Forti e Veloci Trento, 100 anni, presidente onorario Fulvio Valle, presidente Alessandro Groff

Cent’anni di Forti e Veloci Trento: un viaggio nel tempo

05.12.2025
6 min
Salva

I cent’anni della Forti e Veloci di Trento non potevano passare con le parole del comunicato e le foto della festa. Era il 1925 quando la squadra venne fondata, come fa a essere ancora qua a sfornare corridori come i fratelli Bais, Samuele Rivi, Magagnotti e Fedrizzi? Di mezzo c’è la storia del ciclismo, che poi è quella d’Italia. E così, quando ci siamo resi conto che c’è ancora in azione qualcuno che conobbe i primi fondatori, non abbiamo resistito alla tentazione di calarci in un racconto che per molte pagine sarà in bianco e nero. Lui si chiama Fulvio Valle, attualmente presidente onorario della squadra, ha 81 anni (nella foto di apertura è con l’attuale presidente Alessandro Groff).

«Sono stato in questa società per 57 anni – dice – e quando nel 1965 venne fatto il quarantennale, in quella foto fatta in Piazza Duomo c’erano forse tutti i fondatori del 1925. Io sono entrato tre anni dopo, ma li ho conosciuti. Uno che ha fatto il Giro d’Italia, Guido Janeselli che era del 1902. Lo stesso Dario Widmann, che era del 1905. Eppure sono fiero di dire che lo spirito di oggi, anche se completamente diverso nei concetti, ricalca lo spirito della fondazione».

La svolta epocale del 2019

Racconta di essere entrato nella Forti e Veloci a 24 anni nel 1968, anno di nascita di chi scrive questo articolo, e questo dà ancora di più il senso della profondità della storia. Dice di aver visto passare tre presidenti prima che venisse il suo turno e poi di averlo dovuto fare ancora quando morì Silvano Dusevich. E poi ridendo aggiunge che non si possono raccontare cent’anni di storia in pochi minuti: anni di risultati eclatanti e anche di difficoltà e scarsi riscontri.

«La società è molto attiva – dice – in fondo è sempre uguale. Nell’aprile del 2019 è scomparso il mio presidente, Silvano Dusevich, che era un vero filantropo. Era una persona che godeva nel dare alla società, nel senso schietto. Erano un tutt’uno. In quel momento ci siamo ritrovati e ci siamo guardati intorno. Nel direttivo c’erano dei personaggi storici, però si capiva che fosse arrivato il tempo di dare una sterzata. Diciamo che quei saggi di allora ci sono ancora oggi, quando c’è da dare una mano per organizzare una gara. Ma quel giorno c’è stata una svolta epocale, perché sono entrate delle persone giovani, persone super preparate, anche professionisti che hanno dato un’impronta completamente moderna».

Gli ostacoli del presente

Il nuovo direttivo è composto da una varietà di persone che hanno consentito la svolta. Sono venute due vittorie consecutive alla Coppa d’Oro con Magagnotti e Brandon Fedrizzi. Edoardo Caresia ha vinto il campionato italiano a Boario.

«Eppure tutti loro – precisa Valle – credono nei colori della squadra. Non tanto al rosso e al blu che ci distingue da sempre, parlo dei valori che dal 1925 a oggi ci hanno consentito di tenere in piedi la società, nonostante oggi fare ciclismo anche a livello giovanile sia tutto fuorché facile. La burocrazia e gli impegni finanziari stanno facendo chiudere tantissime società. Possiamo girarci attorno finché vogliamo, ma ci sono esempi eclatanti dalla Zalf Fior alla Giorgi: ci rendiamo conto che qualcosa non funziona più? Noi proviamo a tenere duro e magari i ragazzini questo non lo capiscono. Non riescono a cogliere appieno i valori, loro vedono che ci sono i direttori sportivi preparati. Abbiamo Claudio Caldonazzi, direttore sportivo degli allievi negli ultimi 30 anni, che è conosciuto e stimato in tutta Italia.

«I ragazzi vedono che c’è questa attività e magari non si chiedono perché mai devono andare a correre sempre più spesso fuori regione. Il fatto è che in Trentino non c’è più calendario, mentre fino a dieci anni fa, si litigava per inserire la propria gara di allievi. Noi grazie all’organizzazione che ci siamo dati, riusciamo a fronteggiare bene la situazione, pur avendo mantenuto lo spirito iniziale».

La vittoria non è tutto

C’è un passaggio nel racconto di Fulvio Valle che lascia il segno più di altri. Il Forti e Veloci Trento vince, ma la vittoria non è tutto e sarebbe profondamente sbagliato sostenerlo occupandosi di ragazzi fino agli allievi.

«Vincere la Coppa d’Oro – dice – è il massimo. Partono da Borgo in 400, poi la prima salita dopo Levico li dimezza e il finale è meraviglioso. L’abbiamo vinta, abbiamo fatto dei piazzamenti, ma non vorrei che queste mie parole facessero pensare che per stare in piedi bisogna vincere. Assolutamente no! Abbiamo passato periodi dove la china era davvero bassa e in quel momento probabilmente è stata la forza della società a farci continuare. E questa forza c’è anche adesso con Alessandro Groff presidente, che ha dato slancio ulteriore. Tutto con lo stesso spirito costruttivo nel senso dell’appartenenza ai colori sociali. Forse per questo ci siamo da cent’anni…».

Coppa San Vito 2025, Alessio Magagnotti batte Nicola Padovan (immagine Contri-Autozai)

Magagnotti, le vittorie e il cammino per diventare grande

23.10.2025
5 min
Salva

Un post su Instagram non basta per descrivere le potenzialità di un corridore. Ma se a scriverlo è un tecnico di esperienza come Gianluca Geremia, allora probabilmente vale la pena approfondire. E la settimana scorsa il tecnico regionale del Veneto ha scritto delle parole molto importanti sul trentino Magagnotti.

«Senza ombra di dubbio – ha scritto – questo è il ciclista junior più forte di che io abbia mai visto da quando sono tecnico regionale di categoria. Non mi ha stupito per le sue vittorie, ma per quanto forte andava sui percorsi meno adatti alle sue caratteristiche, facendo soffrire gli altri, non ultimo al giro della Lunigiana. Un vero fenomeno della categoria, (per me) con un unico difetto: per 5 km è trentino e non veneto! A parte la battuta, gli auguro davvero di affermarsi nei prossimi anni mantenendo l’umiltà e la determinazione che ha, sempre divertendosi! Forza @ale_magagnotti».

Premiazione Baron, 2025, foto ricordo Gianluca Geremia, Alessio Magangotti
Un incontro della settimana passata e questa foto hanno dato a Geremia l’occasione per parlare di Magagnotti
Premiazione Baron, 2025, foto ricordo Gianluca Geremia, Alessio Magangotti
Un incontro della settimana passata e questa foto hanno dato a Geremia l’occasione per parlare di Magagnotti

Per chi non fosse sul pezzo, Magagnotti è un ragazzo trentino del 2007, arrivato fra gli juniores nel 2024 dopo una splendida carriera negli allievi: 6 vittorie al primo anno e 18 al secondo, fra cui la Coppa d’Oro. Un metro e 81 per 73 chili, con la maglia della Autozai-Contri ha vinto 7 volte lo scorso anno, raddoppiandole quest’anno, fra volate e cronometro (in apertura, la Coppa San Vito in un’immagine Autozai-Contri). In pista ha vinto l’europeo dell’inseguimento a squadre, doppiandolo ai mondiali e aggiungendo l’oro nella prova individuale. Di lui si è accorta la Red Bull che l’ha fatto firmare nel suo devo team.

Che cosa ha visto in lui Gianluca Geremia?

Era l’atleta che arrivava dalla categoria allievi con dei risultati pesanti ed è riuscito a mantenere le aspettative. E’ forte perché fisicamente è dotato, non lo dico io: lo dicono i test, lo dice la nazionale. A livello fisico è un fenomeno, uno che fa più notizia quando non vince. Ma quest’anno l’ho scoperto un po’ di più. Ci ho parlato in qualche occasione e ho avuto modo di osservarlo.

Hai scritto del Giro della Lunigiana…

Non tanto per la tappa che ha vinto, ma per quando si è messo a tirare il gruppo nella tappa di Fivizzano e ha fatto sfracelli. Lo ricordo malvolentieri, perché davanti avevamo Davide Frigo, però è stato Alessio a chiudere sulla fuga. E mi sono chiesto: come ha fatto uno come lui, che ha un fisico possente, a esprimere certi numeri su quel percorso che era tutto fuorché veloce?

Giro della Lunigiana 2025, Alessio Magagnotti vince a Marina di Massa (foto Giro della Lunigiana)
Le volate non stupiscono (qui al Lunigiana): altro quando Magagnotti si esprime in tappe vallonate (foto Giro della Lunigiana)
Giro della Lunigiana 2025, Alessio Magagnotti vince a Marina di Massa (foto Giro della Lunigiana)
Le volate non stupiscono (qui al Lunigiana): altro quando Magagnotti si esprime in tappe vallonate (foto Giro della Lunigiana)
Ti sei dato una risposta?

Ha grandi numeri. Ho corso insieme a Cunego e Pozzato, ma fisicamente Magagnotti mi ricorda tanto Cancellara. Dopo Fabian, non avevo più visto un fisico del genere. Questo vuol dire tutto e non vuol dire nulla, salvo che in questo momento, con i valori che ha e per la categoria in cui si trova, Alessio è un fenomeno. D’altra parte vedo anche un ragazzo con tanta determinazione, che non si accontenta mai.

In base a cosa lo dici?

Ad esempio vedi che ha trasformato in impresa la vittoria di una gara regionale come Codognè. Ha attaccato in partenza e nessuno è più andato a prenderlo, quindi lì motore c’è. Poi ci vuole la testa, ci vuole la volontà di farlo, quindi diciamo che sta facendo vedere tante piccole cose che servono per diventare corridori.

Facciamo gli avvocati del diavolo: può essere così vincente perché è fisicamente più avanti degli altri?

Giusta domanda che ci permette di approfondire. Secondo me, sa che la strada è ancora lunga. L’ho trovato in alcune premiazioni e devo dire che tutte queste celebrazioni mi hanno sempre fatto paura. Sei davanti a un ragazzo che ha vinto in ogni categoria, ma tante premiazioni diventano dei pesi. Diventano quasi dei fastidi, se poi le cose non vanno bene. Per questo gli auguro veramente di avere intorno delle persone che non gli facciano sentire questo peso, perché a mio modo di vedere è un ragazzo proprio umile e tranquillo. Siamo noi che lo stiamo facendo volare tanto alto.

Per Magagnotti il doppio oro ai mondiali su pista: nell’inseguimento a squadre e in quello individuale (foto UCI)
Per Magagnotti il doppio oro ai mondiali su pista: nell’inseguimento a squadre e in quello individuale (foto UCI)
Lui sta con i piedi per terra?

Quando sai di essere forte, quando hai certi valori, la possibilità di vincere il campionato del mondo è la normalità. Doveva farlo. E se non lo avesse fatto, poteva significare che non aveva voglia di allenarsi. Che mentalmente non è stabile per quel tipo di impegni, invece ha dimostrato l’esatto contrario. E’ l’aspetto che mi piace maggiormente, la consapevolezza che per diventare corridore devi avere voglia di fare sacrifici e la capacità di gestire la pressione. E lui secondo me le ha entrambe.

Hai detto di averci parlato più volte: ti dà l’impressione di essere un ragazzo che ascolta?

Quando parli, ti guarda fisso e ascolta. Poi elabora i suoi pensieri, ma vedi che assorbe qualsiasi cosa. Non è per caso che vada forte. Okay le gambe, però soffermandosi sulle altre sfaccettature, capisci che c’è qualcos’altro. C’è anche la testa, secondo me ce le ha tutte, è un ragazzo da far crescere nel modo giusto. Lo dissi anche su Lorenzo Finn, il talento che ha margine, che ha vinto due mondiali di seguito: uno che quando colpisce, lo fa in modo secco.

Magagnotti è uguale?

Alessio è un fenomeno. Arrivava dalla categoria allievi come fenomeno e ha dovuto dimostrarlo sul campo tra gli juniores. Bisognerà vedere quando il fisico maturerà ancora, se valori come il rapporto potenza/peso rimarrà vantaggioso. Ma se il prossimo anno lo vedessimo vincere qualche volata, non mi stupirei. Anzi, glielo auguro e sarebbe giusto, perché il motore c’è. Spero che sfrutti il dono che madre natura gli ha dato, che capisca di essere fortunato ad aver ricevuto questa dote.

Domenica la Coppa d’Oro. I consigli di Fedrizzi, vincitore 2024

09.09.2025
5 min
Salva

Torna domenica la Coppa d’Oro per allievi, l’appuntamento di Borgo Valsugana che festeggia i suoi 60 anni. Una gara che da sola vale una stagione, basta guardare l’albo d’oro dell’evento: chi vince in terra trentina ha poi la strada spianata verso la categoria juniores, alla quale accede con molte aspettative. In pratica, la Coppa d’Oro è uno dei due eventi (insieme al campionato italiano di categoria) che da soli definiscono le gerarchie e nei quali si “assaggia” già quel che sarà, l’importanza della vittoria, anche se ci si arriva in maniera ben diversa che in qualsiasi gara junior.

Il vittorioso arrivo di Fedrizzi nel 2024, battendo Viero e il croato Zibert (foto Mosna)
Il vittorioso arrivo di Fedrizzi nel 2024, battendo Viero e il croato Zibert (foto Mosna)

Un albo d’oro quanto mai prestigioso

L’ultimo a iscrivere il suo nome nell’albo d’oro della prestigiosa competizione è stato Brandon Fedrizzi, che è succeduto ad Alessio Magagnotti. Nomi che sono i primattori ora fra gli juniores e che già hanno in tasca il passaporto per il ciclismo che conta. Il corridore altoatesino ha ancora ben presente quella magica giornata del 2024, dalla quale molto è dipeso della sua attuale realtà.

«E’ stata una grande giornata – racconta – una gioia anche personale perché essendo io di quelle zone ci tenevo in maniera particolare. Poi per me aveva anche un sapore molto particolare perché l’ha corsa anche mio padre, quindi per me era un evento diverso da tutti gli altri e volevo vincerla a ogni costo».

Alla Coppa d’Oro partecipano sempre più di 500 ragazzi, un paio d’anni fa fu sfondato il muro dei 700
Alla Coppa d’Oro partecipano sempre più di 500 ragazzi, un paio d’anni fa fu sfondato il muro dei 700
Che tipo di corsa è? Perché dicono tutti che sia più difficile di quello che si pensi?

Perché si parte in tanti, c’è sempre un elevato rischio anche di foratura o d’incidente. L’anno scorso siamo partiti in 500 e quindi c’era tanta confusione come normalmente non succede in nessun’altra gara ciclistica. Io però ho corso meno rischi perché avevo vinto il titolo italiano ed essendo con la maglia tricolore sono partito avanti, evitando ogni problema, ma chi era nel gruppo faceva inizialmente fatica a emergere.

Proprio a questo proposito è una gara diversa da tutte le altre: passando junior ti sei trovato a gareggiare in corse molto diverse da quella, con un numero di partenti definito e ben inferiore, quanto cambia nell’evoluzione della corsa?

Sicuramente tutti sono più nervosi perché tutti vogliono stare davanti proprio per evitare incidenti e intoppi. Ecco quindi che la prima salita si prende sempre a tutta fino in cima, è come una lunga volata finché non si rimane in pochi, almeno l’anno scorso c’è stata una grande selezione e siamo rimasti in una trentina, poi sotto in pianura sono rientrati altri, ma alla fine era quel gruppo che si giocava la corsa. Quindi bisogna stare molto attenti perché già nella primissima parte ci si gioca tanto, dopo neanche 200 metri si comincia già a salire e bisogna spingere.

Fedrizzi sul podio con il suo tecnico. Alla Coppa d’Oro si vince per il proprio direttore sportivo (foto Instagram)
Fedrizzi sul podio con il suo tecnico. Alla Coppa d’Oro si vince per il proprio direttore sportivo (foto Instagram)
Quanto conta come evento e che peso ha nell’evoluzione di un corridore giovanissimo?

Nella categoria allievi è un riferimento importante, per certi versi è la gara più prestigiosa che c’è, anche più del campionato italiano, almeno per me. Secondo me è una corsa storica che per la categoria è fondamentale, è il primo vero grande test che ci si trova ad affrontare, una sorta di passaggio dal punto di vista tecnico ma non solo, una porta verso il ciclismo che conta. E poi è anche bella da correre, c’è tanto tifo, molto più che in altre gare, con così tanta gente sulle salite.

Che cosa consiglieresti a chi la affronta? Soprattutto a chi è primo anno allievo e quindi non la conosce…

Direi di guardarla con attenzione il primo anno, di non pensare troppo al risultato ma di studiarsela e poi guardare le proprie caratteristiche e vedere col proprio allenatore come interpretarla al meglio.

La prova di Borgo Valsugana impone una dura selezione sin dalle sue prime battute (foto Mosna)
La prova di Borgo Valsugana impone una dura selezione sin dalle sue prime battute (foto Mosna)
Qual è la parte più importante del percorso, secondo te, quella che poi risulta decisiva?

Premesso come ho detto la partenza per le difficoltà di cui accennavo, io direi dall’inizio dell’ultima salita a fine della discesa. Lì ci si gioca tutto, è stato così anche per me. E’ lì che io ho vinto la Coppa, rientrando sulla fuga che era nata per poi conquistare il successo in volata.

Da lì hai preso l’abbrivio verso questa stagione che finora è stata positiva…

Sì, è andata bene, a dispetto di qualche problema anche col cuore che mio ha tolto parte dell’annata agonistica. Un po’ di risultati sono arrivati, ma adesso penso di più al prossimo anno, a raccogliere quanto ho seminato. Il primo anno è sempre una prova, il secondo si punta a vincere. E’ proprio quel principio che ho imparato fra gli allievi.

Anche quest’anno la prova sarà anticipata dalle gare per esordienti (foto Mosna)
Anche quest’anno la prova sarà anticipata dalle gare per esordienti (foto Mosna)
Il fatto di avere già in tasca il contratto per il devo team della Wanty Reuz per il 2027 quanto ti aiuta?

Sicuramente molto perché è qualcosa che è già iniziato, infatti sono seguito dal loro preparatore. Mi dà lui gli allenamenti proprio in funzione di quel che sarà. Ho già conosciuto lo staff e fatto anche un ritiro con loro. Posso pensare al prossimo anno senza assilli, ma sono io che voglio far fruttare questa situazione il più possibile.

Magagnotti pistard fa sognare. Bragato traccia il profilo

08.09.2025
5 min
Salva

Apeldoorn ha aggiunto non solo due ori e un bronzo al suo curriculum, ma anche un altro tassello all’altissimo profilo che Alessio Magagnotti si sta disegnando nel mondo del ciclismo fin da quando era ragazzino, quando andò a cogliere un argento agli Eyof. Da lì è stata una cavalcata, tra gli allievi prima che tra gli juniores e il suo destino è già tracciato, attraverso un contratto già firmato con un devo team.

Ai mondiali su pista di categoria Magagnotti ha prima trascinato il quartetto al quarto oro consecutivo (e lui c’era anche lo scorso anno), poi ha vinto anche la prova individuale e subito sui social sono partiti paragoni importanti con chi questa doppietta l’ha fatta al massimo livello come Filippo Ganna. Attenzione però, perché con i paragoni bisogna andarci piano, per non schiacciare il ragazzo con troppe pressioni.

Alessio con gli altri iridati del quartetto, Colombo, Cornacchini, Matteoli e Saccani
Alessio con gli altri iridati del quartetto, Colombo, Cornacchini, Matteoli e Saccani

I paragoni possono anche schiacciarlo

Diego Bragato era ai mondiali di Apeldoorn non solo come responsabile della squadra femminile, ma anche come titolare del Team Performance che segue tutta l’attività ciclistica italiana e chiaramente ha avuto un occhio attento sul ragazzo, ma ci tiene innanzitutto proprio a chiarire perché fare paragoni significa non aiutarlo.

«I paragoni lasciano sempre il tempo che trovano, secondo me lui deve ancora avere la possibilità di cimentarsi in quello che a lui piace e quello che si sente di fare. Senza legami, libero, puntando anche a divertirsi. Etichettarlo magari può essere un freno, si rischia di ingabbiarlo in un quadro in cui magari non prova a fare delle cose che gli altri non si aspettano. Invece un ragazzo di quest’età, con la forza e il potenziale che ha può provare ancora a stupire chi lo segue perché ha i valori per farlo. E comunque, se proprio dobbiamo trovare un riferimento, io vedo sicuramente molto più contatti con Milan che con Ganna».

Diego Bragato, tecnico delle ragazze e titolare del Team Performance che segue tutto il ciclismo azzurro
Diego Bragato, tecnico delle ragazze e titolare del Team Performance che segue tutto il ciclismo azzurro
Secondo te che corridore è e che corridore può essere?

A me piace molto perché incarna quello che secondo me è un po’ il percorso ideale di un atleta. Un ragazzo forte che ha lavorato finora più sulla qualità piuttosto che sulla quantità e questo lo dimostra essendo molto competitivo nell’inseguimento a squadre, ma anche in quello individuale fino al chilometro da fermo. Quindi i ventagli degli aspetti di forza e metabolici e di pura qualità li sta allenando tutti molto bene con risultati evidenti.

Questo cosa significa?

Che ha rispettato le tappe giuste finora, ha fatto vedere di essere forte come picco di potenza, infatti anche su strada in volata fa la differenza. Ha ottimi valori di potenza e capacità lattacida e questo si vede nelle prove individuali contro il tempo. Ma ha anche quelle qualità di gestione e di cambio di ritmo che nell’inseguimento a squadre servono. Credo che dal punto di vista della forza delle componenti esplosive è pronto e maturo per avere anche risultati in competizioni più importanti. Ora è arrivato a un’età di maturazione fisiologica e può iniziare a lavorare sulla parte più di quantità.

Jonathan Milan, per caratteristiche, è più assimilabile a Magagnotti, su pista come su strada
Jonathan Milan, per caratteristiche, è più assimilabile a Magagnotti, su pista come su strada
Proiettiamo tutto questo discorso sulla strada. Alessio è un corridore molto veloce che va forte anche in certi tracciati di classiche, ma non è un uomo da cronometro…

Per questo dico che non è assimilabile a Ganna. Come tipologia di atleta per me adesso è giusto che si dedichi più a gare come le classiche di categoria, perché sembra che le sue qualità di forza lo portino più da quella parte lì. Un domani con la maturità e con il fondo, magari potrebbe anche far bene anche le cronometro, ma secondo me ad oggi le sue caratteristiche sono diverse. Più esplosive, lo vedo molto più velocista.

Lo stesso Salvoldi diceva che come tipologia di corridore è più vicino a Milan, infatti occupa il suo stesso ruolo nel quartetto…

Dino ha ragione, le caratteristiche sono quelle anche se uno come lui, con le capacità che ha, può coprire più ruoli, perché uno che fa il chilometro da fermo così forte potrebbe potenzialmente fare anche la partenza e infatti con Milan in partenza, al lancio abbiamo vinto un mondiale, non dimentichiamolo… In un quartetto Magagnotti è un elemento preziosissimo perché come potenza generale, come picco, come resistenza ti consente di schierarlo in più posizioni.

Magagnotti sul podio del chilometro, vinto dal britannico Hobbs, anche lui inseguitore (foto UCI)
Magagnotti sul podio del chilometro, vinto dal britannico Hobbs, anche lui inseguitore (foto UCI)
Nelle altre specialità dell’endurance può emergere?

Ne abbiamo parlato con Salvoldi. Per questioni di tempo non ci si è potuto lavorare ma siamo convinti entrambi che sarebbe bellissimo vederlo nelle prove di gruppo, potrebbe essere un ottimo elemento per l’omnium, restando in un discorso legato alle gare del programma olimpico. Ma bisogna lavorare nel tempo anche dal punto di vista tecnico e tattico, provare, fare esperienza all’estero e un atleta come lui che inizia a correre in squadre importanti fatica a trovare il tempo necessario. Non nego però che come caratteristiche non mi spiacerebbe vederlo anche nelle prove endurance di gruppo. Farebbe faville…

L’Italia del Lunigiana: Magagnotti esulta, Pavi Degl’Innocenti quasi

06.09.2025
6 min
Salva

FIVIZZANO – Il sabato/spezzatino del Giro della Lunigiana regala gioie ai colori del nostro ciclismo. La semitappa del mattino se la prende Alessio Magagnotti, quella del pomeriggio va al francese Johan Blanc su Giulio Pavi Degl’Innocenti. La maglia verde Seff Van Kerckhove rafforza la propria leadership guadagnando qualche secondo sui diretti rivali.

Esulta Magagnotti

Dopo le prime due frazioni con tante salite, la semitappa del mattino della terza giornata del Giro della Lunigiana diventa teatro per i velocisti. Sul lungomare di Marina di Massa e sotto lo sguardo di “Ale-jet” Petacchi, Magagnotti inscena una volata magistrale che non lascia spazio ai rivali a quasi 50 chilometri orari di media. Dietro al 18enne trentino chiudono Brandon Fedrizzi (Rappresentativa Bolzano) e Christian Pighin (Friuli-Venezia Giulia) per una top 10 molto italiana con otto nostri ragazzi (sette nelle prime altrettante posizioni).

«Oggi ci tenevo a vincere – dice Magagnotti subito dopo l’arrivo – visto che a Chiavari nella prima tappa ci ero andato molto vicino. In quella circostanza avevo perso l’attimo. I tre fuggitivi hanno dimostrato di aver avuto una marcia in più in discesa. Forse ho sbagliato a non accorgermene subito che avevano allungato. Comunque ci sta perché sapevano che se fossimo arrivati in volata sarei stato avvantaggiato».

Alle spalle di Magagnotti ci sono Fedrizzi della Rappresentativa Bolzano e Pighin del Friuli-Venezia Giulia (foto Ptzphotolab)
Alle spalle di Magagnotti ci sono Fedrizzi della Rappresentativa Bolzano e Pighin del Friuli-Venezia Giulia (foto Ptzphotolab)

L’anno prossimo lo junior della Autozai-Contri passerà alla Red Bull Bora Hansgrohe Rookies, però la sua mente non è ancora proiettata alla nuova categoria. «Finito il Lunigiana – continua Alessio – tornerò da queste parti per il Trofeo Buffoni, poi dovremo delineare il calendario. Al momento sto solo pensando di finire bene la stagione. A quello che verrà ci penserò più avanti».

Vittoria nata da… un video

Quello di Marina di Massa è l’undicesimo successo stagionale su strada di Magagnotti, oltre all’oro europeo e i due mondiali in pista. Un curioso antefatto allo sprint vincente ce lo svela proprio Alessio mentre rende merito ai compagni.

«Ho dovuto fare una volata di potenza – ci dice riferendosi ad un aneddoto – perché ero restato un po’ troppo indietro e un po’ troppo all’aria. Devo ringraziare la squadra che ha fatto un ottimo lavoro nel finale per permettermi di essere della contesa. Non conoscevo gli ultimi chilometri della tappa, ma ieri sera un mio amico mi ha girato un video fatto da lui proprio degli ultimi cinque chilometri, dove era presente una complicata rotonda in fondo ad un cavalcavia.

«Quello poteva essere il punto decisivo – conclude Magagnotti – per non restare imbottigliato e stare nelle prime posizioni poteva essere un vantaggio. Ho cercato quindi di fare così, solo che essendoci transitato in quarta ruota mi sono accorto che forse ero davanti troppo presto. Ai tre chilometri era ancora lunga e mi sono lasciato sfilare, forse anche troppo. A quel punto ho fatto la volata che vi ho detto prima. Comunque sì, quel video mi ha aiutato tanto per vincere».

Pavi Degl’Innocenti protagonista

A Fivizzano negli ultimi tre anni ci hanno vinto Widar, Magnier e Martinez e la lista viene allungata da Johan Blanc, un altro francese, che nel prossimo biennio correrà nella devo team della Groupama-Fdj. Questo passista-scalatore che arriva da Rodez (alla quinta vittoria stagionale), che si era presentato al Lunigiana con una forma non ottimale e che punta ai prossimi obiettivi con la sua nazionale, è stato uno dei tre promotori dell’attacco decisivo quando mancavano tremila metri alla fine. Nella sua scia ha chiuso Giulio Pavi Degl’Innocenti, figlio di Dimitri ex pro’ a cavallo degli anni ‘90/2000. Col ragazzo di Montelupo Fiorentino, che durante l’anno difende i colori della Vangi-Il Pirata ci siamo fatti raccontare la sua giornata.

«Siamo rimasti soli fino al triangolo rosso – dice Giulio in zona premiazioni – e sull’ultimo tornante ho provato a partire sul pavè, tuttavia senza fare la differenza e venendo superato da Blanc allo sprint. E’ stata una volata lunga perché non volevamo farci riprende dal gruppo (nel terzetto c’era anche Frigo, poi quarto al traguardo, ndr). Peccato perché oggi sono andato vicino a fare una giornata quasi perfetta.

«Al mattino – prosegue – ho fatto sesto in volata nonostante ai 200 metri mi si sia rotta la tacchetta sotto la scarpa. Non avrei vinto sicuramente, però magari avrei fatto un podio anche in quel caso. L’anno prossimo passo U23, ho avuto contatti con qualche formazione, ma ancora nulla di concreto. Voglio fare bene nelle prossime gare, però anch’io come ha detto Morlino ieri, spero che questi bei piazzamenti servano per attirare ulteriormente l’attenzione».

Giulio Pavi Degl’Innocenti è figlio di Dimitri, ex pro’ anni ’90/2000. E’ un passista-scalatore con un bello spunto veloce
Giulio Pavi Degl’Innocenti è figlio di Dimitri, ex pro’ anni ’90/2000. E’ un passista-scalatore con un bello spunto veloce

Come papà, ma più veloce

Guardando l’ordine dei partenti tanti nomi di questi giovani saltano all’occhio perché evocano quelli già sentiti attraverso i loro padri. E’ il caso proprio di Giulio.

«Non se ne sentono tanti di cognomi del genere – racconta sorridendo – e quindi avevate immaginato giusto. Ho iniziato a correre praticamente da G1 (giovanissimi, ndr) seguendo le orme di mio padre e grazie a lui. Ho le sue caratteristiche da passista che tiene bene su strappi e salite corte, però sono decisamente più veloce (sorride ancora, ndr). Non ho un vero e proprio idolo, diciamo che mi piace molto Van Aert».

Van Kerckhove col terzo posto a Fivizzano ha rafforzato la sua leadership, ma teme l’ultima tappa
Van Kerckhove col terzo posto a Fivizzano ha rafforzato la sua leadership, ma teme l’ultima tappa

Ultima tappa

Domani il Giro della Lunigiana propone la chiusura in grande stile per una frazione che non sarà una passerella finale come si potrebbe pensare. La generale è ancora aperta. Van Kerckhove ha 8″ su Friedl, 19″ su Haugetun e 29″ su Rosato, primo dei nostri corridori. «Siamo tutti vicini – dice il belga che vive in Spagna a Cambrils e che capisce anche un briciolo di italiano – e la top 10 è racchiusa in meno di un minuto. Sarà molto dura l’ultima tappa, lo so già».

Partenza dallo stadio “Picco” di La Spezia ed arrivo a Terre di Luni dopo 100,7 chilometri. Nel mezzo ci saranno da affrontare tre “gpm”: l’hors categorie al Passo del Termine, il più semplice di La Foce ed infine l’impegnativa ascesa di Fosdinovo (9,6 km al 6,4% medio con punte al 15%). Nonostante quest’ultima salita sia posizionata a poco più di 20 chilometri dalla fine (di cui gli ultimi 12 in pianura), potrebbe solleticare le idee di chi vorrà provare a rivoluzionare o rafforzare la propria classifica.

Mondiali juniores dominati. Salvoldi però guarda già oltre

26.08.2025
5 min
Salva

Sei medaglie d’oro, tre d’argento e quattro di bronzo, surclassando la stessa Gran Bretagna. I mondiali juniores di ciclismo di Apeldoorn in Olanda hanno confermato ancora una volta l’Italia come scuola principale a livello giovanile. Dino Salvoldi torna a casa con il carniere ricco e con tante indicazioni utili per il prosieguo del suo lavoro, che ora si prolunga fino al massimo livello, quello elite. Tanti gli spunti che i 5 giorni di gara hanno dato al selezionatore azzurro.

Salvoldi con il presidente Fci Dagnoni e il quartetto azzurro, oro per il quarto anno di fila
Salvoldi con il presidente Fci Dagnoni e il quartetto azzurro, oro per il quarto anno di fila

Un bilancio sontuoso che però, per Salvoldi, era quasi prevedibile anche dopo i risultati provenienti dagli europei di Anadia: «Senza la minima volontà di apparire presuntuoso le aspettative erano alte perché laddove c’è il cronometro abbiamo un metro di paragone sul quale poter lavorare e i numeri ci dicono dove più o meno potresti collocarci a livello internazionale, a meno di fatti straordinari. Ma centrare il bersaglio pieno quando parti da favorito ha un valore molto importante. Nelle altre gare, quelle di gruppo le variabili sono sempre tante, ma anche lì avevamo la consapevolezza di essere preparati e competitivi. Poi qualche sorpresa c’è anche stata come il bronzo di Vendramin in una prova composita come l’omnium. Alla fine abbiamo corso 8 gare e abbiamo preso la medaglia in 7, in un contesto di categoria che ogni anno si alza sempre di più».

Il quartetto si è confermato e ormai sembra quasi un’abitudine. Questo gruppo, rispetto a quello dello scorso anno che ha stabilito il record mondiale, come si colloca come valori?

Il tempo finale talvolta è anche condizionato dalle condizioni ambientali del tipo di pista e anche dall’avversario con cui ti trovi a correre in finale. Tutte queste componenti sono venute un pochino meno rispetto alla situazione ideale. Presi individualmente avevamo Magagnotti che c’era quest’anno e anche lo scorso. Comunque non credo di fare torto a nessuno nel dire che in questa squadra e in quella dell’anno scorso Magagnotti era il leader, per quello che riguarda gli altri forse quelli dell’anno scorso avevano e avranno più attitudine per la pista, dal punto di vista muscolare e metabolico. Il gruppo di quest’anno è più multidisciplinare, composto da gente che è più indirizzato verso la strada.

Doppio oro per Alessio Magagnotti, vero leader della nazionale su pista e protagonista anche su strada
Doppio oro per Alessio Magagnotti, vero leader della nazionale su pista e protagonista anche su strada
A proposito di Magagnotti, con il suo titolo mondiale d’inseguimento individuale e a squadre ha fatto pensare a Filippo Ganna. Secondo te ci sono punti di contatto?

Io direi che, anche per posizione nel quartetto, trovo molte più affinità con Milan – ribatte Salvoldi – e questo si vede anche su strada, dov’è un vincente nelle volate di gruppo, ma è anche grazie a questa caratteristica specifica che gli consente di fare bene il quartetto e l’insegnamento individuale. Io lo vedo davvero su quella direzione, ricalcando in proiezione i passi di Johnny.

Mentre per quanto riguarda Vendramin, è stato davvero una scoperta in questa occasione, con ben tre medaglie. Che corridore è?

Jacopo sapevamo che è un ciclista di un livello molto alto perché è un ragazzo molto, molto veloce e con una grande abilità di guida e soprattutto una grande visione periferica in gara. Quest’anno lo abbiamo imparato a conoscere, a scoprire e allenare. Nell’ultimo periodo è cresciuto enormemente, si è completato, anche se c’è ancora tanto da fare e lui lo sa. E’ un corridore del dicembre 2008, è quasi più un allievo che uno junior primo anno, ancora giovanissimo e che deve imparare tanto. E’ stata una bella scoperta, un bel percorso condiviso. Chiaramente per renderlo un corridore vero bisogna andare ad allenare quelle lacune che evidentemente deve avere alla sua età, ma devo dirgli bravo, perché i risultati confermano che la sua applicazione, il lavoro che abbiamo fatto ha alzato il suo livello.

Jacopo Vendramin sorpresa azzurra, sul podio in eliminazione, scratch e omnium (foto Uci)
Jacopo Vendramin sorpresa azzurra, sul podio in eliminazione, scratch e omnium (foto Uci)
Allarghiamo un attimo il discorso, a tre anni dalle Olimpiadi un mondiale su pista può dare indicazioni per il discorso olimpico o sono ragazzi troppo giovani per pensare a questa edizione, come invece può succedere per altri sport come il nuoto che svolgeva la rassegna iridata junior in contemporanea?

E’ una bella domanda e devo rispondere che nel sistema Italia la priorità ce l’ha comunque sempre l’attività su strada. Altri Paesi hanno un’altra storia, un’altra struttura rispetto a noi, potrebbe anche non essere prematuro inserire qualche nome già per Los Angeles. Noi con questo gruppo dobbiamo per forza proiettarci verso Brisbane 2032.

Tu adesso ti metti subito all’opera per pensare ai mondiali in Cile? Anche se manca tempo, ti stai facendo un’idea di chi portare e che cosa attendersi, magari coltivando una speranza di avere anche i big del quartetto?

In termini di programmazione la risposta è no. Tutti hanno fatto scelte diverse quest’anno proprio perché è quello postolimpico, scelte che io in prima persona condivido, infatti non ho mai fatto alcuna forzatura, quindi ad oggi non ci sarà nessuno dei campioni a parte Lamon. Magari potrebbe succedere, un imprevisto, una variazione di programma che determini questa opportunità, ma io devo ragionare su quel che ho a disposizione e quindi seguiremo la via maestra di far fare esperienza ai giovani, alcuni al loro primo mondiale. Inizieremo il 3 settembre gli allenamenti e se penso ai mondiali è giusto e coerente tenere un profilo molto basso, ma non c’è niente di male in questo, è una fase di scoperta, di crescita e di riprogrammazione.

La Gran Bretagna ha chiuso alle spalle dell’Italia. Spicca l’oro di Hobbs in omnium e chilometro (foto Uci)
La Gran Bretagna ha chiuso alle spalle dell’Italia. Spicca l’oro di Hobbs in omnium e chilometro (foto Uci)
Proprio in questi giorni, sono usciti i calendari di Coppa del mondo per i prossimi 3 anni, con tutte gare in Estremo Oriente e Australia salvo la penultima tappa 2028 in Francia. E’ un programma che secondo te va bene per noi, per guadagnarsi la qualificazione olimpica?

Per dove sono collocate devo dire di no – risponde Salvoldi – ma anche per quando, perché il periodo d’inizio anno non ci aiuta. Tutti e dico tutti saranno impegnati con i loro team nella preparazione e nelle prime gare, quindi dovremo programmarci bene, fare un turnover, considerando anche che sono tutte gare molto lontane, che quindi presuppongono anche viaggi e giorni d’impegno. Avere un calendario definito aiuta comunque a fare un’ipotesi di programmazione. Ma ancora più importanti delle Coppe del mondo saranno i mondiali, perché è facilmente presumibile che da lì scaturirà la maggior parte dei punti validi per la qualificazione olimpica. Lì dovremo programmare di avere la presenza degli atleti migliori.

EDITORIALE / Da Apeldoorn la ricetta perché tutto riparta

25.08.2025
6 min
Salva

La trasferta iridata di Apeldoorn è stata un trionfo azzurro. Lo scorso anno il bilancio parlò di tre ori e un bronzo. Quest’anno la spedizione è tornata a casa con 6 ori, 3 argenti e 4 bronzi: 13 medaglie, che hanno collocato l’Italia al primo posto del medagliere.

Matilde Cenci nel chilometro da fermo e nel keirin (foto UCI in apertura). Trevisan, ancora Matilde Cenci, Campana e Fiscarelli nel team sprint. Colombo, Cornacchini, Magagnotti, Matteoli e Federico Saccani nell’inseguimento a squadre. Ancora Magagnotti nell’inseguimento individuale, Chantal Pegolo nell’eliminazione. Questi gli ori di Apeldoorn, seguiti dagli argenti di Jacopo Vendramin nell’eliminazione, di Julian Bortolami e Riccardo Colombo nella madison, di Linda Sanarini, Matilde Rossignoli, Elisa Bianchi, Alessia Orsi ed Erja Giulia Bianchi nell’inseguimento a squadre. Infine i bronzi, con Vendramin nell’omnium e nello scratch, Matilde Cenci nello sprint e Magagnotti nel chilometro.

«Oltre ai doverosi complimenti ad atleti e società – ha commentato il presidente FCI Dagnoni – ci tengo a ringraziare tutti i tecnici e lo staff della Nazionale, che da tempo lavora in perfetta sinergia, permettendo ogni anno di raggiungere obiettivi sempre maggiori. Credo che la continuità tecnica sia uno dei segreti. Abbiamo impostato il lavoro quattro anni fa credendo in questi tecnici e da allora non ci sono stati cambiamenti sostanziali. Questo ha permesso a ognuno di lavorare con tranquillità. L’armonia che regna nelle nostre Nazionali consente agli atleti di esprimersi al meglio e di crescere tecnicamente».

WorldTour e devo team

Tempo fa scrivemmo in un Editoriale che la WorldTour italiana esiste ed è il gruppo della pista. Marco Villa era ancora al comando e la sua programmazione, che prosegue oggi in continuità, ha permesso negli anni di arrivare a titoli olimpici e mondiali fra le donne e fra gli uomini. Una struttura nata nella precedente gestione federale e che, opportunamente potenziata, lavora nella continuità cui fa riferimento il presidente Dagnoni.

L’inserimento di Dino Salvoldi alla guida degli juniores e ora della pista maschile è stato un’intuizione geniale di cui va riconosciuto il merito. Il potenziamento del team performance e il coinvolgimento sempre maggiore di Diego Bragato nella gestione degli atleti si sta rivelando un’altra mossa vincente. Ne consegue che se il gruppo degli elite è la WorldTour, le nazionali U23 e juniores sono il degno devo team, che lavora in modo coerente con i metodi del vertice. I risultati di Anadia e ora di Apeldoorn ne sono la testimonianza.

E qui il discorso si sposta al resto del ciclismo italiano, che fa fatica ed è sotto gli occhi di tutti. Tuttavia quella fatica andrebbe forse riletta alla luce di altre consapevolezze per le quali il ruolo federale potrebbe non essere così impattante. Proviamo a spiegarci, tornando al periodo del Covid da cui tutto è cominciato. Prima era diverso, magari già avviato lungo una china da non sottovalutare, ma diverso. Scusate il paragone in apparenza contorto: se avrete la pazienza di seguirci, magari alla fine ci troveremo d’accordo.

Fra Covid e programmazione

Quando la pandemia travolse tutto e tutti e ci si accorse che la bicicletta era il solo modo per sfuggire al lockdown, fu evidente che alcuni negozi fossero pieni di pezzi da vendere, mentre altri erano a secco. Erano i più piccoli, quelli che andavano avanti con le regole di una volta e non erano stati in grado – per incapacità o mancanza di cultura specifica – di attuare la programmazione degli ordini che la crisi aveva reso indispensabile. Negli anni quei piccoli negozi hanno chiuso e sono rimasti in piedi le strutture più grandi.

Nelle squadre è accaduto o sta ancora accadendo la stessa cosa. Il ciclismo giovanile, che per decenni è andato avanti con il volontariato, si è trovato davanti a strutture più organizzate, che dall’estero hanno mostrato una superiore capacità di organizzazione e pianificazione. Squadre nate con budget superiori oppure capaci di attrarre risorse grazie a strutture nuove e senza troppi vincoli con il passato. In una vita precedente, qualcuno raccomandò di tenere lontani i manager dalle squadre, senza capire che così facendo si stava condannando il ciclismo italiano all’estinzione.

Chi ha capito è riuscito ad attuare una conversione, infilandosi nel binario che porta verso il futuro. L’esempio del Cycling Team Friuli e a breve della Biesse-Carrera (in procinto di entrare nell’orbita Cofidis, sia pure non come devo team) ne sono un valido esempio. Chi ha deciso di resistere sulla vecchia strada purtroppo ha dovuto rassegnarsi alla chiusura. L’esempio della Zalf Fior è una ferita ancora dolorosa.

Il settore velocità sta decollando, la conferma di Apeldoorn: qui il ct Ivan Quaranta assieme a Matilde Cenci (foto UCI)
Il settore velocità sta decollando, la conferma di Apeldoorn: qui il ct Ivan Quaranta assieme a Matilde Cenci (foto UCI)

Il ruolo della Federazione

La Federazione in tutto questo ha un ruolo? Probabilmente non avrebbe potuto scongiurare il tracollo di quel mondo. Semmai una responsabilità superiore ce l’ha probabilmente chi in precedenza si è accontentato di gestire senza programmare, gettando il seme sulla sabbia o in mezzo ai rovi. Se oggi qualcosa si può fare è prendere in mano il movimento, dargli una forma e guidare il futuro, nella stessa direzione adottata con le nazionali. Non può essere la Federazione ad attrarre i budget per le società, ma può esigere che chi guida il ciclismo di base sia davvero qualificato. Bene il volontariato, a patto che non diventi l’alibi per restare fermi. La Federazione può e deve vigilare sulla corretta gestione dei ragazzi più giovani. Coinvolgendo persone innamorate e competenti come Mario Chiesa, per fare un esempio, che proprio qui ha di recente denunciato le esagerazioni che non portano a niente.

Ecco, se qualcosa ci sentiamo di chiedere alla Federazione del presidente Dagnoni, prima di stringergli la mano per i risultati ottenuti ad Apeldoorn e Anadia, è di uscire dalla logica dei voti nel cui nome si accetta di non crescere. Di modificare lo statuto e dare voce a chi avrebbe davvero le competenze per far ripartire il nostro ciclismo. Di impegnarsi sul territorio e nelle scuole, per raccontare la potenza educativa, ecologica e sociale di questo sport. Solo qualificando chi opera nel ciclismo si può sperare che lo sport torni appetibile. E che il meccanismo virtuoso si rimetta in moto.

Magagnotti e Capello tornano rigenerati dalla Boemia

17.05.2025
6 min
Salva

Grazie alle prestazioni ottenute alla Course de la Paix, soprattutto da Agostinacchio, Capello e Magagnotti, l’Italia è al comando della Nations Cup juniores maschile. E’ un risultato che per molti versi sorprende, considerando che lo stesso cittì Salvoldi, nel commentare le ottime prestazioni italiane in terra boema non ha mancato di ricordare come la tradizione italiana nel ciclismo giovanile voglia che in primavera ci sia un normale gap con le altre nazioni, dettato soprattutto dagli impegni scolastici. Eravamo abituati a vedere un’altra Italia da luglio in poi, ma anche le tradizioni più radicate sono destinate ad aggiornarsi, a quanto pare.

Il podio della prima tappa dove l’olandese Schonvelde ha vanificato il lavoro degli azzurri
Il podio della prima tappa dove l’olandese Schonvelde ha vanificato il lavoro degli azzurri

Due azzurri, due obiettivi

Alla Corsa della Pace tutti gli azzurri sono stati protagonisti, ma, dopo aver sottolineato i risultati e soprattutto la presenza come uomo-squadra dell’iridato di ciclocross Mattia Agostinacchio, l’accento va posto su due corridori, Alessio Magagnotti e Roberto Capello. Perché hanno avuto un rendimento elevatissimo dedicandosi a due obiettivi ben diversi: il primo ha puntato ai successi di tappa e alla conseguente classifica a punti, Capello da parte sua si è ritrovato a battagliare per la classifica generale, portando a casa un podio che vale oro e che ha inorgoglito anche il suo team, la Grenke Auto Eder che aveva creduto in lui sorprendendo con il suo ingaggio molti addetti ai lavori.

Partiamo da Magagnotti, che con i risultati portati a casa mette pace in una prima parte di stagione iniziata con qualche patema: «La prima parte di stagione era andata maluccio, troppa sfortuna e appuntamenti mancati con la vittoria. Avevo perso un po’ di autostima, non capivo perché non riuscissi a tradurre in risultati la mia condizione, le mie aspettative. Poi è arrivata la prima vittoria al Memorial Vangi, ma il cambio di rotta l’ho vissuto al Trofeo Emozione, dove sono riuscito a vincere pur avendo bei problemi con l’allergia. Lì è cambiato un po’ tutto».

La vittoria di Magagnotti nella semitappa del secondo giorno, favorita da Agostinacchio (3°)
La vittoria di Magagnotti nella semitappa del secondo giorno, favorita da Agostinacchio (3°)
Quella in terra boema era la tua prima uscita all’estero in questa stagione, ti aspettavi un bottino così ricco?

Diciamo che non sapevo quale poteva essere il mio reale valore, ma in ogni tappa sono partito con l’obiettivo della vittoria. Il podio nella prima tappa è servito molto, nella semitappa del secondo giorno mi sono accorto che qualcosa era cambiato dal punto di vista mentale, mi sentivo abbastanza sicuro, ma al di là dei risultati, quel che mi porto dietro dalla Boemia è il fatto che sono riuscito a rimanere sempre con i migliori, anche nella tappa più dura.

Un aspetto dei risultati che merita un approfondimento è il fatto che in tutte le volate sei arrivato tra i primi come anche Agostinacchio: facevate sprint diversi?

Il primo giorno sì, avevamo avuto disposizione di fare io la volata con la squadra a farmi da treno e Mattia a fare lo sprint isolato. Purtroppo ci è sfuggito l’olandese Schoonvelde così abbiamo chiuso secondo lui e terzo io. Ma si vedeva che andavamo forte. Il secondo giorno invece Mattia mi ha tirato lo sprint fino ai 600 metri ed è stato importante per poter poi lanciare la volata, la vittoria è anche merito suo. Nella tappa più dura siamo rimasti insieme, l’ultimo giorno lui ha vinto la volata del gruppo, io ero con quelli in fuga, ma ero davvero in debito di energie, ho fatto lo sprint ma non ne avevo per vincere e ho chiuso secondo.

Il trentino in maglia bianca. Magagnotti ha già trovato un accordo con un devo team per il 2026
Il trentino in maglia bianca. Magagnotti ha già trovato un accordo con un devo team per il 2026
In attesa di poter ufficializzare la squadra per il prossimo anno si sa già che è un devo team del WorldTour. Avere la strada già spianata in questo periodo della stagione è un aiuto dal punto di vista psicologico?

Fino a un certo punto. So che avrò un futuro in un grande team, ma ci penserò al momento opportuno, per ora conta il fatto che corro per l’Autozai Contri e voglio onorare questa maglia fino all’ultimo giorno ottenendo quante più vittorie possibile. La mia fame di vittorie non si è minimamente placata dopo l’accordo per il 2026, vado avanti giorno per giorno.

Un po’ ti penalizza il fatto che i percorsi delle gare titolate sono per scalatori puri, ti senti tagliato fuori?

L’europeo so che non si adatta a me, per il mondiale però un pensierino lo faccio ancora, voglio vedere bene com’è il percorso per capire se e cosa posso fare. Poi c’è sempre la pista, sulla quale ora voglio concentrarmi anche perché mi piacerebbe essere chiamato ancora a far parte del quartetto. Insomma, di carne al fuoco ce n’è tanta…

Il podio finale della Course de la Paix, vinta da Jackowiak (POL) con 2″ su Herzog (ER) e 10″ su Capello
Il podio finale della Course de la Paix, vinta da Jackowiak (POL) con 2″ su Herzog (ER) e 10″ su Capello

Un podio arrivato a sorpresa

Mentre Magagnotti e Agostinacchio lottavano per le tappe, c’era però Roberto Capello che guardava alla classifica e il suo podio è forse l’esito più sorprendente della corsa a tappe in terra ceka: «Sinceramente il podio non me l’aspettavo, anche se precedentemente, al GP West Bohemia avevo chiuso al 6° posto, ma era una corsa diversa e soprattutto con una partecipazione di livello molto differente. La cosa che mi ha stupito è stato il mio rendimento a cronometro: non ne avevo mai fatte eppure ho chiuso in Top 10. Nella tappa regina mi sono difeso attaccando, ho provato un paio di volte ad andar via e alla fine ho chiuso 6°. Alla fine il terzo posto è un grande traguardo».

Scaturito anche senza cercarlo troppo…

La squadra era giustamente più improntata sulla caccia alle tappe, ma io ho visto che tenevo e la classifica si metteva sempre meglio. Così man mano il team mi ha aiutato, soprattutto nella penultima tappa e in quella finale avevamo anche pensato a cercare il colpo a sensazione, ma non ci siamo riusciti.

Capello con il team Grenke Auto Eder. L’esperienza internazionale sta già portando i suoi frutti
Capello con il team Grenke Auto Eder. L’esperienza internazionale sta già portando i suoi frutti
Con i compagni di squadra ti conoscevi?

Sì, tranne Agostinacchio. Con gli altri ci troviamo spesso alle gare, succedeva così sin da quand’eravamo allievi quindi anche militando in squadre diverse ci si ritrovava spesso a parlare. Si è formato un bel gruppo, io credo che sia stato il primo ingrediente per i risultati che abbiamo portato a casa perché eravamo molto amalgamati.

Quanto influisce il militare nel team inserito nella filiera Red Bull, quanto ti ha cambiato finora?

E’ un aspetto fondamentale perché si lavora tantissimo sulla fiducia reciproca. Sai che se un giorno lavori per far vincere un compagno, poi verrà il momento che ricambierà e correrà per farti vincere. Questo clima si è ricreato in nazionale, con corridori con i quali normalmente si è in competizione e questo credo sia molto importante. Nel team internazionale sono già cresciuto molto, sia a livello tecnico che tattico, ma i bilanci si fanno a fine stagione. Io ora aspetto la prima vittoria, sto lavorando per quello.

Per Capello (numero 60) ora sono in programma prove italiane da affrontare senza il supporto del team
Per Capello (numero 60) ora sono in programma prove italiane da affrontare senza il supporto del team
Che cosa stai imparando in particolare?

C’è una mentalità diversa, per la quale si corre sempre per vincere, non importa come sia il percorso e chi ci sia come avversario. Questo mi fa capire come sia stata la scelta giusta. Ora mi aspettano un po’ di gare in Italia dove sarò solo, ma questo non mi pesa, perché è qualcosa che ho già fatto in passato e so come muovermi, come sfruttare il lavoro degli altri team. E’ chiaro però che quando ci sono i miei compagni di squadra, è molto meglio…

Tra pista e juniores, la doppia veste di Salvoldi

14.05.2025
5 min
Salva

E mentre il suo collaboratore di sempre Sangalli si accinge al debutto al Giro, Dino Salvoldi è reduce da un’importante trasferta, quella per la Corsa della Pace. Ennesimo capitolo di una stagione nella quale non c’è sosta, visto il suo doppio incarico federale di responsabile della categoria (in toto, cioè fra pista e strada com’era prima) e di cittì della pista maschile nel suo insieme. Tenere dietro a tutto non è facile, ma come aveva fatto tre anni fa quando gli fu affidato il settore giovanile, il tecnico si è messo al lavoro per ambientarsi il più possibile.

Ecco quindi che ogni intervista, ogni contatto lo investe da due sponde, per tastare con mano la situazione da una parte e dall’altra. Lui però sembra avere già trovato la quadra per la coesistenza fra le due anime. La chiacchierata non può che prendere avvio proprio da quanto avvenuto in terra boema.

La squadra azzurra in Boemia: da sinistra Magagnotti, Mengarelli, Agostinacchio, Capello e Bertoncelli
Parte della squadra azzurra in Boemia: da sinistra Agostinacchio, Capello e Bertoncelli

«Essere stati protagonisti in una gara così prestigiosa è un bellissimo segnale. Abbiamo vinto la classifica a squadre e fatto doppietta in quella a punti con Magagnotti e Agostinacchio, siamo saliti sul podio generale con Capello, poi una vittoria di tappa sempre con Magagnotti e altri tre podi grazie anche ad Agostinacchio, credo che i numeri dicano tutto. Quel che non dicono è che torniamo a casa anche con qualche rimpianto in valigia, perché nella tappa principale abbiamo provato a ribaltare la classifica e solo un pizzico di sfortuna e qualche imprecisione ce lo hanno impedito».

Come ti stai trovando con i ragazzi?

Diciamo che questo è la prosecuzione del lavoro degli anni precedenti, anche perché questi ragazzi sono al secondo anno e sono molto più avvezzi, si vede la loro crescita anche personale. Siamo arrivati all’evento con meno raduni per il ridotto budget a disposizione, abbiamo pagato a caro prezzo l’annullamento dell’Eroica che ci sarebbe servita tantissimo, ma il primo test internazionale ci ha dato risposte anche superiori alle aspettative.

Il cittì con i ragazzi prima del via di una tappa. La scelta delle strategie è stata fondamentale per loro
Il cittì con i ragazzi prima del via di una tappa. La scelta delle strategie è stata fondamentale per loro
D’altro canto sulla categoria c’è molta attenzione dopo l’exploit di Finn agli ultimi mondiali. Si sente la sua mancanza ora che è passato di categoria?

Quella è stata una bellissima pagina, ma noi dobbiamo andare avanti. Io noto che il livello medio del nostro movimento si è molto alzato. In alcune gare che tre anni fa mostravano una grande selezione, oggi vedo arrivi di gruppi abbastanza corposi, questo significa che il livello generale è salito, lo dicono anche le medie orarie. Per me questo test aveva molto valore, anche se è presto per trarne indicazioni per le prove titolate.

Dicevi però che questo era un punto di svolta. E ora?

Ora inizieremo a differenziare i gruppi, mettendo da una parte chi è immediatamente competitivo e dall’altra quei ragazzi di primo anno sui quali lavorare con costrutto per il 2026. Teniamo anche conto di un fatto: tradizionalmente il nostro movimento nella prima parte dell’anno è meno brillante perché c’è la variabile scuola che influisce molto di più che negli altri Paesi, penso che andando avanti nella stagione il nostro livello crescerà ancora.

Salvoldi è spesso presente alle gare junior italiane per valutare il livello dei ragazzi
Salvoldi è spesso presente alle gare junior italiane per valutare il livello dei ragazzi
Veniamo alla pista, come ti stai gestendo?

Con gli under 23 il mio lavoro è iniziato praticamente da un mese – risponde Salvoldi – ma per la categoria sono già settimane importanti perché ci sono gli europei da preparare. Ho formato un primo gruppo di riferimento, d’altronde i ragazzi degli anni 2004-06 sono quelli che ho seguito nelle passate stagioni, quindi il lavoro è abbastanza agevole, ci si conosce già. Devo dire che sono particolarmente soddisfatto delle loro continue presenze a Montichiari, del lavoro che stiamo svolgendo. Non era così scontato considerando che il 90 per cento di loro è in team internazionali alle prese con un calendario intenso. Ho trovato, anche da parte di questi, disponibilità totale.

E per quanto riguarda gli elite? Ammetterai che è una stagione strana, senza eventi importanti fino a ottobre…

Per certi versi può anche essere un vantaggio in questa fase di passaggio. Noi intanto stiamo continuando gli allenamenti e ho detto ai ragazzi di pensare a lavorare, quando vengono, senza guardare il cronometro. Io credo che in questo momento bisogna fare una distinzione, guardare soprattutto ai nuovi, agli under 23 per trovare quegli elementi che dal 2027 saranno fondamentali per raggiungere la qualificazione olimpica e il livello che ci compete.

Insieme al gruppo degli under 23 Salvoldi ha già lavorato, portandoli ai vertici mondiali juniores
Insieme al gruppo degli under 23 Salvoldi ha già lavorato, portandoli ai vertici mondiali juniores
Con gli altri sei in contatto?

Sicuramente, ci siamo già incontrati e ci sentiamo, siamo d’accordo che fino al Tour de France, al quale la maggior parte di loro parteciperà, saranno concentrati sulla strada, poi ci risentiremo e vedremo chi potrà investire parte del tempo sui mondiali di quest’anno.

Ha stupito un po’ il fatto che alla recente riunione di Gand ad accompagnare i ragazzi è stato Villa. Con lui c’è interscambio?

C’è e ci sarà sempre, succedeva così anche lo scorso anno. Lui poi segue le ragazze della pista, è chiaro che in questo mondo ha il suo cuore ed è una risorsa in più alla quale attingo volentieri. Noi siamo colleghi, ma prima di tutto amici: questa rotazione di ruoli fa parte del nostro programma, la ritengo qualcosa di molto utile.

Il tecnico azzurro sta prestando particolare attenzione agli under 23 per preparare gli europei (foto Uec)
Il tecnico azzurro sta prestando particolare attenzione agli under 23 per preparare gli europei (foto Uec)
Accennavi prima che questa stagione “soft” può essere un aiuto per te…

Sì, ma non dimentichiamo che non c’è tempo da perdere perché sappiamo già che il sistema di qualificazione olimpica sarà ancora più duro e restrittivo rispetto a Parigi e dovremo farci trovare pronti. Quindi bisogna alzare il livello subito, per questo la stagione che stiamo vivendo non è certo di riposo, le gare degli under 23 saranno importantissime.