Da professore ad alunno. Covi a lezione da Valverde

30.09.2021
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Dal dare lezione alla Nove Colli, al prenderla da Valverde al Giro di Sicilia: è la strana settimana di Alessandro Covi, che in questo intermezzo ha anche compiuto gli anni. Il simpaticissimo corridore della Uae, a Caronia, terza frazione della corsa siciliana, è arrivato secondo ad un passo dall’eterno spagnolo.

Alejandro Valverde in testa al gruppo: appena 40 giorni fa il murciano si fratturava la clavicola destra alla Vuelta
Alejandro Valverde in testa al gruppo: appena 40 giorni fa il murciano si fratturava la clavicola destra alla Vuelta

A lezione da Valverde

«Alla fine Valverde è un campione – ha commentato Covi – si sa…. E’ quasi un onore arrivare secondi dietro di lui, ma io voglio il mio primo successo da professionista e mi spiace essere arrivato ancora secondo. Magari ci riesco da qui a fine stagione».

Alessandro è già alla terza piazza d’onore dopo quella della tappa di Montalcino al Giro e quella del Giro dell’Appennino. Ma lui non molla, non perde grinta e sorriso. E almeno si può consolare con la maglia di miglior giovane.

«Io ero designato per fare la volata, nonostante l’ultima salita fosse difficile. Avrei dovuto risparmiare energie. Mi hanno detto di stare a ruota di Valverde e… ho rispettato le consegne fino alla fine. Non l’ho passato neanche sull’arrivo!».

Il Giro di Sicilia sta attraversando paesaggi unici
Il Giro di Sicilia sta attraversando paesaggi unici

Niente scuse

«Il discorso – riprende Covi – è che nel finale c’erano molte curve e questo stando dietro non mi ha agevolato nella rimonta. Valverde è partito lungo ed è stata la cosa giusta da fare. Io non sono riuscito a spingere al massimo per rimontare. Sapevo che c’erano delle curve, certo non conoscevo esattamente il percorso, ma neanche Alejandro lo conosceva. E’ stato più bravo. Peccato perché la gamba c’era».

Covi parla di una buona condizione psicofisica. Dice che da dopo il Giro la sua forma non è mai calata. Ha avuto qualche occasione per cogliere un risultato personale e altre in cui ha lavorato per il team. Ma dice anche che di testa c’è eccome.

«Sì la testa c’è, per me fino all’ultima gara è come se fosse la prima. Correre non mi pesa, non sono stanco. Finito il Giro di Sicilia farò: Bernocchi, Tre Valli, Gran Piemonte e le due gare in Veneto».

Un pro’… “prof”

Ma prima di chiudere torniamo sulla Nove Colli. Davvero in qualche modo Covi lì ha dato, seppur indirettamente, lezione. Era con il gruppo di testa e mentre loro erano lì a scornarsi lui faceva i video e le storie per i social.

«Facevo i video ma faticavo! Devo dire che i primi andavano forte. Differenze? Beh, non sono abilissimi nell’andare in bici, ma a livello di potenza non solo così lontani. Diciamo che il primo degli amatori in salita può tenere un velocista.

«Cosa mi ha colpito della Nove Colli? Una bella festa: 11.000 e passa persone, basta questo a farti capire di che cosa si tratta. Io mi sono divertito!».

Juniores, chi gli insegna il ciclismo? Punto dal cuore della corsa

03.09.2021
5 min
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Questi ragazzi vanno forte. La salita di Fosdinovo ha fatto differenze, ma l’hanno affrontata ad un passo importante. E stamattina la semitappa di Marinella di Sarzana di 48,3 chilometri, pur piatta, l’hanno volata in un’ora. Il Giro della Lunigiana juniores decolla. E qualcuno in aggiunta dice che il livello quest’anno non sia particolarmente elevato…

Ai tempi del Polar

Oioli a Fosdinovo è seduto per terra e respira a pieni polmoni la vittoria e guardandolo non sembra neppure uno di quelli tiratissimi e già pronti per i pro’. Nessuno di loro lo sarebbe ancora, ma qualcuno farà il grande salto.

«Ci vorrebbe un po’ di pazienza – diceva alla partenza Marcello Massini, tecnico pur vecchio dei dilettanti, ma di realismo fin troppo moderno – perché se gli si impedisce di finire il processo di crescita con carichi di lavoro eccessivi, andranno pur forte, ma durano poco. E quando arriva più un altro Nibali?».

Nella semitappa del mattino, vittoria di Alberto Bruttomesso del Veneto (foto Roberto Fruzzetti)
Nella semitappa del mattino, vittoria di Alberto Bruttomesso del Veneto

Accanto a lui annuiva Carlo Franceschi, che Nibali accolse in casa sua all’arrivo dalla Sicilia e ricorda esattamente la gradualità di ogni fase.

«Quando eravamo juniores Vincenzo ed io – diceva alla partenza Valerio Agnoli, al Lunigiana con il Comitato Regionale del Lazio – si andava alle corse a dir tanto con il Polar. Oggi hanno tutti il misuratore di potenza, mangiano da professionisti e sono così tirati che fai fatica a vederne i margini».

Oioli con Basso

Oioli s’è rialzato e ha smesso di ingurgitare aria. Il cuore ha ripreso un battito decente e ad ogni arrivo di un compagno di squadra, ha dispensato abbracci e grida. E’ piemontese come Ganna e Sobrero, Elisa Longo Borghini, Elisa Balsamo e anche come Francesca Barale…

Carlo Sciortino, talendo siciliano, all’arrivo con 1’16”
Carlo Sciortino, talendo siciliano, all’arrivo con 1’16”

«E’ stato un anno difficile – dice – e questa vittoria me la merito. Nelle gare junior ho imparato che non vince chi attende. Non sono gare pro’. Ho visto un’occasione e mi sono buttato. Avevo tanta fame ed è andata bene. Non sapevo che dietro fosse partito il francese, pensavo solo a spingere a tutta. Nell’ultimo chilometro mi sono girato davvero tante volte. Sono venuto qua puntando ad andare forte. Avevo un occhio per la classifica, oggi ho recuperato bene. Farò l’europeo probabilmente e, visto che la gamba c’è, spero di fare bene. Aiuterò la squadra se servirà o correrò per me, l’importante è andare forte. E poi spero nella convocazione per i mondiali».

Il prossimo anno correrà con la Eolo-Kometa degli under 23, mentre il cittì De Candido se lo coccola con lo sguardo e fa notare però che ieri lui è uno di quelli che ha dormito. Ma che ha imparato la lezione.

Oioli felicissimo e stremato sull’asfalto dopo il traguardo: «Nelle gare juniores non si aspetta: ho visto il varco e sono partito»
Oioli felicissimo e stremato sull’asfalto dopo il traguardo: «Nelle gare juniores non si aspetta: ho visto il varco e sono partito»

Bruttomesso con Faresin

Al mattino ha vinto Alberto Bruttomesso, vecchia conoscenza di bici.PRO, che nella volata a capo della velocissima… tappetta del mattino, si è lasciato dietro tutte le ruote veloci.

«Vincere una tappa al Lunigiana – dice – è molto prestigioso. Prima dell’inizio della corsa, sapevo che questa era adatta a me. Ho una condizione ottima. Per noi juniores italiani, questo Giro è come quello d’Italia per un professionista. Già partecipare è bello, ma vincere è meglio».

Bruttomesso è un altro di quelli che potremmo vedere al mondiale del Belgio, meno velocista del compagno Ursella, capace di reggere su salite di due chilometri: un corridore su cui costruire. Che il prossimo anno passerà under 23 con la Zalf, mentre il compagno Pinarello, anche lui junior si secondo anno, passerà professionista con la Bardiani.

La proposta di Geremia

Questi ragazzi vanno forte, ma forse gli manca qualcosa. Gianluca Geremia, ex Zalf e poi professionista per due anni alla Ceramica Flaminia, guida da quest’anno gli juniores del Veneto.

«Li vedi che vanno forte – dice – ma gli mancano le basi. Stamattina abbiamo fatto il treno, ma solo perché lo abbiamo provato. Non sanno cosa sia. Non sanno cosa sia una doppia fila e a volte anche prendere le borracce al rifornimento è un problema. Sanno allenarsi con tutte le accortezze tecniche, ma gli mancano le basi. Il saper leggere e scrivere che ti insegnano alle elementari. Qui ci sono ragazzi forti che andranno all’università del ciclismo senza avere i fondamentali. Per questo come tecnico regionale non mi dispiacerebbe organizzare dei ritiri in cui fare formazione. Certo, servirà avere l’autorizzazione dall’alto e anche l’appoggio delle società, ma credo non ci voglia tanto per capire che alla fine ne avranno tutti vantaggio».

Titanic? No, grazie

Questi ragazzi vanno forte, ma tutto poggia su idee, strutture e concezioni vecchie di anni. Si punta tutto sul motore e zero sul cervello. E va anche bene che i tempi sono cambiati e ci si deve rassegnare al fatto che passino sempre più giovani, la diciamoci la verità. Per paura che glieli soffino le WorldTour, i signori dei pro’ si affrettano a puntare sui più giovani con l’appoggio dei procuratori, che vanno a intercettarli sempre più piccoli. Ma se lo scopo è formare talenti che durino nel tempo e trovare in gruppo il rimpiazzo per Nibali, allora forse c’è bisogno di dare una frenata. Sennò si potrebbe consigliare a tutti l’ascolto di una vecchia canzone di Francesco De Gregori. Parla di una grande nave in viaggio dalla Gran Bretagna verso New York: «C’è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole – dice l’ultima strofa – andiamo avanti tranquillamente…».

Permetti Unzue? Ci facciamo un po’ i fatti della Movistar

03.09.2021
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Il giorno dopo la vittoria di Lopez al Altu d’El Gamoniteiru in casa Movistar si respira un’atmosfera più rilassata. La squadra in blu era partita per vincere una tappa e mettere un corridore sul podio e almeno per ora l’obiettivo è raggiunto, con Mas secondo e Lopez terzo alle spalle di Roglic. Unzue si muove come un gran signore, con tutte le movenze del padrone di casa, consapevole che almeno per ora si sta ottenendo il massimo. Al netto di tutte le critiche per le tattiche di giornata, che piovono ormai spesso per partito preso.

«La vittoria è stata una bella luce – ammette con eleganza – in una stagione che finora era stata un po’ arida. Al Giro abbiamo perso Soler per caduta. Al Tour sono caduti Valverde e lo stesso Lopez e lo abbiamo finito con cinque corridori. E qui è caduto Alejandro stesso, che stava bene e poteva essere un uomo importante, e ieri si è ritirato Verona. Diciamo che la vittoria è stata utile per il morale e brillante, per il piglio di Miguel Angel e per averla colta davanti a grandi corridori come Bernal e Roglic».

Unzue, intervistato dal celebre giornalista colombiano Urrego
Unzue, intervistato dal celebre giornalista colombiano Urrego
Soprattutto dice che Lopez sta tornando grande…

Esattamente questo. La parte iniziale della stagione è servita per renderci conto che la frattura dello scorso anno al Giro è stata completamente recuperata. Ma è stato un anno stressante per lui. Ha avuto il Covid e abbiamo dovuto affrettare i tempi e la preparazione. Al Tour non era lui, tanto che abbiamo preferito fermarlo sui Pirenei per farlo recuperare e preparare bene la Vuelta. E qui ha confermato di essere tornato al livello degli ultimi 4 anni.

Ti aspettavi che Marc Soler avrebbe lasciato la squadra per andare al UAE Team Emirates?

E’ stato una pena sapere che andrà via, ma è anche un cambio fisiologico. Ha sempre voluto poter correre da leader, non sopportava tanto di lavorare. Avrà voluto liberarsi da questo peso, anche se è andato in una squadra in cui c’è un leader davvero enorme, che ha bisogno di compagni forte e pronti per aiutarlo. Soler è certamente un grande corridore e di esperienza, dovrà convertirsi a essere un uomo squadra.

Adesso Unzue parliamo di Valverde, come sta?

Si sta già allenando su strada, gli piacerebbe correre un po’ di classiche italiane di fine stagione. Come sempre il suo recupero è stato molto buono e poi, lo conoscete bene, ha bisogno di gare per stabilizzare la testa e il corpo.

Mas sempre con Roglic, ha ceduto soltanto ai Lagos de Covadonga
Mas sempre con Roglic, ha ceduto soltanto ai Lagos de Covadonga
Classiche italiane di fine stagioni oppure l’europeo?

Per l’europeo è presto, i medici lo sconsigliano. E può permettersi di non avere fretta, dato che già al Tour abbiamo concordato che correrà per un anno ancora. Ha recuperato il livello dei 3-4 anni precedenti il Covid. Penso che dopo il 2022 chiuderà, anche se con lui non si può mai dire, e credo che gli piacerebbe farlo alla Vuelta.

Nella sua ombra sta crescendo Mas, un po’ ogni anno…

Analisi giusta, migliora regolarmente. Si sta guadagnando lentamente il suo spazio, diventando sempre più solido. E’ l’obiettivo per cui stiamo lavorando e perché è arrivato in squadra.

Chi dei due, fra Lopez e Mas, potrebbe arrivare prima a vincere un grande Giro?

Una bella lotta. Lopez è già a un grande livello. Ha dimostrato di saper vincere tappe impegnative, è stato terzo alla Vuelta scorsa e non dimentichiamo che nel Tour di Pogarac e Roglic, lo scorso anno, era terzo fino a quell’ultima crono. Mas è stato secondo alla Vuelta del 2018 e l’anno scorso è stato quinto al Tour e alla Vuelta. Il primo potrebbe vincere grazie alla sua imprevedibilità, il secondo se continua a crescere con regolarità. In questa Vuelta è sempre stato con Roglic, tranne l’altro ieri. In tutti gli arrivi selettivi era davanti. Sono due leader che si devono consolidare.

Dopo l’intervento alla clavicola, Valverde si sta già allenando su strada
Dopo l’intervento alla clavicola, Valverde si sta già allenando su strada
Che tipo è Mas?

Forse non è un guerriero, ma è un grande combattente. Un uomo sensibile e meticoloso. E’ sempre molto attento, studia tanto i dettagli.

Quest’anno i due italiani (Cataldo e Villella) purtroppo non sono andati come in passato…

Per alcuni, l’anno trascorso e la pandemia sono stati difficili da superare. Davide (Villella, ndr) ha vissuto bei momenti, ma obiettivamente non era questo l’anno più adatto per valorizzarsi. Credo che difficilmente rimarranno in squadra.

Farete un grande mercato?

Niente di particolare, ci saranno 6-7 innesti, ma di classe media. Aspettando che i leader si consolidino e che i giovani come Rubio, Jacobs e Jorgenson vengano fuori.

Jorgenson e Rubio sono attesi da Unzue a una crescita importante
Jorgenson e Rubio sono attesi da Unzue a una crescita importante
Cosa pensi del ritiro di Aru?

E’ sempre duro quando un corridore brillante, abituato a grandi risultati, si trova a correre in zone cui non è abituato. Fra il 2015 e il 2017 Fabio è stato tra i migliori, facendo numeri bellissimi. Non guardiamo Valverde, che è al top da 20 anni. I cicli dei corridori durano 3-4 anni, oppure 6-7. Credo che Fabio debba essere orgoglioso di essere stato uno dei più forti del suo periodo. Forse davvero continuare come negli ultimi tempi non aveva più senso…

Gorka il duro con Valverde: fatta la Spagna. E Pello si infuria

19.07.2021
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Non è stato facile per Pascual Momparler, selezionatore spagnolo che nella sua carriera ha guidato tutte le categorie a partire dagli juniores, stilare la lista dei cinque corridori che rappresenteranno la Spagna sabato prossimo, 24 luglio, nell’evento su strada dei Giochi Olimpici di Tokyo. I quattro più Valverde, leader e capitano assoluto alle sue ultime Olimpiadi. La perdita dovuta alla caduta al Giro da cui si sta ancora riprendendo Mikel Landa, uno di quelli che si dava per scontato da mesi, ha aperto il ventaglio di possibilità. Ma ciò su cui il tecnico valenciano è sempre stato chiaro era che questa selezione sarebbe stata creata attorno a Valverde. Senza alcun dubbio: «Pur portando – dice – anche corridori che, se si creano spaccature nella parte finale della corsa e ci si trovano dentro, siano in grado di giocarsi le medaglie».

Momparler è stato chiaro: Valverde capitano unico
Momparler è stato chiaro: Valverde capitano unico

I due sicuri

Questi due nomi, sicuri di aver strappato la convocazione olimpica, sono quelli di Omar Fraile, ‘killer’ per istinto e campione di Spagna, e Ion Izagirre, che raddoppierà la partecipazione correndo anche la prova olimpica contro il tempo. Per le altre due posizioni rimanenti, tra le possibilità c’era un buon numero di candidati. Jonathan Castroviejo, Pello Bilbao, David de la Cruz, Luis León Sánchez, Enric Mas, Imanol Erviti, Gorka Izagirre, Jesús Herrada.

I due esclusi

Quel privilegio, il fatto di essere comunque forti, è anche una condanna per chi non si adatta alla regola e resta a casa, anche se ha la stessa o più qualità di chi è andato a Tokyo. I grandi sacrificati di questa Spagna olimpica che, per meriti e prestazioni da vendere potrebbero e dovrebbero essere a Tokyo, sono Jonathan Castroviejo e Pello Bilbao. Il corridore della Ineos era già stato escluso al Giro, ma Bilbao no: bravissimo nell’aiutare Damiano Caruso a conquistare il secondo posto nella corsa rosa e poi in lotta per la top 10 in questo Tour de France (ieri 9° a Parigi).

La presenza di Herrada a Tokyo è una vera scommessa del cittì Momparler
La presenza di Herrada a Tokyo è una vera scommessa del cittì Momparler

Pello al buio

Domenica 11 luglio, mezz’ora prima dell’inizio della tappa conclusasi ad Andorra con la vittoria di Sepp Kuss, Pello Bilbao ha ricevuto una telefonata da Pascual Momparler in cui gli comunicava che alla fine non sarebbe stato convocato.

«Ero abbastanza convinto delle mie possibilità – dice il ciclista del Bahrain Victorious – ma non avevo ricevuto nessuna chiamata. Non ho avuto alcun contatto da lui e quindi, ovviamente, ho cominciato a preoccuparmi. Una settimana fa ho provato a contattarlo, a parlargli, non mi ha risposto. Ho provato il giorno dopo, neanche lì mi ha risposto, mi ha mandato un messaggio dicendo che mi avrebbe chiamato il giorno dopo. Quindi sono passati quattro o cinque giorni fino a quando gli ho chiesto, almeno, di mandarmi un messaggio per chiarire. Perché la squadra aveva anche bisogno di sapere se avrebbe dovuto preparare o meno il materiale, organizzare i tamponi e tutto il resto».

Ion Izagirre rimpingua il blocco Astana in nazionale, con suo fratello e Fraile
Ion Izagirre rimpingua il blocco Astana in nazionale, con suo fratello e Fraile

Rabbia basca

Il motivo del ritardo nella comunicazione, gli ha detto Momparler, era che stava cercando fino all’ultimo di inserirlo nella lista ma, per gli standard olimpici, non ci era riuscito. «E’ tardi e brutto – ha detto con rabbia Pello in quello stesso giorno – non mi stava bene. Gli ho detto che avevo intenzione di andare a Tokyo, ho fatto il Giro liberamente prima di venire al Tour, ma lui non ha voluto contare su di me. Gli ho detto che più gareggio, meglio faccio. Avrà le sue ragioni, ma spero che si renda conto dell’errore».

Fraile uomo di sostanza, campione nazionale, ma capace anche di entrare bene in fuga e vincere
Fraile uomo di sostanza, campione nazionale, ma capace anche di entrare bene in fuga e vincere

Gorka il duro

Senza Pello Bilbao, la Spagna è partita per puntare a una medaglia a Tokyo. Con Jesús Herrada come “scommessa personale” di Momparler, Ion Izagirre, Omar Fraile e Gorka Izagirre, l’unico entrato nella lista senza correre il Tour (ha fatto il Giro), ma molto simile e molto legato ad Alejandro Valverde per supportarlo e aiutarlo a ottenere l’ultimo dei trionfi che al Bala ancora manca. Lo conferma lui stesso: «Gorka darà un grande contributo, lo stimo molto. E’ un ottimo compagno e un grande amico». E lo fa notare anche Momparler, parlando del basco come di un corridore duro e professionale fino alla fine, che «quando gli altri vedono la faccia sfinita di Valverde e lo compatiscono, Gorka invece lo prende per il collo, lo scuote e gli chiede che cosa faccia, di cosa si lamenti e perché pianga. Che in quel modo non si può attraversare la vita».

Da Parigi a Tokyo, la prossima sfida del Bala

15.07.2021
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Sorride così, tra il malizioso e il divertito, Alejandro Valverde quando gli chiedono se tornerà al Tour de France. Sorride divertito, perché lo stuzzica molto questo fatto di continuare a spremersi, allenarsi, correre, soffrire e vincere o mettere in difficoltà i ragazzi che ora dominano il gruppo, ma potrebbero essere benissimo suoi figli. La domanda è se tornerà al Tour. Lo aveva già escluso l’anno scorso, ma poi si è fatto coraggio e ormai finirà per raggiungere Parigi. Ma quella domanda ne porta dietro un’altra, quella sul continuare a correre. Aveva già fissato una scadenza: dicembre 2021. Ma adesso, visto come stanno andando le cose, quanto si stia divertendo e quanto riesca ancora a far soffrire i suoi giovani rivali, forse quel termine non è più così chiaro. «Non so ancora cosa farò, devo ancora parlare con Eusebio e poi vedremo».

Nel freddo de Le Grand Bornand ha pensato al ritiro
Nel freddo de Le Grand Bornand ha pensato al ritiro

Un anno di più

Una cosa è certa ed è che «mi sto godendo questo Tour, il fatto di correre senza pressioni, di potermi staccare per provarci in altri giorni».

E questo, unito al suo ottimo livello e alle due vittorie già conquistate in questa stagione, al fatto di essersi visto nuovamente insieme ai migliori nelle classiche delle Ardenne la scorsa primavera con gambe che continuano a chiedergli la guerra, lo avvicinano alla decisione di restare un anno in più.

Un’altra cosa rispetto a gennaio. Stanco e vecchio come si sentiva, aveva iniziato quella che pensava sarebbe stata la sua ultima stagione, con i segni attraverso cui la precedente, soprattutto il Tour e la Vuelta del 2020, gli aveva detto che il suo tempo era ormai passato e che non aveva più il ritmo dei migliori.

Assieme a Mattia Cattaneo, nella discesa dal Ventoux su Malaucene
Assieme a Mattia Cattaneo, nella discesa dal Ventoux su Malaucene

Il “Bala” c’è ancora

Ma Valverde è tornato ad essere il “Bala”. Quello del talento eterno e la classe maiuscola. Per questo si è fatto coraggio e, finita la Liegi, si è convinto di venire a questo Tour e poi di continuare fino a Parigi. Fino alla fine, mettendo la sua esperienza al servizio di Enric Mas nella sua lotta per salire sul podio e dopo aver tentato per due volte di vincere una tappa entrando in fuga.

La prima volta a Le Grand Bornand, che lo ha lasciato tremante e congelato sul col de Romme, tanto che ha dovuto fermarsi per prendere un giubbino. Aveva quasi deciso, confessa solo ora, di salire in ammiraglia e abbandonare la gara. Che certe cose non fanno più per lui. «Poi però ho pensato ai miei compagni e ho deciso di andare avanti».

A La Vella secondo dietro Kuss: all’arrivo è andato ad abracciarlo
A La Vella secondo dietro Kuss: all’arrivo è andato ad abracciarlo

A un passo da Kuss

La seconda, domenica scorsa a La Vella, passando da quel gelo a fermare quasi i cuori per l’emozione quando, scalando la Collada de Beixalis, è riuscito a tenere lo scatto di Sepp Kuss a mezzo minuto ed è arrivato a 12 secondi dal prenderlo e giocarsi la tappa con l’americano, nove anni dopo l’ultima vittoria a Peyragudes. Sarebbe stata la quinta in carriera: la prima nel 2005, contro Armstrong a Courchevel, seguita dalle due nel 2008 a Plumelec e Super Besse. Adesso che ha vinto quasi tutto ed è salito su quasi tutti i podi, dai grandi Giri alle classiche fino alle gare di una settimana, arrendersi a uno scalatore del livello di Kuss è stato molto diverso.

«Se fossi arrivato secondo nel 2008, tanto per fare un esempio, non ci sarebbe persona più arrabbiata di me – dice – ma a 41 anni la rabbia passa in fretta. E all’arrivo ero felice perché so che ha vinto il migliore e mi è venuto dal cuore congratularmi con lui. Sono arrivato secondo, ma felice come se avessi vinto».

Parlano i suoi 41 anni e due mesi. Una vita intera facendo quello che sa fare meglio. Divertirsi in bici.

Da Parigi a Tokyo

Con questo spirito lunedì prossimo partirà direttamente da Parigi per Tokyo, verso la sua quarta Olimpiade. Perché, dice, «non avrebbe senso ritirarsi dal Tour adesso. Avremmo viaggiato comunque lo stesso giorno. Sappiamo già che in sei giorni non si possono preparare i Giochi – spiega – ma il programma di viaggio sarebbe stato lo stesso anche se mi fossi ritirato prima».

Terzo alla Freccia, dietro Alaphilippe e Roglic: il Bala c’è ancora
Terzo alla Freccia, dietro Alaphilippe e Roglic: il Bala c’è ancora

Motivado y con ilusión

La medaglia olimpica è l’ultima frontiera da conquistare per il ciclista che somma più di 120 vittorie e un talento eterno. Ma non vuole pressioni o fardelli. Non a questo punto, non avendo più nulla da dimostrare.

«Darò tutto per riuscirsi, ma non voglio più pressione del necessario».

Lo ripete: «Daremo tutto, ma dobbiamo essere consapevoli che ci sono rivali che si stanno preparando al cento per cento e che non è una corsa di paese. Ma vado ugualmente con morale e tanta motivazione».

Questo è il segreto di tutto per il Bala, anche per decidere di continuare o meno il prossimo anno.

«E’ più importante della condizione fisica – dice senza esitazione – non serve che le tue gambe siano sempre buone, ma che tu sia determinato. Si può andare al massimo solo essendo motivati e con un sogno». Per continuare a sorridere così, tra il malizioso e il divertito.

Con Cataldo dietro le quinte della 2ª serie Netflix sulla Movistar

12.06.2021
5 min
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Sudore, strategie, segreti di corsa. Per il secondo anno consecutivo, gli appassionati di ciclismo hanno potuto dare una sbirciata dietro le quinte di ciò che accade in casa Movistar grazie alla nuova stagione de El día menos pensado (letteralmente “Il giorno meno atteso”, anche se il titolo che troverete in italiano è “Dietro la prossima curva”), il documentario in 6 puntate che si è confermato una delle mini-serie sportive più riuscite sulla piattaforma Netflix.

La seconda serie sulla Movistar è in onda su Netflix
La seconda serie sulla Movistar è in onda su Netflix

Dietro le quinte

Se nella prima stagione, riferita all’anno 2019, ci avevano raccontato del trionfo rosa di Richard Carapaz, ma anche degli addii al team di Eusebio Unzue dello stesso ecuadoriano e di Nairo Quintana, anche stavolta, ripercorrendo i tre grandi Giri del pazzo 2020 sconquassato dal Covid, non sono mancati i momenti davvero caldi come il Tour de France che ha visto la squadra spagnola conquistare la classifica a squadre o la Vuelta di Spagna con la polemica finale, quando sono arrivate le accuse di aver tirato per Roglic per penalizzare l’ex Carapaz.

Cataldo è alla Movistar dal 2020, ci ha raccontato il backstage
Cataldo è alla Movistar dal 2020, ci ha raccontato il backstage

In presa diretta

Senza svelarvi troppo, ma per incuriosirvi nel caso vogliate vederla dopo aver letto questo articolo, siamo andati a chiederne di più a Dario Cataldo, per capire come ci si sente a essere parte di un progetto del genere.

«Quando fai sport – comincia a raccontare il trentaseienne abruzzese, arrivato in Movistar nel 2020 – avere telecamere e macchine fotografiche puntate addosso fa parte della routine, ti ci abitui. In realtà, in quei momenti non percepisci quello che poi verrà prodotto, perché ormai il cameraman diventa uno di noi e ciò fa sì che tutti possano muoversi in libertà, soprattutto nei momenti sul bus prima e dopo di una corsa. Non ho mai l’impressione che la telecamera sia una presenza invasiva, anzi, a volte serve a raccontare le cose come realmente stanno. Ci sono tanti episodi che possono venir letti male nel ciclismo perché le interpretazioni dall’esterno delle tattiche non sono semplici ed è difficile capire cosa capita realmente in corsa: la polemica della Vuelta è uno di questi episodi travisati».

Vuelta 2020, La Covatilla: la Movistar tira dietro Carapaz: un momento di grande tensione
Vuelta 2020, La Covatilla: la Movistar tira dietro Carapaz: un momento di grande tensione

Sul podio a Parigi

La naturalezza delle azioni dei protagonisti viene raccontata senza filtri in una serie che piace perché non nasconde anche gli attimi di contrasto e confronto dopo una sconfitta che, talvolta, portano poi alla vittoria successiva. Tra i momenti speciali per Cataldo c’è stato sicuramente l’ultimo giorno della Grande Boucle.

«Per un motivo o per l’altro – dice – non riuscivo mai a fare il Tour e l’unica volta che l’avevo disputato (nel 2017, ndr) non l’avevo terminato. E’ stato davvero emozionante pensare che la prima volta che sono arrivato a Parigi e sono entrato nel circuito degli Champs Elysées, poi mi sono ritrovato sul podio con i miei compagni di squadra grazie al primo posto nella classifica per i team».

Eterno Valverde

Uno dei più ricercati dall’occhio delle telecamere nel corso di tutta la stagione è stato l’eterno Alejandro Valverde, che nel 2020 non è riuscito ad alzare le braccia come abitudine. Uno sfizio che l’Embatido si è tolto qualche giorno fa al Delfinato ed ecco il ritratto che ci fa Dario.

Una camera in ammiraglia racconta le decisioni: qui Unzue con Arrieta
Una camera in ammiraglia racconta le decisioni: qui Unzue con Arrieta

«Alejandro è un ragazzino di 40 anni – sorride – corre con la stessa voglia di un giovane appassionato per la bici. Adora fare il corridore e tutto quello che fa, lo fa perché gli piace. Non è un sacrificio, gli viene proprio naturale. L’anno scorso è stato difficilissimo per lui e per tutte le persone che gli sono state attorno, soffriva questa situazione perché per lui era inusuale. Vederlo ritrovare il suo colpo di pedale e vincere al Delfinato, oltre a essere bello perché siamo felici per lui, è un’ispirazione per tutti gli altri. Ha una classe infinita, ma dimostra anche che quello che si fa con il massimo impegno dà risultati. Con noi compagni è un leader, ma al tempo stesso un giocherellone, che scherza con tutti. E’ uno spasso pedalare al suo fianco».

I due capitani

Nel 2020, Valverde ha fatto da chioccia a Enric Mas (i due sono insieme nella foto di apertura), atteso quest’anno alla prova del nove alla Grande Boucle, dove però dividerà i gradi di capitano con il neo arrivato Miguel Angel Lopez, trionfatore martedì sul Ventoux.

« Valverde si è trovato in questo ruolo – prosegue Cataldo – che gli ha fatto piacere e che è servito a Enric. Quest’ultimo, pur essendo molto sveglio, è giovanissimo e non ha l’esperienza di un corridore come Alejandro. Avere lui accanto gli è stato molto utile. Nei grandi Giri è sempre meglio avere una seconda opzione, altrimenti può capitare quello che è successo a noi all’ultimo Giro d’Italia con Marc Soler e per un imprevisto al capitano, la squadra resta spiazzata».

Nella serie su Netflix, i calcoli e le strategie per conquistare la classifica a squadre del Tour
Nella serie su Netflix, i calcoli e le strategie per conquistare la classifica a squadre del Tour

Il giorno di Cortina

Vedremo anche una terza stagione su Netflix? Cataldo intanto ci racconta qualcosa della sua 12ª avventura rosa terminata qualche settimana fa: «C’era sempre lo stesso cameraman che faceva i contenuti della squadra – dice – ma non sappiamo come e se li useranno. Per quanto riguarda il Giro, si è corso in modo intenso, quasi come se non ci fosse un domani. Il percorso era abbastanza duro e ha fatto sì che arrivassimo molto stanchi. Si è parlato tanto della tappa “tagliata” di Cortina, ma quel giorno non si è quasi vista nemmeno la corsa dei primi, figurarsi cosa è successo dietro ai gregari che stavano soffrendo. Se l’avessimo fatta per intero, ci sarebbero ancora corridori che scollinano il Fedaia adesso».

Eterno Valverde, punta su Giochi e Vuelta e rimanda il ritiro

08.06.2021
4 min
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Gli ha reso omaggio persino una scorza dura come Laurent Jalabert, commentandone la vittoria a La Sappey en Chartreuse, annotando che nessuno aveva mai vinto una tappa al Delfinato dopo i 40 anni. Ma Valverde sembra nato per smontare i luoghi comuni. Così quando ai 330 metri ha visto che Tao Geoghegan Hart aveva il colpo in canna e Geraint Thomas gli reggeva il gioco, si è messo prontamente in caccia. Ha tenuto il corridore della Ineos nel mirino fino agli ultimi 50 metri e poi lo ha saltato con un rapporto lungo quanto le sue 41 primavere.

Terzo alla Vuelta dietro Alaphilippe: il conto delle vittorie fa 5-3 per Valverde
Terzo alla Vuelta dietro Alaphilippe: il conto delle vittorie fa 5-3 per Valverde

Tao nel mirino

Succedeva il 4 giugno, nella sesta tappa del Delfinato, sulla strada di avvicinamento al Tour de France, con alcune clamorose trenate di Miguel Angel Lopez nel finale, a tenere chiusa la corsa fino al momento giusto.

«Sono super felice – ha detto l’Embatido – tutto quello che riesco a fare ora è speciale. Essere davanti ai migliori, competere per queste vittorie. E’ tutto bello. Ma al di là della vittoria personale, è un successo cui abbiamo lavorato a livello di squadra. Miguel Angel ha controllato tutto in finale e io ho solo dovuto finire il lavoro. Abbiamo usato la tattica perfetta. Tao ha piazzato un grande attacco cui ho deciso di rispondere subito, dato che Geraint Thomas si è rialzato per fare il buco. Non volevo dare subito il massimo perché il traguardo era ancora lontano. Ho davvero aspettato fino all’ultimo momento…».

Di nuovo al top

Fra i corridori un po’ più… esperti, Alejandro è in proporzione quello che ha pagato di più il lockdown: non gli era mai successo di uscire da una stagione senza vittorie, cosa che è invece accaduta nel 2020. 

«Mi sono reso conto dell’età – dice – l’anno scorso è stato molto difficile per me e i due mesi a casa sono stati la parte più dura. Non sono un fan dei rulli. Ho iniziato a pensare che stavo invecchiando a causa di quell’inerzia. Ma quest’anno ho ricaricato le batterie e mi sono concentrato sulla preparazione e sull’alimentazione. E finalmente sento di essere nuovamente al livello dei migliori».

Un pezzo di storia

Non sarà come quando parli con Rebellin, però da qualche tempo è lui per primo a parlare di se stesso come di un… vecchietto, mettendosi spesso in contrapposizione con i più giovani.

«Sono orgoglioso di far ancora parte di questo gruppo – dice – con il piacere di insegnare e anche di imparare. Non mi pesa dormire fuori, mangiare in luoghi sempre diversi. Se il corpo sta bene e c’è passione, questa è la vita più bella del mondo. I ragazzi qua fuori sono giovani, ma anche dei grandi professionisti. E anche se io sono ormai un pezzo della storia del ciclismo, credo di poter imparare da loro anche tante cose del mondo al di fuori della bici».

Al Delfinato, Valverde ha aiutato Lopez e lo scorterà anche al Tour, allenandosi
Al Delfinato ha aiutato Lopez e lo scorterà anche al Tour, allenandosi

Tokyo e Vuelta

La vittoria ha messo i puntini sulle giuste lettere. E anche se in Spagna nessuno si sognava di lasciarlo fuori dalle Olimpiadi, per palmares e rispetto, la volata del Delfinato – che si somma alla vittoria nel Gp Indurain, il podio alla Freccia e il quarto posto della Liegi – ha fatto scrivere il suo nome sulla maglia in partenza per il Giappone.

«Olimpiadi e Vuelta – dice strizzando l’occhio, con le guance scavate e la barbetta che lo invecchia – mentre al Tour andrò per aiutare i compagni e allenarmi. Il rinvio dello scorso anno ha cambiato tutto. Avrei puntato sulle Olimpiadi e sui mondiali di Martigny. Invece le Olimpiadi ci saranno quest’anno e Martigny è diventata Imola. Però se l’anno scorso ero abbastanza giù e per un secondo ho valutato di fermarmi – ghigna – se questi sono i risultati e le sensazioni, finirà che dovrete sopportarmi per un anno ancora».

Tutta la Liegi in uno sprint. I tre del podio (più uno)

25.04.2021
5 min
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Una Liegi-Bastogne-Liegi da rivivere in un chilometro. L’ultimo. Lo sprint.  In palio un monumento per cinque corridori. Undici côtes, 4.500 metri di dislivello, 260 chilometri e le fiammate della Ineos Grenadiers hanno portato a questo finale.

Lo sprint a cinque. Tra Pogacar, Alaphilippe, Gaudu, Valverde e Woods
Liegi 2021
Pogacar vince la Liegi 2021 allo sprint al colpo di reni

Gaudu, Alaphilippe, Valverde, Woods e Pogacar all’improvviso smettono di collaborare. L’asfalto di Quai des Ardennes, il lungo Mosa che ospita l’arrivo, potrebbe essere tranquillamente il parquet di una pista. Ultime due curve a destra e 800 metri da fare a tutta.

Lo sprint di Pogacar

La Liegi probabilmente per lui vale come una tappa dei Paesi Baschi (con tutto il rispetto per la corsa spagnola, ndr). La pressione o la paura Pogacar non sa neanche dove siano di casa. In un modo o nell’altro all’ultimo chilometro si trova nella migliore posizione, l’ultima. 

L’abbraccio tra Formolo e Pogacar
L’abbraccio tra Formolo e Pogacar

I crampetti avvertiti all’uscita di Boncelles sembrano essere un ricordo. E poi la gamba è più fresca e tutto sommato c’è anche un bel po’ di voglia di riscatto: non aver fatto la Freccia scotta. Scotta perché sa che sta bene. 

Pogacar resta dietro. Quando lo sprint viene lanciato forse perde anche un metro, ma è normale. E’ l’effetto elastico, sono i tempi di reazione. Però prende anche meno aria e infatti risale, accorcia le distanze dal primo, ancora Valverde. Il drappello si apre a ventaglio e lui è il quinto che esce fuori ad un velocità altissima proprio sull’arrivo. Il colpo di reni in rimonta è magistrale.

«E’ incredibile – continua a ripetere Tadej dopo l’arrivo – non ci credo». Ogni tanto lancia degli urletti. Pochi secondi dopo arriva Formolo. Tadej gli dice: «Ho vinto!». I due si abbracciano. Lui ringrazia i compagni e alla fine Roccia gli fa: «Dai che stasera ci mangiamo un super hamburger».

Dopo l’arrivo, il suo capolavoro diventa ancora di più da manuale. Tadej infatti conferma che voleva controllare Alaphilippe, il più pericoloso e ci è riuscito restando ultimo. «Le gambe erano buone. Che dire: sto vivendo il sogno del ciclismo. Adesso un po’ di riposo in famiglia e poi penseremo al Tour de France».

Alaphilippe deluso ma sportivo: «Onore a Pogacar»
Alaphilippe deluso ma sportivo: «Onore a Pogacar»

Alaphilippe pistard

Partiamo da lui. Al triangolo rosso è in testa. Posizione pericolosa, specie con questa andatura quasi da surplace. Il campione del mondo però è furbo. Si stringe alla transenna esterna e punta dritto, va largo e si crea lo spazio per mettersi in coda, dietro di lui un solo corridore. Indovinate quale?

Le gambe sono buone. Non tremano di paura. No, non è da Alaphilippe farsela sotto. E poi con quel gesto ha mostrato lucidità. Adesso non deve far altro che aspettare, aspettare e intuire un decimo prima colui che lancerà lo sprint. E’ in coda e può studiare bene gli avversari. Quel momento arriva. Si muove Valverde e ai 300 metri è il più lesto a rispondere. Spinge, risale, sorpassa… la Liegi è lì. Ma un’ombra lo affianca e al colpo di reni lo sorpassa. E’ secondo. Sbatte i pugni sul manubrio dopo essersi allontano dalle telecamere. Non ci sta. 

«Questa Liegi è la sua corsa stregata – dice una mezz’ora dopo il traguardo il suo diesse Davide Bramati – ma non state qui a farmi tirare fuori di nuovo questi pensieri», aggiunge sconsolato il Brama.

«Chapeau a loro – dice invece Alaphilippe – mi dispiace perché i ragazzi hanno fatto un grandissimo lavoro. Ma uno sprint dopo 260 chilometri si può perdere, sono le gambe che hanno fatto la differenza. Io ho spinto al massimo e ho pensato a fare il mio sprint. Alla fine le mie classiche delle Ardenne sono andate bene, ne ho vinta una e ho fatto un podio. Si è lanciato benissimo Pogacar, non credo di aver anticipato io».

Gaudu dopo l’arrivo non sta nella pelle. Per lui uno dei risultati più importanti da pro’
Gaudu non sta nella pelle. Per lui uno dei risultati più importanti

Un nuovo grande: Gaudu

David Gaudu aveva dato appuntamento ai grandi venerdì. Ci aveva detto che gli piacevano le classiche e che la Liegi era la sua preferita. Ci aveva detto anche che lavorava per il testa a testa con i big in salita. E non ha mancato il rendez-vous.

Alle 16,37 del giorno della Liberazione 2021, il corridore della Groupama-Fdj si è fatto trovare in cima alla Roche aux Faucons con i primi. Per scappare via e diventare definitivamente un big anche lui. Un altro della nuova generazione che avanza.

Nel chilometro finale lui sta nel mezzo. Alla radio gli dicono di controllare Alaphilippe. Ma non è facile. Diciamo la verità, certi sprint devi anche saperli affrontare. Però tutto sommato se ne resta buono dietro. Segue la “massa” e “scopre” di essere anche veloce. E di avere gambe

La mattina è stato l’unico a presentarsi in zona mista ben coperto, senza bici e con le scarpe da ginnastica. Mani incrociate dietro la schiena, faceva finta di essere tranquillo. Era invece serissimo. Ma un punto in più per lui, che ha tenuto botta alla pressione, e per essere stato puntuale!

Woods all’attacco, alla sua sinistra Valverde. Hanno concluso rispettivamente quinto e quarto
Woods all’attacco, alla sua sinistra Valverde. Hanno chiuso quinto e quarto

Onore a Valverde 

Ma anche se volevamo parlare solo dei protagonisti del podio, non possiamo non aggiungerne uno: il quarto, Alejandro Valverde.

Ecco il suo sprint. Il volpone s’incolla alla ruota del più veloce e pericoloso, Alaphilippe. Il problema è che quello è anche una faina, non solo il campione del mondo. Prende larga l’ultima curva e lo fa ritrovare in testa. Allora lo spagnolo fa una buona cosa, ma non la migliore: si mette su un lato, ma quello esterno. Il rettilineo finale infatti gira leggermente verso destra. In pratica difende il lato lungo. Chi lo passa sulla destra dovrà fare meno strada. Ma certo, valle a pensare queste cose dopo 260 chilometri.

Le gambe poi sono quelle che sono. Parte ai 300 metri, lo sprint non è quella di una volta, quindi tanto vale giocarsela lunga. Sogna per 150 metri, rema come un disperato per gli altri 150. Una medaglia di legno sì, ma piena di onore, di orgoglio e di rispetto.

Ragazzi, chapeau: 41 anni oggi. La Liegi gli ha anche cantato la canzoncina degli auguri prima del via. Unzue, team manager della Movistar, dopo l’arrivo, se ne sta da solo in un lato del bus a fare avanti e dietro. Se potesse gli toglierebbe dieci anni e gli rinnoverebbe il contratto per altrettanto tempo.

Con Lopez la rivoluzione Movistar è completa

20.04.2021
3 min
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L’anno della rinascita? La Movistar ha deciso di proseguire nella sua opera di ristrutturazione massima della squadra e con l’arrivo di Miguel Angel Lopez allena leggermente la presa sulla formula dei capitani multipli che non ha mai pagato in termini di risultati. Il colombiano è stato acquistato come finalizzatore degli sforzi nei grandi Giri, in alternativa a Enric Mas, grande talento che però è chiamato a prendere l’ultimo treno della definitiva consacrazione. Anche se Marc Soler non appare affatto intenzionato a rinunciare alle sue chance.

Miguel Angel Lopez, colombiano, passato dall’Astana alla Movistar
Miguel Angel Lopez, colombiano, passato dall’Astana alla Movistar

Tre capitani

Si lavorerà per loro – Lopez, Mas e Soler – con scelte e strategie che saranno chiare prima di fare le valigie per la partenza e non in corso d’opera.
L’organico della squadra spagnola resta di prim’ordine, tutti gli acquisti sono stati pensati per aggiungere qualità al lavoro da svolgere in funzione delle punte.

In questo contesto gli arrivi dello spagnolo Garcia Cortina e dell’austriaco Muhlberger sono assai importanti, il primo per smuovere le acque nelle prime fasi delle tappe più dure e dare una mano al momento della verità, il secondo come supporto nel lavoro di costruzione della strategia di squadra in montagna.

Alejandro Valverde è il nume tutelare della squadra e uno dei più grandi di tutti i tempi
Alejandro Valverde è il nume tutelare della squadra

Cuore Valverde

La squadra mantiene un baricentro fortemente spostato sulle prove a tappe, sperando di raccogliere molto in quelle medio-brevi, mentre continua a non avere un peso specifico importante per le gare d’un giorno, anche se non va dimenticato che nel roster figura sempre un certo Alejandro Valverde, che dopo un 2020 molto opaco vuole sparare le sue ultime cartucce, continuando a coltivare il sogno olimpico.

L’ORGANICO

Nome CognomeNato aNaz.Nato ilPro’
Juan D.Alba BolivarTutaCol11.09.19972018
Jorge Arcas PenaSabinanigoEsp08.07.19922016
Hector Carretero MillaMadriguerasEsp28.05.19952017
Dario CataldoLancianoIta17.03.19852007
Gabriel CullaighHolmfirthGbr08.04.19962017
Inigo Elosegui MomeneBilbaoEsp06.03.19982020
Imanol Erviti OlloPamplonaEsp15.11.19832005
Ivan Garcia CortinaGijonEsp20.11.19952017
Abner Gonzalez RiveraMocaPur09.10.20002019
Juri HollmannBerlinoGer30.08.19992020
Johan JacobsZurigoSui01.03.19972016
Matteo JorgensonWalnut CreekUsa01.07.19992018
Miguel A.Lopez MorenoPescaCol04.02.19942015
Luis G.Mas BonetSes SalinesEsp15.10.19892014
Enric Mas NicolauArtàEsp07.01.19952017
Sebastian Mora VedriVila-realEsp19.02.19882011
Gregor MuhlbergerHaidershofenAut04.04.19942016
Mathias Norsgaard JorgensenSilkeborgDen05.05.19972018
Nelson OliveiraViralinhoPor06.03.19892010
Antonio PedreroTerrassaEsp23.10.19912016
Einer A.Rubio ReyesChiquizaCol22.02.19982020
Sergio Samitier SamitierBarbastroEsp31.08.19952018
Marc Soler GimenezVilanovaEsp22.11.19932015
Albert Torres BarceloCiut.MenorcaEsp26.04.19902013
Alejandro ValverdeLas LumbrelasEsp25.04.19802002
Carlos Verona QuintanillaS.LorenzoEsp04.11.19922013
Davide VillellaMagentaIta27.06.19912014

DIRIGENTI

Eusebio Unzue LabianoEspGeneral Manager
José L.Jaimerena LaurnagarayEspDirettore Sportivo
José L.Arrieta LujambioEspDirettore Sportivo
Alfonso Galilea ZurbanoEspDirettore Sportivo
José V.Garcia AcostaEspDirettore Sportivo
Pablo Lastras GarciaEspDirettore Sportivo
Maximilian SciandriGbrDirettore Sportivo
Patxi Vila ErrandoneaEspDirettore Sportivo

DOTAZIONI TECNICHE

Biciclette Canyon per il Movistar Team, come pure per la Alpecin-Fenix e il Team Arkea Samsic. I corridori del team spagnolo hanno a disposizione l’Aeroad CFR, la Ultimate CF SLX e la velocissima Speedmax CF SLX. Le bici sono montate con lo Srap Red eTap AXS, ruote Zipp e pneumatici Continental.

CONTATTI

MOVISTAR TEAM (Esp)

Poligono Industrial de Egues Calle Z Nave 24, 31486 Egues (ESP)

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