Domani Laigueglia, baluardo del ciclismo che cambia

27.02.2024
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Venticinque squadre, fra cui 9 WorldTour, 8 professional e 8 continental. Le prime salite di Paravenna e Testico a fare la selezione e poi il circuito finale, che negli ultimi 44 chilometri propone per quattro volte Colla Micheri e Capo Mele. Domani si corre il Trofeo Laigueglia e a giudicare dalle iscrizioni dell’ultima ora sarà una gara stellare, sempre che il meteo conceda una tregua.

Il UAE Team Emirates arriva in forze, aggiungendo al pacchetto Ayuso e Hirschi, dominatori nello scorso weekend francese: con loro anche Covi, Majka, Ulissi e Baroncini. Poi il vincitore uscente Peters, Vendrame e Cosnefroy nella Decathlon-Ag2R partita già fortissimi. Bettiol e Piccolo in maglia EF Easy Post; Velasco, Fortunato e Scaroni con l’Astana. Rota e Busatto per la Intermarché, più De Marchi e Zana con la Jayco-AlUla. Infine due ragazzini che l’Italia ben conoscono: Gregoire e Lenny Martinez di casa Groupama-FDJ. Il via alle 11, l’arrivo intorno alle 16, la diretta intorno alle 14,30 su Rai Sport ed Eurosport.

Il Laigueglia del 2023 è stato vinto da Nans Peters, al traguardo con 46″ di vantaggio
Il Laigueglia del 2023 è stato vinto da Nans Peters, al traguardo con 46″ di vantaggio

Le corse in Italia

Laigueglia significa l’inizio del grande ciclismo in Italia, con l’organizzazione di Extra Giro per conto del Comune. Di questi tempi non c’è niente di facile nell’organizzare corse in Italia, nella scia di RCS Sport che, lavorando bene e a tappeto, lascia dietro appena le briciole. E’ notizia dei giorni scorsi, diffusa da bici.PRO e rilanciata su tutti i media, che il Giro di Sicilia non ci sarà per ragioni politiche. Eppure gli uomini di Mauro Vegni non sono stati a guardare e nelle stesse date si svolgerà il Giro d’Abruzzo: manca l’ufficialità, attesa a breve.

Non c’è niente di facile, ma ci sono le idee. Marco Selleri, che di Extra Giro è uno dei soci, ne avrebbe tante, ma ha capito che ci sono conti da fare. Proprio per questo il gruppo romagnolo ha dovuto rinunciare all’organizzazione del Giro della Città Metropolitana di Reggio Calabria, mentre sta per annunciare la rinascita del Giro di Romagna. Lo sentiamo alla vigilia della corsa ligure.

Marco Selleri, romagnolo, qui alla presentazione della tappa bolognese del Tour 2024
Marco Selleri, romagnolo, qui alla presentazione della tappa bolognese del Tour 2024
Percorso che vince non si cambia…

E’ rimasto tutto uguale, anche perché all’Amministrazione comunale piace questo percorso, che è stato accolto abbastanza bene anche dai corridori. L’arrivo di Ayuso e Hirschi servirà a innalzare ancora di più il livello.

Quanto è importante effettivamente la presenza dei grossi nomi per una corsa? 

E’ importante perché acquisisce valore. Quando ci sono nomi che sono sulla bocca di tutti, vuol dire che aumenta l’audience di tutto quello che c’è intorno, quindi è fondamentale. Soprattutto se parliamo di corridori che hanno già vinto negli ultimi giorni e si presentano qua, cambiando le carte in tavola di tanti pronostici. Mi piacerebbe che una volta tanto vincesse un italiano, perché ne abbiamo bisogno. Sappiamo che Rota e Covi sono sempre fra i primi, anche Vendrame lo scorso anno era davanti. E’ una corsa che si dice molto ai nostri ragazzi. Sarà un test anche per Baroncini, perché a Kuurne non è andato male, anche se qui ci sarà più salita.

Il Comune ci tiene tanto, ma di fatto l’intero territorio è in ballo per accogliere le squadre.

Laigueglia dà il nome dal 1964 della prima edizione. Per la corsa hanno riaperto due hotel, mentre il grosso delle squadre si trova fra San Bartolomeo e Alassio. Il Comune ci tiene molto, con le ultime elezioni è cambiata l’Amministrazione, ma si continua a ricavare il budget per la corsa. Parliamo per loro 110-115 mila euro, che non è facile. Ci sarà pure un contributo della Regione e qualcosa che arriva dai Borghi più Belli d’Italia, ma la metà viene dal bilancio della città cui bisogna dire grazie. E’ una corsa che con l’IVA viene a costare intorno ai 200 mila euro. Ci sono delle figure chiave, come Lino Bersani che è un Consigliere con la delega allo sport. Poi Roberto Schiavon e anche Antonio Meroni di Cantù. Sono loro che spingono per mantenere la corsa.

Lo scorso anno, alle spalle di Peters, Vendrame e Covi a 46″
Lo scorso anno, alle spalle di Peters, Vendrame e Covi a 46″
La Strade Bianche è un traino?

E’ la nostra fortuna, secondo me. Fanno tappa qua, poi si spostano in Toscana. Come quando s’è fatta Reggio Calabria col traino del Giro di Sicilia. L’UCI dice tanto di voler riscrivere il calendario. Mettiamo che sposti il Lombardia ad aprile, secondo voi cosa succede alle corse che si fanno in preparazione come l’Emilia, l’Agostoni e la Bernocchi? Con lo stesso criterio abbiamo sperato che rifacendo il Giro di Romagna il 21 aprile, cioè due giorni dopo la fine del Tour of the Alps, qualche squadra venisse giù, ma per ora non vediamo grossi riscontri. Annunceremo la corsa a breve, la 86 esima edizione, che rinasce per volontà dell’Amministrazione comunale di Lugo e di Oliviero Gallegati, titolare della Cicli Somec.

Cosa vi aspettate?

Il ciclismo è cambiato, gliel’ho detto: non aspettatevi grossi nomi, perché c’è il Giro d’Italia alle porte. Per cui correremo con parecchie continental, anche se la UAE Emirates ha detto che verrà. Stiamo aspettando un paio di professional straniere, come la Caja Rural e l’Euskaltel, e poi vedremo le tre italiane. Come dicevamo prima, avere i nomi serve a chi investe. A noi che organizziamo serve avere le risorse per fare tutto nel migliore dei modi. Abbiamo organizzato per anni le corse giovanili, non badavi tanto ai nomi quanto a promuovere il movimento e una corsa come il Romagna può fare la fortuna delle continental italiane. I grossi nomi non si preparano più nelle piccole corse.

E questo incide sulle partecipazioni…

Vanno a vincere senza fare corse. Si preparano da fuori, vengono e vincono. Una volta era l’opposto: venivano sempre a fare 2-3 corse per prepararsi. Anche Pogacar arriva alla Strade Bianche senza aver mai corso prima: credete che andrà piano? Ma guardiamo in casa nostra, speriamo che domani sia bel tempo. Mi piacerebbe che Laigueglia diventasse la corsa più bella del professionismo. Mi piacerebbe poter mettere un arco ogni chilometro a partire dai meno cinque dall’arrivo come domenica a Kuurne.

Il Laigueglia 2022 fu l’ultima vittoria di Polanc, poi ritirato per problemi cardiaci. Con lui Ayuso e Covi
Il Laigueglia 2022 fu l’ultima vittoria di Polanc, poi ritirato per problemi cardiaci. Con lui Ayuso e Covi
Cosa te lo impedisce?

Il fatto che ognuno di quegli archi costa 4 mila euro, quindi servirebbero ne 20 mila solo per i gonfiabilli. Vorrei vedere le cose fatte a modo. Prendiamo la corsa di Reggio Calabria. Il contributo pubblico è stato abbassato e già l’anno scorso chiudemmo quasi in pari. Dovremmo organizzare in perdita? E poi senza il Giro di Sicilia, quali squadre verrebbero in Calabria per un solo giorno? Sarebbe diverso se la Federazione o la Lega intervenissero per organizzare pacchetti con 3-4 giorni di gara, trovando il modo che le squadre spendano 40 euro al giorno come in Spagna e coprendo il resto con sponsor o contributi. Senza interventi del genere, una corsa così isolata non riusciamo a farla. E mi dispiace, perché da giù continuano a chiamarmi, ma non posso che dire di no.

Viaggio nel “motore” di Pedersen, mattatore d’inizio stagione

27.02.2024
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Ora sta tirando un po’ il fiato, lo rivedremo alla Parigi-Nizza, ma senza ombra di dubbio Mads Pedersen è stato il mattatore d’inizio stagione. L’ex iridato, in forza alla Lidl-Trek, infatti ha messo nel sacco 6 vittorie su 8 giorni di gara. Ha vinto in volata, ha vinto a crono, ha vinto le classifiche generali.

Non è la prima volta che il danese mette in mostra questo suo essere eclettico. Già al Tour de France dell’anno scorso lo abbiamo visto fare spalla a spalla con Philipsen in volata e poi tirare in salita per Ciccone. E dopo qualche giorno lo abbiamo visto fare un numero pazzesco ad Amburgo, degno del migliore dei finisseur.

Ma per fare tutto questo serve quello che in gergo è chiamato un “grande motore”. Oltre ad un certa cattiveria agonistica, aspetto che al danese proprio non manca.

Del motore di Pedersen abbiamo chiesto al suo “meccanico di fiducia”, il suo coach, Mattias Reck.

Mattias Rick, svedese, è l’allenatore di Pedersen. Eccoli al termine di un test lo scorso anno, pochi giorni prima che arrivasse il main sponsor Lidl (foto Instagram)
Mattias Rick, svedese, è l’allenatore di Pedersen. Eccoli lo scorso anno, pochi giorni prima che arrivasse il main sponsor Lidl (foto Instagram)
Mattias, Mads è partito fortissimo. Come valuti la sua preparazione invernale? C’è qualche aspetto a cui hai prestato particolare attenzione?

Mads, sta andando molto bene come sempre. La continuità è più importante dei piccoli dettagli specifici. Durante l’inverno è stato molto bravo non ha perso alcun allenamento. Continuiamo ad andare avanti nello stesso modo in cui abbiamo lavorato insieme negli ultimi due anni e mezzo. L’obiettivo è sempre quello di mantenere e di sviluppare la sua naturale capacità di resistenza e allo stesso tempo migliorare ulteriormente i suoi sprint.

Quindi non mollerà l’aspetto dello spunto veloce…

Lo sprint sarà sempre un fattore chiave. Ci sono molti buoni velocisti nelle classiche, quindi deve essere molto veloce anche lui. Nelle gare a tappe fa sprint di gruppo e nelle classiche sprint in drappelli più piccoli, ma lo spunto resta cruciale.

Ci sono dei lavori specifici che a Mads piacciono particolarmente e altri che non sopporta?

Non direi. Mads è un corridore a cui piacciono molto i grandi blocchi di allenamento. Gli piace lavorare davvero duramente. E anche se a volte fa molte gare, non ha problemi a prepararsi con buoni blocchi di allenamento nel mezzo.

Come dicevamo in apertura, Mads vince nello sprint, vince come finisseur, aiuta in salita… come riesce ad essere competitivo in ogni settore?

E’ un leader ed è un corridore molto importante in seno al team. Supporta l’intera squadra con la sua personalità e il suo carattere, sia dentro che fuori dalle gare. Non corre solo per vincere, ma anche per aiutare gli altri a raggiungere i loro obiettivi, come appunto abbiamo visto nelle tappe in salita al Tour per Ciccone o quando Richie è arrivato terzo al Tour. Ha un motore e una resistenza così grandi che normalmente non si stanca delle corse a tappe. Mads, infatti ha un recupero molto rapido, quindi è un perfetto super gregario e allo stesso tempo un leader.

Pedersen (classe 1995) domina il prologo dell’ultimo Tour de Provence, dove ha vinto anche la generale e conquistato 3 tappe su 4
Pedersen (classe 1995) domina il prologo dell’ultimo Tour de Provence, dove ha vinto anche la generale e conquistato 3 tappe su 4
Super corridori e super motori. Sono i cinque del Poggio di Sanremo del 2023? Gli stessi di Glasgow…

È impressionante vedere i grandi corridori di questo periodo, di questa generazione. Sono tutti fortissimi e molto completi. Prendiamo ad esempio la vittoria di Pogacar al Fiandre l’anno scorso. L’anno prima ha imparato a conoscere le classiche fiamminghe e l’anno dopo ha vinto. Ha spinto tutti al limite sia tatticamente che fisicamente. Un corridore che si allontana dall’essere “specialista” e vince sul terreno di casa di altri. O prendiamo alcuni dei Tour di Van Aert (a proposito Van Aert e Pogacar secondo me sono i due corridori più completi). O il tempismo e la “botta” nelle salite di Van der Poel che lo hanno portato a vincere così tante grandi gare di un giorno. Quindi c’è sicuramente abbastanza concorrenza per Pedersen. Ma questo è anche ciò che ci ispira e ci motiva a lottare, ad allenarci e a correre per migliorare ancora, per sfidarli e fare del nostro meglio per avvicinarci a loro.

E cosa ha Mads in più e in meno di loro?

Nelle gare meno collinari Mads normalmente parte già come uno dei favoriti. Nelle gare più dure, più ondulate, invece anche se Mads è già fortissimo in salita, ci sono alcuni corridori che salgono  meglio di lui. Vedremo cosa faremo per sfidarli e per batterli, se servono più W/kg o una tattica diversa. Mads sa come correre!

Hai detto di seguire Pedersen da due anni e mezzo: quanto è migliorato in questo periodo e che margini ha?

Abbiamo iniziato a lavorare a metà del 2021. Ovviamente ho avuto la possibilità di iniziare da un livello già elevato. Avevo molti anni di preparazione da esaminare, come informazioni di base. Questo rende le cose un po’ più facili per me allenatore. Abbiamo subito trovato una buona collaborazione sapendo che ognuno di noi ovviamente sarebbe già arrivato alla Trek nello stesso periodo, nel 2017. Io avevo alcune idee che volevo testare e hanno funzionato bene. Allo stesso tempo Mads voleva concentrarsi ancora di più su stesso ed è diventato un corridore migliore. E lo è diventato non solo perché abbiamo cambiato alcune cose del suo allenamento, ma anche perché c’è stato un processo naturale di crescita come corridore e come persona. Pertanto abbiamo visto progressi in ogni aspetto, direi, e siamo diventati più costanti nel corso dell’anno.

VdP, Van Aert, Pogacar e Pedersen. Quattro “mega motori” del lotto dei pro’, al mondiale di Glasgow
VdP, Van Aert, Pogacar e Pedersen. Quattro “mega motori” del lotto dei pro’, al mondiale di Glasgow
Perché a Mads non piace il ritiro in quota? 

L’altitudine, insieme ad esempio al lavoro in palestra (squat, pressa…) ti rendono un ciclista migliore, ma sono due dei regimi di allenamento più difficili per avere risposte chiare in anticipo. Devi testare e giudicare. Quando si tratta di altura c’è un equilibrio da considerare, non solo dal punto di vista dell’allenamento e degli adattamenti fisiologici che si ottengono, ma anche di ciò che un ciclista “sente” nello stare tre settimane su una montagna prima di andare allo Svizzera o al Delfinato e poi al Tour. Per un corridore di classifica è più chiaro cosa fare, ma per un corridore da classiche o per un velocista, anche se si hanno benefici sia in termini di capacità aerobica che anaerobica, non è sempre così. Magari in quota perde un po’ di peso più facilmente e questo non è sempre la cosa migliore per tutti i corridori.

Chiaro. Quindi qual è la tua opinione su velocisti in altura?

Ho già svolto training camp in quota con i velocisti e ho lavorato bene. Ma uno stesso ciclista l’anno successivo non è andato in quota e si è comunque comportato altrettanto bene. Il paragone secondo me non è tanto tra ritiro in quota e niente, ma tra un buon ritiro in quota o al livello del mare, in abbinamento ad una gara in più (o in meno, ndr). Per gli altri ciclisti con cui ho lavorato penso di poter dire che l’altura aiuta sicuramente, non c’è dubbio! Per concludere questo argomento direi che non escludiamo che Mads possa fare altura in futuro. Vedremo nei prossimi anni.

Dal UAE alla Strade Bianche: Van Eetvelt marcia sull’Italia

26.02.2024
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Con la vittoria della tappa finale e della classifica del UAE Tour, Lennert Van Eetvelt ha sollevato lo sguardo sul ciclismo belga. Ora il ragazzino è in marcia sull’Italia: terreno di caccia che ama molto. Al confronto col debutto stagionale dello scorso anno, sembra proprio un altro mondo. Anche nel 2023 era partito forte a Mallorca. E quando faceva ormai rotta sulla prima Liegi, accadde quello che nessuno sportivo vorrebbe sperimentare.

L’autorità antidoping francese si fece avanti con una domanda su un prodotto a restrizione d’uso trovato nelle urine al Tour des Alpes Maritimes. La Lotto Dstny ovviamente lo fermò subito e il mese di tempo dedicato alla burocrazia per dimostrare che si trattava di uno spray nasale autorizzato e regolarmente indicato prima del controllo, fece perdere al belga il debutto nella classica di casa.

«Alla fine ne sono uscito più forte – racconta adesso – ha solo alimentato la mia voglia di correre. Mi ha fatto capire quanto sia speciale aver potuto fare del ciclismo la mia professione. Ho passato tutto l’inverno in Spagna ad allenarmi. Non è super economico, ma mi pagano per farlo. Pedalare sotto il sole è tutto ciò di cui ho bisogno per essere felice. Giuro che non mi vedrete mai alla partenza senza un sorriso».

Van Eetvelt ha 22 anni, è pro’ dallo scorso anno: il suo contratto è in scadenza
Van Eetvelt ha 22 anni, è pro’ dallo scorso anno: il suo contratto è in scadenza

Primi lampi in Italia

Lennert Van Eetvelt, alto 1,76 per 63 chili di peso forma, compirà 23 anni il prossimo giugno ed è noto in Italia per aver vinto la tappa della Fauniera al Giro d’Italia U23 del 2022, chiudendo al secondo posto finale dietro Leo Hayter. Quello stesso anno si portò a casa la Corsa della Pace, mentre nella prima stagione da professionista ha vinto l’Alpes Isere Tour e una tappa al Sibiu Cycling Tour. Alla Vuelta, primo grande Giro a 22 anni, è partito in sordina per qualche malanno, ma ha ottenuto un terzo posto in montagna nel finale della gara.

«Ho potuto mettermi in mostra nelle competizioni a livello World Tour – spiega – e ho gareggiato per fare risultato nelle gare più piccole. Questo era l’obiettivo dichiarato in anticipo, quindi non posso che essere contento del mio primo anno da professionista. Mentre alla Vuelta ho ricevuto la conferma che posso gestire una gara di tre settimane. Ho intenzione di basarmi su questo per continuare a crescere».

Il 17 giugno 2022, Van Eetvelt scala da solo la Fauniera e vince la 6ª tappa del Giro Under 23
Il 17 giugno 2022, Van Eetvelt scala da solo la Fauniera e vince la 6ª tappa del Giro Under 23

Svolta alla Vuelta

Come accade spesso, la Vuelta lo ha fatto crescere nel motore e nella convinzione. La vittoria in cima a Jebel Hafeet lo ha mandato di filato in un elenco piuttosto nobile, popolato dei nomi di Tadej Pogarar, Adam Yates e Alejandro Valverde.

«Sto ancora scoprendo me stesso – dice – ma provare a diventare un corridore da Tour è un bel traguardo. Quest’inverno ho iniziato a concentrarmi maggiormente sulle salite lunghe e meno sull’esplosività. Sono cresciuto nel Brabante Fiammingo e da quelle parti tendi rapidamente a diventare uno scattista. Ora sto cercando di cambiare un po’ la situazione e vedere fino a che punto posso arrivare in salita. Sapevo che il livello degli scalatori del WorldTour sarebbe stato alto, ma ho dimostrato a me stesso che posso farcela».

Trofeo Serra de Tramuntana, a Mallorca Van Eetvelt batte Vlasov
Trofeo Serra de Tramuntana, a Mallorca Van Eetvelt batte Vlasov

Euforia Lotto Dstny

La squadra ovviamente si frega le mani, avendo aggiunto una carta vincente a quella già scintillante di Arnaud De Lie e con Segaert in rampa di lancio. Nonostante ciò, il piano non prevede per Van Eetvelt che partecipi al Tour de France.

«Forse è troppo presto – prosegue – mi serve tempo. Solo se riuscirò a mettermi alla prova in gare a tappe più brevi di alto livello, deciderò se è possibile puntare alla classifica della Vuelta già quest’anno. Anche una vittoria di tappa non sarebbe male».

Il direttore generale del team è Stephane Heulot e si capisce dalle sue parole che rimarrebbe volentieri fedele al programma, ma lascia aperta una porticina sulla Francia.

«Ci atterremo a questo piano – dice – a meno che lo stesso Lennert non indichi di voler assolutamente partecipare al Tour. Ma non penso che sia una buona idea. Credo che possa arrivare tra i primi dieci alla Vuelta. Alcuni hanno riso quando l’ho detto alla presentazione della squadra, io lo ripeto e ora ne sono ancora più convinto. Non avrei pensato che potesse vincere il UAE Tour, ma ero certo sarebbe salito sul podio finale».

A Jebel Hafeet, Van Eetvelt vince come Pogacar, Adam Yates e Valverde
A Jebel Hafeet, Van Eetvelt vince come Pogacar, Adam Yates e Valverde

Strade Bianche, arrivo…

Van Eetvelt ha costruito la sua condizione a Tenerife, ma non dormendo sul Teide oltre i 2.000 metri, bensì restando al livello del mare, e ora punta alle classiche, a partire dalla Strade Bianche.

«Ho affittato una casa con William Lecerf Junior (neoprofessionista di Soudal Quick-Step, ndr) – ha detto a Het Nieuwsblad – così posso anche dormire nella tenda e simulare l’altura per tutto l’anno. In questo modo sono migliorato tanto e spero di potermi ripetere, pur consapevole che diventerà sempre più difficile. Ora aspetto Freccia e Liegi, ma anche la Strade Bianche. Non vedo l’ora di partecipare. L’anno scorso ero a casa per un infortunio, quest’anno ci sarò. E’ una corsa dura per tutto il giorno, mi piacerà certamente».

Il sistema Retul dei pro’: lo abbiamo provato anche noi

26.02.2024
7 min
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Il sistema Retul è alla base del posizionamento in bici adottato dai team, dai tecnici e dai corridori che usano le bici Specialized. Siamo stati a Milano, nelle sede di Specialized Italia per toccare con mano.

Grazie a Silvio Coatto, docente della Specialized University, siamo entrati nel cuore del sistema, con qualche curiosità e sovrapposizione di fitting tra professionisti ed amatori.

Silvio Coatto ci illustra il sistema Retul
Silvio Coatto ci illustra il sistema Retul
Definiamo il sistema Retul in poche parole!

Retul è un software+hardware di acquisizione dati del movimento 3D in bicicletta. E’ un tracciamento ottico basato su 8 marker e si basa sulla luce ad infrarossi emessa dai diodi, che sono gli emettitori di luce. I 4 filtri di vetro sulla parte anteriore della telecamera, chiamati Tracker, triangolano la posizione dei LED tridimensionalmente. Riassumendo, Retul è un sistema tecnologico che traccia e registra il movimento di un ciclista sulla bici. Questo software ci permette di valutare in diretta i cambiamenti e ci aiuta a migliorare performance e comfort in sella.

L’abbiamo definito un sistema “dinamico ed interattivo”
L’abbiamo definito un sistema “dinamico ed interattivo”
Quanto tempo è necessario per un posizionamento Retul?

Normalmente si parla di un paio d’ore, poi si consiglia sempre di fare un check di almeno mezz’ora dopo qualche uscita.

Si parla anche di plantari. Quanto influiscono nell’efficienza del gesto?

Molto, anche se è difficile fornire una percentuale riferita ad un giro in bici o ad un allenamento. Possiamo ragionare sul numero di pedalate moltiplicate per il tempo di un’uscita. Ad esempio, ad una media di 80 rpm e 3 ore di in bici, siamo a 14.400 spinte sui pedali. I piedi rischiano di essere molto stressati, per via anche di suole super rigide che hanno oggi le scarpe.

Quindi?

Quindi riuscire a distribuire il carico sul 100% della superficie del piede stesso aiuta a limitare al minimo questo stress, diminuendo la stanchezza e lasciando un po’ di energia da spendere in altre situazioni.

Ogni quanto si dovrebbe fare una valutazione biomeccanica complessiva?

Se non ci sono infortuni o problematiche recenti, la cosa migliore sarebbe farlo una volta all’anno.

Con il passare degli anni, cambia la nostra posizione sulla bicicletta?

Direi di sì, non viene stravolta chiaramente, ma la vita di tutti i giorni e la possibilità di potersi allenare di più o di meno possono portare a delle variazioni. Ad esempio, chi ha la possibilità di fare stretching in modo adeguato riesce ad allungarsi in modo maggiore. Chi ha sempre pedalato col tempo potrebbe procedere verso una posizione più comoda, mentre chi è meno esperto potrebbe andare verso una posizione più aggressiva perché migliora le sue doti di guida e magari ha ancora delle ottime doti muscolari/flessibilità.

In base alle tua esperienza e all’infinità di dati che hai a disposizione, quali sono le problematiche più comuni in fatto di posizionamento sulla bici?

Dando per scontato la taglia corretta della bicicletta, la sella è la base di tutto il lavoro che facciamo. Alcuni ciclisti la scelgono per estetica o non capiscono quanto incida sul loro modo di pedalare, andando ad influire negativamente sui movimenti. Altro problema, sempre legato all’estetica, è il fatto di non voler alzare il manubrio. In molti hanno la convinzione che il manubrio completamente ribassato sia sinonimo di aerodinamica ed efficienza

Invece?

Talvolta si estremizza e si ottiene il risultato opposto. Diverse persone pedalano in posizioni troppo vicine al loro limite di mobilità sul bacino, mettendo in crisi ginocchia, schiena, spalle e collo. Uno dei problemi più grandi da affrontare è l’emulazione al pari dell’estetica. Dal lato pratico e funzionale è meglio pensare ad essere ben posizionati in sella, il che significa anche meno problemi fisici.

L’analisi di un lato del corpo e poi del successivo
L’analisi di un lato del corpo e poi del successivo
Durante una valutazione Retul, c’è un passaggio tanto fondamentale, quanto più complicato rispetto agli altri?

Il sistema Retul rileva costantemente 38 dati, distanze e angoli. Tutti vanno sempre interpretati. Ci sono chiaramente dei range e si cerca di rimanere all’interno di essi. Direi che il passaggio fondamentale per il fitter è collegare la valutazione fisica fatta in precedenza con i valori visualizzati a video. E’ fondamentale capire “la causa” di un determinato valore in modo da trovare la soluzione.

Ci fai qualche esempio?

Un ginocchio può muoversi troppo lateralmente per colpa di una sella sbagliata, sella troppo alta, collasso piede e dell’avampiede, una differenza di lunghezza delle gambe, oppure delle tacchette posizionate male. Se non abbiamo fatto una buona valutazione fisica andiamo avanti a tentativi e rischiamo di amplificare il problema o di crearne uno nuovo. Il feedback del ciclista è molto importante ma, durante il fit, è abbastanza raro che sia preciso e sicuro, sempre meglio aspettare quello delle successive uscite su strada.

L’esperienza del fitter va di pari passo alla tecnologia fornita dal Retul
L’esperienza del fitter va di pari passo alla tecnologia fornita dal Retul
Nel post valutazione è necessario prendersi del tempo per capire la nuova posizione in bici ed eventualmente metabolizzarla?

Sì, soprattutto se i cambiamenti sono importanti ed eventualmente si può ragionare su due step. E’ fondamentale uscire limitando i carichi e dando al proprio corpo il tempo di adattarsi alla nuova posizione a al nuovo materiale. C’è anche chi parte a 1000 senza problemi e chi ha bisogno di un mese per adeguarsi.

Quindi Retul è un sistema che lascia spazio alla valutazione e all’esperienza del bike fitter?

Certo, moltissimo spazio al fitter. Retul è un attrezzo, tecnologico e molto preciso, ma sempre un attrezzo e non può valutare la condizione fisica del rider. La valutazione fisica è importante, ma il fitter deve anche ragionare su cosa andrà a fare il ciclista con quella bici e cosa fa nella vita di tutti i giorni, informazioni che può elaborare solo una persona.

Remco Evenepoel è uno degli atleti di punta di casa Specialized
Remco Evenepoel è uno degli atleti di punta di casa Specialized
Un argomento sempre attuale, posizione in bici di un pro’ vs amatore, cosa cambia?

Cambia solo ed esclusivamente la posizione del manubrio, lato sella direi niente. Anche se la tendenza è cambiata negli ultimi anni, vedi le posizioni crono molto più alte, i pro’ sono sempre più distesi e lunghi, più bassi, pur utilizzando anche degli spessori sopra la serie sterzo. Lasciando stare che sono più giovani e più performanti fisicamente, metterei in primo piano solo la qualità della loro vita. Hanno dei preparatori, disponibilità di materiali e conta anche la dieta che seguono. Mediamente beneficiano di una quantità maggiore di ore di sonno, fanno costantemente stretching e massaggi. Direi che sono aspetti che gli permettono di essere più aggressivi nella posizione in bici rispetto all’amatore medio che lavora 8 ore al giorno.

EDITORIALE / Bentornato Pozzovivo, meritavi più rispetto

26.02.2024
4 min
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Domenico Pozzovivo torna con la famiglia Reverberi per chiudere la carriera. Sembrava già da mesi la scelta più logica o comunque la più bella da raccontare, se qualcuno non riuscisse a vedere logica nel ritorno di un atleta che purtroppo negli ultimi anni non ha fatto passare occasione per finire in ospedale. Il fatto è che anche ai più scettici Domenico oppone test che parlano di 7 watt/kg davanti ai quali non ce la fa ad arrendersi.

Siamo felici per lui, che conosciamo da quando nel 2001 indossò la maglia della Zoccorinese iniziando a respirare il ciclismo dei piani alti. Il suo tecnico di allora, stupito per i numeri in salita, disse che il ragazzino della Basilicata fosse piuttosto indietro nello sviluppo e che lo avremmo visto davvero forte con qualche anno di ritardo rispetto ai coetanei. La sua longevità atletica si spiega anche così e con il duro lavoro cui Pozzovivo non si è mai sottratto. Forse per questo, pur felici, pensiamo che un uomo con la sua storia meritasse più rispetto.

Pozzovivo ha corso con Reverberi dal 2005 al 2012 (nella foto) quando vinse una tappa al Giro
Pozzovivo ha corso con Reverberi dal 2005 al 2012 (nella foto) quando vinse una tappa al Giro

Un posto in meno

Pozzovivo ha firmato il contratto pochi giorni fa e potrebbe debuttare alla Tirreno-Adriatico, inserendosi nella VF Group-Bardiani-CSF-Faizanè di giovani che la famiglia Reverberi cresce da qualche anno fra alti e bassi. Facile immaginare, mettendosi nei loro panni, che uno di quei ragazzi sarà lasciato a casa per far correre l’esperto lucano con cui non ha condiviso neppure una colazione e un allenamento. Stesso discorso per il Giro d’Italia, che per molti costituisce il sogno di una vita.

Intendiamoci: in tutte le squadre il posto per le grandi corse va meritato e questo prevede anche togliersi il cappello davanti all’atleta più esperto che ti insegna il mestiere e va più forte di te. Ebbene, a Pozzovivo e ai suoi giovani compagni di classe il confronto è stato negato, in nome di una visione troppo rigida o forse persino avara.

Di questo tema abbiamo parlato più volte. Prima con Raimondo Scimone, che cura gli interessi del corridore. Poi con Roberto Reverberi, che prima o poi raccoglierà il testimone da suo padre Bruno. Inserire Pozzovivo in squadra da novembre avrebbe significato permettergli di conoscere i compagni e avrebbe offerto ai ragazzi più giovani il punto di vista sulla sua professionalità senza pari. Invece si è preferito tirarla per le lunghe, regalando a Pozzovivo l’ennesima partenza ad handicap della carriera. L’uomo è camaleontico e starà già messaggiando con i nuovi compagni, ma ancora una volta per cavarsela in una situazione di rincorsa.

Il contratto è dignitoso. I soldi non sono tanti, ma neppure pochi per una squadra che, malgrado le premesse, ha vissuto l’infelice sponsorizzazione con Green Project. E poi i soldi non sono tutto davanti a una sfida come quella di Domenico. Il rispetto però è un’altra cosa.

Al Giro del 2022, l’ultimo concluso e corso con la Intermarché, Pozzovivo si piazzò all’ottavo posto
Al Giro del 2022, l’ultimo concluso e corso con la Intermarché, Pozzovivo si piazzò all’ottavo posto

L’occasione sprecata

A Pellizzari e Pinarello avrebbe fatto un gran bene sentirlo parlare, osservarlo, allenarsi con lui in Spagna, anche se Pozzovivo non è il più grande dei chiacchieroni e nella sua carriera recente ha sempre preferito la vita dell’asceta a quella di gruppo. Coinvolgendolo per tempo, lo si sarebbe potuto investire della responsabilità di stare vicino ai più giovani e offrire loro un esempio. Con tutto il rispetto per i corridori coinvolti, la sua motivazione è ben superiore a quella di Modolo e Battaglin che negli ultimi tre anni sono rientrati nella squadra con esiti diversi da quelli sperati.

«Per una squadra come la nostra – ci rispose un mese fa Roberto Reverberi – averlo potrebbe essere utile. Potrebbe curare la classifica e permetterci di avere l’ammiraglia più avanti. Però con la politica dei giovani che ci siamo dati, non avrebbe senso prenderlo, anche se è un grande professionista e va ancora forte. Preferiamo dare spazio a un giovane, che magari trova il giorno giusto, si fa vedere e fa parlare di sé e della squadra».

La sensazione è che qualcuno in squadra ci credesse e qualcun altro no. Nel tira e molla è finito il corridore, che al momento di dare l’annuncio si trovava sul Teide senza alcuna certezza di avere ancora una maglia per il 2024 (in apertura, foto VF Group-Bardiani). La sua unica certezza era ed è sempre stata quella di essere ancora un corridore.

Juniores, 7 giorni al via: con Scinto sul percorso del GP Baronti

26.02.2024
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SAN BARONTO – Ancora una settimana e domenica prossima scatterà anche la stagione dell’ultima categoria internazionale. Dopo i professionisti e gli under 23 infatti è la volta degli juniores. Partiranno dalla Toscana, più precisamente da Cerbaia di Lamporecchio, Pistoia, con il Gran Premio Giuliano Baronti.

Qui siamo in uno dei cuori ciclistici della regione. E il GP Baronti è dedicato ad un super appassionato di ciclismo, appunto Giuliano Baronti, scomparso nell’agosto del 2022, noto nel mondo del pedale come Neri Sottoli. Per anni ha sponsorizzato, e lo fa ancora, diverse squadre anche professionistiche.

Una foto al monumento dei ciclisti davanti a San Baronto. Qui, Scinto con due suoi ragazzi, Pavi Dell’Innocenti e Buti
Una foto al monumento dei ciclisti davanti a San Baronto. Qui, Scinto con due suoi ragazzi, Pavi Dell’Innocenti e Buti

Baronti nel cuore

Ad organizzare la gara è il Team Franco Ballerini, guidato da Luca Scinto. Siamo a Lamporecchio e questo era il “confine” tra Visconti, a San Baronto, e Nibali, a Mastromarco.

«L’idea di fare una corsa – racconta Scinto – già c’era, poi dopo la morte di Giuliano, i figli Alessio e Stefano volevano in qualche modo continuare l’opera del padre. A quel punto sono stato io a proporre una corsa di più alto livello, una corsa nazionale. E infatti il prossimo 3 marzo è da qui che si aprirà la stagione della categoria juniores».

Insomma, una piccola storia di passione ciclistica. Di rinascita, di tradizioni che vanno avanti.

«Vengono i team più importanti. Ci sono 198 iscritti. Non faremo pagare la tassa dei 5 euro, anche se va detto che questa norma non vale per le corse nazionali, ma non l’avremmo fatta pagare ugualmente. Potranno mangiare sia i ragazzi che gli accompagnatori. In più abbiamo previsto una sintesi su Radio Corsa, la trasmissione di Rai Sport del giovedì».

Tredici giri più uno

Proprio con Luca Scinto e due dei suoi ragazzi, siamo andati alla scoperta del percorso. Si tratta di un tracciato equilibrato. Non duro, ma che non regala nulla. In tutto 121 chilometri, in linea con gli standard attuali della categoria. E’ prevalentemente pianeggiante, poi nel finale si affronta una salita di 4 chilometri, prima di planare di nuovo su Cerbaia di Lamporecchio. 

«La salita l’abbiamo inserita nel finale – va avanti Scinto – così che tutti i ragazzi possano finire la corsa, mettere chilometri giusti nelle gambe. E prendere fiducia. A quel punto poi anche se si staccheranno, potranno di passo andare al traguardo che, ricordo, così come la partenza, è davanti la sede di Neri Sottoli».

Il GP Giuliano Baronti si articola su 14 giri in totale: 13 in pianura, lungo un anello di 8 chilometri, e uno di 17 chilometri che comprende anche la scalata e la discesa.

L’anello in basso è pianeggiante. Non è assolutamente difficile, ma è sempre ondulato. Le strade sono ampie, l’asfalto buono e le curve non sono affatto pericolose. Ce n’è solo una che è più secca e più stretta. Si tratta di una svolta a destra nella quale si arriverà abbastanza veloci, dopo un rettilineo. Ma nulla di pericoloso. E poi dopo la prima tornata i ragazzi l’avranno memorizzata.

Salita a San Baronto

Ma se l’anello in basso non riserva grosse peculiarità tecniche, per quello finale il discorso cambia.

«Per la salita – spiega Scinto – abbiamo scelto il versante di San Baronto noto come il Frantoio, che si attacca da località Centocampi e passa per San Giugnano».

Dalla curva (a sinistra) di Centocampi alla vetta ci sono 4,4 chilometri. Le prime centinaia di metri sono in falsopiano, praticamente pianura. Terminato il falsopiano, si passa man mano al 4, 5, 6 e 7 per cento. E per un po’ resta così.

A circa metà scalata, all’uscita da un tratto boscoso, ecco la zona dei tornanti. Sono tre in successione ravvicinati. Carreggiata stretta e pendenza del 12 per cento. Questo tratto misura più o meno 500 metri. 

Degli uliveti annunciano la fine del tratto duro. Poi la pendenza crolla, fino a diventare pianura per 150 metri. Di nuovo gli ultimi 4-500 metri sono al 4-7 per cento. Lo scollinamento è precisamente davanti alla vecchia Chiesa di San Baronto.

E’ una salita impegnativa, ma non impossibile. «Non so neanche io – dice Scinto – quante volte l’abbia fatta da atleta. Proprio nel tratto in cui spiana scoppiava la bagarre con Sorensen, Sciandri e Ballerini. Si metteva su il rapporto lungo e si menava forte. Il pezzetto finale mi dava noia, ma si faceva una grande gamba.

«Sempre su questa salita, qualche anno dopo, quando il “Ballero” era cittì, gli chiesi quante possibilità avessi di far parte della nazionale di Zolder. Lui mi rispose: “Tu al 60 per cento, ma motivato per fare un certo lavoro, vali più di molti altri, Luca”. Fu una carica incredibile per allenarmi al meglio e non deluderlo. E infatti in quel mondiale andai fortissimo».

Verso l’arrivo

Dopo aver scollinato a San Baronto, inizia la picchiata verso Lamporecchio, planata lunga 3,8 chilometri. E’ una strada larga. L’asfalto è ottimo e non mancano le curve, quasi sempre ampie e con ottima visibilità.

«E’ qui che transita anche il Gp di Larciano dei pro’ e proprio lungo questa discesa (in un tratto rettilineo, ndr) Matej Mohoric ha stabilito la velocità record di 107 all’ora».

Una volta ritornati in pianura restano circa 3 chilometri prima dell’arrivo. Le difficoltà altimetriche sono terminate, ma occhio al finale. L’ultimo chilometro, tende impercettibilmente a salire: la scelta del rapporto giusto potrebbe essere quantomai determinante.

Ai 500 metri c’è una rotatoria. E’ l’ultima curva. Da lì con una pendenza forse dell’uno per cento si va all’arrivo del Gran Premio Baronti. Si percorrono questi 500 metri finali in senso opposto alla partenza.

La Trek di Milan per il Nord ce la racconta Mauro Adobati

26.02.2024
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L’opening weekend è ormai alle spalle, la stagione del Nord è appena iniziata e nelle prossime settimane sulle strade di lassù si daranno battaglia tanti nomi importanti. I dettagli contano molto, tutto deve essere curato e niente va lasciato al caso. Se ad ogni cavaliere corrisponde un cavallo, anche i corridori hanno il loro destriero in carbonio: le loro bici. Per vincere il freddo, il pavé, i muri e tutti gli ostacoli delle corse del Nord è necessario avere i materiali giusti

Dalla Omloop Het Nieuwsblad di sabato, fino alla Roubaix e anche oltre: le gare da queste parti sono tante e ognuna ha le sue insidie. Uno dei nomi di spicco per il ciclismo italiano a queste latitudini sarà quello di Jonathan Milan. Intorno a lui girano tante domande, non ultima quella sulle scelte tecniche fatte in ottica classiche del Nord. 

Madone o Domane?

Il gigante friulano, passato dalla Bahrain Victorious alla Lidl-Trek ha cambiato bici. Ora per correre sulle pietre potrà contare sulla Madone e sulla Domane: insieme a Mauro Adobati, capo dei meccanici del team americano, parliamo delle scelte fatte da Milan. Lui stesso ci aveva parlato di alcuni test fatti proprio sulle strade della Roubaix, volti a cercare i materiali migliori. All’inizio della stagione del Nord cerchiamo di capire che scelte sono state effettuate.

«Il test per la Roubaix – ci dice Adobati – Milan lo ha fatto con la Madone. Ormai con la nuova versione di questa bici si può pedalare tranquillamente sulle pietre. Grazie all’inserimento dell’IsoFlow le vibrazioni non sono più un problema. Tutti i ragazzi, Milan compreso, hanno corso l’opening weekend con questo modello. L’unico motivo per cui si potrebbe scegliere di usare la Domane, e si parla solo della Roubaix, è la pioggia. Il passaggio ruote in questa bici è maggiore e si possono montare copertoni da 32 millimetri senza problemi».

Milan per le prime gare Nord ha scelto tubolari da 30 millimetri
Milan per le prime gare Nord ha scelto tubolari da 30 millimetri

Profili alti e tubolari

Le scelte tecniche sono sempre qualcosa di personale, i test servono alle aziende, vero, ma risultano ancora più utili ai corridori. Ogni momento è buono per capire, cambiare e correggere. Nella mattinata di venerdì, Milan ha pedalato sulle strade della Omloop Het Nieuwsblad alla ricerca delle ultime conferme

«In queste gare – continua Adobati – Milan ha scelto di usare ruote a profilo alto, potrebbe optare per un 51 millimetri. Mentre, per quanto riguarda i copertoni, per la Het Nieuwsblad ha optato per dei tubolari da 30 millimetri. Il tubeless è stato accantonato perché con colpi secchi un po’ d’aria esce sempre, rischiando di perdere anche 2 atmosfere tra inizio e fine gara. Questa scelta viene fatta soprattutto da corridori della stazza di Milan.

«Per la Roubaix vedremo cosa si sceglierà, il profilo scelto per le ruote potrebbe alzarsi a 61 millimetri. Si tratta di una corsa piatta, dove servono molta velocità e anche tanta stabilità. Probabilmente, anche per correre all’Inferno del Nord, Milan potrebbe decidere di montare i tubolari». 

Milan utilizza il nastro manubrio da cronometro, più sottile rispetto al classico da strada
Milan utilizza il nastro manubrio da cronometro, più sottile rispetto al classico da strada

Nastro manubrio e sella

I punti di appoggio più delicati per un ciclista sono la sella e il manubrio. Il comfort sulle pietre diventa quasi un’utopia, ma le scelte tecniche devono portare alla migliore soluzione. 

«Milan – ci spiega Adobati – preferisce usare il nastro manubrio più sottile, quello da cronometro. Lo ha usato anche per queste prime gare in Belgio e probabilmente pure per la Roubaix. Dice che un nastro più sottile gli dà una maggiore sensibilità e più sicurezza nel guidare la bici. Come sella utilizza la Aeolus RSL con larghezza da 145 millimetri, ovvero la taglia media».

Milan utilizza all’anteriore le corone da 54 e 41 denti, il pacco pignone ha scala 10-33
Milan utilizza all’anteriore le corone da 54 e 41 denti, alla Roubaix potrebbe optare per il monocorona da 54

Infine il gruppo

Uno dei cambiamenti più importanti per Milan è stato passare da Shimano a SRAM. L’azienda americana utilizza dei pacchi pignoni con corone differenti, spesso dispari, ma a detta di Adobati questo non è stato un grande problema. 

«Alla Omloop Het Nieuwsblad e alla Kuurne – racconta il meccanico – Jonathan ha usato un 54-41 davanti. Mentre al posteriore il pacco pignoni è stato un 10-33. A mio modo di vedere non ha avuto necessità di grandi adattamenti, comunque con Shimano dietro usava il 30. Mettere 3 denti in più dietro permette di avere grande libertà, in futuro potremmo vedere corone sempre più grandi davanti. Con un 54-41 si evitano grandi salti e la catena ha meno probabilità di cadere».

«L’unica modifica per la Roubaix, da questo punto di vista, potrebbe essere la scelta di un monocorona davanti. Si monterebbe un 54, con al posteriore una cassetta 10-33. In una corsa del genere togliere il deragliatore potrebbe tornare utile».

Van Aert e Vingegaard, la vittoria resta in famiglia

25.02.2024
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Nonostante fra loro ci fossero 1.800 chilometri, Jonas Vingegaard e Wout Van Aert hanno dato un senso compiuto alla domenica e più in generale al weekend della Visma-Lease a Bike. Dopo la tripletta di ieri, con Vingegaard in Spagna più Tratnik e Marianne Vos alla Het Nieuwsblad, oggi è stata la volta nuovamente del danese e del gigante belga che ha trionfato nella Kuurne-Bruxelles-Kuurne. E se ieri alle spalle di Tratnink era finito Nils Politt, questa volta è toccato a Tim Wellens, anche lui del UAE Team Emirates.

Vingegaard ha detto che avendo già perso Roglic, al Tour sentirà la mancanza di Van Aert. Non c’è dubbio che la convinzione sia oggi ancor più radicata.

Wellens è in ottima forma: il suo forcing sui muri si è fatto sentire
Wellens è in ottima forma: il suo forcing sui muri si è fatto sentire

Selezione inattesa

Van Aert non aveva mai corso la Kuurne-Bruxelles-Kuurne, cosa che sembra surreale parlando di un corridore belga. Il podio di ieri lo aveva gratificato per la vittoria del compagno Tratnik, ma certo avendo fatto tutta la preparazione finalizzata alle classiche, un po’ gli era seccato non vincere l’apertura.

«E’ una vittoria molto bella – ha detto Van Aert nell’intervista flash nella zona mista – è davvero bello, perché è stata una gara dura. Con Wellens e Lazkano avevo due buoni compagni di avventura e grazie al vento a favore sapevo che i più forti sarebbero rimasti tagliati fuori finita la zona dei muri. Non ho avuto neppure bisogno di voltarmi, ho sentito che dietro di me il gruppo iniziava a lacerarsi, ma siamo rimasti molto meno di quanto mi aspettassi».

Mentre Lazkano era a corto di gambe, la volata di Van Aert con Wellens è stata tirata: duello belga
Mentre Lazkano era a corto di gambe, la volata di Van Aert con Wellens è stata tirata: duello belga

Strade e Sanremo, au revoir

Il belga ora partirà per un ritiro in altura e tornerà in gruppo soltanto alla E3 Saxo Classic di Harelbeke, saltando quindi la Strade Bianche e anche la Sanremo. La sensazione che il Fiandre e la Roubaix si stiano trasformando in ossessione si fa largo.

«Sapevo che era possibile controllare il finale – ha spiegato Van Aert – e quando Laurence Pithie (corridore della Groupama-Fdj, ndr) si è staccato, dopo che aveva fatto il furbo non tirando, ho pensato che fosse meglio andare via in tre. Sarebbe stato più difficile per due soli sorprendermi, per questo ho deciso di andare. Negli ultimi chilometri ho corso con molta attenzione e avevo molta fiducia nel mio sprint. E’ stato un ottimo modo per aprire la stagione delle classiche e ovviamente dà molta fiducia. Era il mio primo tentativo a Kuurne e ho fatto centro subito. Questa gara è ovviamente molto diversa dalle classiche che verranno. Ora è il momento di aggiungere il poco che manca e vincere una Monumento».

O Gran Camino: l’attacco finale di Vingegaard gli ha consegnato l’ultima tappa, ma Martinez non ha mollato
O Gran Camino: l’attacco finale di Vingegaard gli ha consegnato l’ultima tappa, ma Martinez non ha mollato

Il tris di Vingegaard

Questa mattina, nella partenza dalla cittadina di Ponteaeras, Vingegaard sembrava rilassato. Si avviava all’ultima tappa con un buon vantaggio, dato che i due numeri di ieri e di venerdì avevano praticamente messo in cassaforte la vittoria finale. Solo il tempo poteva mettere i bastoni tra le ruote. E infatti la tappa, che sarebbe dovuta finire a Monte Aloia è stata abbreviata a causa delle avverse condizioni meteorologiche.

Si sarebbe dovuta fare la salita finale per due volte, ma l’organizzazione ha deciso di cambiare subito. E alla fine è stato ancora Vingegaard a vincere. Solo che prima di esultare ha dovuto fare i conti con Lenny Martinez, un cucciolo di campione che spinge davvero forte.

«Sono molto soddisfatto della settimana trascorsa – ha detto Vingegaard – tutti hanno fatto un lavoro fantastico. Con tre vittorie di tappa e la classifica possiamo parlare di una O Gran Camino quasi perfetta. L’unica cosa meno positiva è stata il meteo. E’ davvero un peccato dover finire in queste condizioni atmosferiche difficili».

Contrariamente al compagno belga, Vingegaard farà ora rotta sull’Italia. Il suo programma di gare a tappe di qui al Tour prevede la Tiirreno-Adriatico, il Giro dei Paesi Baschi e il Delfinato.

Si comincia sul pavé e Colnago prepara le bici per la guerra

25.02.2024
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Il pavé è da sempre il banco di prova per uomini e mezzi, esigente e massacrante, affascinante e in grado di cambiare la carriera di un atleta (e di una bicicletta).

Le biciclette saranno diverse tra le pietre del Fiandre e quelle della Roubaix? Quanto tempo prima vengono stilate le note tecniche del mezzo? Nei giorni scorsi, Baroncini ci aveva spiegato le differenze sulla sua bici per il Fiandre e la Roubaix. Abbiamo posto questi ed altri quesiti ad Alberto Chiesa, responsabile dello staff dei meccanici del UAE Team Emirates.

La bici di Baroncini in gara alla Omloop Het Nieuwsblad (foto UAE Team Emirates)
La bici di Baroncini in gara alla Omloop Het Nieuwsblad (foto UAE Team Emirates)
Stessa bici per il pavé del Fiandre e quello della Roubaix?

Sì, la bici sarà la stessa e sempre la Colnago V4Rs. Anzi, per essere precisi in occasione del pavé cambieremo la forcella, ma il telaio rimarrà quello.

Una forcella nuova?

Una forcella che Colnago appositamente per queste gare, con una luce maggiore nella zona del passaggio ruota. Questo per dare una tolleranza più ampia quando monteremo le gomme da 32 millimetri.

Il frame-kit V4Rs non cambia tra Fiandre e Roubaix
Il frame-kit V4Rs non cambia tra Fiandre e Roubaix
Userete sempre gli pneumatici da 32 millimetri?

Normalmente 32 per la Roubaix e 30 per il Fiandre, tubeless Continental.

Rispetto agli standard, pensate di aumentare la quantità di liquido nel tubeless?

No, rimarremo con i nostri standard che si aggirano intorno ai 40 millilitri per ogni pneumatico. Nell’ottica del pavé il liquido serve principalmente per bloccare la gomma al cerchio. Certo, funge anche per chiudere l’eventuale foro che si può aprire nella gomma, ma nella maggior parte dei casi, sul pavé si buca e si perde pressione perché si spacca il cerchio. Soprattutto alla Roubaix.

Che pressioni useranno?

Intorno alle 3,5 atmosfere, ma in questo caso le variabili sono legate anche al meteo, quindi si lavorerà anche nei momenti a ridosso della partenza. Abbiamo provato e stiamo provando diverse soluzioni. Posso dire che alla Roubaix si scende leggermente con la pressione dei tubeless, rispetto al Fiandre.

Quando siete partiti a fare le prove tecniche in vista del pavé?

Sul campo, con le varie ricognizioni dei corridori deputati a fare la campagna del nord, di solito partiamo almeno con due mesi di anticipo. Il primo sopraluogo è stato fatto circa 20 giorni fa.

Politt e Baroncini, nella recente ricognizione sul pavé (foto UAE Team Emirates)
Politt e Baroncini, nella recente ricognizione sul pavé (foto UAE Team Emirates)
Le prove servono anche per adeguare i rapporti che useranno i corridori?

I nostri useranno la doppia corona anteriore 54-40. Due le combinazioni per i pignoni, 11-30 per la Roubaix, 11-34 per il Fiandre. Cambierà la scelta del componente, perché i corridori possono scegliere tra le corone Carbon-Ti e quelle standard Shimano. Chi ha in dotazione Carbon-Ti, ad esempio Wellens, continuerà ad usarle anche sul pavé.

E invece per quanto riguarda i dischi dei freni?

Tutti con il 160 anteriore e 140 posteriore, solo Carbon-Ti.

Dischi Carbon-Ti per tutti i corridori (foto UAE Team Emirates)
Dischi Carbon-Ti per tutti i corridori (foto UAE Team Emirates)
Ci saranno corridori che cambieranno il setting del mezzo?

Ormai la posizione rimane quella, per le gare normali e per il pavé. L’unica variabile in ottica pietre è legata al doppio nastro sul manubrio, oppure all’inserimento del gel, che qualche corridore chiede e al fatto che il manubrio viene nastrato completamente anche nella parte superiore orizzontale.

Ci sono corridori che usano i comandi satellitari nella parte orizzontale del manubrio?

Si, ci sono degli atleti che chiedono i tasti sotto la parte orizzontale. Molto richiesti da quei corridori che portano le mani nella parte alta quando pedalano sulle pietre.