Giro 2024: calano i primi veli. Grande partenza dal Piemonte

10.10.2023
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TORINO – Nel 2024, Grande Partenza farà rima con Grande Torino. Il prossimo 4 maggio sarà una giornata a tinte rosa e granata sulle strade che portano alla Basilica di Superga. E sì, perché, in occasione del 75° anniversario dalla tragedia aerea che colpì gli Invincibili del pallone, transiterà la tappa inaugurale del 107° Giro d’Italia (in apertura foto LaPresse).

In una data così intrisa di significati, la Corsa Rosa ha deciso di omaggiare un’icona italiana per eccellenza come quella mitica squadra che si spense troppo presto.

È partita proprio da qui, dal Grattacielo della Regione Piemonte di Torino, la presentazione delle prime giornate della prossima avventura di tre settimane nel Belpaese che incoronerà il successore di Primoz Roglic.

Grandi nomi alla presentazione della partenza… (da sinistra) Mauro Vegni, Fabrizio Ricca, Urbano Cairo, Stefano Lo Russo, Paolo Bellino e Stefano Barigelli, 
Grandi nomi alla presentazione della partenza… (da sinistra) Mauro Vegni, Fabrizio Ricca, Urbano Cairo, Stefano Lo Russo, Paolo Bellino e Stefano Barigelli, 

Poker Piemonte 

Per la quarta volta nella storia, la terza negli ultimi 13 anni, sarà il Piemonte a dare il via al Giro. E, come accaduto nel 2011, si partirà dalla Reggia di Venaria Reale. Allora fu cronometro a squadre, col successo dell’Htc-Highroad e la festa rosa dell’ingegnere Marco Pinotti. Stavolta invece saranno scintille, perché i 136 chilometri che termineranno di fronte alla Gran Madre, nel cuore di Torino, prevederanno comunque 1.450 metri di dislivello, dopo aver appunto accarezzato la Basilica di Superga che sarà gremita di appassionati.

Scoppiettante anche la seconda tappa, nel nome di Marco Pantani. Tutti ricordano il 30 maggio 1999 quando, sull’ultima salita della tappa scattata da Racconigi, la catena del Pirata saltò. Neppure quello lo fermò e dopo aver rimontato tutti i rivali, uno dopo l’altro, l’asso romagnolo arrivò in solitaria a Oropa. Marco non esultò soltanto perché non sapeva di essere riuscito a sopravanzarli tutti, aggiudicandosi una vittoria che è stata scolpita nella leggenda.

Il 5 maggio del 2024, si scatterà da San Francesco al Campo, comune famoso per il velodromo Francone, e si arriverà di fronte al Santuario biellese dopo gli epici 11,8 chilometri che il Pirata ha fatto conoscere a tutto il mondo. In pratica, c’è già spazio per un colpo di mano nei 150 chilometri previsti: basti pensare che, nel 2017, sulla Montagna Pantani, si impose nientemeno che Tom Dumoulin, poi vincitore di quell’edizione.

Quanto granata

Piemonte protagonista ancora nelle due giornate successive. Lunedì 6 si partirà da Novara e si arriverà a Fossano (165 chilometri qui sì tutti per velocisti), mentre martedì 7 il via sarà da Acqui Terme in direzione Liguria. A svelare l’idea della Grande Partenza ci pensa l’amministratore delegato di Rcs Sport, Paolo Bellino.

«Tutto nasce da un qui pro quo con l’UCI – ha raccontato Bellino – perché, appena possibile, vorremmo spostare il Giro d’Italia più avanti di una settimana. Vogliamo comprendere una data fondamentale per il nostro Paese come il 2 giugno. Però, visto che il prossimo anno ci sono i Giochi Olimpici di Parigi 2024, l’unico giorno disponibile era il 4 maggio. Da qui è nata questa suggestione in cui il Piemonte ha creduto».

«Oltre al passaggio dei corridori, abbiamo pensato di omaggiare la leggenda del Grande Torino. Sulla Maglia Rosa (che avrà dei richiami granata ma che è da definire, ndr) ci sarà la scritta “Solo il fato li vinse”. Probabilmente questa scritta sarà posta all’interno del colletto. La maglia è realizzata dal nostro partner Castelli, che ha ideato anche una speciale maglia celebrativa con tutti nomi di quei campioni. Il Grande Torino fa parte della storia d’Italia ed è giusto celebrare uno dei simboli del nostro Paese».

Paolo Bellino, Amministratore Delegato di RCS Sport, con la giornalista di La7 Cristina Fantoni e la maglia commemorativa del Grande Torino
Paolo Bellino, Amministratore Delegato di RCS Sport, con la giornalista di La7 Cristina Fantoni e la maglia commemorativa del Grande Torino

Giro e Tour

Grande gioia per le istituzioni locali. Per il Piemonte, infatti, sarà una storica doppietta visto che, poco meno un paio di mesi più tardi, le sue strade si tingeranno di giallo grazie al Tour de France.

L’assessore regionale allo Sport Fabrizio Ricca, che con Aso sta lavorando per portare da queste parti persino la Vuelta di Spagna nel 2025, oggi si concentra sulla Corsa Rosa. «I polmoni della Regione Piemonte – ha detto Ricca – sono tornati a respirare ciclismo. È una cartolina che mandiamo al mondo e sarà fantastico, a conferma che nel Dna piemontese c’è la storia del ciclismo italiano».

Il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo gli fa eco: «La crescita e le valorizzazione del nostro territorio passano anche attraverso la capacità di essere luogo ospitale per grandi eventi. E in questo senso Torino sta diventando sempre più attrattiva. Il Giro d’Italia, poi, è una manifestazione unica per la sua capacità di raccontare il nostro Paese. La tappa del 4 maggio sarà l’occasione per mostrare ancora una volta Torino a tantissime persone, oltre che ribadire ancora una volta l’importanza di diffondere lo sport e i suoi valori». 

L’attesa è già febbrile, in attesa di scoprire ufficialmente il resto del percorso del Giro 2024 venerdì prossimo al Festival dello Sport di Trento. 

Tormena vince ancora nell’XCE, ma la strada la reclama

10.10.2023
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Gaia Tormena è rimasta a terra. In procinto di partire per Palangkaraya, in Indonesia, per andare a difendere la sua maglia iridata di XC Eliminator, ha saputo che tutto è stato annullato a causa degli incendi della vicina Malaysia (appiccati appena concluso il Tour de Langkawi) per liberare i terreni nelle piantagioni, che hanno generato fumi che hanno invaso tutta la regione teatro dei mondiali.

Così, in attesa degli europei del 29 ottobre in Turchia e di una nuova destinazione iridata per novembre, con la valdostana c’è stato più tempo per analizzare non tanto la caccia al Grande Slam di XCE sempre sfuggitole (intanto la Coppa del mondo è già in carniere), ma il connubio fra Mtb e strada, dove quest’ultima sembra uscirne un po’ penalizzata. E Gaia si presta volentieri ad affrontare un tema per certi versi delicato, facendo parte di un team Devo del WorldTour.

Per l’azzurra 3 titoli mondiali e 3 europei. Quest’anno ha già vinto la Coppa del mondo (foto Instagram)
Per l’azzurra 3 titoli mondiali e 3 europei. Quest’anno ha già vinto la Coppa del mondo (foto Instagram)
Come giudichi la stagione che hai appena vissuto fra strada e Mtb?

La definirei una stagione complicata. Sono 5 anni che sono nel “mondo dei grandi” e finora mi era sempre venuto tutto facile, non ho mai avuto grandi problemi e quindi mi son sempre sentita sulla cresta dell’onda. Quest’anno diverse vicende legate alla bici e non, mi hanno portata ad una piccola crisi, più mentale che fisica. Sono però contenta di averla apparentemente superata e di aver ritrovato il mio equilibrio in questo finale di stagione. Non tutti i mali vengono per nuocere e da quest’anno credo comunque di aver imparato tanto, soprattutto per quanto riguarda il mondo della strada che era fino ad ora per me un po’ sconosciuto. Quindi direi che a questa stagione darei un 7, non di più.

La tua stagione è stata un continuo passare dalla Mtb alla strada e viceversa: quali difficoltà incontri nel cambiare continuamente specialità?

La difficoltà più grande sta forse nella preparazione. E’ importante riuscire a periodizzarla a seconda degli appuntamenti e degli obiettivi a seguire. Anche l’organizzazione non è semplice. Se fino all’anno scorso dovevo sempre avere una valigia pronta, quest’anno ne dovevo avere due.

Quest’anno la valdostana ha corso solo 11 giorni su strada, lavorando per le compagne
Quest’anno la valdostana ha corso solo 11 giorni su strada, lavorando per le compagne
Che esperienza stai vivendo al UAE Development Team e che aspirazioni hai relative alla strada?

Sono sicuramente grata ed entusiasta di poter correre con una maglia come quella del UAE Development Team e mi rendo conto che ci sono tantissime ragazze che vorrebbero essere al mio posto. Questo mi sprona ad impegnarmi al massimo per migliorare. Quest’anno sono stata al servizio delle mie compagne, per il futuro il sogno sarebbe quello di avere la squadra a disposizione per provare a sprintare io.

Finora hai affrontato solo 11 giorni di gare su strada, pressoché tutti nella parte primaverile della stagione: è una scelta adottata con il team?

Assolutamente sì, la scelta di quest’anno è stata quella di sostituire le gare di XCO che fino all’anno scorso facevano parte del mio programma di avvicinamento alla Coppa del mondo XCE con delle gare su strada. Avevamo già concordato che la mia stagione da stradista sarebbe stata anomala. In primavera ho corso sulle ruote strette, adesso sono un paio di mesi che sono concentrata solo sull’Eliminator.

L’intenzione di Gaia è dare maggior sostanza alla sua attività su strada nel 2024, puntando alle volate
L’intenzione di Gaia è dare maggior sostanza alla sua attività su strada nel 2024, puntando alle volate
Pur considerando i tuoi successi nella Mtb, il team ti chiede un impegno maggiore su strada?

E’ chiaro che vorrebbero vedermi correre di più su strada perché sappiamo tutti bene che più si corre, prima si migliora. Però come primo anno non abbiamo voluto esagerare. Il mio corpo ha dovuto adattarsi ai nuovi carichi di lavoro e il rischio era quello di fondere il motore invece che farlo spingere come dovrebbe.

Tutti ti conoscono per i tuoi successi nell’Eliminator, ma su strada che caratteristiche hai e quali sono i percorsi che ti piacciono di più?

Non so ancora bene che tipo di stradista possa definirmi, la cosa certa è che non sono una scalatrice! Potrei dire che il mio punto forte siano le volate, anche se nella realtà dei fatti sono consapevole di avere i watt ma di peccare a livello di tecnica/tattica. Riesco a reggere anche alcuni piccoli strappetti, su questo voglio lavorarci tanto in vista del prossimo anno. E poi riesco a guadagnare in discesa (merito della mtb). Il mio percorso ideale non l’ho ancora trovato, ma di sicuro mi piacciono le gare piatte in cui stare ben coperta in gruppo e dare tutto alla fine.

Gaia è sempre stata una funambola sulla bici, una dote che potrebbe servirle anche su strada
Gaia è sempre stata una funambola sulla bici, una dote che potrebbe servirle anche su strada
Fino allo scorso anno si era parlato di te anche per un possibile impiego nella velocità su pista o nel Bmx con le Olimpiadi all’orizzonte: sono progetti ancora in piedi?

Quello della BMX è stato un esperimento. Non ho più lavorato per questa disciplina negli ultimi anni. E’ bella, divertente, magari mi riuscirebbe anche bene, ma già solo per arrivare a chiudere una pista di Coppa del mondo con un tempo decente, facendo tutti i salti mi ci vorrebbe almeno un anno. Il progetto pista l’ho trascurato quest’anno dato l’impegno con la strada, ma mi piacerebbe continuasse in futuro.

I tuoi successi nell’Eliminator stanno andando di pari passo con la sua evoluzione: è una specialità che a tuo avviso si sta affermando e che cosa servirebbe per darle più popolarità?

Secondo me sta crescendo, ma a passi piccoli piccoli. Ogni anno abbiamo qualcosa in più ma per fare il vero salto di qualità avremmo bisogno di più promozione e attenzione mediatica e di grandi nomi di altre discipline che ci facciano conoscere. Anche i percorsi dovrebbero passare allo step successivo. Quello di Aalen quest’anno ad esempio era già next level rispetto ai percorsi soliti. C’erano salti con grandi gap e questo ha portato centinaia e centinaia di persone a vedere la gara. Dobbiamo acquisire professionalità e credibilità.

All’ultimo Giro d’Onore con le compagne nell’Esercito, tra cui Miriam Vece
All’ultimo Giro d’Onore con le compagne nell’Esercito
Quanto è contato l’ingresso nell’Esercito per la tua carriera sportiva?

Entrare a far parte dell’Esercito ha fatto sì che io in primis acquisissi credibilità. L’Eliminator viene visto come una disciplina minore e un hobby per i rider. Grazie alla fiducia datami dall’Esercito, ho potuto dimostrare che non sono una ragazza che si allena e gareggia per hobby in una disciplina minore, ma un’atleta che si impegna tutti i giorni per diventare la migliore. Una ciclista che ha dei sogni e che ci mette l’anima in quello che fa come qualsiasi altro professionista. Sono orgogliosa di vestire la loro maglia e di aver già portato 3 vittorie in Coppa del mondo e la classifica generale di specialità. Ora cercherò di conquistare una medaglia anche agli europei o ai mondiali in segno di riconoscimento del costante supporto datomi durante l’anno.

Tra le tue tante vittorie, una che ti è rimasta più nel cuore?

Ne ho 3 o 4 che mi hanno davvero tanto emozionato, ma se devo sceglierne una la prima non si scorda mai. Villard-de-Lans, maggio 2019, prima Coppa del mondo XCE, prima vittoria e tante tante lacrime dopo il traguardo. Una volta tornata a casa andavo in bici con i miei amici e mi chiedevano di portarmi dietro la medaglia per vederla. Ancora oggi mi emoziono a pensarci.

Consonni apripista per Milan, con qualcosa ancora da scoprire

10.10.2023
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Siamo rimasti un po’ sorpresi nel non vedere Simone Consonni al via del Gran Piemonte qualche giorno fa, ma lui ha messo subito le cose in chiaro. «Non ero al top e la squadra ha fatto altre scelte. In questa fase della mia stagione, avendo ripreso dopo lo stop iridato, o ero fresco e ti tiravo fuori la super prestazione. O, come alla Bernocchi, non tenevo il ritmo e mi fermavo».

Il campione olimpico del quartetto ha così chiuso il suo 2023 agonistico su strada. A fine anno lascerà la Cofidis per passare alla Lidl-Trek, dove troverà anche il suo compagno di successi su pista, Jonathan Milan. 

Rientrato dopo l’infortunio di Glasgow, Consonni tra Agostoni e Bernocchi ha solo accumulato tanta fatica. Inutile continuare così
Rientrato dopo l’infortunio di Glasgow, Consonni tra Agostoni e Bernocchi ha solo accumulato tanta fatica. Inutile continuare così
Simone, innanzitutto come stai. Eravamo rimasti all’incredibile incidente di Glasgow…

Ora meglio. In questi casi è più la pazienza per rientrare che altro. Si è trattato di sistemare le cose, nel senso di fare gli esercizi per la spalla, la scapola… E infatti adesso mi alleno bene e anche tanto. Sto facendo parecchi chilometri, anche se non corro più. E’ un modo per non fermarmi presto. Esco la mattina di buon’ora, sia perché le giornate sono ancora belle, sia perché nel pomeriggio ho molte commissioni da sbrigare, visto che il 20 ottobre mi sposo. E’ come nei chilometri finali, devi spingere a tutta!

A proposito di spingere nei chilometri finali. E’ quel che dovrai fare il prossimo anno con Milan alla Lidl-Trek a quanto pare. Come è andata questa trattativa?

C’era già stato qualche contatto dopo il Saudi Tour ad inizio stagione. Lì avevo vinto e venivo da altre vittorie sul finire della stagione precedente. Però io stavo bene alla Cofidis e declinai le lusinghe. La stagione proseguiva bene, altri bei piazzamenti, una buona Tirreno. Ero motivatissimo per il Giro. E così ho deciso di andare in ritiro in Colombia, con l’okay della squadra, per fare tutto al massimo. Sono tornato che andavo fortissimo. A Francoforte avevo valori ottimi. Poi dopo 5-6 tappe del Giro ho avuto un crollo fisico.

E a cascata anche mentale…

Esatto. Prima del Giro dovevo rinnovare con Cofidis, ma poi ho visto che temporeggiavano e lì ho capito che era finito il mio tempo in questa squadra. Io ho dato il 100 per cento. Sempre. Ma non sempre sono andato bene. Sono andato in Colombia a farmi il mazzo e non tre settimane ad Ibiza. A quel punto ho rivalutato la proposta della Lidl-trek che mi aveva continuato a dare fiducia e mi aveva lasciato la porta aperta. Una scelta che col senno del poi avrei dovuto fare ad inizio stagione.

In due anni alla Cofidis, Consonni e Viviani hanno corso 94 giorni insieme con tre GT. Se si considerano le tappe di montagna, i ritiri dell’uno o l’altro, le occasioni di volate insieme non sono state poi tante
In due anni alla Cofidis Consonni e Viviani hanno corso 94 giorni insieme con tre GT
E ti sei ritrovato Milan…

Lui lo conosco bene. Qualche voce, ma solo rumors, in gruppo girava già da tempo. Cosa farò con lui? Ancora non abbiamo stilato un programma chiaramente, ma l’idea è quella di fare un calendario appaiato. Devo cercare di fargli prendere la strada giusta, specie negli ultimi chilometri. Johnny è giovane, fortissimo, va un po’ raddrizzato di testa, non in quanto a professionalità, ma per normali errori di gioventù.

Adesso non sei più il giovane tu. E’ come se si fosse invertito il ruolo con Viviani?

Io ho fatto l’apripista per Gaviria, Kristoff, poi per Elia e credo di avere l’esperienza per poterlo fare bene con Johnny e farlo crescere. E non dimentichiamo che alla Lidl-Trek c’è anche Pedersen, ci sono più uomini di punta. E’ una squadra aperta a più soluzioni. Io posso aiutarli, ma anche loro possono aiutare me a trovare la mia miglior dimensione.

Tecnicamente cosa dovrai fare con Milan? Dovrai portarlo fuori con velocità maggiore? In progressione? Dovrai correre con due “occhi” dietro le spalle?

Dirlo così è difficile. Di certo Jonathan ha una potenza esagerata. Al Giro ha fatto delle cose assurde, anche se io non sono rimasto stupito. Lo conosco, lo vedo lavorare in pista, conosco i suoi wattaggi, i  lavori che fa… In una specialità come il quartetto dove ogni minima accelerazione o decelerazione si sente serve un certo feeling. Poi però bisogna riportare tutto su strada, in corsa… e non è facile. Prima di dire cosa dobbiamo fare e come farlo, bisogna lavorare su strada. E poi non si tratta solo del feeling tra noi due.

Simone in testa e Jonathan a ruota: i due, anche grazie al quartetto, si conoscono alla perfezione
Simone in testa e Jonathan a ruota: i due, anche grazie al quartetto, si conoscono alla perfezione
Cioè?

Serve anche quello con la squadra. Il team deve crederci. Io ho in mente la vittoria di Pedersen al Tour. La squadra ci credeva a tal punto che due scalatori come Ciccone e Skjelmose tiravano in pianura ai cinque chilometri dall’arrivo.

Hai parlato di dimensione da raggiungere, ebbene qual è la tua?

Non lo so ancora, spero quella che dovrò ancora raggiungere.

Simone, ma ti senti un apripista ormai o un velocista di punta?

Io non mi sono mai reputato un velocista assoluto, ma un buon corridore che se dà il massimo, se sta bene, può spalleggiare con i migliori al mondo. Quello che posso dire è che il mio top di prestazioni l’ho toccato non quando dovevo correre per me, ma quando ero in appoggio (parole che ben si sposano con quanto detto da Guercilena, ndr). In appoggio a Viviani. Ricordo che in quella fase ho colto delle fughe importanti al Giro d’Italia per esempio, come a Stradella e a Gorizia. Fughe scaturite da un’ottima condizione.

La stagione di Consonni era partita molto bene. Qui la vittoria a Maraya al Saudi Tour
La stagione di Consonni era partita molto bene. Qui la vittoria a Maraya al Saudi Tour
Noi ti ricordiamo vincitore di un italiano under 23 durissimo. Oggi invece in salita fai tanta fatica, forse anche per quel chiletto o due di di muscoli in più che ti servono per la pista. Senza quella massa potresti andare più forte? Per assurdo anche in volata? Ci sta questa analisi?

Se partiamo da quell’italiano okay, potrei essere più di un velocista, ma parliamo di 7-8 anni fa e nel frattempo il ciclismo è cambiato. Si va più forte in salita, la si approccia diversamente. Faccio un esempio. La Bernocchi l’ho fatta anche al primo anno da pro’, anzi ero ancora under 23. Se su sette passaggi del Piccolo Stelvio si apriva il gas dal quinto in poi, era grasso che colava. Adesso si va forte sin da subito. Prima i velocisti tenevano, adesso no. L’altro giorno sono arrivati in cinque o sei. C’è una gestione della corsa che taglia fuori i velocisti. E anche dopo Parigi 2024 non credo che alla fine cambierà molto. I lavori che si fanno in pista servono anche per le volate. Magari potrebbero essere meno estremizzati, ma aiutano.

Quindi Consonni velocista.

Poi non so, forse anche io negli ultimi due anni senza Elia non dico di non aver dato tutto, ma con lui avevo più responsabilità. Ne ho sempre avute di più quando dovevo lavorare per gli altri anziché che per me. Forse perché avevo “paura” di farmi trovare impreparato.

Se è così, ti rimetti in gioco parecchio con Milan…

Non abbiamo ancora parlato a quattro occhi, ma direi di sì. Per me sarebbe stato più “facile” restare in Cofidis, magari anche da leader. Lì se sbagliavo avevo meno pressione i miei eventuali errori erano meno in vista. Nella nuova squadra avrò più responsabilità. Insomma non vale il discorso: “Consonni ha fallito come leader alla Cofidis e va a fare l’apripista alla Lidl-Trek”.

La mentalità prima dei risultati. La filosofia di Cancellara

09.10.2023
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COMO – Quando lo incontri, Fabian Cancellara trasmette sempre vibrazioni eteree. Il giorno prima del Lombardia – durante le operazioni preliminari della gara – stava chiacchierando con Jan Ullrich e la gente davanti al piazzale di Palazzo Terragni non sapeva a chi chiedere prima autografo o selfie.

La mattina successiva i mezzi della Tudor Pro Cycling avevano appena parcheggiato accanto allo stadio Sinigaglia e c’erano già decine di persone ad aspettare che “Spartacus” scendesse per il solito rituale dell’appassionato.

Davanti al bus del suo team, lo svizzero ne ha dette di cose interessanti, come sempre del resto. Ed è evidente come sia una guida per tutto il suo gruppo. Un Cancellara che prima di guardare al risultato in qualità di proprietario del team, parla di filosofia. La sua Tudor ha fatto una bella campagna acquisti per il 2024 ma lui si concentra sulla mentalità da seguire

Fabian possiamo già tracciare un bilancio della stagione?

Mancano ancora poche corse alla fine. Con le vittorie (finora undici, ndr) che abbiamo raccolto siamo contenti ma non è solo quello che conta. Abbiamo fatto certe gare dove abbiamo mostrato dei limiti. La maniera in cui corriamo è quello che conta, perché così facendo possiamo creare una cultura. Lo dico sempre ai ragazzi che correndo dietro non si può vincere. Noi partiamo per fare la corsa, non per essere alla corsa. Sono due cose importanti e diverse. La nostra mentalità è questa e andiamo avanti così.

E’ un discorso che si fa per una squadra nata praticamente quest’anno?

La struttura, la mentalità e i corridori, tutto amalgamato, penso che siano queste le vittorie che fanno la differenza. Anzi, vi dirò che la crescita della struttura e il perdere le corse sono due aspetti fondamentali per noi. Certo, le vittorie servono per il morale e per vedere quello su cui abbiamo investito, riguardante il tempo, quello che facciamo e la direzione verso cui dobbiamo andare. Sono cose che contano su un progetto a lungo termine come quello della Tudor.

Crescita senza “fretta”…

Faccio sempre l’esempio della costruzione di una casa. Quanti piani avremo non lo so, ma più sono profonde e larghe le fondamenta, ovvero la nostra organizzazione, più potremo resistere ad eventuali terremoti. Che saranno quei momenti difficili nei quali dovremo essere pronti. Per farvi capire meglio, l’anno scorso andavamo alle corse senza il bus o il camion delle bici, oggi invece abbiamo corso l’ultima Monumento come le altre squadre.

E’ innegabile che il tuo carisma sia un punto importante per la squadra.

Non sono solo io a fare la squadra o a stimolare i ragazzi. Lo facciamo tutti. Alla Tudor non esiste un io, esiste un noi. Lo staff, i direttori e tutte le persone che sono dentro all’organizzazione. Certo, qualcuno dice che Cancellara conta e ha un peso. Ebbene, io voglio esserci non quando si vince ma quando si perde perché è quello il bello del lavoro. Io so cosa significhi vincere e ci sono volte in cui mi godo il momento, però voglio che i miei ragazzi, ed il resto dello staff, se lo godano di più. Tanta gente non conosce queste situazioni o emozioni. E’ per questo che io sono molto fiero di come stanno andando le cose. Stiamo comunque continuando a lavorare perché siamo solo all’inizio.

Avete anche un bel progetto giovani con cui avete conquistato il terzo posto finale al Giro NextGen. Come sta procedendo?

Al Lombardia abbiamo proprio portato Hannes (Wilksch, terzo alla corsa rosa U23, ndr) che ha fatto recentemente anche il Langkawi ed è passato in prima squadra ad inizio agosto. Ma c’è anche Mathys Rondel che invece ha corso il Gran Piemonte ed ha fatto buone cose. La formazione U23 è la nostra base e sta andando molto bene. E’ bello perché lavoriamo molto con i corridori svizzeri. C’è un gran bel gruppo, anche già formato per l’anno prossimo. Stiamo proseguendo un certo tipo di lavoro, con la fortuna di avere un team professional e quindi poter interscambiare i nostri corridori con più facilità. Poi abbiamo anche qualche sorpresa per il 2024…

Si parla di due italiani, Juan David Sierra e Simone Gualdi. Sono forse loro queste sorprese?

Questo lo dite voi (sorride, ndr) però non nascondo che arrivino degli italiani. Comunque ci sarà tempo per dare comunicazioni ufficiali.

Cancellara è una guida per tutta la Tudor. Per lui imparare a perdere e la crescita della struttura sono punti basilari
Cancellara è una guida per tutta la Tudor. Per lui imparare a perdere e la crescita della struttura sono punti basilari
A proposito dei terremoti cui facevi riferimento prima, Fabian Cancellara come giudica la presunta e chiacchierata fusione tra Soudal e Jumbo?

Alla fine non so se questa vicenda era solo piena di “balle” (sorride, ndr) perché nessuno sapeva veramente cosa stesse succedendo. Ciò che è avvenuto nelle ultime settimane non è buono per nessuno e per il ciclismo. Però ti mostra la difficoltà dell’economia in generale. Se due tra i più grandi team professionistici devono mettersi insieme, allora vuol dire che per i piccoli team si mette male. Una fusione del genere non aiuta il movimento.

Chiaro…

Spero in ogni caso che tutto si risolva per il meglio, visto che hanno anche tanta storia alle spalle. Poi si lascerebbero a casa tante persone. In senso più ampio, spero che situazioni simili volgano sempre al meglio per il bene dello sport. Per me è lo sport che conta. Più facciamo del bene allo sport, più aiuta a far crescere bene i bambini o le nuove generazioni nello sport a casa o a scuola. I giovani sono il nostro futuro. Loro devono stare attenti al nostro sport e noi attenti a loro.

Sara Casasola, ad Osoppo primo esame superato

09.10.2023
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Sono giorni impegnativi per Sara Casasola. Neanche il tempo di esordire nella stagione di ciclocross dominando la seconda tappa del Giro d’Italia, a Osoppo, che è dovuta scappare a casa e tuffarsi sui libri, per l’esame di meccanica razionale che l’attendeva al mattino presto: «Se la gara non era vicino casa non avrei fissato la data dell’esame, invece così alle 16,30 di domenica ero già a studiare. L’esame è andato bene, era il penultimo alla facoltà di matematica, uno dei più difficili».

Per la friulana vittoria e poi di corsa a casa a studiare: l’attendeva un altro esame… (foto Lisa Paletti)
Per la friulana vittoria e poi di corsa a casa a studiare: l’attendeva un altro esame… (foto Lisa Paletti)

Unica specialista?

Per Sara questa è una stagione particolare e alla FAS Airport Services – Guerciotti – Premac lo sanno bene. Con tante protagoniste del ciclocross, Persico in primis, che hanno già detto di voler saltare, parzialmente o del tutto, la stagione tocca alla friulana tenere alto il vessillo italico.

«Praticamente – spiega Casasola – rischio di essere l’unica atleta che farà tutta la stagione. Io punto a ottenere il meglio possibile, ma se qualcuna nel corso dell’anno rientra non potrei che esserne contenta, a cominciare proprio da Silvia».

Anche Casasola viene dalla stagione su strada, stagione che non l’ha soddisfatta appieno nonostante fosse iniziata abbastanza bene.

«Sono arrivata a luglio e al Giro d’Italia senza le buone sensazioni che speravo. Il Giro non mi ha soddisfatto, inoltre ho iniziato a soffrire di asma, così d’accordo con la società, ho preso un periodo di stacco. Dopo ho corso pensando molto a quel che mi attendeva nel ciclocross, per farmi trovare pronta. Ho gareggiato all’Emilia, volevo fare anche la Tre Valli Varesine ma ho preso un virus intestinale. Sinceramente, visto come sono andate le cose, potevo iniziare il ciclocross anche prima».

Su strada la friulana ha corso con la Born to Win G20 Ambedo, ma nel 2024 vuole fare molto meglio (foto Rosa)
Su strada la friulana ha corso con la Born to Win G20 Ambedo, ma nel 2024 vuole fare molto meglio (foto Rosa)

Strada, seconda chance

Al di là di buoni piazzamenti al Ponente in Rosa e alla vittoria nella classica della montagna al Tour de Feminin, i suoi risultati non sono paragonabili a quelli del ciclocross.

«Lo so – spiega Sara – in questo momento mi vedo più nell’attività fuoristrada, ma vorrei ottenere di più durante l’anno stradistico, capire qual è il mio livello. Io mi sono impegnata, ma evidentemente ho sbagliato qualcosa. Voglio riprovarci con più convinzione».

Tornando alla gara di Osoppo, Casasola ha dominato, disputando gran parte di essa in solitudine con le avversarie che lottavano per la piazza d’onore e la conquista della maglia rosa: «Era un percorso molto veloce, i passaggi delle categorie precedenti lo avevano abbattuto ancor di più e reso quasi un’autostrada, con poche difficoltà tecniche anche se paradossalmente più impegnativo dal punto di vista della tenuta».

La Casasola ha chiuso con 35″ su Lucia Bramati, nuova maglia rosa del Giro (foto Giorgio De Negri)
La Casasola ha chiuso con 35″ su Lucia Bramati, nuova maglia rosa del Giro (foto Giorgio De Negri)

Ora la Svizzera

Per lei che era appena scesa dalla sua bici da strada, era comunque l’ideale: «Sì, anche perché lavori tecnici ne ho fatti pochi e vedevo che nei rilanci ero un po’ legnosa. La condizione scaturita dalla strada mi ha aiutato nei confronti delle altre che hanno iniziato prima, ma sinceramente non mi aspettavo di fare tanta differenza».

La sua comparsata al Giro d’Italia resterà per l’appunto tale, almeno in ottobre: «Mi aspettano alcune prove in Svizzera dove ho visto che il livello è già qualificato. Sono test internazionali che mi servono per capire a che punto sono e che cosa posso aspettarmi. Quest’anno faremo un calendario molto improntato sull’estero».

Per la FAS Airport Services – Guerciotti – Premac una domenica con due successi, Casasola tra le elite e Bianchi tra le junior (foto Giorgio De Negri)
Per la FAS Airport Services – Guerciotti – Premac una domenica con due successi, Casasola tra le elite e Bianchi tra le junior (foto Giorgio De Negri)

Obiettivo: la costanza

Per la friulana saranno test importanti. Lo scorso anno ha iniziato a fare capolino fra le prime 10 anche nelle prove di Coppa del Mondo, si aspetta un ulteriore progresso? «Diciamo che vorrei mostrare continuità a quei livelli, prima a una grande gara ne seguivano due a ritmo ridotto, vorrei che questa sequenza non si ripetesse».

Visto com’è andata a Osoppo, non ha rimpianto di non essere invece a Pieve di Soligo per il mondiale gravel: «A parte il fatto che non era nei programmi, col livello che si è visto in gara sabato, con le stesse protagoniste delle grandi corse su strada, avrei potuto solo essere d’aiuto, senza la minima possibilità di emergere. Ho fatto bene a puntare al ciclocross, per ora è il mio regno».

Per Federico Ceolin seconda vittoria al Giro, ma stavolta la concorrenza era molto qualificata (foto Lisa Paletti)
Per Federico Ceolin seconda vittoria al Giro, ma stavolta la concorrenza era molto qualificata (foto Lisa Paletti)

Ceolin, bis in rosa

Casasola a parte, Osoppo ha confermato come al momento in campo maschile Federico Ceolin faccia la differenza, tanto che neanche la coppia della FAS Airport Services – Guerciotti – Premac con Gioele Bertolini affiancato dal nuovo acquisto Samuele Scappini è riuscito a tenere il suo attacco sin dal secondo giro.

Fra gli juniores bis casalingo per Stefano Viezzi, fra le pari età è emersa Arianna Bianchi, anche lei già orientata verso le gare estere. Domenica a Corridonia, nelle Marche si ricomincia, col rischio che di protagonisti veri ce ne siano sempre meno.

EDITORIALE / La fusione saltata e il professionismo perduto

09.10.2023
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Se anche la squadra numero uno al mondo fa fatica a trovare lo sponsor, si leggeva qualche giorno fa sui social, allora siamo messi male. Prima doveva essere la Ineos Grenadiers che per prendere Evenepoel, avrebbe assorbito la sua squadra. Poi è venuta fuori la fusione con la Jumbo-Visma e in questo caso il giovane belga sarebbe probabilmente finito proprio alla Ineos. Adesso che anche la fusione con il team olandese è saltata, al Tour vedremo sfidarsi Pogacar, Roglic, Vingegaard ed Evenepoel (i due sono insieme alla Vuelta nella foto di apertura). Non male! D’altra parte, tuttavia, ci sarà da capire se ci saranno cicatrici nelle squadre coinvolte

Lefevere e Bakala si dividono il controllo della Soudal-Quick Step: 20 per cento al belga, 80 al ceko
Lefevere e Bakala si dividono il controllo della Soudal-Quick Step: 20 per cento al belga, 80 al ceko

Casa Soudal-Quick Step

La Soudal-Quick Step rimarrà fino al 2025, quando si concluderà la licenza WorldTour assegnata al gruppo di Lefevere. Patrick, che ne sa una più del diavolo, ne esce come colui che ha salvato il posto di lavoro a corridori e personale. Pare che non abbia avuto parte attiva nella trattativa per la fusione, gestita invece Zdenek Bakala. Il magnate della Repubblica Ceka, da anni a capo della squadra, ne detiene l’80 per cento contro il 20 di Lefevere. Cedere la squadra alla Jumbo-Visma avrebbe significato liberarsi dei costi di un team che non vince più come una volta.

Chiaramente la notizia ha riportato il buon umore nella squadra che ha bisogno di un forte rimpasto dirigenziale. Lefevere stesso non ha mai fatto mistero di cercare la via più breve per un buon pensionamento e forse la ricerca di un erede sarebbe auspicabile e indicata. Non è un mistero che la squadra sia scossa da tensioni interne, che abbia recentemente perso atleti importanti e che l’uscita di elementi come Ricardo Scheidecker, passato alla Tudor, abbia complicato i rapporti fra la componente del marketing e quella tecnica.

Le tensioni sono iniziate quando il padre di Evenepoel ha cominciato a sparare a zero sul potenziale del team: si capisce quanto sia urgente una guida che rimetta ciascuno al suo posto.

Bagioli al Gran Piemonte e Van Wilder alla Tre Valli hanno vinto d’orgoglio per sé e per la loro squadra
Bagioli al Gran Piemonte e Van Wilder alla Tre Valli hanno vinto d’orgoglio per sé e per la loro squadra

Casa Jumbo-Visma

La Jumbo-Visma si troverà senza sponsor a partire dal 2025. La catena di supermercati olandesi ha ritirato il supporto da quando Frits Van Eerd è stato arrestato. Il manager, che ne aveva fatto crescere il fatturato da 400 milioni a 10 miliardi, è accusato di riciclaggio. Ragione per cui, morto suo padre, l’azienda è passata nelle mani delle sorelle che hanno deciso di interrompere la sponsorizzazione, ritenendola troppo cara. Si parla di un importo intorno ai 12 milioni di euro all’anno.

In ogni caso, Richard Plugge si trova ora a dover gestire un buco piuttosto importante, dato che anche l’attesa sponsorizzazione di Amazon non sarebbe più sul tavolo. Si parla dell’interessamento del Pon Group, che detiene la proprietà di Cervélo e da poco anche delle scarpe Nimbl, ma i rapporti saranno ancora idilliaci, dopo che probabilmente la squadra avrebbe valutato di passare con Specialized?

Dal 2024 Roglic correrà con la Bora-Hansgrohe e sfiderà al Tour Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel
Dal 2024 Roglic correrà con la Bora-Hansgrohe e sfiderà al Tour Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel

Casa UCI

L’Unione Ciclistica Internazionale non ha parlato di opportunità. Si è pronunciata soltanto per ricordare alle squadre che qualsiasi operazione di questo tipo (la fusione) deve attenersi alle disposizioni del Regolamento UCI. Esse impongono infatti di garantire il rispetto delle disposizioni contrattuali per tutto il personale delle squadre coinvolte, dagli atleti allo staff.

Non un cenno alla struttura traballante del WorldTour, lasciato in mano al “bullismo tecnico” dei team più grandi. Nessuna riforma strutturale appare per ora all’orizzonte in un’organizzazione che propugna la mondializzazione del ciclismo, drenando risorse laddove i suoi cercatori sono in grado di trovarle, apparentemente a qualunque costo.

La prossima grande sfida per gli uomini di Aigle, nel cui Management Commitee permane Igor Makarov in barba agli atleti e i team russi banditi con la guerra all’Ucraina, è il mondiale in Africa. In precedenza il presidente Lappartient aveva insignito dell’Ordine al merito del ciclismo mondiale (massima onoreficenza UCI) Gurbanguly Berdimuhamedov. Per festeggiare, il dittatore turkmeno eletto con il 97 per cento dei voti e ora rimpiazzato da suo figlio, pedalò durante il World Bicycle Day tra migliaia di figuranti in bici. Non esistono atleti del Turkmenistan che prendano parte a mondiali o rassegne mondiali. Ugualmente si era previsto di far svolgere il mondiale su pista del 2021 nel nuovissimo velodromo di Ashgabat. Ciò non avvenne e la rassegna fu dirottata su Roubaix a causa del Covid e (si spera) per ragioni di opportunità.

David Lappartient attribuisce (online) a Berdimuhamedov l’Ordine al merito del ciclismo mondiale (foto Azatlyk Radiosy)
David Lappartient attribuisce (online) a Berdimuhamedov l’Ordine al merito del ciclismo mondiale (foto Azatlyk Radiosy)

Il ciclismo

«La fusione è stata un’ottima idea – avrebbe detto qualcuno presente al tavolo delle trattative – ma per metterla in pratica occorreva un po’ più di professionalità».

Probabilmente è vero, ma ribadiamo che sarebbe davvero necessario ristrutturare il professionismo, perché ci siano risorse per tutti e obblighi meno asfissianti. Nulla vieta di tornare a squadre di 20 corridori, che costino meno e lascino aperta la porta a più soggetti. Quello che abbiamo vissuto è la riprova che in parecchi livelli di questo sport manca del sano e concreto professionismo.

Il ciclismo, ha detto qualche giorno fa Argentin, era una famiglia che funzionava gestendo le situazioni nell’interesse di tutti. Questo non significa che si possano coprire magagne e responsabilità: nell’interesse della famiglia, mio padre mollava anche ceffoni indimenticabili. Al contempo, si assicurava che tutti avessero nel piatto ciò di cui avevano bisogno. Il ciclismo in mano a manager e avvocati che non lo conoscono rischia di perdere di vista le sue vere necessità. La corsa sfrenata all’oro, ne siamo purtroppo certi, non sarà priva di conseguenze. Un esempio su tutti: i gregari di Remco Evenepoel saranno contenti di tirare per uno che fino a ieri non vedeva l’ora di andarsene e magari ci starà ancora pensando?

L’approdo alla Uae, per Morgado i tempi sono giusti

09.10.2023
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Con l’ottavo posto alla Coppa Città di San Daniele e dopo aver sfiorato il podio al Lombardia di categoria, Antonio Morgado ha chiuso la sua stagione. La prima fra gli under 23, ma anche l’unica. Il portoghese già in estate aveva infatti deciso di fare il grande salto e approdare alla corte di Pogacar all’Uae Team Emirates. A vent’anni il lusitano accede subito al professionismo dalla porta principale e qualcuno ha un po’ storto il naso, pensando che sia una scelta affrettata e che si poteva ancora aspettare almeno una stagione, per continuare a crescere, perché no, aumentare il proprio curriculum, d’altronde già sostanzioso con due argenti mondiali in due categorie diverse.

Morgado non è uno che si tira indietro. In attesa di prendersi qualche giorno di vacanza prima di rituffarsi nel lavoro, questa volta insieme ai nuovi compagni del team arabo, ha accettato di sottoporsi all’analisi della stagione anche davanti a qualche obiezione non propriamente gradita, rispondendo sempre con schiettezza. Il corridore di Caldas da Rainha è convinto di quel che fa, come sempre.

Uno dei momenti più alti nella stagione di Morgado, la vittoria nella tappa finale dell’Orlen Nations Cup (foto organizzatori)
Uno dei momenti più alti nella stagione di Morgado, la vittoria nella tappa finale dell’Orlen Nations Cup (foto organizzatori)
Come giudichi questa tua stagione fra gli Under 23?

Non è stata una grande stagione per me. Mi aspettavo di meglio e potevo fare meglio, alla fine ho portato a casa meno di quel che mi aspettavo, ma è quello che è.

Le corse a tappe come Giro Next Gen e Tour de l’Avenir non sono state fortunate, che cosa ti è mancato?

Non ero nelle condizioni di salute giuste per poter ottenere il meglio da me stesso, quindi mi sono messo a disposizione della squadra e dei compagni. Il Tour de l’Avenir l’ho interpretato più come preparazione per il campionato del mondo, quello era il mio obiettivo stagionale, per il quale sono anche andato in quota, lo avevo messo nel mio mirino e almeno nell’occasione giusta ero pronto.

Ripensando al mondiale, è più la soddisfazione per la medaglia d’argento o pensi che Laurance si poteva prendere?

Per mia natura non sono uno che si accontenta. Sono contento del mio secondo posto ma voglio sempre di più. Penso che ho lavorato così duramente per il mondiale e sono arrivato secondo: va bene, ma per me ha sempre un po’ il sapore della sconfitta, significa che qualcosa di meglio si poteva sempre fare.

La volata vincente per il secondo posto a Glasgow. Ma Laurance si poteva anche prendere…
La volata vincente per il secondo posto a Glasgow. Ma Laurance si poteva anche prendere…
Che cosa porti con te di questo anno all’Hagens Berman Axeon?

Penso che sia una grande squadra, ideale per affrontare la categoria. Mi sono divertito molto quest’anno con la squadra e i miei compagni, da questo punto di vista è stato davvero un buon anno.

E com’è stato lavorare con Axel Merckx?

Sì, è stata una grande opportunità, è un grande nome. Ho imparato molto con Axel ed è un ragazzo davvero gentile, mi piace molto e l’opportunità di lavorare con lui mi ha fatto sicuramente crescere, le mie decisioni sono anche frutto di quel che ho potuto apprendere in un anno di lavoro con lui.

Una sola stagione all”Hagens Berman Axeon, con la perla del successo al Tour of Rhodes (foto team)
Una sola stagione all”Hagens Berman Axeon, con la perla del successo al Tour of Rhodes (foto team)
Dal prossimo anno sarai già professionista con la Uae. Con che spirito affronti questa nuova avventura?

Sono davvero emozionato adesso, tanto che già mi sento mentalmente coinvolto. La situazione sta diventando seria, ora lavorerò davvero sul serio per i massimi obiettivi. Questo è il mio sogno, quindi lavorerò duro per questo. Da un lato mi sento arrivato, sono alla corte dei grandi, dall’altro so che il vero lavoro inizia adesso e ho tutto da dimostrare.

Ma un anno in più fra gli Under 23 poteva servirti per aumentare le tue vittorie e la tua esperienza. Ti sei mai pentito della scelta?

No, sono scelte che uno fa pensando al futuro. Io mi sento maturo e pronto, scelgo di andare subito nel WorldTour. Non è stata una scelta avventata, ne ho parlato con il mio allenatore e il mio manager e pensiamo che io sia pronto per la massima avventura, con l’umiltà di imparare e la convinzione di potermi ricavare un ruolo. Quindi sono emozionato e ora posso lavorare davvero sodo per vedere dove posso arrivare.

La Uae è un team con tanti capitani, uno su tutti Pogacar. Che spazi vuoi ritagliarti in questo tuo primo anno?

Penso che sia davvero un privilegio per me imparare con i migliori ragazzi del mondo. Sono semplicemente super felice perché posso imparare da chi vince, da chi sa come si fa. Quindi l’anno prossimo si tratterà solo di imparare e aiutare la squadra e i compagni.

Il lusitano ha ottenuto i suoi migliori risultati stagionali in nazionale. All’europeo ha chiuso 14°
Il lusitano ha ottenuto i suoi migliori risultati stagionali in nazionale. All’europeo ha chiuso 14°
Pogacar, Hirschi, Ayuso: a chi di questi pensi di essere più simile come caratteristiche?

Questo non lo so, ogni corridore è fatto a modo suo, non mi piace essere paragonato a questo o quello, voglio essere Morgado e basta. Penso che ogni appassionato ami Pogacar, impossibile fare altrimenti, io voglio imparare da lui il più possibile e avere l’opportunità di corrergli accanto.

Per il tuo primo anno che obiettivi ti poni?

Non ho segnato alcun obiettivo sulla mia agenda, si tratterà solo di sfruttare ogni occasione per imparare il più possibile. Spero solo di avere più opportunità possibili per correre nel WorldTour, perché sono le massime gare del calendario, dove affronti il meglio che c’è. Non starò tanto a guardare il mio bilancio in termini di risultati personali, voglio solo aiutare la squadra a ottenere il più possibile e accrescere il mio bagaglio di esperienze.

Marcellusi re del Ghisallo e progetti da leader

09.10.2023
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BERGAMO – «Non lo so neanche io dove prende la grinta questo ragazzo», così commenta un soddisfatto Alessandro Donati la prestazione di Martin Marcellusi. Il direttore sportivo della Green Project-Bardiani è contento visto che anche Tolio se l’è cavata. Per la squadra dei Reverberi una prestazione così in una gara WorldTour, per di più classica Monumento, vuol dire molto.

Marcellusi è stato protagonista della fuga di giornata al Lombardia, tra l’altro presa in seconda battuta, e non sul nascere. Ha scollinato davanti su un paio di salite tra cui il Ghisallo e fino alla fine ha resistito ad un contrattaccante doc quale Ben Healy, uscito in avanscoperta 150 chilometri dopo di lui. 

Marcellusi transita in testa sul Ghisallo, precedendo Battistella, e porta a casa il prestigioso premio
Marcellusi transita in testa sul Ghisallo, precedendo Battistella, e porta a casa il prestigioso premio
Martin, ti aspettavi un Lombardia così? Come doveva andare?

Dal Gran Piemonte sono uscito con una grande gamba. Lì ho visto che potevo stare davanti, ma ovviamente il Lombardia era un’altra gara e non pensavo andasse così! La fuga era era l’obiettivo della squadra. In effetti pensavo di prenderla, di fare le mie 2-3 salite con i primi e poi ciao. Invece più andavo avanti e più stavo bene. Tanto che nella discesa in cui siamo andati via io e Healy ho deciso di fare il forcing.

Perché?

Per provare ad arrivare ancora più lontano. A quel punto l’obiettivo era di restare davanti il più possibile… Non certo provare a vincere il Lombardia!

L’obiettivo del Premio Ghisallo è venuto strada facendo o te l’hanno detto dall’ammiraglia?

Me l’hanno detto in corsa. “Se sei ancora davanti, Martin, fai la volata”. E io così ho fatto.

Ci racconti invece della fuga? All’inizio voi della Green Project-Bardiani non c’eravate…

In realtà noi c’eravamo. C’era Filippo Magli, ma probabilmente ha calcolato male le energie. Ha chiesto un cambio e l’hanno lasciato al vento. Eravamo preoccupati perché poi il gruppo aveva cominciato a fare il barrage ed eravamo tagliati fuori. Ad un certo punto io e Tolio abbiamo trovato un varco. Lui è partito prima di me e io a ruota.

E vi hanno lasciato andare?

Il gruppo non era così intenzionato a lasciarci. Dal mio conto, eravamo fuori dalla fuga. Ovviamente avrei provato fino all’ultimo ad andare via. Poi c’è stata una caduta di gruppo (quella innescata da Remco, ndr), per fortuna senza grandi conseguenze e ne abbiamo approfittato. Non è bello da dire, me ne rendo conto, ma è così. Una parte di me non voleva continuare ad attaccare con un gruppo che era per terra. Poi altri hanno tirato dritto e io li ho seguiti.

Il laziale (classe 2000) tra i più attivi della fuga, eccolo davanti con Healy
Il laziale (classe 2000) tra i più attivi della fuga, eccolo davanti con Healy
C’è stato un momento di difficoltà? Un momento in cui veramente hai dovuto tirare fuori la tua proverbiale grinta?

Sulla salita verso Crocetta: lì ho attraversato un momento di crisi. Però è durato poco. Ho tenuto duro. Stavo per per mandare tutto a quel paese! Invece è rientrato forte Healy e sono riuscito a tenerlo. Siamo rimasti davanti in quattro. Magari è stato un momento di crisi psicologico.

Però alla fine ti giri e in una fuga corposa e con gente importante, vedi sempre meno corridori: immaginiamo che emerga anche un po’ di orgoglio…

Più che orgoglio ti sale il morale alle stelle. Sai, quando vai in fuga in venti e ti stacchi per decimo è un conto, quando invece sei l’ultimo a rimanere davanti ti viene un’altra gamba. Ho iniziato a vedere i primi corridori che si staccavano ed io ancora non ero affaticato più di tanto. In effetti è stata una bella spinta morale e da lì è iniziato un’altro Lombardia per me.

Fino a ritrovarti nel gabbiotto dei campioni, il gazebo dietro al palco di Bergamo dove si cambiavano tutti i “giganti”…

Sì, in effetti è stato figo! Pogacar mi ha dato due volte la mano. Non so perché, magari era contento così! Bello comunque.

Analizzando la tua corsa, ma sarebbe meglio dire questa seconda parte di stagione post Giro d’Italia, sei andato molto forte in salita. Hai vinto la maglia dei Gpm al Tour du Limousin, al Gran Piemonte, il cui finale era tosto, sei arrivato settimo e con gente molto importante, al Lombardia ancora una prestazione di livello in salita: ma ci hai lavorato? Stai intraprendendo un cambiamento?

Sì, ci abbiamo lavorato anche se io non ero molto d’accordo. Io volevo rimanere un po’ meno scalatore e un po’ più “velocista”. Perché automaticamente quando fai queste scelte poi vai un pelo più forte in salita, ma in volata cali. Per quest’anno abbiamo fatto così anche perché c’era di mezzo il Giro d’Italia. E il Giro, vuoi o non vuoi, in 21 giorni ti fa diventare “più scalatore”. Se non stai male, che ne esci bene, ti dà qualcosa in più in salita… Automaticamente ti porta a diventare più scalatore, però scalatore io non lo sarò mai.

Martin esce dal “gazebo dei campioni” e si accinge a salire sul podio
Martin esce dal “gazebo dei campioni” e si accinge a salire sul podio
Hai altre doti: non diciamo un passista veloce, un corridore più completo, che faceva e che fa dello spunto veloce la sua arma vincente. Era così anche tra gli under 23…

Esatto, posso difendermi in salita, ma se poi arrivo allo sprint e in volata non vado, serve a poco. Io quella possibilità di sprint a ranghi ridotti me la voglio giocare invece.

Hai firmato anche per il prossimo anno con la Green Project-Bardiani. Una scelta importante: diventerai un leader?

In realtà ho firmato per tre anni. Loro credono in me tanto e già in queste gare mi fanno correre da leader. Sono rimasto anche per questo motivo. E poi io in questo team sto bene, non mi manca nulla, sento la fiducia. Magari quando avrò 26 anni, che scadrà il contratto, allora penserò al futuro in modo diverso.

E’ un investimento sul tuo futuro. Non sono poi molti i corridori italiani, WorldTour incluse, che possono fare i leader…

Anche perché sto andando forte, ma non è che abbia fatto chissà quali grandi risultati per poter dire: “Vado in una WorldTour e mi fanno fare il capitano”. Se ci andassi oggi dovrei mettermi davanti al gruppo a tirare. Mentre, come ripeto, qui ho i miei spazi e c’è un bell’ambiente.

Che corse farai adesso?

Mi spetta ancora una settimana di gare, chiuderò alla Veneto Classic. Ma ammetto che sono un po’ al limite. Però finché tiro fuori queste prestazioni va bene così!

Mohoric da favola. Iridato gravel con gambe e (la solita) intelligenza

08.10.2023
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PIEVE DI SOLIGO – A pochi minuti dal via della prova iridata, tutti sono d’accordo su una cosa: la corsa sarà davvero dura. Si parte dal Lago Le Bandie e si arriva a Pieve di Soligo, dopo 169 chilometri di fatiche. Il tracciato è lungo, forse troppo lungo, come sottolinea anche Francesco Moser, che lo avrebbe accorciato di qualche chilometro. In palio c’è un titolo mondiale ambitissimo. Quello gravel.

I pretendenti sono agguerriti: al via infatti ci sono Wout Van Aert, che arriva sorridente ma anche molto concentrato, non concedendo foto o autografi, Alejandro Valverde, che si prende l’applauso del pubblico a braccia alzate, e Matej Mohoric.

Pellizotti profeta

Franco Pellizotti, direttore sportivo della Bahrain-Victorious, ci aiuta ad capire cosa potrebbe succedere durante la corsa: «È un percorso bellissimo ma anche molto tecnico. Sarà importante non perdere di vista nessuno, perché ogni punto del tracciato potrebbe essere quello buono per l’attacco vincente. Inutile dire che l’attenzione sarà su Van Aert anche se, sinceramente, ultimamente non l’ho visto poi così brillante sulle salite. Rimane sicuramente molto quotato, ma anche altri, come Mohoric, potrebbero dire la loro».

Lo sloveno è molto conciso nel dire come affronterà la sua gara: semplicemente «a tutta», esclama. E indovinate com’è andata? La corsa parte, il ritmo è altissimo e in testa si forma un gruppetto di tre elementi: Matej Mohoric, Florian Vermeesch e Connor Swift. Terzetto che poi andrà a ricoprire i gradini del podio nello stesso nell’ordine. 

Non pervenuto, a sorpresa, Wout Van Aert. Sul muro di Ca’ del Poggio aveva già un distacco di oltre dieci minuti, complici anche diversi problemi meccanici e una scivolata. 

La corsa la fanno quei tre davanti: scatenati e sicuri in ogni passaggio. Il ritmo aumenta, le tattiche diventano sempre meno efficaci e la fatica quasi insostenibile. Dal terzetto si sfila prima Swift e poi Vermeesch, sotto le “trenate” dello sloveno.

Matej rimane solo al comando, senza alcun punto di riferimento e correndo qualunque rischio possibile pur di aggiudicarsi l’iridata. «Ogni tanto ci davano qualche riferimento circa il nostro vantaggio, ma non c’era da credergli», ha spiegato Mohoric.

Rischi che si concretizzano quando all’arrivo mancano appena tre chilometri: la piazza di Pieve di Soligo per un attimo sussulta. Matej è scivolato. Però riparte e si gode ugualmente il chilometro finale, che si trasforma in una lunga passerella.

Mohoric iridato

Lo sloveno non vince, trionfa. Alla sua prima corsa gravel, mette subito le cose in chiaro: «Mi sono divertito moltissimo. Il percorso era bellissimo e conoscevo molte di queste strade, in quanto ci gareggiavo da bambino. Tra i partenti c’erano molti nomi interessanti e questo rendeva la corsa ancora più elettrizzante». 

All’arrivo Matej è visibilmente divertito, abbraccia subito il suo diesse, Pellizotti, che gioisce quasi più di lui. Si ferma ogni qual volta una mano gli porge una penna per un autografo o un telefono per una foto. Dire che Mohoric si aspettasse questa vittoria non è esatto, però la desiderava tanto. Dopo il ritiro al Croazia, voleva dare il meglio di sé. 

Ma lo sloveno è così. Gentile, forte, educato, intelligente e meticoloso. Uno come lui, anche se a questo mondiale gravel non ha potuto dedicare troppo tempo, si è certamente informato bene su percorso, scelte tecniche, meteo… Ricordiamoci di come ha vinto la Sanremo lo scorso anno, con “l’invenzione” del reggisella telescopico. 

Matej chiude così il suo 2023 con un’altra vittoria, sei in tutto. E continua il suo feeling con la maglia iridata: era stato campione del mondo juniores nel 2012 e under 23 l’anno successivo, su strada ovviamente.

Iridato in locanda

E il suo meglio lo dà vivendo la corsa, più che preparandola. Lo sloveno ha infatti gareggiato senza potenziometro. Ha saputo della potenza media da Swift e Vermeesch e ammette che anche se l’avesse avuto, avrebbe creduto fosse rotto, tanto andavano forte. 

«Sapevo che tutti eravamo a tutta – aggiunge Mohoric – ma non dovevo finirmi del tutto. Ho dovuto gestire le mie energie molto bene, grazie anche al supporto della squadra. Ogni ora mi assicuravo di mangiare almeno 120 grammi di carboidrati e ai rifornimenti prendevo gel e borracce che la squadra mi passava». 

Scivolone a parte la corsa di Mohoric è stata “tranquilla”. Certo, litigata con elicottero esclusa: «In cima ad una salita ho cercato di mandare via l’elicottero perché stava alzando troppa polvere. No, non era una mosca quel gesto». 

La corsa gli è piaciuta così tanto che Mohoric ci tornerebbe: «Il mio programma su strada è molto fitto, sarebbe difficile partecipare spesso anche alle gare gravel, ma sicuramente non abbandonerò la disciplina. Poi con i panorami che abbiamo visto oggi ci tornerei anche in vacanza. Magari fermandomi a bere del buon vino e a mangiare il prosciutto di questa parte di Veneto!».

Se dunque vedrete un ragazzo in maglia iridata fermo in qualche locanda della zona, probabilmente sarà lui.