In viaggio con Velo nell’inferno del Kemmel

02.03.2021
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La memoria dei ciclisti è come quella degli elefanti o poco ci manca. Ce ne siamo accorti con Paolo Fornaciari parlando della discesa del Kemmel. Certi paesaggi o alcune strade non si dimenticano facilmente. Specialmente se corri una classica in Belgio e cadi sul pavè. A Marco Velo bastano questi ultimi due elementi per iniziare a raccontare un episodio del 2007. E’ lui il corridore nella foto di apertura…

Marco Velo oggi collabora con Davide Cassani e con Rcs Sport: qui con Allocchio
Velo con Allocchio al Giro d’Italia

Kemmelberg

Il punto chiave della Gand-Wevelgem è il Kemmelberg – la “montagna” più alta delle Fiandre Occidentali con i suoi 156 metri sul livello del mare – e la sua discesa iniziale in porfido è un piano inclinato con punte al 22%. Le borracce cadono dalle bici e diventano palline impazzite simili a quelle di un flipper che colpiscono i corridori oppure perdono acqua e le pietre diventano scivolose. L’abilità è cercare di restare in piedi. 

Quella edizione – era l’11 aprile di quattordici anni fa, 203 chilometri di gara e si disputava ancora di mercoledì tra Giro delle Fiandre e Parigi-Roubaix – è famosa per una serie di cadute incredibili: 65 ritiri, 13 feriti, di cui 9 ricoverati.

Nel 2004 con la pioggia altre cadute: guardate Balducci
La discesa del Kemmel è sempre stata pericolosa: nel 2004 con l’acqua altre cadute, riconoscete Balducci?

Casper e Velo

Il primo corridore che paga un dazio salato è il francese Jimmy Casper che nella prima discesa dal Kemmel si rompe il setto nasale, gli saltano un po’ di denti riportando una commozione cerebrale. Ma anche a Velo non va molto meglio. Il bresciano della Milram, durante la seconda ed ultima discesa dal totem fiammingo (-36 chilometri dalla fine), rovina a terra a causa di una borraccia. Cade anche il suo compagno Fabio Sacchi (botta al femore) mentre il suo capitano Alessandro Petacchi invece, pur restando in piedi, rompe la bici dovendo abbandonare così la corsa (le ammiraglie in quel tratto non potevano transitare) e con essa le speranze di vittoria che andrà a Burghardt della T-Mobile.

Petacchi resta indietro impaurito dalla caduta di Velo sul Kemmel, rompe la bici e si ritira
Petacchi rompe la bici dopo il Kemmel e si ritira
Marco facciamo un flashback, che istanti sono stati quelli?

Mi andò via la ruota davanti, fu una grande caduta e pensate che quella di Casper del giro prima non l’avevo nemmeno notata nel caos più totale. Lì per lì, malgrado i dolori, pensavo di non essermi fatto nulla, non mi rendevo conto delle botte. Ma nel momento in cui ho provato a piegare il ginocchio destro per rimettermi in piedi, ho sentito un click che mi ha un po’ preoccupato. Ho immaginato qualcosa di serio alla rotula, però c’era anche la clavicola destra fratturata e due costole rotte che mi avevano perforato un polmone. Ho avuto subito pensieri di ogni tipo, tutti negativi. Ho capito che avrei dovuto saltare il Giro d’Italia e buona parte della stagione. Fui portato via in ambulanza all’ospedale di Gand, dove rimasi per tre giorni prima di tornare in Italia, sempre in ambulanza, poiché non potevo volare per il danno al polmone.

Era un periodo importante per la vostra stagione.

Esatto, ma poco fortunato. La settimana prima al Fiandre era caduto Zabel, mentre in quella Gand-Wevelgem ci stavamo organizzando per andare a ricucire sulla fuga (erano fuori in tre da molti chilometri con un vantaggio di 1’30” in diminuzione, ndr) per portare Petacchi a giocarsi lo sprint. Si facevano un po’ di prove generali in vista delle volate della corsa rosa.

Sul Kemmel, Jimmy Casper va giù di faccia. A destra, in fondo, ecco Fornaciari
Jimmy Casper va giù di faccia
Al rientro in Italia hai dovuto affrontare una lunga riabilitazione?

Prima di partire dal Belgio avevo avuto il supporto della squadra e di alcuni ex compagni che mi erano venuti a trovare in ospedale, facendomi forza e tirandomi su di morale. E’ stato importante avere quel genere di aiuto perché mi è servito per metabolizzare meglio la caduta. Il polmone si sistemò a fine aprile, nel frattempo avevo subito l’intervento al ginocchio in cui mi tolsero circa 8 centimetri di cartilagine. Rimasi a letto per quaranta giorni, facendo solo terapia al ginocchio, che mi provocava un dolore immenso. La fisioterapia in quei tre mesi abbondanti è stata fondamentale, non ho mai saltato un giorno. Facevo lavori in piscina e in pratica sono passato dalle stampelle alla bici.

Quando rientrasti in gruppo?

A fine luglio disputai il Brixia Tour e poi a settembre la Vuelta, in cui andai molto forte aiutando Petacchi e Zabel. Non male, considerando che il medico dopo l’operazione mi aveva detto che sarei tornato in bici molto dopo e con problemi futuri al ginocchio.

Sul Kemmel cade anche Wilfried Crestkens: quel giorno sarà un’ecatombe
Cade anche Wilfried Crestkens: quel giorno sarà un’ecatombe
Marco, a distanza di anni, sei anche direttore e regolatore di corsa per Rcs Sport. Con quale punto di vista guardi adesso quella caduta?

Quel giorno io non potevo fare diversamente, ma va detto che dopo le nostre cadute, quel versante in discesa del Kemmel venne tolto. Gli organizzatori optarono per aggirare quei 350 metri terribili di pavé prendendo un’altra strada in asfalto un po’ meno pericolosa. Adesso sono cambiati anche i materiali, all’epoca non c’erano i freni a disco e usavamo copertoni da 23 millimetri, mentre gli attuali da 28 o addirittura 30 ti danno più controllo. Però devo dire, ora che sono dall’altra parte della barricata e con la moto sono nel cuore della corsa, che è sempre difficile domare i corridori.

E quindi?

Quindi, per quanto riguarda le gare Rcs, c’è una attenzione maniacale nel cercare di mettere il ciclista nelle migliori condizioni di sicurezza. Ma io vorrei che i corridori fossero più formati, magari grazie a dei corsi proposti dall’Uci, con la partecipazione di driver, regolatori e organizzatori per cercare di portare al minimo il margine di pericolosità di certe situazioni.

Volate al Giro, Petacchi spiazza: meglio se c’è salita

25.02.2021
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Questo Giro con cinque tappe vere per velocisti sarebbe piaciuto ad Alessandro Petacchi, che degli sprinter è stato a lungo il re?

Lo spezzino, toscano di adozione, si è fatto un’idea studiando le carte che sono uscite su social e siti e pur essendo l’ideale ambasciatore della categoria veloce, ha una posizione interessante e alla fine condivisibile su volate e salite. Avete presente le rimostranze di alcuni uomini veloci, secondo cui anche le tappe con arrivo in volata hanno dislivelli elevati? Secondo Alessandro non è necessariamente un male, ma ci arriveremo con ordine.

Giro 2003, a Lecce Petacchi batte Cipollini e apre la sua era
Giro 2003, a Lecce Petacchi batte Cipollini
Che cosa ti sembra del Giro?

Ho visto il percorso, direi che il Giro ormai è disegnato così da qualche anno. Quest’anno forse i giorni veramente duri sono concentrati e sembra che ci sia più respiro.

Cinque volate, in teoria a capo di percorsi pianeggianti, sono un lusso?

La tappa piatta sicuramente è tranquilla per chi fa classifica. La salitella a ridosso dell’arrivo diventa sempre motivo di tensione. Diciamo che la tappa piatta è più rilassante per tutti, finché non arrivi alla volata, a meno che non trovi vento. L’Italia da questo punto di vista non è come la Spagna o la Francia, le uniche zone in cui ne trovi tanto sono a Sud, di solito in Puglia. Ma la tappa che parte da Foggia sembra dura e non si arriverà in volata.

Rilassante per tutti, finché non arrivi alla volata?

Quando vedono una tappa così, tutti vogliono fare lo sprint. C’è confusione proprio in finale, soprattutto quando si parla della prima settimana, quindi ad esempio a Cattolica. Sono quelle tappe in cui arriva il gruppo “compattone”. Invece nella terza settimana, fra chi è stanco e chi è già andato a casa, il gruppo si allunga e ci sono meno problemi.

Bennett è uno di quelli che tiene bene anche sulle medie salite. Qui vince al Uae Tour
Bennett tiene bene in salita. Qui vince al Uae Tour
Meglio tappe un po’ più impegnative, quindi?

La salitella in finale mette ordine. Magari a meno 15 dall’arrivo, ma niente di troppo duro, sennò il velocista non arriva. Uno strappo entro i 3 chilometri, in cui magari qualcuno resta tagliato fuori.

Petacchi era di quelli che tenevano.

Mi allenavo su salite entro i 10 minuti, con pendenza del 5-6 per cento. Pendenze o lunghezze superiori erano problemi anche per me. Ma c’è in gruppo chi si stacca anche dopo un chilometro. Con la salita è più bello, sale l’adrenalina, sai che la volata devi guadagnartela. Chiaro che il velocista che si stacca preferisca il piattone…

Oggi ce ne sono pochi.

Infatti corridori come Viviani, Nizzolo, Gaviria, Bennett se stanno bene, non si staccano. Forse Groenewegen, Jakobsen quando tornerà, Mareczko vanno meglio sui percorsi veloci.

Quando è in forma, Fernando Gaviria tiene bene sugli strappi
Quando è in forma, Fernando Gaviria tiene bene sugli strappi
Si dice in giro che tornerai al Processo alla Tappa.

Ne abbiamo parlato anche ieri. Il mio problema è che la squalifica scade il 14 maggio, dopo la prima settimana del Giro. Auro (Bulbarelli, direttore di Rai Sport, ndr) pensava finisse ai primi del mese, invece hanno fatto partire i due anni dal giorno che lasciai il Giro. Il fatto è che non posso frequentare luoghi in cui ci siano i corridori. All’Uci spiegai che avrei voluto riprendere il mio lavoro e dissero che per loro non era un problema. Ma cosa succede se per arrivare al palco del Processo devo ad esempio attraversare un passaggio in cui potrebbero passare anche i corridori? Qualcuno farebbe la foto e sarebbero rogne per la Rai e per me. Al Tour il compound delle televisioni è lontano dall’arrivo, al Giro siamo sempre sulla strada.

Sembra un po’ surreale…

Il bello è che mi hanno squalificato perché nel 2018 mi tesserai per correre la Cape Epic con Chicchi, altrimenti non avrebbero potuto farmi niente. E Hondo, che secondo l’Uci mi avrebbe tirato in ballo, mi ha fatto mandare dal suo avvocato i verbali degli interrogatori, in cui non c’è nulla che parli di me. Non mi ha mandato tutto? Non lo so, ormai la squalifica l’ho avuta. Spero solo di poter tornare a lavorare.

ALESSANDRO PETACCHI, MARK CAVENDISH, TIRRENO-ADRIATICO 2014

Petacchi, dica lei: come vede la scelta di Cav?

22.12.2020
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Dal primo agosto del 2013 e l’anno dopo, con il dichiarato intento di aiutare Mark Cavendish, Alessandro Petacchi firmò un contratto con la Omega Pharma-Quick Step. Si trattava del velocista più forte nell’arco delle 10 stagioni precedenti che, riponendo quasi del tutto le proprie ambizioni, si mise al servizio del britannico: 11 anni in meno e ancora tanta forza nelle gambe. In quei 18 mesi lo spezzino vinse una sola corsa, l’ultima della sua carriera: il Gp Cerami del 2014. Cavendish invece ne vinse 15.

Oggi, a distanza di sei anni, Cavendish è tornato a bussare alla porta di Lefevere, convinto di avere questa sola chance per riprendere a volare. Ce l’aveva proprio in testa. Voleva di nuovo correre su una Specialized e Dio solo sa quante volte in passato ne avrebbe voluta una da mascherare con i colori dei team in cui militava. Tuttavia Mark non ha detto che si metterà a disposizione di Bennett, che al momento è ben più forte di lui. E lo ha fatto portando uno sponsor, fatto che rende l’operazione parecchio meno romantica e decisamente controversa. Ci interessava però avere il parere di Petacchi, la sua lettura di questa scelta.

«Probabilmente ci tornerei anche io – dice Alessandro – nel senso che è un ambiente bello, una squadra in cui si sta bene, che dà tranquillità e serenità. Ciò di cui probabilmente Mark ha bisogno».

Alessandro Petacchi, Mark Cavendish, Giro d'Italia 2011, Parma
Alessandro Petacchi, Mark Cavendish, rivali (poco amici) al Giro d’Italia 2011
Alessandro Petacchi, Mark Cavendish, Giro d'Italia 2011, Parma
Petacchi-Cavendish rivali al Giro del 2011
Tu andasti deponendo le armi e mettendoti a sua disposizione…

Lui non so perché lo abbia fatto, se vada perché non ha più niente da dare, ma non credo. Secondo me semplicemente ha perso le motivazioni. Non lo portavano neanche più alle corse e uno così, soprattutto adesso che ha 35 anni, ha bisogno di correre. A casa si rilassa.

Quale può essere oggi la sua motivazione?

Il Tour, è sempre stata il Tour. Mark pensa solo al Tour. L’ho visto cambiare completamente nel giro di 15 giorni. Presentarsi con un altro sguardo e per giunta dimagrito. Concentratissimo. Se non ha questa motivazione, non vede altro. E forse in quella squadra crede di trovarla.

Il guaio, fra le pochissime parole che gli abbiamo sentito dire, è che non ha mai parlato di mettersi a disposizione di Bennett.

Dovrà dimostrare di essere forte abbastanza, poi la scelta sarà di Lefevere. E magari non avendo ancora per un po’ Jakobsen, lo butteranno dentro e lui dovrà farsi trovare pronto. Smettere per smettere, ha più senso farlo in una squadra così. Anche perché ad ora fa persino fatica a farle le volate. E’ nell’ambiente giusto.

Alessandro Petacchi, Giro d'Italia 2018
Alessandro Petacchi dimostrato negli anni anche doti da ottimo opinionista televisivo
Alessandro Petacchi, Giro d'Italia 2018
Per qualche anno, un ottimo opinionista televisivo
Perché?

Ci sono corridori affiatatissimi. Non ci sono mai tensioni. Sono sempre molto sereni, per chiunque ci sia da lavorare. Un gruppo che passa indistintamente da Alaphilippe a Remco, per poi dedicarsi ai velocisti. In quell’anno e mezzo in cui sono stato con loro, veniva davvero tutto facile. C’era un’armonia nel fare le cose che avevo visto forse soltanto con la Fassa Bortolo. Ti alleni. Nessuno ti rompe le scatole. I corridori danno il 110 per cento. Si corre sempre per vincere. E hanno l’esperienza giusta per i finali. Con quei nomi non era e non è così difficile mettere insieme un treno vincente.

Non trovi un po’ triste che sia entrato in squadra solo perché ha portato lo sponsor?

Un po’ triste in effetti lo è. Ma il periodo è difficile per tutti. Si sa che Lefevere non abbia disponibilità illimitata di soldi e per questo negli ultimi anni ha dovuto rinunciare a Gaviria e Viviani. Ha scelto di tenersi Jakobsen, pagandolo magari un terzo di quello che gli sarebbe costato Gaviria e aveva fatto la scelta giusta. Prima dell’incidente, Fabio era avviato a diventare imbattibile. Con i giovani hanno un occhio pressoché infallibile. Spendere soldi su Mark forse era inutile, ma così le cose ovviamente sono cambiate.

Mark Cavendish, BinckBank Tour 2020
Mai visto nel 2020 un Cavendish in forma: qui al BinckBank Tour
Mark Cavendish, BinckBank Tour 2020
Mai visto un Cavendish in forma nel 2020
Credi possa tornare il Cavendish di allora?

Non credo che il suo sia un problema fisico, quanto piuttosto di testa. Sono due anni che non corre e se ricomincia ad allenarsi bene, magari gli danno la fiducia che poi sta a lui ricambiare. Bisognerà capire se la sua reattività e l’esplosività ci sono ancora. Insomma, non è semplice.

Nelle ultime apparizioni non è mai parso particolarmente in forma…

Questo forse sarà il passaggio più delicato. Se per entrare bene nella nuova maglia fa venti giorni ad allenarsi e non mangiare, si rovina definitivamente. Spero invece che sia già un mesetto che si allena bene e che se ne prenda altri due per calare progressivamente. In squadra ci sarà certamente chi lo seguirà su questo cammino.

E tu, Ale, ti tieni in forma?

Bici poca, visto il momento. Sto a casa e faccio un po’ di rulli. Per fortuna c’è Zwift, così posso continuare a sfidarmi con Michele (Bartoli, ndr). In attesa che finalmente si possa tornare a respirare un po’.