha vissuto quattro stagioni difficili. Nei primi tre anni con Renzo Boscolo e Roberto Bressan ha messo insieme pochissimi giorni di corsa, appena venti a stagione. Tanti stop, infortuni, frenate e ripartenze che, come spesso accade anche in gara, ti tirano il collo e alla fine ne esci stanco

«Sono a casa da qualche giorno – spiega Olivo – e sto mi sto prendendo un po’ di riposo da una stagione che mi ha stancato più mentalmente che fisicamente. Finalmente ho avuto maggiore continuità, non sono mancati gli intoppi ma di certo non sono stati pesanti come gli ultimi tre anni. E’ stata la prima stagione vissuta con una certa regolarità, però in confronto agli altri anni quando ho avuto le occasioni per mettermi in mostra non sono riuscito a centrare il risultato».

Bryan Olivo, Bahrain Victorious Development, Trofeo Piva 2025 (Photors.it)
Bryan Olivo ha corso l’ultimo anno da under 23 con il Bahrain Victorious Development (Photors.it)
Bryan Olivo, Bahrain Victorious Development, Trofeo Piva 2025 (Photors.it)
Bryan Olivo ha corso l’ultimo anno da under 23 con il Bahrain Victorious Development (Photors.it)

Step dopo step

I passi in avanti Bryan Olivo li ha comunque fatti nel suo percorso da under 23, sicuramente ad ostacoli ma non per questo privo di miglioramenti e alcune soddisfazioni. 

«Quest’anno sono mancato nei momenti in cui mi sarebbe piaciuto confermarmi – ci dice con un velo di amarezza – perché al campionato italiano a cronometro arrivavo stanco dal Giro Next Gen. Allo stesso modo, sempre al Giro, non ho avuto modo di trovare il momento giusto per entrare nella fuga in quelle due tappe dove sapevo di avere qualche chance. Mentalmente non fare risultati pesa, ti stanchi e continui a pensare. Li rincorri e loro scappano, alla fine ne esci provato.

«Peccato perché nel mio cammino da under 23 – spiega Olivo – ho visto una crescita, nonostante i numerosi problemi. A livello fisico e mentale ogni anno sento di aver fatto dei passi in avanti. Penso che se riuscissi a mettere di seguito qualche stagione normale potrei fare ancora di più». 

Il friulano è passato under 23 nel 2022 con il CTF, qui in azione al Tour of Szeklerland (foto Instagram)
Il friulano è passato under 23 nel 2022 con il CTF, qui in azione al Tour of Szeklerland (foto Instagram)
Il problema sono i risultati?

Non ci nascondiamo, nell’ultimo anno da under 23 servono quelli per passare. E’ un chiodo fisso, ma alla fine non ci ho pensato tantissimo nei momenti in cui ero chiamato a fare il mio lavoro. 

Sei passato come uno dei grandi nomi del ciclocross, ma anche per la cronometro, pensi sia mancata una direzione?

No, non direi proprio. Per quelle che sono le mie caratteristiche, per quanto riguarda la corse su strada, ho visto che ci deve essere un certo tipo di percorso. Oppure la gara deve venire selettiva per qualche motivo. Ad esempio alla San Geo, nel 2024, ho vinto in volata su un gruppo ristretto. Non ho lo spunto veloce per gli sprint di gruppo, ma in quel contesto ho dimostrato di saper vincere. 

Coppa San Geo 2024 prima vittoria in linea per Olivo che allo sprint regola quello che è rimasto del gruppo (photors.it)
Coppa San Geo 2024 prima vittoria in linea per Olivo che allo sprint regola quello che è rimasto del gruppo (photors.it)
Allo stesso modo quando la squadra è passata a essere devo team della Bahrain è cambiato qualcosa?

A livello interno, con i compagni di squadra e tanto altro magari sì, soprattutto per l’internazionalizzazione della squadra. Ma erano cose secondarie, come ad esempio la lingua. Diciamo che serviva un buon livello di inglese, mentre al CTF no. 

Per quanto riguarda l’organizzazione?

No, il team ha sempre lavorato bene. Io poi sono seguito da Alessio Mattiussi da quando ero junior, quindi non è cambiato nulla. 

Nel 2023 Olivo ha vinto il tricolore under 23 a cronometro, disciplina che da sempre è nelle sue corde
Nel 2023 Olivo ha vinto il tricolore under 23 a cronometro, disciplina che da sempre è nelle sue corde
Gli spazi in squadra ci sono sempre stati?

Se uno va forte il posto lo trova e le occasioni vengono date. Penso di aver dimostrato di essere un ottimo uomo squadra, ma che fossi bravo a dare una mano e supportare i capitani lo si sapeva già all’interno del team. Quella di non farmi passare è una scelta del team WorldTour, giustamente prendono loro la decisione finale. 

Hai parlato con altri team?

Al momento nulla, uno schermo nero. Non ho idea di cosa farò, cerco di non pensarci troppo e di godermi questi giorni di pausa. Quando sono sedici anni che fai ciclismo e a questo sport hai legato la tua vita è difficile pensare che tutto dipenda da cause esterne. 

In questa stagione ha fatto anche delle corse con il team WordlTour, eccolo alla Nokere Koerse
In questa stagione ha fatto anche delle corse con il team WordlTour, eccolo alla Nokere Koerse
C’è qualcosa che ti rimproveri?

Non saprei in realtà, forse nei primi due anni da under 23 avrei potuto raccogliere qualcosina in più a livello personale. 

Come ti senti a passare elite, è una cosa che ti preoccupa?

A mio avviso è meno importante di quanto sembri. Credo che sia una questione di dimostrare il reale valore dell’atleta, dimostrare ciò che si è e quanto si vale. E sono pronto a mettermi in gioco ancora, sedici anni non possono finire così.

Borgo è tricolore: un cerchio che si chiude un anno e mezzo dopo

29.06.2025
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DARFO BOARIO TERME – «Nel finale siamo rimasti in pochi, quelli che avevano le gambe – racconta Alessandro Borgo vestito della maglia di campione italiano U23 – ai meno 500 metri mi sono girato e ho visto che c’era spazio per un’azione diversa e ci ho provato. Sono riuscito ad arrivare da solo, è sempre bello vincere così ed eccomi qua, con il tricolore addosso». 

Per la prima volta vediamo Alessandro Borgo emozionato, il veneto del Bahrain Victorious Development Team si lascia andare in un pianto liberatorio e una dedica speciale. «Questo successo va al mio coach Alessio Mattiussi, che ha sempre creduto in me, a mio papà Massimo e mia mamma Michela, ai miei amici e ad un amico speciale che mi guarda da lassù: Daniele Gnoffo (un ragazzo che correva insieme a Borgo e venuto a mancare a causa di un incidente stradale in moto, ndr)».

Occhi su Borgo

Era il favorito Alessandro Borgo, le tappe del Giro Next Gen hanno fatto bene al suo motore e alla sua fiducia. L’occasione mancata ad Acqui Terme ha aumentato anche la fame di vittoria. Sapeva di stare bene e ha confermato quanto fatto vedere sulle strade della corsa rosa under 23

«Sapevo che il percorso di oggi era adatto a me – continua mentre cammina verso l’antidoping – ieri sono andato a provare qualche passaggio e ho capito che la corsa era disegnata per corridori con le mie caratteristiche. In più arrivavo consapevole di stare bene. Sapevo che la gara sarebbe stata difficile da gestire, anche perché tutti stamattina dicevano: «Mettiamoci a ruota di Borgo!». Quando il margine della fuga ha iniziato ad essere pericoloso ho deciso di mettere davanti la squadra a tirare».

«Sull’ultimo strappo – prosegue – avevamo nel mirino Bracalente (autore di una bellissima azione solitaria, ndr) e una volta imboccata la salita l’abbiamo fatta veramente forte. Non ho mollato di un metro e ho chiuso tutti gli attacchi da lì all’ultimo chilometro. Appena abbiamo iniziato a guardarci, dentro gli ultimi tre chilometri, ho trovato il momento giusto per partire e ce l’ho fatta».

Ti abbiamo visto sempre molto serio e pragmatico, oggi ti sei lasciato andare…

Vero, non ho la lacrima semplice però è arrivata una vittoria importantissima che aspettavo da quando ero secondo anno juniores. Arrivavo a quella gara in condizione ma ho avuto dei problemi e non era andata bene. La notte non avevo dormito ripensando all’occasione persa e continuavo a piangere. Indossare questa maglia ora da under 23 è un grande regalo per me.

Una gara non facile da gestire.

Sono riuscito a tenere sotto controllo tutto, anche la pressione. La squadra era tutta per me, i miei compagni hanno fatto un lavoro bellissimo e siamo riusciti a portare a casa un bellissimo risultato. 

Sei maturato tanto in questi anni, rispetto a quella tappa al Giro della Lunigiana riesci a controllare meglio le emozioni…

Quello era il periodo in cui raccoglievo i primi risultati di valore, alla fine sono emerso tardi perché da più piccolo facevo fatica a vincere. Ho imparato a gestire queste situazioni, adesso sono molto più tranquillo e sono consapevole che non serve a nulla innervosirsi. 

Ci hai lavorato con qualcuno?

Con un mental coach, penso sia una figura importante per chi corre a questi livelli. Alleniamo ogni giorno il corpo ma serve allenare anche la mente appoggiandoci a queste figure

Alessandro Borgo insieme al massaggiatore Ilario Contessa mentre aspetta di fare l’antidoping
Alessandro Borgo insieme al massaggiatore Ilario Contessa mentre aspetta di fare l’antidoping
Quando hai iniziato a lavorarci?

Un anno e mezzo fa, in questo periodo ho mollato un attimo ma non è detto che non tornerò a curare anche questo aspetto. Mi ha consigliato Sacha Modolo di affidarmi a un mental coach, ne ho parlato con la squadra ed erano d’accordo anche loro. 

C’è stato un episodio che ti ha fatto dire che fosse giunto il momento di cercare un supporto?

Quel campionato italiano perso da Gualdi quando ero juniores. La notte non ho dormito a causa di tutte le lacrime che ho versato. Sacha mi ha visto e ha pensato di portarmi da questa figura che mi ha aiutato tanto. 

Dormirai con il tricolore addosso questa notte?

Probabilmente sì.

Bahrain

Omrzel e Mattiussi: il cammino alla maglia rosa è iniziato nel 2023

24.06.2025
6 min
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Il giorno dopo Alessio Mattiussi, diesse e preparatore della Bahrain Victorious Development Team, è già al lavoro in vista dei campionati italiani under 23 a cronometro e su strada. La vittoria del Giro Next Gen è fresca e appesa ancora nella memoria ma l’ambizione non permette di fermarsi davanti a nessun traguardo. 

«Ci pensavo ieri (domenica, ndr) mentre eravamo in viaggio verso casa da Pinerolo – racconta Mattiussi – come sia un continuo porsi obiettivi. Ne avevamo appena raggiunto uno grandissimo ed è tempo di pensare ai prossimi. Il tempo di godersi ogni traguardo c’è, anche perché il telefono non smette di squillare e proprio così si comincia a realizzare l’importanza dell’impresa compiuta».

Jakob Omrzel e Alessio Mattiussi con la vittoria del Giro Next Gen hanno coronato un lavoro iniziato nel 2023 (foto Claudio Mollero)
Jakob Omrzel e Alessio Mattiussi con la vittoria del Giro Next Gen hanno coronato un lavoro iniziato nel 2023 (foto Claudio Mollero)

Un anno e mezzo dopo

Mattiussi ci dice che anche nei momenti più concitati della stagione il sonno non gli manca, appena tocca il letto dorme anche se poi domenica, prima della tappa decisiva, alle cinque di mattina era già sveglio. 

«Quando sei così vicino all’obiettivo – dice – c’è la gola di andare a prenderselo. Domenica a Pinerolo è stata una giornata incredibile. Pensate che durante la riunione pre tappa sul pullman è stato Omrzel stesso a dire che avremmo vinto. Sono io che ho dovuto trovare la mia migliore espressione da sfinge (ride, ndr)».

Dietro al palco delle premiazioni Roberto Bressan ci ha detto che con Omrzel ci lavori da quando era junior secondo anno…

Vero. Era novembre 2023 quando abbiamo iniziato, ovviamente in accordo con il team Adria Mobil (sua squadra da junior, ndr). Abbiamo curato tutta la stagione prefissando degli obiettivi sia con la squadra che con la nazionale slovena. L’obiettivo era costruire un programma di lavoro che permettesse a Omrzel di arrivare preparato alla categoria under 23. 

Com’è stato il primo approccio?

Atleticamente ho subito capito di avere davanti a me un corridore con spiccate doti di endurance. Con il passare dei giorni e dei chilometri dà il meglio di sé. La conferma è arrivata anche al Giro Next Gen, nelle ultime due tappe è stato il migliore. 

Umanamente parlando che ragazzo è?

Intelligente e ambizioso. Ogni volta che mette il numero sulla schiena vuole provare a vincere. Devo dire che appena ci siamo conosciuti mi ha fatto una bellissima impressione, inoltre si è fidato subito di me e questo ci ha permesso di costruire tanto. 

Anche perché non sono mancati i risultati.

Quando ha vinto la Parigi-Roubaix juniores abbiamo avuto la conferma che il metodo adottato stesse funzionando. Omrzel è un corridore da corse a tappe, quella vittoria sulle pietre è stata inaspettata però ha fatto intendere le grandi qualità. 

Il percorso per arrivare a vestire la rosa è stato tortuoso ed è passato anche dalla brutta caduta al Giro della Lunigiana (foto Instagram)
Il percorso per arrivare a vestire la rosa è stato tortuoso ed è passato anche dalla brutta caduta al Giro della Lunigiana (foto Instagram)
E’ un corridore dotato di grande intelligenza tattica?

Assolutamente. Nella tappa di Gavi eravamo pronti a cogliere le giuste occasioni dopo il Passo Penice. Sapevamo che gli uomini di classifica si sarebbero potuti muovere e così è stato. Omrzel ha dimostrato una grande visione di corsa, così come fatto nella seconda tappe del Giro di Slovenia. E’ difficile coglierlo impreparato dal punto di vista tattico. 

I suoi obiettivi lo scorso anno si sono fermati con la brutta caduta al Lunigiana, quanto è stato difficile ripartire?

Avevamo segnato in rosso il Giro della Lunigiana e i mondiali ed eravamo arrivati pronti. Quella brutta caduta ha fermato tutto e non solo dal punto di vista atletico. Omrzel è rimasto un mese in ospedale sotto osservazione, fosse stato per lui sarebbe tornato in bici dopo una o due settimane. Invece ci siamo confrontati con lo staff medico e gli abbiamo spiegato quanto fosse importante ripartire con calma. La stagione era finita e serviva recuperare bene. 

Una volta tornato in bici che sensazioni avete avuto?

Ha ripreso con calma a novembre con l’obiettivo di essere pronto per il mese di giugno. Nel ritiro di dicembre ero felice di vederlo di nuovo pedalare e che fosse con noi a fare gruppo divertendosi. Quando poi a gennaio abbiamo iniziato a preparare la stagione ho visto di nuovo tutte le sue qualità.

Ti saresti aspettato di vincere il Giro Next Gen?

Se me l’avessero chiesto a gennaio avrei risposto che sarebbe stato più un sogno che un obiettivo. Avrei detto che sarebbe riuscito a entrare nella top 5. La vittoria di domenica è ancora più bella proprio perché arriva dopo un lungo cammino insieme.

Omrzel firma il capolavoro della Bahrain: il Giro Next Gen è suo

22.06.2025
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PINEROLO – Jakob Omrzel si siede sul marciapiede, coperto dall’ombra di foglie verdi illuminate dal sole e aspetta. Aspetta ancora. Poi una voce gli dice che ha vinto il Giro Next Gen e scoppia in una festa che travolge tutti. Ilario Contessa, massaggiatore del Team Bahrain Victorious Development non trattiene le emozioni e lo abbraccia. Anzi, quasi lo stritola vista la differenza di corporatura tra i due. Gli addetti al podio fanno fatica ad aprire la strada tra le due ali di folla che si erano radunate intorno a Jakob Omrzel. Alessio Mattiussi arriva di corsa e lo sloveno si fionda tra le sue braccia (i due sono insieme nella foto di apertura). Quando si separano ci guarda e dice: «E’ merito di quest’uomo qui, è lui che ha progettato tutto».

Continuano a camminare verso il piazzale del podio, rovente come una lastra di ferro, mentre piano piano gli altri quattro ragazzi del devo team guidato da Roberto Bressan e Renzo Boscolo arrivano e parte la festa. 

Jakob Omrzel vince il Giro Next Gen all’ultima tappa (foto La Presse)
Jakob Omrzel vince il Giro Next Gen all’ultima tappa (foto La Presse)

I cinque moschettieri

Questa mattina, più o meno intorno alle 11, Alessio Mattiussi ci aveva detto di come la giornata fosse imprevedibile. Ieri a Prato Nevoso avevano un piano e la corsa è andata per un verso completamente opposto. 

«Ieri sera abbiamo fatto mille ipotesi – ci dice il diesse Mattiussi mentre si lascia andare dopo la tensione di questi giorni – e stamattina a colazione altre mille. Roberto Bressan, Renzo Boscolo al telefono e io. Un continuo scambio di idee, dettagli, pareri. Alla fine sul camper prima della tappa ho detto loro di non lasciare andare una fuga troppo numerosa o di entrarci, il nome da mettere in appoggio era quello di Borgo. Così non è stato perché il margine con i fuggitivi è sempre rimasto al di sotto del minuto. Poi gli altri ragazzi sono stati bravi a tenere Omrzel fuori da ogni pericolo e a metterlo nelle prime posizioni sulla salita. E’ stato un accumularsi di tensione fino al termine della discesa, lì abbiamo capito di avercela fatta». 

Dopo il traguardo qualche istante di attesa, qui il sorriso di Omrzel che ha appena realizzato di aver preso la maglia rosa
Dopo il traguardo qualche istante di attesa, qui il sorriso di Omrzel che ha appena realizzato di aver preso la maglia rosa

Nove mesi dopo

Jakob Omrzel arriva illuminato dal rosa della maglia di leader di questo Giro Next Gen e con un sorriso simpatico. Lo sloveno, che lo scorso anno da junior aveva stupito per le sue qualità, ora si consacra con la vittoria nella corsa a tappe più importante al suo primo anno nella categoria under 23. Il cammino non è stato semplice perché oltre alla fatica e agli allenamenti ci sono state le difficoltà dovute a un incidente gravissimo che ha visto protagonista lo stesso Omrzel al Giro della Lunigiana

«Sono passati nove mesi difficili – racconta tornando serio per un attimo – nei quali mi sono trovato a ripartire da zero. Nella mia testa è passata anche la domanda se sarei mai tornato a essere quello che ero. Si è trattato di un momento complicato, ma non ho mai smesso di crederci. Quando ero in ospedale (è rimasto per un mese ricoverato a La Spezia, ndr) ho avuto la possibilità di essere curato sia fisicamente che mentalmente». 

Mattiussi ha detto di aver realizzato che avevate vinto il Giro alla fine dell’ultima discesa, tu?

Dopo l’arrivo. Ieri mi sentivo forte ed ero convinto che avremmo potuto prendere la maglia ma oggi l’ho fatto. Ho capito di aver vinto solamente quando non ho visto arrivare Tuckwell (il leader fino a stamattina, ndr) subito dopo di me sul traguardo. Sapevo che il distacco fosse breve ma anche in gara siamo sempre stati vicini. 

Cosa vuol dire indossare questa maglia per te?

Al momento non me ne rendo conto, ho bisogno di alcuni giorni per capirlo ma abbiamo fatto tutti qualcosa di grande. 

Il podio Giro Next Gen 2025: Omrzel, secondo Turckwell e terzo Novak (foto La Presse)
Il podio Giro Next Gen 2025: Omrzel, secondo Turckwell e terzo Novak (foto La Presse)
Quando sei tornato in bici questo inverno qual era il tuo obiettivo?

Il Giro Next Gen. Siamo andati in altura, poi sono tornato in Slovenia ad allenarmi e ho corso il Giro di Slovenia con i professionisti. 

Proprio nella gara di casa ti sei reso conto di essere pronto?

Sì. Lì ho fatto un grande passo in avanti dal punto di vista mentale, credo sia il motivo grazie al quale sono venuto al Giro con tanta fiducia e tante nuove consapevolezze. Ho corso con il WorldTour e sinceramente mi hanno insegnato tanto, ho visto un’altra prospettiva di corsa e l’ho usata in questi giorni. 

Il supporto dei compagni è stato fondamentale per la vittoria di Omrzel, una vittoria di squadra (foto La Presse)
Il supporto dei compagni è stato fondamentale per la vittoria di Omrzel, una vittoria di squadra (foto La Presse)
Questa mattina, a colazione, cosa hai detto ai tuoi compagni di squadra?

Andiamo a vincere il Giro. 

Mattiussi, il tuo diesse, ieri ha detto che avresti potuto vincere, sentivi questa sensazione anche tu?

E’ il team che mi ha dato la fiducia giusta nei miei mezzi. Onestamente mi hanno aiutato molto. Non li ringrazierò mai abbastanza, non so davvero come fare ma mi piacerebbe perché senza di loro non sarei mai arrivato qui. Sono loro i responsabili di tutto, ma anche chi lavora a casa, la mia famiglia e i miei amici

In vista dell’ultima tappa è arrivato anche Roberto Bressan, storico presidente del CTF ora diventato Bahrain Development
In vista dell’ultima tappa è arrivato anche Roberto Bressan, storico presidente del CTF ora diventato Bahrain Development
Sei al primo anno da under 23, te lo saresti aspettato un inizio così?

Sì e no, come si dice: 50 e 50. Speravo di fare una corsa del genere ma non pensavo di poter vincere. Ho lavorato sodo senza mai smettere di crederci. 

Ora, che farai?

Ho tanti altri obiettivi ma prima un po’ di pausa e di festa. Ce lo siamo meritati.

Borgo, la vittoria alla Gand e una notte insonne

15.05.2025
6 min
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Com’è stato il ritorno a casa dopo la Gand? Borgo sorride, ricorda e racconta. «Abbiamo passato la notte all’hotel dell’aeroporto, perché avevo il volo il giorno dopo. E’ stata una notte… Diciamo che ho dormito sì e no un paio d’ore. Era impossibile prendere sonno, era una sensazione che non avevo mai provato fino ad ora. Pian piano mi rendevo conto di quello che avevo fatto e tutt’oggi ci penso. Poi l’accoglienza a casa sicuramente è stata bella, con i tifosi che mi supportano da sempre…».

Sono passati quattro giorni dalla vittoria di Alessandro Borgo alla Gand-Wevelgem U23. Il ragazzo di Conegliano, vent’anni compiuti il 6 febbraio, è stato a casa fino a ieri e da oggi si trasferirà sul Passo Pordoi per un blocco di altura che lo porterà in condizione al Giro Next Gen. La vittoria belga è arrivata dopo una serie di piazzamenti che lo avevano contrariato e in qualche modo ha pareggiato i conti con la sorte.

Borgo, il suo coach Mattiussi e Alessandro Pessot: ex pro’ e ora massaggiatore, ma prossimo alla laurea magistrale in Scienza dell’Alimentazione
Borgo, il suo coach Mattiussi e Alessandro Pessot: ex pro’ e ora massaggiatore, ma prossimo alla laurea magistrale in Scienza dell’Alimentazione
Eri andato su sapendo di avere le gambe per vincere?

Diciamo che era un obiettivo stagionale, cerchiato in rosso da me e dal mio coach Alessio Mattiussi. In precedenza ero venuto a casa mangiandomi le mani per un paio di occasioni sfumate. Avevo una gamba buona e le ho buttate via, ma ritengo siano stati passaggi che mi fanno crescere. Quindi sono venuto a casa e ho continuato il mio avvicinamento per la Gand. Sapevo di essere uno dei favoriti e ce l’ho fatta.

Le occasioni mancate sono i piazzamenti al Tour de Bretagne?

Esatto. Mi sono mangiato le mani in due tappe e ho fatto decimo nella generale. Il penultimo giorno, avevo le gambe buone, ma ho aspettato troppo e alla fine ho perso secondi in classifica perché non ho azzardato. Il giorno dopo invece sono stato chiuso in volata, avevo una buona gamba e sono arrivato terzo.

Gand cerchiata di rosso perché il percorso è adatto a te?

Già l’anno scorso avevo fatto un po’ di esperienze in Belgio e pur essendo al primo anno, avevo fatto quinto, quindi volevo sicuramente migliorarmi. E’ una gara abbastanza adatta alle mie caratteristiche, anche se quest’anno non è venuta troppo dura perché mancava il vento, in cui speravo. Però mi sono inventato comunque qualcosa e ce l’ho fatta.

La corsa si è accesa nel circuito del Kemmelberg e grazie al vento (foto Facebook/Gent-Wevelgem)
La corsa si è accesa nel circuito del Kemmelberg e grazie al vento (foto Facebook/Gent-Wevelgem)
Che cosa ti sei inventato?

Il giorno prima avevamo analizzato la gara sempre con Mattiussi e il vento era previsto a 18 km/h. Non bastava per fare chissà quale azione, infatti la prima parte è stata un po’ controllata con la fuga che è andata via. Poi quando ci siamo avvicinati al circuito del Kemmelberg, è arrivato anche un po’ di vento. E in una parte di percorso che già conoscevo dall’anno scorso, dove bisognava stare attenti, si è staccato un gruppetto. Io inizialmente non c’ero dentro, ma sono rientrato assieme al ragazzo della Lidl-Trek che poi ha fatto secondo (Patrick Boje Frydkjaer, ndr).

E come è andata?

All’inizio non c’era molta collaborazione, però quando siamo arrivati sulla parte più dura con le salite in successione, c’è stata una selezione naturale. Siamo rimasti in tre, negli ultimi 10 chilometri abbiamo raggiunto Golliker che era via da solo e siamo arrivati in quattro al traguardo.

Non vincevi da Collecchio nel 2024, nervoso al momento di affrontare la volata?

Diciamo che dall’anno scorso ho iniziato a trovarmi in finali di corsa abbastanza importanti. Non voglio sminuire la gara di Collecchio, però sicuramente le gare internazionali all’estero che ho fatto hanno un’importanza maggiore e ovviamente anche degli avversari superiori. Avevo già provato questo tipo di arrivi e di adrenalina. Tanto che è stato l’arrivo in cui mi sono scoperto più tranquillo. Forse non mi sono neanche reso conto di quello che stavo vivendo.

Dopo il quinto posto del 2024, per Borgo una grande conferma (foto Facebook/Gent-Wevelgem)
Dopo il quinto posto del 2024, per Borgo una grande conferma (foto Facebook/Gent-Wevelgem)
Vittoria scontata?

Quello mai. So di essere veloce, però si sa che dopo una gara di 190 chilometri, appena ti alzi in piedi per la volata, può succedere di tutto. Può partire un crampo o che ti cada la catena, perciò l’ho presa di petto, ma restando freddo. Sono partito lungo perché la strada era particolare: ai lati il pavé, mentre al centro era liscia. E siccome ho una buona volata lunga, mi sono infilato nel tratto liscio e nessuno mi ha passato.

Hai parlato di corse importanti che hai fatto, cosa possiamo dire della Freccia del Brabante?

Penso che ad oggi sia la gara più importante in cui sia partito. C’erano avversari come Van Aert, Evenepoel e Pidcock. Insomma, sono gli idoli dei corridori e ho avuto l’opportunità di correrci assieme. E’ stata forse una delle gare dove ho sofferto di più, non ero in condizione al 100 per cento e poi i ritmi erano sicuramente alti. Però mi sono trovato spalla a spalla con Remco ed è stata una sensazione molto strana. Perché da guardarlo in TV vincere le Olimpiadi, ero lì a correrci contro ed è stato stranissimo. Per questo, anche se ero a tutta, ho pensato alla maglia che avevo addosso e che dovevo onorarla. Non potevo staccarmi e così sono riuscito ad arrivare col gruppetto degli inseguitori. Ho anche provato a tirare la volata ai miei compagni Zambanini e Buratti, che però nel finale hanno avuto qualche problema. Quindi sì, è stato emozionante anche per me.

Come sta andando questo primo anno nel devo team? Tanto diverso dall’anno passato?

Sicuramente abbiamo un budget diverso, quindi le cose venivano fatte bene già prima, ma sicuramente abbiamo più materiale e più staff. Viene tutto meglio e possiamo permetterci di fare anche dei giorni di trasferta in più e questo ci fa migliorare. 

C’era tanta gente a Ieper per l’arrivo?

L’anno scorso era ovviamente di più, perché si correva nello stesso giorno dei professionisti. Però è comunque una gara sentita, una gara di spessore.

Adesso si va in altura, verso quali obiettivi?

Vado sul Pordoi e scendo il 30. Poi farò il Tour of Malopolska in Polonia, che sono quattro giorni di gara. Torno a casa il 9 giugno, faccio una rifinitura per il Giro d’Italia e da lì vediamo di portare a casa un bel risultato.

L’anno scorso, quando la squadra si chiamava CTF Victorious e Alessandro Borgo era un U23 di primo anno, il Giro Next Gen gli portò il quarto posto nella penultima tappa. Il progetto va avanti, anche se ha cambiato nome e finanziatore. Fa piacere vedere che nella squadra della Gand-Wevelgem ci fossero anche Thomas Capra che l’aveva vinta da junior e Bryan Olivo che spinge per uscire. Fa piacere riconoscere il lavoro di Alessio Mattiussi e Renzo Boscolo e il profilo di Alessandro Pessot, che ha fatto due anni da pro’ alla Bardiani e poi si è dato allo studio. In attesa della laurea magistrale per diventare nutrizionista, è massaggiatore nella sua ex squadra. E fa piacere ricevere gli aggiornamenti da Bressan ogni volta che arriva un bel risultato. L’anima friulana continua a battere, anche se a volte parla un dialetto diverso.

Temperoni: «In Rytger sono cresciuta tanto, ma mi fermo un anno»

22.11.2024
6 min
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Quest’anno tra le juniores del team danese Rytger-Carl Ras, la ligure Beatrice Temperoni ha vissuto la particolare unicità di correre per una formazione estera proprio come il suo coetaneo e conterraneo Lorenzo Mark Finn.

Il 2024 ha rappresentato un’esperienza tecnica e di vita che ha fatto crescere la 18enne di Sanremo (in apertura foto Ossola), malgrado una serie di intoppi fisici che ne hanno minato la stabilità morale, oltre al cammino agonistico. A fine stagione ha dovuto prendere una decisione non scontata, tuttavia lasciando aperta una porta per il futuro.

Beatrice Temperoni ha corso nel team danese Rytger-Carl Ras, ma ha deciso di prendersi un anno sabbatico nel 2025
Beatrice Temperoni ha corso nel team danese Rytger-Carl Ras, ma ha deciso di prendersi un anno sabbatico nel 2025

Dal Poggio alla Danimarca

Quello di Temperoni è un passato importante nelle categorie precedenti. Il suo crescendo di risultati è stato forgiato nella multidisciplinarietà. Nel 2019 da esordiente di primo anno ha vinto il tricolore nel ciclocross, nel cross-country e su strada. Tre anni più tardi da allieva ha raccolto il bronzo agli EYOF (il Festival olimpico estivo della gioventù europea) dietro la britannica Cat Ferguson e la spagnola Paula Ostiz, ovvero prima e seconda ai mondiali juniores di Zurigo e appena passate entrambe alla Movistar. Perché il ciclismo a Beatrice è passato letteralmente dentro casa ancora prima di scorrerle nelle vene.

«Avete presente la fine della discesa del Poggio – racconta – dove la strada si immette nuovamente sull’Aurelia prima del traguardo? Ecco, dove c’è il primo cancello che si vede io abito lì. Il ciclismo quindi per me è qualcosa di forte e andare alla Rytger è stata una bella opportunità, anche se non l’ho colta subito. Infatti il diesse Morten Ravnkilde mi aveva contattata proprio dopo gli EYOF, ma essendo al primo anno da juniores ero timorosa di fare quel passo. Lui e la squadra mi hanno capito e si sono rifatti avanti a maggio del 2023. Nel frattempo avevo maturato più esperienza e convinzione, così ho accettato di buon grado, mossa da tante motivazioni».

Vita mediterranea e nordica

La scelta di Temperoni comprendeva tanti aspetti organizzativi e logistici. Far conciliare gli impegni scolastici al Liceo Scientifico Sportivo di Taggia con quelli ciclistici tra allenamenti e gare.

«A scuola – prosegue Beatrice – alcuni insegnanti erano contenti per questo cambio di vita. Ad esempio la professoressa d’inglese era felice perché certamente avrei migliorato la lingua. Altri insegnanti invece non capivano che il mio era come un lavoro. D’altronde le formazioni juniores sono molto professionali in tutto, lo sapete bene. Insomma, qualcuno mi veniva incontro per programmare verifiche ed interrogazioni, qualcun altro no. Io però ho sempre fatto tutto per restare al pari, studiando durante i ritiri o dopo le gare».

Nella formazione danese c’era la campionessa norvegese Kamilla Aasebo, talento che correrà nella Uno-X (foto Rytger)
Nella formazione danese c’era la campionessa norvegese Kamilla Aasebo, talento che correrà nella Uno-X (foto Rytger)

Parallelamente Temperoni si confrontava col suo preparatore Alessio Mattiussi, mentre proseguiva l’inserimento nel Team Rytger.

«Alessio mi mandava le tabelle attraverso Training Peaks e i miei diesse mi tenevano monitorata, decidendo a quale gara mandarmi. Prima però ci sono stati i ritiri della squadra, utili per ambientarsi con le compagne e adattarsi alle abitudini danesi. I primi tre ritiri li abbiamo fatti nella zona di Copenaghen. Uno per conoscersi, prendere misure di bici e abbigliamento. Il secondo e il terzo sono stati improntati sul team building. Uscite in bici a giochi di squadra simili a caccia al tesoro. Lassù ho sofferto tantissimo il clima rigido considerando che sono abituata al caldo e che quando da me c’è freddo ci sono almeno 15 gradi. Infine a marzo siamo stati a Gran Canaria con un meteo ottimo per allenarsi in vista delle prime gare».

Alla Bizkaikoloreak nei Paesi Baschi, Temperoni è stata supportata da una buona condizione (foto Luis Iturrioz Bilbao)
Alla Bizkaikoloreak nei Paesi Baschi, Temperoni è stata supportata da una buona condizione (foto Luis Iturrioz Bilbao)

Crescita personale

Viaggiare apre la mente, specie quando hai 18 anni e lo stai facendo per lavoro. Temperoni accumula competenze e conoscenze.

«Sono cresciuta veramente tanto – spiega ancora Beatrice – perché dovevo interfacciarmi con tanta gente. Mi sono trovata spiazzata per i loro gusti alimentari perché mischiano tutto e mai come in quei momenti rimpiangevo la cucina italiana (dice sorridendo, ndr). Poi ho imparato ad organizzarmi per gli spostamenti. Ho preso molti aerei da sola per raggiungere la squadra per alcune corse. Come per andare nei Paesi Baschi che difficilmente ci sarei andata per conto mio o se fossi stata in Italia. E’ stato un assaggio di professionismo e personalmente consiglio a tutti i ragazzi di accettare le eventuali proposte che arrivano da team stranieri. Sia da juniores che da U23, è una esperienza formativa».

Anno sabbatico

Il 2024 però riserva a Beatrice sfumature inaspettate e momenti difficili che fanno da contraltare a buone prestazioni. A fine stagione, con la possibilità di passare elite, c’è un’altra scelta da prendere.

«Ero partita motivata – va avanti – ma il primo aprile sono caduta in gara rompendomi clavicola e qualche costola. Di quel giorno ho ricordi confusi perché avevo battuto anche la testa. E’ stata la mia prima caduta su strada e ho battezzato l’asfalto alla grande. Sono rimasta fuori dalle corse per due mesi, perdendo la possibilità di correre il Tour du Gévaudan Occitanie con la nazionale che mi aveva già convocata. Appena rientrata ho preso la febbre. Ho trovato una buona condizione tra fine giugno e luglio, dove ho conquistato qualche buon piazzamento. Ad agosto però ho avuto altri nuovi problemi personali e da lì ho perso gli stimoli.

Nei ritiri danesi, Temperoni ha conosciuto meglio le loro abitudini e… il freddo (foto Rytger)
Nei ritiri danesi, Temperoni ha conosciuto meglio le loro abitudini e… il freddo (foto Rytger)

«Il mese scorso – conclude Temperoni – ho deciso di prendermi un anno sabbatico dalle gare. Quest’anno a scuola avrò la maturità e voglio concentrarmi su questo obiettivo, anche perché poi la prossima estate voglio fare i test per entrare all’università. Vorrei diventare fisioterapista e la facoltà ce l’avrei a Finale Ligure. E’ stata una scelta difficile e sofferta, ma ponderata. Mi sono consultata col mio preparatore per continuare a seguire un programma di allenamento finalizzato al mantenimento della forma. Devo ritrovare qualche motivazione in più, ma vorrei tornare nel 2026. Avrò solo vent’anni e tutto il tempo per recuperare il terreno perso».

A Bionaz Vince Tjotta, ma De Cassan ruggisce e riapre i giochi

14.07.2023
6 min
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BIONAZ – «Ve lo avevo detto stamattina. Il Giro della Valle d’Aosta non è finito». Davide De Cassan è sorridente ai 1.979 metri della diga di Place Moulin, sopra Bionaz, nella splendida e selvaggia Valpelline. Okay, Davide non ha vinto, il trionfo è andato al norvegese Martin Tjotta, ma quel che conta è che il corridore del Cycling Team Friuli c’è.

La terza tappa del Valle d’Aosta propone salite lunghe, ma pedalabili. Oggi fa anche più caldo di ieri. La squadra friulana inserisce un uomo nella fuga. Un chiaro segno che si volevano smuovere le acque.

Il norvegese Tjotta conquista la terza tappa (foto Alexis Courthoud)
Il norvegese Tjotta conquista la terza tappa (foto Alexis Courthoud)
Il norvegese Tjotta conquista la terza tappa (foto Alexis Courthoud)

De Cassan leader vero

E le acque le hanno smosse eccome. Uno scatto in un tratto intermedio, se vogliamo un po’ come Golliker ieri, ha lanciato Tjotta alla vittoria e ha tolto questa gioia a De Cassan ma il gioco del CTF è stato ottimo.

De Cassan si comporta e parla da leader. Sguardo fisso negli occhi, petto in fuori, testa alta. Davvero quando ci vede arrivare ci punta il dito e ci dice quella frase scritta all’inizio.

Quando arriva Roman Ermakov lo ringrazia. Lo abbraccia. Gli dice – in inglese – che non è riuscito a vincere, ma anche di stare tranquillo, che il Valle d’Aosta non è finito.

De Cassan "consola" Ermakov, il compagno che lo ha aiutato fino allo sfinimento
De Cassan “consola” Ermakov, il compagno che lo ha aiutato fino allo sfinimento
De Cassan “consola” Ermakov, il compagno che lo ha aiutato fino allo sfinimento
E’ vero, ce lo avevi detto: non era finita ieri a Pré de Pascal…

Volevo rifarmi della tappa di ieri. La mia squadra mi ha supportato al massimo. Questo attacco era abbastanza programmato, ma tra il dire e il fare ci sono sempre tante cose. Sono mancati 12”, tanto mi ha dato Tjotta, però il morale è alto. Vediamo domani.

Una reazione da campione Davide. Un po’ come Pogacar dopo la prima tappa pirenaica di questo Tour de France…

Eh – ride – ma lui ha vinto, io ho fatto secondo.

Però hai ancora altre tappe. E anche Pogacar non è ancora in giallo.

Vero, non è finita e io ci proverò ancora. Poi se arriverà bene, sennò pazienza. 

Cosa scatta nella testa per fare una tappa così coraggiosa? Ieri sera eri andato a letto con la rabbia, con la delusione…

No, rabbia direi di no. C’è tanta gente che mi supporta e che supporta noi del CTF, quindi volevo semplicemente dare tutto per non avere rimpianti.

Ieri avete montato rapporti piuttosto corti viste le pendenze estreme del finale, oggi qual era il tuo setup?

Ho mantenuto gli stessi rapporti: 53-36 davanti e 11-30 dietro.

Il ragazzo della Alpecin-Deceuninck, Alex Bogna, non ti dava un cambio: questa cosa ti innervosiva?

Sì, mi ha innervosito parecchio. Però il ciclismo ormai un po’ lo capisco e lui aveva il suo leader dietro di noi. Certo, avesse collaborato probabilmente quei 12” sarebbero diventati qualcosa in meno e ci sarebbe stato un altro finale di tappa, ma questo non lo saprò mai. Pazienza.

Golliker ha mantenuto la maglia gialla e Faure Prost è stato autore di un finale importante, tu però sei rientrato in classifica (12⁰ a 2’23”). Cosa cambia?

Stasera guarderò bene l’ordine d’arrivo e i distacchi. E a mente fredda decideremo cosa fare da domani.

Colpaccio Mattiussi

Sull’arrivo di Bionaz ci sono diversi personaggi della Valle d’Aosta, su tutti Federico Pellegrino, mito dello sci di fondo e medaglia olimpica, che dall’alto del palco si gode la sfida e guarda con ammirazione i ragazzi. Il gioco di squadra del Cycling Team Friuli non è passato inosservato neanche a lui. 

Autore di questa azione è Alessio Mattiussi, il direttore sportivo del team di Roberto Bressan.

Alessio, anche con te partiamo dalla reazione di De Cassan…

Ieri ci aspettavamo qualcosa di più da Davide, ma sapevamo che era in condizione. Volevamo però riprovarci, dare un segnale e far vedere chi è il CTF. L’idea appunto era quella di piazzare un ragazzo all’attacco e avere un ponte per il finale. Davide doveva attaccare da lontano e guadagnare sul gruppo, se non altro per conquistare la vittoria di tappa… che ci è sfuggita di poco.

Ieri abbiamo visto una salita ripida, oggi scalate più pedalabili: sono questi i suoi percorsi?

Secondo me, visto anche come è andato Davide lo scorso anno proprio qui al Valle d’Aosta, lui preferisce salite più lunghe con pendenze un po’ più dolci. Quindi sì: oggi era la sua tappa. Ma non finisce qui perché da domani le scalate cambiano di nuovo. La particolarità di questa corsa è che è lunga, dura e le crisi, per tutti, sono dietro l’angolo.

Ama le salite pedalabili però abbiamo visto che era molto agile, in certi frangenti quasi troppo. E’ una sua caratteristica o magari si potevano scegliere altri rapporti?

Tendenzialmente è un ragazzo che ama alzarsi poco sui pedali, sta seduto e quindi cerca di fare girare molto la gamba. E’ una sua attitudine e noi l’assecondiamo.

Come mai ieri era un po’ imballato? Stamattina dopo l’intervista video Davide ci ha detto che ieri gli altri avevano messo la sesta e lui era rimasto in quinta…

In realtà ha fatto un buon avvicinamento e una buonissima prima tappa, comunque all’imbocco della scalata finale era con i migliori. Resterà un’incognita credo, tanto più dopo aver visto come è andata questa seconda tappa. Davide però è un uomo parecchio di endurance, esce alla distanza e più il Giro è duro e più può far vedere di che pasta è fatto.

Grazie mille…

Se posso aggiungere una nota, vorrei dire un grazie ad Ermakov. Oggi ha svolto un lavoro eccezionale. Questo significa essere corridore e aver capito cos’è una squadra.

Bruttomesso, partenza a razzo pensando alla Bahrain

09.03.2023
5 min
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Una vittoria e 3 secondi posti in 4 gare. Sarebbe stato difficile anche solo pensare un miglior inizio di stagione per Alberto Bruttomesso, al suo secondo anno fra gli under 23. Il suo primo e ultimo nel Ctf, avendo già in tasca il contratto con la “squadra madre”, ossia la Bahrain Victorious. Una partenza bruciante, anche se forse quel secondo posto alla San Geo, la classica di apertura, poteva aver lasciato un po’ d’amaro in bocca, secondo quella vecchia regola che nel ciclismo non c’è podio che tenga, conta solo chi vince.

Dopo il poker di gare, Bruttomesso è “tornato in cantiere” a preparare i prossimi appuntamenti, ma intanto riguarda indietro a quanto ha fatto, al suo inizio bruciante: «Non mi sarei davvero aspettato una partenza così fulminante. Sono davvero contento, è frutto di un inverno passato bene, senza intoppi, pensando solo alla preparazione e passato per il ritiro in Spagna insieme ai ragazzi della squadra maggiore, un’esperienza illuminante. Ma credo che dietro questo inizio ci sia anche un’altra ragione più profonda».

Foto di rito in Spagna, nel ritiro congiunto della Bahrain Victorious con il Ctf, suo team Devo (foto instagram)
Foto di rito in Spagna, nel ritiro congiunto della Bahrain Victorious con il Ctf, suo team Devo (foto instagram)
Quale?

La mia preparazione è un po’ cambiata, quest’inverno ho potuto fare più ore in bici e più lavori specifici avendo più tempo a disposizione. Lo scorso anno c’era ancora la scuola e quindi avevo meno ore a disposizione, uscivo il pomeriggio finché non faceva buio. Ora posso pensare solo alla mia attività sportiva e la differenza si vede.

La scuola ti impegnava molto anche mentalmente?

Sì, era pesante soprattutto dovendo preparare l’esame di maturità e questo si rifletteva un po’ su tutta l’attività ciclistica, anche se non posso certo lamentarmi di quel che ho ottenuto nel 2022. L’esame però è andato bene, ho avuto anche un voto alto e non era assolutamente facile. Ora sicuramente posso affrontare tutto con più concentrazione e tranquillità.

Mattiussi (a sinistra) ha cambiato la preparazione di Bruttomesso, con più ore di lavori specifici
Mattiussi (a sinistra) ha cambiato la preparazione di Bruttomesso, con più ore di lavori specifici
Chi è il tuo preparatore?

Alessio Mattiussi, che proprio sapendo che avevo più tempo e testa, ha costruito per me una tabella ad hoc che seguo fedelmente e che mi sta facendo crescere.

Tu hai già in tasca il contratto con la Bahrain per il 2024. Il team principale si sta già interessando a quel che fai, ti sta seguendo nella tua crescita?

Sicuramente, intanto con 5 ragazzi del team abbiamo fatto quel ritiro prestagionale in Spagna che è stato molto importante per impostare la stagione e capire dove posso arrivare. Fusaz da quest’anno lavora sia con noi del CTF che con loro, so che il contatto è continuo e questo è importante perché ci fa già sentire della famiglia.

Questo in qualche modo influisce sulle tue prestazioni, ti senti osservato?

Non direi che cambi le cose. Io quando metto il numero di gara voglio sempre dare il 110 per cento. Di certo è uno stimolo in più, ma non sento particolare pressione, quando corro penso solo a fare il meglio per vincere, diciamo che mi scatta l’adrenalina e vado…

Una vittoria e tre piazze d’onore, si sarebbe portati a pensare che siano state prove molto simili fra loro e che questo abbia favorito la tua costanza ad alti livelli. E’ così?

No, erano prove piuttosto diverse. Iniziamo dalla San Geo, la conoscete tutti, gara con 2.000 metri di dislivello e un finale selettivo, se non vai davvero forte non emergi. Ho cercato lì di fare gara dura e più del risultato, mi ha fatto piacere scollinare davanti, eravamo in tre. Alla fine la volata è stata di una ventina di atleti. Il giorno dopo a Misano (immagine di apertura, photors.it) si gareggiava in circuito, poteva essere un percorso più semplice ma il tempo terribile ha reso la gara molto dura e lì è arrivata la vittoria.

Nel secondo weekend?

A Polese la prima parte era piatta ma poi c’erano tre salite e tutti si sono messi a spingere per eliminare gli uomini più veloci, anche lì alla fine ce la siamo giocata in non più di 25. Domenica invece era un percorso più corto e si è andati sparati, media finale di 47 chilometri orari. Io comunque ho dimostrato di esserci sempre. Ora concordato con il team c’è qualche giorno di sosta, poi inizieranno le trasferte all’estero, già dal 17 con due prove in linea prima del grande appuntamento della Gand-Wevelgem.

Bruttomesso punta ora alle prove estere, in attesa di una chiamata in nazionale (foto instagram)
Bruttomesso punta ora alle prove estere, in attesa di una chiamata in nazionale (foto instagram)
Come ti trovi nel team?

Molto bene, con i dirigenti ci sentiamo quotidianamente per parlare degli allenamenti ma anche per stringere i rapporti umani che sono fondamentali. Quando sono arrivato, conoscevo già qualche ragazzo, ma ora siamo davvero un gruppo unito di amici, ho con tutti un buon rapporto e questo si vede anche in corsa, realizzare le strategie previste è molto facile così.

Dopo una partenza così, le tue aspettative sono cambiate?

Diciamo che non guardo tanto alle gare e ai risultati, proprio in previsione di quel che sarà dal prossimo anno. Voglio migliorare come corridore, soprattutto in salita ma senza perdere il mio spunto veloce. Per questo la mia prestazione alla San Geo mi ha rincuorato, la strada è quella giusta. Prima reggevo poco il fuorigiri, ora tengo molto di più. Il prossimo anno salgo nel ciclismo che conta e voglio farmi trovare preparato da ogni punto di vista.

Il 53 dopo il muro e Buratti si prende (anche) Capodarco

16.08.2022
5 min
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Capodarco è sempre Capodarco. Il caldo, la gente, il “Maracanà” del muro, la bagarre… E tutto ciò non è mancato neanche oggi, cinquantesima edizione di questa super classica d’estate. Un po’ come la vecchia Amstel Gold Race, chi scollina in testa sul muro il più delle volte non ce la fa. Perché il rischio è quello di finirsi proprio lì. La differenza si fa dopo, sul falsopiano. E anche oggi, più o meno, è andata cosi con Nicolò Buratti.

Dal momento in cui spiana alla linea d’arrivo ci sono 300 metri, ma con l’acido lattico persino sulle dita della mano per cambiare rapporto, quelle poche centinaia di metri diventano infinite. Vince chi ha nel taschino quel briciolo di energia, quel margine che si è riusciti a tenersi sul muro.

Lo spettacolo del muro di Capodarco, borgo del fermano (foto Mario Zannoni)
Lo spettacolo del muro di Capodarco, borgo del fermano (foto Mario Zannoni)

Doppietta e sicurezza…

Buratti, classe 2001, del Cycling Team Friuli è in uno stato di grazia. La corsa è nervosa. Scatti, controscatti, continui rimescolamenti. A volte stare davanti è anche questione di “fortuna”, o quanto meno di occasione e non solo di gambe. Nicolò ha avuto entrambe.

Ma per cogliere quell’occasione spesso non bastano neanche testa e gambe, serve un terzo elemento: la convinzione. E convinzione per Buratti fa rima con GP Sportivi di Poggiana. Solo 48 ore prima Buratti aveva trionfato nell’altra (importante) classica d’estate. Il successo che mancava.

«Sapevamo che Nicolò stesse bene – dice con il fiatone il suo diesse Alessio Mattiussi, mentre risale in bici verso il podio – La vittoria a Poggiana gli ha dato quella sicurezza che gli mancava. Non che Buratti sia un timido, ma si sa, il corridore è una persona particolare che ha bisogno anche di queste conferme. 

«Nicolò ci ha messo un po’ a sbloccarsi. Il Giro under 23 era l’obiettivo, ma a parte qualche piazzamento nei dieci non è andato benissimo. E anche all’italiano, era presente nella fuga buona ma non ha finalizzato. A quel punto abbiamo deciso di risposarci un po’ e di arrivare al meglio per questo finale di stagione».

Solo due giorni fa Nicolò aveva conquistato il GP Sportivi di Poggiana, ancora davanti ad uno Zalf, Guzzo (foto Photors)
Solo due giorni fa Nicolò aveva conquistato il GP Sportivi di Poggiana, ancora davanti ad uno Zalf, Guzzo (foto Photors)

Testa e gambe

Mattiussi ci parla di un corridore sempre sul pezzo. Sempre nelle azioni importanti e soprattutto in quella decisiva. 

«Una grande fetta di merito – riprende Mattiussi – è anche di Fran Miholjevic, che ha fatto un lavorone, e di tutta la squadra direi… anche dello staff! Perché il ciclismo è così: vince uno, ma lavora una squadra. In ammiraglia mi sono venuti i capelli bianchi».

«Come a Poggiana, c’erano i migliori al mondo e anche per questo siamo contenti. Abbiamo lavorato bene. Nicolò è un passista con un ottimo spunto veloce, ma ora che ha anche preso consapevolezza, con la sua gamba se la può giocare con i migliori al mondo».

Questa corsa è veramente difficile da controllare. Il suo percorso così irregolare è un invito a nozze per imboscate ed attacchi. Azzeccare le accelerazioni giuste non è facile. Il rischio è quello di sprecare molto. 

«Quest’anno la tattica mi ha favorito – dice Buratti – e non come l’anno scorso che la fuga era partita nei primi giri in basso. Stavolta si andava ad eliminazione nei giri finali.

«Il momento chiave c’è stato a sei giri dalla fine. Quando siamo andati via in 18. Inizialmente non ero dentro, ma poi collaborando con una decina di ragazzi siamo rientrati. Da lì in poi ad ogni passaggio sul muro si staccava qualcuno e per me andava bene così».

Buratti chirurgico

Nicolò non sta nella pelle. Ammette che vincere Capodarco, un’internazionale, è una bella emozione tanto più dopo Poggiana. Tutto è amplificato. «Una doppietta importante», dice.

«All’ultimo giro – racconta – siamo rimasti in sei. La corsa si poteva decidere sullo strappo o in volata. Io ho tenuto duro. Controllavo soprattutto De Pretto, che su un arrivo così esplosivo era molto pericoloso. Sì, lui forse ha scollinato sul muro mezza ruota davanti a me, ma poi io spinto a tutta. Ne avevo».

«Come la strada è spianata ho tirato su il 53 e ho dato il massimo. Mancavano 300 metri. Sono uscito all’ultima curva ai 200 metri credendo di essere partito un po’ troppo presto. Ma ho continuato a spingere. Ai 50 metri mi sono voltato e ho visto che avevo fatto il vuoto».

A quel punto Nicolò ha festeggiato, tanto da tagliare il traguardo a mani basse… come si dice in gergo.

Il podio con Buratti, De Pretto e Marcellusi (foto Mario Zannoni)
Il podio con Buratti, De Pretto e Marcellusi (foto Mario Zannoni)

Sogno azzurro

Non sta nella pelle Buratti. E fa bene. Non solo ha messo nel sacco due vittorie importanti, che di certo incideranno in positivo anche sul suo passaggio al professionismo, ma si è messo dietro fior fior di corridori. A partire dai temutissimi ragazzi della Groupama-Fdj.

«Direi – racconta Buratti – che è un ordine d’arrivo di tutto rispetto (anche Marcellusi terzo, ndr). La concorrenza era tanta e di qualità. I Groupama erano la squadra faro, ma noi del CFT abbiamo collaborato bene».

«Credo poi che un percorso come questo sia adatto a me. Sono d’accordo con Mattiussi: sono un passista veloce, ma salite di 3-4 chilometri come quelle di Capodarco sono nelle mie corde. E si è visto… Fare il muro di Capodarco con la gamba buona è davvero bello e tutto viene un po’ più facile. Anche se poi vincere non è mai banale».

«Adesso? Adesso – aggiunge il diesse Mattiussi – tiriamo avanti fino al Giro del Friuli e poi andiamo a caccia di una maglia azzurra per il mondiale».