L’altro Martinez, un falco sul Giro d’Italia

29.02.2024
4 min
Salva

In questo 2024 è stato l’unico ad essere riuscito a battere Remco Evenepoel. Parliamo di Daniel “Dani” Martinez, fresco acquisto della Bora-Hansgrohe. Per ben due volte le ha date sui denti al fuoriclasse belga. Due legnate in altrettanti finali in salita, dandogli anche qualche piccolo secondo di distacco, non solo quindi con uno sprint più rapido. Ma quel che più conta è che in precedenza Martinez non si era fatto staccare da Evenepoel.

Il colombiano sarà una delle punte del team tedesco al Giro d’Italia e dopo queste prestazioni i riflettori saranno accesi anche su di lui in altro modo. Magari dopo averle date a Remco, potrebbe riservare qualche sorpresina anche a Pogacar.

L’immagine simbolo di Martinez sin qui, era quella al fianco di Bernal nel giorno di Sega di Ala al Giro 2021, quando incitava il suo capitano oltre a scandirgli il passo sulla terribile salita veronese.

Enrico Gasparotto si è ritrovato così un altro campione in squadra. Non solo Primoz Roglic. Con il diesse friulano/svizzero della Bora-Hansgrohe abbiamo fatto un punto della situazione relativo proprio a Martinez.

Daniel Martinez (classe 1996) è alto 172 cm per 62 chili. Ottimo scalatore, è anche un discreto cronoman: ha vinto il titolo nazionale
Martinez (classe 1996) è alto 172 cm per 62 chili. Ottimo scalatore, è anche un discreto cronoman: ha vinto il titolo nazionale
Enrico, insomma un bel colpo in Algarve…

Direi che Martinez va veramente forte e lo ha dimostrato sul campo. Queste in Europa erano le prime gare che faceva con noi. Aveva preso parte ai campionati colombiani doveva aveva aiutato Sergio (Higuita, ndr) a vincere.

Sembrava più avanti di condizione.

Ha ripreso ad ottobre, in quanto in precedenza stava recuperando dall’infortunio. Si era rotto la mano. Poi è rimasto sempre a casa. Anche per questo si era ben riposato e così ha iniziato prima, era in condizione per i campionati nazionali e per questa prima parte di stagione. Ha passato un buon inverno.

Tra l’altro stando a casa, faceva anche altura… Tu, Enrico, quando lo hai visto la prima volta?

L’ho visto solo nel camp di dicembre. A gennaio i colombiani sono rimasti a casa, appunto in altura. Credo poi sia bello anche per lui passare dei momenti nelle sue terre. Tra la sua gente. Ho trovato un ragazzo solido, con tanta grinta, bravo e che sa leggere la corsa. Dani si sa muovere bene nel finale.

Martinez è approdato quest’anno alla Bora-Hansgrohe. Subito ottimo il feeling coi compagni
Martinez è approdato quest’anno alla Bora-Hansgrohe. Subito ottimo il feeling coi compagni
Cosa ti ha colpito di questo ragazzo?

Una cosa che mi ha sempre colpito di Dani è che nonostante le sue qualità da vincente, sa lavorare bene per i compagni. Non tutti hanno questa dote. O quantomeno non è così scontata. E’ stato fantastico vederlo coi compagni a Murcia, Almeria… le primissime corse in Bora-Hansgrohe. In questi anni che l’ho seguito, mi è sembrato che sapesse toccare bene il limite e andare oltre. E poi è veloce nei finali.

Ora quale sarà il suo calendario?

Farà la Strade Bianche e valutiamo la Tirreno (che ormai sembra cosa certa: è nelle liste, ndr). Poi vediamo, ma credo tornerà a casa in Colombia a prepararsi.

Abbiamo visto che è selezionato per il Giro d’Italia?

Quello è l’obiettivo dal primo giorno in cui è arrivato da noi. Non abbiamo mai avuto l’intenzione di portarlo al Tour con Vlasov, Hindley e Roglic perché Martinez può fare bene al Giro. Per Dani appunto e per Kamna è una grande opportunità.

Però, decisi! E come state pianificando la missione rosa?

Abbiamo già fissato delle ricognizioni in occasione della Strade Bianche per visionare la tappa degli sterrati e nel periodo intorno alla Tirreno andremo a vedere altre tappe. Ottimizziamo la sua permanenza in Europa. E anche io non sono certo stato fermo in questi mesi. 

Qui, il primo dei due trionfi in Algarve davanti a Remco
Qui, il primo dei due trionfi in Algarve davanti a Remco
Come lo hai visto nei panni del leader? In fin dei conti lui è sempre stato più gregario che capitano…

Alla Ineos Grenadiers erano tanti galletti e nonostante ciò in qualche occasione ha avuto il suo spazio. Lavorando per loro ha certamente imparato molto e a sua volta può insegnare agli altri che dovranno aiutarlo. Poi le qualità del leader alla fine te le danno i risultati che ottieni su strada, quando riesci a concludere il lavoro del team. Come è successo in Algarve.

I fatti contano più di tutto…

Tornavo giusto da questa corsa, l’Algarve, con Pippo (Ganna, ndr) e in aereo lui mi diceva che le tappe dure in particolare (quelle che ha vinto Martinez, ndr) sono state affrontare con intensità, ritmi e tattiche da Tour. E noi della Bora-Hansgrohe le abbiamo prese di petto. Dani era la punta, non è stato semplice, ma ci siamo riusciti. Per me dunque quello del capitano non era un ruolo del tutto nuovo per lui.

Enrico, abbiamo visto che Martinez è già in forma, ma per arrivare al Giro è ancora lunga. Avete previsto due picchi di condizione? O sarà un crescendo costante?

Fra un po’ tornerà in Colombia e lì si preparerà bene. Dani è molto bravo ad allenarsi a casa. Ha dimostrato di saper entrare facilmente in condizione. Meglio essere freschi e non correre troppo. E lo testimonia il fatto che abbia battuto proprio Remco senza troppe gare.

Su Laigueglia la furia di Martinez, ma Vendrame era lì

28.02.2024
4 min
Salva

La scena è netta, poco da inventare. Lenny Martinez sta per scollinare il Capo Mele e poi piomberà sul traguardo del Trofeo Laigueglia. Alle sue spalle gli inseguitori si sono rimpastati, ma ormai è tardi. Ci ha provato Christen a inseguirlo, dopo aver tirato come un ossesso prima sul Colla Micheri per fare la selezione. E forse in quel suo inseguire generoso e potente c’è tutta l’ingenuità dei 19 anni. Il gruppetto alle sue spalle, in cui viaggiava Vendrame poi secondo all’arrivo, avrebbe potuto rendere tutto più semplice, ma ormai è tardi.

«Con la giusta collaborazione – dice il veneto – lo avremmo potuto riprendere. Ma è chiaro che non tutti avrebbero tirato. Sono abbastanza sicuro che i direttori sportivi degli altri compagni di fuga a un certo punto abbiano detto di non collaborare perché c’ero io. Lo sapevano che ero il più veloce e avranno pensato di potersela giocare diversamente».

Seconda vittoria stagionale per Martinez e seconda piazza d’onore per Vendrame a Laigueglia
Seconda vittoria stagionale per Martinez e seconda piazza d’onore per Vendrame a Laigueglia

Secondo colpo

Il pomeriggio galoppa verso l’imbrunire, Laigueglia è la solita festa di ciclismo con la lettera maiuscola. Lenny Martinez ha appena finito di abbracciare i compagni che hanno raggiunto l’arrivo alla spicciolata. Il folletto della Groupama-FDJ cresce alla velocità della luce. E se fino allo scorso anno la sua era quasi una posizione di sudditanza rispetto a Gregoire, ora la sensazione è che i due siano molto più vicini e che Lenny spicchi per concretezza. La vittoria alla Classic du Var dice che durante l’inverno ha lavorato bene, ma la stoccata che ha mollato oggi al secondo passaggio su Colla Micheri è di qualità ancora superiore. L’azione giusta l’aveva portata via Vendrame e quando l’ha visto nel gruppetto, anche il veneto della Decathlon-Ag2R si è messo le mani nei capelli.

«Eravamo due della mia squadra nel vivo della corsa – dice Martinez – e sapevamo che la UAE Emirates era molto forte lì davanti. Io sto bene e tatticamente non abbiamo sbagliato nulla. Ho attaccato anche perché mi preoccupava la presenza di Christen che è un forte passista. E’ andata bene e con soddisfazione sono riuscito ad arrivare fino al traguardo».

Lenny Martinez ha fatto la differenza sulla seconda scalata di Colla Micheri
Lenny Martinez ha fatto la differenza sulla seconda scalata di Colla Micheri

Le carte a posto

Vendrame non sa se disperarsi o farsene una ragione. Le statistiche che lo vogliono per la seconda volta secondo a Laigueglia sono spietate, ma la sensazione che al momento domina nella mente di Andrea è quella di aver fatto la selezione, correndo nel modo giusto. Di più in salita contro Martinez non poteva.

«Ne aveva di più – ammette – e ha giocato le sue carte sul terreno più adatto. Io ho sfruttato al massimo le mie ed è vero che quando l’ho visto, ho pensato che sarebbe stata dura. Però alla fine fra mangiarmi le mani ed essere soddisfatto, diciamo che sto a metà. Sono arrivato con poche corse a causa della cancellazione della Ruta del Sol, quindi non sapevo cosa aspettarmi. Avevo buone sensazioni. Il preparatore mi aveva mostrato buoni numeri. E adesso ho la consapevolezza di stare bene. Per questo mi approccio alle prossime corse come Strade Bianche, Tirreno e Sanremo con il morale alto».

A Laigueglia, nella volata per il secondo posto, Vendrame precede Ayuso e Scaroni
Nella volata per il secondo posto, Vendrame precede Ayuso e Scaroni

Questione di feeling

Ed è alto anche il morale di altri azzurri, che pure avrebbero voluto lasciare maggiormente il segno. La salita si è dimostrata sempre amica di Filippo Zana e di Davide De Pretto, mentre si è visto chiaramente uno Scaroni molto determinato in tutte le fasi di gara. Ma l’entusiasmo è quello ancora di Vendrame, che sintetizza così l’ottimo momento della squa squadra, che con O’Connor e Cosnefroy ha già colto quattro vittorie e qui a Laigueglia aveva vinto lo scorso anno con Nans Peters.

«Tutte le sensazioni positive per i nuovi materiali – conferma Vendrame – stanno trovando conferma nelle corse. Non è per caso che in squadra ci sia questo dinamismo e tanta voglia di fare le cose per bene. Si respira quest’aria buona da inizio stagione. Perciò ora che ci penso, la sapete una cosa? Mi girano le scatole, perché fare secondo per due volte un po’ scoccia. Mi consolo sapendo che ho dato tutto, di più oggi davvero non potevo. Avete sentito che freddo? Per fortuna non ha piovuto come l’anno scorso…».

I primi mesi di Finn alla Grenke Auto Eder: un mondo nuovo

28.02.2024
4 min
Salva

MANERBA DEL GARDA – Lorenzo Mark Finn ci accoglie con una felpa grigia e un sorriso timido all’interno dell’Enjoy Garda Hotel. Il giovanissimo ligure si trova qui con la sua squadra: la Grenke Auto Eder, team juniores satellite della Bora-Hansgrohe. Finn è stato il primo ragazzo italiano della sua categoria a lasciare l’Italia per andare a correre all’estero. Una scelta nuova, diversa, e che ha sollevato diverse domande e qualche dubbio. Abbiamo già sentito la sua voce quando è stato il momento di spiegare il motivo di questa scelta, ora vogliamo sapere come sta andando

Finn si siede e racconta i primi mesi alla Grenke Auto Eder
Finn si siede e racconta i primi mesi alla Grenke Auto Eder

Una squadra internazionale

La Grenke Auto Eder, nonostante sia un team juniores, ha una grande impronta internazionale. Il team è tedesco, ma i suoi ragazzi arrivano da tutta Europa.

«Sta andando molto bene – ci racconta mentre siamo seduti sui divanetti della hall – la squadra è composta da tante nazionalità. Su 8 corridori ci sono rappresentate 7 Nazioni differenti. Parliamo tutti inglese molto bene e quindi non ci sono problemi a livello comunicativo, nemmeno con lo staff».

Questi primi mesi come sono andati?

Stiamo lavorando da tutto l’inverno, questo ritiro finale è per preparare le gare e l’inizio della stagione. Sarà abbastanza duro, finiremo il 3 marzo e da lì a due settimane inizieremo a correre.

Rispetto all’anno scorso c’è stato qualche cambiamento?

Sto lavorando tanto sugli sprint e la forza in palestra, cosa che mi mancava. Abbiamo messo nelle gambe anche tanto fondo, soprattutto in vista degli anni futuri, per sviluppare al meglio il motore. Le ore di allenamento sono aumentate, ma il corpo risponde bene, quindi non lo trovo pesante. 

Finn e i suoi compagni pedalano su bici Specialized, le stesse del team Bora
Finn e i suoi compagni pedalano su bici Specialized, le stesse del team Bora
Hai già un programma?

I ritiri invernali erano già tutti decisi fin dall’anno scorso. Oltre a quelli appena conclusi e questo in Italia, ne faremo uno a maggio e un altro in estate, poi vedremo di mese in mese come andrà la stagione.

Immaginiamo sia una squadra completamente diversa rispetto a quello che sei abituato a vedere.

E’ un bel passo in alto rispetto a quello cui ero abituato, ma è un ambiente tranquillo, non ci mettono pressioni. Dobbiamo essere seri, ma credo sia normale. Sono molto sereno e tranquillo. Abbiamo un preparatore che segue solamente noi ragazzi del team, quindi il rapporto è molto diretto e giornaliero. Si può lavorare in maniera più specifica e lo vedo dalle sensazioni di questi primi mesi. 

I ragazzi e lo staff comunicano tra di loro usando l’inglese, lingua fondamentale in un team internazionale
I ragazzi e lo staff comunicano tra di loro usando l’inglese
Come ti trovi a vivere lontano dalla squadra?

Sto sempre a casa, poi quando ci sono ritiri o gare ci vediamo direttamente sul posto. Comunque facciamo un calendario internazionale, quindi meno gare rispetto all’anno scorso. In questo modo riesco a gestire bene l’impegno, anche con la scuola. Mi alleno da solo, ma ero già abituato a farlo, quindi non è stato un gran cambiamento. Usiamo Training Peaks e mi viene dato un programma settimanale. Mi tengo in contatto con Christian Schrot tutti i giorni via WhatsApp. 

Il calendario lo conosci già?

La prima corsa con la squadra sarà in Belgio: la Guido Reybrouck Classic, il 16 e il 17. Prima però correrò la cronometro di Camaiore, ma andrò da solo visto che è vicina a casa. Penso sia un buon test per vedere a che punto sono dopo il carico di lavoro dell’inverno. 

Un ultimo saluto prima di partire per l’allenamento
Un ultimo saluto prima di partire per l’allenamento
Come ti senti dopo un inverno fatto con la Grenke Auto Eder?

La grande differenza che ho trovato è che dopo cinque o sei ore di allenamento mi sento bene. A livello di prestazione secca non abbiamo fatto molti lavori massimali. Li faremo con le gare e con il passare dei mesi, ne abbiamo fatto qualcuno ma con sforzi controllati.

Ci avevi detto anche di essere andato a fare un ritiro con la Bora, com’è stato?

Siamo andati cinque giorni a dicembre a Mallorca. E’ stata una bella esperienza, stare nell’ambiente dei prof e vedere i meeting che fanno è stimolante. Abbiamo parlato con i ragazzi più giovani come Herzog, che sono passati dall’Auto Eder. Ci hanno detto che è il team giusto, nonostante siano comunque passati da team U23. Herzog, per esempio, ha fatto un anno alla Hagens Berman. Passare appena finita l’esperienza da juniores non è semplice, correre negli under 23 è un processo giusto di crescita. 

Quale UAE senza Pogacar? Un gruppo che cresce

28.02.2024
5 min
Salva

L’anno scorso di questi tempi avevano già vinto 11 corse con sei corridori diversi, ma fra le vittorie era impossibile non annotare la Clasica Jaen Paraiso Interior e la Vuelta Andalucia, con quel diavolaccio di Pogacar che, al pari di Vingegaard, aveva cominciato subito col botto. Il 2023 fu la prima svolta, sia pure non drastica come quest’anno. Lo sloveno aveva rinunciato al UAE Tour vinto nelle due edizioni precedenti, per vivere una primavera meno impegnativa e contrastare meglio Vingegaard al Tour. Quest’anno che Tadej ha puntato su una stagione stellare fatta solo di grandi obiettivi, la musica è rimasta identica: le vittorie finora sono 10 per mano di sei corridori diversi, ma fra loro non c’è Pogacar.

Del Toro al Tour Down Under. McNulty alla Valenciana e al UAE Tour. Fisher-Black alla Muscat Classic e al Tour of Oman. Yates, anche lui in Oman. Ayuso e Hirschi con una vittoria ciascuno nell’ultimo weekend di corse in Francia. E ieri per poco Antonio Morgado non si portava a casa Le Samyn, con un colpo di reni malandrino che ha fatto tremare e non poco il gigante Laurenz Rex (foto di apertura). Quello ha alzato le braccia e Antonio si è infilato…

Al Tour of Oman, Finn Fisher-Black vince a Qurayyat la seconda tappa
Al Tour of Oman, Finn Fisher-Black vince a Qurayyat la seconda tappa

Il talento viene fuori

Con il portoghese in Belgio c’era Marco Marcato, che assieme a Baldato compone la coppia tecnica per il Nord, e con lui abbiamo affrontato il momento della squadra numero uno al mondo in questo suo cammino per non far rimpiangere il grande sloveno.

«Morgado ha perso veramente per poco – sorride il padovano – forse un paio di centimetri. Sono andato a vedere il photofinish perché la Giuria tentennava. Rex ha vinto, anche se ha rischiato, perché alzando le mani all’ultimo si è piantato e Antonio ha fatto un bel colpo di reni. In ogni caso è lì e a vent’anni ha dimostrato che può essere protagonista. Si è adattato bene alla categoria. Questi ragazzi non hanno tante paure di buttarsi e di farsi valere, quindi alla fine il talento e la bravura vengono fuori. Magari deve ancora capire i meccanismi, quando è importante star davanti a lottare per la posizione, ma questo valorizza ancora di più il suo talento. Si è adattato bene alla fatica e al tener sempre duro. E alla fine, considerando i corridori che c’erano e la selezione che c’è stata, ha fatto un grande sprint».

Ayuso e Hirschi hanno fatto doppietta nel weekend francese
Ayuso e Hirschi hanno fatto doppietta nel weekend francese

Una grande opportunità

Il ritorno a casa insomma ha lasciato in bocca un buon sapore. Ci sarà il tempo per ricaricare le batterie e poi Marcato preparerà la prossima valigia che porterà alla Parigi-Nizza e di lì nuovamente sulle strade del Nord fino alla Freccia del Brabante. Così, approfittando del tempo a disposizione, rileggiamo con lui l’inizio di stagione in attesa che sabato alla Strade Bianche il padrone torni al volante.

«Quando c’è Tadej – spiega – logicamente la squadra è incentrata su di lui. Comunque stiamo parlando del numero uno al mondo, quindi dobbiamo dargli sicuramente tutto il nostro supporto. Questo i compagni lo sanno e anzi sono ben felici di aiutarlo. Quando lavori per un leader così, sai che alla fine il lavoro viene ripagato. Secondo me lo spazio che si sta liberando adesso è un’opportunità anche per loro. Sicuramente hanno più responsabilità, però sono contenti di poter fare la corsa ed essere protagonisti. Insomma, non è solo il fatto di avere più responsabilità, ma maggiori opportunità. Almeno io la vedo così».

Jay Vine, leader de UAE Tour a partire dalla terza tappa, crolla sulla salita finale di Jebel Hafeet
Jay Vine, leader de UAE Tour a partire dalla terza tappa, crolla sulla salita finale di Jebel Hafeet

Tutti capitani

Per lo stesso motivo e per la rincorsa ai punti, quest’anno i piani di tanti ragazzi sono cambiati: non più tutti al servizio del capitano, ma ciascuno con lo spazio per assecondare il proprio talento. Non è un mistero che il UAE Team Emirates abbia reclutato alcuni fra i migliori atleti in circolazione e tenerli solo per tirare sarebbe un vero uno spreco. La differenza fra tirare e fare la corsa sta però nell’impatto psicologico. Jay Vine è stato leader del UAE Tour fino all’ultima tappa con arrivo in salita e ha perso in un solo colpo 4 minuti e la maglia.

«Quelle sono dinamiche – spiega Marcato – che non tutti i corridori gestiscono allo stesso modo. L’anno scorso Vine per esempio ha vinto il Tour Down Under, anche se è una corsa un po’ diversa. Quest’anno al UAE Tour, un po’ di pressione in più l’ha sentita senza dubbio. Abbiamo una squadra forte, non è per caso che l’anno scorso abbiamo vinto la classifica WorldTour e i nostri corridori migliori, se li prendi singolarmente, potrebbero andare tranquillamente in altre squadre a fare i capitani. Quindi a volte non è neanche semplice gestire la corsa avendo tanti talenti tutti insieme. La parte bella però è quando si aiutano fra loro, come nel giorno in cui Ayuso ha vinto la Faun-Ardeche Classic e il giorno dopo ha aiutato Hirchi a vincere la Faun Drome Classic.

«E con gli italiani sarà la stessa cosa. Covi avrà il suo spazio facendo gare su misura e anche Ulissi, un uomo su cui si può contare sempre. Diego avrà un calendario diverso dal solito, non facendo grandi Giri. Questo almeno è il programma, però le cose cambiano e se serve sappiamo che lui è comunque pronto».

La fuga e i pensieri di Murgano, nel deserto verso Liwa

28.02.2024
5 min
Salva

Quel 19 febbraio, Marco Murgano lo ricorderà a lungo. Prima tappa del Uae Tour, si va verso Liwa. Per il ligure è la prima assoluta in una gara del WorldTour. Mai aveva visto da vicino campioni come O’Connor, Bilbao, Yates e sì che quest’anno Pogacar non c’era. Dopo neanche 30 chilometri, in un gruppo dove stranamente regna la calma piatta, Murgano decide di andarsene e lo fa in compagnia del britannico Stewart: due Nazioni diverse ma lo stesso team: la Corratec-Vini Fantini. Resterà in fuga per due ore, nelle quali nella sua testa passeranno mille pensieri. Quello che segue è il suo racconto in prima persona, per come l’ha vissuto e come lo ricorda…

Per Murgano era la prima volta in assoluto nel WorldTour. Alla fine del UAE Tour sarà 76°
Per Murgano era la prima volta in assoluto nel WorldTour. Alla fine del UAE Tour sarà 76°

Un piano nato all’improvviso

«Chi l’avrebbe mai detto anche poco fa, alla partenza, che ci saremmo ritrovati qui. C’era vento, tutti ci dicevano che si potevano aprire ventagli. “Stai attento, Marco. Non farti trovare impreparato”. Io ero pronto, ma non si muoveva nessuno. Dicono che oggi tutti provano a portar via la fuga e invece restavano lì. Io almeno potrò dire di averci provato.

«La prima volta. E’ tutto diverso qui. Io sono al terzo anno alla Corratec, nel 2023 ho corso molto, ma a un livello più basso. E’ proprio vero che il WorldTour è qualcosa di unico. Lo capisci anche dalle piccole cose: quando si è tutti a cena, oppure l’attenzione che ogni corridore di un team ha intorno a sé e non sto neanche a parlare dei campionissimi… Per carità, non è che il nostro team ci faccia mancare qualcosa, ma quelli hanno un’organizzazione da paura, non gli manca proprio niente. E’ vero, anche qui sono i soldi a fare la differenza».

Oltre 90 chilometri di fuga per Murgano e Stewart. Soli in mezzo al deserto. Per il ligure un evento da ricordare
Oltre 90 chilometri di fuga per Murgano e Stewart. Soli in mezzo al deserto. Per il ligure un evento da ricordare

I traguardi volanti

«Mezz’ora di fuga, io e Mark continuiamo a spingere, il vantaggio sale, ma non è che possiamo farci troppe illusioni. Un vantaggio però c’è: i due traguardi volanti. Lui è più veloce di me, ha più possibilità. Se prende quei punti, magari ha buone possibilità di spuntarla anche nella classifica dedicata. Ogni tanto ci parliamo, ci scambiamo opinioni e anche qualche barretta energetica. Da dietro intanto nessuna nuova, noi tiriamo avanti.

«Mark è forte, tanto. Non è un caso se fa parte del quartetto britannico d’inseguimento. Lì sono tutti campioni, ma lui anche su strada dirà la sua, ne sono sicuro. Io faccio il mio, da buon passista scalatore. Alla Corratec mi trovo bene, sto crescendo per gradi, sto trovando la mia collocazione. Non sono certo queste le gare dove posso cercare il risultato, quello magari lo porta a casa Kuba (Jakub Mareczko, che nella tappa finirà terzo, ndr), noi dobbiamo fare il possibile per animare la corsa e farci vedere».

L’italiano con Stewart, neoacquisto di 28 anni, sul podio nel 2023 a Larciano e “Coppi e Bartali”
L’italiano con Stewart, neoacquisto di 28 anni, sul podio nel 2023 a Larciano e “Coppi e Bartali”

E’ nato un uomo da fughe?

«Incredibile, mi dicono che sui social e sui siti sportivi non si fa altro che parlare della mia fuga. Mai avuta tanta attenzione, e sì che qualche risultato, qualche piazzamento l’ho portato a casa. Ma mai avuta tanta audience. E’ il potere del “tutto e subito” che l’era dei social porta con sé: è come se centinaia, migliaia di persone pedalassero con me, anche coloro che la corsa non la stanno vedendo in tv.

«Io poi non è che sia un corridore da fughe, anche se mi piacerebbe, non posso negarlo. C’è gente come Pellaud o i fratelli Bais che ci hanno costruito una carriera e poi magari la fuga va anche in porto… Ma qui non siamo al Giro e neanche ci potrò provare, visto che alla corsa rosa non parteciperemo e l’audience che c’è lì non la trovi dappertutto. Qui potrebbe anche avvenire che arriviamo al traguardo, ma servirebbe molto più vento, servirebbe che il gruppo si frazionasse. E non accade».

Murgano si era distinto lo scorso anno alla Coppi e Bartali finendo 3° fra gli scalatori
Murgano si era distinto lo scorso anno alla Coppi e Bartali finendo 3° fra gli scalatori

Pogacar come ispirazione

«Ormai è quasi un’ora e mezza che stiamo in fuga. Dietro cominciano a muoversi le squadre dei velocisti. Perso per perso, però, andiamo avanti finché ce la faremo. Anche Mark è d’accordo. Pancia a terra e andiamo a tutta, succeda quel che succeda.

«Qui Pogacar ha vinto due volte. Perché penso a lui? Siamo quasi coetanei, eppure per me è un’ispirazione. Io l’ho visto nascere ciclisticamente, ho condiviso le sue prime avventure, poi le nostre strade si sono giocoforza divise. Lui è uno che attacca sempre, è questo che mi piace e io voglio fare un po’ come lui. Non sarò mai Pogacar, questo lo so, ma se ci metto questo impegno, qualcosa succederà».

La tappa di Liwa alla fine premia Tim Merlier, vincitore per ben tre volte al Uae Tour 2024
La tappa di Liwa alla fine premia Tim Merlier, vincitore per ben tre volte al Uae Tour 2024

Ora vengono le mie gare…

«Il gruppo è vicino. Tra poco sarà tutto finito. Mi sono comunque divertito, è stata un’esperienza diversa che mi lascia dentro qualcosa. Soprattutto la consapevolezza che per essere davvero a questo livello bisogna lavorare, e tanto. In allenamento, in gara, stando attenti all’alimentazione. Insomma, mettendosi in discussione, perché questi sono ciclisti al 100 per cento e noi dobbiamo esserlo ancora di più. Ora verranno gare a me più congeniali, ad esempio l’Istrian Spring Trophy. Lo scorso anno sono finito quarto nella classifica del Tour of Qinghai Lake, significa che a quel livello posso giocarmela. Voglio portare punti alla causa del team, per il suo ranking e voglio dimostrare che questa fuga non è stata casuale…».

Marco Murgano finirà la tappa al 53° posto, nel gruppo messo in fila dallo scatenato Tim Merlier. Dopo l’arrivo i complimenti da parte dei diesse del team sono il suo premio, insieme alla consapevolezza di aver scritto un brandello di storia che, nell’era digitale, resterà per sempre. Basta scrivere “Marco Murgano fuga” su Google…

Konychev alla Vorarlberg: chiamata sul filo di lana

28.02.2024
4 min
Salva

Dopo Domenico Pozzovivo, ecco un altro corridore che si è accasato all’ultimo minuto: Alexander Konychev. Il veronese infatti ha trovato spazio nelle fila del Team Vorarlberg, continental austriaca. Per questo classe 1998, di grandi speranze appena passato pro’, c’è dunque ancora una possibilità.

Quando lo abbiamo raggiunto al telefono Konychev si stava allenando in palestra. Un buon segno. Il ragazzo non ha mollato, nonostante un inverno turbolento, come è facile intuire. Ieri Alex si trovava a Rankweil, paesotto nella regione del Voralberg appunto, in pratica a due passi da Liechtenstein e Svizzera.

«Sono qui per prendere i materiali, le maglie, conoscere il team e di fatto iniziare la stagione», dice Konyshev con tono squillante.

Il gruppo del Team Vorarlberg (in giallonero) vanta oltre 25 stagioni tra i pro’
Il gruppo del Team Vorarlberg (in giallonero) vanta oltre 25 stagioni tra i pro’
Alex, come è andato dunque questo tuo inverno?

Non ho mai smesso del tutto di allenarmi, sono sempre uscito in bici. Ma pedalare senza sapere del proprio futuro non è facile. Non è facile per trovare le motivazioni. Non ho passato un inverno come gli altri, diciamo così.

Come sei arrivato al Team Vorarlberg?

Anche questo non è stato facile, era davvero tardi per accasarsi. Per loro era difficile prendere un altro corridore. E’ un costo non indifferente, anche perché tengono moltissimo ai materiali, ne usano solo di alta o altissima qualità e spesso li comprano (hanno bici BMC, ndr). Ma alla fine siamo riusciti a trovare un accordo.

La Vorarlberg l’hai trovata tramite il tuo procuratore?

No, ho fatto da solo. Da qualche tempo ho deciso che è meglio parlare in prima persona. Essere diretti. E se quest’anno andrò bene e sarò un buon corridore non mi lasceranno a piedi. Vedremo.

Qual è stata la prima impressione quando sei arrivato in sede?

Molto bella devo dire! Ho trovato un ambiente semplice ma ben organizzato. Efficace, questo è il termine giusto. Ognuno ha il proprio compito. Vediamo poi in ritiro come sarà.

La BMC di Alex, che da oggi è in volo verso la Grecia
La BMC di Alex, che da oggi è in volo verso la Grecia
Conoscevi già qualcuno?

Sì, un ragazzo, Lukas Meiler, un tedesco, che avevo conosciuto casualmente in allenamento sul Pordoi qualche tempo fa. E conoscevo anche uno dei direttori sportivi, Werner Salmen: con lui già in passato avevo un buon rapporto. 

E ora come va? Come ti senti?

Ora è tutto diverso. Ho una squadra, degli obiettivi e appena ho avuto la conferma del team è sicuramente cambiato qualcosa dentro di me. Già so che farò il Tour of Rhodes, per esempio. In ogni caso andrò in Grecia, dove ci sono alcune corse nei prossimi giorni. Questo ritiro mi servirà anche per valutare la condizione e da lì capire l’immediato percorso di gare.

Si vede la luce, insomma…

Di testa è cambiato molto. Già il solo fatto di poter parlare di programmi con un team conta tanto. Posso stabilire un programma di preparazione anche con il mio coach. Come dicevo, quest’inverno ho pedalato in modo diverso, senza potenziometro, e almeno da questo punto di vista, guardando il bicchiere mezzo pieno, ho riscoperto il piacere di andare in bici. Sono sollevato di poter correre ancora un anno… almeno. E se poi proprio il ciclismo non dovesse essere la mia strada, allora non avrò rimpianti.

Cosa non ha funzionato lo scorso anno?

Sono diverse annate ad essere state difficili. Ma io credo e spero di avere ancora un posto in questo mondo, anche se cambia velocemente. Non voglio lasciare il ciclismo alla prima difficoltà. Anche perché se oggi esci, poi non rientri. O è estremamente difficile.

Lo scorso anno Konychev ha concluso il Giro d’Italia, dove ha centrato due fughe. Eccolo verso Tortona
Lo scorso anno Konychev ha concluso il Giro d’Italia, dove ha centrato due fughe. Eccolo verso Tortona
Pensi di aver fatto qualche errore nella recente stagione alla Corratec?

In realtà no. Anzi, ero riuscito anche ad essere costante, ad ottenere buoni risultati personali e attraverso i compagni. Ho lavorato spesso per i velocisti, come per Attilio Viviani. Mi sembrava di aver fatto le cose in modo meticoloso. 

E allora cosa è successo?

Credo esigenze di team. Io al 90 per cento ero convinto di restare. Di rinnovare con loro. Tra l’altro mi trovavo bene con la squadra e con i compagni. C’era un buon rapporto con tutti. Quando non mi hanno rinnovato sinceramente sono rimasto spiazzato. Era novembre: quello è il periodo in cui si riprende la preparazione e sono rimasto senza squadra. E’ stata una mazzata.

Per ora si riparte dalla Grecia. Immaginiamo tu debba anche ritrovare la condizione giusta…

Esatto. Come ho detto ora si va in Grecia. Valuterò la condizione. Poi con squadra e coach stileremo un programma più preciso. Cosa che tra l’altro stando in una continental, fortemente legata agli inviti, non è facilissimo. Un goal importante per questo team è il Giro d’Austria. Ma io sono pronto a dare il massimo. E lo farò.

Finale Zwift: Gaffuri secondo, ma non tutto è perduto

27.02.2024
5 min
Salva

Lo ha sognato. Ci ha sperato fino all’ultimo, ma alla fine Mattia Gaffuri ha dovuto riporre i suoi sogni in valigia insieme a tutto il resto. La finale della Zwift Academy non si è conclusa nel modo sperato, premiando alla fine il tedesco Louis Kitzki, al quale è stato offerto un contratto con il devo team dell’Alpecin Deceuninck, seguendo quindi le stesse orme di Luca Vergallito e di Jay Vine prima di lui.

Sono passati ormai giorni da quel 25 gennaio, ma l’ufficialità dell’esito della finale si è avuta solo nelle ultimissime ore: «Avevamo firmato tutti un contratto di riservatezza, non potevamo far trapelare nulla. Intorno a questo concorso c’è un impegno totale non solo della Zwift, ma anche di Alpecin-Deceuninck, della Canyon/Sram (la squadra WT femminile che dal canto suo ha premiato con un ingaggio l’ex triathleta sudafricana Maddie Le Roux) e anche di Eurosport. L’emittente ha addirittura mandato una troupe a fare un servizio a casa mia».

L’ex triathleta sudafricana Maddie Le Roux e il tedesco Louis Kinzki, i due vincitori (foto Zwift Academy)
Il vincitore Louis Kinzki, classe 2004, attualmente tesserato per il team Embrace the World (foto Zwift Academy)
Raccontaci com’è stata questa finale…

Ci siamo ritrovati in Spagna, a Calpe, durante il ritiro della Alpecin. C’era anche Van Der Poel, anche se è rimasto solo per i primissimi giorni, in quanto poi aveva la prova di Coppa del mondo a Benidorm. Noi sapevamo da fine dicembre di essere i finalisti dell’evento e già essere in 3 a giocarsi la vittoria (con Gaffuri e il vincitore anche l’altro tedesco Anton Schiffer, tesserato per Bike Aid, ndr) era già un grande risultato. Non sapevamo però su quali prove ci saremmo affrontati: da questo punto di vista è stato tutto una scoperta.

In che cosa consistevano queste prove?

La sfida vera e propria è iniziata il secondo giorno, quando abbiamo affrontato, dopo l’allenamento con la squadra, un test sul lattato e poi una prova massimale di 4’. Il giorno successivo era prevista la gara su Zwift e poi un test in discesa, che abbiamo affrontato dopo aver preso lezione da un tecnico specializzato. Il quarto giorno altro test massimale di 4’ a fine allenamento di gruppo. Poi i dirigenti si sono riuniti e in base ai responsi hanno preso le loro decisioni.

Per il comasco il test del lattato, subito dopo l’allenamento di squadra
Per il comasco il test del lattato, subito dopo l’allenamento di squadra
Quindi non erano prove con classifica, con un punteggio?

No, la decisione era in base alla loro valutazione. Era una scelta tecnica, che alla fine ha premiato il più giovane. Ci hanno detto che, dovendo dare un solo contratto, hanno preferito privilegiare il più giovane che può garantire una durata più lunga.

Com’era il rapporto fra voi tre, c’era concorrenza?

Sì, ma nei giusti limiti, per il resto abbiamo legato molto. Eravamo nella stessa camera e non mi sono mai sentito escluso dal fatto di non essere tedesco come loro. In quei giorni abbiamo chiacchierato molto, condiviso le nostre emozioni. E’ chiaro che ci speravamo tutti, ma alla fine uno solo poteva essere premiato. Io se devo essere sincero ho assimilato la delusione quasi subito, non posso rimproverami nulla perché ho dato il massimo ma neanche a chi ha preso la decisione. Non ho nulla da recriminare.

Quattro minuti di test massimale, sulle rampe de La Vallesa, il 2° e il 4° giorno
Quattro minuti di test massimale, sulle rampe de La Vallesa, il 2° e il 4° giorno
Il fatto che lo scorso anno ha vinto Vergallito pensi possa avere pesato nella decisione finale?

Non credo. Di fatto la decisione è stata presa dalla Alpecin in base alle loro esigenze, chiaramente il fatto che alla fine pesi la carta d’identità da una parte è un po’ doloroso, dall’altra però ci può anche stare nell’economia di un team WorldTour. Inoltre è stata una finale particolare…

In che senso?

Quando ci hanno comunicato il responso, i dirigenti hanno premesso che mai in passato c’era stato un livello così alto e la decisione era stata davvero difficile, per questo l’età è stata l’unica discriminante, perché eravamo allo stesso livello. Magari lo hanno detto per “indorarci la pillola”, però sono convinti che potremmo avere altre occasioni, ci hanno invitato a insistere perché a loro avviso siamo adatti anche al livello più alto, quello dei corridori professionisti della massima serie.

Mattia impegnato nella prova sulla piattaforma Zwift, dove si è guadagnato la finale
Mattia impegnato nella prova sulla piattaforma Zwift, dove si è guadagnato la finale
Parole importanti, soprattutto considerando i giudizi non troppo lusinghieri che un campione come Vincenzo Nibali aveva avuto via social su di te e in generale su questo passaggio diretto dal ciclismo virtuale a quello professionistico…

Con Vincenzo ci siamo chiariti da tempo, sui social la polemica è stata creata più da chi commentava che da me e mi è spiaciuto per lui, dato il suo prestigio. Non voglio assolutamente tornare su quella polemica che è stata più costruita, io sono orgoglioso di quello che ho fatto e vado avanti per la mia strada.

Quello che hanno detto i dirigenti potrebbe però essere vero, considerando ad esempio la vicenda legata a Chiara Doni, seconda lo scorso anno e protagonista di uno stage con la Jayco-AlUla…

Chissà, potrebbe capitare anche a me, i dirigenti hanno detto che i nostri nomi ora sono nei taccuini non soltanto loro perché la finale di Zwift è molto seguita nell’ambiente. Io non voglio illudermi, cerco di andare avanti alla giornata e seguire nuovi obiettivi.

Gaffuri impegnato a Girona: nella Santa Vall ha chiuso 43° a 26’26” dallo slovacco Vakoc (foto Instagram)
Gaffuri impegnato a Girona: nella Santa Vall ha chiuso 43° a 26’26” dallo slovacco Vakoc (foto Instagram)
Quali sono?

Ora sono entrato in rapporti con Colnago per seguire la stagione del gravel. Anzi, ho già gareggiato in una prova internazionale, la Santa Vall a Girona in Spagna che era una corsa a tappe su tre prove. Non è andata benissimo, nella tappa finale sono caduto e alla fine in classifica ho chiuso 43°. E’ stata però una gara molto utile e importante per capire, per imparare. Il passaggio dalla strada alla gravel non è così automatico, soprattutto per chi come me non ha un passato offroad, devo lavorare molto sulla tecnica. Conto comunque di seguire la stagione internazionale e magari presto o tardi il cellulare squillerà…

Reverberi, il passo indietro e l’arrivo di “Pozzo”

27.02.2024
6 min
Salva

«Immaginavo l’argomento – ride Roberto Reverberi – non ci voleva molto, no? Come è andata per Pozzovivo… Scimone, il suo procuratore ha voluto combinare un incontro fra lui e noi, almeno per parlare. Io di Domenico ho sempre detto bene. Il discorso era solo che un corridore di 40 anni non ci stava dentro a un gruppo di ragazzi così giovani. Però l’incontro lo abbiamo fatto volentieri, una decina di giorni fa. Poteva essere il modo di finire da dove aveva cominciato, potrebbe essere una bella storia. E poi lui non è mica finito, va più forte di tanti altri. Abbiamo guardato dei test, ha ancora 7 watt per chilo…».

Un mese dopo l’annuncio delle wild card del Giro e aver escluso la possibilità di ingaggiare lo scalatore lucano nella loro squadra, i Reverberi sono tornati sui loro passi. Niente di scandaloso, ci mancherebbe: Pozzovivo ha scritto alcune delle pagine più belle della loro squadra (in apertura la fuga vincente di Lago Laceno al Giro 2012). Tuttavia siamo da Roberto per sostenere quello che è stato scritto nell’Editoriale di ieri: un atleta con la storia di Pozzovivo avrebbe meritato più rispetto, senza aspettare i saldi di inizio stagione. Tanto più che l’UCI sta facendo storie perché non capisce, con la tipica rigidità svizzera, come mai si sia arrivati a un contratto a questo punto della stagione.

Domenico Pozzovivo è sul Teide: con questa foto ha annunciato la nuova squadra (foto VF Group-Bardiani)
Domenico Pozzovivo è sul Teide: con questa foto ha annunciato la nuova squadra (foto VF Group-Bardiani)
Da quello che si è capito, avete raggiunto un accordo che potrebbe andare oltre la stagione 2024.

Oltre l’aspetto sportivo, esattamente. Conosciamo l’uomo e il professionista e Domenico ha giurato che questo sarà comunque l’ultimo anno. E allora si è parlato anche di un eventuale progetto futuro, per quando avrà smesso. Uno così esperto potrebbe andar bene anche come collaboratore della squadra, come preparatore. Ha studiato, è preparato su moltissimi aspetti, è scrupoloso. Così abbiamo concordato di fare quest’anno insieme e alla fine non c’è stato nemmeno bisogno di convincerci troppo. Abbiamo aggiunto anche il fatto che potrebbe insegnare qualcosa ai giovani e abbiamo preso la decisione. Dopo tutto, si può anche cambiare idea, no?

La foto sul Teide con la maglia e la bici fa pensare che l’accordo sia stato raggiunto prima dell’annuncio…

E’ stata una cosa abbastanza rapida. Si sentivano voci che fosse nell’orbita di una squadra italiana, penso la Corratec che però non è stata invitata al Giro (la trattativa è stata fatta anche con il Team Polti, ndr). Gli abbiamo consegnato la bici il giorno prima che partisse per andare sul Teide. Non si era ancora definito proprio tutto, però avevamo qui la bici di scorta di un corridore con le sue stesse misure e gliel’abbiamo data. Così, casomai si fosse finalizzato, avrebbe potuto fare la foto che avete visto. E adesso stiamo lavorando dall’ufficio per vedere se si riesce a farlo correre dalla Tirreno.

La VF Group-Bardiani-Faizané ha aperto la stagione a Mallorca: qui Reverberi
La VF Group-Bardiani-Faizané ha aperto la stagione a Mallorca: qui Reverberi
Stesso problema che Pozzovivo ebbe lo scorso anno con la Israel…

E finì che saltò la Tirreno per le lungaggini. I trasferimenti si aprono il primo agosto e sono chiusi da un pezzo, ma il suo non è un trasferimento bensì un nuovo contratto. E loro non capiscono, per cui siamo qui in ufficio a premere perché chiudano la pratica entro fine settimana.

Ai corridori lo avete detto prima del suo arrivo?

No, niente. Forse avevano capito qualcosa, perché qualcuno mi ha sentito parlare al telefono: era lì vicino e io non me ne sono accorto. La squadra l’ha saputo dai giornali come tutti gli altri, anche se la mattina stessa l’ho fatto inserire nel gruppo Whatsapp, perciò lo hanno saputo così.

Hai parlato di insegnare ai giovani, forse per questo sarebbe stato meglio prenderlo prima, no?

Sì, ormai si corre e per certe cose è tardi. Però qualcosa può insegnare, magari non a stare in gruppo, perché su quello ha sempre tribolato un po’, in discesa, nelle fasi concitate. Era spesso in terra. Insomma, se lo assiste la fortuna, secondo me ha i mezzi per arrivare nei primi 10 in classifica, ma senza stress. Vediamo come viene, non gli metto tutti i giovani a disposizione. Magari uno o due compagni più maturi, Tonelli ad esempio, per cercare di fargli prendere le salite davanti. Ma i giovani abbiamo intenzione di lasciarli liberi e anzi lui potrebbe essere loro di supporto. Potremmo metterlo in camera con Pellizzari perché è uno che ha tanto da insegnare. Come si mangia, come si ci si allena, tutte le cose che lui sa bene e loro devono ancora imparare.

Reverberi racconta che nel ritiro alla Tenuta Il Cicalino, la squadra ha fatto delle simulazioni di gara (foto VF Group-Bardiani)
Nel ritiro alla Tenuta Il Cicalino, la squadra ha fatto delle simulazioni di gara (foto VF Group-Bardiani)
Sperando che accettino i consigli.

Altro aspetto delicato. Tendenzialmente adesso i giovani faticano a fare domande, nel senso che sanno tutto. Si appoggiano ai loro preparatori e in ritiro certi giorni era da mal di testa, con le cose che devono fare giorno dopo giorno. Anche quando abbiamo simulato una gara, erano tutti lì a dire cose. Ma quando si corre, cosa fate? Correte, basta parlare…. Avendo fatto poche gare, in ritiro abbiamo fatto dei lavori di intensità per arrivare bene a Laigueglia. Anche sull’Etna hanno lavorato tantissimo, ma se non fai così, se non arrivi già pronto, non è che puoi aspettare che la condizione arrivi. Bisogna ragionare come fanno i campioni, sia pure con le dovute proporzioni, che si allenano e sono già pronti per vincere. Oggi se non arrivi già pronto, non stai nemmeno a ruota.

Domenico, che i ritiri se li è sempre fatti da solo, ad aprile sarà inserito nel gruppo dell’Etna o farà vita a sé?

Anche lui prima del Giro è sempre andato sull’Etna e non sapeva che l’avessimo prenotato anche noi. Ci sono due gruppi da cinque. Uno corre in Turchia e uno al Tour of the Alps. E ciascun blocco, prima uno e poi l’altro, andrà in altura. Immagino che Pozzo sarà aggregato a uno dei due gruppi. Penso a quello che fa il Tour of the Alps e poi va sull’Etna.

Passo Maniva al Brixia Tour 2011: dopo il Giro Pozzovivo si è allenato da solo ed è rientrato già vincente
Passo Maniva al Brixia Tour 2011: dopo il Giro Pozzovivo si è allenato da solo ed è rientrato già vincente
Che cosa effettivamente ha convinto la famiglia Reverberi?

La serietà e la professionalità. Sappiamo che non è il vecchio corridore che guarda all’ultimo stipendio. I nostri preparatori mi hanno chiesto se devono guardare i suoi allenamenti su Training Peaks, gli ho risposto di sì. Non perché tema che non lavori, ma perché così impariamo qualcosa da lui. Mi ricordo quando correva con noi, anche l’ultimo anno, dopo il Giro stava a casa un mese e mezzo, veniva a correre e vinceva il Brixia Tour, nonostante si allenasse sempre da solo.

La sensazione è che non sia venuto per i soldi.

Come potete immaginare, non si parla di grosse cifre, ma quasi non ha fatto richieste. Vuole terminare bene e penso comunque che nella sua carriera abbia guadagnato bene. Speriamo solo che lo assista la fortuna e poi credo che una bella storia da raccontare la tiriamo fuori davvero.

Fabbro finalmente in gruppo. Come va alla Polti?

27.02.2024
4 min
Salva

«Finalmente mi hanno fatto correre – esclama subito Matteo Fabbro appena lo chiamiamo – tra una cosa e l’altra non avevo ancora iniziato. Prima un virus intestinale mi ha impedito di correre alla Valenciana, poi la protesta degli agricoltori ha cancellato la Vuelta a Andalucia. Insomma venerdì al Gran Camino è stato il vero debutto. E comunque, anche lì, ci siamo beccati tanta pioggia e la neutralizzazione della prima tappa».

Il debutto di Fabbro (a destra) con la Polti-Kometa è arrivato in Spagna al Gran Camino
Il debutto di Fabbro (a destra) con la Polti-Kometa è arrivato in Spagna al Gran Camino

Continui rinvii

A fine febbraio Fabbro potrebbe aver pensato di rubare il soprannome “Paperino” al suo compagno di squadra Maestri. Invece la sfortuna, finalmente, lo ha lasciato in pace e il 23 febbraio al Gran Camino è arrivata la prima corsa in linea in maglia Polti-Kometa.

«Nella prima tappa che abbiamo corso – sorride Fabbro – siamo stati belli freschi. Una giornata di gran pioggia, tutto il tempo. Ad un certo punto cadeva anche del ghiaccio, e il vento era forte forte. Sono diventato un corridore da freddo (ride ancora, ndr). Arrivo in Spagna e nevica, non so se qualcuno non vuole che io corra qui».

Il meteo non è stato clemente durante la seconda tappa del Gran Camino: freddo e pioggia non hanno lasciato respiro
Il meteo non è stato clemente durante la seconda tappa del Gran Camino
Hai debuttato alla fine…

Sono contento e soddisfatto di quanto fatto. Non sapevo nemmeno io a che punti fossi con la condizione. Invece è stato un bel test, lo è anche la squadra. Erano tappe dure, con tanti sali e scendi, molto tecniche e con salite. Man mano che passavano i chilometri avevo buone sensazioni e sono riuscito a rimanere con i migliori.

E’ arrivata anche una top 10.

Sì, quando Vingegaard ha accelerato insieme a Bernal nella seconda tappa, abbiamo visto di che pasta sono fatti. Non correvo da settembre, avevo qualche dubbio visto che erano sei mesi che non mettevo il numero sulla schiena. Ho dovuto risolvere i problemi di respirazione che mi hanno fermato nell’ultimo anno e mezzo. 

Fabbro dopo quattro anni alla Bora-Hansgrohe è passato alla Polti-Kometa (foto Instagram)
Fabbro dopo quattro anni alla Bora-Hansgrohe è passato alla Polti-Kometa
Risolti?

Facciamo tutti gli scongiuri, ma al Gran Camino il dubbio era capire come avrei reagito e ne sono contento. Diciamo che anche da questo punto di vista la prima corsa di stagione era un test, è andata bene. 

Come ti sei trovato con la Polti?

Non sono più da considerare come un giovane (ride ancora, ndr). In questi anni ho sempre avuto ottimi preparatori, ho recepito e imparato qualcosa da ognuno di loro. Qui in Polti sono sereno, c’è tanto dialogo, loro mi ascoltano e io li ascolto. Ho messo insieme la mia esperienza con la loro e sono felice. 

Sei passato da un WorldTour ad una professional, come sta andando?

Nel WorldTour le squadre sono strutturate in maniera diversa. Però penso che con tanta professionalità e molta dedizione si possa chiudere il gap. Tutti qui danno il 100 per cento e questo conta molto. 

Fabbro con Davide Bais, vincitore della tappa di Campo Imperatore al Giro 2023 (foto Instagram)
Fabbro con Davide Bais, vincitore della tappa di Campo Imperatore al Giro 2023 (foto Instagram)
La preparazione è cambiata?

In realtà no. Soprattutto per quella invernale non ci sono molte differenze, si fanno tanto fondo e medio. Il ritmo gara lo si allena quando si mette il numero sulla schiena. Anche perché i miei obiettivi stagionali sono più avanti.

E quali saranno?

Una corsa a cui tengo molto è la Tirreno-Adriatico, poi ci saranno il Tour of the Alps e il Giro d’Italia. Vedremo come vanno le cose, di lavoro da fare ce n’è. 

Pensi che al Giro potrai curare la classifica?

Sinceramente non mi sto fasciando la testa, vedremo giorno dopo giorno. Ci sono due cronometro molto lunghe, due frazioni che non sono adatte a corridori come me. Nel caso dovessi uscire di classifica però, vincere una tappa sarà un obiettivo. 

Durante la preparazione Fabbro ha lavorato molto su fondo e medio
Durante la preparazione Fabbro ha lavorato molto su fondo e medio
Anche perché la Polti (ex Eolo-Kometa) ha una bella tradizione al Giro…

Vero (ride, ndr). Ma non ci sono solamente io! Guardate che Davide Bais è carichissimo, vuole il bis!

Torniamo all’attualità, finalmente hai corso, come stai?

La Tirreno si avvicina e correre diventava parecchio importante. Dopo le due corse saltate ho sostituito le gare con tanto dietro moto, ma era il momento di gareggiare. Tra Valencia e Andalucia è stato un peccato saltare la seconda. Il percorso era bello e soprattutto la concorrenza permetteva di mettersi alla prova ad un livello leggermente inferiore. Ma ormai è andata e ci lanciamo verso la Tirreno.