Merida a IBF: vivi un’esperienza da pro’ con Alessandro Vanotti

06.08.2025
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Siete pronti a vivere una bella esperienza in bicicletta con Merida? L’Italian Bike Festival 2025 di Misano Adriatico, in programma dal 5 al 7 settembre, si prepara a ospitare un evento che farà battere forte il cuore di tanti appassionati di ciclismo. Merida Italy porterà difatti sul circuito di Santa Monica una masterclass esclusiva: la Vanotti Ride Experience. Un’occasione imperdibile per salire in sella a una bici Merida di alta gamma e pedalare come un ex professionista di team WorldTour.

Il bergamasco, oggi brand ambassador Merida, sarà difatti la guida d’eccezione di questa giornata. L’obiettivo? Insegnare ai partecipanti come mantenere una velocità di 50 km/h per l’intero sviluppo del Misano World Circuit. Non si tratta di una semplice uscita in bici, ma di una vera e propria lezione di tecnica e potenza, pensata per spingere i ciclisti oltre i propri limiti.

Ecco la locandina dell’evento di Merida che si terrà a Misano nei giorni dell’Italian Bike Festival
Ecco la locandina dell’evento di Merida che si terrà a Misano nei giorni dell’Italian Bike Festival

Un’opportunità per pochi fortunati

L’evento si terrà nella giornata di sabato 6 settembre, con sei sessioni in programma nell’arco della giornata. Ogni sessione accoglierà un gruppo ristretto di 12 ciclisti, garantendo a ciascuno la massima attenzione da parte di Alessandro Vanotti. I partecipanti avranno dunque l’opportunità unica di testare due modelli top di gamma di casa Merida: la bici aerodinamica Reacto e l’ultraleggera Scultura. Scegliere la compagna perfetta per questa avventura ad alta velocità non sarà facile.

Per partecipare, è richiesta la massima preparazione: i ciclisti dovranno presentarsi con il proprio abbigliamento tecnico, mentre Merida fornirà le bici e si occuperà di tutto il resto. Si raccomanda di portare i propri pedali e le proprie scarpe da bici per un’esperienza ottimale, ma in caso di necessità saranno disponibili pedali flat.

Gli appassionati e i curiosi potranno testarsi pedalando insieme a un atleta che ha militato per anni nel WorldTour
Gli appassionati e i curiosi potranno testarsi pedalando insieme a un atleta che ha militato per anni nel WorldTour

Gadget e ricordi indimenticabili

Questa esperienza Merida non si limiterà solo alla pista. Ogni singolo partecipante della Vanotti Ride Experience riceverà un pacchetto esclusivo che include un gadget ufficiale Merida, come una borraccia, e una serie di foto professionali per immortalare i momenti più emozionanti della giornata. Un ricordo prezioso di un’avventura che unisce la passione per il ciclismo all’adrenalina della pista.

Le iscrizioni per questa masterclass sono già aperte e totalmente gratuite. Per assicurarsi un posto in una delle sei sessioni, è necessario compilare il form online disponibile al seguente link

Merida

La cura per il ciclismo. Vanotti parte dal suo progetto

18.07.2025
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L’analisi che ha messo a confronto ciclismo e atletica, le ricette che hanno portato la “regina degli sport” a svettare nel panorama sportivo italiano riapplicabili al mondo delle due ruote, hanno destato molto rumore nel sonnacchioso ambiente ciclistico. Nessuno nega più che il ciclismo italiano viva un momento buio, certamente non all’altezza della sua tradizione, ma l’establishment fatica ad aggiornarsi e vede le proposte di ”cura” come un fastidio, un disturbo al normale tran tran. Fra questi sicuramente non c’è Alessandro Vanotti.

Storico aiutante di Vincenzo Nibali in molte delle sue imprese, Vanotti oggi ha lanciato un proprio progetto dedicato al ciclismo giovanile che sembra rispecchiare abbastanza fedelmente quei dettami che nell’atletica sono stati seguiti riportandola in auge dopo molte stagioni di zero assoluto. Le sue idee, dopo aver letto l’articolo, prendono spunto proprio dalla “tesi”, il giudicare la vittoria tricolore di Filippo Conca come un momento negativo.

Alessandro Vanotti, storico gregario di Nibali, ha al suo attivo ben 19 grandi giri
Alessandro Vanotti, storico gregario di Nibali, ha al suo attivo ben 19 grandi giri

«Io non la penso così, credo anzi che sia stata una ventata di novità, il premio a un progetto, quello dello Swatt Club, che dovrebbe solo essere incoraggiato perché propone qualcosa di nuovo. E’ un ciclismo visto dai giovani, che fa i conti con un mondo che sta profondamente cambiando. In completa evoluzione, con una nuova mentalità, un diverso modo di vivere il ciclismo, mettendosi agonisticamente in gioco in maniera diversa. E’ preparazione applicata a un obiettivo e perché questo nuovo modello di vedere il ciclismo non va accettato? E’ vero, siamo a un punto basso, dobbiamo rimboccarci le maniche sapendo che per lunghe stagioni non vinceremo, ma dobbiamo investire sul futuro».

Importante è l’insegnamento del mestiere, di quel che il ciclismo significa al di là dei successi
Importante è l’insegnamento del mestiere, di quel che il ciclismo significa al di là dei successi
Perché allora c’è tanta ritrosia verso nuove idee?

Perché rimaniamo preda di idee vecchie e diatribe che non portano nulla, come quella tra Fci e Lega. Guardiamo avanti, guardiamo a noi, le istituzioni invece di litigare dovrebbero aiutare strutture innovative come quella dello Swatt Club e anche la mia. Perché c’è un tessuto culturale da ricostruire. Io con il mio progetto giovanile sono andato dagli sponsor, Santini in primis, facendo presente che da me non troveranno vittorie, non troveranno titoli sui media, ma troveranno serietà, dedizione, soprattutto un lavoro che porterà frutti. E questi frutti non saranno solo corridori professionisti perché in quest’ambiente emerge solo chi davvero ce la fa, uno su mille come diceva la canzone. Ma per il resto forgeremo tanti uomini che saranno poi i dirigenti delle aziende di domani perché lo sport è scuola di vita. Daremo un futuro, ciclistico e non solo.

Le aziende accettano, si adeguano?

Se sai che il progetto è valido, che porterà risultati ciclistici ma non solo, sì. Ma serve calma, soprattutto non correre dietro ai facili entusiasmi, serve soprattutto insegnare che cos’è il ciclismo, che cosa c’è dietro una vittoria. Io su un foglio bianco ho creato un progetto giovanile come quello dell’atletica, mi sono fatto la squadra da me come volevo io, senza interferenze. Ho creato lo staff con la gente che dico io, siamo in 15 e alla fine si decide collegialmente, non c’è un capo assoluto e soprattutto ci coinvolgiamo tutti ma giriamo tutti, non sono sempre gli stessi a seguire i ragazzi. Ma so già che è un progetto a lungo termine, ci vogliono minimo 10 anni per avere risultati.

I giovani che passano per il suo team acquisiscono anche competenze tecniche, utili per il loro futuro
I giovani che passano per il suo team acquisiscono anche competenze tecniche, utili per il loro futuro
Che cosa bisogna insegnare ai ragazzini?

Bisogna far capire a loro il senso di appartenenza alla squadra. Lo spirito di sacrificio. Soprattutto che ci sono tante cose da imparare prima di andare forte in bici. Fare una squadra significa lavorare 7 giorni su 7. Alzarti alle 5 del mattino per caricare il furgone per la gara.

L’errore che probabilmente molti fanno nel ciclismo giovanile è inseguire subito il risultato per appagare gli sponsor. Questo veniva fatto anche 10 anni fa nell’atletica e si scopriva che poi quei ragazzi che vincevano magari da junior o da under 23, poi sparivano. Come li si accompagna ai massimi livelli, non li si disperde?

E’ un problema di cultura. Di appoggio a un progetto umano prima ancora che sportivo. Quel famoso uno su mille non lo troverai se appunto non ci sono i “mille” che vengono messi in condizione di crescere, di diventare uomini. Ma se sai che fra loro ci sarà, forse, un campione, ci saranno altri che andranno a lavorare nella tua o in altre aziende perché avranno imparato qualcosa d’importante. Partiamo da questo. Dallo spirito, dall’obiettivo, l’abnegazione per la maglia, lo spirito di sacrificio, l’etica. Bisogna trovare il giusto equilibrio e noi formeremo questi ragazzi. Ci sarà un piano B per loro se non passeranno professionisti.

La struttura di Vanotti punta innanzitutto alla crescita valoriale dei ragazzi, per farne uomini, e poi, forse, campioni
La struttura di Vanotti punta innanzitutto alla crescita valoriale dei ragazzi, per farne uomini, e poi, forse, campioni
Ma nell’ambiente secondo te c’è abbastanza pazienza?

Non lo so, certamente siamo in un’epoca dove il ciclismo giovanile è alle soglie dell’abbandono, non lo sponsorizza più nessuno. Quindi a monte deve esserci un progetto. Sapendo di lavorare in un mondo in continua evoluzione. E poi liberiamoci dal troppo stress, ce n’è molto di più di quando correvo io. Sono ragazzini, basta con tutte queste pressioni, anche da parte dei genitori. E’ ovvio che i miei ragazzi li cresco per fare il risultato. La performance. Ma con calma, perché lavorando bene arriva. Bisogna essere più smart, integrare il ciclismo alla semplicità, rendersi conto (come ha fatto la nuova riforma dello sport che io approvo) che il mondo dello sport è una professione, non può più affidarsi al volontariato.

C’è anche un problema secondo te di aggiornamento dei tecnici rispetto a quello che emerge dall’estero?

Sì, per questo serve una nuova generazione, più pronta a raccogliere gli impulsi. Noi abbiamo un buco generazionale enorme anche a livello tecnico, per troppi anni si è andati avanti con gente di generazioni passate ma dietro non arrivava nessuno. Ora paghiamo dazio. Con me sono tutti giovani e tutti si aggiornano di continuo. Perché il ciclismo cambia a vista d’occhio. Anche la multidisciplina, ad esempio, è un bene se la si sa fare, ma far correre i ragazzi sempre, oggi nel ciclocross, domani in mtb, dopodomani su strada non va sempre bene, non si può correre sempre. Usiamo criterio. Bisogna rispettare la crescita muscolo-scheletrica, il suo sviluppo, parliamo di ragazzini.

Vanotti è convinto che per avere risultati servirà molto tempo, come per l’atletica…
Vanotti è convinto che per avere risultati servirà molto tempo, come per l’atletica…
Ci sarà da aspettare per rivivere i tuoi tempi?

Sicuramente, ma se sapremo farlo, il ciclismo italiano tornerà quello che era. Ma è tempo di agire, ora, lavorando in profondità. Oggi comandano i Pogacar e i Van der Poel, noi guardiamo. Facciamo in modo che siano loro a guardarci un domani, perché non possiamo aver dimenticato che cos’è il ciclismo, quel che ha dato al nostro Paese. Ma dobbiamo darci una mossa, ora…

Inaugurato a Reggio Emilia il primo Merida Store in Italia

05.06.2025
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Il mondo delle due ruote segna una tappa importante in Emilia-Romagna con l’inaugurazione del primo Merida Store ufficiale in Italia, avvenuta lo scorso martedì 20 maggio a Reggio Emilia. Non si tratta soltanto di un nuovo punto vendita, ma di un vero e proprio hub dedicato al ciclismo, pensato per accogliere, ispirare e connettere la community locale. A due passi dalla sede italiana del brand, lo store si propone come spazio espositivo, luogo di ritrovo e centro pulsante per eventi, incontri e pedalate di gruppo.

L’inaugurazione si è svolta in concomitanza con un evento ciclistico davvero prestigioso: il passaggio del Giro d’Italia a Castelnovo ne’ Monti, rendendo la settimana particolarmente simbolica per gli amanti delle due ruote. La serata ha richiamato decine di appassionati, atleti professionisti e ambassador del marchio, trasformando così l’evento in una vera e propria festa del ciclismo.

Ad accogliere il pubblico è stato Paolo Fornaciari, CEO di Merida Italy, che ha evidenziato quanto l’apertura di questo store rappresenti una scelta strategica in un territorio fortemente legato alla cultura ciclistica. A Fornaciari ha fatto eco Paolo Ferretti, sottolineando come, in un momento delicato per il mercato del ciclo, Merida scelga di investire e rilanciare con un messaggio positivo e concreto.

L’inaugurazione del Merida Store di Reggio Emilia è avvenuta il 20 maggio
L’inaugurazione del Merida Store di Reggio Emilia è avvenuta il 20 maggio

Testimonial d’eccezione e storie di ciclismo

L’evento ha visto la partecipazione di nomi di spicco del panorama ciclistico: Alessandro Vanotti, ex professionista su strada, ha condiviso emozionanti aneddoti sulle tappe del Giro; la pluricampionessa mondiale di XCE Gaia Tormena, testimonial Merida, ha raccontato la sua esperienza, esponendo anche la sua BIG.NINE personalizzata con l’iride, in bella vista all’ingresso. Presenti anche Alessia Mancini, triatleta fiorentina già campionessa europea, Bruno Zanchi, ex campione del mondo di downhill e oggi team principal del Team Fristads Comes Merida, il colombiano Diego Arias (Metallurgica Veneta MTB Pro Team), e l’altoatesina Eva Lechner, che ha recentemente concluso proprio pedalando una Merida una carriera straordinaria durata 25 anni (tutti gli atleti e gli ambassador sono insieme nella foto di apertura).

Il taglio del nastro e il brindisi finale hanno poi chiuso la serata in un’atmosfera di entusiasmo, condivisione e voglia di pedalare insieme.

Lo store è anche un luogo dove ammirare le novità del brand e tutte le bici realizzate: dalla strada alla mtb
Lo store è anche un luogo dove ammirare le novità del brand e tutte le bici realizzate: dalla strada alla mtb

Uno spazio moderno e funzionale

Il nuovo Merida Store di Reggio Emilia si estende su circa 300 metri quadrati e si caratterizza per un design pulito e moderno, con ampie vetrate che valorizzano ogni dettaglio dell’esposizione. L’allestimento è concepito per guidare il visitatore tra le varie discipline del ciclismo, evidenziando la versatilità della gamma Merida.

Sul lato sinistro, i riflettori sono puntati sull’universo delle e-bike “off-road”, con protagoniste come la eONE-SIXTY, seguite dalla gamma gravel Silex, anche in versione elettrica. Dalla parte opposta, dominano le mtb con le varie declinazioni della BIG.NINE, per poi arrivare all’eccellenza della strada, rappresentata dalle linee Scultura e Reacto. Non manca poi un’ampia sezione dedicata all’abbigliamento tecnico Santini, partner esclusivo del punto vendita.

A guidare i visitatori nella scelta del mezzo più adatto c’è Mattia Setti, store manager con una solida esperienza nel settore, sempre pronto a consigliare la bici giusta per ogni esigenza.

Il Merida Store non vuole essere solo uno spazio commerciale, ma un luogo di incontro per chi vive il ciclismo come stile di vita. Nei prossimi mesi sono in programma eventi, presentazioni, test bike e uscite di gruppo, pensati per alimentare la connessione tra i membri della community ciclistica di Reggio Emilia e non solo.

Merida

Gregario: in un libro la carriera e le storie di “Ale” Vanotti

04.05.2025
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Ecco un estratto del libro “Gregario – Una vita a servizio dei campioni” che ripercorre la carriera di Alessandro Vanotti, scudiero di tanti campioni recenti tra cui Vincenzo Nibali, Ivan Basso e Danilo Di Luca. In queste righe, il racconto del Giro d’Italia 2013. Nibali è saldamente in maglia rosa, Vanotti lo segue come un’ombra. Ma all’improvviso…

Il 18 maggio la quattordicesima tappa arrivava a Bardonecchia. Pioggia, vento, freddo e anche la neve in quota convinsero l’organizzazione a modificare il percorso cancellando il Sestriere. Era un Giro disegnato benissimo, ma ancora una volta il maltempo ci stava mettendo lo zampino. A metà tappa purtroppo io forai e fui costretto a fermarmi per cambiare la ruota. Allo stesso tempo anche Vincenzo si fermò per un bisogno fisiologico e me lo ritrovai tra le ammiraglie mentre stava risalendo.

Cade Battaglin

L’asfalto era molto scivoloso, il caos della coda del gruppo non ci aiutava e la visibilità era ridotta. Riuscii a prendere due borracce e lo guidai verso la testa, anche se facevo fatica a tenerlo a ruota proprio per via della bagarre. Eravamo tutti sul lato destro della strada quando, pochi metri davanti a me, Enrico Battaglin impattò contro uno spartitraffico. La bicicletta volò da una parte, lui sbattè violentemente a terra proprio davanti a me.

Io stavo arrivando a tutta velocità, non ci fu nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo. Con la ruota anteriore lo andai a colpire sulle costole, la mia bicicletta inchiodò e io venni catapultato in avanti.

Spalla lussata, addio Giro

Rovinai a terra sbattendo la spalla destra e la schiena. Provai subito a rialzarmi per rientrare, ma un dolore lancinante mi bloccava. Spalla lussata, il ritiro fu inevitabile.

Stavo conducendo il Giro in controllo, con Nibali in maglia rosa e ora mi ritrovavo fuori dai giochi in un attimo. Mi portarono al pronto soccorso locale mentre Nibali, nella bufera di neve, staccava tutti i diretti avversari e arrivava al traguardo secondo, rinforzando la leadership in classifica.

In ospedale venne a prendermi Alexander Shefer, il primo direttore sportivo del team. Mi assistette come fosse un infermiere, mi vestì, mi allacciò le scarpe, mi caricò in auto e mi riportò in hotel. Prima di partire, mi guardò fisso negli occhi e mi lanciò un’idea folle, ma strategicamente straordinaria.

«Vanotti, tu sei troppo importante per Vincenzo. Se te la senti, resti con noi fino alla fine del Giro, stai in camera con lui, stai in gruppo, sei fondamentale». Come avrei potuto dirgli di no?

L’altro Giro di Vanotti

Iniziò così un mio secondo Giro, non senza difficoltà: i dolori erano davvero forti e affrontarli anche nella quotidianità, senza sforzi, fu complicato. Avevo però un vantaggio: essere con la squadra mi consentì di sottopormi subito a terapie mirate insieme allo staff medico per velocizzare il mio recupero.

Si rivelò un’esperienza meravigliosa. Salutavo la squadra alla partenza e la ritrovavo all’arrivo. Aspettavo ogni giorno Vincenzo in camera avendo avuto tutto il tempo per sbrigare ogni incombenza necessaria per lui ancor meglio del solito, con più tempo, più calma, più meticolosità.

E’ il 26 maggio 2013: Vincenzo Nibali conquista il suo primo Giro d’Italia
E’ il 26 maggio 2013: Vincenzo Nibali conquista il suo primo Giro d’Italia

Nibali che vola

Non seguivo le tappe in ammiraglia, ad eccezione della cronoscalata da Mori a Polsa, diciottesima tappa del Giro. Fu un’esperienza da fiato in gola, perché Vincenzo letteralmente volò. E mi resi conto, vedendolo da questo punto di vista inusuale, quanto stesse andando forte, quanta potenza avesse, quanto impulso riuscisse a dare alla sua pedalata.

Vinse quella cronoscalata e vinse anche sotto la nevicata fitta delle Tre Cime di Lavaredo, impreziosendo il trionfo finale. Aveva lasciato Rigoberto Uran a quasi 5 minuti, aveva conquistato il suo primo Giro d’Italia.

Sul podio di Brescia, Vanotti guarda verso il suo capitano che ha conquistato il Giro
Sul podio di Brescia, Vanotti guarda verso il suo capitano che ha conquistato il Giro

Il podio con la squadra

Sul podio finale di Brescia salii pure io insieme a tutta la squadra: i compagni vestiti da corridori, io con la divisa di rappresentanza. Mi sentivo totalmente parte di quel gruppo, di quella vittoria. Alzai il trofeo, guardai Vincenzo, guardai i miei compagni, mi commossi. Ringraziai con il cuore il team Astana per quell’idea.

In serata a Villa Fenaroli, a Rezzato, scoppiò la festa di squadra insieme a tutte le famiglie: un evento meraviglioso, grandioso, eravamo dentro a un sogno. Rientrato a Bergamo, altra festa con il mio fan club per il terzo Giro vinto da gregario e, dopo pochi giorni, partimmo per il Kazakistan per un’altra festa nel Paese della squadra.

A Villa Fenaroli, nella serata di Brescia, la grande festa in onore della maglia rosa
A Villa Fenaroli, nella serata di Brescia, la grande festa in onore della maglia rosa

In Kazakhstan da eroi

Furono giorni incredibili anche lì. Ci accolsero come eroi, la gente scese per strada ad acclamarci, le istituzioni ci omaggiarono, c’erano gigantografie di Nibali in ogni angolo del Paese. Le tv di Stato ci seguirono passo dopo passo: eravamo delle star.

Tornammo da quella sbornia di festeggiamenti e ripartimmo subito per un blocco di lavoro al Passo San Pellegrino perché c’era da preparare la Vuelta a cui Nibali puntava forte.

LA SCHEDA

Titolo: Gregario – Una vita a servizio dei campioni

Autore: Federico Biffignandi

Editore: Bolis Edizioni

Pagine: 200

Prezzo: 16 euro

Vanotti e il “suo” Stelvio: tra gioia e fatica per quasi 20 anni

08.09.2024
6 min
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PASSO DELLO STELVIO – Durante il fine settimana dell’Enjoy Stelvio Valtellina, che ancora una volta ha richiamato numeri da record sulle rampe del passo più famoso e noto tra i ciclisti e cicloturisti, c’era anche Alessandro Vanotti. L’ex corridore professionista ha pedalato insieme agli ospiti di Merida sulle strade che tante volte lo hanno visto faticare, allenarsi, gioire e anche soffrire. Nei suoi anni da corridore Vanotti ha scalato lo Stelvio moltissime volte e tornare qui dopo diverso tempo è un modo per riviverle, scorrendo velocemente tra i ricordi. 

«Tornare sullo Stelvio – racconta Vanotti mentre intorno a noi i ciclisti continuano a salire e scendere – è bellissimo perché nella mia carriera ho vissuto tanti momenti particolari e unici. Devo dire che la prima volta che l’ho affrontato in corsa non è stato facile, non ne ho un bel ricordo. Era il Giro d’Italia 2005, si saliva dalla parte trentina, quindi da Prato e quel giorno non stavo bene. L’arrivo era posto a Livigno, quindi una volta scesi a Bormio c’era da risalire anche il Foscagno.

«Sono andato in crisi e superare i 20 chilometri dello Stelvio non è stato facile. Ti mette a dura prova e se ne esci in qualche modo vuol dire che sei stato bravo, così come tutte le salite che hanno un tempo di scalata superiore all’ora. Poi chi sta sotto l’ora è ancora più forte degli altri e questo divide il ciclista normale dal campione». 

Vanotti (in maglia blu) ha scalato lo Stelvio lo scorso 31 agosto in occasione dell’Enjoy Stelvio Valtellina (foto Merida)
Vanotti (in maglia blu) ha scalato lo Stelvio lo scorso 31 agosto in occasione dell’Enjoy Stelvio Valtellina (foto Merida)

A dura prova

Girare l’ultimo tornante e vedere la cima è una sensazione che chi pedala su queste strade si porta dentro. Sapere di aver domato un gigante del ciclismo mondiale è una sensazione unica. Farlo da professionista, mettendo l’agonismo, la sofferenza e la gioia è una cosa che in pochi hanno provato. Tra questi pochi c’è proprio Alessandro Vanotti.

«Quando scollini il fascino è incredibile – continua – è la salita con l’altitudine maggiore in Italia, la seconda in Europa. E’ esigente, non ha pendenze come il Mortirolo o lo Zoncolan, ma la sua altezza spaventa tutti. Devi essere molto concentrato, coordinarti con la respirazione e il ritmo di pedalata. Se non stai bene devi comunque superare i tuoi limiti, questa è la particolarità dello Stelvio, non puoi nasconderti mai. Poi dipende tanto dal ruolo che hai in squadra, se devi tirare per tutta la scalata o meno». 

La quota di 2.000 metri arriva presto, ma la scalata è ancora lunga (foto Merida)
La quota di 2.000 metri arriva presto, ma la scalata è ancora lunga (foto Merida)
Tu hai mai avuto questo arduo compito?

Qui no, per fortuna (ride, ndr) perché è forse impossibile riuscire a farlo tutto in testa a ritmi elevati. Mi è capitato su altre salite, ma in confronto erano meno esigenti. 

Di quel giorno di crisi cosa ricordi?

La cima non arriva mai, quindi sei lì che giri le gambe e ti sembra di non andare avanti. E’ difficile da metabolizzare quella giornata, anche in base al fatto che dopo si doveva comunque salire fino a Livigno. Lo Stelvio ti mette a dura prova ma ti insegna a superarti, a dare sempre qualcosa in più. Una caratteristica che noi ciclisti conosciamo bene e che ci portiamo dentro. E’ una sensazione fantastica che puoi insegnare agli altri. 

Al bivio per l’Umbrail gli ultimi 3 interminabili chilometri diventano ancora più difficili se il vento è contrario
Al bivio per l’Umbrail gli ultimi 3 interminabili chilometri diventano ancora più difficili se il vento è contrario
Hai aneddoti anche della scalata dalla parte di Bormio?

Sono ricordi fantastici, quando c’è bel tempo. Altrimenti diventa una difficoltà maggiore. Da Bormio l’ho scalato tante volte anche di recente, sia per la Gran Fondo Stelvio Santini che per eventi come questo di Merida. Mi piace ogni tanto testarmi ancora, alzarmi sui pedali e riprovare le sensazioni che vivevo da corridore. 

C’è un tratto che ogni volta ti colpisce per una sua caratteristica?

Quando superi quota 2.000 metri e sei ancora lontano dalla cima, visto che mancano una decina di chilometri. In quel momento ti rendi conto quanto sia importante concentrarsi, respirare e pensare metro dopo metro. Poi arrivi al bivio per l’Umbrail e lì sono dolori.

Arrivare in cima è sempre una soddisfazione immensa
Arrivare in cima è sempre una soddisfazione immensa
Perché?

Sono gli ultimi tre chilometri, nei quali se stai bene te la godi, altrimenti è un calvario senza fine. Vedi le strutture in cima e pensi di essere vicino ma non è veramente così. Molto dipende anche dal vento, quando è contrario non vai più su. Però ora ci sono bici con rapporti che agevolano la pedalata e rendono la scalata meno dura. 

In quel giorno del 2005 non avevi i rapporti per salvare la gamba…

No no (ride, ndr), era il mio primo anno da professionista. Nelle stagioni precedenti correvo con il 39 come corona più piccola davanti e il 23 al posteriore. Poi si è passati al 26 e al 28 e sembrava una nuova era del ciclismo. 

Lo Stelvio è stato un ottima palestra per costruire i tanti successi dell’Astana
Lo Stelvio è stato un ottima palestra per costruire i tanti successi dell’Astana
Lo hai fatto anche in ritiro quando correvi?

Se si alloggiava a Livigno era una tappa praticamente fissa degli allenamenti. Ma in quei casi si affronta diversamente. Intanto arrivi da un percorso di gare precedenti e il ritiro in altura era l’ultimo step prima di un Grande Giro. Noi avevamo Nibali in squadra e il blocco di lavoro era pensato per vincere. 

In che senso?

I volumi di lavoro erano diversi per ognuno di noi, io che ero gregario facevo tanto volume. Dovevo tirare 20 giorni di fila. Però ogni tanto mi toccava anche qualche cambio di ritmo perché io ero l’uomo che doveva essere sempre pronto. Nibali era straordinario come capitano e con lui c’era Scarponi, un uomo fantastico. In ritiro si lavorava ma c’era il tempo di ridere e di stemperare la tensione. 

I ricordi di questa salita sono davvero tanti e diversi, il più bello?

Proprio i ritiri. Ogni tanto partiva qualche garetta interna proprio contro Nibali e Scarponi, ma in discesa (ride ancora, ndr). Tutto nel rispetto della strada. In salita ognuno di noi doveva rispettare i propri valori, anche se qualche volta uno scattino veniva fuori. Poi con Scarponi si rideva tanto. Mentre tiravo diceva a Nibali: «Come si sta bene a ruota del “Vano”? Lui tira tutto il giorno e noi stiamo qui tranquilli». Sono stati anni bellissimi, in cui abbiamo vinto ma fatto tutto con il sorriso. 

Alessandro Vanotti nuovo ambassador delle bici Merida 

06.08.2024
3 min
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Merida ha recentemente ampliato il proprio “roster” di testimonial accogliendo Alessandro Vanotti, ex ciclista professionista noto per le sue abilità strategiche all’interno dei team in cui ha militato. Il primo impegno ufficiale di Vanotti nel suo nuovo ruolo di ambassador sarà la Merida Valtellina Social Ride, evento che si terrà sui celebri passi dello Stelvio e di Gavia.

Vanotti è entrato nella famiglia Merida (foto Stefano Vedovati)
Vanotti è entrato nella famiglia Merida (foto Stefano Vedovati)

Alessandro Vanotti è una figura di rilievo nella storia recente del ciclismo italiano. Nel corso della sua carriera, durata ben 16 anni, ha pedalato accanto a campioni del calibro di Ivan Basso, Vincenzo Nibali e Fabio Aru. Il suo contributo è stato poi fondamentale per numerose vittorie di squadra. Oggi, Vanotti mette a disposizione la sua vasta esperienza nel nuovo ruolo di ambassador per Merida. Unendosi ad un gruppo di illustri rappresentanti del marchio che operano sia nel ciclismo su strada che in quello “off-road”. Oltre alla sua specializzazione su strada, Vanotti è anche impegnato come responsabile di una scuola di mountain bike. Una dimostrazione della propria versatilità e passione per il ciclismo in tutte le sue forme.

Come anticipato, il primo evento che vedrà protagonista il neo-ambassador sarà la Merida Valtellina Social Ride, prevista per il 31 agosto e il 1 settembre. Durante questa manifestazione, i trenta ciclisti fortunati che si sono registrati avranno l’opportunità di pedalare insieme a Vanotti sui leggendari passi dello Stelvio e di Gavia. Non sarà solo in questa avventura: ad accompagnarlo ci sarà anche un altro ambassador di Merida, Sonny Colbrelli.

Per questa nuova collaborazione, Alessandro Vanotti ha scelto di pedalare una Scultura 9000, uno dei modelli di punta della gamma su strada di Merida: una bicicletta che rappresenta l’eccellenza tecnologica e la qualità che caratterizzano il marchio taiwanese.

Una strategia definita

Merida Industry Co. Ltd. è stata fondata nel 1972 a Yuanlin, Taiwan, da Ike Tseng. Il nome Merida deriva dalla combinazione delle tre sillabe “Me-Ri-Da”, che simboleggiano l’obiettivo di produrre articoli di alta qualità che permettano a chiunque di raggiungere i propri traguardi nel modo più piacevole possibile. L’azienda è oggi un esempio di successo grazie alla produzione a Taiwan e al centro di ricerca e sviluppo situato in Germania. Questo binomio ha reso Merida uno dei marchi di riferimento nel settore del ciclismo, con un’offerta che include biciclette da strada, Mtb, gravel e proposte elettriche.

Pedalerà sul modello Scultura 9000
Pedalerà sul modello Scultura 9000

L’ingresso di Alessandro Vanotti nel team degli ambassador Merida rafforza ulteriormente la posizione del marchio nel panorama ciclistico italiano, ma non solo. La sua esperienza e la sua passione per il ciclismo sono difatti in perfetta sintonia con i valori di Merida, e il suo coinvolgimento in eventi come la Merida Valtellina Social Ride contribuirà a promuovere non solo il brand, ma anche la passione per il ciclismo tra gli appassionati praticanti. L’inclusione di Vanotti nel team degli ambassador Merida è altresì una mossa strategica che promette di portare grandi benefici al marchio con eventi importanti già all’orizzonte.

Merida

Il piano segreto di Vingegaard? Vanotti l’aveva capito

27.07.2023
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Questo scambio di idee con Alessandro Vanotti è iniziato a metà Tour, dopo l’attacco di Pogacar sul Grand Colombier, ed è andato avanti tappa dopo tappa. Ogni giorno un pezzetto, dalla condotta dello sloveno a quella del danese.

«Avete fatto caso – chiese il bergamasco, al Tour con Santini di cui è testimonial – che quando Pogacar scatta, l’altro arriva a un certo punto di watt e poi non lo segue? Si mette al suo ritmo, non lo molla, ma evita il fuorigiri di tornargli sotto…».

Il giorno dopo, Pogacar attaccò sul Col de Joux Plane e Vingegaard fece proprio questo. Lo tenne davanti a 50 metri e sulla cima, complice il fattaccio delle moto, gli prese anche l’abbuono al GPM.

Vanotti ha scortato Nibali alla magia gialla del 2014. Qui alla partenza con Miguel Indurain, 5 Tour vinti
Vanotti ha scortato Nibali alla magia gialla del 2014. Qui alla partenza con Miguel Indurain, 5 Tour vinti
Alessandro, il Tour si costruisce un pezzetto per volta. Non puoi lasciare indietro niente…

Il Tour è la corsa più importante e difficile al mondo. Partecipano i corridori più forti, non lo dico io, ma le statistiche. Le tattiche diventano più complicate. Ci sono squadre forti che riescono a tenere la corsa e impostare il ritmo per renderla dura e gestire le fughe. Hanno uomini per ogni situazione. Tra loro si innesca una competizione, in cui qualcuno si espone troppo e qualcuno sta nascosto e non sai mai se sta soffrendo oppure non vuole mostrare le carte.

Pogacar non si è certo nascosto…

E quando lui attaccava, io guardavo Vingegaard. Non riuscivo a capire se fosse al limite, perché lui maschera bene la fatica. E’ sempre lì, con quel mezzo sorrisino. Quando scattava Pogacar, Jonas correva sulle ruote e per me quella è la tattica che hanno impostato dall’inizio. Ha cominciato a farlo dopo il minuto di vantaggio che ha preso sul Marie Blanque.

Perché?

Perché quel vantaggio gli ha permesso di avere un approccio differente alla corsa e di esporsi il meno possibile. Ha sempre fatto degli sforzi gestiti, senza andare al limite. Pogacar è un fuoriclasse e ha delle accelerazioni che nessuno ha. Ti porta completamente fuori giri, ti distrugge. Se rispondi alle sue 20 accelerazioni, sei finito. Con quel margine in tasca, Vingegaard ha potuto gestirsi: ha ammortizzato i suoi piccoli ritardi in quel minuto ed è arrivato alla crono con più forze rispetto a Pogacar.

Il piano di Vingegaard? Secondo Vanotti non rispondere a tutti gli attacchi di Pogacar, evitando pericolosi fuori giri
Il piano di Vingegaard? Secondo Vanotti non rispondere a tutti gli attacchi di Pogacar, evitando pericolosi fuori giri
Non sarà che il famoso piano mai spiegato era proprio questo?

Esatto, è stato intelligente e freddo. Non è facile, perché ogni giorno la stampa ti chiede perché non lo segui. Come mai non sei in condizione, invece era una tattica prestabilita. A maggior ragione la sua crono è stata così superiore. A mio avviso, Pogacar ha avuto quelle 2-3 giornate no, causate da tutto quello che ha speso, altrimenti il divario alla fine non sarebbe stato così ampio.

Sulla crono sono stati avanzati dei sospetti…

Io non so se la storia dirà cose diverse, ma penso che questo sia un altro ciclismo e loro sono campioni fuori categoria. Perché per forza pensare male? E mi chiedo anche perché a tirare fuori certi sospetti siano sempre degli ex corridori, cui piace così tanto farsi del male. Fino a poco tempo prima sospettavano di Pogacar. E allora? Vingegaard è andato forte, ma se poi sentiamo tutto il lavoro che hanno fatto e il modo in cui ci sono arrivati, dico che vorrei altri dieci Pogacar per il modo in cui corre, ma l’altro non ha sbagliato nulla, nonostante quest’anno avesse anche una squadra meno forte.

Perché meno forte?

Forse non meno forte, ma certo più bilanciata. Non hanno fatto gli errori dell’anno scorso, dove pure avevano Roglic, Kruijswijk e un Van Aert più incisivo. Noto intanto che la UAE Emirates è cresciuta come squadra, come gruppo di lavoro, quindi nei prossimi anni sicuramente avrà ottime possibilità.

Vingegaard è arrivato alla crono spendendo molto meno rispetto al rivale: Vanotti non ha dubbi
Vingegaard è arrivato alla crono spendendo molto meno rispetto al rivale: Vanotti non ha dubbi
Pogacar si trova in una posizione simile a quella di Nibali, che per contrastare Sky, nel 2014 fu costretto a sacrificare molto per il Tour.

Il Tour va preparato nei dettagli, ma Pogacar è un fenomeno e questo piace. Come detto, magari averne altri… Tadej avvicina i giovani al ciclismo, quindi benvenga uno che ha questa mentalità. Battaglia dalla Strade Bianche alla Sanremo, dal Fiandre alla Liegi. Vincenzo il Fiandre l’ha fatto a fine carriera, però anche lui correva le classiche e come Pogacar ci metteva la faccia. Tadej è uno che si espone, affronta tutto subito col sorriso e ti dice quello che pensa. «Sono morto, non stavo bene, ho dato tutto». E’ uno che si espone con i suoi scatti, si fa vedere, ma questa volta ha trovato un rivale vero. Quindi, dopo il secondo Tour andato storto, forse dovrà analizzare qualche dettaglio.

Di che tipo?

Dovranno chiedersi come fare per vincere. Deve diventare più meticoloso, fare un programma strutturato, nascondersi di più. Quando ci ritrovammo davanti al Team Sky, prima con Wiggins e poi con Froome, a un certo punto ci guardammo in faccia. «Invece di lamentarci – dicemmo – dobbiamo metterci sotto e lavorare nel modo giusto». Quando devi battere un avversario così forte, non devi lasciare nulla al caso. E Nibali in quel Tour fu perfetto, lo fummo tutti. Così forse anche Pogacar dovrà rivedere qualcosa nell’avvicinamento, perché ha trovato Vingegaard e la Jumbo-Visma.

A costo lasciar perdere gli altri obiettivi?

A quanto ho capito, lui non vuole snaturare il suo calendario e il modo di correre. Non vorrei che poi si andasse a toccare il suo modo di correre, com’era con Vincenzo che partiva, attaccava e spesso vinceva. Però anche lui piano piano si è aggiustato. Ha preso le misure e invece di fare 20 scatti, ne faceva 7-8 giusti. Per Pogacar non sarà facile, perché stiamo parlando di un fenomeno. Ha il suo istinto e il suo modo di correre. Visto come ha esultato quando ha vinto sabato? Immaginate cosa avesse dentro? Modificare questa cosa non è semplice, però forse limitatamente al Tour potrebbe essere necessario. Vingegaard non fa sconti, ma non dimentichiamo che aveva davanti un Pogacar reduce da infortunio.

Pogacar è arrivato al Tour senza aver corso per due mesi e ha sprecato molte energie con i suoi scatti
Pogacar è arrivato al Tour senza aver corso per due mesi e ha sprecato molte energie con i suoi scatti
Si è detto che potesse correre lo Slovenia per non arrivare al Tour digiuno dalle corse.

Però considerate che nell’incidente, oltre all’osso, si rompe anche qualche equilibrio. La paura di cadere non ti molla. Quando ho rotto il gomito, nelle prime gare niente era come prima. E allora forse, se hai davanti una gara, la salti volentieri perché non vuoi rischiare. E’ umano anche lui e per vincere il Tour, visti i mille dettagli di cui stiamo parlando, l’infortunio è un grosso guaio. Magari corri sulle scalinate, anch’io l’ho fatto. Ma intanto il corpo reagisce all’anestesia… Metti dentro tutto, ha fatto ugualmente un grande Tour. E’ arrivato secondo. Ma a mio avviso, se non avesse avuto quell’infortunio, lo sarebbe stato ancor di più. Magari non vinceva, ma se lo giocavano sino alla fine.

Deejay 100: una di noi nella pancia del gruppo

Giada Gambino
18.12.2022
4 min
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Di buon mattino, alle ore 10 in punto, si è dato il via alla terza edizione della Deejay 100 Virtual Race in Puglia unendo Ostuni ad Alberobello: 32,36 chilometri con un dislivello di 482 metri da completare entro 100 minuti. Più di 1.500 gli atleti partecipanti da tutto il mondo e, in collegamento, vari sono stati gli ospiti che hanno pedalato come Alessandro Vanotti (ex ciclista professionista) e Luca Gregorio (telecronista di ciclismo per Europsort). 

Il pacco gara era arrivato qualche giorno prima. Conteneva la maglia Hardskin e vari gel e prodotti Enervit.

Percorso alla Visconti

Come teatro “fisico” della gara, lo studio di biomeccanica di Alessandro Mansueto a Palermo. Precisione e realtà della simulazione su un percorso molto vallonato, nervoso e con vari saliscendi. Un vero percorso spaccagambe. Mentre pedalavo, inevitabilmente, forse anche per il luogo in cui mi trovavo, ho immediatamente pensato che fosse un percorso adatto a Giovanni Visconti per le sue caratteristiche veloci, ma allo stesso tempo per la sua resistenza e forza in salita.

Dalla Sicilia alla Puglia

Fuori il sole splendeva sulla Sicilia con una temperatura oltre i 20 gradi, ma dopo un momento è parso davvero di essere in Puglia. Era alquanto spaventoso vedere macchine e camion passare nel senso opposto di marcia, ma rendeva il tutto ancora più realistico. 

Spesso abbassavo la testa per spingere più forte sui pedali e non mi rendevo conto che, all’improvviso, la strada saliva vertiginosamente. Sentivo solo le gambe più pesanti e affaticate, allora alzavo lo sguardo e vedevo sul monitor la pendenza aumentata. Appena il tempo di alleggerire il rapporto e immediatamente dovevo rimettere la corona grande, perché iniziava un falsopiano in discesa.

Pedalare sui rulli è sempre più stancante e faticoso rispetto la strada, dove ci sono momenti in cui non pedali e riesci un po’ a respirare. Usando un rullo interattivo, la fatica si è sentita, ma probabilmente per il percorso prettamente tecnico e nervoso. La pesantezza di star pedalando sul posto non era la stessa, era  una fatica molto più simile a quella che si prova su strada. 

Gli “strappetti” improvvisi mi hanno fatto penare e faticare, ma una volta capito l’andamento del percorso e la possibilità di poter stare in scia è stato molto divertente.

Da tutto il mondo

Una bellissima esperienza che però non riesce a sostituire completamente la sensazione di pedalare sull’asfalto. Sentire i profumi dei posti, il vento e il poter guardare il viso degli avversari per capire quanto realmente siano più o meno stanchi di te. In un periodo come quello del Coronavirus, creare e poter partecipare ad una competizione del genere sarà stato sicuramente ancora più bello e importante. E ad oggi rimane il modo per unire tantissime persone da tutto il mondo legate dalla passione per il ciclismo. 

Ho concluso la mia faticosa, ma bella gara in 69 minuti giungendo alla 485ª posizione a 21’03” minuti dal vincitore Carlo Fabio Calcagni. 

MagneticDays e Aquagranda Livigno: un progetto importante

05.12.2022
4 min
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Come naturale conseguenza e a seguito della prima partnership datata 2018 come centro ufficiale MagneticDays, Aquagranda Livigno ha recentemente ufficializzato il potenziamento della propria attività di stretta collaborazione con lo stesso brand toscano specializzato nella ottimizzazione del training, sia indoor che outdoor, di assoluta qualità. A rappresentare MagneticDays all’Aquagranda Livigno continuerà ad esserci Alessandro Vanotti. Ex corridore professionista – dal 2020 testimonial e “coach” MagneticDays – con all’attivo 9 Giri d’Italia, 5 Tour de France, 5 Vuelta di Spagna e un Mondiale.

Questo nuovo accordo arriva a pochi mesi di distanza dalla definizione di un importante protocollo tra il CONI e l’APT di Livigno finalizzato a trasformare il famoso centro sportivo in provincia di Sondrio in un CPO (Centro Preparazione Olimpica) CONI “affiliato” e al servizio di atleti italiani e internazionali.

Alla recente inaugurazione ufficiale dello stesso CPO – unico centro europeo per l’allenamento in altura – hanno partecipato molte figure di riferimento. Tra gli altri: il Segretario Generale del CONI Carlo Mornati, il Sindaco di Livigno Remo Galli, il Sindaco di Bormio Silvia Cavazzi, il Presidente dell’Azienda di Promozione e Sviluppo Turistico di Livigno Luca Moretti, il Responsabile dell’Ufficio della Preparazione Olimpica Alessio Palombi, il Responsabile dell’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport del CONI Giampiero Pastore, il membro CIO ed ex nuotatrice Federica Pellegrini oltre ad altri numerosi atleti del Club Olimpico, e di diverse  discipline, che scelgono continuamente Livigno quale sede per i propri allenamenti.

A rappresentare MagneticDays ci sarà Alessandro Vanotti
A rappresentare MagneticDays ci sarà Alessandro Vanotti

Una super “room” MD

L’accordo tra Aquagranda e MagneticDays prevede la predisposizione di una vera e propria sala MD. Un locale totalmente attrezzato con ben sette postazioni composte da Bike, trainer Jarvis e pedivelle indipendenti Forza Pura (anche nella versione Rehab). Attrezzi che verranno utilizzati da tantissimi atleti d’elite e non solo, per allenamenti con programmi di lavoro calibrati sfruttando la multisessione sviluppata dagli ingegneri MagneticDays. Questa tipologia di protocollo permette difatti un agevole collegamento tra i rulli Jarvis, mediante una rete locale (intranet), per una loro utilizzazione sia in singola postazione che in allenamenti di gruppo, con carichi adeguati e specifici per ciascun singolo atleta.

Inoltre, sarà possibile anche l’utilizzo in simulazione virtuale, importando qualsiasi percorso pedalato in outdoor. Un “plus” che permetterà di allenarsi su specifici tracciati e di effettuare gare collettive visionabili su maxi schermo. Tutte le attività saranno gestite da personale qualificato con formazione ufficiale MagneticDays. Punto di riferimento per queste attività sarà, come già anticipato, Alessandro Vanotti. L’ex corridore presenzierà ad iniziative specifiche come “training camp” o sessioni di allenamento da lui personalmente guidate. 

MagneticDays ed Acquagranda vogliono far diventare il centro sportivo un punto di interesse per atleti nazionali
MagneticDays ed Acquagranda vogliono far diventare il centro sportivo un punto di interesse per atleti nazionali

Sinergia ideale

«Siamo estremamente soddisfatti dell’accordo definito con il Centro di Preparazione Olimpica di Livigno – ha commentato Marco Sbragi, fondatore e CEO di MagneticDays – perché questo ci permetterà, anche grazie alla presenza fondamentale di Alessandro Vanotti, di far conoscere la nostra filosofia di allenamento ai tantissimi atleti italiani e internazionali che scelgono l’altura e Aquagranda Livigno per migliorare le proprie prestazioni. Aggiungo poi che questa importante collaborazione sarà per noi l’occasione per dimostrare ancora una volta la versatilità di uno strumento come il Jarvis, unitamente alle sue infinite possibilità».

Federica Pellegrini inaugura il Centro di Preparazione Olimpica CONI all’Aquagranda di Livigno
Federica Pellegrini inaugura il Centro di Preparazione Olimpica CONI all’Aquagranda di Livigno

«L’allenamento in quota è tra le attività migliori, e spesso necessarie, per incrementare le prestazioni sportive degli atleti professionisti, e non solamente per loro – ha ribattuto Luca Moretti, il Presidente di APT Livigno – e qui nella nostra località si raggiungono altitudini tra i 1.800 e i 2.800 metri a seconda della disciplina che si vuole praticare. In questo contesto, la partnership con MagneticDays rappresenta una vera e propria ciliegina sulla torta per la nostra località e per il centro Aquagranda, che in questo modo potrà offrire il miglior supporto anche per i fondamentali allenamenti indoor».

MagneticDays