Pogacar, come si fa a non parlare di lui nel ciclismo attuale? Atleta fenomenale, questo è certo, ma cosa c’è alle sue spalle e cosa muove questo ragazzo di soli 26 anni? Nel mondo dello sport i fenomeni esistono e lo sono anche grazie ad una serie di persone, di staff e di aziende che si muovono nei dietro le quinte.
E alle spalle di Pogacar c’è anche tanto Made in Italy e non è un segreto. Colnago e DMT, Fizik e Pissei, ma anche un artigiano delle ruote che da molti anni è partner ufficiale di Enve per il Service Course, per lo sviluppo dei prodotti dedicati ai pro’. Enve affida l’assemblaggio proprio a Filippo Rinaldi e al suo staff di Pippowheels, dove tutti sono appassionati e pedalatori.
Fenomeno Pogacar, ma con lui c’è tanto Made in ItalyOgni ruota è tensionata a mano (foto Pippowheels)Una parte dello staff PippowheelsFenomeno Pogacar, ma con lui c’è tanto Made in ItalyOgni ruota è tensionata a mano (foto Pippowheels)Una parte dello staff Pippowheels
Filippo, come nasce la collaborazione con il team?
Attraverso la conoscenza ed i rapporti che abbiamo da anni con Colnago e dove è stato presentato tutto il progetto Enve dedicato al team. Per tutto quello che riguarda questa e altre collaborazioni non sono solo io, ma dietro le quinte ci sono una serie di competenze ed eccellenze, di fatto c’è lo staff dell’azienda Pippowheels.
Quale è il tuo ruolo e quello del tuo staff?
Soddisfare le esigenze del team. Ogni esigenza e richiesta tecnica, nel più breve tempo possibile. Da Enve abbiamo carta bianca.
Controlli severi in azienda e staandard elevati grazie anche a macchinari sofisticati (foto Pippowheels)L’assemblaggio è fatto completamente in azienda (foto Pippowheels)Controlli severi in azienda e staandard elevati grazie anche a macchinari sofisticati (foto Pippowheels)L’assemblaggio è fatto completamente in azienda (foto Pippowheels)
Riesci a quantificare l’impegno che viene richiesto?
Siamo costantemente in contatto con il team, con periodi più blandi e tranquilli che si alternano a momenti di grande pressione. Se dovessi quantificare l’impegno dell’azienda potrei dire che il 30 per cento del tempo è dedicato al team, ma abbiamo un vantaggio. E’ quello legato agli elevati standard qualitativi che adottiamo, approvati da Enve e dalla squadra. Significa apportare modifiche minime tra le ruote standard e quelle specifiche per la squadra. Tutte le ruote Enve che escono da Pippowheels rientrano nei parametri richiesti dalla UAE Emirates.
Puoi raccontare qualcosa in merito alle richieste del team?
Prendo ad esempio l’ultima versione delle ruote Pro usata al Tour. È un progetto partito al training camp invernale del 2024. Ha richiesto più di un anno di sviluppo ed un blend di soluzioni mai usate in precedenza, per ogni singolo componente, mozzi, raggi e tensioni, cerchio. Ha vinto il Tour e per noi è una soddisfazione immensa.
Le nuove Enve Pro viste in modo ufficiale all’ultimo Tour (foto Alen Milavec)All’azienda è richiesto grande impegno, ma le soddisfazioni sono impagabiliLe nuove Enve Pro viste in modo ufficiale all’ultimo Tour (foto Alen Milavec)All’azienda è richiesto grande impegno, ma le soddisfazioni sono impagabili
Ti confronti anche con i corridori, oppure fai riferimento esclusivamente al performance staff UAE Emirates-XRG?
Entrambi, ma il rapporto è diretto con lo staff dei meccanici, soprattutto con Alberto Chiesa e con il performance staff. Con gli atleti c’è un confronto durante i training camp.
E’ la prima volta che sei coinvolto in questo modo in un progetto tecnico?
Non è la prima volta. Pippowheels collabora con i team pro’ e con importanti aziende da sempre, ma è la prima volta che è stato instaurato un progetto così profondo e duraturo.
L’arrivo di Stefano Viezzi nel team Alpecin-Deceuninck Development ha portato una ventata di curiosità. E’ il terzo italiano a passare dalla formazione di sviluppo, gli altri prima di lui sono stati Conci e Vergallito ma per motivi differenti. Viezzi, invece, è arrivato nel team di Mathieu Van Der Poel portando con sé le stigmate del campione. Il titolo iridato juniores nel ciclocross conquistato a inizio 2024 ha catturato l’interesse dello staff della Alpecin-Deceuninck e così il friulano classe 2006 è passato under 23.
Il focus è il ciclocross, lo si è visto durante l’inverno scorso quando Stefano Viezzi ha spinto forte mettendo insieme ventitré giorni di corsa nei quali ha collezionato esperienze importanti sia tra gli under 23 che con gli elite.
Stefano Viezzi ha fatto il suo esordio con la Alpecin-Deceuninck Development nella stagione del cross a inizio 2025Stefano Viezzi ha fatto il suo esordio con la Alpecin-Deceuninck Development nella stagione del cross a inizio 2025
Fango, classiche e montagne
Per il friulano alto 190 centimetri e dal peso di 73 chilogrammi l’esordio su strada non si è fatto di certo attendere. Anche se, su asfalto, i passi sono stati importanti ma fatti con estrema calma. Da aprile, con esordio alla Paris-Roubaix Espoirs, a fine luglio i giorni di gara sono stati appena dodici. Dopo essere passato da gare più adatte a lui, come le Classiche, Viezzi si è messo alla prova in corse ben più lontane dalle sue caratteristiche. L’ultima in ordine cronologico è stato il Giro Ciclistico della Valle d’Aosta.
«Non sono così male in salita – dice scherzando quando gli chiediamo cosa ci facesse tra le vette della Valle d’Aosta – poi chiaro non punto a vincere. L’obiettivo era imparare a correre anche su percorsi meno adatti alle mie qualità e dare una mano ai miei compagni».
Il friulano si è tolto già qualche soddisfazione sul fango conquistando il tricolore under 23Il friulano si è tolto già qualche soddisfazione sul fango conquistando il tricolore under 23
Fino ad ora hai corso poco su strada, una scelta presa con il team?
Sì. Quest’anno punteremo molto sulla stagione del ciclocross, poi vedremo come andrà però l’idea è di arrivare pronti.
Com’è stato il primo impatto con la categoria under 23, partendo proprio dall’esordio nel cross?
È stato difficile, anche perché devo riprendermi ancora dall’infortunio. Però poi a fine stagione penso di aver fatto vedere qualcosa di buono, sono contento anche perché sono arrivato al livello che mi sarei aspettato a inizio anno. Ho conquistato due bei piazzamenti in coppa del mondo, compreso un terzo posto a Hoogerheide. Anche il mondiale under 23 non è andato male, diciamo che sono riuscito a entrare in forma nell’ultimo mese di gare.
L’esordio su strada è avvenuto nelle Classiche U23, prima la Roubaix (in foto), poi Liegi e Gent L’esordio su strada è avvenuto nelle Classiche U23, prima la Roubaix (in foto), poi Liegi e Gent
Su strada?
Dopo un periodo di stacco al termine delle prime gare su strada sono tornato ad allenarmi per questa seconda parte di stagione con l’obiettivo di aiutare la squadra. Insieme allo staff ci siamo concentrati sulle gare a tappe, siamo partiti a inizio luglio con una corsa in Polonia e poi il Giro della Valle d’Aosta.
Come ti stai trovando con questo metodo di lavoro?
Le gare a tappe sono molto stancanti, tra una e l’altra inserisco un periodo di recupero di un mesetto più o meno nel quale mi alleno. In questa prima stagione mi sono concentrato tanto sugli allenamenti correndo di meno, credo sia una scelta giusta per adattarsi al meglio alla categoria.
La seconda parte di stagione per Viezzi è costruita sulle gare a tappe, per crescere e mettere insieme giorni di corsaLa seconda parte di stagione per Viezzi è costruita sulle gare a tappe, per crescere e mettere insieme giorni di corsa
Il programma su strada ora cosa prevede?
Sicuramente correrò al Giro del Friuli, la corsa di casa, nella quale mi piacerebbe anche provare a vincere una tappa.
La stagione del cross quando inizierà?
Ottobre. Faremo anche dei ritiri mirati per preparare al meglio la stagione del fuoristrada, ma su questo aspetto ci confronteremo una volta finite le gare su strada.
Una Ciccone in rosa? Probabilmente molti già l’hanno paragonata allo scalatore della Lidl-Trek, a cui Elena De Laurentiis (in apertura, foto Ossola) è accomunata dalla provenienza geografica abruzzese. Ma a questo punto, senza nulla togliere all’ex maglia a pois del Tour, la diciottenne di Guardiagrele (CH) meriterebbe di essere vista solamente per quel che è: uno dei riferimenti assoluti della categoria juniores, soprattutto ora che veste la maglia di campionessa d’Italia a cronometro.
Dopo essere finita terza lo scorso anno, De Laurentiis ha conquistato il titolo italiano a cronometroDopo essere finita terza lo scorso anno, De Laurentiis ha conquistato il titolo italiano a cronometro
Numeri un po’ sottovalutati…
Stupisce a questo punto che ancora non ci sia la fila di team alla sua porta, perché la De Laurentiis passerà di categoria il prossimo anno e il suo curriculum in questo biennio juniores è più che indicativo. Nel primo anno ha colto due vittorie mancando la Top 10 solamente due volte e cavandosela egregiamente anche in nazionale a europei e mondiali. Quest’anno vanta 15 giorni di gara con ben 4 vittorie e 7 podi: numeri da campionessa…
Elena comunque prosegue per la sua strada, senza pensare troppo alla scadenza di fine anno anche perché la sua vita non è fatta di solo ciclismo: «Studio al Liceo Scienze Umanistiche e mi dedico al ciclismo con passione, senza però perdere di vista tutto ciò che riguarda una ragazza appena maggiorenne. Il ciclismo ha sempre fatto parte della mia vita, sin da quando avevo 6 anni. Ho iniziato seguendo mio fratello, che corre anche lui. Con mio padre andavamo a vedere le sue gare ma a me a dir la verità non piaceva, poi ho detto che volevo provare anche io e non ho più smesso. Forse perché a me lo sport piace soprattutto farlo…».
L’abruzzese insieme a Roberto Capello, con cui ha condiviso la vittoria tricolore contro il tempo (fotobolgan)L’abruzzese insieme a Roberto Capello, con cui ha condiviso la vittoria tricolore contro il tempo (fotobolgan)
Hai sempre corso su strada?
Sì, non sono passata attraverso la mountain bike anche se so che in Abruzzo è molto praticata. Ho invece fatto pista, soprattutto inseguimento individuale finendo terza per due volte ai campionati italiani da allieva. Ma ora sono una stradista al 100 per cento.
Dove ti alleni?
Nella mia zona in particolare, spingendomi fino in Val di Sangro. Posso godere di strade poco trafficate e di percorsi ideali per allenarsi soprattutto in salita. La particolarità è che ci sono pochi corridori agonisti, sono soprattutto gli amatori a percorrere queste strade.
Al suo secondo anno al Team Di Federico, dove ha colto 6 vittorie in totaleAl suo secondo anno al Team Di Federico, dove ha colto 6 vittorie in totale
E quante ragazze?
Sono la sola e non posso negare che questo inizialmente mi provocava un po’ d’imbarazzo perché spesso mi toccava sentire commenti del tipo «ma questo è uno sport per ragazzi…». Poi non ci ho fatto più caso, d’altronde ero anche abbastanza avvezza, prima di arrivare alle allieve 2° anno spesso gareggiavo contro i ragazzi e molti mi finivano dietro…
Ora poi hai indosso anche la maglia di campionessa d’Italia, almeno quando gareggi a cronometro…
Ci tenevo particolarmente dopo che lo scorso anno ero finita terza, sapevo che questa volta potevo centrare il bersaglio. Le cronometro mi piacciono molto e mi ci dedico con passione, già dallo scorso anno ho la bici specifica anche per gli allenamenti. E’ uno dei miei punti di forza.
Con le compagne di squadra al Trofeo Prealpi in Rosa, dov’è stata la migliore fra le junioresCon le compagne di squadra al Trofeo Prealpi in Rosa, dov’è stata la migliore fra le juniores
Ma che tipo di ciclista pensi di essere?
Una passista-scalatrice, perché anche in salita tengo bene, anche su pendenze dure e poi mi piace molto correre all’attacco, prendendo l’iniziativa anche perché non ho un grande spunto veloce e quindi tendo a cercare di staccare tutte le avversarie e arrivare da sola. Molto mi aiutano le mie compagne del Team Di Federico, siamo un bel gruppo e mi dispiace molto che cambiando categoria dovrò lasciare il team.
Quindi potresti avere buone chance anche nelle corse a tappe…
Penso di sì, ma non posso dirlo con certezza avendo partecipato finora a poche prove simili. Devo dire che a maggio ho partecipato alle prove marchigiane, l’Internazionale Cycling Festival articolato in 3 giornate di gara finendo sempre sul podio e aggiudicandomi la classifica finale. Ho visto che ho un’ottima capacità di recupero, ma è chiaro che è un semplice test, serve molta più esperienza nel campo. Comunque ho visto che mi trovo bene.
De Laurentiis è già stata in azzurro lo scorso anno, quinta nel Team Relay europeoDe Laurentiis è già stata in azzurro lo scorso anno, quinta nel Team Relay europeo
Ti ispiri a qualcuna in particolare?
Non ho un vero e proprio modello, anche se devo dire che mi piace molto Elisa Longo Borghini, i suoi risultati mi esaltano e sono un esempio ma non solo per me. Credo che sia un’ispirazione per tutte noi che corriamo. Se potessi fare solo un decimo di quel che ha fatto…
E ora?
Ora spero di andare bene da qui alla fine dell’anno e di guadagnarmi la maglia azzurra per europei e mondiali. Magari con quel simbolo indosso e qualche risultato buono qualcuno potrebbe bussare alla mia porta…
Conosciamo meglio il Team Di Federico, la società femminile giovanile più a sud d'Italia. E tra le juniores sono ai vertici grazie ad un'atleta interessante
Lorenzo Fortunato è stato uno dei migliori italiani al Giro d’Italia, e guardando il Tour de France è venuto spontaneo chiedersi come avrebbe potuto cavarsela anche lì, con le gambe del mese di maggio. Ora è a Livigno, coccolato dall’Hotel Paradise Lodge, da sempre amico dei ciclisti, e in compagnia dei suoi compagni della XDS-Astana, per preparare una seconda parte di stagione intensa e stimolante, nella quale l’obiettivo principale sarà la Vuelta…
Passata la sbornia del Tour de France ritornano i corridori che erano stati protagonisti a maggio. C’è una sorta di grande rotazione. E tra coloro che rientrano in pista c’è anche Lorenzo appunto. La maglia blu del Giro, uno degli attaccanti più tosti e anche uno dei corridori italiani più solidi ormai.
Lorenzo Fortunato (classe 1996) al Giro si è comportato alla grande vincendo la maglia blu di miglior scalatoreFortunato (classe 1996) al Giro si è comportato alla grande vincendo la maglia blu di miglior scalatore
Lorenzo, dal Giro di Svizzera non hai più corso. Hai fatto un bello stacco…
Sì, sono uscito bene dal Giro d’Italia, il Giro di Svizzera un po’ meno: ero in calo e, se tornassi indietro, avrei recuperato un po’ prima. Però poi ho avuto tutto il tempo per riposare. Ora sono in altura con la squadra, a Livigno, ospiti di Riccardo nel suo Hotel Paradise, che per i ciclisti è davvero un paradiso.
Come stai lavorando al rientro?
Tra poco concludo tre settimane qui, poi correrò la Vuelta a Burgos e infine la Vuelta. Un programma classico, simile all’anno scorso.
Qui tutti dicono che ogni anno si va più forte. Tu come giudichi la tua annata?
E’ vero, si va sempre più forte. Però io ho iniziato bene la stagione, ho fatto un bel Giro d’Italia e sono fiducioso di poter ripetermi nella seconda parte. Ho sempre lavorato sodo ma con equilibrio, quindi credo di poter arrivare bene alla Vuelta e chiudere in crescendo la stagione.
Alla Vuelta con che obiettivi andrai?
Un po’ come al Giro: da battitore libero. Quest’anno puntiamo su quello. Poi diciamo che è buono anche per le tappe: si fanno più punti, c’è meno stress e si raccolgono più risultati. E ci sono delle frazioni buone per fare qualcosa. Questa è la strategia.
L’emiliano si sta allenando in quota con i suoi compagniL’emiliano si sta allenando in quota con i suoi compagni
Al Tour ci è capitato di chiacchierare con qualche corridore in fuga: dicevano che “il Fortunato del Giro ci stava bene”. Che ne pensi?
Il Tour è un’altra corsa. Le prime dieci tappe non hanno lasciato spazio alle fughe, poi sono partite ma hanno vinto soprattutto gli scalatori. Non c’è stato tanto margine per i corridori “mezzo e mezzo”. Penso per esempio a Simone Velasco, che ha faticato tanto ma ha fatto una grande fuga con un quarto posto. Magari si sarebbe trovato meglio al Giro.
In effetti hanno vinto corridori come Arensman, Healy, Paret-Peintre… e Groves ha sfruttato una caduta che ha messo in difficoltà proprio Velasco.
Anche a Boulogne-sur-Mer “Vela” era andato bene. Secondo me Simone ha fatto tutto quello che poteva.
Ti saresti visto bene nella tappa del Mont Ventoux?
Magari sì, erano tappe in cui la fuga partiva in salita, di forza. Potevo esserci anch’io. Erano fughe da scalatori. Quelle potevano essere le mie occasioni ma certo vincere non sarebbe comunque stato facile. Quindi sì: il Fortunato con la forma del Giro al Tour ci poteva stare ma non per la classifica ovviamente. Avrei sofferto molto nei primi dieci giorni, ma nella seconda parte avrei potuto dire la mia.
Prima hai detto: “Dopo il Giro avrei recuperato un po’ prima”. Perché, come hai gestito quella fase?
Dopo il Giro ho fatto due settimane tranquille, con qualche richiamo di forza e VO2Max, e poi sono andato al Giro di Svizzera. Ma avevo anche tanti impegni che forse potevo gestire meglio. Dopo la bella tappa con Scaroni, dopo la maglia blu, la fughe… ecco appuntamenti con sponsor, eventi, inviti… Belli e giustamente andavano onorati, ma non mi hanno permesso di lavorare al meglio per essere al 100 per cento allo Svizzera.
Il memorabile arrivo in parata a San Valentino Brentonico di Fortunato e ScaroniIl memorabile arrivo in parata a San Valentino Brentonico di Fortunato e Scaroni
Chiaro…
Aggiungo però che ero comunque un po’ in calo. Se tornassi indietro salterei lo Svizzera e staccherei subito dopo il Giro. Nelle prime quattro tappe ho tenuto duro, ero decimo in classifica, poi anche mentalmente facevo fatica. Ho provato ad andare in fuga, ma non ero più il Fortunato del Giro. Però ci sta, io ci ho provato.
E dopo?
Dopo lo Svizzera sono stato una settimana completamente fermo, senza bici. Poi ho ripreso mettendo chilometri nelle gambe, in vista del blocco in altura.
E adesso come stai lavorando?
Tanti chilometri, tanto dislivello. Gli allenamenti classici: un po’ di forza, salite lunghe. Sto tornando al peso ideale: magari nello stacco ho messo su quel chiletto. Tutto qui. Senza inventare troppo. Dopo Burgos vedrò cosa manca di preciso e nelle due settimane prima della Vuelta lavorerò su quello. Anche perché dopo la Vuelta non sarà finita. Ci sono altre corse, anche quelle italiane.
Parli in modo maturo, Lorenzo. Questo Giro ti ha dato la consapevolezza definitiva?
Credo di sì. Col tempo capisci dove puoi puntare e dove invece è meglio rialzarsi. Ti costruisci obiettivi più realistici, più raggiungibili. Dopo la vittoria sullo Zoncolan ho provato a fare classifica, ma arrivavo sempre dodicesimo, quindicesimo... Allora ho detto: forse è meglio concentrarsi su altro. Non escludo che un giorno ci riproverò, ma per ora va bene così.
Anche perché arrivare quattordicesimo, per dire, non ti cambia molto…
Esatto. Ne ho parlato con Mazzoleni e con Shefer: se punti alla top 5 e ti va male, arrivi comunque nei 10. Ma se punti ai dieci e ti va male, arrivi quindicesimo.
Fortunato ha confermato che Ulissi (alla sua ruota) è stato un innesto importante per la XDS-Astana: un esempio e un diesse in corsaFortunato ha confermato che Ulissi (alla sua ruota) è stato un innesto importante per la XDS-Astana: un esempio e un diesse in corsa
E poi sei bloccato, non puoi andare in fuga…
Vero, non ti giochi le tappe, sei marcato: non hai spazio. E a a quel punto è tutto inutile. Per questo quest’anno ho fatto l’opposto.
E ti è piaciuto?
Sì, anche perché avevo dietro una bella squadra. Siamo un gruppo affiatato e con tanti italiani dai preparatori come Mazzoleni, ai direttori sportivi come Zanini, ma anche Shefer che ormai è italiano d’adozione, e Cataldo. Un bel gruppo, anche tra i corridori.
A proposito di Zanini, “Zazà” ha speso belle parole per Ulissi. Tu che impressione hai avuto?
Diego Ulissi è il direttore sportivo in corsa: dove non arrivano i diesse dalla macchina, ci arriva lui. E’ un nostro punto di forza. Quest’anno quando ha preso la maglia rosa sono stato contentissimo, quasi più che se l’avessi presa io. Quel giorno ero secondo a pochi secondi, ma il risultato gli ha dato ancora più morale e forza per continuare ad aiutarci anche nelle tappe successive.
Insomma, quando c’è Ulissi la squadra gira bene?
Sì, ma anche con Masnada, Conci, Scaroni, Velasco… Ripeto: siamo un bel gruppo. Ci alleniamo insieme, tra chi è a San Marino e chi è in Svizzera. Siamo uniti… e non solo in corsa.
Il ciclismo è uno sport dove la maggior parte del lavoro lo fanno le gambe, questo è assolutamente vero, ma non si devono trascurare anche tutte le altre parti del corpo. In particolare un ciclista deve lavorare sulla parte superiore, il cosiddetto core, ovvero la zona che comprende i muscoli addominali, lombari, del bacino e dei fianchi. Rinforzare questa zona garantisce una migliore prestazione ed evita al ciclista di avere dolori e fastidi che poi possono avere ripercussioni su tutto il corpo.
Come si lavora sul core? Quante ore servono a settimana? Quali sono gli esercizi consigliati? Per rispondere a queste e altre domande siamo andati a bussare alla porta di Marino Rosti, fisioterapista del XDS Astana Team. Nel mese di luglio è stato in ritiro con la squadra per preparare il finale di stagione, e anche durante il ritiro estivo non devono mancare gli esercizi di rinforzo per la zona del core.
«Siamo saliti a Livigno – racconta Marino Rosti – il 30 giugno e scendiamo il 31 luglio, qualche atleta si ferma un paio di giorni in più ma sono scelte personali. Una cosa certa è che anche in queste settimane di ritiro abbiamo lavorato sul rinforzare le fasce muscolari del core».
Durante gli sforzi massimali un ciclista si aiuta nella spinta anche con la parte superiore del corpoDurante gli sforzi massimali un ciclista si aiuta nella spinta anche con la parte superiore del corpo
Come si trova il tempo durante la stagione?
E’ difficile riuscire ad avere le stesse ore di lavoro a seconda del momento in cui ci si trova. Sicuramente i ritiri collettivi, come questo a Livigno o quelli di inizio stagione, sono fondamentali. Il ciclismo si è evoluto e tutti gli atleti fanno attività di palestra perché si è capito che è importante lavorare su tutte le fasce muscolari.
Avere un core ben allenato cosa comporta?
Intanto va detto che negli anni c’è stata una progressione importante nella cura di questa parte. Allenarsi in palestra sulla zona superiore del corpo permette di avere un maggiore controllo sulle quattro estremità: gambe e braccia. Di conseguenza si ha molta più forza da richiamare quando ci si trova a pedalare al limite.
Tenere allenato il core è fondamentale al fine di avere una prestazione ottimale in bicicletta Tenere allenato il core è fondamentale al fine di avere una prestazione ottimale in bicicletta
In che senso?
Negli sforzi cosiddetti “a tutta” il fisico dell’atleta va a cercare supporto anche nella parte delle braccia, l’esempio classico è quando si vede il ciclista che sembra tirare verso di sé il manubrio. In quel momento il corpo sta cercando supporto dai muscoli delle braccia e delle spalle. Se non si è sufficientemente allenati si perde efficacia e c’è il rischio di avere dolori e fastidi in quelle aree.
Come ci si allena al fine di rafforzare tutta la parte superiore?
Serve avere una routine da mantenere anche a casa, bastano 15 o 20 minuti. Lo si può fare anche senza utilizzare macchinari, allenandosi a corpo libero, anzi direi che è meglio.
Un esercizio fondamentale è questo in foto dove si sollevano la gamba dx e il braccio sx, o viceversa, che aiuta ad allenare le simmetrie (depositphotos.com)Un esercizio fondamentale è questo in foto dove si sollevano la gamba dx e il braccio sx, o viceversa, che aiuta ad allenare le simmetrie (depositphotos.com)
Perché?
Non serve aumentare la massa muscolare, ma tenerla allenata e rinforzarla. Un modo efficace è farlo utilizzando il peso del corpo perché si mantiene una buona tonicità.
In che modo questo si ripercuote sull’attività del ciclista?
Il corpo umano non è diviso in settori, lo si studia in questo modo ma siamo formati da catene cinetiche. Se non siamo allenati in maniera equilibrata quando un muscolo va a chiedere supporto agli altri trova una parte debole. A lungo andare si può incorrere in dolori e infiammazioni perché si chiede uno sforzo eccessivo a muscoli che non riescono a dare il supporto necessario.
Si può fare un esempio di allenamento a corpo libero per rinforzare il core?
Certo. Basta davvero poco: un tappetino, una fit ball o dei trx che sono le maniglie elasticizzate. Partiamo dalle esecuzioni più semplici che si fanno con il tappetino: un plank(in apertura foto depositphotos.com), un plank laterale e poi ci sono gli esercizi per rinforzare la schiena nella parte dorsale e lombare. La cosa importante è allenare anche le simmetrie con esercizi mirati perché il ciclismo è uno sport circolare e asimmetrico.
FORLI’ – Donne meravigliose quelle che hanno corso il Giro Women. D’altronde lo slogan della gara – wonderful women – inciso sulla copertina del road book della gara intendeva riunirle tutte assieme. Dalla prima all’ultima, letteralmente, perché per tante che vincono, ce ne sono sempre altrettante che chiudono le classifiche.
Per dare un riferimento ed entrare nello specifico, a Monte Nerone – traguardo della settima tappa che misurava 150 chilometri con 3.850 metri di dislivello – Sarah Gigante ha vinto in 4 ore e tre quarti. Le ultime invece sono arrivate con quasi 50 minuti di ritardo, ritrovandosi a pedalare per circa 6 ore contando i chilometri di trasferimento e lottando contro il limite del tempo massimo. Di questo passo quindi capita che alcune atlete, così come succede tra gli uomini, finiscano le grandi gare a tappe come se avessero corso una frazione in più.
C’è chi è più abituata e chi meno a queste situazioni, così assieme ad Alessia Zambelli della Top Girls Fassa Bortolo siamo ritornati a quel sabato di due settimane fa abbondanti. Lei ha diciannove anni, è bergamasca di Almenno San Bartolomeo (ai piedi della Roncola, come sottolinea) e quest’anno sta disputando la sua prima stagione da elite. Per lei la “Corsa Rosa” è stata un’avventura estremamente formativa di cui esserne orgogliose.
Per la bergamasca Zambelli, la crono iniziale del Giro Women corsa sulle strade di casa è stata una grande emozionePer la bergamasca Zambelli, la crono iniziale del Giro Women corsa sulle strade di casa è stata una grande emozione
Innanzitutto com’è andato il Giro Women in generale?
Devo dire bene. L’ho finito e questo è un gran risultato per me considerando che ho saputo di correrlo solo al campionato italiano. Quindi non ho avuto modo di poterlo preparare a dovere, anche perché avevo la maturità (si è diplomata in amministrazione, finanza e marketing, ndr). L’obiettivo principale era quello di cercare di arrivare il più lontano possibile. Sono contenta di essere arrivata in fondo, se guardo anche il livello delle atlete in gara.
Quanto eri emozionata?
Tantissimo. Ero felice della convocazione, soprattutto perché sono al mio primo anno nella categoria. Poi considerando che la partenza è stata da Bergamo, casa mia, ero abbastanza tesa. Per la crono avevo molta ansia perché continuavo a pensare di essere alla gara italiana più importante con le migliori al mondo. Non volevo sfigurare del tutto, però è stata una bella sensazione.
Zambelli vuole concentrarsi sul ciclismo per scoprire meglio le sue caratteristiche (foto Ossola)Zambelli vuole concentrarsi sul ciclismo per scoprire meglio le sue caratteristiche (foto Ossola)
La settima tappa del Giro Women è stata una delle più dure degli ultimi 10/15 anni e va fatto un plauso a chi l’ha portata a termine. Ma come si vivono certe giornate più lunghe?
Non avevo mai fatto così tanta salita in vita mia, è stata molto impegnativa. Lo scorso inverno avevamo fatto tanto fondo con la squadra, però in questo caso c’era molto dislivello. La cosa più importante è stato alimentarsi molto durante la tappa. A dire il vero verso il finale ero rimasta a secco di cibo (sorride, ndr), ma per fortuna c’era l’ammiraglia che mi ha dato un po’ di gel.
Cosa ti eri preparata da mangiare per quella tappa?
Vi anticipo già che devo migliorare tanto sull’alimentazione. Avevo borracce con acqua e maltodestrine, poi le classiche barrette, i gel e i “fruttini” (gelatine di frutta, ndr). Prendevo qualcosa ogni mezz’ora. Non avevo nessun paninetto o rice cake perché faccio fatica a mangiarli in gara, però so che sarebbero tornati utili. Vedo le mie compagne e anche amici U23 che calcolano tutti i grammi da prendere, mentre io vado ancora ad occhio. Ecco, ho capito che devo assolutamente curare questo aspetto che è fondamentale.
La chiamata a Zambelli per il Giro Women è arrivata solo una settimana prima con l’obiettivo di arrivare il più lontano possibile (foto Ossola)La chiamata a Zambelli per il Giro Women è arrivata solo una settimana prima con l’obiettivo di arrivare il più lontano possibile (foto Ossola)Alessia Zambelli ha chiuso il Giro Women sapendo soffrire e con un grande bagaglio di esperienza
Oltre alla fatica fisica, è stato anche uno sforzo mentale?
Certo, di fatica mentale ne ho fatta tanta che quasi al mal di gambe non ci pensi più. Tuttavia sapevo che dovevo arrivare in cima al traguardo, quindi sono salita di inerzia. E’ stato un test molto complicato da superare, però anche quel giorno, sommato a quelli prima e al quello successivo, mi ha insegnato molto.
Ha imparato qualcosa di particolare Alessia Zambelli dal Giro Women?
Ho fatto tantissima esperienza. Ho capito tantissime cose, a non mollare di testa e che si può cercare di resistere fino all’ultimo. Salendo verso Monte Nerone pensavo di essere già fuori tempo massimo, invece dall’ammiraglia mi hanno detto che avevo ancora dieci minuti da gestire. Certo, erano solo dieci minuti, ma mi hanno dato una piccola iniezione di fiducia e ritrovi morale. Infatti come dice sempre Lucio Rigato (il team manager, ndr), vale più una settimana di Giro d’Italia che un anno o due di gare open.
A parte le gare open, Zambelli aveva corso Trofeo Binda, Chambery e campionato italiano prima del Giro Women (foto Ossola)A parte le gare open, Zambelli aveva corso Trofeo Binda, Chambery e campionato italiano prima del Giro Women (foto Ossola)
Da juniores sei andata molto forte e le tue caratteristiche erano da scalatrice. Finora com’è andata la stagione?
La squadra mi ha tenuta calma finché ho avuto la scuola e la maturità da preparare. Prima del Giro, con le pro’ avevo corso solo il Trofeo Binda, Chambery e l’italiano, mentre le gare open le ho fatte quasi tutte le domeniche. Abbiamo ripreso a correre solo domenica scorsa a Tarzo dopo un buon periodo di recupero. Devo ancora capire che tipo di corridore sono. Da juniores andavo bene un po’ dappertutto, adesso cerco di concentrarmi bene sul ciclismo e vedere cosa posso provare a fare, poi vedremo. Da qui alla fine dell’annata ci sono ancora un po’ di gare importanti in cui imparare e crescere.
E’ una settimana importante per il ciclismo internazionale: venerdì 1 agosto sarà la data di sblocco dei nuovi contratti per il prossimo anno. Il ciclomercato si anima e promette molti colpi importanti per le squadre WorldTour. A dir la verità, molti trasferimenti sono stati già stabiliti, bisogna solo attendere la fatidica data per la loro ratificazione, ma molti di più sono i rumors che circolano nell’ambiente, a maggior ragione dopo il Tour de France che è da sempre anche luogo di incontri e accordi sotto banco.
Nella nostra analisi abbiamo preso in esame quelli che hanno una certa fondatezza, quelle voci che non sono solamente un sussurro ma che arrivano da più parti e che quindi sembrano davvero sul punto di diventare realtà.
Luca Giaimi è pronto al salto in prima squadra. Numerose le esperienze già fatte quest’annoLuca Giaimi è pronto al salto in prima squadra. Numerose le esperienze già fatte quest’anno
Casa UAE: si sfoltiscono i ranghi
Prima squadra a essere presa in esame la UAE vincitutto. In entrata per ora si muove poco, si avrà l’ufficialità della promozione in prima squadra di Luca Giaimi che dovrebbe essere seguito da altri compagni come il talentuoso Matthias Schwarzbacher, ma i dirigenti contano di prendere anche il forte belga Kevin Vermaecke. E’ però in uscita che si contano addii di peso: quello di Alessandro Covi intenzionato a cercare maggiori spazi alla Ineos o, più probabilmente, all’XDS Astana e soprattutto quello di Ayuso, oggetto del desiderio di molte squadre.
La Visma-Lease a Bike non sta a guardare e pur mantenendo la sua intelaiatura di base cambia un po’ il suo roster rendendolo più italiano, affiancando ad Affini il giovane Pietro Mattio proveniente dal devo team ma anche Filippo Fiorelli (Bardiani) e Davide Piganzoli (Polti-VisitMalta) che fanno finalmente il grande salto. Anche qui però ci sono addii importanti, soprattutto in ottica classiche come quelli di Tiesj Benoot e Olaf Kooji in trattativa con la Decathlon AG2R e Dylan Van Baarle promesso alla Soudal.
Intorno alla scelta di Evenepoel gira un po’ tutto il ciclomercato. La Red Bull è ormai vicinissima al belgaIntorno alla scelta di Evenepoel gira un po’ tutto il ciclomercato. La Red Bull è ormai vicinissima al belga
Evenepoel è davvero il re del mercato?
Già, la Soudal il cui mercato molto dipende dal destino di Remco Evenepoel. Se davvero passerà alla Red Bull, significa che la squadra verrà reimpostata nelle sue fondamenta. Probabile l’arrivo di “gente da classiche del Nord” come, oltre a Van Baarle, Edward Planckaert dall’Alpecin e Jasper Stuyven dalla Lidl-Trek, ma anche Alberto Dainese potrebbe trovare spazio.
La Ineos Grenadiers dovrà far fronte a una serie di ritiri, tra cui quelli di Geraint Thomas, Omar Fraile e Jonathan Castroviejo. Arriveranno molti giovani, sicuri i nomi di Peter Oxenberg e Theodor Storm dalla Lotto-Kern Haus, la squadra satellite, probabile anche l’acquisizione di Sam Welsford dalla Red Bull, mentre nelle ultime ore la grande prestazione generale al Tour de France ha fatto salire le quotazioni di Kevin Vauquelin, sul quale si vuole investire in ottica grandi giri.
Per Kooij si profila un nuovo team. L’olandese dovrebbe finire in Francia, alla Decathlon AG2RPer Kooij si profila un nuovo team. L’olandese dovrebbe finire in Francia, alla Decathlon AG2R
Vendrame è pronto a cambiare aria
Chi è davvero attivissima sul mercato è la Decathlon AG2R intenzionata a rivoluzionare il proprio roster. Tanti i corridori sul taccuino, da Benoot a Kooij, da Hoole allo stesso Vauquelin. Chi dovrebbe lasciare la squadra è Andrea Vendrame che ha tantissimi team pretendenti, tra Ineos, Bahrain, Cofidis, Groupama FDJ…
Si muove anche l’Alpecin Deceuninck che punta molto sui propri giovani: Lennert Belmans, Aaron Dockx, Senna Remijn, tutti da tenere d’occhio visti i propri risultati nelle categorie inferiori, ma al team di VDP potrebbe arrivare anche Busatto insieme a un altro giovane emergente, Joran Wyseure.
Fila di team alla porta di Vendrame, corridore molto apprezzato per le sue prese d’iniziativaFila di team alla porta di Vendrame, corridore molto apprezzato per le sue prese d’iniziativa
Tante attenzioni per i giovani azzurri
Il ciclomercato della Red Bull Bora Hansgrohe è giocoforza legato all’esito della trattativa con Evenepoel. Tanti però i movimenti sul tavolo, alcuni riguardano anche gli italiani, come Mattia Cattaneo (che arriverebbe con l’olimpionico) ma anche il talentuoso junior Alessio Magagnotti, sul quale s’intende investire con forza. Un altro giovane azzurro, l’iridato di ciclocross Mattia Agostinacchio è atteso dall’EF Education-Easy Post intenzionata anche a rilanciare l’americano Luke Lamperti dopo una stagione in chiaroscuro alla Soudal.
Si muove anche la Jayco AlUla, che punta su Jack Haig che cerca un rilancio ma anche sul tricolore Filippo Conca. Possibile la partenza di Groenewegen, destinazione l’Unibet, scelta curiosa visto lo status dell’olandese, ma anche Dunbar potrebbe partire verso Tudor o Q36.5 alla ricerca di un uomo da classifica per i grandi giri. Anche l’ex tricolore Zana potrebbe lasciare il team, viste le richieste di Movistar e Ineos.
Vauquelin è una delle grandi sorprese del Tour. L’Ineos (ma non solo) è pronta ad investire su di luiVauquelin è una delle grandi sorprese del Tour. L’Ineos (ma non solo) è pronta ad investire su di lui
Ma c’è chi al ciclomercato rimane in attesa…
Alcuni team per ora restano alla finestra: la Lidl-Trek ha in programma per il momento solo l’ingresso del giovane Jakob Soderquist fra i grandi, anche la Movistar si guarda intorno, ma è presumibile che l’esito della Vuelta darà un nuovo scossone alle scelte dei team, come anche gli esiti delle prove titolate, soprattutto nelle categorie giovanili.
Attacco sulla Redoute e tanti saluti. Remco Evenepoel debutta alla Liegi con una vittoria dopo 30 chilometri da solo. Apprensione per Alaphilippe caduto
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E’ tornato per la seconda volta in Uzbekistan, stavolta per fare sul serio. Dopo un primo viaggio esplorativo questo inverno, Pino Toni, preparatore con un lungo curriculum tra professionisti e giovani promesse, è stato incaricato direttamente dal Comitato Olimpico Uzbeko di contribuire alla crescita del ciclismo nel Paese.
Non solo preparazione, ma una visione globale per cercare talenti, formare tecnici e creare le condizioni perché questo sport possa attecchire in una realtà dove finora hanno brillato soprattutto pugili e sollevatori. Una sfida stimolante in un Paese giovane, ambizioso e in trasformazione.
Pino Toni durante i test in UzbekistanPino Toni durante i test in Uzbekistan
Ambizioni sportive
Il collegamento tra Toni e l’Uzbekistan passa da Vladimir Starchyk, ex corridore della Amore e Vita e oggi tecnico della nazionale uzbeka. E’ stato lui a coinvolgerlo per una consulenza mirata su un giovane atleta uzbeko, Nikita Tsvetkov, in vista dei mondiali e delle scorse Olimpiadi. Da lì è nato un confronto più ampio, culminato con l’incarico del Comitato Olimpico uzbeko per valutare e potenziare l’intero settore.
«Mi hanno chiesto se me la sentivo di dare una mano – racconta Toni – loro ragionano in termini di medaglie: campionati asiatici, mondiali, Olimpiadi. Serve concretezza. Ma sono ambiziosi: su 36 milioni di abitanti, alle ultime Olimpiadi sono arrivati tredicesimi nel medagliere. In discipline da palestra: pugilato, lotta, sollevamento pesi. Il ciclismo non è ancora nella loro cultura, ma hanno costruito impianti modernissimi, come il nuovo velodromo a Tashkent».
Il potenziale, secondo Toni, è enorme. Non solo per la struttura demografica del Paese, ma per l’energia che si respira, tipica delle società in crescita. «Sono nel boom, ci sono un milione di nuovi nati all’anno. E c’è fame di migliorare e di fare sport».
In Uzbekistan non solo il velodromo, sta nascendo un villaggio olimpico per i Giochi AsiaticiIn Uzbekistan non solo il velodromo, sta nascendo un villaggio olimpico per i Giochi Asiatici
Lo sport in Uzbekistan
In Uzbekistan lo sport è uno strumento di orgoglio nazionale, interamente finanziato dallo Stato, apsetto tipico degli stati ex sovietici. Sponsorizzazioni private e club privati sono rari, per non dire unici. Tutto passa per i comitati olimpici e le federazioni, che selezionano e sostengono i giovani con criteri precisi, ma anche con forti incentivi. «Il concetto di sponsorizzazione non esiste – dice Toni – tutto è pubblico. Chi entra nel sistema riceve aiuti concreti. I ragazzi della nazionale hanno un rimborso che vale quanto mezzo stipendio di operaio. E per molti è già un grande passo, ma serve di più se si vuole allargare la base».
Allargare la base, prima ancora che un progetto è una sfida. Le famiglie non sostengono uno sportivo se non ci sono prospettive concrete, economiche o sociali. «A 19 anni un ragazzo o una ragazzi sono spinti a mettere su famiglia, magari persino a sposarsi. Se non si vede un futuro nello sport, lo si fa smettere. Per questo insisto sul creare prospettive e i corpi militari anche nel ciclismo sono una soluzione. L’alternativa sarebbe fare quel che ha fatto il Kazakistan con l’Astana: una squadre stabile con un percorso chiaro».
Le discipline preferite sono quelle in cui l’impatto economico è minore e i risultati più immediati, vedi la lotta libera, quella greco-romana, il sollevamento pesi…. Ma qualcosa sta cambiando. Il comitato olimpico ha stanziato risorse anche per il ciclismo, considerato ora disciplina strategica, in vista anche dei grandi eventi giovanili, come le Olimpiadi asiatiche under 18 che si terranno nel 2026.
Il clima (molto freddo d’inverno e molto caldo d’estate) non ha aiutato la crescita del ciclismo. Ma le cose stanno cambiandoIl clima (molto freddo d’inverno e molto caldo d’estate) non ha aiutato la crescita del ciclismo. Ma le cose stanno cambiando
Una base da costruire
Il ciclismo in Uzbekistan è ancora ai margini. La nazionale ha buone dotazioni, bici Aurum, gruppi di alto livello, ottime ruote, ma la base resta debole. «Una famiglia normale non può permettersi una bici da corsa – spiega Toni – quindi molti usano mezzi datati, magari con telai di vent’anni fa. Però la federazione funziona bene, c’è entusiasmo e da lì bisogna partire».
Gli impianti stanno arrivando. Oltre al velodromo di Tashkent, Toni sta insistendo anche sul far costruire nuove piste BMX e centri di selezione giovanile. Il problema è la continuità: da allievi agli elite sopravvive solo il 10 per cento dei ragazzi. I motivi sono economici e culturali, come quanto detto prima, ma anche strutturali.
«Quando sono andato lì – racconta Toni – ho trovato 70 ragazzi a un ritiro nazionale: quasi tutti in pratica. Ma tanti c’erano, perché facevano questo sport. Tuttavia il livello dei ragazzi, specie degli allievi, è buono, direi quasi più alto dei nostri. Ho fatto test su 25-30 giovani e ho visto valori sorprendenti. Anche tra le donne. Ma senza continuità non si cresce».
Al momento, gare su strada e mountain bike sono poche. Si punta molto sulla pista e sulla BMX, anche per la loro dimensione urbana e la possibilità di selezionare atleti da altri sport. E questo è un passaggio cruciale.
Yanina Kuskova è attualmente la miglior ciclista uzbeka (anche rispetto agli uomini). Prende l’eredità di una grande: Olga ZabelinskayaYanina Kuskova è attualmente la miglior ciclista uzbeka (anche rispetto agli uomini). Prende l’eredità di una grande: Olga Zabelinskaya
Il lavoro di Pino Toni
Il ruolo di Toni va ben oltre quello del preparatore: è un supervisore tecnico incaricato dal Comitato Olimpico. Il suo compito è mettere in piedi un sistema: scouting, test, selezione, formazione di tecnici e atleti.
«Gli ho insegnato a fare test sui rulli normali – spiega – per iniziare a scremare i ragazzi e capire chi ha potenziale. Stiamo creando strutture BMX e preparando un percorso per la pista, dove c’è anche un tecnico tedesco. L’idea è coinvolgere altri sport, cercare ragazzi esplosivi da atletica o arti marziali. Bisogna andare sul territorio a scovarli».
Una delle grandi sfide è proprio questa: pescare talento fuori dal ciclismo. Toni lavora con scuole di atletica, di lotta, di pesistica, per individuare profili atletici trasferibili. «Chi ha potenza e motivazione può diventare un ciclista di BMX o su pista. Un mezzofondista dell’atletica potrebbe essere un buono stradista. Ma serve un sistema ed è quello che sto cercando di fare. E soprattutto serve dare speranza: se a un ragazzo prometti un futuro, resta. Altrimenti molla».
Il lavoro è iniziato dagli allievi, ma tocca tutte le categorie, uomini e donne. L’obiettivo è arrivare a creare un vero movimento, con una base solida, un percorso formativo e, magari, una squadra che raccolga il meglio del Paese.
Nikita Tsvetkov mentre fa dietro motore con Pino Toni in ToscanaNikita Tsvetkov mentre fa dietro motore con Pino Toni in Toscana
Obiettivi sportivi e strategici
L’obiettivo immediato è arrivare pronti alle Olimpiadi Giovanili Asiatiche 2026, tappa fondamentale per il movimento. Nikita Tsvetkov, classe 2005, è il simbolo di questa scommessa: terzo nel ranking Asia Tour pur correndo praticamente solo con la nazionale. Toni lo sta seguendo anche in Italia, per offrirgli un contesto più competitivo.
Nel medio termine, si punta a partecipare con più continuità a Campionati Asiatici e Mondiali, ma anche a costruire una struttura interna stabile: squadre, centri tecnici, una filiera di crescita.
«Serve un modello tipo Astana – dice Toni – oppure l’inserimento nei corpi militari. Il ciclismo può attecchire se ha una funzione sociale. E il Paese ha risorse: gas, cotone, oro, industrie. Se decidono di investire, lo fanno sul serio come di fatto stanno facendo con le strutture a Tashkent».
Il futuro passa anche dalla creazione di una cultura sportiva condivisa. «Molti non sanno cos’è il ciclismo – conclude Toni – ma quando ne capiscono il valore, si appassionano. Il mio compito è seminare. I frutti verranno col tempo».
Per un insolito scherzo del destino, quando il 16 luglio Demi Vollering ha commentato un post di Tadej Pogacar su Instagram non poteva immaginare che di lì a poco si sarebbe ritrovata nella stessa situazione. Il campione del mondo, appena caduto nella tappa di Tolosa, ringraziava il gruppo per averlo aspettato e avergli permesso di tagliare il traguardo con tutti gli altri. «Sembra che tu abbia avuto tutta la merda che ho vissuto io – solo che a me è costata una vittoria alla Vuelta e un Tour».
Il 16 luglio, Vollering ha risposto al post con cui Pogacar ringraziava il gruppo dopo la caduta di TolosaIl 16 luglio, Vollering ha risposto al post con cui Pogacar ringraziava il gruppo dopo la caduta di TolosaL’olandese ha confrontato la situazione di di Pogacar con la sua dello scorso anno
Neutralizzazione ai meno 5
Ieri, neanche due settimane dopo e nello stesso giorno in cui Elisa Longo Borghini ha lasciato la corsa, l’olandese che da quest’anno corre alla FDJ Suez è caduta a 3,7 chilometri dal traguardo di Angers, terza tappa del Tour de France Femmes. Una scena da brividi, con una caduta di massa, causata probabilmente da una manovra incauta che ha trascinato sull’asfalto anche Vollering. Il suo riferimento nel commentare il post di Pogacar era certamente alla caduta del Tour 2024, quando cadde a 6 chilometri dal traguardo di Amneville e perse vantaggio e maglia gialla. Questa volta, in virtù della neutralizzazione scattata ai meno 5 dall’arrivo, i distacchi sono stati azzerati, ma il dolore rimane. Amber Kraak e Juliette Labous l’hanno spinta fino al traguardo, poi Vollering è salita sul pullman della squadra.
«Abbiamo controllato tutto con il medico – ha spiegato subito Stephen Delcourt, manager della squadra francese – l’obiettivo è tornare in hotel, fare un altro controllo con il fisioterapista e l’osteopata e prenderci il tempo per valutare la situazione. Demi vuole sicuramente continuare in questo Tour, ma ha bisogno di tempo per riprendersi da un colpo del genere. La mentalità di alcune squadre è anomala, davvero irrispettosa. Demi vuole correre in testa, ma le tagliano continuamente la strada. In questo caso, la colpa non è dell’ASO, ma dei corridori. E’ semplicemente una questione di rispetto».
Marianne Vos è la nuova maglia gialla e non crede che la caduta sia dipesa da un erroreLa tappa di Angers è stata vinta da Lorena Wiebes, che ha preceduto Marianne VosMarianne Vos è la nuova maglia gialla e non crede che la caduta sia dipesa da un erroreLa tappa di Angers è stata vinta da Lorena Wiebes, che ha preceduto Marianne Vos
La difesa di Marianne Vos
Dopo ulteriori esami eseguiti in serata nell’hotel della squadra francese, lo staff medico ha escluso fratture, ma non il rischio della commozione cerebrale, per la quale scatterebbe eventualmente il protocollo dell’UCI. L’ultima verifica viene effettuata proprio in queste ore, per capire se Vollering potrà ripartire o dovrà fermarsi. Intanto però a Delcourt che ha puntato genericamente il dito verso la scorrettezza di qualcuno nel gruppo, risponde Marianne Vos.
«E’ il Tour de France – ha commentato la nuova maglia gialla – tutti vogliono essere davanti. Il finale di tappa è stato piuttosto caotico, stavamo entrando in paese in discesa e a tutta velocità. Non credo ci sia stata una mancanza di rispetto, è solo che tutti sono a pochi centimetri in questo tipo di finale. E’ la lotta per il posizionamento che lo rende pericoloso. Succede, ovviamente, anche in altre corse. Ci sono grandi ambizioni, c’è pressione per le atlete. Bisogna lottare per la propria posizione. Certo, sarebbe bello se si guidasse con rispetto reciproco, lasciandosi spazio a vicenda. Ma sappiamo anche che è una corsa serrata e che purtroppo questo genere di cose può accadere».
Demi Vollering ha mantenuto il suo posto in classifica, ma dovrà sottoporsi a nuovi esamiDemi Vollering ha mantenuto il suo posto in classifica, ma dovrà sottoporsi a nuovi esami
L’ultima valutazione stamattina
Poco dopo l’arrivo, mentre Vollering si stava riprendendo sui rulli davanti al pullman della squadra, Stephen Delcourt ha continuato a spiegare. «Demi ha un forte dolore al ginocchio e al gluteo sinistro. Se si tratta di dolore muscolare dovuto all’impatto, potremmo superarlo. Se invece avrà bisogno di diversi giorni per riprendersi, prenderemo una decisione domani (stamattina, ndr)».
La partenza della quarta tappa, quella di oggi, avverrà nel primo pomeriggio da Saumur in direzione di Poitiers, in una frazione probabilmente dedicata ai velocisti, come quella di ieri.