Zanardi ritrova Zanardi: vince e salta nel WorldTour

13.09.2023
6 min
Salva

La vittoria è il balsamo migliore, soprattutto a capo di una stagione in cui Silvia Zanardi ha avuto più frenate che rilanci. Partita forte, poi rallentata dalla mononucleosi, è ripartita in cerca di una direzione precisa, nell’ultima stagione con la BePink, prima di passare in una WorldTour di cui la piacentina non vuole ancora fare il nome.

Al Tour de l’Ardeche, che ha visto il ritorno prepotente di Marta Cavalli, Zanardi ha vinto una tappa andando in fuga e ha lottato fino all’ultimo giorno per un posto sul podio, salvo pagare la prepotenza delle scalatrici nell’ultima frazione: corta, dura e veloce come un dispetto.

Alla vigilia della vittoria, il terzo posto di Avignone dietro Pikulik e Van Dam ha fatto capire che la condizione era giusta
Alla vigilia della vittoria, il terzo posto di Avignone dietro Pikulik e Van Dam ha fatto capire che la condizione era giusta
Soddisfatta?

Ho vinto una tappa e ho portato a casa le due maglie che avevo già vinto nel 2022, anche se quest’anno puntavo a fare un po’ meglio in classifica. Mi sono mancate le gambe in salita. L’ultima tappa era lunga appena 69 chilometri e le francesi della FDJ e anche la Human Powered Health volevano attaccare e alla fine ci hanno fatto fuori, con un ritmo potente e faticoso, per me che non sono una scalatrice.

Una tappa davvero corta…

Personalmente preferisco le gare più lunghe, perché mi piace stare tante ore in bici e non ho problemi a recuperare. Però era il settimo giorno, una tappa corta ci può stare… 

In questo mondo in cui si viene giudicati per i risultati, che cosa vuol dire vincere?

Sicuramente è sempre bellissimo. In più diciamo che mi mancava vincere in fuga. Walter (Zini, ndr) mi dice sempre che bisogna attaccare e, se non ci provi, non saprai mai come andrà a finire. Quel giorno me lo sentivo anche io. Sono partita dopo un traguardo volante, eravamo in tre e mancavano 80 chilometri all’arrivo. Pensavo che la fuga non andasse a buon fine, invece dopo il secondo gpm ci ha raggiunto un gruppetto di altre cinque. Abbiamo iniziato a girare e abbiamo preso un po’ di vantaggio. A quel punto ho pensato che tenere duro mi sarebbe servito per superare le salite, invece quando sono finite avevamo ancora un buon margine. Così su uno strappettino, Walter mi ha suggerito di provare ad andare via. Si è formato un gruppettino più piccolo e siamo arrivate al traguardo. 

La collaborazione fra Zini e Zanardi va avanti da cinque anni e probabilmente proseguirà nel WorldTour
La collaborazione fra Zini e Zanardi va avanti da cinque anni e probabilmente proseguirà nel WorldTour
Pensi che Silvia sia questa o più quella che aspetta la volata?

Sinceramente sono una di quelle che aspetta per far la volata, pur sapendo di non essere una vera velocista. Sono più per i percorsi mossi, da gruppetti e volate ristrette. In una volata di gruppo diciamo che al 99 per cento io perdo. Diciamo che al Liberazione è andata bene perché magari non c’erano tante avversarie, ma era un obiettivo e sono stata contenta di averlo vinto.

La foto dell’arrivo ricorda quella dell’europeo di Trento…

Vero. Anche se non ho vinto lo stesso giorno (la vittoria porta la data dell’8 settembre, ndr), diciamo che è il mese giusto. Pochi giorni prima di due anni fa, quando vinsi a Trento (era il 10 settembre del 2021, ndr).

Serve Zini che ti punzecchia oppure prima o poi certi ragionamenti ti entreranno in testa?

Penso che non sia lui il problema, penso sia una cosa più personale, di convinzione. Se mi avesse detto di andare, io per assurdo non ci sarei andata. Perché il mio cervello è fatto così e spesso ragiona al contrario. E’ da inizio anno che combatto contro questa contraddizione. Lo so che andare in fuga aiuta anche a trovare la condizione, ma non sempre ce la faccio.

Sei stata per anni 5 anni con Walter, ora si va nel WorldTour. Come mai hai atteso tanto?

Alla BePink ho fatto un bel percorso, ma è giusto che sia arrivato anche il mio momento. Sinceramente non avevo tanta fretta di cambiare o di andare in una squadra WorldTour. Non mi sentivo ancora pronta l’anno scorso: un salto così voglio farlo con la consapevolezza di non dover tornare indietro. Voglio farlo e rimanerci per anni, quindi sicuramente bisognava trovare il momento giusto. L’anno scorso era presto, questa volta è giusto.

La vittoria di Trento agli europei U23 del 2021, venuta a capo di una corsa dura e una volata ristretta
La vittoria di Trento agli europei U23 del 2021, venuta a capo di una corsa dura e una volata ristretta
E’ un fatto soggettivo oppure hai la sensazione che alcune colleghe abbiano fatto il passo troppo presto?

Qualcuna ha fatto questo errore, perché ovviamente andare in una WorldTour attira, anche se sei giovane. C’è un tempo per tutto, quindi io non consiglierei alle giovani di fare questo passo dal primo anno, perché comunque è un passo importante. Personalmente preferisco un percorso come quello che ho fatto io, passare magari da una squadra continental, dove ti lasciano crescere, ti lasciano i tuoi spazi e impari quello che serve per salire di livello, fermo restando che non si finisce mai di imparare.

Continuerai a lavorare con Zini?

L’idea è quella di continuare ad averlo come preparatore. Sicuramente il prossimo anno ci saranno tanti cambiamenti e avere lui al mio fianco, che può supportarmi, per me è una sicurezza. Per ora sono contenta di farmi seguire ancora da Walter, in futuro vedremo.

Nel futuro ci sono ancora strada e pista?

Sì, l’ho detto subito alla squadra che a me piace fare pista e sicuramente continuerò. Tutte noi italiane abbiamo in testa che il prossimo anno ci sono le Olimpiadi. E’ vero che a 24 anni sono giovane e potrei pensare anche a quelle dopo, però comunque la voglia di andare a Parigi c’è. Ai mondiali di Glasgow ho visto che il livello si sta alzando ogni anno, vedendo le velocità medie e le avversarie. Non bisogna mai abbassare la guardia e bisogna sempre migliorarsi. Ogni anno bisogna fare uno step in più.

Settima nella corsa a punti, al mondiale di Glasgow. Zanardi ha 9 titoli europei e 2 mondiali in pista
Settima nella corsa a punti, al mondiale di Glasgow. Zanardi ha 9 titoli europei e 2 mondiali in pista
L’Ardeche è stato un momento di rinascita per altre italiane, vedi Marta Cavalli…

Mi sono allenata con lei prima dell’Ardeche e sapevo che era in ottima condizione e che puntava comunque a questo Tour. Sicuramente veder vincere un’italiana è più bello che una straniera.

Che cosa sarà la BePink senza Silvia Zanardi?

Sono entrate due nuove ragazze da stagiste e hanno fatto qualche gara in Francia e in Belgio. Sono giovani e volenterose, hanno sicuramente voglia di crescere e di imparare. Quindi sono sicura che resterà comunque una squadra italiana dove si può fare un bellissimo percorso di crescita. Non so chi prenderà il mio posto, ma sono sicura che ci sarà una “Zanna” al posto mio.

Sambinello e il primo (positivo) anno da junior

13.09.2023
4 min
Salva

Tra gli juniores che maggiormente si sono messi in mostra in questa stagione c’è Enea Sambinello. Classe 2006 al primo anno in questa categoria ha fatto vedere sprazzi positivi, accumulando tante corse e anche qualche esperienza internazionale. Nel mese di settembre in particolare, vista la sua partecipazione al Giro della Lunigiana e poi al Trofeo Buffoni di domenica scorsa, chiuso in settima posizione

Alla prima esperienza in Nation Cup un secondo posto di tappa e il podio nella generale (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Alla prima esperienza in Nation Cup un secondo posto di tappa e il podio nella generale (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)

Prendere le misure

«E’ vero – afferma Enea Sambinello – quest’anno è stato abbastanza positivo, ho fatto già qualche esperienza internazionale. Prima alla Nuova Eroica, con la Work Service Speedy Bike, e poi con la nazionale. Ho corso anche con la nazionale in Slovacchia in una prova di Nation Cup, dove sono arrivato secondo in classifica generale. A questo poi si è anche aggiunta la buona prova ai campionati italiani: con la squadra abbiamo vinto la cronometro e poi sono arrivato quarto nella prova in linea».

Enea Sambinello (a sinistra in maglia azzurra) al suo primo anno da junior ha già fatto esperienze importanti (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Enea Sambinello (a sinistra in maglia azzurra) al suo primo anno da junior ha già fatto esperienze importanti (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Ti aspettavi un inizio di stagione così?

Alla seconda gara sono caduto subito, quindi ho un po’ perso la prima parte della stagione, la primavera diciamo. Mi sono ripreso molto bene, e nel mese di giugno e luglio sono andato davvero forte, alla fine tutti i risultati importanti sono arrivati in questo breve periodo. 

Al Lunigiana non è andata benissimo, cosa è successo?

Correvo con una microfrattura alla spalla, non una cosa così grave da impedirmi di esserci, ma sicuramente non il migliore dei modi per preparare l’evento. Infatti non sono andato come speravo, ma è una bella esperienza, che sicuramente tornerà utile in vista del prossimo anno. 

Il passaggio con la Work come sta andando?

Bene, molto bene. Arrivavo da una piccola squadra della mia zona, la Fiumicinese, diciamo che è la squadra del mio paese. Il cambio è molto positivo, Alla Work abbiamo un metodo di lavoro più professionale, visto che cambia anche la categoria. Mi sono trovato molto bene fin da subito.

Tra fine agosto e inizio settembre ha corso il Giro della Lunigiana con la Rappresentativa dell’Emilia-Romagna
Tra fine agosto e inizio settembre ha corso il Giro della Lunigiana con la Rappresentativa dell’Emilia-Romagna
L’utilizzo dei rapporti liberi come lo avete gestito?

Passare da avere il 16 nel pacco pignoni a spingere l’11 non è facile. Abbiamo lavorato molto in palestra e sviluppato abbastanza la forza, ci siamo allenati facendo i classici esercizi come squat e stacchi. Anche ora pian piano stiamo cercando di “tirare” più il rapporto. Ad inizio stagione era più difficile, ora sembra essere meglio. 

Quindi all’inizio ti ha condizionato un po’?

Penso sia “pesato” a tutti. Ma alla fine lo ritengo giusto, la categoria juniores si è avvicinata molto al professionismo. Mi è sembrata un’evoluzione più che lineare, ci sono state molte critiche ma non ne vedo il motivo. 

Lo hai trovato positivo quindi?

Sì. Lo si vede anche nelle gare internazionali, il gap con gli stranieri si è chiuso in parte anche grazie a questo (già nel 2021 gli juniores francesi, Lenny Martinez in primis, si allenavano con i rapporti liberi, ndr). 

Il gruppo che si è formato in nazionale è unito e solido (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Il gruppo che si è formato in nazionale è unito e solido (foto Slovensky Zvaz Cyklistiky)
Quella in Slovacchia è stata la prima esperienza con la maglia della nazionale?

Sì ed è stato fantastico. Come gara è stata super positiva, sono arrivato secondo in classifica generale e in una tappa. Mentre nelle terza ed ultima frazione siamo riusciti a portare a casa un successo con Mattia Negrente

Com’è stato indossare l’azzurro?

Fantastico, un’emozione incredibile. Poi il gruppo che si è creato era molto unito, e quindi anche al di fuori delle gare con la nazionale ci vediamo spesso e ci sentiamo altrettanto volentieri. Anche se siamo avversari il rapporto è ottimo. Non vedo l’ora di ritrovarmi in squadra con loro. 

Sorriso Uijtdebroeks, in Spagna come un bimbo alle giostre

13.09.2023
5 min
Salva

Il giorno di riposo di Cian Uijtdebroeks, lunedì, è stato l’occasione per fare il punto sul primo grande Giro del giovane belga. Il ragazzino della Bora-Hansgrohe si è affacciato sulla terza settimana con un solo (grosso) acciacco: una piaga al soprassella che finora lo ha infastidito parecchio e per la quale i medici della squadra tedesca stanno attuando tutte le terapie possibili.

In Belgio lo seguono come si fa con chi porta grosse promesse e ha tutta l’intenzione di mantenerle. Chissà se alla Soudal-Quick Step si mangiano le mani per averlo fatto andare via, dopo averlo avuto ospite a Livigno durante un ritiro estivo. Di fatto, Uijtdebroeks fece il primo anno da junior nella stessa squadra da cui passò Evenepoel, poi scelse di approdare alla Auto Eder e di lì il passaggio alla Bora è stato automatico.

La conferenza stampa virtuale nel giorno di riposo ha permesso di conoscere meglio Uijtdebroeks (foto matthispaul)
La conferenza stampa virtuale nel giorno di riposo ha permesso di conoscere meglio Uijtdebroeks (foto matthispaul)

Nessun confronto

Che fosse forte si era capito subito, al punto che quando lo scorso anno vinse il Tour de l’Avenir, un certo Bernard Hinault lo coprì di complimenti e questo in qualche modo gli permise di uscire dal cono d’ombra di Evenepoel.

«E’ bello che un uomo come Hinault – ha raccontato il belga nell’incontro online con i giornalisti – dica che ho un po’ di classe. E’ bello sentirlo dire da un ex corridore così eccezionale, ma io faccio quello che posso e rimango me stesso. Finché non ho vinto l’Avenir, il paragone con Remco era costante. Ora le cose sono cambiate e finalmente si parla di Uijtdebroeks senza che lui venga coinvolto. Lo preferisco. E’ importante che si parli di chi sono e non più di chi potrei diventare. Altrimenti, al confronto, nessuno sarà mai soddisfatto dei miei risultati. Faccio quello che posso e ho ancora molto tempo per crescere»

Evenepoel e Uijtdebroeks (foto del Giro di Svizzera) vengono spesso accostati sui media
Evenepoel e Uijtdebroeks (foto del Giro di Svizzera) vengono spesso accostati sui media

Il lavoro più bello

In comune con il connazionale della Soudal-Quick Step, Uijtdebroeks ha il gusto di raccontare e raccontarsi, mettendo sul tavolo un entusiasmo raro a vedersi: forse dovuto all’ingenuità dei pochi anni, anche se tutti ci auguriamo che non perda mai tanta spontaneità.

«Parlare con i media – ha detto – fa parte del lavoro, no? Andare in bicicletta mi piace e ora è diventata la mia professione. Sono molto felice di quello che faccio, me la sto passando bene, semplicemente perché il mio lavoro non sembra un lavoro. Sono felice come quando ero junior, mi diverto. Le corse sono divertenti, è un sogno diventato realtà. E il bello è che ormai non si tratta solo di correre contro i più forti, ma essere anche in grado a volte di seguirli. Sto dimostrando chi sono. E io, quando sono felice, sorrido».

La crono di Valladolid è stata dura per il problema al soprassella e la difficoltà di tenere la posizione
La crono di Valladolid è stata dura per il problema al soprassella e la difficoltà di tenere la posizione

Voglia di salite

Come già raccontato ieri da Lenny Martinez, studiare la reazione dell’organismo nella terza settimana fa parte di tutto quello che il corridore deve scoprire per diventare grande. Il corpo cambia, si abitua alla fatica e ad essa reagisce. Ogni giorno la fase di recupero è diversa dalla precedente.

«Sento che i muscoli sono un po’ stanchi – ha spiegato Uijtdebroeks – e che corro da tanti giorni, più di quelli cui sono abituato, ma in generale mi sento ancora abbastanza fresco. Non mi sento male o esausto. Temo più il dolore alla sella che le salite più dure. Spero che gli altri inizino a stancarsi e che io possa ancora sfruttare la mia relativa freschezza. Anche se può bastare un solo giorno storto per compromettere tutto. Guardo il mio amico Lenny Martinez che volava davvero i primi giorni, ma all’improvviso ci ha preso mezz’ora».

Uijtdebroeks è nato il 28 febbraio 2003, è pro’ dal 2022. E’ alto 1,85 e pesa 68 chili
Uijtdebroeks è nato il 28 febbraio 2003, è pro’ dal 2022. E’ alto 1,85 e pesa 68 chili

Il giorno dell’Angliru

Fra lui e il giovane francese ci sono cinque mesi di differenza: si sono sfidati in lungo e in largo nelle categorie giovanili e ritrovarsi a farlo anche ora nel WorldTour dà ad entrambi il senso di aver preso la strada giusta. Nessuno dei due ha provato l’Angliru: entrambi lo scopriranno proprio oggi.

«Il mio allenatore John Wakefield – ha spiegato – mi ha detto che avrei fatto meglio a non farlo, perché avrebbe potuto condizionarmi mentalmente. E’ una scalata dove puoi vincere o perdere tutto. Molti corridori avevano paura del Tourmalet, io non vedevo l’ora di farlo. Io in genere non vedo l’ora che arrivino le montagne più dure».

Sempre col sorrido sul voto: Uijtdebroeks dice di sentirsi felice com un bambino
Sempre col sorrido sul voto: Uijtdebroeks dice di sentirsi felice com un bambino

Tour, no grazie

Le domande sono state tante e forse ancora una volta si è capito che la differenza fra Cian e Remco sta nella modestia. Quando gli hanno chiesto se sia pronto per andare al Tour il prossimo anno, Uijtdebroeks ha risposto sicuro che se ne parlerà se tutto va bene nel 2025: il prossimo anno sarà Giro o nuovamente Vuelta.

«Il Tour è il mio sogno – ha detto – ma so che al momento le possibilità di fare bene sono piccolissime. Per cui il prossimo anno non se ne parla. A meno che – ha sorriso – non venga fuori che il Giro e la Vuelta hanno percorsi pianeggianti e tre crono e il Tour abbia soltanto salite…».

Vingegaard da solo, per l’amico e per la Vuelta

12.09.2023
5 min
Salva

In quella gola scura come il cielo che ha portato pioggia sulle Asturie, Jonas Vingegaard ha pescato direttamente dal cuore per scattare e vincere la seconda tappa di questa Vuelta. Se la vittoria sul Tourmalet gli aveva permesso di fare gli auguri a sua figlia, quella di oggi è servita per sentirsi vicino a Nathan Van Hooydonck. Sull’arrivo è crollato, sfinito e in lacrime: neppure al Tour lo avevamo visto così provato.

L’incidente di Van Hooydonck e sua moglie ha gelato il gruppo. Il belga dovrebbe essere fuori pericolo (foto BFM/Het Nieuwsblad)
L’incidente di Van Hooydonck e sua moglie ha gelato il gruppo. Il belga dovrebbe essere fuori pericolo (foto BFM/Het Nieuwsblad)

Tutti per Van Hooydonck

Stamattina intorno alle 8,30 il corridore belga ha perso il controllo della sua Range Rover nera, a causa di un malore improvviso. L’auto ne ha travolte altre cinque, prima di fermarsi. A bordo c’era anche sua moglie incinta, che per fortuna ne è uscita illesa (la coppia aveva già perso un bimbo nel 2021). Van Hooydonck è stato portato all’ospedale e messo in coma farmacologico. La notizia si è abbattuta sulla squadra come un pugno alla bocca dello stomaco, per cui quando via radio all’inizio della salita i corridori hanno saputo che il compagno era finalmente vigile (come ha confermato anche il bollettino arrivato in serata), Vingegaard ha potuto spiccare il volo.

«All’inizio della salita finale – ha confermato sul traguardo Attila Valter – ci è stato detto che Nathan è sveglio e starebbe abbastanza bene. Questo è quello che abbiamo sentito e spero che sia così. Abbiamo tutti sentimenti contrastanti, abbiamo lottato e vinto per lui. Non so se possa già guardare la TV, ma spero che presto possa fare il tifo per noi. Noi lo stiamo già facendo per lui».

Sull’arrivo Vingegaard non ha voluto esultare. Prima si è messo la mano sul cuore e poi è crollato
Sull’arrivo Vingegaard non ha voluto esultare. Prima si è messo la mano sul cuore e poi è crollato

Per il miglior amico

Chissà se la notizia è arrivata quando Vingegaard, ripreso dalle telecamere prima di scattare, ha comunicato con l’ammiraglia. Se così fosse, la scena acquisirebbe un impatto emotivamente immenso. Anche se il risultato finale è stato anche l’attacco frontale al compagno Kuss in maglia rossa.

«Ho vinto per il mio migliore amico», ha detto il danese. «Stamattina abbiamo ricevuto una notizia terribile – ha continuato – e volevo vincere per lui. Fortunatamente ora ci sono buone notizie sulle sue condizioni. Un grande sollievo per me e per tutta la squadra. Spero che ora possa riprendersi bene».

Vingegaard a questo punto, con un ritardo di soli 29 secondi da Kuss, rischia di essere il candidato numero uno per la vittoria finale, anche se in questa serata ad alta emotività, ha preferito non fare previsioni. Non ha neppure esultato. Solo a pochi metri dal traguardo ha poggiato più volte il palmo della mano sul cuore, tradendo l’emozione che solo raramente affiora nei suoi gesti.

Evenepoel ha tagliato il traguardo a 14’16”, terz’ultimo dell’ordine di arrivo: domani farà la tappa?
Evenepoel ha tagliato il traguardo a 14’16”, terz’ultimo dell’ordine di arrivo: domani farà la tappa?

Provocazione Bruyneel

Chi sull’Angliru potrebbe far esplodere la corsa è Evenepoel. Al suo indirizzo ha parlato in un podcast uno che di ciclismo ne sa tanto, che è stato messo giustamente ai margini, ma indubbiamente sa come si gestiscono le squadre nelle grandi corse a tappe: Johan Bruyneel, mentore e complice di Armstrong nei sette Tour vinti e poi restituiti.

«Il fatto che Remco sia andato in fuga sabato è stata un’idea perfetta – ha detto nel podcast TheMove+ – il percorso era adatto per staccare tutti, infatti è arrivato da solo. Invece non è stata una buona idea andare anche il giorno dopo. Era una tappa meno difficile e dopo la fuga del giorno prima doveva essere anche stanco. Non è un robot, né un superuomo. Il ciclismo ai massimi livelli non funziona così, anche se ti chiami Remco Evenepoel. La squadra sta cercando corridori che possano assisterlo in salita, ma forse dovrebbero cercare persone che possano consigliarlo meglio. Ogni squadra ha un capitano che prende le decisioni finali più difficili e quel capitano dovrebbe essere il direttore sportivo. Invece penso che sia Remco stesso il capo di questa squadra. Se vuole vincere un’altra tappa, deve concentrarsi sull’Angliru. E non in fuga. Deve lottare con i grandi e cercare di battere il trio Jumbo-Visma. Sarebbe una buona aggiunta alla sua Vuelta e soprattutto gli darebbe una iniezione di fiducia. Se fossi in lui, sarebbe l’obiettivo principale».

Secondo Caruso, l’Angliru assesterà la classifica alle spalle della Jumbo, ma non si aspettava l’attacco di Vingegard
Secondo Caruso, l’Angliru assesterà la classifica alle spalle della Jumbo, ma non si aspettava l’attacco di Vingegard

Parola a Caruso

La chiusura la lasciamo a Damiano Caruso, raggiunto sul pullman mentre si dirigeva verso l’hotel, che per una volta le squadre hanno raggiunto a un orario umano. Nel finale il ragusano è stato davanti con Landa e alla fine si è piazzato 16° a 1’26” da Vingegaard.

«Domani – ci ha detto – sarà una salita un po’ particolare, una di quelle tappe che darà un bell’assestamento fra le posizioni di rincalzo. Non per la Jumbo, perché quelli l’assestamento l’hanno già fatto oggi. L’Angliru l’abbiamo visto più di una volta ed è una salita nella quale non si può mentire. La Jumbo oggi ha dimostrato ancora una volta che sono fortissimi, perché hanno controllato la fuga agevolmente. Poi nel finale sinceramente sono rimasto sorpreso dell’attacco di Vingegaard, che praticamente è stato un attacco diretto al suo compagno di squadra. Io pensavo e come me tanti pensano che vogliano far vincere la Vuelta a Kuss, ma dopo quello che ho visto oggi credo che questo non sia scontato. Insomma, sarà interessante vedere anche come si muoveranno domani…».

Gregaria ma non solo. Pellegrini cresce bene

12.09.2023
5 min
Salva

Avevamo lasciato Francesca Pellegrini in procinto di salire di categoria, portandosi dietro quell’immagine di terza intrusa nella lotta fra Ciabocco e Venturelli che aveva contraddistinto la scorsa stagione italiana fra le juniores, con belle soddisfazioni anche in consessi internazionali. Approdata all’Uae Development Team con un contratto biennale, la bergamasca si è fatta strada e nella Picto-Charentaise dove la Basilico era stata terza lei era finita poco dietro, quinta.

I suoi piazzamenti e soprattutto la sua abnegazione per le compagne ne hanno fatto un punto fermo della nazionale di categoria, con Sangalli che l’ha chiamata nel team del Tour de l’Avenir dov’è stata una spalla ideale per la Realini. Ma la Pellegrini è questo e altro ancora…

«Rispetto alla ragazza dello scorso anno, alle sfide con Ciabocco e Venturelli molto è cambiato – racconta la Pellegrini – Entrare in un Devo team ti dà la possibilità di crescere piano, attraverso le esperienze che fai anche, anzi soprattutto al cospetto delle più grandi. Ma non è un salto nel buio come poteva essere fino a qualche anno fa, il calendario è commisurato al proprio livello».

Per la bergamasca finora 25 giorni di gara con 2 vittorie nelle cronosquadre e un 5° posto in Francia
Per la bergamasca finora 25 giorni di gara con 2 vittorie nelle cronosquadre e un 5° posto in Francia
Gareggiando in una gara di categoria come l’Avenir, hai notato differenze rispetto alle altre prove, dove ci sono cicliste più anziane e smaliziate?

Sinceramente non tante, perché il livello della corsa a tappe francese era molto alto. Successivamente ho corso due classiche francesi di livello 1.2 e devo dire che sembrava un po’ la stessa cosa. Diverso è il discorso quando si gareggia contro squadre WorldTour di primo piano, si vede che hanno un ritmo diverso nelle gambe. Per questo i tecnici vogliono che facciamo un calendario commisurato alle nostre possibilità.

Come ti hanno inquadrato nel team?

Nella maggior parte dei casi ho fatto da gregaria alle mie compagne, ma ci sono state occasioni nelle quali i ruoli si sono invertiti. Proprio alla Picto-Charentaies, ad esempio, colei che era stata prescelta come capitana non era in giornata, così la squadra ha deciso di puntare sulla mia volata e il 5° posto è stato un risultato di valore, il migliore in una stagione un po’ particolare.

Con le ragazze dell’Uae Development Team, dove la Pellegrini correrà anche nel 2024
Con le ragazze dell’Uae Development Team, dove la Pellegrini correrà anche nel 2024
Perché?

Si sapeva già dall’inizio che avrei dovuto privilegiare lo studio nella prima parte dell’anno, avendo la maturità al Liceo Scientifico. In primavera sono stata due mesi senza gareggiare. Ora sono più libera, potrò continuare ad allenarmi a casa e voglio investire tutte le mie energie nel ciclismo, anche se ho intenzione di continuare gli studi e fare un corso universitario online. Ma almeno non avrò difficoltà ad allenarmi anche la mattina, prima era davvero impossibile: ad esempio ho fatto tutta la preparazione invernale sui rulli, ora invece potrò uscire anche d’inverno e fare palestra.

In questa stagione però sei risultata un elemento prezioso nelle cronosquadre, facendone vincere addirittura due al tuo team…

Io non sono certo una specialista delle cronometro, ma nelle prove a squadre riesco a dare il meglio, sfruttando il fatto di poter recuperare quando tirano le compagne. Non è molto diverso da quel che si fa nelle gare, quando si danno lunghe tirate per portare davanti la leader.

La Pellegrini si sta rivelando preziosa a cronometro nelle prove di squadra (foto Mabyle)
La Pellegrini si sta rivelando preziosa a cronometro nelle prove di squadra (foto Mabyle)
Viste le difficoltà, sei soddisfatta finora della tua stagione?

Non è stata male, considerando appunto che non ho gareggiato sempre e non mi sono potuta concentrare sull’attività. La stagione era iniziata bene, ma poi mi sono dovuta fermare. In estate ho ripreso trovando presto la forma e mi sto rifacendo.

Come ti sei trovata al Tour de l’Avenir nel correre per la Realini?

E’ stata una bellissima esperienza e sono grata al cittì Sangalli per avere avuto fiducia in me. Io avevo il compito di lavorare nelle prime parti delle tappe, permettendo a Gaia di risparmiare energie. Si vede che ha accumulato esperienze in un team WT, ha un altro passo. Io sono stata contenta del suo podio e anche di come me la sono cavata.

Il team azzurro all’Avenir, con Barale, Ciabocco, Masetti, Realini e Tonetti (foto Mabyle)
Il team azzurro all’Avenir, con Barale, Ciabocco, Masetti, Realini e Tonetti (foto Mabyle)
Il vostro era un gruppo composito, con cicliste del WT insieme ad altre come te, meno avvezze a quel livello…

E la differenza si vede. Io ad esempio arrivavo ai -30 dall’arrivo che sentivo la stanchezza accumulata lavorando nella prima parte, ma altre, quelle già presenti abitualmente nelle prove del massimo circuito, hanno un altro passo, un’altra resistenza. E’ per questo che dico che il WorldTour cambia molto le cose.

E ora?

Ora mi aspetta un’altra trasferta con la nazionale, per una gara a tappe in Olanda, anche questa solo per under 23 in programma dal 15 al 17 settembre, la Watersley Womens Challenge. Poi la mia stagione dovrebbe essere conclusa, a meno che non arrivi una chiamata per la sfida continentale, ma per averla dovrò davvero dare tutto nelle gare che restano…

Terza settimana e Angliru: tutte le domande di Martinez

12.09.2023
4 min
Salva

Per qualche giorno, Lenny Martinez è stato descritto come la vera novità della Vuelta, almeno a partire dal secondo posto all’Observatorio Astrofisico de Javalambre, quando ha conquistato la maglia di leader. Il più giovane leader di sempre in testa a un grande Giro, con i suoi vent’anni e i 52 chili che ne hanno fatto per giorni la mascotte d’acciaio in testa al gruppo. La coincidenza più curiosa è legata al calendario. Lenny infatti ha conquistato la maglia rossa il 31 agosto, lo stesso giorno in cui da La Spezia partiva il Giro della Lunigiana: la corsa che lo rivelò al pubblico italiano (è singolare che nel video contenuto nell’articolo di allora, parlasse già della Vuelta). La bella favola è durata per due tappe, fino al giorno di Xorret de Catì, quando Roglic ha alzato le braccia e in testa alla Vuelta è passato Sepp Kuss

I giorni successivi sono stati sempre più pesanti. Per qualche giorno, Martinez è rimasto intorno alla quinta posizione, finché si è messo di mezzo il Tourmalet e quel giorno il suo passivo è stato più pesante di quanto le sue esili spalle potessero sopportare. Oggi il francese riparte dalla 19ª posizione, con un distacco di 36’24” da Kuss. La terza settimana è vera terra di nessuno, l’Angliru di domani rischia di essere uno scoglio insormontabile.

Martinez ha preso la maglia dopo la sesta tappa e l’ha mantenuta per due giorni
Martinez ha preso la maglia dopo la sesta tappa e l’ha mantenuta per due giorni
Quando hai capito che la fatica stava prendendo il sopravvento?

Mi sono sentito bene fino al primo giorno di riposo, poi non ho più avuto le stesse sensazioni dell’inizio. Qualcosa non funzionava bene e lo sentivo, il mio corpo ha iniziato a soffrire. Mi sono ammalato per la tanta fatica due giorni prima di prendere la maglia rossa e il fisico non ha retto. Sono crollato completamente nella tappa del Tourmalet e anche il giorno dopo. E’ stato davvero difficile, dopo tutto il lavoro dei miei compagni dall’inizio di questa Vuelta. Ma il corpo non ce la faceva e non mi era rimasto niente nelle gambe.

Per fortuna avevi bei ricordi da coltivare…

Il momento più bello della Vuelta è stata la tappa in cui ho preso la maglia rossa. Sono arrivato secondo, quasi la mia prima vittoria di tappa in un grande Giro dietro un grande Sepp Kuss. La tappa era molto difficile, ho finito molto stanco, ma anche molto felice. Il ritmo è stato molto alto per tutto il giorno.

Sei sempre riuscito a dormire e mangiare bene?

All’inizio andavo a letto presto e cercavo di stare attento, però man mano che la Vuelta procedeva, andavo a letto un po’ più tardi (prima di mezzanotte comunque). Spesso infatti le partenze sono tardi ed è possibile svegliarsi la mattina verso le 9,30. Quanto al mangiare, abbiamo al seguito uno chef che cucina davvero bene. Questo ci permette di mangiare con piacere, è come essere in un ottimo ristorante, ma con i cibi giusti per la bici.

Stai mangiando tanto?

Cerco sempre di mangiare molto. In una corsa a tappe così dura, è possibile non avere più appetito a causa della stanchezza, ma bisogna comunque sforzarsi. Ho bisogno di mangiare molto, nonostante il mio corpo sia così piccolo.

La maglia rossa è sfumata a Xorret de Catì, nel giorno nella vittoria di Roglic, quando il primato è passato a Kuss
La maglia rossa è sfumata a Xorret de Catì, nel giorno nella vittoria di Roglic, quando il primato è passato a Kuss
Sei più nervoso per l’inizio della terza settimana o perché domani ci sarà l’Angliru?

La terza settimana è un bel mistero, non so come reagirà il mio corpo e quando sei leader di una squadra, devi esserlo ovviamente in ogni tappa di montagna. Se un giorno non stai bene, perdi tutto, soprattutto con il livello che c’è qui alla Vuelta.

Pensi che tutto questo alla fine si tradurrà in una buona scuola?

Sì, per ora la prima parte della Vuelta mi ha insegnato una volta di più a correre da leader in un grande Giro. Nella nostra squadra ci sono tanti giovani come me e anche loro hanno imparato ad esempio a difendere la maglia di leader. Spero che anche loro abbiano vissuto grandi emozioni come me.

Galimberti e una vittoria che ha cambiato tutto

12.09.2023
5 min
Salva

La vittoria di Francesco Galimberti al Giro del Friuli per U23 può essere considerata una delle maggiori sorprese della stagione ciclistica. Pur essendo spesso piazzato nel calendario nazionale, come dimostrano ad esempio la vittoria alla Coppa Bologna e il podio alla Zané-Monte Cengio pochi accreditavano il portacolori della Biesse Carrera, che invece ha sbancato la sfida a tappe internazionale facendo leva sulla sua costanza di rendimento e traendone nuova spinta, come testimoniato dal trionfo all’Astico-Brenta successiva.

Una vittoria, la sua, che cambia completamente il giudizio sulla sua stagione e che porta a conoscere un po’ meglio la sua storia, per certi versi molto originale e lontana dagli stereotipi a cui siamo abituati nel ciclismo moderno.

Francesco Galimberti è nato il 2 gennaio 2001 a Carate Brianza (MB). Alto 1,70, spicca soprattutto in salita
Francesco Galimberti è nato il 2 gennaio 2001 a Carate Brianza (MB). Alto 1,70, spicca soprattutto in salita

«Ho 22 anni – esordisce Galimberti – quindi sono all’ultimo anno nella categoria. E’ vero, non mi si è visto molto ma ci sono svariate ragioni e la principale è che non ho mai visto il ciclismo come l’unica strada da seguire. Quando mi sono diplomato, ho continuato con gli studi, iscrivendomi al Politecnico di Milano in Ingegneria Informatica. Sono a due terzi degli esami per la triennale, avrei potuto anche essere più veloce, ma voglio tenere una buona media».

Quando hai iniziato nel ciclismo?

Da G2, seguendo mio fratello gemello Lorenzo, anche lui alla Biesse. Prima avevo provato un po’ di tutto: atletica, calcio, basket, ma vedendo quanto lui si divertiva ho seguito la stessa strada. A dir la verità era emerso prima lui, quest’anno era arrivato anche in nazionale al Tour de Bretagne, ma un’intossicazione alimentare l’ha messo fuori gioco prima del tempo.

In Friuli il corridore della Biesse Carrera ha chiuso con 1’12” su Raffele Mosca e 1’53” sull’olandese Geleijn
In Friuli il corridore della Biesse Carrera ha chiuso con 1’12” su Raffele Mosca e 1’53” sull’olandese Geleijn
Nel calendario di categoria non avevi avuto molti acuti, prima di quest’estate.

A inizio stagione ho corso con i professionisti, a Laigueglia e Larciano ed è stato molto utile, in quelle occasioni ho cercato soprattutto di entrare nella fuga iniziale riuscendoci. La cosa che avevo notato è che mentre a Laigueglia faticavo a tenere il ritmo dei compagni di fuga, a Larciano andava molto meglio. Dopo aver fatto 11° al Recioto stavo entrando in forma, ma a San Vendemiano sono caduto riportando alcune fratture e la mia primavera è finita lì. Non è stato però tempo perso, mi sono dedicato allo studio mentre mi riprendevo fisicamente, poi ho fatto un periodo in altura e ho iniziato un’estate ricca d’impegni.

Ti aspettavi un exploit come quello in Friuli?

Facevo affidamento sulla forma raggiunta e puntavo a fare classifica, anche perché ero uscito molto bene dal Valle d’Aosta, Volevo piazzarmi e magari centrare una tappa ma poi la corsa si è messa in un certo modo e abbiamo visto la possibilità di fare bottino pieno. In questo devo dire grazie alla squadra, che mi ha supportato alla grande.

Tra Val d’Aosta e Friuli hai tenuto un comportamento simile. Non ti si vede mai nelle primissime posizioni, ma hai dalla tua una grande costanza che alla fine premia…

E’ un po’ la mia forza, il mio modo d’interpretare le corse a tappe. Vincere una frazione per me resta un passaggio importante, ma il mio modo di correre mi porta a essere sempre presente a me stesso, attento, a guardare la gallina domani più che l’uovo di oggi. C’è poi da dire che ora riesco a smaltire la fatica molto meglio di quanto avveniva negli scorsi anni e questo conta molto.

Come ci sei riuscito?

Mettendo un po’ d’ordine in alcuni aspetti importanti dell’extra corsa. Dormo meglio anche grazie alla dieta: ho iniziato da qualche tempo a seguire la moda dei “100 grammi l’ora”, all’inizio non ci credevo molto ma poi ne ho visto i benefici.

Per Galimberti non solo successi in corse a tappe. Qui la vittoria alla Coppa Bologna, domenica ha trionfato all’Astico-Brenta
Per Galimberti non solo successi in corse a tappe. Qui la vittoria alla Coppa Bologna, domenica ha trionfato all’Astico-Brenta
Hai un nutrizionista che ti segue?

Lo avevo, ma per ora faccio da solo, l’ho appresa seguendo dei podcast e funziona, inoltre mi informo molto e ho preso molti spunti dagli strumenti informativi messi a disposizione da EthicSport. Credo comunque che dal prossimo anno mi affiderò pienamente a un esperto del settore.

Tu sei all’ultimo anno nella categoria: hai contatti per passare pro’?

Per ora nulla di concreto, nel senso che non ho messo alcuna firma. Mi sono arrivate molte richieste, soprattutto al ritorno dalla vittoria friulana, con i miei dati, i valori, i wattaggi. Spero che presto si concretizzi qualcosa.

A Laigueglia Galimberti ha esordito al massimo livello, centrando la fuga iniziale
A Laigueglia Galimberti ha esordito al massimo livello, centrando la fuga iniziale
Sicuramente questo successo accresce il tuo curriculum e l’attenzione verso di te vista la “fame” di specialisti delle corse a tappe che c’è in Italia. Il fatto di essere alla fine del periodo nella categoria ti ha mai dato apprensione?

A inizio anno ci pensavo molto, durante il ritiro prestagionale in Spagna era un po’ un peso che mi portavo appresso. L’incidente mi aveva demoralizzato, pensavo che sarebbe svanito ogni sogno, ma con la squadra abbiamo identificato nel Giro della Val d’Aosta un obiettivo plausibile e questo mi ha aiutato. Io pago fortemente il covid, quell’anno praticamente perso, anche perché da lì il ciclismo è letteralmente esploso, il livello si è alzato tantissimo. Io comunque spero di essermi meritato un’occasione per giocare le mie carte al tavolo dei grandi…

Una Vuelta durissima, le fatiche e i record di Cimolai

12.09.2023
5 min
Salva

A saper leggere nei post condivisi sui social, si riescono a intercettare gli stati d’animo delle persone. Per cui la foto di pochi giorni fa attraverso cui Davide Cimolai, attualmente alla Vuelta, esprimeva quanto gli manchi sua figlia Nina, che ha appena compiuto due mesi, la dice lunga sull’entusiasmo con cui il veneto sta vivendo la corsa spagnola. La classifica è spietata e lo colloca in penultima posizione, a 3 ore 10’01” da Kuss. Ma se questo può essere un dato poco indicativo, le sue sensazioni e i numeri in corsa dicono altro.

«Nina era nata da un mese – ammette Cimolai – e sono subito andato via di casa, però vabbè. In compenso questa Vuelta è una delle corse a tappe di livello più alto che abbia mai fatto. Sul piano dei numeri e dei wattaggi lo standard è altissimo. Personalmente sto bene, altrimenti sarei già andato a casa. Ma guardavo che domenica nelle prime due ore di corsa, ho fatto il mio record degli ultimi 7 anni sui 90 minuti: 339 watt medi».

Con questa foto su Facebook, Cimolai ha reso perfettamente la fatica di essere lontano per la Vuelta
Con questa foto su Facebook, Cimolai ha reso perfettamente la fatica di essere lontano per la Vuelta
Ed eravamo pur sempre alla fine della seconda settimana…

Alla quindicesima e dopo due tappe durissime come quella di venerdì e sabato. Vedendo come sono state disegnate le tappe di questa Vuelta, le squadre hanno deciso di sacrificare i velocisti per portare gente che va di più in salita. Magari questo ha influenzato e sta influenzando le tappe, perché alla fine io con i miei valori mi ritrovo sempre dietro con gli ultimi. Faccio i miei record di sempre e mi ritrovo dietro con altri 30 corridori. Per fortuna sto bene…

Con quale obiettivo sei partito per la Spagna?

Quest’anno mi sono specializzato nel fare l’ultimo uomo, quindi l’obiettivo era provare a vincere con Coquard. Purtroppo le cose sono andate male, lui si è ritirato il quinto giorno per una caduta e io ho provato a buttarmi dentro. Ho pensato che non essendoci i treni dei grossi velocisti, avrei potuto fare delle volate un po’ più facili rispetto al Giro e alla Tirreno. Invece no. Ne parlavo anche con Dainese e qua le volate sono più caotiche che al Giro. Non c’è controllo, quindi il problema è prendere posizione e purtroppo è una cosa che non riesco a fare da solo. E’ veramente uno dei grandi Giri più difficile della mia carriera.

Si tiene duro anche per rinnovare il contratto?

Anche per quello sicuramente. Dovrei rimanere qua (alla Cofidis, ndr), però finché non firmo…

Ti trovi bene in questo ruolo?

Mi reputo un ragazzo intelligente e a 34 anni bisogna capire qual è il proprio ruolo in squadra. Mi sono trovato bene ad aiutare Brian, anche perché so che è un vincente. E’ normale che vorrei giocarmi le mie carte, è sempre bello fare un piazzamento. Però a una certa età bisogna decidere cosa è meglio fare e io ho deciso così. Spero che la scelta venga apprezzata dalla squadra.

Dopo il ritiro di Coquard, la Cofidis ha vinto con Herrada la tappa di Laguna Negra
Dopo il ritiro di Coquard, la Cofidis ha vinto con Herrada la tappa di Laguna Negra
Quante tappe restano alla portata di Cimolai?

L’ultima a Madrid e quella di venerdì a Iscar. Anche lì dovrò essere bravo ad arrangiarmi, perché con tutto il bene che voglio ai miei compagni e tutto il bene che vogliono a me, non hanno le caratteristiche per aiutarmi. Siamo venuti con una squadra attrezzata per le fughe e fortunatamente abbiamo vinto, per le volate vedremo cosa tirare fuori.

Come si vive dall’interno il mega controllo Jumbo sulla corsa?

E’ difficile, perché dal mio punto di vista praticano un altro ciclismo, nonostante io non sia l’ultimo  arrivato. In salita hanno un altro passo. Normalmente nei grandi Giri faccio gruppetto perché voglio farlo, per salvare un po’ di energie. Qui alla Vuelta sono costretto a farlo e impegnarmi a tutta, per non arrivare fuori tempo massimo. Siamo ai livelli del Tour de France e torniamo sempre al solito discorso che il ciclismo è cambiato. Siamo sempre al limite col tempo massimo e alla fine è dura, non lo nego.

Stanno mettendo in difficoltà un po’ tutti, non solo i velocisti. E anche Evenepoel ha fatto la fine di Pogacar al Tour…

Guardavo i numeri rispetto all’anno scorso e nel 2022 siamo andati molto più piano. Per cui, venendo al discorso di Pogacar ed Evenepoel, uno può avere talento, può avere tutto, però in un grande Giro bisogna limitare qualsiasi sparata di troppo. Per quanto io reputi Evenepoel un fenomeno, per quanto abbia solo 23 anni e sia un grande campione, se ti ritrovi contro una Jumbo con Vingegaard e Roglic, devi saperti gestire.

In questa Vuelta, dice Cimolai, fare gruppetto serve per arrivare nel tempo massimo
In questa Vuelta, dice Cimolai, fare gruppetto serve per arrivare nel tempo massimo
Vingegaard, Roglic e Kuss, che ha fatto anche Giro e Tour, eppure ancora va fortissimo…

Credo che lui i nemici li abbia in casa, anche se mi auguro che decidano di proteggerlo, perché se lo merita per tutto quello che ha sempre fatto. Insomma, ecco la storia della Vuelta 2023.

Per dare un voto aspettiamo Madrid?

E’ chiaro che un podio alzerebbe notevolmente il giudizio complessivo. Però bisogna essere anche onesti nel dire: «Okay ragazzi, io più di così sto non posso dare. Sto nel mio piccolo, sto migliorando, ma se il livello è così alto, cosa puoi farci di più?». Ci sono ancora due volate, però sicuramente noi velocisti arriveremo lì stanchi morti noi. Tranne Groves, che ha una condizione veramente stratosferica: non solo in volata ma soprattutto in salita, ha dimostrato di veramente di essere un corridore con la C maiuscola.

Germani, la mia prima Vuelta: si continua tra salite e fatica

11.09.2023
5 min
Salva

La seconda settimana di Vuelta è alle spalle, sei giorni di grande fatica, passando dalla cronometro al Tourmalet. Insieme a Lorenzo Germani continuiamo il diario di questo suo primo grande Giro. Dopo tanti giorni in sella la fatica si sente eccome, ma la determinazione per arrivare fino in fondo è maggiore. 

«Il giorno della crono – racconta Germani poco prima di uscire con i compagni per una sgambata – stavo malissimo. Avevo sensazioni strane, non riuscivo a stare bene in posizione, ero costantemente fuori sella. Sensazioni orribili che mi sono portato dietro per tutta la settimana praticamente».

Durante la cronometro le sensazioni peggiori per Germani: gambe vuote e fatica a stare in posizione
Durante la cronometro le sensazioni peggiori per Germani: gambe vuote e fatica a stare in posizione

Fatica accumulata

Avere una cronometro il giorno dopo quello di riposo non è mai facile, ce lo ha raccontato anche Vincenzo Nibali. Anche quando non si hanno velleità di classifica bisogna comunque spingere, perché in questo ciclismo rallentare sembra quasi proibito

«Nei due giorni dopo la cronometro – riprende Germani – avevo quella sensazione di gamba vuota. Pian piano è andata sempre meglio, ma ho vissuto con una sensazione di stanchezza generale. A questa ha contribuito anche il raffreddore che da qualche giorno condiziona me e i miei compagni. Non credo si tratti di un virus o altro, semplicemente è dovuto agli sbalzi di temperatura e alla fatica».

Per Germani le prime tappe dopo il giorno di riposo sono state difficili (foto Groupama-FDJ)
Per Germani le prime tappe dopo il giorno di riposo sono state difficili (foto Groupama-FDJ)
In squadra che si dice, i tuoi compagni hanno le tue stesse sensazioni?

Più o meno sì. I ritmi sono davvero esagerati, basti pensare che nella tappa di Laguna Negra, il giorno dopo la cronometro, abbiamo tenuto una media di 46 all’ora. Considerando anche la salita finale. 

Ritmi alti, che non permettono mai di rifiatare…

Sì, anche Lenny (Martinez, ndr) li ha sofferti. Praticamente il giorno dopo la tappa del Tourmalet tutta la squadra ha fatto gruppetto. 

Com’è andata sul Tourmalet? E’ stata la tappa che ha scombussolato la Vuelta..

Quel giorno io ho solamente pensato al tempo massimo, dovevo starci dentro e basta. E’ stata una tappa durissima, già dalla prima salita il ritmo era altissimo, tanto che molti corridori si sono staccati subito (tra cui Evenepoel, ndr).

Nella tappa del Tourmalet la testa era focalizzata sul tempo massimo, nient’altro
Nella tappa del Tourmalet la testa era focalizzata sul tempo massimo, nient’altro
C’è stata subito una partenza in salita, anche se corta.

Tosta anche quella, poi i 30 chilometri successivi di discesa sono stati fatti a blocco. La Jumbo ha deciso di fare corsa dura fin da subito ed il rischio per me era il tempo massimo. La tappa era corta, quindi non c’era troppo margine (il limite era a 37 minuti, Germani e compagni sono arrivati a 31’57”, ndr).

Com’è stato gestirsi?

La cosa che ho capito fin da subito era che non sarebbe stato utile fare un fuori giri già dalla prima salita lunga, il Col d’Aubique. L’avrei pagato con gli interessi dopo, quindi ci siamo messi al nostro ritmo, ma comunque abbiamo dovuto menare tanto. Solo sull’ultima salita abbiamo potuto gestire di più lo sforzo. Per fortuna avevo dietro l’ammiraglia, quindi potevo andare a prendere i rifornimenti quando volevo, in più ci davano indicazioni per il tempo massimo. 

Il giorno dopo però avete faticato ancora, e non poco…

Quella tappa è stata difficile per tutti, anche per Lenny Martinez. Lui sul Tourmalet aveva tenuto più di noi, arrivando a 8 minuti. La tappa successiva però non ci ha nemmeno provato, troppa fatica. 

Martinez nella tappa del Tourmalet è stato il primo corridore della Groupama-FDJ a tagliare il traguardo, a 8’25” da Vingegaard
Martinez nella tappa del Tourmalet è stato il primo corridore della Groupama-FDJ a tagliare il traguardo
Come vi siete fatti forza per arrivare al traguardo?

Io quel giorno da Lenny mi sono fatto spingere (dice ridendo ndr). Con tutte le borracce che gli ho portato un aiuto era più che dovuto. Come detto eravamo tutti nel gruppetto, c’era solo Storer in fuga, ha provato a vincere, ma ha trovato un Evenepoel esagerato.

La sua è stata una super reazione dopo il giorno a vuoto…

Da dentro abbiamo tutti detto: «Chapeau!». Reagire così non è da tutti, anzi, il giorno dopo (ieri, ndr) ci ha provato ancora. 

Cosa si dice del dominio Jumbo-Visma?

Ce lo aspettavamo, sono la squadra più forte. Forse non ci si aspettava di vedere Kuss in maglia rossa. Ma fanno davvero paura, erano il team da battere e così è, per il momento in maniera abbastanza incontrastata. 

Germani (dietro) e Martinez (davanti) sono entrambi al primo grande Giro (foto Groupama-FDJ)
Germani (dietro) e Martinez (davanti) sono entrambi al primo grande Giro (foto Groupama-FDJ)
La fatica di quest’ultima settimana si chiama Angliru, cosa ti aspetti?

Fatica, tantissima. In tappe così penso solamente ad arrivare all’imbocco della salita finale e poi sfilarmi. Per fortuna abbiamo un pacco pignoni che va dall’11 al 34 e nonostante questa scala ampia riusciamo a montare il 54-36 davanti. Se avessi dovuto montare il 52 mi sarei sentito come un allievo in mezzo ai professionisti (ride ancora, ndr). 

Da qui a fine Vuelta manca una settimana, obiettivi?

Mi piacerebbe entrare in una fuga, in questi giorni ci ho provato qualche volta, ma è tostissima. Le tappe sono state vinte solamente da grandi campioni, non c’è praticamente spazio per gli altri. Domenica ho provato ad uscire, stavo anche abbastanza bene. Dopo 10 chilometri la strada si stringeva e avevo individuato quello come punto ideale. Invece la fuga è andata via 50 chilometri dopo. Anche questa è tutta esperienza, bisogna saper attendere e muoversi al momento giusto. 

Poi Germani ci racconta del raffreddore che sta passando e di altri problemi. Verso le 11,30 lo lasciamo andare, a breve deve prendere la bici per fare una sgambata, sperando che sciolga un po’ le fatiche di queste 15 tappe.