O’Connor alza la testa: «Voglio un altro grande Tour»

06.03.2022
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Ben O’Connor aveva deciso di smettere. La NTT Pro Cycling stava chiudendo i battenti e nessuno aveva chiesto di lui, l’australiano di 25 anni che pure nel 2020 aveva vinto una tappa all’Etoile de Besseges. Si trattava semplicemente di prendere la decisione che aveva già sfiorato in precedenza, spiazzato da un approdo forse prematuro nel WorldTour e da un inizio tardivo di carriera. Avrebbe finito il Giro e avrebbe appeso la bici al chiodo. Nessuno poteva prevedere quello che sarebbe successo proprio nei giorni in Italia…

Tour 2021, sfinito e incredulo dopo la vittoria di Tignes che lo ha fatto rientrare in classifica
Tour 2021, sfinito e incredulo dopo la vittoria di Tignes che lo ha fatto rientrare in classifica

Dubbi e domande

I dubbi gli facevano compagnia da qualche anno. Ad agosto del 2019, quando aveva 23 anni ed era sul punto di iniziare la prima Vuelta, Ben era fuggito dall’hotel svuotato di motivazioni e divorato dai dubbi

«Ero in uno stato terribile – ha ricordato a margine del debutto alla Vuelta Andalucia – quella sera andai a nuotare e passai la serata in spiaggia, da solo. Avevo bisogno di pensare a qualcosa di diverso dalla bici. Mi sentivo davvero inutile. Non avevo più voglia».

Troppo in fretta

Al professionismo era arrivato tre anni prima, con qualche lampo interessante nel 2017 del debutto, compresa una vittoria al Giro d’Austria e poi due anni senza capo né coda.

«Invece di progredire, stavo regredendo – ha raccontato – sentivo di essere capace di cose belle, ma non riuscivo a raggiungerle».

Vincent Lavenu, 66 anni: è stato lui a portare O’Connor alla AG2R (foto Le Dauphinee)
Vincent Lavenu, 66 anni: è stato lui a portare O’Connor alla AG2R (foto Le Dauphinee)

Se è vero che la carriera di un atleta professionista richiede step progressivi, la sua storia potrebbe apparire sufficientemente scombinata da spiegarne le difficoltà nei primi tempi. I genitori, entrambi britannici, avevano lasciato Liverpool molto prima che lui nascesse per stabilirsi in Australia, alla periferia di Perth, dove Ben iniziò a pedalare seriamente a 18 anni, approdando nel WorldTour due stagioni dopo. 

«Quando sono arrivato in Europa – ha spiegato – non conoscevo nessuno, il mondo del ciclismo professionistico mi era completamente sconosciuto e facevo fatica a socializzare».

Arriva Lavenu

La storia era segnata. O’Connor sarebbe stato uno dei tanti destinati a smettere dopo la prima stagione del Covid. Invece si misero di mezzo il destino e quel brav’uomo di Vincent Lavenu, team manager della Ag2R. Chi doveva dirglielo a O’Connor che il francese si era accorto di lui da un pezzo, da quando nel 2016 lo aveva visto lottare al Tour de Savoie-Mont Blanc con Enric Mas e Tao Geoghegan Hart?

Il giorno dopo l’accordo con Lavenu, al Giro del 2020 arrivò la vittoria di Campiglio
Il giorno dopo l’accordo con Lavenu, al Giro del 2020 arrivò la vittoria di Campiglio

E così, quando gli dissero che l’australiano era senza squadra per la stagione successiva, il francese gli offrì un anno di contratto. Parlarono la sera di San Daniele del Friuli al Giro, dopo la tappa vinta da Jan Tratnik, in cui l’australiano era arrivato secondo. Tanto fu l’entusiasmo, che il giorno dopo O’Connor vinse a Madonna di Campiglio.

Il Tour per caso

Lavenu aveva visto giusto. Il quarto posto all’ultimo Tour de France, dietro Pogacar, Vingegaard e Carapaz, lo ha confermato. Non lo avevano portato per fare classifica, ma per tutta la stagione il suo rendimento era stato costante. Sesto al Romandia, ottavo al Delfinato. E al Tour, oltre alla grande continuità, la vittoria di Tignes (foto di apertura) in cui guadagnò oltre 5 minuti fu decisiva per il bilancio finale.

«Non so cosa abbia visto in me Lavenu – disse a Parigi – ma gli sarò per sempre grato per avermi dato un’altra possibilità. E’ il manager più simpatico che abbia mai incontrato. Si dice spesso che i francesi non siano accoglienti: in AG2R, invece, ho trovato solo rispetto e gentilezza. Vado fiero del risultato del Tour, perché non è stato per fortuna né per caso. Ho avuto fortuna, ma sono certo di aver lavorato bene. Quello che mi è successo, l’ho provocato io».

Con il 31° posto nella crono di Saint Emilion ha difeso il 4° posto del Tour da Kelderman, passato da 32″ a 11″
Con il 31° posto nella crono di Saint Emilion ha difeso il 4° posto del Tour da Kelderman, passato da 32″ a 11″

Cambio di pelle

Cosa cambia ora? Il periodo dopo il Tour è stato pesante. Da vergognarsi, sorride, di essere andato così piano. Tre corse e addio. Perciò ha staccato e non potendo tornare in Australia a causa della quarantena, si è concesso una vacanza in giro per l’Europa. Ma la fiducia fa miracoli e le sue parole al rientro nei ranghi raccontano di un atleta che ha cambiato pelle e attitudine.

«Quest’anno sarò seguito di più – ha detto a L’Equipe – e questo è un bene, non mi spaventa. Credo di essere fatto per il ruolo di leader nelle classifiche generali. Ci aspiravo da quando ho iniziato a pedalare. Avevo smesso di crederci, ma la AG2R mi ha rianimato. Ora è il momento di confermarlo. Non mi tirerò indietro. Voglio rivivere quello che ho vissuto al Tour dell’anno scorso».

Bora Ultra WTO 45, le ruote da Oscar di Campagnolo

10.02.2022
3 min
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Nei giorni scorsi Campagnolo ha comunicato con un giustificato orgoglio di aver vinto il Design & Innovation Award 2022 nella categoria Componenti Road. Il prestigioso riconoscimento è andato alle ruote Bora Ultra WTO 45.

Il Design & Innovation Award è da molti ritenuto come l’Oscar della Bike Industry, e nelle intenzioni della giuria chiamata ad assegnare i vari premi è considerato più di un semplice conferimento di titoli o un riconoscimento per i marchi premiati. A comporre la giuria sono giornalisti internazionali selezionati, test rider professionisti ed esperti del settore. Alla fine sono state oltre 6.000 le ore necessarie per arrivare alla selezione dei prodotti da premiare nelle singole categorie previste.

Il peso delle Bora Ultra WTO 45 è di 1.425 grammi
Il peso delle Bora Ultra WTO 45 è di 1.425 grammi

L’essenza di Campagnolo

Le ruote Bora Ultra WTO sono l’ennesimo step evolutivo di un prodotto, le ruote Bora, in grado di rappresentare al meglio la tecnologia Campagnolo: la massima espressione dell’impiego del carbonio, gli studi di ricerca e sviluppo strutturali ed aerodinamici, la maniacale cura del dettaglio, anche sotto l’aspetto dell’estetica.

Ecco di seguito il commento della giuria che ha assegnato a Campagnolo il Design & Innovation Award 2022 per la categoria Componenti Road.

Il canale interno delle Campagnolo Bora Ultra WTO 45 è di 19 mm
Il canale interno delle Campagnolo Bora Ultra WTO 45 è di 19 mm

«Le ruote Campagnolo Bora Ultra WTO 45 sono all’avanguardia nella produzione di ruote in carbonio! La maggior parte dei produttori può solo sognare cerchi così eleganti e puliti: gli alloggiamenti dei nippli sono integrati nel cerchio durante la produzione, consentendo di utilizzare i nippli interni per una migliore aerodinamica, a cui è ancora possibile accedere dall’esterno. Senza fori per nippli nel letto del cerchio, il cerchio non richiede nastro tubeless e può essere installato tubeless senza troppi problemi. L’unico foro rimasto è quello per la valvola. Tutto ciò sottolinea l’attenzione ai dettagli e l’attenzione all’aerodinamica con un peso ridotto.

«Le ruote 45 mm pesano solo 1.425 g e se vuoi sfruttare al meglio il potenziale aerodinamico delle ruote, i cerchi sono stati ottimizzati per pneumatici da 25 mm. Inoltre, si dice che i cuscinetti in ceramica funzionino 5,5 volte più agevolmente dei tradizionali cuscinetti in acciaio, perfetti per gli eroi dell’alta velocità! Oltre a tutta quella finezza tecnica, anche il look non è stato trascurato. Senza alcuna vernice per coprire il layup di carbonio, la lavorazione di altissima qualità viene in primo piano. L’efficienza della velocità unita alla perfezione artigianale: un meritato premio!»

Le Campagnolo Bora Ultra WTO hanno aiutato Pogacar a conquistare l’ultimo Tour de France
Le Campagnolo Bora Ultra WTO hanno aiutato Pogacar a conquistare l’ultimo Tour de France

Sempre in gruppo

Anche per questa stagione Campagnolo sarà protagonista del grande ciclismo affiancando ben tre team WorldTour. Stiamo parlando di AG2R Citroen, Cofidis e UAE Team Emirates. Soprattutto da quest’ultimo team sono arrivate le soddisfazioni maggiori grazie ai successi ottenuti da Tadej Pogacar. Lo sloveno ha permesso a Campagnolo di conquistare gli ultimi due Tour de France.

Anche per il 2022 gli atleti di AG2R Citroen, Cofidis e UAE Team Emirates potranno contare sul meglio di Campagnolo: le ruote Bora Ultra WTO 45 e il gruppo Super Record Eps.

Campagnolo

AG2R-Citroen, cosa manca per il salto di qualità?

31.01.2022
4 min
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Chi ha chiuso quarto all’ultimo Tour? Alzi la mano chi ha risposto subito Ben O’Connor, corridore della AG2R-Citroen (foto di apertura). Eppure a 3 minuti dal terzo posto di Carapaz c’era lui, ma in questo ciclismo che parla solo dei vincitori, del piazzamento dell’australiano si è quasi persa la memoria. Che cosa avremmo detto se fosse stato un italiano?

La squadra è la casa di Vendrame, come prima di lui lo era stata per Nocentini, Pozzovivo, Montaguti e pure Appollonio. La vecchia Ag2R con i suoi cubetti lo scorso anno ha incontrato Citroen e si è trovata nel WorldTour con il quinto budget, non lontano da quello della Quick Step-Alpha Vinyl, rivoluzionando l’organico. Via Bardet, passato al Team DSM, dentro Van Avermaet e Jungels con il proposito di puntare sulle classiche Monumento.

Lavenu ha 66 anni, è stato pro’ dal 1983 al 1991, dal 2000 guida la AG2R (foto Le Dauphinee)
Lavenu ha 66 anni, è stato pro’ dal 1983 al 1991, dal 2000 guida la AG2R (foto Le Dauphinee)

Il primo bilancio

La novità ha infiammato i tifosi e acceso i riflettori, ma alla fine del primo anno le 12 vittorie hanno fatto storcere il naso allo stesso Vincent Lavenu, proprietario della squadra e manager di lunghissimo corso.

«Il dna della squadra restano le corse a tappe – ha spiegato a L’Equipe – anche se abbiamo deciso di ampliare il gruppo classiche. Prendere un velocista e investire troppo sul suo treno ci porterebbe via dal nostro obiettivo. Ma ovviamente bisognerebbe vincere di più: 15 vittorie sarebbero buone, 20 perfette. Ma l’obiettivo resta fare bene nelle grandi classiche. Siamo l’unica squadra francese ad aver vinto una tappa in ciascuno dei tre grandi Giri l’anno scorso, con Vendrame al Giro, O’Connor al Tour e Champoussin alla Vuelta».

Era partito per il Giro con l’idea di vincerne una ed ecco Bagno di Romagna
Era partito per il Giro con l’idea di vincerne una ed ecco Bagno di Romagna
Il dna è per i grandi Giri, ma gli uomini dove sono?

Abbiamo fatto di tutto per prendere Almeida, abbiamo trattato a lungo con i suoi agenti essendo disposti a sforzi enormi, ma ha scelto di andare negli Emirati Arabi. Gli altri più forti sono tutti sotto contratto e lo saranno a lungo. Non ce ne sono poi molti di quel livello, quindi dovremo fare come in passato per aiutare i nostri giovani a raggiungere il livello più alto. Abbiamo preso Bardet che era un bambino ed è salito due volte sul podio del Tour. Ricominceremo allo stesso modo, finché non troveremo un altro diamante.

Hai già un’idea?

Aurélien Paret-Peintre è arrivato 15° al suo primo Tour nel 2021, come Bardet nel 2013. Non so dove potrà arrivare, si impegna, è intelligente e proveremo a fare di lui un leader senza però dargli troppa pressione. Ben O’Connor ha 26 anni e l’anno scorso è arrivato 4° al Tour, potrà migliorare? Non facciamo pressioni sui nostri corridori. Anche Champoussin ha potenziale, ma il potenziale non basta per fare un campione.

Lo scorso anno a Plouay, Cosnefroy ha avuto la meglio su Alaphilippe
Lo scorso anno a Plouay, Cosnefroy ha avuto la meglio su Alaphilippe
Van Avermaet e Jungels hanno deluso?

Greg ha mantenuto il suo livello fino al Giro delle Fiandre dove è stato terzo, poi ha avuto un calo, soprattutto al Tour dove non ha mai sofferto tanto. Ma ha portato tanto in termini di serenità e umiltà… E’ un vero leader. Preferiremmo che vincesse, certo, ma con i giovani è stato esemplare. Jungels ha subito due operazioni all’arteria iliaca, sono sicuro che riacquisterà il suo livello

Una Monumento è alla portata?

Ci proviamo da tanto tempo. Abbiamo corridori con il potenziale per vincerne una. Cosnefroy al top può battere Alaphilippe e vincere la Liegi. Jungels l’ha già vinta. Van Avermaet vive solo per il Fiandre. Ci ispiriamo alla gestione della Quick Step e al loro essere killer nelle corse a cui puntano.

Van Avermaet non ha vinto, ma è stato trainante per tutta la squadra (foto AG2R-Citroen)
Van Avermaet non ha vinto, ma è stato trainante per tutta la squadra (foto AG2R-Citroen)
E voi?

Vogliamo diventarlo, rimanendo umili. Niente mi fa infuriare di più di un grande atleta spocchioso. Ai nostri corridori insegniamo a essere gentili, a sorridere sempre. Se un atleta pensa di essere amato solo perché vince, ha sbagliato tutto. Il corridore un po’ meno forte che però risponde ai giornalisti anche quando è deluso, che regala il suo cappellino a un giovane, quello entra nei cuori. Sono stato cresciuto così e non posso sopportare che uno dei miei corridori non abbia la stessa filosofia.

Per Vendrame un gran 2021 alle spalle e le classiche davanti

03.01.2022
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Alle 16 del 31 dicembre Andrea Vendrame era ancora in bici ad allenarsi. Il veneto ha ripreso la sua stagione, la sesta da professionista, più determinato che mai. Il portacolori dell’Ag2R-Citroen è reduce da una grande annata: due vittorie, tra cui la tappa al Giro d’Italia (nella foto di apertura), e soprattutto una grande costanza di rendimento.

Con le sue caratteristiche di uomo di fondo e anche piuttosto veloce, Vendrame si propone come una delle nostre migliori cartucce per le classiche, se non quelle delle pietre per le quali forse è un po’ troppo leggero, può andar bene per tutte le altre.

Andrea Vendrame, classe 1994, lo scorso anno ha ottenuto due vittorie
Andrea Vendrame, classe 1994, lo scorso anno ha ottenuto due vittorie

Calendari ancora incerti

«Vengo da una buona stagione, è vero – dice Vendrame – ho acquisito consapevolezza e ho capito come giocarmela un po’ in tutte le occasioni. Sono soddisfatto del mio 2021, è stata un’ottima stagione soprattutto in ottica 2022».

Dopo il primo ritiro sulle strade spagnole, Vendrame sta ancora definendo il suo calendario con la propria squadra e a quanto pare sono diverse le opzioni sul piatto.

«Bisognerà vedere se farò Giro e Vuelta o Giro e Tour o ancora solamente il Tour de France. Ammetto che la Grande Boucle è un mio pallino. Vorrei vincere una tappa per ottenere una vittoria anche in questo giro e conquistare nel tempo frazioni in tutte e tre le grandi corse a tappe. E poi vincere al Tour con una squadra francese vale doppio: se gli porti a casa un tappa… non è poco!».

L’arrivo in solitaria alla Route d’Occitanie, secondo sigillo 2021
L’arrivo in solitaria alla Route d’Occitanie, secondo sigillo 2021

Classiche in testa

Ma Vendrame, come lui stesso ci dice, non è uomo da classifica generale. Andrea è, e soprattutto si sente, un uomo da corse di un giorno, un attaccante, un cacciatore di tappe. E questa crescita non può non porlo nel parterre di coloro che possono aspirare a far bene nelle classiche. Lo sa lui e lo sa la sua squadra.

«Anche di queste stiamo discutendo con il team – dice Vendrame – sicuramente farò Strade Bianche, Tirreno-Adriatico, Sanremo. Da qui il mio calendario si protrae fino alla Freccia Vallone e all’Amstel Gold Race. Per me è molto buono tutto ciò perché ci arriverò con tanti giorni di corsa come mai prima.

«E questo vale anche per la Strade Bianche, che io considero una classica a tutti gli effetti. Anche il suo slogan lo dice: la classica più a sud d’Europa. Il fatto di arrivarci con tanti chilometri di gara nelle gambe spero mi possa far volare. Spero di avere un avvicinamento più tosto, proprio per focalizzarmi al meglio su questi obiettivi. Voglio metterci il famoso “pallino rosso”».

E per fare tutto ciò Vendrame debutterà nelle gare di Maiorca, a fine gennaio. Dovrebbe fare quattro dei cinque giorni di corsa previsti. «Ma a prescindere dai giorni sarà importante ascoltare bene le sensazioni che avrò nelle prime gare dell’anno per non fare troppi fuori giri e crescere gradualmente».

Vendrame è ormai uno dei leader della Ag2R Citroen (foto J. Crosnier)
Vendrame è ormai uno dei leader della Ag2R Citroen (foto J. Crosnier)

Spalle più larghe

Parla davvero con convinzione Vendrame. Con quella consapevolezza che dicevamo all’inizio. E quando un corridore assume questo stato, quando conquista vittorie importanti come quella di Bagno di Romagna al Giro, anche la sua squadra si pone in maniera diversa nei suoi confronti. E infatti in fase di “trattativa calendario”, Andrea ha potuto dire la sua.

«Parlare del calendario? Posso farlo più da leader, ma come ho detto in precedenza, c’è prima da capire quale grande Giro affronterò. Molto dipenderà da questo. Però è vero, forse ho le spalle più larghe, i diesse e i manager lo hanno capito: posso essere un corridore importante».

Una cosa però ci ha colpito. Vendrame ha parlato di un calendario che lo vede protagonista fino alla Freccia Vallone. E non ha nominato la Liegi. Perché?

«Vero – continua Vendrame – abbiamo fatto un calendario fino alla Freccia. La Liegi potrebbe essere una buona corsa per me, ma il team non è del tutto d’accordo. Però se ci arrivo bene, se dovessi avere le gambe per la vittoria, non credo ci siano problemi perché io possa esserci ed esserci da protagonista.

«In squadra hanno la loro filosofia e per le classiche prediligono avere un solo capitano, Van Avermaet. Però se oggi andiamo a vedere le grandi squadre Ineos, UAE, Quick Stepne hanno più di uno. Che dire, è un metodo francese radicato in loro. Ma il ciclismo sta cambiando e magari col tempo assumeranno anche loro un’altra filosofia».

Quest’anno il trevigiano è tornato a lavorare molto in palestra (foto J. Crosnier)
Quest’anno il trevigiano è tornato a lavorare molto in palestra (foto J. Crosnier)

Tanta esplosività

Certo è che per tenere le ruote dei fenomeni, appunto alla Van Avermaet, o il campione del mondo, qualcosa ancora manca a Vendrame. Però lui sta crescendo e soprattutto si sta allenando fortissimo. Ha persino ritoccato la preparazione.

«Rispetto all’anno scorso ho ripreso la palestra – spiega Vendrame – soprattutto a novembre. Ci andavo tre volte a settimana e la manterrò fino a fine mese. Per il resto ho fatto molti chilometri e pochi lavori, ma adesso inizierò ad aumentare gli esercizi. Tra l’altro io ne faccio parecchi… Preferisco fare cinque ore anziché sei, ma con dei lavori specifici.

«Rispetto agli Alaphilippe e ai Van Der Poel ogni anno la differenza un po’ diminuisce. Certo, Van Aert in questo momento sembra di un altro pianeta (il riferimento è al ciclocross, ndr), ma io sono abbastanza imprevedibile e posso giocarmela sia anticipando, che in volata e penso che ogni situazione si possa girare a proprio favore».

Rosti, per la AG2R Citroen solo capi su misura

10.12.2021
6 min
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Altri tre anni con la AG2R Citroen, in casa Rosti hanno il loro bel da fare. In un mercato in continua evoluzione come quello dell’abbigliamento, dove nuovi produttori nascono e cercano la loro strada, realtà come quella di Brembate si distinguono per l’artigianalità, per essere un maglificio con radici ben fondate nel Made in Italy. Così quando la squadra WorldTour francese ha presentato la nuova maglia, che poco si discosta dalla precedente, c’è venuta la curiosità di capire come si svolga il processo creativo che porta a ridisegnare una tenuta da gara oppure a mantenere la precedente.

Look che vince non si cambia, verrebbe da dire. Ma il discorso è soltanto estetico e non vale per i materiali, rinnovati e aggiornati per la stagione alle porte. Abbiamo chiesto perciò a Giovanni Alborghetti, con il fratello Maurizio titolare di Rosti Maglificio Sportivo, che anno sia stato il 2021 e cosa si aspettano dal futuro. 

Giovanni Alborghetti nella sede dell’azienda
Giovanni Alborghetti nella sede dell’azienda

Unione d’intenti

Giovanni Alborghetti ha raccolto vari spunti nel tragitto percorso in bici da Brembate ad Amsterdam, che ha poi riportato nel Blog aziendale. Queste annotazioni incarnano alla perfezione la filosofia alla base di questa collaborazione.

«Noi facciamo i prodotti – dice – le squadre fanno le gare, i corridori le vincono. La foto a braccia alzate sul traguardo fa il giro del mondo. L’immagine vincente è tutta qui. Siamo un Paese che vende sogni. Made in Italy, va bene, ma allora cerchiamo grandi sognatori, capaci di sognare e vivere davvero, perché le due cose vanno insieme. Voglio che il mio marchio, il mio prodotto racing venga scelto non per apparire, ma al contrario, per gli stessi motivi di realtà per cui è scelto dai team. Per la sostanza, la funzione, perché nella vita, come nelle gare, serve la qualità vera, quando piove, quando tira vento». 

Che anno è stato per voi al fianco di AG2R Citroen Team?

Non chiedo di meglio, facciamo parte del circuito WorldTour. Per il resto non mi interessa, ci hanno fatto un contratto di tre anni. Loro sono contenti, ci tengono e io non chiedo altro. Non ho pretese nei loro confronti. Né di vittorie né d’immagine. L’importante è essere all’interno.  

Ogni capo è realizzato interamente su misura per ciascun atleta
Ogni capo è realizzato interamente su misura per ciascun atleta
Tutto è nato dall’esclusione dell’Androni Giocattoli-Sidermec dal Giro d’Italia 2016. Cosa è cambiato da allora?

Sicuramente ci sentiamo cresciuti. Se riesci a fare l’abbigliamento alla AG2R, ai professionisti più importanti e ti mettono sotto contratto per sette anni, vuol dire che stai facendo qualcosa di buono, stai producendo del buon materiale. Se entri un anno o due, sei una meteora. Rimanerci per sette vuol dire che stiamo facendo le cose abbastanza bene. Comunque è sempre una sfida. Il brand Rosti si sta facendo conoscere sempre di più, comincia a uscire dall’Italia.

Prendendo come esempio quest’anno, avete dovuto affrontare delle difficoltà?

Mi verrebbe da dire di sì, ma non sarebbe la verità al cento per cento. Non parlerei di difficoltà. Noi seguiamo gli atleti in un modo particolare. Abbiamo sempre preso le misure a tutti. Un centimetro più corto uno più lungo, più stretto, più largo. Adattiamo tutto su misura. Ogni atleta ha cinquanta articoli. La squadra si affida a noi e ha massima fiducia. L’unica cosa su cui sono un po’ pretenziosi, sono i body da crono. Il nostro modello, a detta anche loro, è uno dei più performanti. Però vogliono migliorarlo ancora. In particolare ci hanno richiesto un body che li faccia guadagnare anche nei tratti ondulati, collinari, non solo alle alte velocità. Quindi ora stiamo lavorando in un paio di gallerie del vento per fare studi approfonditi  per cercare di migliorarlo ancora.

Sono tutti fuori catalogo i capi che fornite?

Molti articoli sì, perché essendo una realtà artigianale non abbiamo linee produttive mastodontiche. Molti amatori però ne richiedono versioni simili e non è raro che li produciamo anche al dettaglio. L’ispirazione è sempre al team professionistico. Per quanto riguarda il pantaloncino per esempio, il team è lo stesso che vendiamo. Ed è il nostro fiore all’occhiello per qualità del tessuto. Non perché sia qualcosa di innovativo, ma perché funziona. Basta provarlo per capire la qualità effettiva.

Avete interagito con il team per la divisa 2022?

Per il design decidono tutto in AG2R Citroen Team. Noi avremmo in testa altri tipi di design, ma su quel piano è sempre stato chiaro fin da subito che avrebbero deciso loro. Hanno le loro esigenze. Ci sono degli studi stilistici dietro a Citroen e AG2R, con almeno 10 figure in Francia che lavorano per la progettazione. Se mi avessero dato il foglio bianco, non nascondo che ci avrei messo un teschio (dice ridendo ndr). Ma non abbiamo voce in capitolo e a noi sta bene, anzi impariamo anche sotto questo aspetto. A livello di grafica c’è voluto molto tempo per metterla a punto, abbiamo fatto più di 30 campioni spostando di pochi millimetri ogni particolare prima di arrivare alla versione definitiva. 

Quindi per l’anno prossimo hanno deciso loro di replicare lo stesso design?

Si, sotto il punto di vista estetico è stato confermato tutto. Però sono cambiati i tessuti. Abbiamo implementato delle nuove tipologie di materiali. 

Cosa vi aspettate dal futuro?

Di vestire tutte le squadre (ride, ndr). A parte gli scherzi, in questi anni non nascondo che l’interesse nei nostri confronti, direttamente o indirettamente, sia cresciuto. Tre o quattro squadre WorldTour ci hanno cercato e questo vuol dire che il lavoro lo stiamo facendo bene e si parla bene di noi. 

Questa esperienza al fianco del team francese vi sta dando consapevolezza e sicurezza…

Ci sono uno svariato numero di brand che fanno abbigliamento da bici, non è facile emergere. Per noi la strada del Made in Italy e della qualità è quella giusta. Stiamo lavorando per crescere sempre di più, investendo anche nel nostro organico interno. Con figure nuove, sotto l’aspetto commerciale, del brand e persone rilevanti del mondo del ciclismo, per ottimizzare questa crescita. Avere un contratto di tre anni da una parte ci permette di lavorare con la testa libera e una certa sicurezza, ma l’obbiettivo deve rimanere una crescita costante. 

Guardate a quello che avete fatto in passato con uno sguardo attento sul futuro…

Il mio orgoglio per quest’anno, rimane aver visto due squadre firmate Rosti al Giro d’Italia. Per un’azienda come la nostra hanno un peso davvero rilevante. Proprio ieri ho trovato una foto di Pogacar alla Radenska Ljublana, con la maglia Rosti. Inoltre abbiamo visto indossare il nostro abbigliamento per esempio a: Sagan, Wiggins, Bernal, Bardet, Van Avermaet e Ganna. Per il futuro, nessuno sa cosa ci possa riservare.

Jungels come Conci: il 2022 per uscire dall’ombra

20.11.2021
3 min
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Dove è finito Bob Jungels? Quando nel 2018 si prese la Liegi con un attacco da lontano e con il sesto posto al Giro del 2016 sembrava la carta più convincente della Deceuninck-Quick Step, chi poteva immaginare che sarebbe sparito come gli è successo quest’anno? Assieme ad Alaphilippe componeva la coppia d’oro della squadra. Poi ha ricevuto un’offerta importante dalla Ag2R-Citroen che puntava a diventare squadra da classiche, ha accettato, ma non ha mai trovato il bandolo della matassa. Non sarà mica come tutti quelli che lasciano la squadra e di colpo smettono di andare forte?

La Parigi-Nizza è stata la sua prima corsa del 2021, chiusa prevedibilmente nelle retrovie
La Parigi-Nizza è stata la sua prima corsa del 2021, chiusa prevedibilmente nelle retrovie

Come Conci e Aru

In verità no o almeno non per motivi misteriosi. Infatti il 2021 di Jungels è stato complicato a causa dell’endofibrosi iliaca esterna, che lo ha costretto a operarsi: non proprio lo stesso caso, ma assai simile a quelli di Aru e di Conci dopo di lui. Solo che lui il problema l’ha avuto a entrambe le gambe. Così non è stato in grado di farsi vedere nelle Ardenne e non ha partecipato al Tour.

«Mentalmente gli ultimi due anni sono stati duri – ha raccontato a Cyclingnews – ho passato dei momenti difficili. Ma ora vedo la possibilità di vincere di nuovo le mie gare. Ho scoperto che cosa significhi correre nel gruppetto. Ho faticato soprattutto mentalmente. Non ero lo stesso corridore, avevo problemi persino a dormire.

Nel 2018 vinse la Liegi arrivando da solo: numero che annunciava una grande carriera
Nel 2018 vinse la Liegi arrivando da solo: numero che annunciava una grande carriera

Dolore e frustrazione

Il dolore e la frustrazione, le stesse descritte da Nicola Conci. L’indole del corridore era quella di lavorare per dare il massimo, solo che poi in gara la mancanza di afflusso di sangue nelle gambe vanificava tutto.

«A volte – ha detto – non riuscivo nemmeno a tenere il passo con il gruppo. Ricordo in Catalogna. Ero devastato, perché mi stavo allenando duramente, facendo tutto quello che potevo. E’ stato molto difficile. Ho anche pensato di smettere. Ho sempre corso per vincere, è stato degradante. Ne ha risentito anche il mio carattere. Normalmente sono una persona aperta, ma qualcosa mi impediva di esserlo».

Nella crono di Andermatt del Giro di Svizzera, ritardo di 2’52” da Uran: qualcosa non va…
Nella crono di Andermatt del Giro di Svizzera, ritardo di 2’52” da Uran: qualcosa non va…

Il suo posto

La diagnosi ha se non altro mostrato la spiegazione che Jungels cercava, mentre l’intervento gli ha offerto una via d’uscita. E così dopo l’intervento, il lussemburghese è tornato in gara nella corsa di casa nel mese di settembre.

«Ero lontano dal mio miglior livello – ha raccontato – ma lentamente ho sentito i benefici. Ho detto al mio allenatore che finalmente sentivo di poter spingere quanto volevo. Spero che l’inverno mi permetta di recuperare il tempo perso e che il prossimo anno io possa riprovare la sensazione di forza di un tempo. Che mi permetta di riprendermi il mio posto nel gruppo».

Gabriel Fede, il ciclocross, la scuola e poi va in Francia

06.11.2021
5 min
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In estate forse è passato un po’ inosservato il suo ingaggio per il 2022 nella nuova squadra under 23, ma Gabriel Fede è uno di quei giovani “in fuga” verso l’estero. Il 18enne cuneese nel prossimo biennio correrà in Francia nella Ag2R-Citroen U23, ovvero il vivaio della formazione WorldTour che in questa stagione in Italia ha conquistato con Paul Lapeira sia il Trofeo San Vendemiano sia il Piccolo Lombardia.

Fede ha appena terminato la categoria junior con la GB Junior Team Piemonte, la stessa società in cui ha militato quest’anno (e nella quale dovrebbe restare anche il prossimo) sua sorella Nicole, elite classe 2000 con esperienze nel Racconigi Cycling Team nel 2019 e nella Servetto Piumate Beltrami Tsa l’anno scorso.

Così, mentre le gare su strada stavano andando in archivio, sono iniziate quelle nel fango del ciclocross e per Gabriel è stata l’occasione di indossare nuovamente il body della sua Selle Italia-Guerciotti.

Che rapporto hai col ciclocross?

Lo pratico da quando sono piccolo, ho sempre avuto una forte motivazione perché riesco ad andare molto bene. Quest’anno la Selle Italia-Guerciotti mi ha rinnovato il contratto per farmi crescere, per farmi diventare come i grandi, come Gioele Bertolini e Jakob Dorigoni. Che a noi giovani insegnano molto durante la stagione

Dal 2022 Fede passerà per due anni alla AG2R-Citroen Under 23 (foto Instagram)
Dal 2022 Fede passerà per due anni alla AG2R-Citroen Under 23 (foto Instagram)
La multidisciplinarietà finora ti ha fatto bene?

Sì, il ciclocross ti dà molto durante l’inverno, anche perché ti evita di stare fermo a non fare nulla. Durante le gare su strada, ne riconosci i benefici.

A proposito, in questo senso hai degli idoli o dei corridori di riferimento?

Tendenzialmente molti di quelli che fanno più discipline. Ovviamente Van Aert e Van der Poel su tutti. Su strada invece guardo molti gli scalatori e Pogacar e Roglic sono i miei preferiti.

In pratica quando finisci su strada inizi col cross e poi ricominci su strada. Come gestisci questo periodo, specialmente con la stanchezza?

Al momento va bene. Quest’anno, dopo il campionato italiano di ciclocross (che si terrà dal 7 al 9 gennaio a Variano di Basiliano in provincia di Udine, ndr), farò due settimane di riposo totale. Poi riprenderò la bici da strada per i primi allenamenti e dal 16 febbraio dovrei iniziare con le corse.

Hai appena finito i due anni tra gli junior. Come sono andati?

Sono stati abbastanza soddisfacenti. Quest’anno ho vinto due gare (il campionato regionale del Piemonte, foto di apertura, e una cronoscalata ad Ornavasso, ndr), ho fatto qualche podio e diversi piazzamenti nei dieci. Pensavo e speravo di raccogliere di più, nonostante avessi tante motivazioni e fossimo una delle squadre più forti. Forse ho risentito un po’ più del dovuto di alcune situazioni che si verificano durante una stagione, ma credo sia abbastanza normale. 

Anche quest’anno Fede è ripartito nel cross con la Selle Italia-Guerciotti (foto Instagram)
Anche quest’anno Fede è ripartito nel cross con la Selle Italia-Guerciotti (foto Instagram)
Raccontaci chi è Gabriel Fede.

Abito a Santa Croce di Vignolo a pochissimi chilometri da Cuneo. Sono cresciuto grazie a mio padre, che mi ha fatto scoprire il ciclismo. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare lui e la mia famiglia che mi hanno sempre supportato. Ho iniziato a correre fin da “G0” (la categoria promozionale dei giovanissimi entro i sei anni di età, ndr), sono stato all’Esperia Piasco e al Melograno nei giovanissimi. Poi ho intrapreso un percorso di tre anni (due da esordiente ed uno da allievo, ndr) nella Cadrezzate Guerciotti, dove ho avuto un preparatore molto importante come Davide Arzeni. Lui mi ha fatto crescere molto e devo a lui tanti risultati di adesso. Infine il secondo anno da allievo l’ho fatto al Pedale Senaghese.

Anche tu sei uno dei tanti giovani che nel 2022 emigrerà all’estero. Come è nato il contatto con la Ag2R-Citroen U23?

So che loro tengono sotto osservazione tanta gente. Ho avuto questa opportunità quando mi hanno chiamato in estate per fare un test ed è andato molto bene. Successivamente, a fine agosto sono andato in Francia a fare una settimana di ritiro con loro. In quell’occasione mi hanno proposto il contratto di due anni. Sono stato accolto molto bene e mi hanno spiegato come sarà l’anno prossimo.

Ecco, appunto, come si svolgerà?

Finirò la scuola qui in Italia (frequenta l’Ipsia di Cuneo dove studia meccanica, ndr) e dopo la maturità dovrò trasferirmi a Chambery. Vivrò con altri compagni di squadra. Ci starò per almeno i prossimi due anni e spero più a lungo. Sarò esentato da alcuni dei prossimi raduni perché sono impegnato col ciclocross. Ci sarò per la presentazione di metà gennaio, poi da febbraio inizieranno i vari ritiri. Durante la primavera probabilmente avrò un calendario gare un po’ ridotto, ma da luglio 2022 inizierò a seguire la squadra nelle varie corse.

Perché hai preso questa decisione? Ti aveva cercato qualche altra squadra?

Avevo avuto qualche richiesta dalla Eolo-Kometa e dalla Beltrami Tre Colli, ma ho preferito fare una scelta di vita, anche se capisco che sia dura andare via di casa a 18/19 anni. Da casa mia ci sono quasi quattro ore di auto facendo il Frejus, in realtà non sono nemmeno troppo distante. Ho fatto questa scelta perché penso che sia la migliore per diventare qualcuno.

Che obiettivi hai per il biennio che arriva?

Passare pro’ fra due anni naturalmente. Prima però c’è l’intenzione di lavorare tanto, fare bene, crescere e vincere anche già dalla prima stagione. Visto che ho una buona attitudine alle fughe e mi sento abbastanza scalatore, cercherò di diventare ancora più forte in salita.

Cosnefroy piega Alaphilippe a Plouay. Altro nome per Leuven

30.08.2021
5 min
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Alaphilippe fa rotta su un finale di stagione che potrebbe dargli ancora grandi soddisfazioni, ma intanto incassa un’altra sconfitta. Accade a Plouay, nella Bretagne Classic-Ouest France, per mano di Benoit Cosnefroy, ragazzo di 25 anni, che non ha un grande palmares ma alla Freccia Vallone del 2020, terreno di caccia preferito del campione del mondo, si piazzò secondo alle spalle di Hirschi. E in Francia intanto si fregano le mani pensando ai mondiali…

Sul podio, il francese tra Alaphilippe e Honoré: Deceuninck piegata
Sul podio, il francese tra Alaphilippe e Honoré: Deceuninck piegata

Una foto per il salotto

«Spero di batterlo un giorno», aveva detto lo scorso inverno in una intervista, commentando il fatto che quel giorno a Huy il campione del mondo non ci fosse. Perciò quando si è reso conto di averlo battuto a Plouay, la sua gioia è stata irrefrenabile.

«Davanti a Julian, con la sua maglia da campione del mondo – ha detto subito dopo l’arrivo – vado subito a incorniciare la foto e la metterò nel mio salotto. Non avevo riferimenti di volate contro Julian, ma ero sicuro di essere più fresco. Inoltre quello di Plouay è uno sprint particolare. Un falsopiano in salita di 200 metri dopo un tratto di discesa. Si arriva veloci e poi serve la forza per tenere. Non sono riuscito a staccarlo sull’ultima salita, ho pensato che non ce l’avrebbe fatta a battermi in volata. Ho creduto in me stesso ed è andata bene…».

Si rivede in fuga anche De Marchi, che ormai è sul binario giusto
Si rivede in fuga anche De Marchi, che ormai è sul binario giusto

Dolore al ginocchio

Lo sprint era la sua bestia nera, a dire la verità. Aveva iniziato a parlarne lo scorso anno dopo il terzo posto alla Freccia del Brabante dietro Alaphilippe e Van der Poel e il secondo alla Parigi-Tour alle spalle di Pedersen.

«Per trasformare i miei posti in vittorie – disse sconsolato – devo migliorare la mia velocità».

E così lo scorso inverno, Benoit detto “Beubeu” si è trasferito da Cherbourg, il Comune sulla Manica in cui è nato e dove vive, al sud della Francia per evitare viaggi più lunghi e non rischiare fastidiosi contagi Covid. Solo che il lavoro di forza messo in atto per migliorare la velocità e forse anche il clima più rigido di quello spagnolo gli hanno provocato un dolore al ginocchio destro che ha condizionato il suo rendimento al Nord. E dopo il Tour in appoggio a Ben O’Connor, la vittoria di Plouay ha rimesso il morale a posto.

«Questo è il Grand Prix de Plouay (il nome d’origine della corsa, ndr) – ha detto – appartiene al patrimonio del ciclismo francese. E oltre a questo, stavo cercando la prima vittoria al WorldTour e l’ho trovata». 

Alaphilippe è da poco rientrato alle corse e ora fa rotta su Leuven per confermare il suo iride
Alaphilippe è da poco rientrato alle corse e ora fa rotta su Leuven per confermare il suo iride

Tenaglia Deceuninck

Non è stato un risultato venuto per caso. Prima ha seguito Alaphilippe nell’attacco sulla salita di Saoutalarin a quasi 60 chilometri dal traguardo e a quel punto Cosnefroy si è reso conto di essere nella morsa del campione del mondo e del compagno Honoré. Ha ragionato. Ha risparmiato le forze a a una ventina di chilometri dal traguardo si è tolto di ruota il danese. E a quel punto Alaphilippe ha mangiato la foglia e ha smesso di collaborare, provocando un gesto di stizza nel connazionale.

«Gli ho detto che doveva essere più fiducioso perché poteva vincere – ha spiegato dopo l’arrivo il campione nel mondo – ero un po’ nella sua stessa situazione nel 2018 quando ho vinto la Freccia Vallone. Era l’attesa della prima grande vittoria. Gli farà bene per il futuro, ha meritato il successo e non sarà l’ultimo».

Cosnefroy ha confermato ogni parola. «Mi ha detto che potevo vincere. Dopo l’arrivo, Julian è stato super felice per me. So che era sincero. Andiamo molto d’accordo».

Tra Alaphilippe e Cosnefroy una volata difficile, in cui la freschezza ha fatto la differenza
Tra Alaphilippe e Cosnefroy una volata difficile, in cui la freschezza ha fatto la differenza

Attacco da lontano

Per Julian il rientro alle corse non è stato semplice. Perciò, volendo evitare il confronto diretto con quelli più in forma, ha provato da lontano. 

«Il percorso offriva possibilità di muoversi da lontano – ha detto – quindi siamo andati subito a tutta. Purtroppo alla fine, dopo ogni rilancio sentivo che il crampo non era lontano. Benoit (Cosnefroy, ndr) invece era sempre lì ed è stato semplicemente il più forte. E’ stato già tanto poterlo seguire».

Prima vittoria WorldTour per Cosnefroy e la gioia sul volto
Prima vittoria WorldTour per Cosnefroy e la gioia sul volto

Voeckler prende nota

Il più contento di tutti è parso Thomas Voeckler, il selezionatore della Francia che per Tokyo aveva dovuto fare i conti con il rifiuto inatteso e spiacevole di Alaphilippe. Oltre ad Alaphilippe, Laporte, Senechal e Turgis, il nome di Cosnefroy è un altro da aggiungere alla lista dei corridori per il mondiale: manca più di un mese, ma alla Ag2R Citroen garantiscono che il ragazzo non avrà problemi per tenere la forma. E intanto Alaphilippe sornione fa i conti della sua condizione e annuncia che andrà a rifinirla al Tour of Britain (5-12 settembre). Il solito sorriso da moschettiere del re, ma un’altra sconfitta da masticare fino alla prossima corsa.

E se l’erede di Bardet e Pinot fosse Paret-Peintre?

22.07.2021
4 min
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Aurelien Paret-Peintre. Se fossimo stati in un altro Tour de France o in un’altra era, questo nome avrebbe avuto molta più risonanza. E sì perché un giovane che arriva 15° nella generale della Gran Boucle non è cosa da poco. Invece siamo nell’era del dominio dei “bimbi fenomeni”. Evenepoel, Pogacar, Bernal, Vingegaard e Paret-Peintre è arrivato “solo” quarto nella speciale classifica riservata agli U26. Davanti a lui appunto la maglia gialla, il danese e Gaudu.

Sulle Alpi tanto tifo per Paret-Peintre
Sulle Alpi tanto tifo per Paret-Peintre

Scalatore filiforme

Cerchiamo però di conoscerlo meglio. Si tratta di un ragazzo francese, classe 1995. Nato ad Annemasse a due passi dal confine svizzero, corre nell’Ag2R Citroen. E’ un corridore completo, uno scalatore di “nuovo stampo” cioè alto e magrissimo. Pensate: è 184 centimetri per appena 64 chili.

In casa sua il ciclismo è una passione potente. Il fratello Valentin (21 anni), il prossimo anno lo raggiungerà alla Ag2R Citroen e anche la sorella Maeva (20 anni) corre in bici.

Per gran parte della Grande Boucle è stato anche terzo nella classifica per la maglia bianca, salvo che David Gaudu, uno dei suoi rivali storici con cui si divideva le gare juniores di mezza Francia, non ha azzeccato la fuga verso Saint Gaudens. Quel giorno il gruppo se la prese comoda e Paret-Peintre incassò 14′ dal collega della Groupama-Fdj.

La crono è un aspetto che deve migliorare. In questo Tour è stato 52° nella prima e 36° nella seconda.
La crono è un aspetto che deve migliorare. In questo Tour è stato 52° nella prima e 36° nella seconda.

L’eredità di Bardet e Pinot

Lo scorso anno concluse il suo primo grande Giro proprio da noi. A Milano fu 16° e la corsa rosa finita in autunno inoltrato gli ha consentito di partire forte, tanto da vincere la sua prima gara in carriera tra i pro’, il Gp La Marseillaise. Che tra l’altro era anche la prima della stagione.

«Il mio obiettivo – ha detto Paret-Peintre – è quello di continuare a migliorare, sempre. L’anno scorso ho chiuso il Giro d’Italia a 45′ dalla maglia rosa, adesso il Tour a meno 40′ da quella gialla. In Francia ci sono dei buoni corridori giovani, noi possiamo raccogliere l’eredità di Bardet e Pinot». In tal senso, una cosa a favore di Paret-Peintre è la tenuta sotto pressione. Lui stesso ha dichiarato a Le Figaro che è un ruolo che gli piace. Che non è facile gestirla, ma è necessario se si vuol diventare un leader.

Una delle cose del Tour che più ha colpito Paret-Peintre è stato il nervosismo in gruppo
Una delle cose del Tour che più ha colpito Paret-Peintre è stato il nervosismo in gruppo

Il primo Tour

Per Aurelien, come detto, si trattava del primo Tour. «In tanti – racconta Paret-Peintre – mi dicevano che era diverso sia dalla Vuelta che dal Giro – ma non credevo così tanto. Un nervosismo incredibile in gara. Ero testo. In qualche occasione sono anche riuscito ad andare in fuga e questo era l’obiettivo.

«Avrei voluto vincere una tappa ma non è stato facile. Nella terza settimana poi c’erano davvero poche possibilità. Se pensiamo che una squadra come la Ineos non aveva ancora vinto mi ero immaginato (come poi è stato, ndr) che avrebbero provato a controllare la corsa per Carapaz. E quando è così l’unica speranza è quella di avere le gambe per restare davanti».

Ottima prestazione a Le Grand Bornand, settimo
Ottima prestazione a Le Grand Bornand, settimo

Già si guarda al fututo

«Come archivio il mio Tour? Ci sono state alcune cose molto buone ed altre meno – ha detto il corridore della Ag2R Citroen a Cyclisme Actu – come l’aver sofferto un po’ troppo nella terza settimana. Però è importante fare certe gare per trovare i giusti automatismi. E alla fine arrivare sugli Champs-Elysees è stata una grande soddisfazione».

Aurelien è ambizioso e parla con le idee chiare. Come detto vuol continuare a crescere. Sa che non è un fuoriclasse come i primi due di Parigi, tanto per intenderci, ma sa che può fare bene. E soprattutto ha voglia. E che dovrà lavorare tanto e arrivarci passo dopo passo. Prima del Tour per esempio era stato quasi un mese in altura con Jungles e O’Connor. E tornando al discorso delle idee chiare sapete cosa aveva detto a FranceInfo prima del Tour?

«Una top dieci sarebbe la ciliegina sulla torta ma è quasi impossibile, ma una top 15 sarebbe un qualcosa già di molto interessante». Quando si dice un cecchino!