Un secondo che ha tolto il sonno a Scaroni

25.08.2023
4 min
Salva

Un secondo. Un solo secondo ha separato Christian Scaroni dalla prestigiosa affermazione nell’Arctic Race, la gara a tappe in Norvegia dove il bresciano è stato fino all’ultimo metro tra i grandi protagonisti. Un secondo che ha un sapore amaro, quello della sconfitta perché Christian fa davvero fatica a pensare alla trasferta scandinava come a qualcosa di positivo, a dispetto della pioggia di piazzamenti conquistati.

«Lo ammetto – racconta – la notte successiva all’ultima tappa non ho chiuso occhio. Ero lì che mi rigiravo per capire dove avevo sbagliato, dov’era che avevo perso quel secondo. Probabilmente nell’ultima tappa non ci siamo intesi bene con Gazzoli. Lui doveva tirarmi, ma a un certo punto ci siamo persi. Lui stesso ha ammesso che qualcosa non ha funzionato. Ho rivisto quella volata più e più volte. E’ stata un’occasione persa».

Il podio dell’Arctic Race vinta dal britannico Williams. E’ evidente la delusione di Christian
Il podio dell’Arctic Race vinta dal britannico Williams. E’ evidente la delusione di Christian
Avevi tra l’altro dimostrato di essere a tuo agio in un clima completamente diverso da quello che si viveva in Italia…

Amo il freddo, è il clima nel quale riesco a rendere meglio. Anche se venendo dai 35 gradi dell’Italia all’inizio non è stato facile ambientarsi. E’ una gara che a me piace tanto, con percorsi sempre diversi: c’era la frazione con lo strappo duro che faceva da trampolino di lancio, come quella che invece aveva la salita lunga. Insomma l’ideale per me e poi l’organizzazione era di estrema professionalità.

Che livello era?

Molto buono, con sei squadre WorldTour e altre professional, certamente non come il Polonia dal quale venivo dove c’era veramente il meglio, ma era sicuramente di alta qualità e lo spettacolo regalato nella settimana lo dimostra.

Il Giro di Polonia è stato fondamentale per trovare la giusta condizione
Il Giro di Polonia è stato fondamentale per trovare la giusta condizione
Quanto ti è servito il Polonia per arrivare carico alla corsa scandinava?

Tantissimo. Avevo fatto la preparazione in altura al Pordoi proprio sapendo che in Polonia avrei fatto i lavori utili per rifinire la condizione, quei fuorigiri necessari per salire di livello e le cose ho hanno confermato. Sapevo che in Norvegia avrei raccolto i frutti, anche se speravo in una conclusione diversa per come si erano messe le cose.

Quel secondo posto finale lo vedi quindi più come una sconfitta…

Sì, perché non esprime il valore assoluto della mia prestazione, offusca l’immagine anche perché scaturito da un misero secondo di differenza, che in una corsa a tappe è nulla. Mi dispiace molto, anche ora a distanza di giorni sento un sapore amaro.

Per Scaroni ben 16 top 10 in 62 giorni di gara. Ma manca ancora la vittoria
Per Scaroni ben 16 top 10 in 62 giorni di gara. Ma manca ancora la vittoria
Eppure tu in questa stagione hai accumulato tanti piazzamenti, segno di una condizione che c’è quasi sempre stata e di una costanza di rendimento.

E’ vero, però ormai i piazzamenti sono troppi – ribatte Scaroni – devo capire se è un problema di finalizzazione o mi manca proprio l’ultimo step per raggiungere la vittoria. Lo scorso anno avevo sì fatto tanti piazzamenti, ma erano anche arrivate due vittorie. Ho come l’impressione che appena riesco a trovare la via del successo mi sblocco, anche mentalmente. La stagione è ancora lunga e le occasioni ci sono, spero non diventi una vera ossessione.

Nel ciclismo di oggi chi ottiene tanti piazzamenti porta tanti punti alla squadra, il che è spesso ciò che cercano. L’impressione è che tu abbia però una visione vecchio stampo del ciclismo.

E’ così, capisco che il team guarda ai punti, ma la vittoria dà sensazioni diverse. Io devo anche guardare a me stesso, al mio modo d’intendere il ciclismo. Dicono che tre podi sono meglio di una vittoria, ma io non la penso così, mentalmente non sono mai riuscito ad accettarlo. So che se vinco mi sblocco e potrò affrontare le altre gare più sereno.

All’Astana fanno molto affidamento sul bresciano, per i tanti punti che riesce a portare al team
All’Astana fanno molto affidamento sul bresciano, per i tanti punti che riesce a portare al team
Dove andrai a cercare questo successo?

Mi piacerebbe molto ottenerlo nella trasferta oltre Atlantico, tra Usa e Canada, ma so che lì il livello sarà altissimo, ci sono gare del WorldTour dove ci saranno molti dei big. Sarà un bel banco di prova per capire a che livello sono arrivato, anche paragonandomi a loro. Poi si tornerà in Italia per tutte le gare della seconda parte di stagione, sperando di non risentire del jet lag.

Se guardi al futuro sei ottimista?

Con la condizione che ho voglio esserlo, voglio mettermi alle spalle quella nottata piena di fantasmi e pensare a quel che verrà. So che posso contendere la vittoria a tanti corridori, sono all’altezza, devo solo trovare l’occasione giusta, un pizzico di fortuna e non sbagliare più.

Calzoni, impresa sfiorata a Capo Nord. E intanto cresce bene

24.08.2023
7 min
Salva

Gli ordini d’arrivo talvolta non dicono tutto. Anche dietro ad un piazzamento lontano dal podio può esserci una storia che regala soddisfazioni. Lo sa bene Walter Calzoni che ha sfiorato il colpaccio a Capo Nord nell’ultima frazione dell’Arctic Race of Norway. Gli sono mancati solo duecento metri per mettere a segno il suo primo successo da pro’ nel contesto più estremo e surreale del ciclismo moderno.

Il trentunesimo posto di tappa (a 43” dal vincitore Champoussin) non deve trarre in inganno perché il 22enne della Q36.5 Pro Cycling Team è stato protagonista assoluto della giornata, tanto da meritarsi il premio di “più combattivo” di giornata dopo ottanta chilometri di fuga. Calzoni nel finale ha inscenato un intenso braccio di ferro col gruppo sul filo dei secondi e di quelle lingue d’asfalto che si stagliano nell’orizzonte delle colline del Circolo Polare Artico. Un’azione che è stata lo spunto per sentire il bresciano di Sellero e farci aggiornare sull’andamento della sua stagione.

Walter ci racconti questa tappa lassù dove finisce il mondo?

E’ una giornata dura ma in quei giorni ho sentito di aver ritrovato una buona condizione. Così sono sempre stato nel vivo della corsa entrando subito in una fuga assieme a due miei compagni di squadra. Ci hanno ripresi ma sono ripartito poco dopo e il gruppetto di testa era di quindici uomini. A trenta chilometri dalla fine ho attaccato e siamo rimasti in 4-5. Avevamo un minuto e mezzo di vantaggio però abbiamo collaborato poco e siamo stati ripresi ancora una volta. Sull’ultimo gpm, ai meno 5, ci ho provato nuovamente.

E cosa è successo?

Era una salita corta e difficile, resa ancor più dura dal vento contrario. Dallo scollinamento all’arrivo c’erano ancora tanti “mangia e bevi” nei quali ho patito, riuscendo tuttavia ad avere fino a 20 secondi di vantaggio a meno di due chilometri dalla fine. Ho spinto più forte che potevo, senza rendermi conto del paesaggio attorno a me. Forse lo avrei fatto dopo ma quando sei così a tutta non vedi niente a parte la strada o gli eventuali inseguitori (sorride, ndr). Ci ho creduto finché non mi hanno ripreso ai 200 metri. Credo che avrei potuto vincere se Arkea e Cofidis non avessero tirato così forte per la sprint finale. Erano le squadre più interessate alla tappa. Ma è andata così…

Nell’arco di pochi istanti hai vissuto emozioni diametralmente opposte. Come l’hai presa?

Inizialmente ero molto deluso. Quando sono stato ripreso ho praticamente smesso di pedalare e ho chiuso sconsolato. Poi a mente fredda, quando ero sul bus della squadra, ho analizzato tutto e ha avevo motivo di essere contento della mia prestazione e della mia forma. Ho un po’ di rammarico perché è la seconda volta che mi capita una situazione simile. A marzo alla Per Sempre Alfredo c’era bagnato ed ero scivolato a cinque chilometri dalla fine quando avevo un bel vantaggio (chiuderà poi ottavo, ndr). Diciamo che forse sto prendendo le misure per la prima vittoria.

Potresti raccoglierla nelle prossime gare. Il tuo programma cosa prevede?

Adesso continuerò ad allenarmi a fondo senza correre. Rientro il 13 settembre al Giro di Toscana, quindi Sabatini, Memorial Pantani, Trofeo Matteotti e così via. Insomma il calendario italiano lo farò tutto. Avrò tante occasioni per farmi vedere e per fare bene ancora.

Calzoni dopo un bell’avvio di stagione, ad aprile ha rinnovato con la Q36.5 fino al 2026
Calzoni dopo un bell’avvio di stagione, ad aprile ha rinnovato con la Q36.5 fino al 2026
Tracciamo il bilancio della stagione di Walter Calzoni. Com’è andata finora?

Sono contento. Ho avuto un calo di condizione tra maggio e giugno, tra Giro di Norvegia e Tour de Suisse ma credo che fosse normale visto che avevo fatto un buon inizio. Sono migliorato nell’alimentazione in corsa e ho notato i benefici di aspetti che l’anno scorso tralasciavo un po’. Uno dei miei obiettivi principali era quello di non subire troppo il passaggio di categoria da U23 a pro’. Direi di esserci riuscito. Il mio 2023 è andato molto bene, sicuramente oltre le aspettative. Questo però è merito della mia squadra. In Q36.5 ho fatto un bel salto di qualità, crescendo molto tra palestra, chilometri e motivazione.

In generale come ti stai trovando con la loro realtà?

Mi trovo talmente tanto bene che ad aprile ho prolungato il contratto fino al 2026. Qui c’è un progetto importante dove si punta ad entrare nel WorldTour nel prossimo triennio. In questo senso hanno preso Nizzolo proprio per raccogliere risultati e punti importanti. Nel 2024 forse potremmo correre il Giro d’Italia, sarebbe un traguardo importante anche quello. In squadra ho legato con tutti, a cominciare dal gruppo italiano che è bello folto (Brambilla, Fedeli, Moschetti, Puppio, Conca e Parisini,ndr). Poi abbiamo una figura come Nibali che malgrado abbia tanti impegni ci è sempre vicino. Ad esempio è venuto allo Svizzera e mi ha dato alcuni consigli sul riscaldamento prima di una crono. Sono dettagli che talvolta non consideri ma che sommati a tanti altri fanno la differenza.

Con la nazionale invece come sei messo? Non hai corso il mondiale e magari potevi essere utile ma c’è ancora l’europeo. D’altronde sei ancora un U23 e volendo il percorso ti si addice…

Col cittì Amadori ci eravamo visti alla Coppi e Bartali. Mi aveva chiesto disponibilità ed eravamo rimasti in contatto ma alla fine gli impegni che avevo con la squadra non combaciavano col cammino da fare con la nazionale. Ad esempio, al Giro NextGen avrei potuto correre nel nostro Devo Team ma ero già stato convocato per il Tour de Suisse. Forse era difficile farsi notare, se penso che oltretutto in quel periodo non ero al top. Di sicuro so che per eventi come mondiali ed europei bisogna creare un gruppo coeso. Non lo puoi costruire solo in base ai risultati. In ogni caso adesso io non ci penso e punto a preparare bene le gare con la squadra ma se, in accordo con tutti, si dovesse aprire uno spiraglio per una maglia azzurra, io sono a disposizione.

Olivo, il formicolio l’ha fermato a Glasgow. Rivincita all’europeo?

24.08.2023
5 min
Salva

«Non sentivo più la gamba, non riuscivo nemmeno a capire se fosse distesa o meno». Bryan Olivo ai mondiali scozzesi ha dovuto desistere dalla sua lotta contro il tempo. Il campione italiano U23 della cronometro è tornato dalla spedizione iridata con un 45° posto e un problema da risolvere. Un formicolio invadente e debilitante che dopo 10 chilometri di prova lo ha estromesso da ogni sogno di gloria.

Bryan è di Fiume Veneto un paese in provincia di Pordenone. Quando lo chiamiamo, è tornato da un allenamento concluso nel caldo torrido che soffoca l’Italia da nord a sud. Il suo tono è però disteso perché, seppure ci sia un’incognita da risolvere, è conscio del fatto che farsi prendere dal panico e dalla delusione non servirebbe a nulla. Il centro CTF Lab della sua squadra è già all’opera per risolverlo e sullo sfondo prende forma l’obiettivo europeo di fine settembre

Olivo ha conquistato l’italiano davanti a Nicolas Milesi e Dario Igor Belletta
Olivo ha conquistato l’italiano davanti a Nicolas Milesi e Dario Igor Belletta
Partiamo da dove ci siamo lasciati. Ormai sono due mesi che hai il body tricolore nell’armadio, cosa si prova?

E’ stata una grandissima soddisfazione perché ci lavoravo da tantissimo, da un anno. Ho raggiunto un obiettivo che per me era molto importante. Dopo alcuni alti a bassi che continuano tutt’ora, però è stata una nota positiva in questa stagione.

Come la valuti la tua stagione fino a qui?

Non un granché. Ho fatto bene all’inizio stagione fino ad aprile, poi ho avuto un problema intestinale che mi ha fatto perdere 3 chili. Poi ho recuperato, ho fatto bene la corsa della Pace e con la nazionale. Non corro su strada dal campionato italiano quindi dal 24 giugno. Questo perché c’erano gli appuntamenti della pista U23 e la crono del mondiale da preparare. Sabato e domenica ripartirò con le corse.

Olivo è al secondo anno nel Cycling Team Friuli
Olivo è al secondo anno nel Cycling Team Friuli
L’avvicinamento al mondiale com’è andato?

Non è stato dei migliori perché quando sono rientrato dagli europei di pista ho avuto un problema al polpaccio. Questo non mi ha fatto allenare nel migliore dei modi per una settimana e mezza.

La tua condizione com’era?

C’è da dire di sicuro che non ero ai livelli di Lorenzo Milesi che ha vinto, ma quello si sapeva. Però ecco a una top ten ci sarei andato vicino, sarebbe stata un’ottima soddisfazione per me essendo anche la prima volta ad un mondiale. Non sarebbe stata solo esperienza, ma anche un bel risultato.

Che effetto ti ha fatto vedere Milesi sul gradino più alto?

Lui corre con i professionisti, quindi ha tutto un altro ritmo. Sapevo che sarebbe andato più forte di me. Però sono rimasto molto contento per la sua vittoria. Lorenzo mi sta simpatico è un bravo ragazzo e alla fine abbiamo condiviso tanti giorni in camera assieme. Quindi posso essere solo che felice per lui. 

Olivo ha posto l’obiettivo sugli europei olandesi di settembre
Olivo ha posto l’obiettivo sugli europei olandesi di settembre
Cosa è successo durante la prova mondiale?

Molto semplicemente, dopo credo 10/12 chilometri non mi ricordo precisamente, mi ha iniziato a formicolare tutta tutta la gamba sinistra fino al piede. A un certo punto non avevo più sensibilità e quando mi alzavo in piedi proprio non sentivo più la coordinazione della gamba, non riuscivo a capire se stavo dando forza o no. A un certo punto si vede anche dai filmati TV che provavo a distendere la gamba per fargli riprendere il sangue però in quel momento, quando l’ho distesa non riuscivo neanche a capire se l’avessi distesa o no. E’ stata proprio una brutta sensazione. 

Ti era mai capitato?

Forse agli europei in pista, ma 4 chilometri, non ci avevo fatto caso più di tanto e ho detto “boh sarà una cosa così”. Però mi è ritornato anche stavolta ai mondiali e quindi in questi giorni sarò dai miei preparatori al CTF Lab, dove facciamo posizionamento per vedere se magari con un fondello differente cambia qualcosa rispetto a quello che utilizzo ora. 

La prima ipotesi è quindi quella di un posizionamento errato?

Pensiamo che sia un problema legato allo schiacciamento eccessivo della zona del soprasella. Questo ha implicato un minor passaggio del sangue e di conseguenza il formicolio. Questo sarà il primo tentativo poi vedremo se intervenire sulla sella, l’importante è non stravolgere tutto insieme.

Olivo su strada non ha mai lamentato problemi legati alla posizione
Olivo su strada non ha mai lamentato problemi legati alla posizione
Su strada hai mai lamentato un problema simile?

No perché sulla bici da strada ho una posizione meno estrema. Essendo il bacino meno ruotato è difficile arrivare a un interruzione del flusso del sangue se non si hanno particolari problemi. 

Cosa ti porti a casa da questo mondiale?

La prendo come esperienza. Bisogna solo andare avanti e risolvere questo problema che fortunatamente non si presenta sulla bici da strada. 

Un’occasione di rivincita nel finale di stagione ci sarebbe…Il campionato europeo di Drenthe in Olanda è un tuo obiettivo?

Rimane un obiettivo arrivare competitivo, spero di essere convocato agli europei soprattutto per la crono. E poi vediamo di far bene anche il fine stagione su strada, per arrivare eventualmente ad una convocazione anche su strada. Non nego che voglio prendermi una rivincita dal mondiale. 

Le difficoltà degli juniores e tanto altro: Bardelli tuona

24.08.2023
6 min
Salva

«Non c’è una programmazione, così è difficile rispondere alle aspettative dei ragazzi. Perché poi tutti noi, tecnici, i ragazzi stessi, chi gestisce i ciclismo… vive sui loro sogni. Così li illudiamo». Andrea Bardelli, direttore sportivo della squadra juniores CPS Professional Team è un fiume in piena.

CPS Professional Team, Bardelli è il secondo da destra
CPS Professional Team, Bardelli è il secondo da destra

Secondo anno a rischio

Questa situazione d’incertezza sta facendo riflettere il tecnico toscano anche sul fare un personale passo indietro. Tante cose non sono più chiare secondo lui e per i ragazzi non c’è più prospettiva.

«Tolta quella manciata di talentini – dice Bardelli – per gli altri si fa dura… E si fa dura per ragazzi validi, che hanno vinto, che sono costanti nelle prime posizioni. Che hanno potenziale.

«Faccio un esempio, nella mia squadra ci sono tre atleti di secondo anno che sono tra i primi 20 in Italia. Sono tutti e tre bravi, hanno vinto (anche più di una gara ciascuno), hanno fatto diversi podi, sono costanti, abili in corsa… Insomma hanno del potenziale. Avrebbero persino i punteggi per approdare in una continental… eppure nulla. Tante promesse, test fatti ad aprile e ad agosto inoltrato ancora sento dirmi: “Vediamo, se parte quello forse te lo prendo”».

Spesso si guarda ancora solo l’ordine d’arrivo, ma per valutare un ragazzo alle corse bisogna andarci. Lo stesso Bardelli riporta il caso del suo Lorenzo Mark Finn. Quante telefonate da Ferragosto in poi a seguito delle sue vittorie, ma lui questo ragazzo lo aveva scoperto ben prima, quando addirittura neanche era ancora mai arrivato davanti. 

Bardelli invoca un cambiamento pertanto. E anche rapido. Ogni anno il cerchio si stringe. Qualcosa non va in questo sistema.

«Credo che in Italia tra gli juniores di secondo anno ci saranno appena dieci ragazzi che hanno trovato la squadra per l’anno prossimo. Qui diciamo che non ci sono le squadre italiane dei pro’, io dico che non ci sono proprio le squadre».

E su questo ultimo punto bisogna riflettere però. Quando andiamo alle corse, le stesse squadre U23, ci dicono delle difficoltà nel trovare i corridori di primo anno. Poi magari li prendono, ma all’ultimo. Fino alla fine tutti i ragazzi – influenzati da chissà chi – aspettano il colpo grosso, che nella maggior parti dei casi è un sogno.

Una dicotomia non facile: gli juniores passano sempre più spesso pro’, ma hanno le difficoltà di sempre
Una dicotomia non facile: gli juniores passano sempre più spesso pro’, ma hanno le difficoltà di sempre

Regole nuove

E allora come fare? Perché parlare va bene, ma poi serve anche una possibile soluzione. In questo caso molto deve fare il governo del ciclismo. UCI e soprattutto la FCI. Bisogna trovare più spazio per chi approccia la categoria U23.

«Per esempio – prosegue Bardelli – si potrebbe imporre ai team under 23 di prendere un numero minimo di primi anni, cioè di juniores che passano e con un vincolo di punti massimo. Un po’ come noi juniores non possiamo prendere più di quattro allievi di secondo anno con più di 20 punti. E se non c’è spazio, limitare il numero degli elite. Anche perché per loro diventa praticamente impossibile andare avanti».

In questo modo si darebbe a tutti i ragazzi, non solo a quella manciata di campioncini, la possibilità di crescere. Perché a 18-19 anni è diverso che a 24, visto che di spazio ce n’è sempre meno. E magari allo stesso tempo per stare nelle regole si eviterebbero tesseramenti fittizi, dalle Regioni meno battute».

«A 19 anni c’è ancora la crescita di mezzo, ci sono cose da imparare… Quando si fa questo discorso penso a Nicolò Buratti. Da juniores non entrava nei dieci, poi è cresciuto. Uno come lui oggi non sarebbe andato avanti. O lo avrebbe fatto con mille difficoltà».

Nell’assenza di programmazione, Bardelli imputa anche l’assenza di crono. Sempre rarissime in Italia (qui Giaimi – foto tornanti_cc)
Nell’assenza di programmazione, Bardelli imputa anche l’assenza di crono. Sempre rarissime in Italia (qui Giaimi – foto tornanti_cc)

Fci dove sei?

Bardelli mette sul piatto un discorso concreto. Un discorso di chi vive il ciclismo sul campo. Serve una svolta e come detto prima anche la FCI secondo lui deve fare qualcosa. Troppo spesso le cose sono lasciate al caso, si aspetta “fin che la barca va”…

Manca, per esempio, ancora un regolamento 2024: chi deve organizzare i team come e quando si muove? I dirigenti, i tecnici spesso si ritrovano “soli”.

«Ho dovuto chiamare io chi di dovere per sapere qualcosa sulle regole 2024 – spiega Bardelli – Ma nulla. Noi dobbiamo fare tutto, ma non abbiamo niente: regolamento, un calendario omogeneo (a volte due corse in tutta Italia, altre volte sette solo al Nord), procuratori di mezzo che ti tolgono il controllo dei ragazzi…. Spesso dobbiamo affidarci all’aiuto dei genitori, per andare alle corse. Muoversi e programmare così è difficile, credetemi».

La categoria juniores è (ed appare) sempre più importante negli eventi internazionali
La categoria juniores è (ed appare) sempre più importante negli eventi internazionali

Categoria fondamentale

Che ci sia in atto un rivoluzione di questa categoria è ormai noto. Addirittura si vocifera che presto potrebbe essere allungata di un anno, eliminando gli U23. Quella degli juniores è dunque una categoria fondamentale: si va da qui ai pro’ o nelle squadre development. A quel punto è normale che tra le categorie giovanili diventi quella più importante.

Anche in questo caso si punta il dito sui procuratori e sulla fame dei team WT di reperire talenti, ma il discorso non si può limitare a questo. Semmai quella è una conseguenza. Il quadro tecnico, organizzativo e prestativo si è rivoluzionato in pochissimi anni. E tante cose andrebbero riviste, se non altro per adattarsi.

«Se questa categoria è così importante, se è il “muro” di crescita e del futuro per i corridori, allora non voglio più sentire certe critiche: che spremiamo i ragazzi, che li portiamo a correre all’estero – perché mi sono sorbito anche questo – che fanno allenamenti eccessivi… Se poi il sistema porta avanti solo quei top dieci, va da sé che la sfida è tutta qui».

Sotto le spinte di De Fabritiis e di Simone De Zio soprattutto, i CPS lavorano da squadra
Sotto le spinte di De Fabritiis e di Simone De Zio soprattutto, i CPS lavorano da squadra

Serve unità

Se questa categoria è sempre più importante, allora serve un’azione corale. Bisogna fare sistema, tanto più in tempi di “vacche magre”: tra giovani sempre meno per numero, squadre che fanno fatica ad andare avanti, mancanza sempre più evidente di un team WorldTour nostrano…

«Ci vorrebbe anche un cambio di tecnici – conclude Bardelli – e mi ci metto anche io. Dobbiamo riflettere, porci delle domande… Mi rendo conto che alle corse vedo la stessa gente da 50 anni. Perché la Fci non è in grado di tenere quei ragazzi che ad una certa età non possono passare ma possono dare qualcosa ai più giovani? Perché non facciamo un’associazione dei direttori sportivi juniores? C’è Luca Colombo per esempio che sarebbe in grado di rappresentarla».

«La Federazione mi sembra più interessata ad esaltare questa o quella medaglia, che non ad agire su altri fronti: giovani, regole, tesserati… Io non sono un manager, ma metto sul piatto i problemi che vedo: magari insieme si può trovare una soluzione.

«E per fortuna che il cittì Salvoldi è bravo: è presente, si fa sentire… Ma poi il resto? Per fare un esempio, tra qualche giorno scatta il Giro della Lunigiana e ancora non si sa chi porterà il Comitato Toscano. Serve progettualità o presto correranno in dieci».

Gazzoli torna, vince e racconta la rinascita

24.08.2023
6 min
Salva

Dal freddo del Circolo Polare Artico a Caligola, che ti impedisce di respirare riempiendoti i polmoni di aria calda, il passo è breve. Michele Gazzoli è tornato dalla Norvegia lunedì, ora si allena a casa (Brescia) e fa i conti con il grande caldo. «Tra ieri e oggi (martedì e mercoledì, ndr) mi sono allenato poco, un po’ per recuperare e un po’ per il troppo caldo. Il termometro tocca i 39 gradi, non è proprio semplicissimo uscire. Giovedì che ho un lungo da fare uscirò presto, verso le 7, giusto per avere qualche ora di tregua».

Per Gazzoli è arrivata la prima vittoria da professionista, nella seconda tappa dell’Arctic Race of Norway
Per Gazzoli è arrivata la prima vittoria da professionista, nella seconda tappa dell’Arctic Race of Norway

Un cammino lungo 9 mesi

Il ritorno alle corse, nello specifico all’Arctic Race of Norway, è solo la punta dell’iceberg (perdonate il gioco di parole) di un 2023 che per Michele Gazzoli ha significato molto. 

«Devo ringraziare l’Astana all’infinito – dice subito – per aver lasciato accesa questa speranza di poter tornare con loro. Da “Vino” (Vinokurov, ndr) a Martinelli, ma non solo loro, tutta la squadra. Si era parlato di un mio ritorno in squadra già nei mesi precedenti al Giro d’Italia, ma durante la corsa rosa ho avuto la conferma che sarei tornato da loro».

Nei mesi invernali ha curato particolarmente la sessione in palestra, con lavori specifici
Nei mesi invernali ha curato particolarmente la sessione in palestra, con lavori specifici
Da quel momento hai iniziato la tua preparazione?

In realtà è da ottobre dello scorso anno che lavoravo e mi allenavo con l’intenzione di tornare a correre. Ho fatto quella che sarebbe stata una stagione normale, per fortuna, da un lato, senza la fretta di dover tornare competitivo fin da subito. 

Allora come è partita questa tua stagione?

Mi sono concentrato molto sulla palestra, facendo molti più lavori, ma dilatati nel tempo. Mi allenavo per due o tre volte a settimana, da metà ottobre a inizio gennaio. Ho lavorato molto con i pesi andando a curare quelle che potevano essere le mie lacune: principalmente forza ed esplosività. A gennaio mi è uscita una piccola ernia e mi sono dovuto fermare. La fortuna è stata che non dovendo correre da subito ho potuto aspettare e fare rientrare con calma questo piccolo problema. Se avessi avuto il panico e la fretta di tornare ad oggi, probabilmente, mi sarei portato dietro questo dolore. 

Con la bici quando hai iniziato ad allenarti?

Principalmente a febbraio e marzo, in quei mesi ho curato molto il fondo ed il volume, facendo tante uscite in Z2. Mi sono concentrato tanto su questa parte, allenandomi con continuità ed esclusivamente su strada, con qualche richiamo in palestra. 

Gli allenamenti non sono mancati, qui in un’uscita su strada con la nipote
Gli allenamenti non sono mancati, qui in un’uscita su strada con la nipote
Poi hai alzato il ritmo?

Ad aprile. Con l’inserimento di lavori specifici: soglia, fuori soglia, 20/20, forza. Questo fino a maggio, quando sono andato in ritiro a Livigno per 21 giorni. 

Come hai usato i giorni di ritiro?

In maniera un po’ diversa, siccome non avevo corse alle porte potevo osare di più. Ho usato quei 21 giorni per fare tanta fatica ed intensità. Durante la giornata uscivo con altri atleti, mi mettevo alla loro ruota e facevo fatica. 

Con chi ti sei allenato principalmente?

In ritiro ero con “Baro” (Filippo Baroncini, ndr). E’ un mio grande amico, anche e soprattutto al di fuori della bici. Siamo davvero molto legati. 

Il primo ritiro a Livigno lo ha fatto insieme all’amico Baroncini, i due hanno condiviso tante esperienze tra cui il mondiale di Leuven vinto da “Baro”
Il primo ritiro a Livigno lo ha fatto insieme all’amico Baroncini, i due hanno condiviso tante esperienze tra cui il mondiale di Leuven vinto da “Baro”
Il tuo livello in quel periodo com’era?

Secondo me buono, sarei stato quasi pronto per gareggiare. Alla fine nei mesi precedenti ho lavorato tanto e bene, la classica fase di “costruzione” è stata soddisfacente. 

Una volta tornato giù?

Mi sono allenato ancora per una settimana, qualcosa meno e poi ho staccato per qualche giorno. Nel periodo in cui sono tornato a casa faceva un caldo tremendo, quindi ho preferito ridurre le ore di allenamento. Meno volume e più intensità, con qualche doppietta. 

Quando hai saputo che saresti tornato a correre alla Arctic Race?

Un mese prima dell’inizio della gara. In realtà non ero sicuro sarei andato a correre lì, il dubbio era tra Norvegia e Burgos. 

Gazzoli ha condiviso il ritorno in corsa con il suo compagno di squadra e amico Scaroni, aiutandolo a conquistare il podio finale
Gazzoli ha condiviso il ritorno in corsa con il suo compagno di squadra e amico Scaroni, aiutandolo a conquistare il podio finale
Come ti sei preparato per il ritorno in corsa?

Con un secondo ritiro in altura, dal 25 luglio all’8 agosto, una quindicina di giorni. Anche perché trovare un buco a Livigno in quel periodo era praticamente impossibile. Gli allenamenti non sono stati tanti diversi da quelli del primo ritiro. Sono rimasto sui miei valori, senza esagerare, e le sensazioni erano davvero ottime. 

Che sensazioni hai provato al ritorno alle gare?

Quando mi hanno detto che avrei corso è stato gratificante. Ma la cosa migliore è stata riattaccare il numero, andare al foglio firma… Insomma rivivere tutta la routine delle gare. Ho avuto anche la fortuna di aver condiviso questo momento con molti amici: Colleoni, Baroncini, Scaroni. Tutti ragazzi che conosco bene e che sono dei grandi amici

Ed è arrivata anche la prima vittoria da professionista…

Avere questo anno “sabbatico” obbligato mi ha aiutato a estraniarmi da quella sensazione di rincorsa che avevo. Mi trovavo ad essere frenetico e poco sereno, ma non mi accorgevo. Ripartire da zero mi ha permesso di cogliere quello che mi mancava. La vittoria è quella cosa che sai può arrivare, ma quando arriva poi ti sorprende sempre. 

A Gazzoli sono mancati i piccoli momenti della corsa: come il foglio firma e attaccare il numero sulla maglia
A Gazzoli sono mancati i piccoli momenti della corsa: come il foglio firma e attaccare il numero sulla maglia
E cosa ti mancava?

A questa domanda posso rispondere con una frase del film di Arnold Schwarzenegger: “un lupo che scala una collina ha molta più fame del lupo che sta sopra la collina”. Io scalando quella collina mi sono reso conto di avere una fame che mi faceva vedere solo un obiettivo: quel 10 di agosto. 

Quanto ti mancava correre?

Tantissimo, sono un animale da competizione. E’ stato bello ritornare e farlo con l’Astana. Con loro ho un ottimo rapporto e se sono qui è merito di tutta la squadra, non smetterò mai di ringraziarli e farò di tutto per ripagarli. Scusate se sono stato lungo, ma dopo un anno avevo tante cose da dire…

E’ stato un piacere ascoltarti, ci vediamo alle corse.

A presto!

Cattaneo corridore top, con la benedizione di Remco

24.08.2023
5 min
Salva

«Landa sa vincere grandi Giri con la sua squadra. Adesso ha 33 anni, penso che non sia troppo vecchio. E’ un buon acquisto che porta molta esperienza in una squadra giovane. Penso che sia stato la mossa migliore che Lefevere potesse fare quest’anno, ma mentirei se dicessi che non mi aspettavo un corridore in più, appena sotto il livello di Landa. Un corridore tra il livello di Van Wilder, Vervaecke e Cattaneo, ma è difficile trovare uomini in quella categoria, perché costano».

Commentando in un’intervista con Lanterne Rouge l’arrivo del corridore basco alla Soudal-Quick Step, Evenepoel ha messo Mattia Cattaneo sul piatto dei suoi corridori più fedeli e affidabili. Un’investitura importante per il bergamasco, che ha la stessa età di Landa, ma che ha passato gli ultimi quattro anni a costruirsi in una direzione ben precisa. Fortissimo a crono, finalmente sicuro di sé, con l’esperienza di undici anni di professionismo, il Cattaneo di oggi non ha niente a che vedere con il ragazzino intimidito dei primi tempi alla Lampre. Però le parole di Remco ci hanno incuriosito e abbiamo voluto commentarle con lo stesso Mattia, mentre chiudeva le valige per la Vuelta, che scatterà sabato da Barcellona con una cronometro a squadre.

In questi 4 anni con Lefevere, Cattaneo si è ricostruito e consolidato e ora è fra i migliori cronoman al mondo
In questi 4 anni con Lefevere, Cattaneo si è ricostruito e consolidato e ora è fra i migliori cronoman al mondo
Ti aspettavi certe parole da Evenepoel?

Credo c’entri il fatto di aver corso parecchio con lui nell’ultimo anno. So che si è trovato bene, nel senso che ha visto che mi muovo senza prendere troppi rischi. Mi ha aiutato l’esperienza. In più, aver fatto tante corse importanti con lui, restando sempre ad alto livello per il tipo di lavoro che serviva, mi ha portato a consolidarmi. Era quello che cercavo da tempo, il lavoro giusto per un corridore come me.

La prima svolta c’è stata quando passasti alla Androni, ma certo con la Quick Step c’è stato il vero salto di qualità, dalla crono alla salita. Si può parlare della vera maturazione?

Credo sia dovuto a come sono seguito, sia dal punto di vista della preparazione sia dal punto di vista dello studio di materiali. Parlo di cronometro e tutta una serie di cose che una squadra di livello top come questa può darti più dell’Androni. Attenzione, per me l’Androni è stata tutto, sarò per sempre grato. Però ci sono delle lacune tecniche e di budget impossibili da colmare rispetto a una squadra che ha 10 volte il budget. Preparazione, a seguire l’alimentazione, l’idratazione. Adesso il ciclismo è molto specifico e hai bisogno di una squadra che ti dia supporto da tutti i punti di vista.

Mattia Cattaneo, Gianni Savio, Mario Androni, Fausto Masnada
Per Cattaneo e Masnada, come per Scarponi prima di loro, l’Androni è stata il team del rilancio
Mattia Cattaneo, Gianni Savio, Mario Androni, Fausto Masnada
Per Cattaneo e Masnada, come per Scarponi prima di loro, l’Androni è stata il team del rilancio
Sei il Mattia che cercavi quando passasti professionista oppure hai cambiato strada? Passasti da vincente, cosa pensi guardando a quel ragazzo?

Onestamente, nonostante quando passai tutti pensassero che fossi il nuovo Nibali, io non ho mai pensato di poter arrivare a quel livello. Ho sempre pensato di essere un corridore come quello che sono per un capitano, in questo caso per Remco. Un compagno super importante fino a un determinato punto della corsa, perché madre natura mi ha fatto forte, non posso dire che sono scarso, però non sono al livello dei top 10 al mondo.

Quindi?

Se quando sono passato, mi aveste detto che sarei arrivato qui a fare questo tipo di lavoro, con questa costanza e comunque sempre ad alti livelli, avrei firmato subito. Lo sapete meglio di me quanto ci ho messo per riuscire a raggiungere questo equilibrio…

Per Cattaneo, la sicurezza di Remco alla sua ruota è data dalla capacità di muoversi senza troppi rischi
Per Cattaneo, la sicurezza di Remco alla sua ruota è data dalla capacità di muoversi senza troppi rischi
E’ difficile mantenerlo oppure adesso sai come si fa?

Secondo me, più che facile o difficile, adesso c’è il fatto di essere consapevole che una determinata cosa la posso fare. Quindi vado alla Vuelta, al Giro o in qualsiasi corsa, sapendo che quel tipo di lavoro lo posso fare tranquillamente. Logicamente devo stare bene, una volta potrà venire meglio e una volta meno bene a seconda della condizione, ma so quello che posso fare e il modo per farlo.

In che modo avere un capitano che a sua volta è capace di grandi risultati riesce a compattare la squadra attorno? Questa faccenda del Wolfpack fino a che punto è una cosa che esiste?

Io non sono uno che guarda tanto i social, però nei vari gruppi gli amici mi mandano quello che viene scritto su noi e la nostra squadra. Si dice che siamo una squadra scarsa, con corridori scarsi. “Dove volete andare con quella squadra? Remco si troverà da solo quando ci saranno trenta corridori…”. Eppure secondo me è in questi frangenti che si vede il famoso Wolfpack, che poi siamo noi. E’ vero, bisogna essere oggettivi, sulla carta siamo più deboli di altre squadre. Però credo che questa cosa del gruppo possa colmare il gap e noi ci puntiamo tanto, anche se dall’esterno può sembrare che non conti tanto.

Ai mondiali di Glasgow, Cattaneo ha corso il Team Mixed Relay e ha poi centrato l’8° posto nella crono
Ai mondiali di Glasgow, Cattaneo ha corso il Team Mixed Relay e ha poi centrato l’8° posto nella crono
In cosa può incidere?

Sul non doversi neanche voltare, perché sai chi c’è con te e che lavoro può fare. Magari ha un po’ meno gambe, però sei tranquillo e non diventi matto per cercarlo e alla fine ti ritrovi con più energie per quando serviranno davvero. Tante situazioni, frazioni di secondo che sono decisive non tanto sulle salite lunghe, ma per andarle a prendere in testa o nei finali della Vuelta che spesso sono nervosi e possono costare 15-20 secondi ogni volta senza che neanche te ne accorgi. Non c’è tanto da inventare. Stare davanti e avere le gambe per farlo. E noi questo sappiamo farlo bene.

A forza di salite, Cavallo ha trovato il contratto giusto

23.08.2023
5 min
Salva

Nel variegato mondo degli Under 23 era emersa nella scorsa primavera una particolare rivalità. Nella Sulle Strade di Marco Pantani e al successivo Giro di Franciacorta, su tutte le salite Thomas Pesenti si era ritrovato a battagliare testa a testa con Luca Cavallo. Parliamo di due scalatori puri, una razza da più parti ritenuta in estinzione nel ciclismo italiano e non solo.

Tanta acqua è passata sotto i ponti da allora, ma Cavallo non si è fermato, anzi. Ha continuato a macinare risultati tanto da essere ai vertici del ranking nazionale di categoria, si è presentato anche al Valico del San Gottardo per gli europei per scalatori andando a sfiorare un podio assoluto che avrebbe potuto significare molto per il suo futuro, poi è andato a prendersi una classica del calendario come la Zané-Monte Cengio.

Il corridore di Dronero, nelle valli cuneesi, ama davvero la salita, l’ha sempre amata: «Fin da piccolino, anche se allora avevo un fisico diverso, un po’ più grosso ma esplosivo. Ora sono alto 1,82 per un peso forma di 59 chili, il classico fisico da scalatore».

La vittoria di Cavallo a Monte Cengio. I suoi successi nascono spesso da fughe solitarie
La vittoria di Cavallo a Monte Cengio. I suoi successi nascono spesso da fughe solitarie
Ma quali tipi di salite prediligi?

Preferisco quelle lunghe, dove si fatica tanto, ma nel nostro calendario non ce ne sono molte. Quindi mi sono abituato anche a sfruttare gli strappi brevi, a guardare alle pendenze per cercare di fare la differenza.

Che tipo di scalatore sei, uno che scatta o vai su regolare?

Sicuramente questa seconda opzione. Prendo il mio ritmo già alla base e vado su con i miei valori, tenendo anche 60-90 minuti. Le mie salite preferite sono quelle intorno al 7-9 per cento di pendenza media. Patisco un po’ le salite a gradoni, con continui cambi di pendenza.

Per completare il discorso, che wattaggi riesci a tenere?

Io sono un corridore magro e per sua natura molto esplosivo. Su salite fino a 20, anche 25 minuti ho 7 watt l’ora, intorno ai 6 quando c’è una durata che arriva all’ora.

Cavallo ama le salite lunghe, tenendo un ritmo molto alto per lunghi tratti
Cavallo ama le salite lunghe, tenendo un ritmo molto alto per lunghi tratti
Rispetto alla primavera c’è stato un cambio di rendimento?

Direi proprio di sì. Quando ho raccolto i posti d’onore a Mercatale o alla Sulle Strade di Marco Pantani ero ancora un po’ sopra il mio peso forma, con della massa grassa. D’altronde sapevo che con l’arrivo del caldo sarebbero arrivate anche le corse a me più congeniali, quelle con arrivo in salita e volevo farmi trovare pronto.

Proviamo un po’ a completare il tuo identikit tecnico…

Veloce non sono, questo è certo. Sono invece abbastanza bravo in discesa e infatti cerco spesso di approfittare della situazione per allungare ulteriormente. Mi resta un punto sconosciuto, conoscere il mio rendimento a cronometro.

Un dato importante, anche per capire un tuo eventuale impiego nelle corse a tappe…

Quest’anno ho fatto il Giro del Veneto finendo sul podio, poi ho vinto il Giro delle Valli Aretine il giorno dopo la sua conclusione e poi sono stato a riposo per tutto luglio. Ho ripreso proprio con la gara del San Gottardo.

Il cuneese ha provato gli europei per scalatori, mancando il podio per 8″
Il cuneese ha provato gli europei per scalatori, mancando il podio per 8″
Ti aspettavi una simile prestazione?

No, proprio perché non avevo più gareggiato. Non era un percorso del tutto favorevole, c’erano 6 chilometri di pavé, anche se diverso da quello belga e su quei tratti ho faticato. Infatti nella seconda parte ho perso parecchio, il podio è sfumato lì. Ma nel complesso posso dire di essermela cavata bene considerando chi c’era.

Quando hai iniziato?

Da G4, seguendo le orme di mio fratello, che è arrivato a correre fino agli juniores. Mio padre lo seguiva e io mi aggregavo, anche perché andavamo col camper ed era molto divertente per un bambino come me. Poi lui ha smesso per dedicarsi agli studi di medicina e io ho preso il suo posto…

Da settembre Cavallo sarà stagista alla Green Project, dal 2024 diventerà effettivo
Da settembre Cavallo sarà stagista alla Green Project, dal 2024 diventerà effettivo
Oltre ai risultati, nelle ultime settimane è arrivata anche la chiamata della Green Project Bardiani CSF Faizané

Da settembre sarò stagista con loro per poi approdare alla prima squadra nel 2024. Sapevo sin da inizio stagione dell’interesse di Reverberi, mi aveva anche chiamato per fare dei test, poi mi hanno proposto di non aspettare la fine della stagione, ma di fare già qualche gara da quest’anno. Chiaramente ho detto di sì, saranno esperienze utilissime.

Ti sei più ritrovato a battagliare con Pesenti?

Con Thomas quelle sfide non sono una novità, ci conosciamo bene, sin da quando eravamo juniores. Anche lui ha faticato come me nella sua evoluzione ciclistica e per questo lo rispetto molto. Sul Carpegna è stata dura, aveva 11” di vantaggio e su quelle rampe siamo andati alla stessa identica velocità. Poi al Giro della Franciacorta sapevamo di essere più forti in salita e ci siamo messi d’accordo a portare avanti la fuga fino alla fine per poi giocarcela. Comunque sì, ce le siamo date di santa ragione…

Vento, condizioni fisiche e radio: quei 12″ tra Ganna e Remco

23.08.2023
5 min
Salva

Filippo Ganna non ha conquistato la maglia iridata della cronometro per 12” dopo una sfida lunga 47,8 chilometri. Remco Evenepoel, il vincitore, in pratica gli ha rifilato 0,25” al chilometro. Un quarto di secondo ogni mille metri. Un’inezia.

Un distacco così fa pensare e ripensare: dove ha perso quei pochi secondi Ganna? Una domanda che si è posto lo stesso piemontese dopo la gara.

Noi invece lo abbiamo chiesto a tre esperti di crono: Adriano Malori, Edoardo Affini e Marco Pinotti. Un’inchiesta, una riflessione tecnica, che resta comunque molto complicata. Ricordiamoci che parliamo di distacchi piccoli, che siamo nell’era dei marginal gain in cui ogni dettaglio incide, ma che di contro (e paradossalmente) 12” potrebbero non essere neanche pochi. Sul banco degli “imputati” finiscono: materiali, tattiche, condizione, riscaldamento, guida, regole… Un bell’intrigo insomma!

Ganna in lotta col vento (notate l’erba). Il cx migliore di Remco ha fatto la differenza?
Ganna in lotta col vento (notate l’erba). Il cx migliore di Remco ha fatto la differenza?

Malori insiste sul vento

Adriano Malori già ci aveva accompagnato nel post di quella crono. Il “Malo” aveva indicato il vento come il rivale numero uno di Ganna, almeno tra i fattori esterni. E in particolare il vento laterale. E resta su quella linea.

«Anche se dalla tv non si è visto molto – dice Malori – nel tratto più lungo, quello in cui si andava nel doppio senso di marcia, si notava come Evenepoel, piccolino, “sbacchettasse” parecchio. In quel punto uno grande come Pippo faceva più resistenza. Se dondolava Remco figuriamoci Pippo.

«Per il resto, sui materiali non credo che abbia perso terreno perché comunque Ganna è alla Ineos-Grenadiers e lì ci lavorano bene e costantemente. Semmai, visto lo strappo finale, con la doppia corona al posto della mono Ganna sarebbe potuto andare un po’ più forte. Ma anche nel chilometro finale è stato comunque più veloce di Remco di 3”. In ogni caso non sarebbe bastato a colmare il gap dei 12″.

«Riguardo alla guida, tanto più che la regìa tv non è stata il massimo, è difficile giudicare. Bisognava stare in ammiraglia dietro a Pippo. In generale ci può stare perdere quei 12″ lì: bastano un paio di curve fatte male che all’uscita devi rilanciare e la frittata è fatta. Ma, ripeto, questo aspetto non siamo in grado di poterlo analizzare».

Prima di chiudere Malori getta sul piatto un argomento molto interessante: secondo lui le nuove regole UCI penalizzano Ganna nella posizione: «Filippo è troppo schiacciato e meno allungato di altri sulla bici».

A Glasgow Ganna ha usato la nuova Bolide: tra le novità la monocorona di Shimano e una versione aggiornata del manubrio 3D
A Glasgow Ganna ha usato la nuova Bolide: tra le novità la monocorona di Shimano e una versione aggiornata del manubrio 3D

Affini, Remco e il suo cx

Edoardo Affini, che torna in gara oggi al Benelux (Renewi Tour) è quello più dubbioso circa il recuperare questo gap. E lui le crono attuali le fa… e anche forte.

«La differenza con Remco la fa la “pagliuzza” – dice il corridore della Jumbo-Vismanon è facile capire dove recuperare 12”. Io partirei dalla prestazione, ma bisognerebbe conoscere i reali valori dei ragazzi. Da quel che so io, hanno detto che Pippo ha fatto una delle sue migliori prestazioni in assoluto, quindi non credo si possa battere su questo tema. E anche la gestione tattica di Pippo è stata buona, visto che sul muro finale è andato fortissimo.

«Idem sui materiali: addirittura so che in Ineos-Grenadiers gli avevano dato un manubrio nuovo che lo rendesse ancora un pelo più aerodinamico così da limare ancora qualcosa».

Anche Affini insiste sul discorso del vento e dell’aerodinamica. Ma più che sottolineare lo svantaggio di Ganna, esalta il vantaggio di Remco.

«Evenepoel è molto potente, anche se meno di Ganna, ma più piccolo. Non è grosso come me e Pippo, quindi è più aerodinamico. Gente come noi si può abbassare sul manubrio quanto vuole, ma l’impatto frontale e con il vento laterale sempre grande resta.

«Penso anche che il vento sia una variabile che non puoi controllare, pertanto farei davvero difficoltà a capire dove limare quei 12 secondi».

La radio che si nota sporgere sul petto di Evenepoel, aveva una valenza aerodinamica ed era ai limiti del regolamento
La radio che si nota sporgere sul petto di Evenepoel, aveva una valenza aerodinamica ed era ai limiti del regolamento

Pinotti: prestazioni e regole

Marco Pinotti, tecnico della Jayco-AlUla, ma al tempo stesso ex cronoman ed ingegnere, ha invece qualche ipotesi in più da vagliare per recuperare quei 12 secondi.

«Io – spiega Pinotti – anche se in casa Ineos hanno parlato di grande prestazione, ho qualche dubbio in merito. Intendiamoci, non dico che Ganna non sia andato forte, ma non è stato super come altre volte. Magari anche perché aveva lavorato molto per la pista e non aveva fatto un lavoro specifico per la crono. Io so che hanno spinto molto sull’aerodinamica (e il manubrio nuovo lo confermerebbe, ndr), sui materiali e hanno perso un po’ di focus sull’allenamento.

«Ripenso alla crono che Filippo ha vinto al Wallonie pochi giorni prima. Era andato forte, ma aveva rifilato distacchi minimi a Tarling e agli altri, nonostante la crono misurasse 32 chilometri. Questo mi ha fatto riflettere. Si può mettere così: Ganna non è andato piano, ma per una serie di motivi non è cresciuto ulteriormente come può ancora fare alla sua età».

Pinotti poi insiste anche su un altro aspetto, un dettaglio che tutti abbiamo notato, ma che nessuno ha approfondito: la radio che Evenepoel aveva sul petto. Quella “radiolona” ha certamente avuto delle influenze aerodinamiche. Di fatto, inserita in quel body aero e aderente era un profilo. Anche Ganna ce l’aveva, ma la sua era ben più piccola: era la radio e basta. Ganna non aveva la radio avvolta nel pluriball come già qualcuno ha utilizzato in questa stagione.

«In questo senso servirebbero delle regole chiare – dice Pinotti – da parte dell’UCI. E’ noto che un riempitivo in quel punto dà dei vantaggi. Nel triathlon, che è libero, lo usano ma qui va chiarito una volta per tutte come fare. Una superficie simile, nell’arco di quasi 50 chilometri potrebbe anche essere stata decisiva, visto che parliamo di 12 secondi».

Sfilata iridata a Etten-Leur, il mondiale dei criterium

23.08.2023
5 min
Salva

Quello di Etten-Leur lo chiamano “il campionato del mondo dei criterium”, forse anche per la ricchezza che viene messa ogni anno sul piatto e che permette di attirare anche i campioni più ritrosi. L’anno scorso ad esempio, nessuno riuscì ad attirare il vincitore del Tour Jonas Vingegaard, tranne loro. Tutto grazie a una serie di generosi sponsor olandesi e ai 280 euro con cui migliaia di vip pagano il loro posto nell’area riservata.

La Canyon Aeroad di Van der Poel s’è vestita dell’iride, come la sua “sorellina” nel ciclocross
La Canyon Aeroad di Van der Poel s’è vestita dell’iride, come la sua “sorellina” nel ciclocross

Il jet per Van der Poel

Per il Criterium di Etten-Leur, cittadina del Brabante Settentrionale al confine con il Belgio, si fanno delle vere e proprie follie, come ad esempio andare in Spagna con un volo privato per prelevare il campione del mondo Mathieu Van der Poel e portarlo a correre. Sono partiti sabato sera, sono riusciti ad atterrare all’aeroporto di Malaga e da lì, con il prezioso passeggero iridato a bordo, sono atterrati a Breda. Dall’aeroporto, sono bastati quindici minuti per arrivare nel centro della festa.

«Avevano già insistito dopo il Tour – ha ammesso Van der Poel, stupito – ma io avevo declinato l’invito. Però dopo il mondiale ho pensato che avrei dovuto mostrare la maglia da qualche parte e tutto sommato Etten-Leur non è molto lontano da dove vivo. Così ho potuto indossare per la prima volta la maglia iridata. Avevo già la valigia pronta, si è trattato solo di tornare a casa un giorno prima del previsto».

Van der Poel ha anticipato di un giorno il rientro dalle vacanze a bordo di un jet privato
Van der Poel ha anticipato di un giorno il rientro dalle vacanze a bordo di un jet privato

Tre giorni a Marbella

Chi magari pensava che l’olandese fosse in Spagna per il solito ritiro, prenderebbe una cantonata. Van der Poel infatti si è concesso una meritatissima vacanza dopo il Tour, il mondiale strada di Glasgow e quello finito troppo presto sulla mountain bike.

«Dopo quella caduta – ha raccontato a Het Nieuwsbladero così rigido che ho passato comunque due giorni sulla bici per recuperare un po’ di elasticità. Poi ho trascorso tre giorni a Marbella con un gruppo di amici e diciamo solo che ci sono state delle belle serate molto intense. Avevo bisogno di decompressione. Il mondiale è stato l’ultimo grande obiettivo della stagione, anche se forse non mi rendo ancora bene conto di quello che ho fatto. Forse ci riuscirò una volta che la stagione sarà davvero finita».

L’intrusa iridata: la belga Kopecky in Olanda fra le olandesi Vollering e Wiebes. Tutte di casa SD Worx
L’intrusa iridata: la belga Kopecky in Olanda fra le olandesi Vollering e Wiebes. Tutte di casa SD Worx

Un salto a Parigi

Però quella caduta brucia, soprattutto considerando il suo orgoglio sconfinato. Per cui la sua vacanza e la successiva partecipazione al criterium olandese sono serviti per sentirgli ammettere qualcosa di più.

«Sto accarezzando l’idea – ha detto – di partecipare al test event di mountain bike a Parigi a fine settembre. Quindi dovrei continuare ad allenarmi e nel frattempo voglio anche correre qualche gara su strada. Non so ancora quale sarà il programma, molto dipenderà da come mi sentirò in allenamento. La voglia di mostrare la maglia c’è, ma se potessi scegliere, mi piacerebbe davvero tanto vincere il Fiandre con questo simbolo addosso».

Vollering a braccia alzate, come sul Tourmalet, come alla fine del Tour che ha vinto
Vollering a braccia alzate, come sul Tourmalet, come alla fine del Tour che ha vinto

Kopecky e il surf

A Etten-Leur c’era anche una ricca partecipazione femminile. Lotte Kopecky, chiaramente, ma anche Demi Vollering, con la sua maglia gialla del Tour e anche Annemiek Van Vleuten, olandese che a fine anno si ritirerà ma per i tifosi olandesi è ormai una leggenda.

Raccontano gli organizzatori (che per l’iridata della SD Worx non hanno dovuto mandare un aereo), che quando si è sparsa la voce della sua partecipazione, il sito internet del criterium è andato in crash, tanta è la sua popolarità anche in Olanda.

Anche Kopecky ha raccontato qualcosa di sé e dell’emozione iridata, ma anche lei forse non è ancora pienamente consapevole della portata del trionfo.

«E’ la prima volta che indosso questa maglia su una bicicletta – ha ammesso – non ho pedalato molto negli ultimi giorni. Una volta l’ho messa sulla tavola da surf (ridendo, ndr). L’ho trovato divertente, ma ho ancora bisogno di qualche lezione. Finalmente ho avuto una vacanza, cosa che non accade spesso. Mi sono davvero goduta quella settimana senza obblighi, ma per capire se adesso nella mia carriera cambierà qualcosa, dovremo aspettare le prossime settimane».

Anche per Kopecky una bici iridata, ma pantaloncino nero che incontra di più il suo gusto
Anche per Kopecky una bici iridata, ma pantaloncino nero che incontra di più il suo gusto

Domenica Kopecky correrà la Schaal Sels a Merksem e forse sarà alla partenza della Classic Lorient a Plouay: «Ma soprattutto voglio divertirmi – ha detto a Het Nieuwsblad prima di lasciare Etten-Leur – senza alcun obiettivo. Voglio capire se c’è ancora grinta, voglio rilassarmi e quando posso, voglio dormire un’oretta di più. Diciamo che negli ultimi giorni non sono mancate le feste».