Alari: il pensiero di smettere e il rilancio in Padovani

11.11.2025
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Samuele Alari è ripartito ieri, con una prima sessione di palestra seguita da una pedalata sui rulli. Test e una sgambata per iniziare a lavorare in vista della terza stagione da Under 23, che lo vedrà correre in  maglia SC Padovani Polo Cherry Bank. La sua esperienza con il devo team della Tudor Pro Cycling si è conclusa senza tanti rumori, una stretta di mano e ognuno per la sua strada. Il corridore bergamasco è tornato in Italia a correre, scegliendo una realtà in evoluzione e capace di raccogliere ottimi consensi già al suo primo anno nella categoria. 

«Oggi (ieri per chi legge, ndr) ho fatto dei test massimali in palestra – racconta Alari – per capire come programmare i lavori di forza. Una volta terminati sono salito sui rulli per una sgambata, tra tutto è stata una prima sessione di lavoro della durata di due ore e trenta minuti. E’ un tipo di lavoro che ho già fatto in passato, dopo la palestra si sale in bici per assimilare i lavori di forza fatti. Siccome deve essere una cosa abbastanza immediata ho preferito fare spinning per non perdere troppo tempo».

Samuele Alari, Tudor Pro Cycling Development
Alari ha corso i primi due anni da under 23 con la Tudor Pro Cycling Development
Samuele Alari, Tudor Pro Cycling Development
Alari ha corso i primi due anni da under 23 con la Tudor Pro Cycling Development

La voglia di riprendere

L’entusiasmo nel tono di Alari lo si percepisce, la voce è allegra, sintomo che le vacanze hanno fatto il loro effetto ed era arrivato il momento giusto per ripartire in vista del 2026. 

«Mi sono riposato bene – racconta ancora Samuele Alari – insieme al mio preparatore abbiamo deciso di fare due settimane di stacco. Sono andato prima in Sicilia con la mia fidanzata e poi a Londra con gli amici, siamo tornati domenica e da ieri mi sono rimesso al lavoro. Devo dire che mi mancava fare attività, allenarmi. Nel 2026 voglio riscattarmi dopo due anni in sordina, lo devo a me stesso e alla S.C. Padovani che ha creduto in me fin da subito».

Samuele Alari, Tudor Pro Cycling Development
Samuele Alari ha preso parte a diverse gare anche con i professionisti
Samuele Alari, Tudor Pro Cycling Development
Samuele Alari ha preso parte a diverse gare anche con i professionisti
Cosa senti di dover dare a te stesso?

Diciamo che vorrei riallacciare il filo con le sensazioni che avevo nei due anni da junior, dove le cose sono andate abbastanza bene. Ho corso tanto con la nazionale e ho raccolto qualche vittoria. A fine 2023 purtroppo ho rotto il bacino e sento che tutto si è un po’ fermato lì. Nei due anni da under 23 alla Tudor ho avuto qualche problemino, il prossimo anno voglio mostrare il mio reale valore. 

Alla Padovani cosa vorresti dare?

Vorrei ricambiare la fiducia mostrata nei miei confronti fin da subito. Mi hanno detto che avrei avuto il mio spazio e ancora prima di firmare Alessandro Petacchi mi ha dato una mano per risolvere il problema al ginocchio che ha condizionato il mio 2025 (in apertura Alari insieme ad Alessandro Petacchi e al vice presidente della SC Padovani Martino Scarso, Photors.it). 

Al termine del suo percorso in Tudor Alari era arrivato a un passo dallo smettere (foto DirectVelo)
Al termine del suo percorso in Tudor Alari era arrivato a un passo dallo smettere (foto DirectVelo)
Esci da un devo team, che esperienza è stata?

Il lato positivo è legato alle cose che sento di aver imparato alla Tudor, padroneggio meglio la lingua inglese e ho corso gare di alto livello, anche con i professionisti. 

Nonostante tu abbia corso poco tutto sommato?

E’ il loro modus operandi, tutti i corridori hanno pochi giorni di gara all’attivo. Si punta molto sulla crescita in allenamento, d’altro canto io sento di essere un atleta che ha bisogno di gareggiare per avere determinati progressi. Ho anche provato a parlarne con il team, ma la loro filosofia rimane tale.

Tornando indietro rifaresti questa scelta?

Quando ho firmato con la Tudor era il periodo in cui gli juniores iniziavano a uscire dall’Italia per correre, sono stato uno dei primi a farlo. Non c’erano tanti riscontri o esperienze di altri corridori alle quali affidarsi. Alla fine non sapevo benissimo a cosa sarei andato incontro, la Tudor mi ha proposto un cammino di crescita più lungo di due anni, inizialmente. 

Prima di passare under 23 alla Tudor Alari ha corso i due anni da junior alla SC Romanese
Prima di passare under 23 alla Tudor Alari ha corso i due anni da junior alla SC Romanese
Poi cosa è successo?

Quando ho firmato non ero legato a dei risultati, ma solamente a un processo di crescita e maturazione. Al termine della scorsa stagione, quando si è trattato di capire cosa fare mi hanno detto di non essere sicuri di volermi tenere. Mi hanno detto che senza tanti risultati era difficile pensare di continuare. Il discorso è che non mi hanno lasciato spazio per provare a fare quello che avrei voluto, per mettermi alla prova. Devo ammettere di essere arrivato molto vicino al voler smettere.

Perché?

In due anni ho investito tempo, energie e tanto altro per poi non avere un ritorno. Mi sono chiesto se ne valesse davvero la pena, per un mese l’idea di smettere ha prevalso su quella di continuare. Mi ero detto: «Basta mi dedico alla scuola, ho anche altri interessi oltre al ciclismo e questa evidentemente non è la mia strada». Poi ho parlato con il mio procuratore, Mori, e mi sono dato ancora un anno. 

Alari rimane un profilo interessante per la nazionale di Amadori, soprattutto per le prove contro il tempo
Alari rimane un profilo interessante per la nazionale di Amadori, soprattutto per le prove contro il tempo
Hai avuto la forza di rimetterti in gioco, non tutti però ce l’hanno, la scelta di un devo team può bruciare alcuni?

Nel mio caso, con il senno di poi, direi che andare subito alla Tudor sia stato un errore. Tuttavia capisco che per uno junior la chiamata faccia gola, magari tornassi indietro lo rifarei. Se si va all’estero bisogna fare i conti con il fatto che i devo team sono l’anticamera del professionismo, è vero, ma se poi non si entra il rischio è che la batosta sia tanto grande. Alcuni smettono, altri no. 

Serve il coraggio di ripartire…

Gli errori si fanno, nel ciclismo come a scuola o sul lavoro. Serve la forza mentale di ammettere che si è fatto un passaggio a vuoto e di voler riprovare, di dire: «Non è finita qui». Io mi sono affidato alla S.C. Padovani perché ho visto in loro il riflesso del mio voler cambiare mentalità. In squadra cambieranno alcune cose e la voglia di migliorare non mancherà, sia a me che tanto meno a loro.

Visita Alessandro Petacchi a casa di Giancarlo Ferretti (immagine Instagram)

Petacchi e quelle due ore indimenticabili a casa di Ferretti

28.09.2025
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«A parte il rispetto – dice Petacchi – per Giancarlo Ferretti nutro un affetto smisurato. Io non avevo mai conosciuto il Sergente di Ferro, come lo chiamavano. Per me è stato una persona speciale. Al Giro d’Italia del 2000 andai per tirare le volate a Konychev. Ero in camera da solo, perché si correva ancora in nove e avevano chiesto se volessi dormire da solo. Non era un bel periodo e una sera me lo ritrovai in camera alle undici. Aveva capito che stavo attraversando una crisi e venne a parlarmi. Ne uscì all’una, si parlò di tutto meno che di ciclismo. E da quel momento per me divenne una persona di riferimento».

L’occasione per riaprire le pagine di questo splendido diario è stata un post su Instagram. Ci sono le foto di Petacchi che abbraccia Ferretti: il tecnico che diede la svolta alla sua carriera. «Semplicemente fantastico vederti – c’è scritto – abbracciarti e aspettare il passaggio dei corridori del Giro di Romagna assieme a te, Ferron, ed alla tua famiglia. Ho passato un paio d’ore indimenticabili piene di emozioni veramente forti».

Foto che toccano il cuore, riportando a galla tempi vissuti come una conquista. Anni in cui l’Italia aveva gli squadroni e andava nel mondo con i suoi capitani. Fra loro, Giancarlo Ferretti, per tutti Ferron, era uno dei più impavidi. Si era circondato dello stesso gruppo di lavoro: i suoi amici, che con gli anni divennero una famiglia. E quando si mise al lavoro per creare la Fassa Bortolo, fra i corridori individuati c’era anche un certo Alessandro Petacchi che alla corte di Reverberi aveva vinto una sola corsa ed era spesso in fuga.

Giro d'Italia 2003, Avezzano, Giancarlo Ferretti sull'ammiraglia e Alessandro PEtacchi in maglia rosa
Al Giro del 2003, Petacchi indossa la maglia rosa per le prime sei tappe: qui con Ferretti all’ammiraglia
Giro d'Italia 2003, Avezzano, Giancarlo Ferretti sull'ammiraglia e Alessandro PEtacchi in maglia rosa
Al Giro del 2003, Petacchi indossa la maglia rosa per le prime sei tappe: qui con Ferretti all’ammiraglia
Come andò?

Se devo essere sincero, mi chiamò perché gli avevano parlato di me. Giancarlo non sapeva quasi che corressi in bici. Poi il giorno dopo mi vide in televisione. Ero al Giro d’Italia e andai in fuga al chilometro zero. Gli piacque come stavo in bicicletta, lo stile che avevo e la sera mi chiamò. Mi disse che faceva una squadra e voleva sapere se mi interessasse andare. Io gli dissi di sì, assolutamente sì. Andò così. Ero seguito da Cecchini, mi allenavo da lui. E quando Ferron cominciò a cercare un po’ di corridori per fare la squadra, chiamò il Cecco. Fu lui a fargli il mio nome, gli disse di fidarsi e di provare a seguirmi in qualche tappa del Giro, perché ai tempi andavo spesso in fuga.

Cominciò davvero tutto così?

Sapevo chi era Ferretti e non mi intimoriva assolutamente quello che si diceva di lui. Poi chiaramente col tempo ho imparato a conoscerlo. Semmai in quel primo Giro avevo paura di non ricambiare la fiducia che mi avevo dato. E lui fu bravo. Se mi avesse aggredito o schiacciato, probabilmente avrei smesso di correre per il carattere che avevo in quel momento. Invece Giancarlo mi capì perfettamente. Non mi è mai stato addosso, mi ha sempre lasciato molto tranquillo, mi ha dato la tranquillità di cui avevo bisogno.

Visita Alessandro PEtacchi a casa di Giancarlo Ferretti (immagine Instagram)
L’occasione per la visita di Petacchi a Giancarlo Ferretti è stato il Giro di Romagna (immagine Instagram)
Visita Alessandro Petacchi a casa di Giancarlo Ferretti (immagine Instagram)
L’occasione per la visita di Petacchi a Giancarlo Ferretti è stato il Giro di Romagna (immagine Instagram)
Come proseguì quel Giro?

La mattina dopo, mi ricordo che c’era la tappa di Vasto e avevamo Tosatto con la maglia rosa, che mi pare avesse preso il giorno prima a Peschici. Nella riunione ci disse: «Ragazzi, siamo in maglia rosa e dobbiamo onorarla. Per cui collaboriamo con la Saeco che tirerà per Cipollini». Poi guardò verso di me e disse la frase che credo mi ricorderò tutta la vita. «Tu non tirare, stai vicino a Dima (Dimitri Konychev, ndr), fai quello che sai fare. Se rimani con me, ti stuferai di vincere».

Un’investitura da brividi…

Io rimasi un po’ così: ma cosa sta dicendo? Fino a quel momento, in quattro anni da professionista avevo vinto solo una corsa in Malesia. Evidentemente lui sapeva quello che potevo fare, anche se penso che nessuno potesse aspettarsi che avrei vinto così tanto. Però sapeva che potevo diventare sicuramente migliore. Infatti dopo il Giro d’Italia, cominciai a vincere in Lussemburgo. Poi andai alla Vuelta e vinsi le prime due tappe in un Grande Giro. E anche lì, fu lui che da casa a dare la svolta.

Giro d'Italia 2003, Lecce, Alessandro PEtacchi batte Mario Cipollini in volata
A Lecce, nel Giro 2003, accade l’impensabile: Petacchi batte Cipollini iridato nella prima tappa
Giro d'Italia 2003, Lecce, Alessandro PEtacchi batte Mario Cipollini in volata
A Lecce, nel Giro 2003, accade l’impensabile: Petacchi batte Cipollini iridato nella prima tappa
Perché da casa?

Giancarlo alla Vuelta non veniva mai. Io tiravo le volate a Baldato, però Fabio non riuscì a ingranare più di tanto. Così Ferron chiamò i direttori sportivi, mi sembra ci fossero Zanatta e Volpi, e gli disse che il giorno dopo avrebbero dovuto provare a fare la volata per me: «Quello che la squadra fa per Baldato, domani lo fate per Petacchi». Ricordo che il primo giorno non andò così e lui si arrabbiò.

Che cosa fece?

Richiamò e disse che se non lo avessimo fato il giorno dopo, avrebbe preso l’aereo e sarebbe venuto giù. Fu così che cominciai a fare le volate con la Fassa Bortolo e in quei sei anni vinsi 100 corse, cambiando la filosofia di Giancarlo. A lui piaceva attaccare e andare in fuga, aveva una squadra molto combattiva. Avendo un corridore come me, costruì l’ambiente migliore.

Quando nel 2005 le vostre strade si divisero, continuasti a sentirlo?

Sempre. Quando avevo bisogno di una chiacchiera o di una decisione, lo chiamavo. Per me Giancarlo è sempre stato un punto di riferimento.

Uno dei capolavori della Fassa Bortolo e di Petacchi fu di certo la Sanremo del 2005
Milano Sanremo 2005, Alessandro Petacchi
Uno dei capolavori della Fassa Bortolo e di Petacchi fu di certo la Sanremo del 2005
Nel ciclismo di oggi ci sarebbe ancora posto per un ammiraglio di quel taglio?

Per quello che mi ricordo, Giancarlo ha sempre avuto una mentalità aperta. Non avrebbe avuto difficoltà a sposare l’idea di avere un preparatore o un nutrizionista. Era figlio di un ciclismo di vecchio stampo, però è sempre stato aperto. E poi avrebbe anche oggi il suo punto di forza nel rapporto umano, che si sta un po’ perdendo. Vedo squadre con tanti preparatori, tanti nutrizionisti, magari 30 corridori sparsi per il mondo. Tutto questo altera i rapporti fra le persone. Nel gruppo di Ferretti, i rapporti personali erano la chiave e ancora oggi con tutti loro è rimasto un rapporto incredibile.

Davvero una famiglia?

In un certo senso, sì. Come sono partiti, così sono arrivati. Alla fine, le persone sono rimaste più o meno sempre quelle. I cinque o sei anni, sarà cambiato forse un massaggiatore o un meccanico. In proporzione cambiavano di più i corridori, salvo tre o quattro di noi che Giancarlo definiva i soci fondatori, perché c’eravamo all’inizio e ci siamo stati fino alla fine. Mi vengono in mente Baldato e Petito.

Visita Alessandro PEtacchi a casa di Giancarlo Ferretti (immagine Instagram)
Il momento più difficile, ammette Petacchi, è quello di andare via (immagine Instagram)
Visita Alessandro PEtacchi a casa di Giancarlo Ferretti (immagine Instagram)
Il momento più difficile, ammette Petacchi, è quello di andare via (immagine Instagram)
Che effetto fa ogni volta che vai a fargli visita?

Se vedo che posso andare, chiamo sempre sua figlia Federica. Quando arrivo, lo vedo che è contento. Mi saluta a modo suo, mi fa qualche raccomandazione e poi lo vedo che si emoziona e che questo mondo gli manca. Da una parte mi dico che così è la vita, però mi dispiace che ci soffre quando mi vede andare via. Quella è una cosa che mi fa stare male, ma trovo che sia bello che ci sia ancora questo rapporto. Con me c’è stato anche Volpi, che ci è passato anche Michele (Bartoli, ndr). Ferretti ha toccato la vita di tanti corridori, credo sia giusto ricordarselo.

Petacchi: «Per il 2026 una Padovani rinnovata e più giovane»

06.09.2025
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MISANO ADRIATICO – La prima stagione della SC Padovani Polo Cherry Bank come team continental l’ha vista protagonista in tante corse, con un calendario ricco di appuntamenti sia tra i professionisti quanto all’estero. Il progetto portato avanti dal presidente Galdino Peruzzo insieme a Martino Scarso e Alberto Ongarato nato con l’intento di trovare il giusto mix tra esperienza e voglia di innovare ha messo una prima pietra importante per la sua crescita. La stagione 2025 sta volgendo al termine, e mentre alcuni dei ragazzi sono impegnati al Giro del Friuli si guarda già al futuro.

La SC Padovani Polo Cherry Bank ha corso anche con i professionisti, qui al Trofeo Laigueglia
La SC Padovani Polo Cherry Bank ha corso anche con i professionisti, qui al Trofeo Laigueglia

Tra Italia ed Europa

Allo stand di Dmt, nei giorni dell’Italian Bike Festival, è passato Alessandro Petacchi che della formazione veneta è il team manager. I suoi pensieri sono divisi a metà tra un bilancio del primo anno di attività e la voglia di crescere. 

«Siamo partiti poco più di un anno fa – ci racconta Petacchi – era il mese di agosto del 2024. Siamo riusciti a mettere in piedi un bel progetto e creare un organico interessante, con dei buoni corridori. Abbiamo anche preso le misure con un calendario che ci ha messi a confronto con i professionisti, ad esempio alla Coppi e Bartali e al Giro d’Abruzzo, dove abbiamo anche vinto la classifica dei GPM con Federico Guzzo».

Al Giro d’Abruzzo Federico Guzzo ha conquistato la maglia blu dei GPM (Photors.it)
Al Giro d’Abruzzo Federico Guzzo ha conquistato la maglia blu dei GPM (Photors.it)
Una squadra nata in poco tempo…

Non è stato semplice, perché quando ti trovi a prendere dei corridori e non hai nemmeno una maglia da mostrare loro diventa difficile convincerli. Ci siamo trovati a scegliere tra pochi atleti, ma per il prossimo anno la selezione diventerà più complicata. Per il 2026 stiamo lavorando al fine di avere una rosa giovane con corridori selezionati insieme al nostro futuro preparatore. 

Selezione mirata?

Siamo riusciti a trovare corridori di qualità che vanno forte in salita, cosa che un po’ ci è mancata quest’anno. Penso che dal prossimo anno saremo ancora più competitivi da questo punto di vista. La stagione ci sta vedendo attivi con qualche corridore che sta raccogliendo buoni risultati. 

Nella seconda tappa del Giro Next Gen Mirko Bozzola ha trovato un terzo posto alle spalle di due atleti dei devo team (Photors.it)
Nella seconda tappa del Giro Next Gen Mirko Bozzola ha trovato un terzo posto alle spalle di due atleti dei devo team (Photors.it)
Avete ufficializzato, nei giorni scorsi, tre nuovi innesti dalla categoria juniores…

Uno di loro sta correndo ora al Giro della Lunigiana (Riccardo del Cucina, ndr) e nella prima tappa si è comportato molto bene. Lui e Matteo Scofet hanno caratteristiche simili, mentre Kevin Bertoncelli è un passista e cercheremo di far emergere le sue qualità. 

Del Cucina lo hai visto correre giovedì al Giro della Lunigiana?

E’ stata la prima volta che sono riuscito a guardarlo dal vivo e mi è piaciuto veramente molto. E’ un ragazzo inquadrato e molto determinato, ha fatto tutto il mese d’agosto in altura prima di andare al Lunigiana. Nonostante avesse già preso un impegno con noi per il prossimo anno, ci teneva a far bene in quest’ultima gara. 

Marco Palomba sta trovando continuità e risultati, sarà uno degli atleti elite della SC Padovani del prossimo anno (Photors.it)
Marco Palomba sta trovando continuità e risultati, sarà uno degli atleti elite della SC Padovani del prossimo anno (Photors.it)
Dopo aver fatto uno stage con la Tudor poche settimane fa ha poi firmato con voi.

Ha fatto questa esperienza, però abbiamo parlato con lui, in presenza del padre e del suo procuratore (Matteo Roggi, ndr). E’ stato lo stesso Del Cucina a non volere la Tudor perché il calendario non gli piaceva, ha preferito il nostro. Posso capire che si tratta di una scelta in controtendenza, perché per un ragazzo di 18 anni vestirsi e utilizzare i mezzi dei professionisti è un sogno. Però noi abbiamo presentato il nostro progetto, dal prossimo anno avremo due nuove figure tecniche nello staff, un preparatore e un nutrizionista, che collaborano anche con un team WorldTour. 

Quanto è difficile approcciarsi alla categoria juniores per una continental?

E’ evidente che i ragazzi sono attratti dai devo team e lo capisco. D’altro canto ho qualche esperienza con ragazzi che arrivano da quelle realtà e non si sono trovati bene. Il rischio è di correre con meno rispetto dei ruoli per la voglia di emergere, perché spinti dal voler dimostrare che possono passare professionisti. 

Un profilo sul quale Petacchi crede molto è Ursella, caduto alla Popolarissima e non ancora tornato in gruppo (Photors.it)
Un profilo sul quale Petacchi crede molto è Ursella, caduto alla Popolarissima e non ancora tornato in gruppo (Photors.it)
Alla fine i devo team sono formazioni continental, la dinamica dell’egoismo rischia di emergere anche da voi?

Vero, però abbiamo uno staff qualificato e valido, gente esperta che sa come gestire i corridori. Uno su tutti è Dmitri Konychev, i ragazzi lo rispettano perché è capace di trasmettere loro molte cose e riesce a farli correre bene. L’obiettivo della Padovani è di portare i ragazzi al professionismo, quindi insegnargli come si corre e a gestirsi sin da quando passano da juniores a under 23.  

State puntando molto sui primi anni…

Si tratta di una scelta un po’ in controtendenza rispetto allo scorso anno, ma crediamo serva trovare il giusto equilibrio tra under ed elite. I grandi possono aiutare i compagni più giovani. Abbiamo deciso di costruire un calendario più equilibrato, che verrà deciso insieme al nuovo preparatore, per dare il giusto ritmo tra allenamenti e gare. Bisogna gestire gli impegni perché la stagione è lunga e le gare sono tante. Avremo quattordici ragazzi, riusciremo a fare la doppia attività, ma senza esagerare. 

Milan, la verde o le tappe? Zero dubbi per Petacchi

10.07.2025
7 min
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Mancano due tappe alla prossima volata. Se ne riparlerà sabato a Laval Espace Mayenne e per allora Jonathan Milan potrebbe dare la svolta al suo Tour che per ora è fatto della maglia verde, della distrazione che lo ha privato del primo sprint e del secondo posto di Dunkerque dietro Merlier. Il Tour non è il Giro, vincere non è per niente semplice.

Per farcelo spiegare ci siamo rivolti ad Alessandro Petacchi, l’ultimo italiano vincitore della maglia verde. Uno che prima di vincere al Tour dovette prendergli le misure. La prima volta nel 2001 ottenne come miglior piazzamento un terzo posto. La volta successiva, nel 2003, si ritirò il settimo giorno nel tappone di Morzine, ma fece in tempo a vincere 4 volte. Da allora non corse più il Tour. Ci tornò nel 2010: vinse 2 tappe e la maglia verde. Il primato mancava all’Italia dal 1968 di Franco Bitossi e Petacchi è l’ultimo ad averla conquistata. Potrà Milan portare a Parigi quel primato?

«Fossi in lui – dice Alessandro – fra tornare a casa con la maglia verde o con qualche tappa vinta, non avrei dubbi e punterei alle tappe. Ha tutte le carte in regola per poterlo fare, quindi non vedo perché debba pensare già da ora alla classifica a punti. Se vincerà aumenterà la consapevolezza e potrebbe venirgli tutto più facile. E a quel punto via con la maglia verde».

Nel 2010, correndo per la Lampre, Petacchi conquista la maglia verde, che mancava all’Italia dal 1968
Nel 2010, correndo per la Lampre, Petacchi conquista la maglia verde, che mancava all’Italia dal 1968
Se Milan ha i mezzi per vincere – e ne siamo certi – come mai finora ha incontrato qualche difficoltà di troppo?

Perché il Tour è una gara completamente diversa. Se vai a fare una classica, trovi corridori adatti al suo percorso. Al Tour invece ci sono tutti i migliori per ciascuna specialità, quindi è chiaro che il livello sia altissimo. Vincere alla prima partecipazione non è facile. Io vinsi nel 2003 e posso considerarlo il mio primo Tour da competitivo, perché la prima volta non ero ancora Petacchi e non andai con l’idea di vincere le volate. Quando tornai nel 2003, fu tutta un’altra cosa. Sabato scorso, nella prima tappa c’è stato il ventaglio ed è andata via così. Nella terza, Merlier ha vinto con merito…

La Lidl-Trek è forte, ma è un fatto che al Tour si sgomiti molto più che in altre corse.

La Lidl-Trek è attrezzata benissimo, però non è semplice ritrovarsi sempre al momento giusto. Riguardando la volata, devo dire che Merlier se l’è meritata. Era da solo. Evenepoel gli ha dato una mano fino a 2,5-3 chilometri dall’arrivo. Poi si è arrangiato completamente da sé. C’è un momento che risale da solo e se lo fai quando in testa c’è una squadra che va a tutta, vuol dire che hai grandi gambe. Vincere rimontando Milan, che non è l’ultimo arrivato, significa che sta andando davvero forte.

Credi che l’assenza di Philipsen possa rendere le cose più agevoli?

C’è un avversario importante in meno. Uno che veniva da una vittoria e dalla maglia gialla, quindi sarebbe stato molto motivato. Fondamentalmente parliamo del velocista più forte che negli ultimi tempi non vinceva più come prima.

La caduta di Philipsen, già vincitore della prima tappa, ha tolto dal Tour un avversario tostissimo
La caduta di Philipsen, già vincitore della prima tappa, ha tolto dal Tour un avversario tostissimo
E’ più difficile fare delle volate lineari perché nei finali si va più forte?

Non lo so. Perché poi alla fine, quando sei al vento, sei al vento. Le forze in campo sono quelle. E’ vero che tutti hanno bici più performanti, però le hanno tutti e per questo alla fine vengono fuori le qualità atletiche. Anche noi si andava forte, mi pare che le velocità delle volate siano sempre quelle. Forse ci arrivano più veloci, perché il gruppo va più forte, ma con certi mezzi quasi viene da sé. La bici e tutta la tecnologia ti aiutano, questo è sicuro. Alla fine se stai a ruota, il risparmio c’è ugualmente, quindi non so se sia la giusta chiave di lettura.

Quindi?

Quindi mi pare che Merlier avesse un rapporto leggermente più duro di Milan. Ora c’è questa moda di usare i rapportoni, anche se al Tour credo che li abbiano bloccati al 54 ed è una fortuna. Usavano il 56 per avere la catena dritta, che poi quanta differenza ci sarà mai? Merlier andava forte, ma aveva una frequenza di pedalata non altissima. E così rischi, perché se perdi leggermente velocità, con quei rapporti non ce la fai a riprenderla. Noi facevamo le volate col 53×11 e la frequenza di pedalata era giusta per delle velocità paragonabili a quelle di ora. Non mi sembra ancora che facciano le volate 80 all’ora.

Secondo Endrio Leoni i treni di oggi sono meno potenti di quelli di prima, le velocità sono più basse e questo impedisce di avere delle volate regolari.

Non è così semplice. E’ vero che ci sono più squadre attrezzate ed è vero che c’è tanta confusione, quella la vedo anch’io. Si esce fuori col treno molto più vicino all’arrivo, perché evidentemente non si riesce a tenere a lungo certe velocità. Chi sta dietro è avvantaggiato anche per risalire, perché sfruttando la scia evidentemente è più facile venire avanti. Stare davanti è difficile, quindi forse per questo ci sono continuamente questi cambi in testa al gruppo. Quanto ai treni, una volta non erano tantissimi. In più si correva in 9, mentre ora sono 8. Un uomo in meno secondo me fa differenza. Potrebbe essere uno scalatore in più per l’uomo di classifica, ma anche un corridore in più per le volate.

Declerq non è al Tour, la sua presenza avrebbe aiutato nel gestire la prima tappa? Secondo Petacchi sì
Declerq non è al Tour, la sua presenza avrebbe aiutato nel gestire la prima tappa? Secondo Petacchi sì
La Lidl-Trek ha lasciato a casa Declercq, ma hanno Skjelmose per la classifica…

E’ chiaro che hanno puntato sul prendere la maglia gialla nella prima tappa. Ed è evidente che una squadra come loro, con i corridori e i passistoni che hanno, il primo giorno si sia fatta sorprendere. Hanno sottovalutato la situazione e mi ha sorpreso che ci sia caduto anche un corridore come Stuyven. E’ ovvio che se cerchi di tenerti gli uomini per il finale e stai un po’ più rintanato, prendi meno vento. Però in una tappa come quella, ti ci vuole il grande lavoratore che tiene la squadra davanti. Declerq è uno che magari a 15 dall’arrivo ti fa a 7-8 chilometri a 55 all’ora e ti tiene davanti. Gli dai due cambi e lui fa il suo lavoro, impedendo che ti sorprendano. Secondo me nella prima tappa erano nascosti, perché volevano utilizzare tutti gli uomini per fare un grande treno. Però ti ci vuole anche chi lavora e tiene davanti i corridori. Poteva essere Nys, però l’hanno messo vicino a Skjelmose.

Torniamo alla maglia verde: dici che Milan ha tutti i mezzi per vincerla?

Dipende da chi trovi, con chi lotti. Nel 2010, io ho lottato fino all’ultimo giorno con Thor Hushovd e se fossi uscito dai primi quattro a Parigi avrei perso da Cavendish. Hushovd non era velocissimo nelle volate di gruppo, ma il problema è che andava in fuga in tutte le tappe. Andava in fuga anche sull’Aubisque, scollinava davanti e andava a fare il traguardo volante. Per me era difficile prendere punti in quelle tappe, però spesso e volentieri finché non andava via la fuga, mi toccava seguirlo perché lui attaccava su ogni strappo. Voleva andare in fuga e prendere punti. E siccome i punti ai traguardi volante non sono pochi, lui si piazzava sempre sull’arrivo e poi andava a prendere i punti nelle tappe complicate.

Quindi Milan?

Io non sono andato al Tour pensando alla maglia verde, Johnny dovrà andare a cercarsi i punti. Dalla decima tappa in poi ci saranno un paio di volate e poi i punti andranno presi nei traguardi volanti di montagna, dove però se ne assegnano di meno.

Nel secondo posto di Dunkerque, Merlier è stato imbattibile ma il treno Lidl-Trek non è stato impeccabile
Nel secondo posto di Dunkerque, Merlier è stato imbattibile ma il treno Lidl-Trek non è stato impeccabile
Non eri andato per la verde?

No. Tornavo al Tour dopo sette anni, sperando di vincere e per vedere come stessi. Ho vinto la prima tappa. Poi ne ho vinta un’altra. E a quel punto, dopo due tappe vinte, si è cominciato a parlare della maglia a punti.

Quindi Milan farebbe bene a pensare alle vittorie?

Di sicuro in salita va più forte di Merlier. In alcune tappe l’ho visto andare veramente bene. Al Delfinato ha vinto una tappa di 3.000 metri di dislivello ed è andato forte anche al campionato italiano. Secondo me le gambe le ha, poi è chiaro che fare un Tour è diverso. Perché c’è la stanchezza e ci sono tante salitelle messe nel finale in cui potrebbe avvantaggiarsi.

Peccato che la tappa di Parigi non sia la classica sui Campi Elisi…

Peccato fare questi cambiamenti, non lo condivido. Secondo me i Campi Elisi erano duri anche nel modo tradizionale, perché andare verso l’Arco di Trionfo non è proprio una passeggiata. Però evidentemente avranno i loro motivi. L’anno scorso siamo arrivati a Nizza e hanno fatto una tappa diversa. Quest’anno altro cambiamento. Potevano rifare i Campi Elisi, visto che il Tour è già abbastanza lungo e soprattutto duro. Ai velocisti di certo non hanno fatto un favore…

Tutti gli uomini di Remco. Petacchi studia la Soudal del Tour

21.06.2025
5 min
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Qualche giorno fa con Stefano Garzelli avevamo messo sotto la lente d’ingrandimento le squadre dei principali pretendenti alla prossima maglia gialla: la UAE Team Emirates di Tadej Pogacar e la Visma-Lease a Bike di Jonas Vingegaard. Oggi con Alessandro Petacchi parliamo della Soudal-Quick Step di Remco Evenepoel.

La squadra belga meritava un discorso a parte, visto che tra infortuni, assenze e una rosa meno profonda, Remco è rimasto spesso solo al Delfinato, denunciando una situazione poco entusiasmante. Anche in Belgio la “questione Soudal” ha tenuto banco sui media. Come farà Evenepoel, senza una vera squadra, a contrastare quei due?

Petacchi in ricognizione sulle strade francesi del Tour. Sarà lui la voce tecnica per la Rai
Petacchi in ricognizione sulle strade francesi del Tour. Sarà lui la voce tecnica per la Rai
Alessandro, Remco e la sua Soudal-Quick Step escono dal Delfinato senza avere dato grandi impressioni. Tu cosa ne pensi?

Anche l’anno scorso lui era indietro al Delfinato e poi è andato bene. Quest’anno alla fine ha perso meno, ha un buon peso, nonostante abbia corso di meno per via dell’incidente dello scorso inverno. Direi dunque che ha incentrato tutta la sua stagione sul Tour de France. In salita paga qualcosa a Pogacar e Vingegaard, ma a crono è più forte e quella di Caen, che ho visto, è molto adatta alle sue caratteristiche.

Perché?

Perché è una crono molto veloce, da specialisti. Peccato per lui che la seconda crono sia una cronoscalata.

Passiamo all’analisi della sua squadra in salita. Data per certa l’assenza di Landa e con la perdita di Vervaeke, per la salita avrà solo Paret-Peintre e Cattaneo…

E’ scoperto, parecchio scoperto rispetto agli altri due. Però potrà correre sulla difensiva: questo sarà un po’ il suo leitmotiv. E tutto sommato, se corri su di loro puoi difenderti bene e hai la possibilità di sprecare il meno possibile durante le tappe. Non solo, ma se Remco dovesse fare quel piccolo step in più in salita, può restare con loro là davanti più facilmente. Poi quando esplode la corsa si tratterà soprattutto di gambe.

Al Tour con Evenepoel ci sarà anche Merlier, fresco vincitore della prima tappa al Baloise Belgium Tour
Al Tour con Evenepoel ci sarà anche Merlier, fresco vincitore della prima tappa al Baloise Belgium Tour
Uno dei compagni di Evenepoel al Tour sarà Merlier, uno dei più grandi velocisti. Vista la situazione del Delfinato, ci si è chiesti se fosse corretto portare uno sprinter in una situazione simile, se si vuole puntare al podio. Tu che sei stato velocista e che hai corso in quella squadra, cosa ne pensi?

Merlier al Tour per me ci sta bene e gli potrà anche essere d’aiuto, perché sa anche tirare, si muove bene in gruppo… E poi quale scalatore forte avrebbero potuto portare al suo posto? Le altre due squadre sarebbero comunque state più forti. Non dimentichiamo che per la salita hanno anche Van Wilder, che è un ragazzo giovane, ha già fatto un Giro e se l’è cavata bene.

Quindi velocista sì al Tour?

Sì, anche perché parliamo di un grande velocista e di un ottimo passista, uno che sa affrontare i ventagli, il caos… La squadra, la Soudal, è questa. Se Remco avesse voluto una squadra più forte, dove sarebbe potuto andare? Alla Visma o alla UAE… che hanno già i loro leader. Oppure alla Red Bull-Bora o alla Ineos Grenadiers.

Chiaro…

E infatti le voci che lo vogliono verso questi due team rinascono ad ogni sessione di ciclomercato. Della Ineos se ne parla spesso. Lì avrebbe molta gente forte, anche per la salita: Arensman, De Plus… Ma ripeto, al momento la sua squadra è questa. Gli avevano preso Landa, e non è poco, ma se poi si è fatto male nessuno può farci nulla. Metti Landa, Cattaneo, Van Wilder per la salita, due o tre passisti per la pianura e sei a posto… nonostante il velocista.

Van Wilder è uno dei fidatissimo di Evenepoel e sarà chiamato a un lavoro straordinario
Van Wilder è uno dei fidatissimo di Evenepoel e sarà chiamato a un lavoro straordinario
Hai citato Mattia Cattaneo: che ruolo avrà Mattia?

Lui è un gran bel corridore, poliedrico, completo, esperto. Sa andare forte in pianura e in salita. E sa esserci nei momenti decisivi. Dovrà stargli vicino in salita. Ripeto, la squadra, al netto dei nomi che hanno in rosa, è ottima: gli manca Landa. E’ una signora squadra. Io ci sono stato ed è vero che si stanno ancora trasformando, ma serve del tempo. E’ un po’ il discorso di prima: non vinci le classiche del pavé, ma se non hai Pedersen, Van Aert o Van der Poel con chi vai? A loro è capitato Remco, che va bene per certe classiche e per i grandi Giri e su questo, piano piano, stanno costruendo il team.

L’otto che molto probabilmente vedremo al Tour dunque sarà: Evenepoel, Merlier, Van Lerberghe, Eenkhoorn, Paret-Peintre, Van Wilder, Cattaneo e uno tra Schachmann e Casper Pedersen…

Mi sembra una squadra giusta, ognuno con un ruolo ben preciso. Poi di certo, come in tutti i team, dovranno sceglierne otto, ma avranno lavorato come minimo su una base di 10-12 corridori perché poi alcuni magari non rendono, c’è quello che ha un imprevisto.

Ruoli ben definiti: quello meno definito ci sembra Pascal Eenkhoorn. Lui che tipo di corridore è?

E’ un attaccante e non ha paura di prendere vento in faccia, sia per scappare sia per tirare. E’ quel che si dice un pedalatore. In più sa anche tirare le volate e ricordo che c’è Merlier, che non è un velocista qualunque, ma uno di quelli che danno garanzie. Eenkhoorn, un po’ come Cattaneo, va bene dappertutto, anche se è più forte per le tappe veloci.

Petacchi e Classicissima: mille scenari, ma vince Pogacar

20.03.2025
7 min
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Se c’è una gara nel calendario ciclistico internazionale che più di altre risponde all’aggettivo imprevedibile, questa è sicuramente la Milano-Sanremo. Che è esattamente il segreto del suo fascino. Considerata a lungo come la Monumento dei velocisti, in realtà la Classicissima ha visto alzare le braccia sul traguardo di via Roma ogni tipo di corridori. Velocisti puri, velocisti resistenti, passisti veloci, cronomen, vincitori di corse a tappe, scalatori, discesisti. 

Ad ognuna di queste tipologie corrisponde un diverso scenario di corsa, con gli scalatori che cercano di staccare i velocisti sulla Cipressa e il Poggio, i velocisti che fanno di tutto perché ciò non accada, i finisseur che provano a cogliere l’attimo, eccetera. Per provare ad immaginare alcuni dei possibili scenari della Sanremo 2025, abbiamo parlato con Alessandro Petacchi, che questa corsa l’ha vinta giusto vent’anni fa, nel 2005.

Alessandro Petacchi, Giro d'Italia 2018
Alessandro Petacchi ha vinto la Sanremo nel 2025, ora è un apprezzato opinionista per la Rai
Alessandro Petacchi, Giro d'Italia 2018
Alessandro Petacchi ha vinto la Sanremo nel 2025, ora è un apprezzato opinionista per la Rai
Petacchi, fare previsioni per la Classicissima è sempre difficilissimo. Da dove possiamo cominciare? 

Dal meteo. Al momento sabato pare possa piovere, anche se nel pomeriggio dovrebbe migliorare. Ma se dovesse esserci corsa bagnata nei chilometri decisivi, è chiaro che questo potrebbe scombinare tutto. Meteo a parte, credo sia chiaro che Pogacar farà il diavolo a quattro per provare a vincere, schiererà la squadra a fare forte la Cipressa per mettere in difficoltà i velocisti.

Restiamo un attimo sul campione del mondo, da molti indicato come il favorito. Cosa dovrebbe fare di meglio rispetto all’anno scorso?

Più uomini avrà sul Poggio, meglio sarà per lui, perché se sei davanti e coperto fai molta meno fatica, non prendi la frustata nei tornanti che a quelle velocità si sente e come. Secondo me, se avesse due uomini a tenere un ritmo alto sarà tutto più facile, quando attaccherà farà più male perché saranno tutti già al limite.

Pedersen ha vinto la sesta tappa della Parigi-Nizza, e ha fatto vedere una gran gamba anche in salita
Pedersen ha vinto la sesta tappa della Parigi-Nizza, e ha fatto vedere una gran gamba anche in salita
Quindi non vedi come possibile scenario un suo attacco sulla Cipressa?

La vedo dura, perché poi sarebbe da solo e ci sono da fare 10 chilometri di Aurelia con il gruppo dietro che tira alla morte. Magari potrebbe anche provarci, ma poi non potrebbe più essere fresco per il Poggio.

Però al mondiale l’attacco che sembrava azzardato gli è andato bene…

Non è la stessa cosa, il percorso è molto diverso, il mondiale era sicuramente più impegnativo e quindi di poteva fare la differenza. Nella Classicissima si scollina la Cipressa in 70 con i capitani che hanno ancora i compagni di squadra, se anche dovesse guadagnare 20 secondi non credo basterebbero. In quel caso Van Der Poel e Ganna dovrebbero aspettare e far lavorare le squadre. Certo, se poi dovessero seguirlo in 4-5 cambia tutto, ma sarebbe uno scenario davvero inedito per la Milano-Sanremo.

Alla Tirreno Van der Poel non ha colto la vittoria, ma ha affinato la preparazione per il primo grande appuntamento della stagione
Alla Tirreno Van der Poel non ha colto la vittoria, ma ha affinato la preparazione per il primo grande appuntamento della stagione
Oltre a Pogacar chi metti tra i favoriti?

Gli unici che possono rimanere con lui sul Poggio potrebbero essere Van Der Poel e Ganna, per quello che ha dimostrato nelle ultime gare. Vedo bene anche Pidcock, che potrebbe sfruttare l’ultima discesa per attaccare, ma anche in quel caso non credo che Van Der Poel si farà staccare facilmente. Ganna invece forse potrebbe avere più difficoltà in discesa.

Van Der Poel ha anche un compagno di squadra che è il campione in carica

Infatti tutto dipenderà da quello, se Philipsen al termine del Poggio sarà vicino ai migliori. In quel caso come lo scorso anno Van Der Poel probabilmente lavorerà per lui. Un altro che vedo bene è Matthews che è sempre andato bene qui ed è salito più volte sul podio.

Jonathan Milan ha vinto l’ultima volata della Tirreno-Adriatico, riuscirà a giocarsi lo sprint anche nella Classicissima di Primavera?
Milan ha vinto l’ultima volata della Tirreno, riuscirà a giocarsi lo sprint anche nella Classicissima di Primavera?
Anche la coppia Lidl-Trek sembra piuttosto agguerrita

Sia Pedersen che Milan hanno fatto vedere ottime cose nelle ultime settimane, sicuramente stanno bene. Milan ha vinto alla grande alla Tirreno-Adriatico, anche se lo sprint di San Benedetto del Tronto non ha niente a che fare con quello in via Roma. Credo che partiranno tutti e due come leader, non credo potranno seguire gli attacchi, dovranno fare più una gara di attesa. Se allo scollinamento hai 7-8 secondi di svantaggio, devi avere qualcuno che ti aiuti e in quel caso loro dovranno aiutarsi. Anche se partiranno alla pari secondo me devono decidere alla riunione come muoversi. Pedersen dà sempre garanzie in questo tipo di gare, Milan invece è all’inizio, deve ancora capire, e se arriverà con i migliori in via Roma capiremo anche noi se se la può giocare.

Passiamo a Ganna. Dopo le buone prove delle ultime due edizioni può essere l’anno buono?

Sicuramente ha fatto vedere di essere in un periodo di grazia. Se arriva con un gruppetto senza un corridore velocissimo se la può giocare, anche contro Van Der Poel, perché dopo quasi 300 chilometri ogni volata è qualcosa a sé. Per esempio io nel 2004 sono arrivato alla Sanremo che non avevo perso neanche un sprint, ma quello non l’ho vinto perché alla fine non avevo più le gambe. L’anno dopo invece, che ero partito più in sordina, ho vinto. Perché ero più fresco, avevo patito meno sulla Cipressa e sul Poggio. Tornando a Ganna, lui ovviamente può anche giocarsi la sparata negli ultimi 2 chilometri. 

Ganna, che ha dimostrato una grande forma in questo inizio di stagione, è tra i favoriti per la Classicissima
Ganna, che ha dimostrato una grande forma in questo inizio di stagione, è tra i favoriti per la Classicissima
Un altro scenario che renderebbe il finale molto emozionante

Perché a quel punto si aprirebbero i giochi tattici, dal momento che chi va a chiudere su una attacco di Ganna sa già di aver perso, a meno di non farlo proprio immediatamente. Per andare a prenderlo devi fare un fuori giri che poi paghi, anche se ti chiami Van Der Poel. Questo se a quel punto sono rimasti solo i capitani, se invece sono in più di uno di squadra cambia, anche perché un attacco di Ganna se lo aspettano. Ganna dovrà essere bravo a vedere la posizione e la faccia degli avversari in fondo al Poggio e cogliere l’attimo, alla fine in quei momenti è una questione di istinto. Dipenderà molto da come sta Van Der Poel, credo sarà lui ad essere determinante, l’anno scorso senza il suo lavoro probabilmente avrebbe vinto Pidcock.

Vedi altri possibili favoriti?

Sulla carta c’è Stuyven che lì ha già vinto, ma quella volta non aveva compagni. Mohoric ha vinto attaccando in discesa e potrebbe riprovarci, come in effetti ha fatto anche l’anno scorso. Poi non vedo altri corridori che possano fare differenza o scollinare il Poggio assieme ai migliori, con il ritmo che farà la UAE. Jorgenson sta andando forte ma non è il percorso per lui, Kooij ultimamente l’ho visto in difficoltà in salita.

Philipsen sul gradino più alto della Kuurne-Bruxelles-Kuurne 2025. Ma dopo la caduta alla Nokere Koerse di pochi giorni fa la sua condizione è un’incognita
Philipsen sul gradino più alto della Kuurne-Bruxelles-Kuurne 2025. Ma dopo la caduta alla Nokere Koerse di pochi giorni fa la sua condizione è un’incognita
Quindi non credi che altre squadre possano prendere in mano la corsa sulla Cipressa e sul Poggio?

Credo che sarà solo la UAE a farle a tutta. Anche perché sarebbe una follia cercare di staccare Pogacar in salita, agli altri conviene aspettare e provare a rispondere. Non a caso Van der Poel è l’unico che è riuscito ad attaccarlo due anni fa, ma voleva dire che andava il doppio degli altri. 

Bene, siamo alla fine. Dopo tutte questi possibili scenari, chi vince la Milano-Sanremo 2025?

Tadej se la meriterebbe per quello che cerca di fare da anni. Ma anche Van Der Poel è in gran forma. Ganna è un po’ più un’incognita, ma di certo sarà tra i protagonisti. 

Però la domanda era su un nome secco… 

Allora dico Pogacar. 

Ursella: «Alla SC Padovani per ritrovare la gioia di andare in bici»

23.02.2025
5 min
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PADENGHE SUL GARDA – Lorenzo Ursella ha occhi grandi e gentili, uno sguardo timido che si contrappone alla mole di muscoli che fanno del friulano un velocista potente. Per il ragazzo della SC Padovani Polo Cherry Bank è iniziato il quarto anno da under 23, ieri alla Coppa San Geo e oggi a Misano. Un anno decisivo per ritornare a guardare alla categoria superiore: quella del professionismo. Da quel gennaio 2022 il tempo è volato, Ursella è stato uno dei primi juniores a fare la valigia per andare all’estero. Per lui si erano aperte le porte del devo team della DSM. Due stagioni nei Paesi Bassi nelle quali le cose sono andate male e per un tratto addirittura peggio. Una frattura alla caviglia in primavera lo aveva fermato creandogli non poche preoccupazioni

Ursella sistema gli ultimi dettagli prima della Coppa San Geo, prima gara in maglia SC Padovani Polo Cherry Bank
Ursella sistema gli ultimi dettagli prima della Coppa San Geo, prima gara in maglia SC Padovani Polo Cherry Bank

Un mix di emozioni

Il quarto anno da under 23 inizia con la rincorsa a cercare quella forza che avevamo ammirato quando era junior e che aveva attirato le attenzioni di tutti. 

«Questo ultimo anno da under 23 – racconta Ursella – parte con molte motivazioni, ma allo stesso tempo con un leggero velo di tristezza. So che è l’ultima chance che ho per dimostrare qualcosa, da un lato questo mi carica ma dall’altro sono consapevole che se non succede quest’anno è davvero finita. Ho tanti pensieri contrastanti».

Il velocista friulano si sistema alla partenza, la stagione 2025 può avere inizio
Il velocista friulano si sistema alla partenza, la stagione 2025 può avere inizio
Lo inizi anche con una nuova squadra.

La SC Padovani ha un bel progetto e ha organizzato tutto perfettamente. Per questo dico che inizio la stagione con la giusta carica. 

Tu sei stato uno dei primi junior ad andare all’estero con due anni al team di sviluppo della DSM…

Al di là del problema fisico in quell’esperienza è mancato un po’ il rapporto tra me e la squadra. La DSM aveva un suo metodo di lavoro, o fai quello oppure niente. Di contro io sono una persona molto distaccata, anche se ho un problema tendo a non dire nulla e affrontarlo da solo. Quando mi sono infortunato non mi sono aperto e ho avuto i miei problemi, anche mentali. Sono un po’ crollato, dall’altra parte sento di non aver ricevuto tutto l’aiuto che mi serviva. 

Ursella ha corso per due anni nel devo team della DSM, un’esperienza che non è andata come previsto (foto DSM)
Ursella ha corso per due anni nel devo team della DSM, un’esperienza che non è andata come previsto (foto DSM)
Cosa ti è mancato?

Fiducia in me stesso e in quello che facevo. Non riuscivo a dire cosa avrei voluto fare o meno. Dopo l’infortunio sono crollato di testa, provavo a rialzarmi e prendevo sempre brutte batoste. Sono entrato in un loop che mi ha bloccato mentalmente. 

Sei tornato a correre in Italia, alla Zalf nel 2023, un modo per ritrovarti?

Sì, un tentativo di riscatto. Infatti l’annata non è andata benissimo perché anche ho avuto sempre un calo psicologico. Però ho trovato una vittoria, qualche piccolo risultato. Non è stata un’annata da incorniciare ma da ricordare. 

Il gradino da fare è mentale, non fisico?

Sì. Fisicamente ho sempre avuto valori buoni, ma senza la convinzione non vai da nessuna parte. Essere arrivato alla SC Padovani è un bene da questo punto di vista, mi seguono e mi supportano. Se ho bisogno di qualcosa sono tutti disponibili e questo è quello di cui sentivo la necessità. 

E’ vero che Petacchi ti ha chiamato per convincerti a fare questo quarto anno?

Un po’ tutti mi hanno dovuto convincere. Petacchi mi è stato molto d’aiuto perché mi ha raccontato tante cose sue personali. I compagni e lo staff mi chiamavano spesso per sapere come stavo. E poi la parte fondamentale è stata ritrovare serenità anche a casa grazie alla mia fidanzata. Anche questa è una parte importante della mia vita. 

Nel 2024 è tornato a correre in Italia con la Zalf, qui al Giro del Veneto dove vinse la quarta tappa (photors.it)
Nel 2024 è tornato a correre in Italia con la Zalf, qui al Giro del Veneto dove vinse la quarta tappa (photors.it)
Cosa ti ricordi di quando eri junior che avevi bisogno di ritrovare?

La felicità di allenarmi e nel far le cose. Non trovare sempre un peso ma fare tutto con gioia. Qui ho iniziato a fare questo cammino, anche con la Zalf un po’ mi era tornata questa sensazione positiva ma quest’anno ho trovato il posto giusto. 

L’anno scorso avevi ritrovato anche la vittoria…

Sì ma non mi sentivo un vincente. Questo mi aveva fatto pensare che non avesse senso continuare. Se nemmeno dopo una vittoria riuscivo a trovare lo stimolo di continuare a fare fatica non aveva senso proseguire. Invece ora è tornata e devo dire grazie al supporto della squadra e dei compagni

Il giorno dopo l’esordio alla San Geo per Ursella è arrivata la vittoria al Gp Misano 100 (photors.it)
Il giorno dopo l’esordio alla San Geo per Ursella è arrivata la vittoria al Gp Misano 100 (photors.it)
A livello atletico che obiettivi avete?

Fino ad adesso abbiamo creato una grande base, con un bel livello aerobico. Da gennaio stiamo cercando di creare tutto il resto se mi serve per essere competitivi in gare come oggi, dove ci sono strappi e salite di tre o quattro chilometri. Ci siamo posti come obiettivo di inizio stagione la Popolarissima, voglio arrivare pronto per vincere. 

Cosa ti manca?

Penso poco, in questi due giorni ho avuto buone sensazioni. Siamo sulla strada giusta.

Bozzola: la SC Padovani e la voglia di affermarsi

22.01.2025
5 min
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La curiosità intorno alla nuova continental italiana – la SC Padovani Polo Cherry Bank – è tanta. Per la squadra guidata da Ongarato e che conta sull’apporto di tante figure di grande esperienza, è tempo di rifinire la condizione in vista dell’esordio stagionale. I ragazzi sono ora in Spagna, e stanno affrontando gli ultimi giorni del loro ritiro. Tra i volti della SC Padovani c’è quello di Mirko Bozzola, uscito dal devo team della Q36.5 Pro Cycling. La formazione di sviluppo è stata chiusa e così molti dei suoi giovani talenti sono andati dispersi. Uno di loro è proprio Bozzola, classe 2004, che si appresta a iniziare il terzo anno nella categoria under 23 (in apertura photors.it). 

«Qui si sta bene – racconta dopo il lungo allenamento da cinque ore – la temperatura è perfetta. Oggi (ieri per chi legge, ndr) abbiamo fatto l’ultima distanza prima dell’esordio stagionale, che sarà il 24 gennaio alla Classica Camp de Morvedre. Una corsa che si snoderà nella provincia di Valencia, con partenza e arrivo dal paesino di Estivella».

Mirko Bozzola inizierà a correre in Spagna il 24 gennaio (photors.it)
Mirko Bozzola inizierà a correre in Spagna il 24 gennaio (photors.it)

Partito da lontano

Rispetto alla stagione 2024 Bozzola attaccherà il numero sulla maglia con un mese di anticipo. Lo scorso anno esordì con la maglia del devo team della Q36.5 il 25 febbraio a Misano

«Non arriverò pronto al 100 per cento – spiega – alla gara di venerdì, ma va bene così. I miei obiettivi in stagione saranno altri. Comunque sento di migliorare, me ne accorgo giorno dopo giorno, quindi credo che la strada sia quella giusta. Quest’anno vorrei andare bene nelle corse internazionali under 23 e al Giro Next Gen, vedremo se quando uscirà il percorso ci sarà qualche tappa intrigante».

I ragazzi della SC Padovani hanno fatto un primo ritiro a dicembre in Veneto, mentre ora sono in Spagna (photors.it)
I ragazzi della SC Padovani hanno fatto un primo ritiro a dicembre in Veneto, mentre ora sono in Spagna (photors.it)
Senti di poter fare un passo in più rispetto al 2024?

In realtà anche lo scorso anno ero partito per fare bene nelle gare internazionali, ma poi qualche intoppo di troppo mi ha un po’ condizionato. Non ho avuto una stagione costante. Adesso mi sento meglio, tutto è curato nei dettagli e qui alla SC Padovani non ci manca davvero nulla. 

Guidaci in questa nuova squadra.

Arrivare in una formazione appena nata è sempre un’incognita, ma il progetto è davvero molto bello. Esco da un devo team e devo ammettere che non vedo differenze tra il 2024 e il 2025. La squadra è super attrezzata e non ci manca niente.

Bozzola vuole affermarsi nelle gare internazionali under 23 per attirare l’attenzione delle squadre professionistiche (photors.it)
Bozzola vuole affermarsi nelle gare internazionali under 23 per attirare l’attenzione delle squadre professionistiche (photors.it)
Che effetto fa viverlo?

E’ positivo perché si capisce quanto sia stato fatto e in quanto poco tempo. La struttura è stata realizzata velocemente e l’organizzazione pure: ritiri, calendario, divise, bici… Già essere in Spagna a gennaio per un ritiro in vista delle gare di inizio stagione non è cosa da poco. Non sono tante le continental che possono permettersi questo. 

Con chi ti sei confrontato di interno alla Padovani?

Con tutti: da Ongarato a Petacchi, fino a Konychev. Mi hanno parlato subito di un progetto ambizioso e sono stati onesti. Mi avevano detto che le loro erano idee da concretizzare, ma mi sono fidato e tutt’ora mi fido. Tutte le promesse fatte sono state mantenute e questo non è di poco conto. 

Mirko Bozzola correrà la sua terza stagione da under 23 con la SC Padovani Polo Cherry Bank (photors.it)
Mirko Bozzola correrà la sua terza stagione da under 23 con la SC Padovani Polo Cherry Bank (photors.it)
C’è mai stata l’occasione di passare professionista con la Q36.5?

No. Nonostante abbia corso con la professional un paio di volte, ho comunque fatto una stagione che non mi ha permesso di guadagnare spazio. Tuttavia non ci sono rimasto male, riparto con la voglia di fare e consapevole di aver imparato tanto. 

Cosa?

Dal punto di vista dell’alimentazione in gara e fuori, oppure a leggere la gara e capire come muoversi in gruppo. Correre un anno in un devo team è un’esperienza che consiglio e che serve tanto per maturare.

Il corridore novarese era passato prima alla Zalf (photors.it)
Il corridore novarese era passato prima alla Zalf (photors.it)
A livello atletico che passi in avanti senti di aver fatto?

Partivo già con un buono spunto veloce che sento di aver migliorato ulteriormente. Sulle salite da 10 o 12 minuti sento di poter stare con i migliori. In più sono un corridore di passo. Penso che il mio terreno di caccia siano le corse ondulate, con strappi di due o tre chilometri. 

Hai provato anche a correre al Nord con i pro’, come è andata?

E’ stata un’esperienza bella, ma che mi ha fatto capire come in quelle corse serva un’altra mentalità. Non ho partecipato a gare facili, nonostante ciò mi sono comportato bene. Ma prima di pensare a quel mondo, meglio fare bene da under 23 nelle gare che avrò a disposizione. L’obiettivo del 2025 è affermarmi e conquistare una chiamata dai professionisti.

Nel 2024 Bozzola ha corso con il devo team della Q36.5 nel quale dice di aver imparato molto
Nel 2024 Bozzola ha corso con il devo team della Q36.5 nel quale dice di aver imparato molto
Come arrivi all’inizio della stagione?

Fiducioso, ancora di più rispetto al 2024. So che posso arrivare a un buon livello. Nei miei tre anni da under 23 sono sempre stato in squadre che mi hanno dato la possibilità di crescere. Alla Q36.5 ho imparato ad allenarmi con un preparatore, a stare con i professionisti. Ho capito cosa vuol dire fare il corridore.  

Padovani, primo ritiro alle spalle. Il punto con Ongarato

22.12.2024
7 min
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PADOVA – L’appuntamento con Alberto Ongarato è nell’Eroica Caffè che ci è parso il luogo perfetto in cui parlare di ciclismo. La città è semi paralizzata dai lavori del tram, il traffico sembra impazzito. L’ex professionista padovano è qui per raccontarci la sua Padovani e fare il punto rispetto al primo contatto di fine agosto. Nel frattempo il progetto si è gonfiato, il budget è salito, Konychev è salito sull’ammiraglia, sono arrivate le bici Guerciotti e la squadra si è riunita nel ritiro di Abano Terme. Con la Zalf Fior e il CTF Friuli che chiudono, la nascita di una continental è una notizia.

«La Padovani ha un presidente che si chiama Galdino Peruzzo – riassume Ongarato – un grande appassionato, proprietario di Polo Ristorazione SPA che si occupa di servizi per la ristorazione. E’ subentrato a un altro presidente nel 2013 e io, fatalità, avevo da poco smesso di correre. Sapevo che Peruzzo fosse un grande appassionato e l’ho coinvolto nell’anno in cui la società stava organizzando una delle ultime edizioni del Giro del Veneto, quello a Prato della Valle. Volevano portare un personaggio di spicco per incrementare l’importanza dell’evento, visto che le corse stavano già cambiando. C’erano le WorldTour, non c’erano tantissime squadre importanti e io lo misi in contatto con Cipollini».

Alberto Ongarato, classe 1975, è stato professionista dal 1998 al 2011
Alberto Ongarato, classe 1975, è stato professionista dal 1998 al 2011
Non aveva già smesso anche lui?

Esattamente, però bisognava riconoscergli un gettone di presenza e per questo ci serviva una sponsorizzazione. Così entrai in contatto con Galdino Peruzzo e da lì siamo sempre rimasti in contatto. E quando gli hanno proposto di diventare presidente, ha chiesto la mia collaborazione.

Lo sbocco più naturale, in fondo…

Io avevo appena smesso e per i primi due anni non ho più toccato la bicicletta. Mi sono buttato a capofitto nel lavoro nell’azienda di famiglia, mentre adesso sono per conto mio e ho un’azienda – Alabastro Italiano – in cui facciamo illuminazione su misura. Quando mi hanno chiesto di entrare, ho pensato che mio nonno era stato in Padovani, mio padre anche e così pure mio zio. A casa mia, quando si parlava di ciclismo, si parlava di Padovani. Però quando sono entrato, non avevamo niente, neanche un’idea di cosa fare.

E come è andata?

Assieme a me è subentrato Martino Scarso. Noi oggi siamo i vicepresidenti e poi c’è Galdino Peruzzo, presidente e sponsor principale, e da lì siamo partiti. Abbiamo organizzato un Giro del Veneto a fine agosto 2012, che al tempo si fece insieme alla Coppa Placci, con l’arrivo a Imola per stare vicini all’Emilia colpita dal terremoto. Ma fu un’edizione un po’ balorda…

Il primo ritiro si è tenuto all’Hotel Serenissima Terme di Abano Terme (photors.it)
Il primo ritiro si è tenuto all’Hotel Serenissima Terme di Abano Terme (photors.it)
Perché?

Perché il calendario era infelice e le squadre erano in giro per l’Europa. Dopo quella volta pensai che avremmo dovuto cambiare rotta e tornare a fare squadre. Investire su una corsa professionistica è impegnativo a livello economico e non rende niente. Per questo partimmo con gli juniores.

Hai raccontato di aver lasciato gli juniores quest’anno per passare alla continental perché vedevi comportamenti che non ti piacevano nei ragazzi e nelle loro famiglie.

Dicono che ci sia tanta professionalità, ma sono chiacchiere. Il ragazzino di 17 anni ha la testa di un ragazzino di 17 anni, altro che passare professionista. E appresso ha una schiera di familiari che mette bocca. Noi avevamo fatto tutto in maniera molto seria, ma non ne valeva la pena. Per questo abbiamo pensato di fare una continental.

Non una piccola differenza…

Al contrario, il passo è stato notevole perché noi vivevamo con i nostri sponsor, principalmente grazie a Polo e non potevamo chiedergli di più. Per cui abbiamo studiato per 7-8 mesi, finché abbiamo trovato un accordo con l’attuale direttore sportivo Franco Lampugnani, che ci ha presentato Renato Marini della Coppi Gazzera. Gli abbiamo presentato il progetto e lui ha risposto che se avessimo fatto una squadra dilettantistica, ci avrebbe dato una mano. E così siamo partiti.

Konychev, nella foto c’è anche Ongarato, si è unito alla squadra per ultimo e ha guidato il ritiro ad Abano Terme (photors.it)
Konychev, nella foto anche Ongarato, si è unito per ultimo e ha guidato il ritiro ad Abano Terme (photors.it)
In che modo?

Abbiamo presentato il progetto a Peruzzo, che lo ha autorizzato il 5 agosto. Alessandro Petacchi ha accettato di fare il team manager e non credevo che ci si sarebbe buttato con tanto impegno. Chiama i corridori, partecipa. Voleva fare un progetto giovani in Toscana, invece ha accettato di venire qui. Avevamo e abbiamo bisogno di un team manager che segua la squadra, perché abbiamo tutti i nostri lavori ed è necessario dividerci gli impegni.

Come lo hai convinto?

Nel ciclismo italiano, tolti i Reverberi che hanno una professional e Basso che sembra più una squadra spagnola, ci sono solo le continental. Forse è brutto da dire, ma la realtà è questa. Quindi, secondo me, serve che i campioni di una volta diventino punti di riferimento per i ragazzi, lo staff, il personale e gli sponsor. Questo serve.

Petacchi ha accettato subito?

Mi ha detto subito di sì. Gli ho tirato per sei anni le volate, gli ho tirato anche l’ultima per entrare in questa società. Lui ci conosceva già, perché era già stato per un paio di volte alla Gran Fondo di Padova. Conosceva il presidente, conosceva tutto il personale e di là siamo partiti il 5 di agosto con l’accordo con la Coppi Gazzera. Abbiamo creato un business plan per andare in cerca di sponsor. Avevamo dei contatti e alla fine sono entrati nuovi sponsor importanti.

La squadra sarà vestita da Giordana, marchio della grande tradizione italiana (photors.it)
La squadra sarà vestita da Giordana, marchio della grande tradizione italiana (photors.it)
Nello staff ci sono anche Slongo, Guardascione, Konychev…

E ci sono anche Simone Marini, mental coach dell’Astana, e anche Luca Simoni, perché avevamo bisogno di un nutrizionista. Lui lavora all’Università di Padova, è un ricercatore biologo ben conosciuto nell’ambiente. Attualmente lavora con l’Astana e sta seguendo i nostri ragazzi.

Avete già un’idea di calendario, a parte gli inviti?

Ne abbiamo richiesti molti. Mandiamo una mail di presentazione. Scriviamo che ci sono Petacchi e Konychev. Citiamo la storicità della squadra. E adesso dobbiamo solo aspettare le risposte. Intanto abbiamo fatto il ritiro dal 10 al 20 dicembre ad Abano Terme, all’Hotel La Serenissima Terme, che è nostro sponsor. Poi ne faremo un altro più breve il 2-3 gennaio per foto e altre attività. Dal 12 al 26 partiremo per la Spagna e chiuderemo il ritiro con una corsa il 24 a Valencia. Poi tramite Garzelli, potremmo partecipare alla prima corsa per professionisti. A quel punto inizieremo col calendario italiano a fine febbraio e faremo un altro ritiro alla metà del mese. Abbiamo chiesto di andare a Besseges, ma al momento non arrivano risposte.

Tanto estero?

Faremo un calendario internazionale. Abbiamo fatto richieste in Romania, Olanda, Belgio, Francia. Faremo il calendario più importante in Italia. Abbiamo già formalizzato la richiesta di invito alla Coppi e Bartali e tutte le prove che si possono fare. Mi auguro che ci invitino in più corse possibili fra i professionisti. Vorremmo farle tutte, vediamo se ci vogliono. Bisognerebbe favorire certe esperienze, soprattutto se l’attività in Italia è portata avanti da queste squadre.

La Sc Padovani Polo Cherry Bank ha 8 elite e 5 under 23 (photors.it)
La Sc Padovani Polo Cherry Bank ha 8 elite e 5 under 23 (photors.it)
Qual è il vostro obiettivo?

Fare sì che la Padovani torni ad avere una squadra importante. Non come negli anni 60 perché è cambiato il mondo ed è cambiato il ciclismo. Eppure per come siamo organizzati, con la tecnologia e le organizzazioni che abbiamo messo in piedi, con lo staff e i corridori, abbiamo 250 punti, che non sono pochi. Nel frattempo, nell’ultimo anno, abbiamo studiato le altre continental. Ci sono quelle serie e quelle che lo sono solo di nome. Secondo me, noi partiamo da un livello molto alto, ma l’obiettivo è crescere. E non vorrei dire altro, perché per ora siamo giusti così.

Una continental è a suo modo un’azienda?

Decisamente. I budget sono importanti, stiamo lavorando bene sotto l’aspetto marketing e social. Con gli sponsor abbiamo in progetto nei prossimi sei mesi di portare a bordo dei nomi importanti. Lavorando bene, se le cose si incastrano con un po’ di fortuna, possiamo anche pensare di fare il salto di qualità. Ma per adesso stiamo bene qua.

L’organico non è molto sbilanciato verso gli under 23.

Abbiamo 5 ragazzi elite e 8 under. Abbiamo iniziato a cercare i corridori il 5 agosto, abbiamo dovuto formare da subito l’ossatura della squadra, per cui faremo le corse più impegnative con gli elite. Siamo anche convinti che l’under 23 non sia pronto per il professionismo, malgrado qualcuno sostenga che a 20 anni si debba passare per forza. E’ lo sbaglio più grande. Per stare di là bisogna avere una certa esperienza, una certa resistenza, una certa testa. Però faremo anche attività con gli under 23. Abbiamo due ragazzi che secondo me possono tranquillamente puntare a passare professionisti e secondo me non ci vanno lontano.

Dal 2006 al 2008 Ongarato ha corso con Petacchi alla Milram: nel treno c’erano anche Velo e Sacchi
Dal 2006 al 2008 Ongarato ha corso con Petacchi alla Milram: nel treno c’erano anche Velo e Sacchi
E tu nel frattempo hai ricominciato ad andare in bicicletta?

Dopo quei due anni famosi, Fondriest mi invitò a fare una randonnée a Reggio Emilia. Non avevo la bici e neanche il casco e gli scarpini. E lui mi disse che mi avrebbe fatto trovare tutto in albergo. Arrivai alle dieci di sera e quando entrai nella stanza e vidi la bici, fu una folgorazione. Si è accesa la luce. Il giorno dopo ho fatto quei 40 chilometri, ma mi sono portato via la bicicletta e ho ricominciato a uscire. Piano piano, ma con regolarità.