Che speranze può avere Dumoulin contro il Van Aert del Tour?

18.07.2021
6 min
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A questo punto, dopo la prestazione di Van Aert nella crono di ieri al Tour de France e guardando al derby olimpico Jumbo Visma – con la sfida transnazionale fra Roglic, Dumoulin e Van aert – la curiosità è scattata da sé. Pur essendo certamente un campione, come farà Tom Dumoulin ad avere speranze concrete di ben figurare alle Olimpiadi? L’olandese non ha corso da ottobre a giugno. Poi è rientrato al Giro di Svizzera (foto di apertura) e a seguire ha vinto il campionato nazionale a crono, ritirandosi invece dalla prova su strada.

Come Dennis

Il tema è interessante e ancora una volta abbiamo fatto ricorso ad Adriano Malori, dato che con lui avevamo già affrontato la vigilia della crono del Tour. E Adriano riprende un concetto di cui avevamo già parlato quando venne fuori che Dumoulin sarebbe tornato in gioco per le Olimpiadi.

«Penso che stia cercando di fare come Rohan Dennis ai mondiali dello Yorkshire – ribadisce – o come Cipollini prima di Zolder. Di sicuro aveva il problema della troppa pressione e ha scelto di volersi estraniare. Ma parliamo di una crono secca, non della penultima tappa del Tour. E di certo per allenarsi è uscito dal suo Paese, altrimenti lo avrebbero visto e ogni giorno avrebbe avuto il codazzo».

Visto a Livigno

Gli diciamo che infatti lo abbiamo incontrato a Livigno, dove ha alloggiato a Trepalle, allenandosi tanto in salita e poi lungo le gallerie per i lavori in pianura. Davide Cimolai, che abbiamo incontrato ugualmente in quello spicchio di Valtellina, ha raccontato di averlo trovato molto rilassato, al punto che l’olandese lo ha invitato per un aperitivo.

«Si è ripresentato allo Svizzera – prosegue Malori – per le sue crono dure. Nella prima è stato appena fuori dai dieci, nella crono finale è entrato nei cinque. Non ci riesci in una corsa come lo Svizzera, neanche nelle speranze più audaci, se non ti sei allenato come una bestia. Se hai la grinta, la crono secca la prepari bene anche senza correre, se hai la persona adatta che ti fa dietro moto. Non devi allenare l’esplosività. Basta una strada di strappi e riesci a replicare alla grande il lavoro che faresti in gara. In altura non avrà potuto lavorare ad altissima intensità, anche se a Livigno c’è pianura a 1.800 metri e qualcosa si può fare. Per me ha mirato l’appuntamento e sparire dai radar era il solo modo per far calare le attese».

Una foto rubata in tutta fretta a Livigno: l’olandese non ha voluto saperne di fermarsi e raccontare la sua preparazione
Una foto rubata in tutta fretta a Livigno: l’olandese non ha voluto saperne di fermarsi e raccontare la sua preparazione

Tutto studiato

A questo si aggiunge il fatto che Dumoulin sia un cronoman coi fiocchi, già campione del mondo nel 2017 a Bergen, non un ragazzino alle prime armi.

«Credo che si sia trattato di una pausa pilotata – dice – per allenarsi con tranquillità verso un grande obiettivo. Qualcosa di cui erano al corrente la squadra e anche la federazione, come dimostra il fatto che nonostante il ritiro annunciato, non lo abbiano tolto dalla selezione olimpica. Certo facendo così ha compromesso la stagione e non mi meraviglierei se poi smettesse davvero. Oppure in caso di un grande risultato, potrebbe trovare lo stimolo per continuare».

Ai mondiali di Bergen del 2017, l’olandese conquistò la maglia iridata a crono
Ai mondiali di Bergen del 2017, l’olandese conquistò la maglia iridata a crono

Sul terzo gradino

Però resta aperto il discorso sulla differenza di condizione che potrebbero avere i corridori reduci dal Tour. Il percorso di Tokyo è duro e non fa sconti.

«Se si è allenato bene – dice – non ha niente meno di chi esce dal Tour. Per vincere una crono come quella non serve essere forti nelle ripartenze dalle curve. Il caldo non influirà molto. Credo che comunque il favorito numero uno sia Van Aert per quello che ha fatto vedere. C’è salita e c’è tanta discesa, che potrebbe permettere a Ganna di recuperare, mentre in salita soffrirà. Pippo ha preparato la pista che ti dà tanta brillantezza, mentre a Tokyo si tratterà di mantenere un ritmo elevato su un percorso tutt’altro che regolare. Devi essere più fluido possibile. In più Pippo pesa 15 chili più di Van Aert e mentre lui era a Montichiari, Wout spianava le Alpi. Dumoulin potrebbe arrivare terzo, giusto dopo di loro».

Quinto nella seconda crono del Giro di Svizzera, vinta da Uran su Alaphilippe: il risultato ha riacceso le speranze
Quinto nella seconda crono del Giro di Svizzera, vinta da Uran su Alaphilippe: il risultato ha riacceso le speranze

Troppo dura

Una nota sul percorso Adriano ci tiene a farla. «E’ una crono bella tosta – dice – sembra Rio e francamente non riesco a capire perché le disegnino così. La crono è velocità, qui invece la media sarà bassa. Per questo credo che se terrà la concentrazione, potrebbe essere una crono per Pogacar, mentre Roglic va osservato, ma non ho grandi certezze su di lui. Di sicuro si userà la bici da crono, magari montando davanti una ruota più leggera, profilo da 50 piuttosto che da 90, anche se per questo bisognerà vedere come sono fatte le curve. E per i rapporti, il più agile potrebbe essere un 42×27 in modo da poter usare agevolmente il 58×25».

E qui il tono cala e il ricordo va indietro.

«Sembra di rivivere la vigilia di Rio – dice a bassa voce – quando andammo con Cassani a provare il percorso. Poi sarei dovuto tornare in Italia, non c’era in programma di fare il Tour de San Luis. Invece lo proposi a Unzue e volai laggiù, dove tutto è finito. Sono passato dalle speranze e dal sogno di una medaglia per me a descrivere quelle degli altri. Possiamo farci ben poco, meglio riderci sopra. La vita tanto va avanti lo stesso».

Ultima crono, Pogacar sicuro, gli altri no. Parla Malori

16.07.2021
5 min
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Domani si giocheranno il Tour a crono, anche se in realtà da giocarsi ci saranno la tappa e il resto del podio fra Vingegaard e Carapaz, poiché Pogacar là davanti ha poco da temere. Se infatti fra lo sloveno e il danese ci sono 5’45” incolmabili, fra il danese e l’ecuadoriano della Ineos ballano appena 6 secondi e a ben guardare il vero motivo di interesse sarà in questa sfida.

Quando si parla di crono, non c’è nome che tenga: un passaggio con Adriano Malori è il modo migliore per vederci più chiaro. Oltre ad essere stato uno dei migliori specialisti mondiali fino al dannato incidente del 2016, l’emiliano è attentissimo a ciò che si muove sotto il cielo del professionismo.

«E secondo me – dice – domani per la crono sarà un affare tra Pogacar e Van Aert. Ci sarebbe Kung, ma l’ho visto staccarsi in pianura il giorno che ha vinto Politt. Magari mi smentisce, ma non mi ha dato grandi sensazioni. In una crono di fine Tour non conta essere specialisti, ma aver recuperato bene. Pogacar in questo senso mi sembra il più fresco di tutti, mentre Van Aert lo vedo che si stacca sempre prima dei finali. Fa così dalla vittoria sul Ventoux, viene da pensare che non pensi ad altro che alla crono».

Nella prima crono del Tour, Vingegaard è stato 3° a 27″ da Pogacar
Nella prima crono del Tour, Vingegaard è stato 3° a 27″ da Pogacar
Se è un fatto di recupero, Pogacar ha già vinto…

La cosa incredibile è che sembra che giochi. Due giorni fa in salita ha allungato con due pedalate, ha una facilità che gli altri non hanno. Vingegaard non può insidiarlo per la tappa, almeno una ventina di secondi glieli concede. Gli unici che potevano metterlo in difficoltà sarebbero stati Roglic e Thomas. Ma Thomas non va. Tanti in passato sono caduti, poi però essendo in condizione, sono tornati su. Lui non si è mai ripreso, non credo stia così bene.

E’ una crono veloce di 30,8 chilometri.

La crono perfetta per Malori e Ganna (sorride, ndr). Sono curioso di vedere come se la caveranno i non specialisti.

Fra Carapaz e Vingegaard?

Bisognerebbe dire Carapaz che in teoria nella terza settimana ha più esperienza e recupera meglio, ma a vederli in salita in questi giorni, non ne sarei tanto sicuro.

Nella prima crono di 27,2 chilometri, Carapaz è finito a 1’44” da Pogacar
Nella prima crono di 27,2 chilometri, Carapaz è finito a 1’44” da Pogacar
Sei secondi li guadagni o li perdi anche grazie alla bici…

Ormai le bici sono come le auto. C’è sempre chi scopre qualcosa in più, ma è questione di tempo e arrivano anche gli altri. E’ come chiedere se sia meglio Audi o Mercedes. I livelli sono quelli, non so se Pinarello abbia fatto per Carapaz la stessa personalizzazione che ha fatto per Ganna. Parlando di pochi secondi, quella potrebbe essere una differenza interessante.

Ruote, rapporti… tutto come sempre?

Sì, non cambia niente. L’unica variabile di cui tenere conto anche nella scelta dei componenti è il vento. Che è determinante su due fronti. Quello della bici e quello della disidratazione. Se è frontale, rallenta gli atleti più grandi, per cui Vingegaard, che è più piccolo di Pogacar ma più o meno spinge gli stessi watt, potrebbe essere avvantaggiato. Mentre diventa causa di disidratazione, per cui è tassativo correre con la borraccia.

A Laval, Van Aert è arrivato 4° a 30″ da Pogacar
A Laval, Van Aert è arrivato 4° a 30″ da Pogacar
Come ci si scalda?

Altro fronte caldo, va fatto bene. La mattina, provando il percorso scioglierei le gambe dietro macchina. Poi al momento giusto farei 30 minuti di rulli con qualche progressione, senza esagerare. Il fisico è così stanco e i muscoli avranno memoria della tappa di oggi, che si scalderanno con un niente.

A causa di cosa Pogacar potrebbe perdere il Tour?

Di nulla, impossibile. Neanche una giornata stortissima ti fa perdere 5’45” in una cronometro. L’unico corridore che poteva contendere il Tour a Pogacar era Roglic, ma non alla fine. A questo punto sarebbe stato impossibile anche rivedere il film del 2020 a parti invertite. Roglic aveva meno vantaggio e non aveva dimostrato la stessa superiorità.

La caduta non ci voleva…

In un Tour in cui si va a 70 all’ora a 10 centimetri uno dall’altro, i freni a disco sono una condanna. I tempi di reazione sono diversi, basta che quello davanti sfiori il freno e gli finisci sopra. Non c’è margine di errore. In più è caduto nel giorno sbagliato, perché ritrovarsi a fare la crono con il body e la posizione aerodinamica deve essere stato tremendo. Per questo è un rischio puntare tutto su una sola corsa come ha fatto Roglic.

Kung nella prima crono è stato 2° a 19″ da Pogacar
Kung nella prima crono è stato 2° a 19″ da Pogacar
Il rischio di caduta va messo in conto?

Per forza, io non avrei mai fatto la scelta di Roglic. Passi settimane e settimane a pensare allo stesso obiettivo, che a un certo punto diventa quasi un’ossessione. E se cadi e vedi sfuggire tutto quello per cui hai lavorato, la testa se ne va. Ha fatto bene a ritirarsi e riprogrammarsi per le Olimpiadi e semmai la Vuelta. Gli sloveni sono freddi. Chiunque avesse preso la mazzata che ha preso lui l’anno scorso, avrebbe bevuto venti litri di birra e sarebbe sparito. Lui invece si è rimesso sotto, si è presentato bene ai mondiali, ha vinto la Liegi e poi la Vuelta. Pogacar ha fatto meglio.

Cioè?

Ha fatto come Roglic l’anno scorso, vincendo e preparandosi, arrivando al Tour con un bel bottino. Per me ha sbagliato solo ad andare al Giro di Slovenia, un rischio di troppo, ma a 22 anni la bici gli scappa di sotto. E poi lo vedete cosa fa? Arriva in cima a una montagna, con il vento e la pioggia, e si mette sui rulli senza neanche cambiarsi la maglia. Puoi farlo a 20 anni, dopo diventa più complicato…

Malori su Ganna: «Sembrava di vedere Nibali in discesa»

09.05.2021
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Eravamo d’accordo da qualche giorno. La sera della crono ci sentiamo e ci dici cosa te ne è parso. Con Malori avevamo già parlato di Ganna e le sue crono, perciò aveva detto di sì. Così ieri sera, finito di lavorare ai pezzi del giorno, ci siamo attaccati al telefono. Adriano era a casa, con i postumi fastidiosi del vaccino e sua figlia che lo fa diventare matto. Ma per la crono la casa si è fermata.

«Il percorso era molto bello e molto veloce – dice Malori – viste le medie che sono saltate fuori (Ganna ha vinto a 58,748 km/h, ndr). Quando ci sono queste condizioni, con Pippo non c’è storia. Ha avuto una gestione perfetta. Ha dato gas QB, quando basta, fin dove serviva, cioè fino a tutto il falsopiano in cui un po’ tirava, poi alla fine ha aperto tutto e il distacco ad Affini l’ha dato negli ultimi 2 chilometri. Una volta forse si poteva attaccarlo per come guidava, adesso invece è migliorato tantissimo. Per le traiettorie che faceva, è sembrato di vedere Nibali in discesa. Ma a proposito di traiettorie…».

Secondo Malori, Ganna ha anche mostrato grandissime qualità di guida
Ganna ha anche mostrato grandissime qualità di guida
Cosa?

Vi siete accorti che fra gli uomini di classifica non c’è più la minima attenzione alla traiettoria? Gli specialisti cercavano di fare meno strada possibile, tagliando le curve. Mentre i capitani pedalavano costantemente a centro strada, prendevano le curve senza impostarle e alla fine della crono hanno fatto dei metri in più.

Tanto da veder crescere il passivo?

Certo non di minuti, ma anche fossero solo 10 secondi in una crono di 9 chilometri, pochi non sono…

Secondo te che cosa ha pensato Affini quando è arrivato Ganna?

Lo stesso che ho pensato tante volte anche io. Chiunque oggi voglia andare contro Ganna, sa che le possibilità di batterlo sono minime. Come quando mi toccava sfidare Cancellara o Tony Martin. Affini si è tolto il cappello, ma non era troppo dispiaciuto.

Il finale di Ganna era prevedibile?

Prevedibile non so, ma di certo è una sua caratteristica. Ha saputo cambiare ritmo, dando l’ultimo quarto di gas dove sapeva di poter fare la differenza. In pratica è andato per tutta la crono al 99 e cento e poi alla fine ha dato il 110.

E’ parso anche avere quale rpm più degli altri?

Di sicuro girava più rapido, ma non perché avesse rapporti più agili. Probabilmente faceva girare più rapidamente lo stesso rapporto massimo che aveva Affini. 

E di Evenepoel cosa ti è sembrato?

Sono ancora sbalordito! La crono è il regno della forza, del fuori soglia, dell’abitudine alla fatica. E lui dopo 9 mesi che non corre fa una crono in linea con Cavagna che la settimana scorsa ha vinto il Giro di Romandia.

Per Remco Evenepoel il 7° posto a 19 secondi da Ganna: sorprendente, dice Malori
Per Remco Evenepoel il 7° posto a 19 secondi da Ganna
Significa che è forte davvero?

Che fosse forte lo aveva già fatto vedere, ma non credo che possa fare il podio del Giro. Se così invece fosse, sarebbe come guardare Alien.

Cosa hai pensato vedendo il pubblico sulle strade?

Che se si permette a 30mila persone di ritrovarsi in una piazza a Milano per festeggiare lo scudetto, allora bisogna permettere al pubblico del Giro d’Italia di seguire la corsa dalla strada. E comunque ci ho fatto caso. Avevano tutti la mascherina, nessuno si abbracciava, nessuno si è sognato di fare le cose di Piazza Duomo a Milano. Evviva il pubblico del ciclismo.

Froome e la crono: caro Malori, come lo vedi?

15.04.2021
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Adriano Malori e la sua passione per il posizionamento e le crono sono ancora una volta al nostro fianco per cercare di… leggere il nuovo Froome, ancora sotto traccia e piuttosto misterioso. C’erano tanti punti di domanda sulla sua possibilità di ritornare ai vertici, perché l’incidente è stato indubbiamente serio. Ma altra curiosità era legata ai nuovi materiali, per capire se sia semplice lasciarsi alle spalle anni di personalizzazione estrema con Pinarello e la struttura Ineos. E mentre fonti della Israel Start-Up Nation fanno sapere che la bici da strada è a posto e per il britannico si sta lavorando a una nuova Factor da crono per il Tour, questo confronto è un modo molto interessante per ingannare l’attesa e capire su cosa si stia eventualmente lavorando.

Un po’ di fotografie

Perciò abbiamo mandato ad Adriano alcune foto. Prima del Froome 2016 che vinceva l’ultima crono alla Vuelta e poi della recente Volta a Catalunya e gli abbiamo lasciato il microfono.

«La prima cosa da dire prima di partire – annota giustamente Adriano – è che nelle due foto c’è una differenza sostanziale legata proprio a Froome. Nella foto del 2016 è magro e tonico, nella attuale si vede che il peso non è ancora quello per vincere e di conseguenza anche la posizione sembra viziata».

Così Chris Froome nella cronometro individuale della Volta a Catalunya del 23 marzo
Così Froome alla Volta a Catalunya il 23 marzo
Il 9 settembre 2016 vince la crono di Calpe alla Vuelta Espana
Il 9 settembre 2016 vince la crono di Calpe alla Vuelta

Il manubrio

L’osservazione va avanti partendo dalla bici attuale, una Factor Slick con il tubo obliquo della serie Twin Vane EVO e i foderi schiacciati che creano una sorta di protezione aerodinamica attorno alla ruota posteriore. Il manubrio si chiama 51 Speedshop ed è composto da una serie di elementi regolabili per il raggiungimento della posizione. Ma il nodo da sciogliere è se sia possibile riportare le misure fra una bici da crono e la successiva.

«No – dice subito Malori – non riesci ed è proprio il manubrio a fare la maggior differenza. Fra un Deda e un Itm, per fare i primi due nomi che mi vengono in mente e che non sono coinvolti nel discorso, ci sono delle differenze non conciliabili. E proprio guardando la foto di quest’anno, si nota che Chris ha i polsi iper estesi nel prendere le protesi, segno che non sono adatte al suo modo di impugnarle, mentre il manubrio di Pinarello lo è di sicuro. Come lo hanno fatto su misura per Wiggins e ora per Ganna, di certo era su misura anche per Froome. Proprio questo mi fa pensare che ci sia allo studio una bici fatta proprio per lui. Un corridore così lo richiede».

Malori
Adriano Malori oggi si dedica a preparazione e posizionamento nel suo studio 58×11
Malori
Malori si dedica a preparazione e posizionamento nel suo studio 58×11

Troppo basso

Questa considerazione fa pensare che ogni crono dal debutto al Tour sarà per Froome una sorta di banco di prova tecnico per fornire agli ingegneri di Factor tutte le indicazioni per costruire la nuova bici.

«Rispetto al 2016 – dice Malori – quest’anno è più avanzato e più basso. E siccome, cosa che abbiamo già detto parlando di Ganna, nelle crono conta più essere stretti che bassi, questa posizione mi lascia qualche punto interrogativo. Consideriamo anche il fatto che Froome ha una cassa toracica molto capiente, per cui questa posizione gli impedisce di respirare bene. L’angolo fra il quadricipite e il bacino è troppo chiuso. Altro motivo per pensare che siamo davanti a una posizione provvisoria e che prima del Tour gli daranno materiale diverso perché fin qui sembra che sia lui ad adattarsi alla bici e non il contrario».

Scodelle avanti

Altra sensazione, guardando le foto, è che la stessa bici abbia misure diverse. Froome è certamente più avanti, ma pare che la distanza fra sella e appoggio sul manubrio sia superiore oggi rispetto al passato.

«Servirebbe misurarle – sorride Adriano – però una sensazione simile ti assale e ci sarebbe da considerare semmai se il manubrio di Pinarello sia più arretrato. Di certo in entrambi i casi, le scodelle sono troppo avanti rispetto agli avambracci, a norma dovrebbero essere ancora più vicine al gomito, ma questo dipende anche dalle abitudini del corridore. Su Factor, anche per l’inclinazione del manubrio, l’angolo tra l’avambraccio e il bicipite è più chiuso, mentre il manubrio di Pinarello è più alto. La conseguenza è quella che dicevamo prima, cioè la posizione molto bassa in relazione alla sua cassa toracica».

Ad ora il manubrio utilizzato da Froome è il 51 Speedshop Mono-Riser Aerobar
Ad ora il manubrio utilizzato da Froome è il 51 Speedshop Mono-Riser Aerobar

Occhi aperti

L’ultima annotazione riguarda il casco, con l’attenuante che magari nel momento della scatto Froome stesse guardando verso il basso e non in avanti come invece è chiaro nella foto del 2016.

«Quella forma – dice Malori – ha la punta che guarda in alto e non va bene. Si nota che nella foto su Pinarello, il casco è in linea con il gruppo spalle-collo. Comunque sono curioso di sapere a cosa stiano lavorando. Da qui al Tour c’è ancora una vita. Basterà osservarlo a partire dal Romandia, che avrà un prologo e una cronometro finale e di sicuro al Delfinato, che ha la crono e dovrebbe essere l’ultima corsa prima del Tour».

Malori studia Ganna: prendiamo appunti…

11.02.2021
5 min
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Da un fuoriclasse della crono all’altro, immaginiamo di sfogliare le foto di Ganna con Adriano Malori, che di cronometro e posizionamento in sella ne sa ormai parecchio (il suo 58×11.it è ormai un riferimento). E qualche giorno fa ha mandato al campione del mondo un messaggio, dopo la vittoria nella cronometro all’Etoile de Besseges, il cui contenuto sveleremo poi…

La testa incassata nelle spalle chiude il buco fra le mani e la faccia
La testa incassata nelle spalle chiude il buco fra le mani e la faccia
Cosa si può dire dell’assetto di Ganna sulla Bolide?

E’ una posizione che conosco a memoria. E’ lampante il fatto che la bici sia costruita sul suo fisico e non viceversa. Ha un bel fuorisella, il telaio è compatto e confortevole, si vede che il manubrio è su misura. La distanza tra i gomiti non è troppo larga e i tubi delle protesi corrono lungo gli avambracci. Da applausi.

La bici costruita su di lui?

Il tronco è parallelo alla strada e fra il tricipite e il busto c’è un angolo retto, perfetto per comfort e aerodinamica. Si vede che le misure della bici sono state riportate sulle sue. Io avevo materiale diverso, con attacco e manubrio standard cui dovevo adattarmi. Il manubrio di Pippo guarda in su e quasi chiude lo spazio frontale. Fu un’intuizione di Rohan Dennis.

Quale?

Tenere le protesi verso l’alto, per chiudere il buco tra le mani e la faccia. La posizione di Ullrich, che aveva gli avambracci orizzontali e gli appoggi in basso, non rende più. L’aerodinamica cambia come le metodiche di allenamento. Migliorano le gallerie del vento, migliorano i sensori e migliorano quelli che ci lavorano.

Cos’è quella polvere bianche che ha sulle mani?

Una sostanza tipo gesso, che impedisce alle mani di scivolare quando sono sudate. Come vedete, Ganna non usa i guanti e nemmeno il nastro manubrio.

La posizione del collo è perfetta ed è certamente frutto di lavoro specifico
La posizione del collo è certamente frutto di lavoro specifico
Sulla bici da crono si deve essere comodi?

Nel 2014 andai a Silverstone, nella galleria del vento di Mercedes Amg, quella in cui testano i modellini. Lì lavora Simon Smart, l’ingegnere che ha progettato le ruote Enve. In quel posto erano passati tutti i più forti di allora, per cui avevano un bel quadro d’insieme. E lui mi ha alzato le protesi e sistemato gli appoggi in modo che riuscissi a tenere la testa più incassata. Poi mi disse la famosa frase per cui «in aerodinamica conta essere stretti, non bassi». E aggiunse che il miglioramento in galleria sarebbe stato minimo, ma che messo così ero in una posizione più confortevole e sarei riuscito a spingere meglio.

Ebbe ragione lui?

Dopo una settimana vinsi la crono della Tirreno a San Benedetto del Tronto, battendo Cancellara, Wiggins, Martin, Dumoulin e Dowsett.

Bici costruita su di lui, ma lo stesso per starci comodi serve una bella elasticità, giusto?

Soprattutto della schiena. Io ad esempio iniziai a fare stretching, che fu una parte importante della mia crescita. Sempre per i consigli di Smart, dovevo allenarmi a stare in posizione ogni volta che salivo sulla bici da crono, anche se andavo piano. In questo modo in gara ti viene automatico incassare la testa nelle spalle e non sprechi energie pensando alla posizione. In una crono ci sono milioni di fattori da tenere in considerazione. Le curve. Le buche. Il vento. Quanto spingi. Non devi avere anche il pensiero di mantenere l’assetto. Ma Filippo su queste cose lavora da sempre, lo vedi che si è costruito per tenere quella posizione sin da ragazzino, sin dalla pista.

Senza guanti e senza nastro sul manubrio realizzato su misura
Senza guanti e senza nastro sul manubrio su misura
Esatto, diciamo che non è un lavoro di pochi mesi…

Faccio l’esempio di Hamilton in Formula Uno. E’ il migliore in mano ai migliori. Si deve riconoscere gran parte del merito al gruppo di lavoro di Sky, oggi Ineos. Da quando è andato lì c’è stato un cambio di motore. Anche per il mio secondo posto di Richmond nel 2015 una grossa componente la si deve alla squadra, la Movistar.

Tornando alle foto, è davvero bello vedere come un atleta così grande abbia una simile efficienza aerodinamica…

In pianura o comunque ad alta velocità, il peso non è influente come in salita. Un cronoman piccolo, come ad esempio Castroviejo, può essere il più aerodinamico al mondo, ma non avrà mai la potenza di Ganna. Non esiste posizione che possa colmare una differenza di 80 watt. Però a questo punto mi piacerebbe fare una precisazione…

Secondo Malori, va bene che ci sia qualche salita nella crono, ma non che si debba cambiare bici
Va bene qualche salita, ma non da cambiare bici
Si accomodi…

Va bene che in una crono ci sia qualche salita. Ma vedere il ciclista che cambia la bici perché c’è l’arrivo in salita, per me è una boiata. Detto questo, il vero specialista deve abituarsi a usare la bici da crono anche in salita, perché è comunque dimostrabile che se non scendi sotto i 36 di media, hai ancora vantaggi a usarla. Se il percorso è veloce, la bici aerodinamica ti garantisce un aumento della velocità esponenziale rispetto ai vantaggi di una bici leggera in salita.

La foto laterale di Pippo fa sembrare sciolta anche la posizione del collo.

Riesce a tenere il busto parallelo alla strada e il collo è incassato a guardare in avanti. Ovvio che si tratti di una posizione innaturale, ma anche quello si allena, con i giusti esercizi di stretching. Al riguardo credo che anche il casco sia fatto su misura, come già Kask fece per Wiggins. C’è solo un difetto nel Ganna a crono di quest’anno, lo so che sembra brutto dirlo, ma nessuno è perfetto e ho dovuto proprio scrivergli quel messaggio…

Che cosa gli hai scritto?

Che la bici dorata del Giro era bellissima, mentre quella nera non gli si addice. A me piacciono i colori… ignoranti e quell’oro era splendido. Pippo si merita una fuoriserie. E’ grandissimo, ma è sempre rimasto umile. E spero davvero che rimanga così.

Una risata di cuore, l’appuntamento alla prossima volta. E la sensazione di un’esperienza vastissima che meriterebbe ben altra valorizzazione.

Adriano Malori, figlia Elettra 2020

La storia di Adriano è una lezione di vita

25.12.2020
8 min
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«Dalla mia storia – dice Adriano Malori – ho imparato che la base della vita sono le motivazioni. Una settimana ero in Brasile a provare il percorso delle Olimpiadi, quella dopo ero steso in un letto d’ospedale più morto che vivo. Eppure quando ero lì e mi imboccavano, pensavo alla bici. Poi al lavoro e costruirmi una vita. I problemi, i pensieri e i dolori faranno sempre parte di me come l’aspetto fisico. Ma per come si era messa, le cose vanno oltre ogni più rosea aspettativa».

Sorriso e potenza

Un metro e 82, 68 chili. Salute, sorriso e potenza. Il mondiale crono da under 23 e l’argento a Richmond fra i grandi, negli anni in cui i commissari tecnici non sapevano dove metter mano e si affidavano (e si affidano ancora) a Marco Velo.

«Un giorno Bettini – Malori sorride – ebbe l’umiltà di entrare nella stanza che dividevo con Pinotti e chiese consiglio proprio a Marco, nominandolo scherzando tecnico federale sul campo. Ci chiese che cosa dovesse fare e lo raccontò anche ai giornali. Paolo era l’uomo giusto per la nazionale. Non aveva problemi ad ammettere pubblicamente che non sapeva molto di certe cose».

San Luis, il 22 gennaio

Ci sono storie che ti restano addosso più di altre. Quella di Adriano Malori è una ferita che ci portiamo dentro dal giorno di San Luis, quando ci ritrovammo in pochi fuori dal piccolo ospedale. Senza dire una parola.

Una buca, tutto stava per finire a causa di una stupida buca.

«Fu per colpa mia – dice – si vede che era arrivato il mio momento. Il destino. Con mia moglie siamo appassionati di motociclismo e parlavamo proprio di questo. Avete visto cosa è successo ad agosto nel Gp d’Austria, quando Morbidelli si è toccato con Zarco e la sua moto è volata davanti a Rossi? Non lo ha preso per pochi centimetri. Si vede che non era il suo giorno…».

Il suo venne invece il 22 gennaio del 2016, nel corso della quinta tappa del Tour de San Luis, da Renca a Juana Koslay. Una buca. Le mani non troppo salde sul manubrio. La caduta. E il coma. Ma come tutti i corridori, Adriano Malori da Traversetolo – Parma – trovò il modo di rialzarsi e ripartire. Prima da atleta e poi da uomo.

Adriano Malori, Natale 2020
Uscita in bici alla vigilia di Natale, regalo provvidenziale (foto Instagram)
Adriano Malori, Natale 2020
Uscita in bici alla vigilia di Natale (foto Instagram)

Due birre e stop

Il discorso va avanti a strappi, come succede quando non ci si sente da tempo e ogni frase diventa l’aggancio per domande spesso scollegate, che colmano buchi e sciolgono nodi. La sua piattaforma di preparazione 58×11 e il suo centro di Basilicanova sono diventati un riferimento nell’affollato mondo dei preparatori.

«Ero alla Vuelta Castilla y Leon – racconta Malori – dopo la prima tappa che non riuscii a finire. Mi sedetti a Ponferrada, bevvi un paio di birre e presi la decisione. Avrei smesso. Ero già stato un kamikaze a tornare. Il neurologo che mi aveva in cura a Pamplona disse che se fossi caduto ancora e avessi battuto la testa, probabilmente non mi sarei più ripreso. Chiamai Zabala, che ai tempi era il preparatori della Movistar e mi era già stato tanto vicino. Gli chiesi di insegnarmi il mestiere e grazie a lui andai a un congresso di preparatori a Dusseldorf. Poi lo raggiunsi per tre settimane ad Alicante per imparare l’aspetto pratico del lavoro. E decisi che avrei intrapreso quel tipo di percorso».

Grazie Movistar

A volte la realtà è più dura. La Federazione dichiarò che si sarebbe presa a cuore questo suo figlio sfortunato che aveva conquistato l’argento nella crono ai mondiali 2015, come non succedeva dal 1994. Qualcuno propose di coinvolgerlo nella struttura tecnica per seguire le crono e non sciupare l’enorme esperienza. Ma esaurita la fase dei riflettori, come spesso accade, la proposta si sgonfiò.

«In tutta questa storia – dice – devo essere grato soprattutto alla Movistar, che mi è stata accanto sino all’ultimo senza pretendere neppure un titolo di giornale. Quando si trattò di riportarmi in Italia dall’Argentina, noleggiando un aereo medico, la squadra chiese un aiuto al Coni e alla Federazione. Costano caro quegli aerei. E solo quando capirono che dall’Italia non avrebbero ricevuto supporto, si mosse in prima persona lo sponsor Movistar, che sborsò 180 mila euro e diede l’ordine: “Riportiamo a casa quel ragazzo!”».

Silenzio azzurro

Per questo non si è più avvicinato all’ambiente e su certi argomenti fa fatica a restare obiettivo

«Ci fu un solo ritiro e le cose andarono così male – taglia corto Malori – che alla fine mi sentii in dovere di ringraziare i ragazzi, chiamare la Federazione e dire che io a quel modo non avrei voluto lavorare. La mia idea di nazionale sarebbe passata per coinvolgere Pinotti nel preparare una crono e magari Petacchi per un mondiale che finisce in volata, ma è un parco chiuso e l’ho capito. Sto alla larga dalle corse, non dagli amici. L’anno scorso sono stato al tricolore crono con De Marchi, Bettiol e Ganna. Sento spesso i ragazzi della Movistar, Bennati e Cataldo. E alla presentazione del mio libro sono venuti anche Capecchi, Bennati e Corioni».

Adriano Malori, conferenza di addio Tour 2017, Eusebio Unzue, Andrei Amador
Il 10 luglio 2017, l’addio nel primo riposo del Tour. La commozione di Andrei Amador…
Adriano Malori, conferenza di addio Tour 2017, Eusebio Unzue, Andrei Amador
Il 10 luglio 2017 l’addio alle corse

E’ nata Elettra

Elettra è nata il 10 novembre, accompagnata dalla dedica di Adriano a sua moglie Giorgia: «Le gioie più grandi e importanti della mia vita me le hai regalate tu… Ma stavolta amore mio ti sei superata!».

Adesso la piccola è in sottofondo che piange, in una di quelle fasi dei primi mesi in cui non capisci se abbia fame oppure un dolorino e la guardi e non sa dirtelo. Benvenuto nel club dei papà…

«Siamo tutti giù di testa – sorride – ma tenerla in braccio mi fa stare bene. Il problema è che se non dormo, anche fisicamente non miglioro. Per quella caduta dovrò allenarmi per ogni giorno della mia vita. Non andrà mai a posto. Ho un danno permanente che migliora sempre più lentamente. Prima ero una Ferrari con un danno, adesso posso essere una Golf».

La sveglia alle 6

L’ematoma era molto esteso, spiega, e ha distrutto un numero altissimo di neuroni, che non si riformano.

«Per farla semplice – spiega Malori – se una persona sana ha 1.000 neuroni, io posso usarne 400. Qualsiasi funzione ne richieda troppi manda in crisi le altre. E per questo devo allenarmi. Un giorno braccia. Quello dopo gli addominali. Il terzo le gambe, con bici e rulli. La bici va bene anche per la ciclicità della pedalata che riporta l’equilibrio. Metto la sveglia alle 6, faccio gli esercizi e vado al lavoro. Gli esercizi un po’ aiutano. Dipende dalla forza delle braccia, più sono allenato e meglio è. Mia moglie scherza dicendo che anche a 50 anni avrà il marito con la tartaruga, ma non è facile. Adesso che è nata Elettra poi ho quasi paura ad andare in bici, per cui scelgo solo stradine secondarie».

Adriano Malori visita a tricolore crono 2019: Alberto Bettiol., Filippo Ganna, Alessandro De Marchi
Nel 2019, Adriano Malori in visita al tricolore crono, con Bettiol, Ganna e De Marchi
Adriano Malori visita a tricolore crono 2019: Alberto Bettiol., Filippo Ganna, Alessandro De Marchi
Nel 2019 visita al tricolore crono, con Bettiol e Ganna

Le cose belle

Le ferite peggiori sono quelle che hai dentro. E ad ascoltare i racconti, anche quelli che è meglio non scrivere per il poco che da essi traspare, senti crescere la rabbia e ti chiedi come Adriano riesca a farci quotidianamente i conti.

«Penso alle cose belle – dice anticipando la domanda – il rammarico di come è finita ci sarà sempre. E’ chiaro anche che la mia vita precedente e quella attuale si staccheranno sempre di più, ma a tenerle unite ci sarà sempre una bicicletta. Il ciclismo mi ha dato l’opportunità di vivere esperienze bellissime, conoscere persone importanti che sono state di ispirazione, girare il mondo. Quello che ho me l’ha dato la bici. Anche in questo periodo del Covid. Temevamo tutti la crisi nel lavoro, ma è andata benissimo. Prima del lockdown, la gente continuava a venire. Poi abbiamo lavorato solo su appuntamento e questo mi ha permesso anche di risparmiare sui costi. Infine, da luglio in avanti, ho avuto l’assalto. La parte online del lavoro tira tantissimo. Seguo ragazzi in Puglia, in Francia, dalla Spagna e dalla Slovenia. All’inizio venivano per il nome, avevo un’immagine forte. Non ho smesso perché ero senza squadra. Io ho fatto secondo al mondiale e poi ho avuto un incidente. Ora invece vengono perché si trovano bene. Se passate, fate uno squillo, così ci mangiamo insieme un piatto di tagliatelle e vi faccio vedere. Quanto ad Adriano, all’uomo che sono… Ho una donna bellissima con cui sto da Dio e una figlia. Volete che vi dica una cosa? La mia vita prima era da 4, adesso è da 9 e mezzo!».