Vestita di tricolore, De Laurentiis attende una chiamata

30.07.2025
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Una Ciccone in rosa? Probabilmente molti già l’hanno paragonata allo scalatore della Lidl-Trek, a cui Elena De Laurentiis (in apertura, foto Ossola) è accomunata dalla provenienza geografica abruzzese. Ma a questo punto, senza nulla togliere all’ex maglia a pois del Tour, la diciottenne di Guardiagrele (CH) meriterebbe di essere vista solamente per quel che è: uno dei riferimenti assoluti della categoria juniores, soprattutto ora che veste la maglia di campionessa d’Italia a cronometro.

Dopo essere finita terza lo scorso anno, De Laurentiis ha conquistato il titolo italiano a cronometro
Dopo essere finita terza lo scorso anno, De Laurentiis ha conquistato il titolo italiano a cronometro

Numeri un po’ sottovalutati…

Stupisce a questo punto che ancora non ci sia la fila di team alla sua porta, perché la De Laurentiis passerà di categoria il prossimo anno e il suo curriculum in questo biennio juniores è più che indicativo. Nel primo anno ha colto due vittorie mancando la Top 10 solamente due volte e cavandosela egregiamente anche in nazionale a europei e mondiali. Quest’anno vanta 15 giorni di gara con ben 4 vittorie e 7 podi: numeri da campionessa…

Elena comunque prosegue per la sua strada, senza pensare troppo alla scadenza di fine anno anche perché la sua vita non è fatta di solo ciclismo: «Studio al Liceo Scienze Umanistiche e mi dedico al ciclismo con passione, senza però perdere di vista tutto ciò che riguarda una ragazza appena maggiorenne. Il ciclismo ha sempre fatto parte della mia vita, sin da quando avevo 6 anni. Ho iniziato seguendo mio fratello, che corre anche lui. Con mio padre andavamo a vedere le sue gare ma a me a dir la verità non piaceva, poi ho detto che volevo provare anche io e non ho più smesso. Forse perché a me lo sport piace soprattutto farlo…».

L’abruzzese insieme a Roberto Capello, con cui ha condiviso la vittoria tricolore contro il tempo (fotobolgan)
L’abruzzese insieme a Roberto Capello, con cui ha condiviso la vittoria tricolore contro il tempo (fotobolgan)
Hai sempre corso su strada?

Sì, non sono passata attraverso la mountain bike anche se so che in Abruzzo è molto praticata. Ho invece fatto pista, soprattutto inseguimento individuale finendo terza per due volte ai campionati italiani da allieva. Ma ora sono una stradista al 100 per cento.

Dove ti alleni?

Nella mia zona in particolare, spingendomi fino in Val di Sangro. Posso godere di strade poco trafficate e di percorsi ideali per allenarsi soprattutto in salita. La particolarità è che ci sono pochi corridori agonisti, sono soprattutto gli amatori a percorrere queste strade.

Al suo secondo anno al Team Di Federico, dove ha colto 6 vittorie in totale
Al suo secondo anno al Team Di Federico, dove ha colto 6 vittorie in totale
E quante ragazze?

Sono la sola e non posso negare che questo inizialmente mi provocava un po’ d’imbarazzo perché spesso mi toccava sentire commenti del tipo «ma questo è uno sport per ragazzi…». Poi non ci ho fatto più caso, d’altronde ero anche abbastanza avvezza, prima di arrivare alle allieve 2° anno spesso gareggiavo contro i ragazzi e molti mi finivano dietro…

Ora poi hai indosso anche la maglia di campionessa d’Italia, almeno quando gareggi a cronometro…

Ci tenevo particolarmente dopo che lo scorso anno ero finita terza, sapevo che questa volta potevo centrare il bersaglio. Le cronometro mi piacciono molto e mi ci dedico con passione, già dallo scorso anno ho la bici specifica anche per gli allenamenti. E’ uno dei miei punti di forza.

Con le compagne di squadra al Trofeo Prealpi in Rosa, dov’è stata la migliore fra le juniores
Con le compagne di squadra al Trofeo Prealpi in Rosa, dov’è stata la migliore fra le juniores
Ma che tipo di ciclista pensi di essere?

Una passista-scalatrice, perché anche in salita tengo bene, anche su pendenze dure e poi mi piace molto correre all’attacco, prendendo l’iniziativa anche perché non ho un grande spunto veloce e quindi tendo a cercare di staccare tutte le avversarie e arrivare da sola. Molto mi aiutano le mie compagne del Team Di Federico, siamo un bel gruppo e mi dispiace molto che cambiando categoria dovrò lasciare il team.

Quindi potresti avere buone chance anche nelle corse a tappe…

Penso di sì, ma non posso dirlo con certezza avendo partecipato finora a poche prove simili. Devo dire che a maggio ho partecipato alle prove marchigiane, l’Internazionale Cycling Festival articolato in 3 giornate di gara finendo sempre sul podio e aggiudicandomi la classifica finale. Ho visto che ho un’ottima capacità di recupero, ma è chiaro che è un semplice test, serve molta più esperienza nel campo. Comunque ho visto che mi trovo bene.

De Laurentiis è già stata in azzurro lo scorso anno, quinta nel Team Relay europeo
De Laurentiis è già stata in azzurro lo scorso anno, quinta nel Team Relay europeo
Ti ispiri a qualcuna in particolare?

Non ho un vero e proprio modello, anche se devo dire che mi piace molto Elisa Longo Borghini, i suoi risultati mi esaltano e sono un esempio ma non solo per me. Credo che sia un’ispirazione per tutte noi che corriamo. Se potessi fare solo un decimo di quel che ha fatto…

E ora?

Ora spero di andare bene da qui alla fine dell’anno e di guadagnarmi la maglia azzurra per europei e mondiali. Magari con quel simbolo indosso e qualche risultato buono qualcuno potrebbe bussare alla mia porta…

Con Marcellusi a Marsia, primo arrivo in salita del Giro

15.04.2025
8 min
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TAGLIACOZZO – Un cartello con su scritto 20 per cento incuteva un certo timore. Ma Martin Marcellusi, pur con un bel po’ di watt impressi sui pedali, non si è lasciato intimidire. Forse anche perché, per onestà, quel 20 per cento (che si nota nella foto di apertura) era un po’ gonfiato. Ma la durezza della salita c’era tutta. Quale salita? Quella di Marsia, Tagliacozzo, sede di arrivo della settima tappa del Giro d’Italia, il prossimo 16 maggio.

Con l’atleta della VF Group-Bardiani-Faizanè, ci siamo dati appuntamento in Abruzzo per provare il finale della Castel di Sangro-Tagliacozzo. Un vero e proprio tappone appenninico: 168 chilometri e oltre 3.500 metri di dislivello.

Sopralluogo con Marcellusi

Il corridore laziale si è scaldato poco dopo il finale della salita precedente, cioè la lunga discesa che arrivava da Ovindoli, ed è partito per la scalata finale. Subito aveva un buon passo. Nonostante parlasse tranquillamente nel tratto in pianura, filava via sul filo dei 40 all’ora e in salita, pur viaggiando in Z2, era al di sopra dei 20 orari. Mentre saliva, si apriva il panorama e spiccavano le vette ancora imbiancate del gruppo del Sirente Velino.

Tutto intorno regnava il silenzio, rotto solo dalla ruspa dei lavori in corso. Quando siamo riscesi a valle, un operatore ci ha detto che stavano giusto iniziando i lavori per il Giro d’Italia. Si stima che, tra pulizia delle banchine e tratti di asfalto nuovo (di cui possiamo garantirvi c’è assoluto bisogno), la Provincia de L’Aquila abbia stanziato un milione di euro. «Sono praticamente 30 anni che questa strada non veniva toccata», ci ha detto l’operaio.

E ancora: «Ma quel ragazzo farà il Giro vero? Quella maglia l’ho già vista in tv!». Una curiosità genuina che ci ha fatto un enorme piacere.

Alla scoperta di Marsia

La Tagliacozzo-Marsia si può dividere in due grandi tronconi: quello che va dall’uscita della cittadina al Valico di Monte Bove e quello che prosegue da qui fino al traguardo, posto ai 1.425 metri di quota.

I numeri raccontano di una salita non impossibile: 12,2 chilometri al 5,7 per cento. I primi 9,5 sono al 4,6 per cento, i restanti 2,7 chilometri superano il 10 per cento, con una punta del 17 per cento.

«Per ora va bene – ci ha detto Marcellusi un paio di chilometri dopo aver iniziato la salita – ma quello che mi preoccupa è che vedo ancora tanto dislivello da fare e per ora questa strada sale poco. Quel “rosso” che mi segna il Bryton mi spaventa!».

Il riferimento era chiaramente al segmento più duro. E noi per rincarare la dose: «Martin, pensa quando Roglic o Ayuso metteranno la squadra a tirare!».

La prima parte sale veloce. Tutta tra il 4 e il 6 per cento. Non conta solo la pendenza ma anche la planimetria: è tutto un susseguirsi di curve. Non ci sono 10 metri di rettilineo. Incredibile. I primi 4 chilometri sono esposti a Ovest-Nord Ovest: se ci sarà vento contrario, potrebbe pesare.

Arrivati nei pressi di Roccacerro (7 chilometri di salita), la pendenza cala leggermente. Un ampio tornante a destra, il primo sin qui, riporta poi l’inclinazione attorno al 6 per cento. Da qui in avanti le curve diminuiscono e la strada tende a farsi più larga e lineare.

La rampa finale

A un certo punto, quando si vede troneggiare un immenso hotel in mezzo al nulla, sta per arrivare il tratto duro. Questo hotel potrebbe essere un riferimento per i “girini”. Già da lontano, sulla sinistra, si nota una rampa dritta, mentre la strada principale piega leggermente a destra verso il Valico di Monte Bove.

Alla biforcazione si tiene la sinistra. Da qui, 2,7 chilometri alla cima, cambia tutto. La pendenza aumenta di colpo: si passa dal 6 al 12 per cento in un attimo. E’ tutto rettilineo o con curve larghissime. Si sale a gradoni. Ogni tanto si tocca il 16-17 per cento, ma mai si scende sotto al 10. Anche Marcellusi, adesso, danza sui pedali.

Questo lungo rettilineo non dà respiro. Guai ad andare in acido lattico. Il prezzo potrebbe essere salatissimo. Il rettilineo si interrompe a circa un chilometro dall’arrivo con una doppia “S” dove si addolcisce leggermente la pendenza, ma si resta sempre sul 10 per cento. Poi si passa tra due sponde rialzate, tra faggi fittissimi che quando siamo andati noi iniziavano a germogliare. A quel punto la pendenza crolla e in un centinaio di metri si arriva al traguardo.

Il segmento duro. Marcellusi fa vedere come il suo computerino indichi tratti in rosso: segnale di pendenza a doppia cifra
Il segmento duro. Marcellusi fa vedere come il suo computerino indichi tratti in rosso: segnale di pendenza a doppia cifra

Parola a Marcellusi

Ma se questa è la descrizione della scalata ora urgono le sensazioni del corridore. Parola dunque a Marcellusi. Mentre si rivestiva in fretta, vista l’aria frizzantina di questo pianoro abruzzese, il corridore laziale ci ha spiegato bene cosa ha visto, sentito e capito.

Martin, questa salita viene al termine di una tappa dura. Quanto contano le posizioni nella prima parte, visto che è anche tortuosa?

Esatto, viene dopo una tappa dura e questo aumenta la sua difficoltà. Se c’è qualche uomo di classifica che ancora non è in condizione e sente di non avere la gamba dei migliori, le posizioni contano tantissimo. Essendo molto veloce, se la prendi già dietro poi è tosta risalire o peggio ancora chiudere se si dovesse creare un buco. La prima parte è davvero rapida, quindi se una squadra decide di farla a buon ritmo rimontare è difficile. Anche se non ci si stacca, si rischia di arrivare dietro all’imbocco degli ultimi 3 chilometri, che sono quelli che faranno male a tutti. Se al bivio sei dietro, potresti non riuscire più a colmare il distacco dai primi.

Cosa ti è parso della scalata a Marsia?

Le pendenze nella prima parte sono intorno al 5-6 per cento. I più forti saliranno sicuramente a 30 all’ora e più. Tornando alle posizioni, quindi, conteranno. Io oggi in alcuni tratti sono venuto su a 25-26 all’ora stando in Z2 alta, anche Z3. Ho cercato di farla a buon ritmo per avere una percezione più reale della salita. Non andavo piano, ma non andavo neanche a ritmo gara, pertanto immagino che in corsa si farà davvero forte e possa esserci selezione già in questa parte.

Cosa racconterai ai tuoi compagni di questa scalata da Tagliacozzo a Marsia?

Dirò che chi vuole arrivare quassù a giocarsi la tappa deve prenderla davanti, perché la prima parte si farà veramente forte. Scarsa pendenza, tante curve e una strada non larghissima. Quindi stare davanti e stare a ruota il più possibile fino agli ultimi tre chilometri. Da lì poi servirà la gamba. Ci sarà poco da inventare.

Nel tratto duro spariscono le curve…

Esatto. Appena inizia il tratto duro, c’è questo drittone abbastanza largo che può trarre in inganno. Essendo largo non sembra così duro, quindi magari ti sposti cercando di rimontare e, se non conosci bene la strada, rischi di restare lì. Non sai che poi continua così per altri due chilometri e mezzo.

Se dovessi fare dei nomi per questo arrivo, su chi punteresti?

E’ una salita che secondo me è adatta a Pidcock. Tom qui potrebbe dire la sua perché l’inizio è veloce. Uno come lui può stare a ruota e non faticare troppo fino agli ultimi tre chilometri. E lì sappiamo che ha una bella fucilata, specie su muri di questa durezza e durata. Poi, va da sé, va bene anche per gente come Ayuso e Roglic. I nomi sono quelli. Saranno loro a giocarsi la tappa.

A meno che non arrivi una fuga…

Eh – sospira Marcellusi – non lo so, ultimamente non arrivano più! O molto poco…

Martin, usciamo un attimo dal discorso degli uomini di classifica. Come si gestiscono gli ultimi tre chilometri?

Dipende. Se sei in difficoltà, devi cercare di non guardare i watt perché è una salita troppo dura. Non riusciresti a gestirla: sei portato a spingere forte. Devi valutare le tue forze solo in base alla distanza che manca all’arrivo. Va presa senza paura. Se invece stai bene e qualcuno la prende di petto, bisogna seguirlo e in quel caso c’è poco da calcolare. Andare a tutta e, nei limiti del possibile, lasciarsi un piccolo spazio per la volata. Però, ripeto, salite come questo finale di Marsia sono troppo dure per essere gestite.

Rispetto agli ultimi Giri, com’è questo primo arrivo in salita?

In effetti anche l’anno scorso siamo partiti con un percorso abbastanza impegnativo (si saliva ad Oropa nella seconda frazione, ndr). Ma questa è tutta una tappa tosta, non solo il finale. Già dopo sette giorni, chi ha calcolato di non arrivare al 100 per cento e di prendere la condizione in corsa potrebbe avere brutte sorprese. E’ un bel rischio. Marsia è una salita dura e potrebbe già segnare distacchi importanti.

Team Di Federico, il baluardo più a sud del ciclismo femminile

20.08.2024
7 min
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Nel secolo scorso il premio Nobel Thomas Eliot diceva che ciò che conta è il viaggio e non la meta. Una filosofia sposata più o meno consciamente dal Team Di Federico, che si distingue per l’attività esclusivamente femminile con una filiera profonda non tanto nei numeri, quanto più nel modo di vivere il suo percorso agonistico.

Ogni gara che la società abruzzese (con sede a Pescara) disputa è un avvenimento spaziotemporale. Ciclismo abbinato alla crescita personale delle proprie atlete attraverso un viaggio che non può essere uguale a quello delle colleghe, né come durata né come esperienza. Perché quante volte abbiamo detto che fare ciclismo in una determinata zona d’Italia sia particolarmente complicato? E quante volte abbiamo sostenuto che avere dei riferimenti nel movimento giovanile, specie nel femminile, sia importante? Tante volte o forse non abbastanza per entrambe le domande, però una buona parte di risposte sta provando a darle da un po’ di anni proprio la squadra gestita da Edoardo Di Federico, dal quale ci siamo fatti raccontare meglio la loro realtà.

Ai vertici con Ciabocco

Il Team Di Federico attualmente sta vivendo un comprensibile ricambio generazionale, soprattutto se contestualizzato a quelle latitudini italiane. Tuttavia ha conosciuto l’apice per tante stagioni grazie ad Eleonora Ciabocco, indiscutibilmente il miglior gioiello forgiato da loro. Tantissime vittorie della ragazza marchigiana (ben 43 nelle tre categorie giovanili), tra cui molti titoli italiani, fino al passaggio direttamente nel WorldTour alla DSM.

«Siamo ancora in contatto con Eleonora – spiega Edoardo Di Federico con soddisfazione – e ci sentiamo ogni settimana. Ci sta rendendo orgogliosi con il suo processo di crescita. Lei ha fatto la storia della nostra società. Nel 2022 ha vinto il secondo tricolore juniores consecutivo che non accadeva dai tempi di Noemi Cantele a fine anni ’90. Eleonora oltre ai risultati si è contraddistinta per le grandi qualità umane. E’ una ragazza con un’intelligenza molto sopra la media ed io sono certo che nel 2026 sarà una delle migliori in circolazione, anche se spero che già dall’anno prossimo andrà molto forte».

Restiamo sul discorso storico. Come nasce la vostra società?

Quest’anno siamo al decimo anno di attività. Gestiamo la squadra la mia compagna Silvia Trovellesi ed io, entrambi con un passato agonistico (lei tra le elite, Edoardo tra gli U23, ndr). Quest’anno per la prima volta abbiamo esordienti, allieve e juniores, mentre in precedenza facevamo due categorie a seconda delle atlete che avevamo. Tutto è iniziato però con mio padre Lucio (una vittoria al Giro Dilettanti nel ’77 e poi pro’ con Gis e Jollyceramica, ndr) che prese quattro ragazze che correvano nelle gare maschili. Col passare del tempo ci siamo voluti specializzare facendole correre solo nelle gare femminili dove avevano la possibilità di crescere meglio.

Questo ha significato spostarsi per tutta Italia per correre, giusto?

Esattamente. Per noi è diventato un bell’impegno. Quello che le altre società del Nord Italia spendono in materiali tecnici, noi lo spendiamo in trasferte. Per seguire il calendario siamo sempre costretti a partire con un giorno di anticipo, anche nel periodo scolastico che spesso è traumatico. Le nostre ragazze finiscono di studiare sul pullmino con la torcia sui libri. Facciamo sempre spostamenti da almeno 36 ore e suddividendoci tra le categorie. E’ un lavoro di organizzazione e logistica non semplice. A cavallo del Ferragosto ne abbiamo avuto un ulteriore esempio.

Racconta pure.

Siamo partiti il 13 con le juniores per correre il giorno dopo a Vittorio Veneto il Trofeo dell’Assunta. Poi alla sera nel viaggio di rientro mi sono trovato a Bologna con mio padre che mi ha portato esordienti e allieve per andare nella zona di Domodossola dove correvano il 15, mentre lui riportava a casa le juniores. Infine siamo rientrati la sera tardi per Ferragosto. Per noi è sempre così. Onestamente ci rimango un po’ male quando vicinissimo a casa nostra ci sono corse e le squadre del nord non scendono perché sono lontane, preferendo fare un weekend fermi. Peccato, perché poi si rischia di perdere quelle poche gare femminili per mancanza di partecipanti. E il movimento ne potrebbe risentire.

Come si porta avanti un sacrificio del genere?

Noi lo facciamo per passione e ancor prima per il bene delle ragazze. Abbiamo pochi sponsor che ci aiutano e che ringraziamo sempre. Per il resto ci mettiamo tanto del nostro. I conti della società non ridono mai (dice proprio sorridendo, ndr), ma ci togliamo sempre tante soddisfazioni con le nostre atlete. La nostra è una società famigliare che tuttavia è diventata un appiglio importante per le ragazze che vogliono fare ciclismo nella nostra zona e dalle regioni limitrofe. Pensate che siamo la società femminile più a sud dell’Italia. Siamo l’ultimo baluardo e per il momento non vogliamo mollare.

Vi è però mai venuta voglia di smettere?

Non nascondo che dopo gli anni di Ciabocco volevamo fermarci per poter respirare. Erano state stagioni belle soddisfacenti, ma intense nonostante il prezioso supporto della Ciclismo Insieme (società vicentina, ndr) nelle ultime stagioni. Tuttavia non ce la siamo sentita. Avevamo ragazze che stavano crescendo bene e chiudere significava lasciarle a spasso, perché sappiamo bene che nel ciclismo femminile non tutte trovano squadra o hanno voglia di spostarsi lontano da casa. Dalle nostre parti sentiamo forse un po’ di più una responsabilità sociale per chi fa ciclismo. Infatti siamo fieri dell’identità che ci riconoscono.

Come avviene il vostro reclutamento?

Attualmente non abbiamo tante atlete in Abruzzo, però ormai da qualche anno abbiamo ragazze che vengono dall’Emilia-Romagna, Toscana, oltre che Marche, Molise, Puglia o Umbria. Ci chiamano in tanti e ovviamente ci fa molto piacere, però ci teniamo subito a spiegare come funziona, proprio per la questione delle lunghe trasferte. Adesso abbiamo nove ragazze totali, tre per categoria. Per noi sono un numero giusto perché non possiamo permetterci di più, ma lavoriamo sempre sodo con loro.

De Laurentiis è una passista-scalatrice che va forte anche a crono. Farà un ritiro con la nazionale, sperando di andare all’europeo (foto Ossola)
De Laurentiis è una passista-scalatrice che va forte anche a crono. Farà un ritiro con la nazionale, sperando di andare all’europeo (foto Ossola)
Nelle juniores intanto il Team Di Federico orbita nelle prime posizioni con un nome interessante.

Siamo felici della nostra stagione. La quasi totalità dei punti li ha ottenuti Elena De Laurentiis, una ragazza di Altino (in provincia di Chieti, ndr) al primo anno nella categoria, che era da noi da allieva nel 2023. E’ una passista-scalatrice ed ha già conquistato due vittorie, oltre a tanti piazzamenti nelle cinque. Si difende a crono, dove è arrivata terza al campionato italiano. Stiamo lavorando sulle volate ristrette perché non ha un grande spunto veloce. Elena ha grandi margini di miglioramento. Fra qualche settimana dovrebbe andare in ritiro con la nazionale di Sangalli, che la potrebbe portare all’europeo. Noi lo speriamo, sarebbe un altro grande traguardo raggiunto.

Giro d’Abruzzo, il ritorno dopo 17 anni. Giuliani racconta

08.04.2024
5 min
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Ritorna dopo 17 anni il Giro d’Abruzzo, RCS Sport lo ha inserito nel calendario al posto del Giro di Sicilia. Una corsa a tappe breve, di quattro giorni, che attraversa l’intera regione: il via domani, la fine venerdì. L’Abruzzo torna ad avere una corsa importante, oltre al Trofeo Matteotti, e questo accade perché l’investimento nel ciclismo è stato importante. La regione ha ospitato la cronometro di apertura del Giro d’Italia 2023 e prima ancora ha lavorato ad una rete ciclabile proprio sulla Costa dei Trabocchi

Il ciclismo cresce

Uno che il Giro d’Abruzzo lo ha respirato e vissuto, e che in questa terra ha legato il suo amore per il ciclismo, è Stefano Giuliani. Quando gli abbiamo chiesto di parlare della sua regione, la voce si è accesa e le parole sono uscite come un fiume in piena. 

«Sono felice perché sono il mio sport e la mia regione – dice – da qualche tempo siamo diventati il centro del ciclismo italiano. Prima la partenza del Giro, nel 2029 avremo gli europei su strada. Si è spostato il baricentro da nord a sud. Per fare un bel ciclismo ci vogliono tanta passione e grinta, che a noi non mancano, ma anche tanti soldi. Fortunatamente abbiamo dei politici che credono nel ciclismo e ci investono molto. Alla fine il nostro è uno sport che fa scoprire il territorio, basta guardare nelle località sciistiche: c’è più gente che va in bici rispetto a quella che scia. E’ il momento giusto per investire sulla bici».

Si attraverseranno paesini tipici abruzzesi, come Rocca San Giovanni (foto: Camillo Masciarelli)
Si attraverseranno paesini tipici abruzzesi, come Rocca San Giovanni (foto: Camillo Masciarelli)
Come hai preso la notizia del ritorno della corsa?

E’ stata una bellissima sorpresa, ma pensate che ansia da prestazione che mi ha messo addosso. Io che sono anche diesse (del team continental Vini Monzon-Savini Due-OMZ, ndr) arriverò alla prima tappa con un fremito addosso. Mi spiace un po’ perché avrei voluto una squadra con cui provare a vincere, ma ho tanti ragazzi giovani che in questo mondo devono imparare tanto.

Ci saranno i top team.

Per essere competitivo ora bisogna avere una grande motivazione, ma non basta, servono una struttura solida e un programma delineato di lavoro. Anche al Trofeo Matteotti, che aiuto a organizzare, ora vengono a correre i campioni. Fa piacere, perché è un bel messaggio, ma per le squadre piccole diventa tutto difficile. 

Cosa ci racconti del percorso?

Le prime due tappe sembrano essere abbordabili, si dovrà stare attenti alle fughe, ma con il controllo che c’è ora in gruppo la volata dovrebbe essere scontata. L’arrivo di Pescara è veloce, prima ci sono dei sali e scendi nella zona di Ortona, ma non credo possano fare male ai velocisti moderni. 

La prima tappa inizia da Vasto…

Si partirà da lì, e si vedranno gli stessi territori che ha attraversato il Giro d’Italia lo scorso anno. La corsa rosa ha aiutato a far scoprire dei bellissimi paesaggi e sono sicuro che tanta gente verrà a vederli. Per arrivare a Pescara, città dello sport a 360 gradi, si passerà da una zona ricca di vigneti, dove nascono tante cantine, come la Vini Fantini Farnese. 

La seconda frazione sembra più mossa.

Si parte da Alanno, dove da bambino andavo in bici, si attraverseranno tante zone di collina, con salite anche medio lunghe. Ma anche in questo caso i velocisti moderni possono reggere tranquillamente la fatica a mio modo di vedere. La parte impegnativa, che da altimetria non si vede, è quella di Celano, che è un continuo sali e scendi. C’è un castello molto bello e lì vicino ci sono le gole che prendono il nome dal paese. 

Dalla terza tappa Iniziano le montagne?

RCS sembra aver tenuto il format del Giro di Sicilia: due tappe veloci, una terza più dura e l’ultima di vera montagna. Si sono invertite un po’ le cose perché nella terza frazione del Giro d’Abruzzo si arriva a Prati di Tivo. Salita famosissima e altrettanto rinomata località sciistica. Si parte da Pratola Peligna, vicino a Sulmona, zona conosciuta per i confetti. Si procede verso Rocca di Mezzo, città famosa grazie al Giro. 

Ultimo giorno, con arrivo a L’Aquila…

Con partenza da Montorio al Vomano, i corridori passeranno dal Parco Nazionale del Gran Sasso, diretti verso L’Aquila. L’arrivo immagino sarà lungo lo strappo che porta in città. Se si pensa a L’Aquila ancora si ritorna al Giro, con la famosa tappa di pioggia e freddo. 

Nel 2010 il Giro torna a L’Aquila, terra ancora ferita dal terremoto, anche oggi le cose non sono cambiate
Nel 2010 il Giro torna a L’Aquila, terra ancora ferita dal terremoto, anche oggi le cose non sono cambiate
Ci sono zone dove si possono giocare dei trabocchetti?

Nella seconda tappa, quando si attraverserà Fucino, in quell’area c’è sempre vento, ma è difficile determinare da che parte tira. Anche se, con gli strumenti moderni, ti alzi al mattino e sai tutto. Riesci a sapere se il vento cambia anche quando sei in corsa. 

Intanto l’appuntamento è per il 9 aprile…

Vi aspetto, teniamo da parte qualche arrosticino anche per voi.

Spezialetti e la squadra juniores, con il sogno della Liegi

29.03.2024
5 min
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La Fabio Aru Academy chiude il cerchio della carriera del campione: aprendo la sua scuola di ciclismo in Sardegna, Fabio ha iniziato a restituire al ciclismo ciò che ne ottenne quando era un ragazzo. All’estero è abbastanza frequente che degli ex atleti mettano il loro bagaglio a disposizione dei più giovani, in Italia ciò non accade così spesso. Per questo è interessante farsi raccontare da Alessandro Spezialetti il suo progetto abruzzese, il Team Mario De Cecco-Logistica Ambientale, che da quest’anno è salito di livello e lo vede accanto a una realtà che dagli esordienti arriva fino agli juniores. Il tecnico di Chieti al momento è in Francia per la Route Adelie, alla guida della Bingoal WB. Con lui c’è anche Marco Tizza, mentre il resto della squadra è in Belgio sulle strade del Nord.

«Non è una scuola come quella di Moreno Di Biase – inizia Spezialetti – ed è nata quando ho conosciuto Marco Caruso. Lui aveva già una squadretta, da lì è nata l’amicizia e dall’anno scorso abbiamo iniziato a collaborare. Quest’anno, con l’ingresso di alcuni sponsor abruzzesi come Mario De Cecco, una SPA che produce divise da lavoro, abbiamo deciso di fare anche una squadra con 8 juniores. In Abruzzo ci sono 3-4 squadre, mi vengono in mente Fantini e la Gulp, per cui avevamo voglia di offrire un altro sbocco a questi ragazzi».

Spezialetti, abruzzese di 49 anni, è da due stagioni un diesse della Bingoal WB
Spezialetti, abruzzese di 49 anni, è da due stagioni un diesse della Bingoal WB
Avete fatto gli juniores perché avevate degli allievi che sono cresciuti?

Un po’ per questo e un po’ prendendo qualche elemento promettente. Avevamo dei buoni allievi, in più è arrivato Attolini, che correva alla CPS Professional ed è un altro bel corridorino. E’ voluto venire con noi e così siamo partiti. Il nostro scopo innanzitutto è aiutare la categoria. E avendo un po’ di conoscenze, un po’ di amici che hanno aziende, cercheremo di dare una mano a questi ragazzi. L’idea è di portarli non tanto al professionismo, ma a fare un buon dilettantismo con lo spirito giusto. 

Quali sono le difficoltà di avere una squadra così?

La difficoltà è soprattutto reperire i fondi, anche perché per fare una squadra di juniores servono parecchi soldi. Quanti? Diciamo 70-80 mila euro, per andare alle corse e tutto il resto si spende così. Inizia a prendere le bici, fare le trasferte. Inizia ad andare negli hotel, pagare l’autostrada e il carburante e alla fine si spendono quelle cifre.

Le bici avete dovuto comprarle o avete trovato uno sponsor?

No, le ho comprate da De Rosa. Ho parlato con Cristiano e ci è venuto incontro con i pagamenti. Sempre grazie a qualche conoscenza, caschi e occhiali sono Salice e con l’aiuto di Moreno Nicoletti sono arrivate le scarpe Fizik. Il mio impegno nella quotidianità non può esserci, cerco di aiutare come posso nel reperire fondi e dare sempre il mio sostegno dove posso. Quest’anno ad esempio andiamo a fare anche la Liegi-Bastogne-Liegi.

La squadra juniores è composta da otto atleti
La squadra juniores è composta da otto atleti
Il focus maggiore è concentrato sugli juniores o alla pari sui più piccoli?

Oltre a Marco Caruso e al sottoscritto, abbiamo altri tecnici come Gildo Pagliaroli e anche altri. Ciascuno segue il suo settore, dai giovanissimi, agli juniores, passando per esordienti e allievi. Il referente centrale è Caruso e poi a volte facciamo delle riunioni tutti insieme.

Ti capita mai di parlare con questi ragazzi? La tua esperienza da pro’ in qualche modo potrebbe ispirarli.

Certo. Ogni venti giorni facciamo una videoconferenza e abbiamo anche preso un appartamento in affitto per tutto l’anno e lo usiamo come punto di ritrovo. Durante il ritiro questo inverno ci sono andato e ho parlato con loro. Quando sono a casa, mi faccio vedere.

Quali differenze vedi fra loro e lo Spezialetti junior? Anche tu eri un bel cagnaccio…

Prima differenza: la bici. Quella di “Spezia” junior pesava 11-12 chili, con questa siamo sui 7,5. Ed è vero che ero un cagnaccio, ma ce ne sono un paio che non scherzano. C’è chi parla poco al di fuori della bici e invece è cattivo agonisticamente. E c’è chi è estroverso e meno determinato. Abbiamo messo insieme un bel gruppetto, che ha in Attolini il punto di riferimento. L’anno scorso ha vinto tre gare, speriamo che da qui a qualche settimana si sblocchi.

Uno così, al secondo anno da junior, fa già vita da atleta al 100 per cento?

Come prima cosa va ancora a scuola, però fa il corridore in modo serio. Anche perché ha la possibilità di fare bene.

Selfie di Luca Attolini con Fabio Cannavaro, campione del mondo di calcio nel 2006
Selfie di Luca Attolini con Fabio Cannavaro, campione del mondo di calcio nel 2006
Il 6 maggio andrete alla Liegi: come gliela state raccontando?

Abbiamo cominciato a raccontargliela quest’inverno, quando è partita l’idea. Lavorando in una squadra belga, ho parlato con il mio capo, Christophe Brandt, e gli ho chiesto una mano per parlare con l’organizzatore. Abbiamo fatto la richiesta e quello è stato contentissimo di invitarci alla Liegi. Anche per loro, è bello avere una squadra straniera. Quando è stato ufficiale, abbiamo iniziato a parlarne in ritiro. E se riesco, andrò su anche io. Per questi ragazzi sarà certamente una bella esperienza.

Farete tanta attività fuori regione?

Per forza. Domenica siamo stati a Calenzano, si va dove serve. Quando le gare sono in casa, siamo contenti di non dover viaggiare, altrimenti sappiamo dove si prende l’autostrada. Chi corre nel Centro Italia oppure al Sud sa che c’è un solo percorso da seguire. Questo rispetto ai miei tempi non è cambiato davvero…

Da Corropoli a Crotone, l’AIR (turistica) che si è fatta

27.09.2023
6 min
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Storia di un insolito viaggio da Corropoli, in Abruzzo, a Crotone, in Calabria. I più attenti già avranno capito che queste due località sarebbero dovute essere la sede di partenza e di arrivo dell’Adriatica Ionica Race, la corsa che non c’è mai stata e annullata a poche ore dal via.

Quello però che si sapeva meno è che parallelamente alla gara dei pro’ era in programma un percorso cicloturistico, a forte impatto enogastronomico, che ricalcava per alcuni tratti il tracciato dei corridori. O comunque quelle zone. 

Si parte comunque

E questa Adriatica Ionica Race parallela di fatto c’è stata. Rivista, modificata, ampliata in alcuni aspetti, ridotta in altri… ma c’è stata. L’organizzazione ha passato la palla ad Alex Kornfeind, esperto di cicloturismo, che si è fatto carico di un manipolo di giornalisti arrivati persino dall’Australia! Ma anche da Germania, Olanda, Inghilterra.

Partenza da Corropoli, nella piazza era attesa la corsa e invece i cittadini si sono ritrovati questo drappello di giornalisti. La guida, Silvio Cappelli, accortosi dai social dell’annullamento del programma, si era offerto di guidarci comunque nelle sue zone, esaltando l’accoglienza dell’Abruzzo, che tanto aveva creduto in questo evento. Corropoli in primis.

E così eccoci partire alla volta della Val Vibrata. Da Corropoli a Torricella sul Tronto: 46 chilometri, 800 metri di dislivello e tante, ma proprio tante, cose da visitare.

Le ciclabili e le strade bianche scorrono lente sotto le nostre ruote. Chiese millenarie, basiliche, borghi abbandonati una volta fucina di ricchezza, paesaggi che vanno dal Gran Sasso al mare Adriatico si susseguono come in un’altalena. Silvio è un fiume in piena e vorrebbe raccontare ogni centimetro e ogni scampolo della sua terra.

Lo ascoltiamo e intanto lo seguiamo. Fino ad un pranzo che è un trionfo d’Abruzzo: “ceppe” una pasta fatta con i ferri delle maglie, tipica proprio di Torricella, e gli immancabili arrosticini.

Poi di corsa tutti dentro al pullmino Ford alla volta di Vasto, ma con la Puglia nel mirino.

In Puglia…

I trasferimenti dell’Adriatica Ionica Race in effetti erano mastodontici, ma questo ci ha consentito di unire territori e culture molto diverse tra loro.

La Puglia avrebbe visto una frazione non troppo dura, tuttavia le alture di Alberobello, sede lo scorso anno del tricolore vinto da Zana, un po’ d’impegno lo richiedevano. 

Ma a noi questo aspetto proprio non ha interessato. I muretti a secco, le strade incredibilmente pulite di Locorotondo e quelle più caotiche dei trulli ci hanno condotto ad Alberobello, la perla della nostra seconda tappa e simbolo, forse, di un intera regione.

Vigneti, uliveti e queste casine tonde, bianche col tetto a punta nero… Abbiamo scoperto Alberobello mischiati tra i tanti turisti che a metà settembre ancora girovagavano per le sue stradine.

Il tutto chiaramente dopo aver assaporato burrata ed orecchiette alle cime di rapa.

Di nuovo tutti sul pullmino. Stavolta il viaggio è lungo. Da Alberobello alla zona di Crotone i chilometri sono quasi 250 e di autostrada non c’è neanche un metro. Un po’ come se fossimo stati in sella, ma questo ci ha fatto godere il Metaponto. Il Mar Ionio alla nostra sinistra e le alture della Lucania alla nostra destra, fra calanchi e lo splendido Pollino, che faceva il prezioso nascondendosi fra le nuvole.

Calabria, la meta

Una volta in Calabria ecco però le prime difficoltà logistiche. Senza la corsa dei pro’ a fare da spina dorsale, era tutto nelle mani del buon Alex, che non si è mai perso d’animo. 

L’avventura in Calabria inizia con un tuffo al mare, per recuperare le fatiche del lungo viaggio dalla Puglia. Poi tutti alla scoperta di questa porzione davvero poco conosciuta ai ciclisti: il crotonese.

Michele, la guida per l’occasione, ci ha portato al Museo della Liquirizia, uno dei più antichi e importanti del mondo. Al Castello di Corigliano, la cui veduta è qualcosa di unico, e spaziava dal Pollino da una parte, alla Sila d’altra e di fonte al Salento, visibile nei giorni più puliti al di là dello Ionio. E per finire una visita all’antica Rossano.

Restava poi Crotone, meta finale della corsa dei pro’ e, in parte, del nostro viaggio. Crotone vecchia capitale. Nessuno direbbe che questa città ai tempi della Magna Grecia potesse contare due milioni di abitanti. Fu, ed è, una patria di cultura e di vino.

Poco più a Nord, nel frattempo ci siamo spostati a Cirò Marina, eccoci entrare di nuovo nella storia. La storia del vino. Quello più vero, più antico. Il Gaglioppo è un vitigno che da oltre 2.000 anni regala lo stesso pregiato vino.

Ammirare questi appezzamenti, dormirci nel mezzo presso Le Cantine De Mare, è stata un’esperienza unica. Così come la cena e la degustazione di vini che ancora devono essere imbottigliati, di ostriche, di formaggi locali, di paccheri al pesto. E’ la magia della Calabria, del Sud e del cicloturismo.

Portare avanti questa esperienza è stato davvero importante. E chissà che non ne possa nascere qualcosa di bello. Veramente bello.

Sara Assicurazioni: un Giro in prima fila per la sicurezza stradale 

09.05.2023
3 min
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Il Giro d’Italia sta affrontando l’edizione 2023 e Sara Assicurazioni si riconferma ancora una volta molto vicina al mondo del ciclismo italiano. Non a caso, per il quinto anno consecutivo, la stessa compagnia assicurativa ricopre il ruolo di “official sponsor” della grande corsa rosa.

Il Giro quest’anno ha preso il via dall’Abruzzo, con il “programma” di percorrere le strade della nostra Penisola nelle consuete 21 tappe. Arrivo finale a Roma dove Sara Assicurazioni ha tra l’altro la propria sede – per un gran finale (il quinto nella Capitale, lambendo alcuni dei luoghi simbolo della città come Castel Sant’Angelo, il Circo Massimo, l’Altare della Patria e via dei Fori Imperiali, per terminare all’ombra del Colosseo…) che promette puro spettacolo e tanta, tantissima bellezza.

La compagnia di assicurazioni sponsorizza i pannelli degli arrivi del Giro
La compagnia di assicurazioni sponsorizza i pannelli degli arrivi del Giro

Tutela per i più vulnerabili

Ma non è tutto. Sara Assicurazioni parteciperà con un proprio team di agenti, dipendenti e clienti anche al Giro-E, la competizione riservata alle e-bike che si svolgerà negli stessi giorni e sulle stesse strade del Giro d’Italia. Correndo al fianco dei professionisti e degli appassionati di questo sport, la stessa compagnia assicuratrice ufficiale dell’ACI (Automobile Club d’Italia) sottolinea ancora una volta la propria attenzione per il tema cruciale della sicurezza stradale e della tutela della mobilità in tutte le sue forme, con particolare attenzione agli utenti più vulnerabili e a chi utilizza mezzi “green” e alternativi come appunto biciclette, e-bike e monopattini elettrici. Come azione concreta a sostegno di questo impegno, Sara ogni anno investe l’1% del proprio utile netto nella sicurezza stradale.

La nuova ed intuitiva app Sara con Me
La nuova ed intuitiva app Sara con Me

La polizza “Guido Bene”

In occasione del Giro d’Italia, Sara Assicurazioni offrirà una versione speciale di “Guido Bene”, la polizza RCA studiata per premiare un corretto stile di guida. “Guido Bene”, attraverso la app dedicata, consente infatti di imparare a migliorare il proprio comportamento e stile alla guida, così da ottenere un vantaggio diretto sul premio di rinnovo annuale e contribuire all’obiettivo più generale di avere strade più sicure.

Il prodotto, acquistabile in Agenzia, in occasione del Giro d’Italia, offrirà un ulteriore vantaggio portando il welcome bonus fino al 30% per le polizze sottoscritte entro il 31 luglio.

Il Direttore Generale di Sara Assicurazioni Alberto Tosti
Il Direttore Generale di Sara Assicurazioni Alberto Tosti

«Siamo orgogliosi di essere di nuovo a fianco di un evento così popolare come il Giro d’Italia – ha dichiarato il Direttore Generale di Sara Assicurazioni Alberto Tosti – una manifestazione che è parte della storia del nostro Paese. Il ciclismo è uno sport molto seguito e amato, che sposa in pieno i nostri valori, fornendoci poi un’occasione ideale per poter essere più vicini ai nostri agenti, ai nostri clienti e al territorio in generale».

Sara

Un paradiso per la bici, la Bastianelli ci racconta il Gran Sasso

29.10.2022
7 min
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Sui banchi di scuola ognuno di noi lo ha studiato e conosciuto. “Il Gran Sasso d’Italia è il Gruppo montuoso dell’Appennino Centrale, il più elevato dell’Italia peninsulare” (Treccani). Non tutti sicuramente hanno avuto la fortuna di visitarlo e di godere della sua bellezza unica. Chi lo ha visitato e ci ha pure pedalato rimanendone piacevolmente colpita è Marta Bastianelli

La campionessa che vanta un palmares che parte dal tricolore, passa per l’europeo e arriva fino all’iride che l’accompagna dal 2007 sul bordo della maglia, si è innamorata di un posto che dista pochi chilometri da casa sua, ma che non aveva mai vissuto da vicino. «Lo vedo tutte le mattine quando apro la finestra». In quel luogo quest’estate ha organizzato due settimane di allenamenti e ha scoperto un vero e proprio paradiso dell’Abruzzo

Un luogo che nonostante la sua mastodontica mole vive in una bolla di riservatezza. Agli occhi di Marta i limiti lassù ci sono, ma nelle sue parole si legge la voglia e l’intento di farlo conoscere a tutti i ciclisti che se solo ci pedalassero lo consacrerebbero a luogo ideale da vivere in sella.

Contesto unico

Arrivarci è facile, viverci un po’ meno. I luoghi e i sapori sono quelli abruzzesi mentre il contesto in cui Marta si è immersa per due settimane è quello di un ambiente unico.

«Era una parte dell’Abruzzo che mi mancava – dice la Bastianelli – io abito a Guardia Vomano un piccolo paese in provincia di Teramo. Questa estate ho fatto quattro giorni a Roccaraso, una bellissima località abruzzese. Si trova a 1.300 metri e dormivo all’Hotel Boschetto che si trovava sull’Aremogna a 1.650. Ho fatto lì i miei primi quattro giorni di questo mio ritiro in altitudine, dopodiché mi sono trasferita a Campo Imperatore, a quota 2.100. 

«Ho trovato luoghi bellissimi – racconta – e ho provato attraverso i social a farlo capire anche a chi è lontano da questo mondo qui. Molti infatti mi chiedevano incuriositi: “Dove sei!?”. Già il fatto che ci sia una pianura così vasta in alto per noi ciclisti è oro. E’ vero che esistono altri luoghi che godono di questa fortuna. Uno dei più frequentati è Livigno e anche altri che hanno però il piccolo limite che se si vuole trovare la pianura bisogna mettersi in macchina e scendere. Invece a Roccaraso il contesto era unico. Mi allenavo a 1.350 in una pianura di 40/50 chilometri. E lì all’Hotel Boschetto ho trovato una struttura con tutti i comfort dove era veramente possibile stare bene e allenarsi. 

«Ho poi proseguito – dice Marta – a Campo Imperatore, dove sono stata per otto giorni. Un luogo che è un po’ il paradiso dell’Abruzzo, che purtroppo devo dire, non viene valorizzato a pieno. Io alloggiavo nell’Ostello Campo Imperatore 2115, che è l’unico che c’è aperto. Fatta eccezione per il Rifugio Franchetti che si trova in cima a 2.433 m. E’ gestito da una famiglia, che è stata tale anche per me in quei giorni facendomi sentire come a casa. Adesso stanno iniziando i lavori per la ristrutturazione dell’Hotel che c’è accanto. L’albergo ai piedi del Gran Sasso, famoso perché ci venne tenuto prigioniero Benito Mussolini nel ’43 dopo la caduta del fascismo e venne poi liberato dal blitz degli alianti tedeschi». 

Tanto potenziale

Panorami mozzafiato che lasciano a bocca aperta ogni turista che ci si immerge. Una montagna gentile, ma che detta la sua legge fondata sulla roccia e guidata da madre natura. Le bici in quel territorio sembrano proprio poter essere uno di quei pochi mezzi altrettanto gentili e rispettosi che possano abbracciare il Gran Sasso. Servono però infrastrutture e servizi per poter accoglierle.

«L’ostello era sempre pieno – spiega Marta – tutti i giorni della settimana. C’era anche chi si fermava semplicemente per fare colazione per andare a fare poi le passeggiate sul Corno Grande e Corno Piccolo.

«La struttura – dice – è la zona di partenza per le camminate e la zona di arrivo della funivia che parte da Fonte Cerreto. Parlando un po’ con chi vive e respira quel posto tutto l’anno, ci sono un po’ di limiti da superare. Infrastrutture che andrebbero riviste, l’osservatorio che ha chiuso da molto tempo. Mi hanno spiegato che c’è tanta difficoltà con la corrente elettrica, con lo scarico delle acque. Ad esempio non possono mettere i pannelli solari, mentre a Fonte Cerreto sì. Il fatto che il territorio del Gran Sasso faccia parte del Parco Nazionale ha sì dei vantaggi, ma anche qualche ostacolo. Chi ci lavora ha tanta voglia di fare, ma sa che oltre il punto in cui si trovano allo stato attuale è difficile pensare più in grande

«Ci sono tantissimi percorsi – spiega la Bastianelli – anche per Mtb che però non vengono pubblicizzati e che ho scoperto solo stando lì. E poi c’è la bellezza del panorama. E’ una montagna affascinante, a quell’altezza è l’unica da cui si può vedere senza sforzo il mare. Le Dolomiti sono bellissime ma a 2.200 metri vedere il blu è qualcosa di emozionante. Per me era fantastico, dormivo a 2.000 metri e mi allenavo in pianura a 1.700 metri. A Livigno mi ci sono allenata una vita, è bellissima ma è diventata anche tanto commerciale. Ci sono tante distrazioni in cui cadere e tentazioni poco sportive. Sul Gran Sasso è ancora intatta la purezza di un luogo che vive di rapporti umani».

La salita che porta a Campo Imperatore dove arriverà il Giro, è dura e selettiva
La salita che porta a Campo Imperatore dove arriverà il Giro, è dura e selettiva

Giro d’Italia

A misura di bici. Il Gran Sasso, dalle parole di Marta risulta essere un vero e proprio habitat naturale per le due ruote a pedali. Non a caso anche il Giro d’Italia 2023 farà arrivo proprio a Campo Imperatore nella 7ª tappa, dopo essere stata resa famosa dalla vittoria di Pantani nel 1999.

«E’ un posto – dice Marta – che vive nella quiete, non c’è traffico e si può respirare a pieni polmoni. Sono strade bellissime e asfaltate alla perfezione. La salita che verrà affrontata dal Giro d’Italia è molto bella. Sale regolare e ha soprattutto nel finale dei tratti più impegnativi. In particolare gli ultimi 5/6 chilometri che portano alla vetta sono duri. Tra l’altro l’asfalto è più grezzo e grippante per facilitarne la scalata durante l’inverno e devo dire che anche per questo nel finale la bici sembra non scorrere. 

«Potrebbe essere – ipotizza – anche l’arrivo di tappa per un Giro Donne. Quando ero su, c’era una Gran Fondo. Credo che eventi di questo genere possano far conoscere e attirare sempre più ciclisti in questo luogo magnifico. Se da una parte le infrastrutture sono poche, arrivarci non è difficile. La funivia dura otto minuti. Fonte Cerreto è a cinque chilometri da Assergi un altro centro importante dove c’è anche l’uscita dell’autostrada. Rimane bene collegato e vicino all’Aquila. Dall’altro versante c’è Teramo, in mezz’ora sei lì».

Molti pro e qualche contro 

Dalla magnifica bellezza della montagna abruzzese ai limiti e i miglioramenti che anche Marta Bastianelli nel suo piccolo ha notato. Un su e giù di emozioni che copiano le creste del Gran Sasso. Dai pregi ai difetti.

«E’ un bellissimo posto – commenta Marta – che va riqualificato come un po’ tutto l’Abruzzo. Mi hanno inoltre spiegato che è una delle poche montagne su cui non viene sparata la neve artificialmente. Tutti gli anni godono di nevicate copiose e frequenti. Purtroppo però mancano gli impianti, ce ne sono pochi. 

«Non sono nella posizione giusta per farlo – dice – sono una turista in bicicletta che vuole lanciare un messaggio. Sono cosciente che ci siano tante problematiche tecniche e capisco che da fuori tutto sembra possibile. Nel mio piccolo però sono io la prima che vuole spingere questo posto. Per esempio ne ho già parlato con la mia squadra per organizzarci un raduno, dato che alcune delle mie compagne mi hanno chiesto che posto fosse. 

«Alcuni mi hanno detto – conclude la Bastianelli – che è un luogo bello così e non deve essere contaminato dall’uomo. Però quello che dico io è: perché non farlo conoscere e apprezzare a chi ne porta rispetto? Rappresenta un territorio che è un valore per la Regione e che potrebbe portare anche tanto lavoro con qualche struttura in più. Porterebbe anche un sospiro di sollievo per quello che ha vissuto il popolo abruzzese. Poi le bici sono un mezzo ecologico a impatto zero che rispetterebbe l’ambiente e la purezza di questa montagna».

Brian’s Bike Shop, un negozio che ama e promuove il territorio

11.05.2022
4 min
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Un negozio in grado di essere motore trainante per ciò che riguarda la scoperta di un territorio come quello di Ascoli Piceno. Ve ne abbiamo parlato attraverso il lato tecnico e commerciale, oggi approfondiremo quella che è la filosofia di ciclismo e turismo secondo Brian’s Bike Shop

Passione e comunità, sono due parole ricorrenti nel progetto e nelle attività dedicate al turismo che vengono pronunciate dal titolare Giulio Fazzini, per spiegare la sua filosofia. Il contesto è in evoluzione, la bici sta diventando sempre più amica del territorio. Le istituzioni hanno iniziato un percorso di investimenti per rendere le due ruote sempre più al centro della promozione turistica. 

Brian’s Bike Shop attraverso i suoi progetti futuri e i suoi eventi, è da sempre stato protagonista e promotore di questo settore. Con l’idea di coccolare il turista per una settimana dal suo arrivo, portandolo alla scoperta delle bellezze del territorio.

Ascoli Piceno, Piazza del Popolo. La scoperta del territorio passa anche dai centri storici e dalla conoscenza dell’enogastronomia locale
Ascoli Piceno, Piazza del Popolo. La scoperta del territorio passa anche dai centri storici e dall’enogastronomia
Quali eventi organizzate per i turisti della bicicletta?

Abbiamo un progetto da qui a fine anno per quanto riguarda le bici da strada. Improntato sui turisti che vengono dall’estero. Andiamo a prendere il cliente all’aeroporto e gli confezioniamo su misura l’esperienza di una settimana in sella. Scegliamo una struttura di altissimo livello, richiediamo le misure del bike fitting per cucirgli addosso una bici di medio/alto livello. Li seguiamo nelle loro escursioni guidate con il furgone, per qualsiasi evenienza. Chiudiamo la sera con anche riunioni per la conoscenza del percorso e decidere eventuali modifiche o assecondare richieste.

Come’è nata questa idea?

E’ nata da un’esigenza che abbiamo percepito dagli stranieri che ci venivano a trovare. Mandarli senza un’organizzazione sulle nostre strade non è abbastanza. Per poter valorizzare il territorio è necessario dare un servizio serio e affidabile che faccia visitare e scoprire le nostre eccellenze in tranquillità.

Qual è la situazione delle strutture a misura di bici?

Siamo un po’ indietro, collaboro con la Regione Marche per questo discorso, ma siamo ancora allo stato embrionale. Il territorio sta diventando pian piano bike friendly. Si sta investendo tanto. Abbiamo una ciclabile che va da Ascoli a San Benedetto del Tronto e questa può essere un punto di partenza da cui partire per valorizzare il contesto. Inoltre collaboriamo con le strutture ricettive. Anche se uno dei problemi fondamentali rimane la reperibilità delle bici.

Oltre al territorio avete anche altre eccellenze?

Siamo a ridosso del confine fra Marche e Abruzzo, abbiniamo anche un discorso enogastronomico. Facendo percorsi ad hoc per degustazioni nelle cantine. 

Come scegliete i percorsi da proporre?

Abbiamo l’imbarazzo della scelta. Selezioniamo prima il livello di chi ci va in bici. Se è una famiglia non possiamo portarla nei posti più sperduti. Cerchiamo di scegliere un livello base, più semplice. Stiamo quindi vicino al mare, oppure nelle zone collinari con poco dislivello. Se invece viene un cliente più tecnico, noi siamo ai piedi dei Monti della Laga oppure i Sibillini e viene più semplice disegnare un percorso più impegnativo, che lo soddisfi come caratteristiche tecniche. 

Quali sono i più caratteristici?

Abbiamo la montagna accanto, che porta a San Giacomo, arrivo del Giro d’Italia 2021, che è sicuramente tra gli itinerari più caratteristici. Un altro è quello che si sviluppa nella zona di Acquasanta, la vecchia Salaria. E’ un percorso tanto tranquillo, con poco traffico, ed è ideale da fare anche con la famiglia. Quanto si arriva, c’è anche una stazione termale privata e pubblica, dove si può fare il bagno in libertà. Un lato wild che piace molto.

Le escursioni vengono adattate al livello di pratica del cicloturista
Le escursioni vengono adattate al livello di pratica del cicloturista
Gli itinerari sono tutti tracciati e riconoscibili?

I percorsi sono segnalati, infatti ci appoggiamo ad un’applicazione che è stata sviluppata qui ad Ascoli da ragazzi del posto che hanno e stanno ancora tracciando i percorsi, per poterli scaricare sul proprio dispositivo. Si chiama ATA. Anche se il cliente straniero non ha bisogno di assistenza come piace a noi italiani. A lui basta una cartina ed è a posto, per quello che riguarda la nostra esperienza.

Avete una squadra che rappresenta Brian’s Bike Shop?

No, assolutamente no. Siamo uno dei pochi negozi in Italia che non ha una squadra rappresentativa. Il motivo è ben preciso. Da noi l’intenzione è sempre stata quella di creare una community. In squadra a volte si creano inimicizie e rivalità. E non è questo quello che ci interessa.