Vegni, addio RCS Giro

L’ultimo Giro firmato Vegni. «Lascio una corsa in salute»

07.12.2025
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ROMA – E’ un momento che il ciclismo italiano sapeva sarebbe arrivato, ma che in pochi erano pronti a vivere davvero: Mauro Vegni va in pensione a febbraio e chiude un ciclo lunghissimo. Iniziato (e finito) con RCS Sport e al timone del Giro d’Italia, la corsa che più di ogni altra ha segnato la sua vita professionale. Lo abbiamo incontrato a Roma, pochi minuti prima che salisse sul palco dell’Auditorium per presentare il percorso 2026, l’ultimo che porta la sua firma. Sullo sfondo c’era l’emozione composta di chi sa di aver lasciato un segno profondo e insieme la serenità di chi sente di aver dato tutto. «Ma ho anche ricevuto tanto», ci tiene a ribadire.

Vegni, addio RCS Giro
L’abbraccio sincero con Cassani. Vegni lascia dopo 31 anni di RCS e 13 come direttore del Giro
Vegni, addio RCS Giro
L’abbraccio sincero con Cassani. Vegni lascia dopo 31 anni di RCS e 13 come direttore del Giro

Le sue parole raccontano l’orgoglio di un direttore che ha gestito trasformazioni, crisi, alcune delle quali nerissime come il blitz di Sanremo 2001, nuove partenze, nuovi stili di tappa e persino cambiamenti climatici… Il tutto in uno Sport e nella sua diffusione mediatica che si stanno evolvendo alle velocità della luce. Vegni stesso ad altre testate ha detto di aver iniziato che le medie erano di 37-38 all’ora ed ora si va a 44. E poi le esigenze dei team: tanti più mezzi, regolamenti e leggi stradali più stringenti.

Vegni Giro 2021
Vegni ha spesso dovuto dribblare mille problemi: la neve, gli scioperi e persino il Covid, spostando la corsa rosa ad ottobre. Era il 2020
Vegni Giro 2021
Vegni ha spesso dovuto dribblare mille problemi: la neve, gli scioperi e persino il Covid, spostando la corsa rosa ad ottobre. Era il 2020
Mauro, insomma, ci siamo. L’addio dopo tantissimi anni. A proposito, quanti sono?

Sono 31 anni. Trentuno anni di questa azienda, RCS Sport, e 31 anni di Giro d’Italia (il primo come direttore è del 2012, ndr). E’ arrivato il momento di dire basta.

Che Giro lascia?

Lascio un Giro in salute. Quello che viene per me sarà sicuramente una bella corsa rosa, che lascia spazio a più soluzioni, poi come al solito sono i corridori che fanno grande una corsa o meno. Però credo che gli ingredienti ci siano tutti per assistere ad una bella corsa.

Ha detto un Giro in salute: c’è qualcosa, in tanti anni, che le è rimasto in sospeso? Qualcosa che non è riuscito a fare?

Purtroppo i desideri sono qualcosa che rimane nella testa, però devi sempre combattere con la realtà delle cose. E su quella posso dire che mi sento a posto per quello che ho fatto.

L’arrivo a Roma? Una vera perla della direzione di Vegni (speriamo permanente)
L’arrivo a Roma? Una vera perla della direzione di Vegni (speriamo permanente)
Qual era uno di questi desideri?

Mi sarebbe piaciuto accorciare un po’ di più il gap che c’è tra Giro e Tour. Lo dico apertamente, mi sarebbe piaciuto ridurlo. Questo è uno dei desideri, delle cose da fare, che avrei voluto affrontare fino in fondo. Però è un discorso ampio, lungo e complesso.

Possiamo capire. Bisognerebbe tirare in ballo sponsor, politica… E invece il fiore all’occhiello? La cosa che l’ha resa più soddisfatta?

Ce ne sono tante. Forse per primo mi viene in mente il Giro del 2017, quello dei cent’anni. In quell’edizione abbiamo toccato le due isole maggiori per poi risalire al Nord. Fu un Giro complesso da realizzare, ma certamente importante. E un altro è stato andare per primi fuori continente per la Grande Partenza quando la corsa rosa scattò da Israele.

Uno possiamo suggerirglielo noi? L’arrivo di Roma: come si dice oggi è “tanta roba”…

Eh – sorride compiaciuto Vegni – è una eredità che si può lasciare. E’ tanta roba, soprattutto dopo quest’anno in cui abbiamo in qualche modo celebrato il nuovo Pontefice. Siamo stati i primi sportivi, il primo evento, a essere ricevuti come Giro d’Italia dal Papa. Non credo sia qualcosa che succeda spesso.

La vittoria di Marco Pantani a Montecampione nel 1998 è forse l’immagine simboli del legame fra il Pirata e il Giro. E lo è anche per Vegni
La vittoria di Marco Pantani a Montecampione nel 1998 è forse l’immagine simboli del legame fra il Pirata e il Giro. E lo è anche per Vegni
Com’è nata quella giornata? Ci racconti…

E’ una storia lunga. Attraverso alcuni personaggi importanti vicini al ciclismo, siamo entrati in contatto con persone del Vaticano alle quali l’idea è piaciuta. L’hanno portata avanti con noi, l’hanno proposta al Papa e lui ha accettato. E così siamo riusciti a creare quella giornata in cui il Papa stesso ha benedetto la carovana del Giro.

E’ cambiato il suo lavoro in questi 31 anni? Se si volta indietro, che differenze vede?

E’ cambiato notevolmente. L’investimento di tempo, rispetto a 30 anni fa è almeno 7-8 volte superiore. Adesso tutto ciò che riguarda pratiche amministrative è veramente complicato, anche perché devi dare conto a tutti: poteri pubblici, questura, prefettura, ordine e sicurezza pubblica, squadre… E’ diventato molto complesso, credetemi.

In 31 anni di Giro d’Italia avrà visto tanti campioni dal tettuccio dell’auto di direzione corsa: se chiude gli occhi, chi le viene in mente?

Me ne vengono in mente due in particolare: Marco Pantani e Alberto Contador (con lui nella foto di apertura, ndr), però Marco era… oltre. Era qualcosa che aggregava tutti. L’altro, Contador, è perché è stato un grande campione ma anche un grande uomo: posso dirlo per il modo in cui ci relazionavamo. Entrambi hanno saputo infiammare per davvero la gente che vedevo a bordo strada.

Cosa augura alla “sua” corsa?

Che chi mi seguirà riuscirà a fare ancora meglio. Questo è il mio grande desiderio.

Coppa del mondo Ciclocross, Sardegna, Merceddì, 6 dicembre 2025, Gioele Bertolini

Marceddì, prove di percorso. Bertolini fa sul serio

06.12.2025
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MARCEDDI’ – L’anziana signora dice che una volta qui c’era tutto. Sua madre faceva il pane e c’era anche una sala da ballo. Adesso invece non c’è nulla, tranne i pescatori, una laguna, un paio di locali e il senso di essere sull’orlo di un salto. Come quando ti affacci a Lisbona e di là percepisci il vuoto dell’Atlantico. Un’oretta prima che i corridori comincino a girare, lei si alza e se ne va camminando piano. Dice che il 30 dicembre compirà 90 anni e tutto il lavorìo di Flanders Classics per l’allestimento della Coppa del mondo l’ha molto colpita. La prova percorso inizia alle 14, i corridori prendono contatto con la sabbia grossa e le tante pozzanghere lasciate dalla pioggia dei giorni scorsi.

Michael Vanthourehout spinge dai primi giri e forse si ricorda di quando vinse la prova di Coppa italiana sulla neve di Vermiglio. Il quadro oggi è diametralmente opposto, l’aria è mite, ma quando le nuvole coprono il sole, le giacche vengono chiuse. Fanno eccezione i corridori, che si fermano per lavare la bici e ne approfittano per farsi risciacquare anche i copriscarpe. La sabbia non è quella delle spiagge del Nord, sembra piuttosto quella pietrosa dei cantieri edili e il rumore dei dischi già dopo un giro fa pensare che le bici torneranno a casa ridotte a malpartito.

«Avremo tante bici da buttare», mormora Luca Bramati intercettando il nostro sguardo. Poi, quando le sue ragazze si fermano alla transenna, il bergamasco si avvicina e chiede come vada con la pressione delle gomme. Per ora la decisione è di gonfiare a 1,2 bar davanti e dietro: si vedrà domattina se la notte avrà compattato la sabbia e bisognerà cambiare qualcosa.

Vanthourenhout ha già vinto in Italia, a Vermiglio e si allena davvero forte
Vanthourenhout ha già vinto in Italia, a Vermiglio e oggi a Marceddì si allena davvero forte
Vanthourenhout ha già vinto in Italia, a Vermiglio e si allena davvero forte
Vanthourenhout ha già vinto in Italia, a Vermiglio e oggi a Marceddì si allena davvero forte

Il mistero del Vito

In mezzo ai box della sua squadra c’è anche Alessandro Guerciotti, accompagnato a Marceddì da suo padre Paolo. Ci facciamo spiegare come proceda l’omologazione della nuova Vito a causa della quale è stata squalificata Giorgia Pellizotti agli europei e finalmente riusciamo a capire cosa non andasse. La bici dedicata a Di Tano ha i foderi posteriori sfalsati e quello che si congiungeva al telaio più in alto era fuori dal quadrilatero in cui tutto deve essere compreso.

«Per fortuna la parte monoscocca – dice Alessandro – è il triangolo principale. Dietro il carro è fasciato, per cui abbiamo modificato le misure e mandato i nuovi telai all’UCI per l’approvazione. Se fosse stato tutto monoscocca, avremmo avuto un problema. Per fortuna le bici non ci mancano – aggiunge sorridendo – e siamo riusciti a far correre tutti. Sono contento di come sta andando la squadra e l’assenza di alcune big fa sì che le nostre ragazze potranno misurarsi al livello più alto e su un percorso non estremo, mettendosi alla prova».

La grinta del Bullo

Uno che ci sta dando dentro e che non si è mai fermato è Gioele Bertolini. La sua maglia tricolore con le scritte della ALE Colnago si va coprendo di terra, mentre lui esce in rilancio dalle curve e galleggia sulle pozzanghere copiose del percorso. Anche quando il sole inizia a calare, lui gira ancora, come Filippo Agostinacchio spuntato all’ultimo e arrivato in Sardegna al mattino sul volo dei Guerciotti. Così quando Bertolini si ferma, alla fine delle due ore di prova, ci avviciniamo incuriositi. Più che una prova percorso, il suo è stato un vero allenamento.

«Diciamo che ho cambiato un po’ il mio format del sabato – spiega – mi piace provare il percorso in modo più brillante. Ho provato qualche punto in cui sicuramente si farà la differenza, però sono certo che domani il percorso cambierà ancora e quindi la prova decisiva sarà quella prima della corsa. Sicuramente c’è molta acqua e in certi tratti non si vede sotto, quindi bisogna rimanere sempre vigili perché può scivolare la ruota davanti e una caduta può essere fatale. Invece è importante prendere i tratti di sabbia con la giusta velocità, prendere subito le canaline per continuare nel modo giusto. Se si sbaglia all’inizio, si perde tanto ritmo e si pagano veramente tanti secondi. Vista la pioggia, credevamo che si compattasse di più, così invece si creano le canaline ed è importante fare velocità altrimenti il rischio è quello di piantarsi».

La scelta di campo

Marceddì è un borghetto in mezzo al nulla, in un silenzio di natura che stamattina, quando ancora tutto era immobile, suggeriva di respirare piano per non disturbare la quiete dei gabbiani e lo sciabordìo del mare. Si è ragionato a lungo sull’opportunità di scegliere luoghi così lontani o se non valesse la pena – volendo comunque correre in Sardegna – provare un percorso a Oristano che è qui vicino oppure direttamente a Cagliari. Non fanno così a Benidorm, riempiendo i parchi cittadini di appassionati, passanti e turisti qualunque?

«Ma la Coppa del mondo in Italia – dice Bertolini – fa sempre piacere. Proviamo a dare il meglio e per quanto mi riguarda sarò contento se riuscirò a fare una top 15. E’ la mia prima gara di Coppa, non ho ancora le misure su belgi e olandesi, quindi domani scoprirò la mia vera posizione internazionale di quest’anno e poi speriamo di continuare a migliorare».

I meccanici soffiano aria nebulizzata sui telai e nelle parti meccaniche. Questa sabbia graffia a fondo, dice uno di loro, bisogna lavorare di fino. Per questo alcuni mandano via il grosso dello sporco, ma si riservano di finire il lavoro in hotel. Il pomeriggio volge al termine, il sole cala sul mare. Domattina il silenzio di Marceddì sarà riempito dallo sferragliare di ruote e freni nelle due gare di Coppa.

Pogacar Merckx

Merckx VS Pogacar, l’opinione di Gregori

06.12.2025
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Ultimamente hanno fatto parlare le dichiarazioni di Roger De Vlaeminck sul paragone tra Merckx e Pogacar. Il belga ha rilasciato al quotidiano fiammingo Het Laatste Nieuws frasi come: «Pogacar non si avvicina nemmeno lontanamente alle dita dei piedi di Merckx». Oppure: «I giornalisti che fanno questo paragone non hanno la minima idea di cosa sia il ciclismo. Se avessi di nuovo 22 anni, Pogacar non sarebbe in grado di superarmi».

Dichiarazioni che a molti sono sembrate quanto meno avventate, considerando le imprese che ogni anno Pogacar sta mostrando al mondo. Ma qual è davvero il posto dello sloveno nella storia del ciclismo? Per capirne un po’ di più abbiamo contattato uno dei grandi maestri del giornalismo sportivo italiano, Claudio Gregori.

Claudio Gregori ha seguito dodici Olimpiadi, ventotto Giri d’Italia e tre Tour de France: una delle voci più autorevoli del giornalismo sportivo italiano
Claudio Gregori ha seguito dodici Olimpiadi, ventotto Giri d’Italia e tre Tour de France: una delle voci più autorevoli del giornalismo sportivo italiano
Claudio, cosa ne pensi delle frasi di De Vlaeminck? 

Quello di De Vlaeminck a mio modo di vedere è un discorso inaccettabile. Guarda ai corridori con cui si è confrontato, soprattutto Merckx dal quale ha perso molte volte. Poi è anche un corridore molto diverso da Pogacar, ma di fatto non analizza le vittorie, i numeri vanno anche pesati. Il ciclismo moderno è molto diverso dal loro, qui tutto è calcolato al millesimo, ogni grammo di carboidrati da prendere durante le gare, ogni caloria. Forse per questo De Vlaeminck vede questa epoca così differente dalla sua.

Tu invece la pensi diversamente?

Pogacar e Merckx sono due corridori diversi che hanno corso in epoche diverse. Facciamoli correre insieme per gioco. Pogacar è sicuramente più forte di Merckx in salita, anche semplicemente perché pesa 66-67 chili, mentre il belga aveva un peso forma di 74-75 chili. Merckx però aveva sicuramente un motore più potente, era più forte sul passo e in volata. Inoltre correva anche in pista, ha fatto il record dell’Ora e vinto 17 Sei Giorni.

Roger De Vlaeminck Parigi-Roubaix
Roger De Vlaeminck ha vinto 4 Parigi-Roubaix, come lui solo Tom Boonen
Roger De Vlaeminck Parigi-Roubaix
Roger De Vlaeminck ha vinto 4 Parigi-Roubaix, come lui solo Tom Boonen
In effetti i numeri del belga forse resteranno imbattibili…

I numeri dicono che Merckx in carriera ha oltre 500 vittorie, tra cui 11 Grandi Giri. Pogacar per ora è arrivato a 105 vittorie con 5 Grandi Giovani ri. Detto questo Pogacar è un campionissimo. Ha vinto 5 Giri di Lombardia su 5 partecipazioni, un dato incredibile. Certo, tra i risultato di Merckx spiccano le 7 Sanremo, come anche le 3 Parigi-Roubaix, mentre lo sloveno è ancora a zero. Ma bisogna anche vedere il modo, appunto pesare le prestazioni. Pogacar è arrivato secondo alla sua prima Roubaix, qualcosa di impensabile fino a pochi anni fa.

Forse è questa la sua grandezza?

Certamente. Nel ciclismo moderno sembrava impossibile entusiasmare con gli assoli, lui invece ha riscoperto questo modo di correre. Ancora più difficile da mettere in atto adesso rispetto a decenni fa. Ha vinto gli ultimi due campionati del mondo attaccando a 100 chilometri dall’arrivo, quando eravamo abituati al fatto che bastasse guardare gli ultimi 30-40 chilometri dall’arrivo. E questa cosa che lo rende amatissimo. Come alla Strade Bianche di quest’anno, quando sembrava tagliato fuori dopo la caduta, invece poi…

Pogacar è arrivato secondo alla sua prima partecipazione alla Roubaix, qualcosa di impensabile fino a soltanto pochi anni fa
Pogacar è arrivato secondo alla sua prima partecipazione alla Roubaix, qualcosa di impensabile fino a soltanto pochi anni fa
C’è poi il fatto che i paragoni veri si potranno fare solo a fine carriera. Quanto potrà correre ancora Pogacar?

Quanto vincerà ancora non lo sappiamo, secondo me potrebbe fare ancora 5-6 anni ad altissimo livello. Però qualche confronto con altri campioni lo possiamo già fare. Per esempio Hinault ha vinto 10 Grandi Giri e solo 5 Classiche Monumento, e credo che Pogacar gli sia già superiore ora, proprio perché è più spettacolare.

Spesso sentiamo dire che però questi assoli solitari stufano. Qual è la tua opinione?

Io mi diverto a guardarlo. Trovo bellissimo che tutti lo si aspettino e lui si presenti sempre puntuale, come a Kigali. Lì il duello con Evenepoel è stato bellissimo, perché poi gli avversari li ha eccome in certe gare. Ritenterà di vincere la Sanremo, una corsa che ha sempre acceso lui negli ultimi anni, e troverà ancora Van der Poel. Lo stesso vale per la Roubaix. Comunque non credo che sia noioso, come non credo che Coppi abbia ammazzato il Giro d’Italia durante la famosa Cuneo-Pinerolo nel ‘49. La gente era lì assiepata con il cronometro in mano, a vedere il distacco con Bartali. Il ciclismo non è bello solo per conoscere il vincitore di una gara, ma anche per l’azione in sé.

Campionati Europei 2025, Evenepoel, Pogacar, Seixas
Secondo Gregori, Evenepoel è il rivale più temibile dello sloveno
Campionati Europei 2025, Evenepoel, Pogacar, Seixas
Secondo Gregori, Evenepoel è il rivale più temibile dello sloveno
Quindi non è vero che Pogacar, a differenza del Cannibale, non abbia rivali all’altezza?

No, e l’abbiamo visto al Tour de France con Vingegaard. Anche se penso che il più temibile sia Evenepoel. Ha due anni in meno di lui, è stato frenato da incidenti molto gravi e comunque ha vinto ha vinto due ori olimpici, quattro mondiali, quattro europei, una Vuelta, cioè ha dimostrato che può lottare nei Grandi Giri. Certo Pogacar è più forte in salita, ma il belga è un cagnaccio e ha la mentalità del campione assoluto.

Claudio, quindi secondo te che posto avrà (o ha già) Pogacar nella storia del ciclismo?

Per ora vale ancora la definizione di Gian Paolo Ormezzano: “Merckx il più forte, Coppi il più grande”. Ma fra tre anni credo che tra loro due potremmo senza dubbio inserirci anche il campione sloveno.

Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025

L’anno della Vangi e il futuro del ciclismo giovanile

06.12.2025
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Il team Vangi Sama Ricambi ha conquistato la classifica a squadre riservata alla categoria juniores, un risultato che arriva al termine di una stagione fatta di crescita e di conferme. Matteo Berti, alla guida della formazione toscana da due stagioni, si sta godendo un momento di pausa dall’attività. Anche se la preparazione in vista del 2026 è già iniziata, non in maniera così assidua ma il lavoro non manca (in apertura foto Facebook).  

«Diciamo che siamo in piena preparazione per il prossimo anno – racconta Berti – e inizieremo a fare sul serio tra non molto. Tutto sta andando bene e penso riusciremo a mettere insieme un bel team anche nella stagione che verrà. Mi auguro riusciremo a toglierci delle belle soddisfazioni. 

«Rispetto alla stagione appena conclusa – spiega il diesse – avremo due atleti in meno, passiamo da diciotto a sedici. Ci saranno otto ragazzi al primo anno nella categoria juniores e altri nuovi di secondo anno. Qualitativamente mi sembra una squadra ben assortita».

Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025
Il Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata nella stagione 2025 aveva in rosa diciotto ragazzi, la prossima stagione saranno sedici (foto Facebook)
Arrivate da un risultato importante, con la vittoria della classifica a squadre…

Sì, assolutamente. Ci è mancato un po’ qualche risultato importante nelle corse nazionali e internazionali. Però tutti i ragazzi, in generale, si sono comportati bene e questo ci dà sicuramente tanta soddisfazione. A un certo punto della stagione la classifica a squadre è diventata un obiettivo, sia per la società che per i ragazzi. 

Un termometro di una stagione positiva?

Il livello degli altri team che ci siamo messi alle spalle era sicuramente elevato, basti pensare al fatto di aver battuto una realtà come il Team Fratelli Giorgi. Ci siamo portati a casa una bella soddisfazione, ma se dovessi pensare a qualcosa da migliorare direi che sarebbe bello alzare l’asticella negli appuntamenti più importanti. 

Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025
L’obiettivo del Team Vangi per il 2026 è migliorare nelle competizioni internazionali (foto Facebook)
Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025
L’obiettivo del Team Vangi per il 2026 è migliorare nelle competizioni internazionali (foto Facebook)
Restate una squadra che esce tanto dall’Italia per correre…

Per noi fare un certo tipo di attività anche all’estero è un obiettivo. Una cosa che abbiamo sicuramente notato è che il livello medio si sta alzando parecchio. Gli appuntamenti internazionali diventano importanti per la categoria juniores, perché rappresentano sicuramente una vetrina in prospettiva futura. Purtroppo il ciclismo sta abbassando tanto l’età in cui andare alla ricerca di talenti

In questi anni hai visto corridori diversi, è cambiato tanto il movimento giovanile?

I ragazzi iniziano ad essere consapevoli che si deve andare forte da juniores, chi più e chi meno. Ma ormai questa è la categoria che fa da spartiacque. Rimango convinto che ogni corridore debba fare il proprio percorso. Tutti vogliono andare nei devo team ma si può diventare professionisti facendo anche un cammino parallelo. Gli esempi non mancano, uno su tutti a mio avviso è quello di Fiorelli che nel 2026 correrà con la Visma. Il suo percorso fa capire che il lavoro paga. 

Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025
Le squadre juniores chiudono e per i ragazzi è sempre più difficile continuare a correre (foto Facebook)
Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025
Le squadre juniores chiudono e per i ragazzi è sempre più difficile continuare a correre (foto Facebook)
Hai avuto in squadra un ragazzo come Sambinello, il pensiero ai devo team era così radicato anche in lui?

Era un ragazzo con una fame agonistica importante, ma non aveva il pensiero di arrivare in un devo team. E’ stata la conseguenza dei risultati fatti nei due anni da juniores. Anche altri miei atleti avevano “fame” agonistica ma senza l’assillo di arrivare. Ora c’è una maggiore ambizione di arrivare in quelle squadre. Continuo a pensare che anche i miei ragazzi passati in team continental (ad esempio Meccia e Toselli, ndr) possano arrivare al professionismo. 

L’anno prossimo mancheranno squadre come il Team Fratelli Giorgi o l’Aspiratori Otelli, che cambiamento sarà?

Strano e non facile da digerire. Il confronto con certe realtà fa crescere i corridori e noi come squadra. Non sarebbe corretto pensare che senza di loro il cammino possa essere più agevole, anche perché molti ragazzi rischiano di rimanere senza squadra. E’ un aspetto che ho notato già quest’anno.

Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025
L’attenzione verso la categoria cresce continuamente, gli atleti lo sanno e già sono alla ricerca di risultati e prestazioni
Team Vangi Sama Ricambi Il Pirata 2025
L’attenzione verso la categoria cresce continuamente, gli atleti lo sanno e già sono alla ricerca di risultati e prestazioni
E’ già così evidente?

Molti dei miei corridori hanno fatto fatica a trovare una sistemazione da under 23, sono arrivati a firmare contratti in inverno. Cosa che sinceramente non ci era capitata in precedenza. Il rischio è che con la chiusura di qualche team e la rincorsa ai talenti l’imbuto si restringa già agli allievi, escludendo tanti ragazzi da questo sport.

Nibali sul Giro

Nibali sul Giro: Vingegaard per la tripletta. Remco e quella crono…

06.12.2025
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ROMA – Il Giro d’Italia è la grande news di questa settimana. La corsa rosa tiene banco e, in attesa dei programmi dei grandi corridori, non si può far altro che approfondire l’argomento. Magari proprio con un grandissimo ex corridore: Vincenzo Nibali.

Il percorso, i protagonisti, quella crono così lunga, l’assenza di salite “monster”. Come inciderà tutto ciò sulla corsa rosa? In particolare ci è piaciuto ascoltare lo Squalo su quella questione tattica che potrebbe svilupparsi proprio attorno alla crono qualora ci fosse al via Remco Evenepoel.

Nibali sul Giro
Vincenzo Nibali a Roma durante la presentazione del Giro d’Italia
Nibali sul Giro
Vincenzo Nibali a Roma durante la presentazione del Giro d’Italia

Le salite

Con Nibali si parte parlando proprio delle salite. Alla fine si rischia che la più dura sia il Blockhaus, tappa appenninica alla settima frazione. Per il resto le scalate non mancano, ma sembrano regolari. Salite che si affrontano sul filo o sopra i 20 all’ora.

«Per me – dice Nibali – la tappa di Alleghe, quindi l’arrivo a Piani di Pezzé, è la tappa più iconica, la tappa 5 stelle di questo Giro. Arriva nell’ultima settimana quando la stanchezza è palpabile. Quindi è durissima e l’arrivo è preceduto da tante scalate in successione tra cui la Cima Coppi, il Passo Giau.
E poi c’è la tappa di Piancavallo che sarà dura. Abbiamo visto due anni fa cosa fece la doppia scalata del Grappa. Ma credo che la tappa di Alleghe sia un pochino più dura e definitiva. Poi magari in gara abbiamo visto che tante volte le cose sono cambiate, come l’anno scorso nella situazione di Simon Yates che ribaltò tutto sul Colle delle Finestre.

«L’ultima settimana invece è quella più dura, più complicata: è un crescere di tensione. Mi incuriosisce molto questa ripartenza dopo il secondo giorno di riposo con la tappa svizzera e il finale a Carì».

Nibali sul Giro
Remco ha già saggiato le strade della prossima crono rosa: è stato nella Tirreno 2022. Un punto a suo vantaggio?
Nibali sul Giro
Remco ha già saggiato le strade della prossima crono rosa: è stato nella Tirreno 2022. Un punto a suo vantaggio?

La cronometro

Una sola tappa contro il tempo, ma lunga (40,2 chilometri) e piatta come un biliardo. Qui gli specialisti possono aprire davvero un bel varco e chiamare poi gli scalatori alla ribalta nelle frazioni successive. Una crono così lunga non si vedeva da un po’: quanto inciderà sulla corsa? E quanto sulla partecipazione dei big?

«Una cronometro così – va avanti Nibali – è sicuramente molto veloce perché è completamente pianeggiante. Per la mia esperienza la zona a volte è anche un po’ ventosa. Sarà interessante vedere come sarà la partenza degli uomini di classifica. Ma dopo il Blockhaus credo che partiranno comunque tutti molto vicini.
«Pensando a questa crono vorrei vedere un Remco Evenepoel, sicuramente, e anche un Jonas Vingegaard. Sono i due nomi più importanti che reputo possano essere interessanti per il Giro d’Italia, specialmente Remco per fare un ritorno dopo aver abbandonato il Giro d’Italia qualche anno fa in modo non bellissimo la prima volta e dopo una caduta la seconda. Una crono tanto lunga non si vedeva da tempo ed è molto interessante. E’ la massima espressione della velocità: sono 40 chilometri completamente piatti e potrebbero essere un grande richiamo proprio per Remco».

«Io sono cresciuto in terra toscana, è un po’ casa mia. Quelle zone le conosco bene. Tante volte abbiamo affrontato lì la crono della Tirreno-Adriatico: non hanno insidie, però il vento quando soffia può incidere. A volte ha fatto bei disastri e tra un cronoman puro e uno che va bene ma non è specialista potrebbe ballare qualche minuto».

E questo davvero cambierebbe tutto. Davvero poi potremmo vedere un Giro frizzante che, con tappe non impossibili, si presterebbe bene allo spettacolo. Lo stesso Nibali ricorda come le tappe di Pila e Carì, ricche di dislivello ma corte, richiedano esplosività. E se non si è recuperato bene potrebbero essere più dure di un tappone “monster”.

Vingegaard ha avuto poco a che fare con l’Italia, ma con ottimi risultati. Esplose alla Coppi e Bartali del 2021 e vinse la Tirreno 2024. Eccolo sul Petrano
Vingegaard ha avuto poco a che fare con l’Italia, ma con ottimi risultati. Esplose alla Coppi e Bartali del 2021 e vinse la Tirreno 2024. Eccolo sul Petrano

Quali protagonisti?

Uno dei temi emersi dopo la presentazione di questo Giro d’Italia è quello secondo cui, non essendo così duro, consentirebbe poi di andare al Tour de France. In tanti dicono che sia stato disegnato pensando a Vingegaard. Ma vedendo il percorso, salgono, e non poco, le quotazioni di vedere Evenepoel al via in Bulgaria

Però un “vantaggio”, circa la presenza del danese, c’è: la possibilità di battere in qualche modo l’eterno rivale Tadej Pogacar. Potrebbe essere infatti Jonas il primo tra i due a mettere a segno la “sacra corona”: Giro, Tour, Vuelta.

«E’ un Giro d’Italia equilibrato – riprende Nibali – come ho detto, ma anche se non è durissimo è accattivante. E’ un Giro che lascia spazio anche a chi vuole proseguire la stagione andando al Tour. Secondo me è un Giro intelligente sotto questo punto di vista.

Vingegaard bisogna vedere se ci sarà. La sua conferma immagino sia legata anche a quella eventuale di Simon Yates, che è il vincitore uscente. Potrebbe stuzzicarlo l’idea di essere il primo a vincere tutti e tre i Grandi Giri. Questo gli darebbe grande risalto. Ha vinto la Vuelta qualche mese fa e potrebbe ripetersi. E poi non me ne vogliano, ma scontrarsi con Pogacar di questi tempi è… come dire, un po’ complicato! Mai partire battuti, però se dovessi pensare a una tattica relativa al calendario penserei seriamente al Giro. Ma poi domando io: chi ci sarà? E se venisse Del Toro? Lui avrebbe il dente avvelenato. Carapaz cosa farà: ritornerà? Perché ci sarebbero anche i protagonisti dell’anno scorso.

Forti e Veloci Trento, 100 anni, presidente onorario Fulvio Valle, presidente Alessandro Groff

Cent’anni di Forti e Veloci Trento: un viaggio nel tempo

05.12.2025
6 min
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I cent’anni della Forti e Veloci di Trento non potevano passare con le parole del comunicato e le foto della festa. Era il 1925 quando la squadra venne fondata, come fa a essere ancora qua a sfornare corridori come i fratelli Bais, Samuele Rivi, Magagnotti e Fedrizzi? Di mezzo c’è la storia del ciclismo, che poi è quella d’Italia. E così, quando ci siamo resi conto che c’è ancora in azione qualcuno che conobbe i primi fondatori, non abbiamo resistito alla tentazione di calarci in un racconto che per molte pagine sarà in bianco e nero. Lui si chiama Fulvio Valle, attualmente presidente onorario della squadra, ha 81 anni (nella foto di apertura è con l’attuale presidente Alessandro Groff).

«Sono stato in questa società per 57 anni – dice – e quando nel 1965 venne fatto il quarantennale, in quella foto fatta in Piazza Duomo c’erano forse tutti i fondatori del 1925. Io sono entrato tre anni dopo, ma li ho conosciuti. Uno che ha fatto il Giro d’Italia, Guido Janeselli che era del 1902. Lo stesso Dario Widmann, che era del 1905. Eppure sono fiero di dire che lo spirito di oggi, anche se completamente diverso nei concetti, ricalca lo spirito della fondazione».

La svolta epocale del 2019

Racconta di essere entrato nella Forti e Veloci a 24 anni nel 1968, anno di nascita di chi scrive questo articolo, e questo dà ancora di più il senso della profondità della storia. Dice di aver visto passare tre presidenti prima che venisse il suo turno e poi di averlo dovuto fare ancora quando morì Silvano Dusevich. E poi ridendo aggiunge che non si possono raccontare cent’anni di storia in pochi minuti: anni di risultati eclatanti e anche di difficoltà e scarsi riscontri.

«La società è molto attiva – dice – in fondo è sempre uguale. Nell’aprile del 2019 è scomparso il mio presidente, Silvano Dusevich, che era un vero filantropo. Era una persona che godeva nel dare alla società, nel senso schietto. Erano un tutt’uno. In quel momento ci siamo ritrovati e ci siamo guardati intorno. Nel direttivo c’erano dei personaggi storici, però si capiva che fosse arrivato il tempo di dare una sterzata. Diciamo che quei saggi di allora ci sono ancora oggi, quando c’è da dare una mano per organizzare una gara. Ma quel giorno c’è stata una svolta epocale, perché sono entrate delle persone giovani, persone super preparate, anche professionisti che hanno dato un’impronta completamente moderna».

Gli ostacoli del presente

Il nuovo direttivo è composto da una varietà di persone che hanno consentito la svolta. Sono venute due vittorie consecutive alla Coppa d’Oro con Magagnotti e Brandon Fedrizzi. Edoardo Caresia ha vinto il campionato italiano a Boario.

«Eppure tutti loro – precisa Valle – credono nei colori della squadra. Non tanto al rosso e al blu che ci distingue da sempre, parlo dei valori che dal 1925 a oggi ci hanno consentito di tenere in piedi la società, nonostante oggi fare ciclismo anche a livello giovanile sia tutto fuorché facile. La burocrazia e gli impegni finanziari stanno facendo chiudere tantissime società. Possiamo girarci attorno finché vogliamo, ma ci sono esempi eclatanti dalla Zalf Fior alla Giorgi: ci rendiamo conto che qualcosa non funziona più? Noi proviamo a tenere duro e magari i ragazzini questo non lo capiscono. Non riescono a cogliere appieno i valori, loro vedono che ci sono i direttori sportivi preparati. Abbiamo Claudio Caldonazzi, direttore sportivo degli allievi negli ultimi 30 anni, che è conosciuto e stimato in tutta Italia.

«I ragazzi vedono che c’è questa attività e magari non si chiedono perché mai devono andare a correre sempre più spesso fuori regione. Il fatto è che in Trentino non c’è più calendario, mentre fino a dieci anni fa, si litigava per inserire la propria gara di allievi. Noi grazie all’organizzazione che ci siamo dati, riusciamo a fronteggiare bene la situazione, pur avendo mantenuto lo spirito iniziale».

La vittoria non è tutto

C’è un passaggio nel racconto di Fulvio Valle che lascia il segno più di altri. Il Forti e Veloci Trento vince, ma la vittoria non è tutto e sarebbe profondamente sbagliato sostenerlo occupandosi di ragazzi fino agli allievi.

«Vincere la Coppa d’Oro – dice – è il massimo. Partono da Borgo in 400, poi la prima salita dopo Levico li dimezza e il finale è meraviglioso. L’abbiamo vinta, abbiamo fatto dei piazzamenti, ma non vorrei che queste mie parole facessero pensare che per stare in piedi bisogna vincere. Assolutamente no! Abbiamo passato periodi dove la china era davvero bassa e in quel momento probabilmente è stata la forza della società a farci continuare. E questa forza c’è anche adesso con Alessandro Groff presidente, che ha dato slancio ulteriore. Tutto con lo stesso spirito costruttivo nel senso dell’appartenenza ai colori sociali. Forse per questo ci siamo da cent’anni…».

Pino Toni, Bruno Reverberi, Roberto Reverberi partenza per Uzbekistan, 23 novembre 2025

Il viaggio di Reverberi in Uzbekistan: uno sponsor, due corridori

05.12.2025
6 min
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Da una parte c’era Reverberi, che cercava uno sponsor. Dall’altra Pino Toni, preparatore toscano, e il suo contratto quadriennale con la federazione dell’Uzbekistan. Come è stato che le due realtà si siano incontrate e abbiano portato a una sponsorizzazione e all’arrivo di due corridori lo abbiamo ricostruito dai loro racconti, partendo da una foto in aeroporto. Quella in apertura: era il 13 novembre.

La chiamata di Pino Toni

Toni è stato l’allenatore della squadra emiliana e qualche tempo fa ci aveva raccontato della sua collaborazione con la federazione ciclistica uzbeka. Roberto Reverberi lo ha letto e si era ripromesso di chiamarlo, poi però la cosa gli è passata di mente, fino a che a chiamarlo è stato proprio il toscano.

«Il gancio è stato lui – ammette Roberto Reverberi – perché a me ormai era passato di mente. Avevo anche visto che a capo della struttura delle nazionali c’è Volodymyr Starchyk, che ha un passato da corridore dell’Amore e Vita (e da U23 – aggiungiamo noi – corse nel Team Parolin di Mirko Rossato, oggi direttore sportivo alla Bardiani, ndr). E comunque, un mesetto dopo mi chiama Pino e mi dice che in Uzbekistan sarebbero interessati a fare qualcosa con una squadra professional, per far correre dei loro atleti. Mi chiede se siamo disposti ad andare su per parlarne. Io gli rispondo di sì e gli chiedo quando. E lui mi risponde, secco: “Dopodomani!”. Così siamo partiti.

«Abbiamo portato un progetto fatto da mio figlio Gabriele (responsabile dei rapporti con i media, ndr) in cui gli proponevamo le condizioni per essere primo nome, oppure secondo o terzo. E loro hanno accettato, a patto che prendessimo un paio di corridori, valutandone magari altri in stage la prossima estate».

Bruno Reverberi riceve il simbolo del Comitato olimpico uzbeko da Otabek Umarov
Bruno Reverberi riceve il simbolo del Comitato olimpico uzbeko da Otabek Umarov
Bruno Reverberi riceve il simbolo del Comitato olimpico uzbeko da Otabek Umarov
Bruno Reverberi riceve il simbolo del Comitato olimpico uzbeko da Otabek Umarov

Due corridori per l’Europa

L’accordo è di sponsorizzazione, ma visto che in Uzbekistan lo sponsor è vicino ai vertici del comitato olimpico, è scontato che si aspettassero una contropartita tecnica. Alle ultime Olimpiadi, il Paese è finito tredicesimo nel medagliere: l’obiettivo per Los Angeles è entrare fra i primi dieci, potenziando dei settori ancora piuttosto inesplorati. Il ciclismo è fra questi.

«Io ho firmato il contratto fino alle Olimpiadi – spiega Pino Toni – fino al 2028. Il mio ruolo va un po’ al di là del semplice allenare i corridori. Cerco di portargli più tecnologia possibile. In questo momento sto lavorando per avere la sponsorizzazione di una piattaforma di allenamento e poi ho creato questo contatto con Reverberi per permettere ad almeno a due ragazzi di fare una bella stagione, confrontandosi nelle corse vere. In Asia, hanno dimostrato entrambi di saper fare punti. Nikita Tsvetkov ha vent’anni, ha fatto qualche corsa come stagista alla Solution Tech ed è arrivato quarto nell’Asian Tour con 293 punti, pur correndo solo con la nazionale. E il punto è questo: gli manca il confronto.

«Si corre poco, per cui serve tanta grinta ad allenarsi e confrontarsi con avversari che vanno di meno. Per cui venire di qua è fondamentale per la sua crescita. Mentre l’altro è un russo arrivato da poco in Uzbekistan e va forte su pista. Si chiama Sergey Rostovtsev, ha 28 anni e nel 2021 arrivò terzo dietro Viviani e Leitao ai mondiali dell’eliminazione. Ci serve che vada bene nelle volate per raggiungere un buon livello su pista».

Umarov, il manager ciclista

L’incontro con Otabek Umarov è stato decisivo e fortunato. Il titolare di 7 Saber, che è anche vicepresidente del Consiglio Olimpico dell’Asia ed è sposato con la figlia del primo ministro uzbeko, ha accettato l’accordo. Inizialmente il marchio entrerà come terzo nome e potrebbe aggiungere la fornitura dell’abbigliamento da riposo.

«Nella foto del comunicato – racconta Roberto Reverberi – lui è quello con mio padre. E’ altissimo e da qualche anno è anche super praticante di ciclismo. Prima andava in moto, ma è caduto e si è fatto piuttosto male a un ginocchio. E così ha cominciato ad andare in bici, ha preso passione e adesso tutte le mattine parte di buon’ora e fa il suo giro. Per cui abbiamo fatto un accordo di sponsorizzazione che si sposa con i loro obiettivi federali.

«In realtà neanche si può dire che facciano solo abbigliamento, perché hanno una catena di centri commerciali in tutta la nazione e dentro ci sono diversi negozi con lo stesso nome. Uno che vende elettrodomestici, uno che vede i profumi, diciamo che hanno diversi rami di azienda e uno di questi produce abbigliamento da riposo. Mentre per quello tecnico, restiamo legati ad Alé, con cui abbiamo già tutto in ordine».

Il modello uzbeko

La presenza di Pino Toni in Uzbekistan (tre o quattro volte per stagione) punta alla creazione delle strutture necessarie affinché i corridori migliorino, avendo a disposizione tutto il necessario. Gli hanno dato le chiavi di un appartamento vicino alla pista, mentre tutto intorno sono sorti gli impianti necessari per la preparazione olimpica.

«Hanno costruito un nuovo campo da ghiaccio – spiega – da calcio e atletica e anche il nuovo velodromo, tutto nuovo fatto dai cinesi. Anche le auto elettriche nella Capitale vengono dalla Cina, anche perché non hanno i dazi, per cui i modelli che da noi costano 60 mila euro, in Uzbekistan li paghi 23 mila. Invece fuori città o nei centri più piccoli vedi girare le vecchie Chrysler. Il sistema della nazionale non è come da noi, diciamo che li hanno sempre in ritiro. Fra donne, U23 ed elite sono fra 40 e 45 atleti, che poi portano a correre.

«Qualcuno è tesserato per delle continental, Rostovtsev ad esempio nel 2025 era con lo Shenzen Kung Cycling Team in Cina. E l’attività la fanno quasi tutta in Asia. Però d’ora in avanti, Nikita verrà in Toscana, dalle mie parti: dobbiamo ancora vedere dove. Invece Sergey si stabilirà sul Lago d’Iseo. Lui parla bene italiano, perché mi ha spiegato che suo padre ha lavorato nella Katusha negli stessi anni in cui c’ero anche io».

Quello che verrà è tutto da vedere. Otabek Umarov ci mette i soldi con la sua azienda e intanto si assicura che i due corridori di punta del movimento facciano l’esperienza di cui hanno bisogno in corse più qualificate. La Bardiani per la sua parte ha trovato un nome per sostituire Faizanè che nel 2026 non sarà più a bordo. Il resto lo dirà la strada.

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5

05.12.2025
6 min
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BOLZANO – Q36.5 ed SRM danno forma ad un innovativo sistema pedale che si basa su tre elementi: pedale, tacchetta e calzatura.

Rivoluzionario perché riduce in modo esponenziale la distanza tra suola e asse del pedale, come mai prima d’ora. Innovativo ed efficiente, perché nasce dalla collaborazione di due brand trainanti per il settore, entrambi focalizzati a spingersi oltre, proprio in termini di resa tecnica. Entriamo nel dettaglio di SRM X-Power Direct, che avevamo già visto ai piedi di Oskar Winkler.

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Si accorcia in modo esponenziale la distanza tra battuta del pedale e suola (foto Alex Faedda)
SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Si accorcia in modo esponenziale la distanza tra battuta del pedale e suola (foto Alex Faedda)

L’idea di Q36.5

Per contestualizzare ancora meglio il progetto, abbiamo fatto un po’ di domande a Luigi Bergamo, CEO e Fondatore di Q36.5.

«L’obiettivo principale – spiega – era quello di ridurre la distanza tra il pedale e la scarpa e al tempo stesso rendere proficua questa riduzione. Il progetto parte dalla Unique Pro, scarpa molto tecnica con lo stack più basso del mercato, arrivando al completo sviluppo del sistema grazie alla collaborazione con SRM. Sulla Unique Pro abbiamo aggiunto il quarto foro nella sezione posteriore, ma la suola resta perfettamente compatibile e la geometria esistente non ha subito variazioni.

«L’impiego del sistema completo Q36.5 Unique Pro e SRM X-Power Direct – conclude Bergamo – comporta una rivalutazione della biomeccanica del ciclista, che dovrebbe rivedere la posizione in bici, ma anche una maggiore efficienza aerodinamica, più stabilità e precisione nella guida».

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Luigi Bergamo, a destra, con Ulrich Schoberer: il fondatore di SRM
SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Luigi Bergamo, a destra, con Ulrich Schoberer: il fondatore di SRM

Di cosa si tratta

Un nuovo pedale con un design altrettanto nuovo che porta in dote un’ampia superficie di appoggio. Una tacchetta specifica con forma dedicata e una calzatura con una suola con quattro fori per l’aggancio della tacchetta. Tutto molto semplice, ma in realtà c’è molto da spiegare.

Il pedale ha un corpo in alluminio 7075 e mostra una superficie di contatto con la suola di ben 1.653 millimetri quadrati (un’enormità). Rispetto ad un pedale Shimano riduce la distanza tra suola e battuta del pedale di 6 millimetri e mostra un fattore Q di 54. Per l’aggancio/sgancio utilizza delle molle posteriori con una linguetta (in stile Look). SRM X-Power Direct necessita di una tacchetta con disegno specifico che si abbina alla suola grazie a due viti, una anteriore e una posteriore, dando così una motivazione alla suola con quattro asole filettate. Le tacchette disponibili sono tre: quella fissa a 0 gradi di libertà angolare, poi a crescere – un grado per volta – fino a 3. Il valore dichiarato alla bilancia di SRM X-Power Direct è di 254 grammi.

Serve una scarpa con la suola dedicata. La collaborazione tra Q36.5 ed SRM ha portato l’azienda di Bolzano a sviluppare una suola con 4 fori, senza stravolgere la suola standard con i tre fori. E’ stata aggiunta una quarta asola filettata, posizionata alle spalle delle tre esistenti. Significa una scarpa sfruttabile su diversi fronti e direzioni. Il modello è la Q36.5 Unique Pro, dove può essere montata una tacchetta classica a tre fori (Shimano e Look ad esempio) e anche la nuova SRM.

Gli aspetti tecnici da considerare

A parità di lunghezza della pedivella, l’impiego del sistema SRM X-Power Direct comporta un abbassamento del seat-post, compreso tra i 4 e 7 millimetri (se messo a confronto con un sistema Shimano Dura Ace). C’è un delta da considerare ed è legato a fattori soggettivi, ma anche all’arretramento/avanzamento della tacchetta Shimano. Con l’adozione del binomio Q36.5/SRM X-Power Direct è da prevedere anche leggero aggiustamento dello scarrellamento (in avanti) della sella.

Quali benefici? Grazie alla combinazione tra la Unique Pro ed al nuovo pedale SRM, il piede si avvicina in modo esponenziale al punto di cui viene applicata la forza della pedalata. Si può sfruttare un sostegno maggiore al pari di un abbassamento del centro di gravità, fattore che si traduce anche in una maggiore stabilità in diverse fasi della guida. Inoltre, se consideriamo le tendenze attuali legate ad una riduzione della lunghezza delle pedivelle, il binomio scarpa/pedale permette di contenere, se non addirittura azzerare, le variabili legate all’aggiustamento dell’altezza della sella. Aumentano il comfort generale del piede e la forza espressa durante la pedalata.

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Fondamentale adeguare la posizione in sella che, prima di tutto, si abbassa (foto Alex Faedda)
SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Fondamentale adeguare la posizione in sella che, prima di tutto, si abbassa (foto Alex Faedda)

Le primissime sensazioni

Per sfruttare a pieno il sistema Q36.5/SRM è fondamentale prendersi tempo, capire cosa cambia nella dinamica della pedalata e quanto è necessario abbassare la sella. Nel nostro caso è stato necessario un abbassamento di 7 millimetri, considerando una tacchetta spostata completamente in avanti ed un avanzamento della sella di 5 millimetri circa.

Gesto pieno, tanta forza da sfruttare sul comparto anteriore del piede e anche nella sezione mediana. Quest’ultima ci colpisce in modo particolare, in quanto con un sistema classico resta più scarica. Una pedalata rotonda che resta, con un movimento della caviglia ampio (che ci appartiene e fa parte del nostro modo di pedalare) che non viene strozzato. In senso generale la dinamica complessiva non cambia in modo importante, per lo meno questa è la sensazione, aumenta invece la forza in fase di spinta.

SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Fattore Q a 54 millimetri in linea con la categoria (foto Alex Faedda)
SRM X-Power Direct, il sistema pedale nato con Q36.5
Fattore Q a 54 millimetri in linea con la categoria (foto Alex Faedda)

I prezzi di listino

Le calzature Q36.5 Unique Pro hanno un prezzo di listino di 550 euro, mentre il pacchetto SRM X-Power Direct ha un listino di 500 euro (sono incluse le tacchette con libertà laterale di 1,2°). Significa andare oltre i 1000 euro per un sistema completo, una cifra importante, ma che deve tenere conto di un sistema innovativo, destinato a porre nuovi limiti in questa categoria di strumenti dedicati alla ricerca della performance massima.

Q36.5

SRM

Roberto Amadio, nazionale

Zanatta ci racconta l’Amadio cittì: dai corridori all’ammiraglia

05.12.2025
6 min
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Un anno dopo in Federazione sono tornati a mescolare nuovamente le carte, Marco Villa riprende la pista femminile e seguirà il settore delle cronometro. Mentre Elia Viviani è stato nominato team manager per strada e pista, prendendo il posto di Roberto Amadio. Quest’ultimo è diventato il cittì della nazionale maschile. A più di dieci anni di distanza Roberto Amadio tornerà quindi a guidare l’ammiraglia e a gestire le dinamiche di corsa. La novità è interessante, anche se sono da capire i motivi che hanno portato al cambio di guida tecnica. 

Roberto Amadio ritrova un ruolo in ammiraglia dopo gli anni in Liquigas, con un’avventura partita nel 2005 e terminata nel 2014 quando la squadra prese il nome di Cannondale. Una figura che ha lavorato per diverso tempo accanto a lui è quella di Stefano Zanatta, così siamo andati direttamente dal diesse della Polti VisitMalta per farci raccontare i segreti e i particolari dell’Amadio tecnico. 

Roberto Amadio, nazionale, pista, campionato del mondo 1985
Roberto Amadio è stata una figura importante anche su pista, qui ai campionati del mondo del 1985
Roberto Amadio, nazionale, pista, campionato del mondo 1985
Roberto Amadio è stata una figura importante anche su pista, qui ai campionati del mondo del 1985

Di nuovo sulla macchina

Zanatta in questi giorni è alle prese con il percorso del Giro d’Italia, ne sta studiando il percorso e la logistica. La sua squadra non è ancora certa di ottenere la wildcard, anche se sembra esserci qualche certezza in più rispetto allo scorso anno. Basso e i suoi uomini sperano di ottenere una risposta nei primi mesi del 2026, nel frattempo ci si porta un po’ avanti con il lavoro

«Con Amadio ho lavorato tanto negli anni buoni – dice scherzando Stefano Zanatta – penso sia la persona più adatta e ricoprire il ruolo da cittì in questo momento. E’ stato tanti anni nell’ambiente e le dinamiche dell’ammiraglia le conosce bene. Il sistema è cambiato, non c’è dubbio, ma forse per chi ricopre il ruolo di cittì meno. Pensate solamente alle radioline, vero che c’erano anche ai tempi della Liquigas, ma erano strumenti meno potenti e precisi di quelli che ci sono ora».

Liquigas, Daniele Bennati, Roberto Amadio
Una volta terminata l’avventura in bici per Amadio è iniziata quella in ammiraglia con la Liquigas
Liquigas, Daniele Bennati, Roberto Amadio
Una volta terminata l’avventura in bici per Amadio è iniziata quella in ammiraglia con la Liquigas
Avete lavorato gomito a gomito già da quando eravate corridori…

Ci siamo trovati in squadra insieme per la prima volta nel 1987 alla Supermercati Brianzoli-Chateau d’Ax, che poi divenne Chateau d’Ax e abbiamo corso insieme fino al 1990. Poi quando ha iniziato il progetto Liquigas, nel 2005, mi ha chiamato subito con lui in ammiraglia. In dieci anni abbiamo condiviso tantissime esperienze, insomma erano gli anni buoni (ride ancora, ndr). 

Ora gli tocca il ruolo da cittì della nazionale, che ne pensi?

Amadio ha le competenze e le conoscenze dalle quali può attingere per ricoprire al meglio questo nuovo incarico. Gli anni passati in ammiraglia gli torneranno sicuramente utili, senza dimenticare che come team manager della nazionale ha sempre mantenuto vivi i rapporti, anche se con sfumature professionali diverse. 

Liquigas, Giro 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso e Stefano Zanatta
Giro d’Italia 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso, Stefano Zanatta e Dario Mariuzzo
Liquigas, Giro 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso e Stefano Zanatta
Giro d’Italia 2010, da sinistra: Roberto Amadio, Ivan Basso, Stefano Zanatta e Dario Mariuzzo
Quali sono le qualità che ti ricordi di lui in Liquigas?

E’ sempre stato una figura capace di vedere le problematiche e di trovare delle soluzioni adeguate. Inoltre ha una spiccata capacità di vedere le qualità e le caratteristiche di un atleta, sia fisiche che umane. 

In che senso?

Roberto (Amadio, ndr) ha sempre saputo capire se un atleta ha delle doti tecniche e se è in grado di andare di pari passo con le aspettative riposte in lui. Negli anni in Liquigas i corridori hanno sempre dato ciò che ci si sarebbe aspettato, e questo grazie alle scelte dello stesso Amadio. Ora con solamente due appuntamenti di un giorno in calendario sarà più complicato, ma rimango convinto che sia la persona giusta.

Liquigas, Vincenzo Nibali, Roberto Amadio
Amadio negli anni alla Liquigas ha lavorato con grandi atleti, mettendo il dialogo e il confronto al centro
Liquigas, Vincenzo Nibali, Roberto Amadio
Amadio negli anni alla Liquigas ha lavorato con grandi atleti, mettendo il dialogo e il confronto al centro
Lo hai detto anche tu, il ciclismo è cambiato tanto…

Vero, ma lui non è rimasto fuori dal tutto. Adesso le squadre hanno molte più figure al loro interno e si deve interagire con tutte loro, ma in questi anni Amadio lo ha sempre fatto. Inoltre lui ha una dote importante: sa parlare all’atleta e capire se questo vuole seguirlo davvero oppure no

Questo aspetto può tornare utile?

Sicuramente, pensate al prossimo mondiale in Canada. Non sempre i corridori amano fare lunghe trasferte e se non rifiutano lo fanno malvolentieri (lo stesso è accaduto in diverse Federazioni per il mondiale in Rwanda, ndr). Per lui sarà importante partire ora, fare il giro dei vari ritiri e capire con quali atleti iniziare un percorso di avvicinamento. Anche perché a volte gli obiettivi del team e della nazionale non combaciano perfettamente, di conseguenza Amadio dovrà essere bravo a dialogare con tutti.

Amadio negli anni come team manager della nazionale non ha perso la capacità di dialogo e confronto con i vari tecnici
Amadio negli anni come team manager della nazionale non ha perso la capacità di dialogo e confronto con i vari tecnici
E’ stato corridore, diesse, team manager, ha una visione d’insieme sui vari ruoli…

Conosce le dinamiche di ognuno e sa prendersi le responsabilità delle proprie scelte. Non dimentichiamoci che al suo fianco avrà anche gente come Elia Viviani, i due si conoscono dai tempi della Liquigas e hanno lavorato molto insieme. Viviani ha appena concluso la carriera, conosce le dinamiche del gruppo è può dare una mano ad Amadio nel rapportarsi con i giovani. Non è sempre facile rapportarsi con ragazzi di vent’anni. 

Quale lato di Amadio può tornargli utile?

Sa capire cosa ha tra le mani e riesce a dirigerlo al meglio. Ha uno spiccato lato umano, Roberto è grande e grosso ma è buono. Sa essere autoritario ma non evita mail il confronto, ascolta quello che il corridore ha da dire ma sa farsi rispettare e dare le giuste motivazioni per spiegare determinate scelte. Il cammino che inizia ora sembra lungo, ma il tempo passa in fretta e le Olimpiadi del 2028 sono dietro l’angolo. Amadio dovrà essere bravo a creare un gruppo con il quale lavorare anche in ottica impegni futuri. 

Campionati dle mondo pista 2025, Santiago del Cile, Roberto Amadio, Elia Viviani
Il ruolo di team manager verrà ricoperto da Elia Viviani, una figura che può fare da collante tra atleti e cittì
Campionati dle mondo pista 2025, Santiago del Cile, Roberto Amadio, Elia Viviani
Il ruolo di team manager verrà ricoperto da Elia Viviani, una figura che può fare da collante tra atleti e cittì
Portaci in ammiraglia con lui, che tecnico è?

Ha sempre lavorato di istinto in corsa. E’ uno con tempi di reazione davvero brevi, sa stravolgere le tattiche di gara in pochi secondi. Inoltre sa impostare bene la corsa e le dinamiche fin dalla riunione del mattino, aspetto fondamentale se poi una volta abbassata la bandierina non hai più modo di comunicare con gli atleti.