Il gigante Milan a Torino e l’assalto dei 400 bambini

03.05.2024
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TORINO – «Sarebbe bello se diventasse il Sinner del ciclismo». Di sicuro, la disponibilità e la gentilezza con i suoi piccoli tifosi, oltre alla classe sopraffina, sono doti che il gigante friulano classe 2000 del pedale e l’asso altoatesino del tennis (nato un anno più tardi) hanno in comune. Milan e Sinner: due fenomeni che quest’estate a Parigi cullano il sogno olimpico nei rispettivi sport e che sono destinati a far sognare la platea italiana per tanti anni.

Il paragone scherzoso degli organizzatori, al termine del riuscitissimo evento organizzato dal Motovelodromo Torino con Lidl-Trek, ben tratteggia i lineamenti del campione. Seppur meno popolare del collega tennista, Milan ha tanti in punti in comune e vanta già un palmares di tutto rispetto tra la gemma a cinque cerchi di Tokyo e i titoli europei e mondiali in pista. A questi si aggiunge la splendida maglia ciclamino conquistata lo scorso anno all’esordio al Giro.

Quattrocento bambini e bambine delle scuole torinesi erano in visibilio per Johnny, a sua volta preoccupato che non si bagnassero troppo e pronto ad accoglierli tutti per la foto ricordo al termine della simpatica chiacchierata. Un campione si vede anche in questo e si leggeva dai suoi occhi che il bagno di folla l’ha caricato ancor di più in vista di quel sogno matto a tinte rosa che spera diventi realtà di fronte alla Gran Madre sabato pomeriggio.

Abbiamo incontrato Milan ieri mattina al Motovelodromo di Torino
Abbiamo incontrato Milan ieri mattina al Motovelodromo di Torino
Jonathan, ti aspettavi un’accoglienza così?

E’ stato veramente bellissimo incontrarli tutti, parlare un po’ con loro e vedere quanto fossero contenti di esserci, di tifarci e di conoscerci. E’ stata una mattinata splendida, peccato soltanto per il tempo.

Sabato però il meteo dovrebbe essere clemente: che inizio di Giro d’Italia sarà?

Vediamo, perché la salita è bella dura. Sei-sette chilometri di ascesa molto insidiosi, a una ventina di chilometri dal traguardo: sono curioso di vedere che corsa verrà fuori. Sarà imprevedibile.

Dopo l’esordio trionfale in maglia ciclamino e il cambio di squadra, come approcci la tua seconda Corsa Rosa in carriera?

Sono qui con un bel team, pronto a supportarmi nelle volate e per la classifica con Juanpe (Lopez, ndr). Quest’anno le sensazioni sono buone, un po’ come quelle dello scorso, e proprio in quest’ottica cercherò di vivere alla giornata. E’ una strategia che ha funzionato nell’ultimo Giro, per cui cercherò di godermela e di dare il mio massimo anche stavolta.

Autografi e risposte ai bimbi. Peccato a un tratto per la pioggia
Autografi e risposte ai bimbi. Peccato a un tratto per la pioggia
Hai già segnato qualche tappa col circoletto rosso?

Come dicevo, pur essendo molto impegnativo, il percorso della prima tappa mi piace. Essendo l’inizio, tutti saranno belli freschi e si andrà a mille. Vedremo chi si muoverà, però senza dubbio si farà tanta fatica. Non nascondo però che, come tutti sapete, essendo la prima, si può arrivare a raggiungere una certa maglia, mentre dal secondo giorno sarà già impossibile.

Già, perché domenica il Santuario di Oropa, nel nome di Pantani, farà selezione. Che ricordi hai del Pirata?

Dico la verità, non tantissimi vista la mia età, però l’eredità che ci ha lasciato è qualcosa di unico.

Lo scorso anno ti eri presentato al via un po’ a fari spenti, mentre stavolta le aspettative nei tuoi confronti sono alte: ti pesa o ti senti pronto?

Quest’anno ci sono tantissimi ragazzi che sono forti in volata e riconfermarsi è sempre difficile. Però, il mio piano è di prendere una giornata dopo l’altra, divertirmi, fare un bel lavoro per la squadra e, ovviamente, vincere. I conti li faremo a Roma.

Chi sono i velocisti che temi di più?

Olav Kooij è uno che ha delle buone potenzialità per tenere anche in salita, mentre per le tappe completamente pianeggianti c’è Tim Merlier. Loro due sono i velocisti che temo di più, poi ce ne sono molti altri insidiosi.

Ieri sera, alla presentazione delle squadre, Milan accolto con grande calore
Ieri sera, alla presentazione delle squadre, Milan accolto con grande calore
Pogacar è da temere anche allo sprint?

Magari ci farà qualche sorpresa (sorride, ndr). Comunque, è bellissimo averlo al Giro, anche se ci metterà in difficoltà nelle salite e sicuramente non sarò davanti lì con lui in quel contesto.

Come vedi la cronometro di Desenzano per le tue caratteristiche?

E’ una cronometro vera, bella lunga. E’ un bel punto di domanda, anche perché mi sono preparato bene per le volate e per arrivarci il più fresco possibile, anche in caso di tappe ondulate. Con il tempo mi sono ripromesso di migliorare anche nelle cronometro, quindi, piano piano facciamo tutto.

Un portafortuna in valigia?

Quello c’è sempre, ma non posso dire qual è.

Cettolin ha già ripreso la strada verso la vittoria

03.05.2024
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Con la vittoria al Trofeo San Vendemiano si può dire che Filippo Cettolin ha rimesso un po’ le cose a posto. Non che la stagione fosse iniziata male per il corridore della Borgo Molino, ma certamente la mancanza di successi iniziava a pesare e il fatto che sia arrivata in una delle principali classiche di primavera è la giusta compensazione.

Cettolin, al suo secondo anno da junior, è abituato a partire forte nella stagione e anche quest’anno ha subito trovato la strada giusta: «Avevo scelto di esordire affrontando una gara dura, non proprio adatta alle mie caratteristiche proprio per testare la gamba, poi sono arrivati due secondi posti alla Coppa Senio e al Circuito di Orsago dove avevo visto che gamba era già quella giusta ma non riuscivo ancora a svettare, anche perché poi ho avuto un problema al ginocchio che mi ha tenuto fermo per un po’ di giorni. Tutte cose che mi portavo dietro e che vincendo a San Vendemiano ho finalmente messo alle spalle».

Lo sprint vittorioso di San Vendemiano, ai danni di Andreaus e Sambinello (foto Bolgan)
Lo sprint vittorioso di San Vendemiano, ai danni di Andreaus e Sambinello (foto Bolgan)
Sei al tuo secondo anno: noti differenze rispetto a 12 mesi fa?

Mi sento molto più sicuro di me stesso, affronto le gare con più serenità e questo mi consente di essere più freddo. Prima per troppa foga sbagliavo spesso qualcosa, non ero centrato e penso che qualche risultato mi sia sfuggito per questo. Sprecavo troppa adrenalina, ora mi so gestire di più.

Le tue vittorie arrivano spesso in volata, ma questo basta per fare di te un velocista?

Se si intende uno sprinter puro, di quelli che aspettano la volata allora non è il mio caso. Io preferisco gare impegnative, dove posso mostrare anche la mia resistenza su certe salite, dove il gruppo si screma fino a 20-30 elementi, allora posso far valere il mio spunto veloce. Poi sì, anche nelle volate di gruppo ci provo.

Il podio della Coppa Senio con Cettolin battuto da un altro sprinter di qualità, Davide Stella (foto Bicitv)
Il podio della Coppa Senio con Cettolin battuto da un altro sprinter di qualità, Davide Stella (foto Bicitv)
Se non sei un velocista puro, che cosa serve allora per tuffarsi in sprint di gruppo dove spesso si rischia moltissimo?

Molti parlano di incoscienza, ma a me piace pensare che si tratti di furbizia da mettere in campo. Col tempo sto imparando a sfruttare il lavoro della squadra, a inserirmi nel buco giusto e per farlo serve sì tanto coraggio, ma soprattutto furbizia, saper cogliere l’attimo. E’ un fattore che si affina col tempo, ma devi averlo dentro perché in quei frangenti non c’è molto tempo per pensare.

Alla fine dell’anno dovrai trovare uno sbocco, nella categoria superiore o, ancor meglio, una strada verso il professionismo. Hai già contatti?

Nulla di specifico, ma già dallo scorso anno c’era dell’interesse nei miei confronti. Qualcosa si è mosso, so che ora dipende solo da me, da quel che saprò fare, ma sono abbastanza tranquillo che al momento giusto troverò la strada.

Per Cettolin questo è un anno decisivo per trovare uno sbocco fra i grandi
Per Cettolin questo è un anno decisivo per trovare uno sbocco fra i grandi
Tu d’altronde hai su di te i fari dell’attenzione già da quando eri allievo, da quando hai vinto la Coppa d’Oro, un po’ come sta avvenendo anche per Magagnotti. Questo ti pesa?

Peso no, ma di certo so che molti si sono sempre aspettati tanto da me, quei risultati da allievo diventano una sorta di responsabilità che ti porti sempre dietro. A me però questa pressione non pesa, è anzi uno stimolo per fare sempre meglio.

La gara di San Vendemiano è uno degli appuntamenti cardine della stagione…

Nella mia agenda era cerchiata di rosso… Avevo visto già lo scorso anno che poteva essere davvero la gara giusta per me, ci sono arrivato con la cattiveria giusta. Il percorso è duro, ma bisogna resistere. Quando ho visto che eravamo rimasti in pochi davanti sapevo che dovevo solo arrivare in volata e avrei potuto giocare le mie carte. Quando ti trovi a sprintare con scalatore parti da una situazione di vantaggio, ma questo significa che sul loro terreno mi sono fatto trovare pronto…

Il corridore della Borgo Molino al GP Liberazione, chiuso all’11 posto (foto Dalmazi)
Il corridore della Borgo Molino al GP Liberazione, chiuso all’11 posto (foto Dalmazi)
Che cosa ti aspetta ora?

Intanto il campionato regionale domenica a Predappio, poi spero che arrivi una convocazione in nazionale per qualche corsa all’estero, sarebbe un importante ulteriore passaggio nella mia stagione, anche per farmi vedere in un consesso ancora più qualificato.

Con Salvoldi ti sei già sentito?

Siamo in contatto stretto, mi chiama spesso. Abbiamo un ottimo rapporto, mi ha già chiamato per fare qualche raduno con il gruppo e so di essere nel suo taccuino, quindi sono abbastanza tranquillo.

Il trevigiano è già stato in azzurro ai mondiali 2023. Salvoldi confida molto in lui
Il trevigiano è già stato in azzurro ai mondiali 2023. Salvoldi confida molto in lui
Il cittì a inizio stagione era stato molto chiaro su quel che si aspettava dai secondo anno, una sorta di ruolo di traghettatori per chi approda alla categoria. Ti senti di recitare questo ruolo?

Dino voleva responsabilizzarci ed io mi sono detto subito disponibile, se posso trasmettere quel che ho imparato lo faccio volentieri, penso anzi che sia un onore. Se posso dare consigli, ad esempio a uno come Magagnotti che sta seguendo la mia stessa strada lo faccio volentieri e penso che la prima cosa sia che, quando vince qualcuno che ha la nostra maglia, soprattutto in nazionale, vinciamo tutti.

Wladimir Belli: «La sorpresa del Giro? Io dico Lipowitz»

03.05.2024
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«Una sorpresa per questo Giro d’Italia? Florian Lipowitz», attacca deciso Wladimir Belli. Con il commentatore di Eurosport abbiamo fatto una sorta di gioco, ponderato chiaramente, su chi oltre a Tadej Pogacar non diciamo possa vincere la corsa rosa ma comunque fare bene. E farlo ad alti livelli.

Tutto sommato se è vero che il fuoriclasse sloveno sembra fare gara a sé e viaggiare su un altro pianeta, è anche vero che dopo di lui il campo è davvero libero e lascia spazio a molte interpretazioni, sorprese e lotte aperte.

E quindi spazio anche a Florian Lipowitz: tedesco, alto 181 centimetri per 67 chili, è al terzo anno tra i professionisti. Vanta una tappa e il Giro della Repubblica Ceca 2023.

Wladimir Belli (classe 1970) è stato pro’ per 16 stagioni, ora è un commentatore di Eurosport
Wladimir Belli (classe 1970) è stato pro’ per 16 stagioni, ora è un commentatore di Eurosport
Wladimir, perché hai fatto il nome del corridore della Bora-Hansgrohe come sorpresa per questo Giro?

Perché sta arrivando al Giro in buone condizioni. E’ andato in crescendo e al Tour de Romandie, dove c’erano corridori molto importanti, alcuni dei quali che uscivano in palla dalle Ardenne, è arrivato terzo. E parlo di gente come Ayuso, Carapaz, Bernal, Van Wilder… e solitamente chi va forte al Romandia, poi va bene anche al Giro. Poi mettiamoci che è giovane e questo è il ciclismo dei giovani. Quindi se devo fare un nome fuori da quelli classici dico lui.

Come lo hai visto appunto al Romandia?

Si è mosso bene, mi è piaciuto in generale. E si è mosso bene sia lui che la sua squadra, mi sembra si siano preparati nel modo più idoneo per questo Giro. In più ho notato che sin qui ha corso poco, appena 15 giorni di gara e questo vuol dire che è fresco, che può andare in crescendo. Poi è chiaro che è anche al suo primo grande Giro e non dà garanzie sulla tenuta nelle tre settimane. 

Motivo in più perché sia una sorpresa!

Inoltre è giovane, ma non giovanissimo, ha 23 anni (è un classe 2000, 24 da compiere a settembre, ndr).

Al Tour de Romadie Lipowitz ha lottato alla pari con gente come Carlos Rodriguez e Carapaz
Al Tour de Romadie Lipowitz ha lottato alla pari con gente come Carlos Rodriguez e Carapaz
Hai fatto cenno alla sua squadra. Questo è un punto a suo favore visto che in ammiraglia c’è un tecnico come Enrico Gasparotto che con i giovani ci sa fare e ha già vinto un Giro con Hindley…

Gasparotto è bravo. Io ci ho anche corso con lui ed era uno sveglio. Non solo, ma oltre a Gasparotto in quel team è tornato Patxi Vila dopo l’esperienza alla Movistar: anche lui è esperto. Insomma Lipowitz alle spalle ha una squadra ben strutturata.

Ma a crono cosa ci puoi dire di lui?

E’ un punto di domanda, ma più che stare a parlare della sua prestazione a crono analizzerei la cosa nel suo insieme. Non abbiamo informazioni certe e ripeto, la prestazione ce l’ha, bisognerà vedere se ha anche la tenuta nelle tre settimane.

Forse il suo più grande limite è il fatto che sia al debutto nei grandi Giri…

Sì e no. Alla fine io al mio primo anno da pro’ feci tredicesimo, al secondo anno fino a quattro tappe dal termine ero in maglia bianca… me la sfilò Pantani all’Aprica, ma presi l’influenza e scivolai in 12ª piazza. Ma ero al debutto tra i pro’, lui un po’ di anni già li ha fatti. Sicuramente l’esperienza è importante, ma non avendo pressioni, aspettative e al tempo stesso però ha motore può correre liberamente, come se non ci fosse un domani. Non deve per forza correre al risparmio. Magari così facendo può ottenere qualcosa d’importante.

A crono Lipowitz non è un fulmine, ma si difende grazie anche alle sue leve lunghe
A crono Lipowitz non è un fulmine, ma si difende grazie anche alle sue leve lunghe
Lo spazio lo può avere in effetti. Alla fine il leader della Bora-Hansgrohe è  Dani Martinez che si è forte, ma non dà poi tutte queste garanzie…

Io credo che il discorso sia un po’ diverso. Con un faro in corsa come Pogacar per me c’è più libertà per tutti. Se le cose vanno come devono andare, per gli altri la sfida è aperta. Penso alla Ineos Grenadiers con Thomas, Arensman e Foss: vuoi che non attacchino, che non provino a inventare qualcosa? La Bora-Hansgrohe non è da meno. Io vedo una corsa aperta. Anche la EF Education- Easy Post ha un buon team per fare un certo tipo di corsa.

Wladimir, Lipowitz è il nome secco che ti avevamo chiesto. Ma se dovessi aggiungerne un altro paio?

Cian Uijtdebroeks, ma anche per lui vale il discorso della tenuta sulle tre settimane, aggiungendo però l’incognita che non è un super guidatore e sulle strade del Giro serve sempre. E poi O’ Connor, anche se non è del tutto una sorpresa.

Test e valori prima del via. Il cuore conta più dei watt

02.05.2024
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Samuel Marangoni, coach della Polti-Kometa è di ritorno dal Giro di Turchia. La corsa è servita, come spesso capita, per rifinire la condizione prima di un grande appuntamento, in questo caso il Giro d’Italia, chiaramente… 

I ragazzi di Marangoni, tra l’altro, si sono ben comportati vincendo una tappa con Lonardi e stando spesso nella mischia. 

Ma in queste corse di preparazione cosa guarda davvero un allenatore? Quali sono gli ultimi test, i valori e i dati che analizzare? Da cosa capisce veramente come stanno i suoi atleti? Quesiti che abbiamo sviscerato appunto con Marangoni.

Samuel Marangoni, coah romagnolo che segue i ragazzi della Polti- Kometa, durante un test (foto Instagram)
Samuel Marangoni, coah romagnolo che segue i ragazzi della Polti-Kometa, durante un test (foto Instagram)
Samuel, dunque, partiamo da questa serie di quesiti…

I test sono più relativi alla parte di allenamento e si fanno prima, sia a ridosso dell’evento che nei mesi precedenti, dell’ultima gara, in questo caso del Turchia. Del nostro team presente al Giro abbiamo fatto il ritiro in altura suddiviso in due gruppi. Una parte era al Teide e una a Sierra Nevada. In quell’occasione sono stati effettuati i test base prima del Giro d’Italia.

Che tipo di test?

Il classico incrementale in salita, facendo dei tratti sali e scendi, fino ai 4 millimoli di accumulo di acido lattico. E poi quelli della critical power sui 5′, 10′ e 20′ per verificare le massime prestazioni degli atleti in quei lassi di tempo.  Ma questi ultimi si possono verificare anche in corsa e sono in quel caso legati anche alla performance.

In corsa cosa guarda un coach in questa fase della preparazione?

Non ci sono solo i watt, sia in ritiro che in corsa si monitorano diversi parametri legati al cuore: frequenza cardiaca del mattino, variabilità cardiaca, il medico misura la pressione e si bada soprattutto agli scostamenti di questi parametri più che ai valori in sé per sé. E poi oltre ai dati si osserva anche la corsa, la performance come dicevo. 

Una fascia cardio: il cuore assume grande importanza per la valutare lo stato di condizione
Una fascia cardio: il cuore assume grande importanza per la valutare lo stato di condizione
Alla fine il ciclismo non è fatto di soli numeri, questo è il concetto?

Esatto, è la strada che dice quello che hai fatto e come stai veramente. E quando scatta la corsa vera e propria e gli atleti fanno performance buone, cioè si fanno trovare pronti, sai che hai lavorato bene. Poi per me è anche molto importante parlare con i corridori per confrontare sensazioni e stati d’animo con tutti i vari parametri e i vari momenti della gara.

Samuel, hai dato una certa importanza ai valori cardiaci. Perché?

Perché sono parametri importanti e non solo quelli in attività ma anche quelli in fase di riposo. Si hanno riscontri sulla condizione anche in base al recupero: quanto ci mette, in che “quantità” avviene… E  ovviamente si valuta anche il recupero durante lo sforzo. Un parametro molto indicativo per esempio in questo caso è la deriva cardiaca.

Di cosa si tratta?

E’ quel valore del cuore che dice quanto si alza la frequenza cardiaca a parità di watt nel corso del tempo. Faccio un esempio con numeri totalmente a caso: nella prima ora per fare 250 watt le pulsazioni sono 150, dopo 5 ore per esprimere sempre 250 watt di pulsazioni ne servono 157. Ecco, quella differenza di 7 pulsazioni è la deriva cardiaca. E più questa è ridotta e più l’atleta sta bene. 

Tra Teide e Sierra Nevada gli ultimi grandi volumi di allenamento prima del Giro per i ragazzi della Polti-Kometa
Tra Teide e Sierra Nevada gli ultimi grandi volumi di allenamento prima del Giro per i ragazzi della Polti-Kometa
Insomma più cuore che watt?

In questo caso di valutazione sì, ma è chiaro che i watt restano importanti. In questo periodo se hanno lavorato bene, se stanno bene in corsa vedi i valori migliori, magari anche qualche picco eccellente. Anche questi sono indicativi. Da qui comunque capisci tanto, se uno scalatore si stacca da 50 corridori ovviamente c’è qualcosa che non va, specie se non raggiunge i suoi standard.

Un tempo si diceva che quando il cuore saliva bene, il corridore era fresco. Vale ancora questa regola?

Vale ancora, ma quel che conta ancora di più è che il cuore sia elastico, cioè che salga tanto, ma anche che scenda tanto. Ma questo valore emerge soprattutto durante il Giro, con l’accumularsi della fatica tappa dopo tappa. In corse di un giorno o di poche tappe, le differenze emergono meno.

C’è un’altra Borghesi che emerge sempre di più…

02.05.2024
5 min
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Un padre come Giuseppe che è stato un ottimo dilettante, vincitore della Trento-Bondone nel 1989 e della Torino-Valtournenche, fermatosi alle porte del professionismo per problemi fisici. Una sorella come Letizia che è una colonna portante dell’EF Education Tibco SVB. Poteva Giada Borghesi non seguire le orme di famiglia? Lei ci ha provato, si è dedicata a tennis e atletica, ma poi il richiamo della bici è stato troppo forte.

Il successo nella prima tappa del Giro Mediterraneo in Rosa, chiuso poi terza (foto Ossola)
Il successo nella prima tappa del Giro Mediterraneo in Rosa, chiuso poi terza (foto Ossola)

Cambio di alimentazione

Il suo amore per le due ruote è stato talmente forte da superare momenti davvero difficili ed è la stessa ciclista trentina a raccontare la sua odissea che ha trovato il suo “approdo a Itaca” solamente in questa stagione.

«A dicembre 2020 – racconta – ho preso il Covid. L’anno dopo dovevo esordire nell’Aromitalia Basso Bikes Vaiano, ma non sono mai stata bene e gareggiavo pochissimo. C’è voluto tanto tempo per capire che cosa avevo, si pensava fossero i postumi del covid, ma non era così. A marzo 2022 ho avuto la risposta: sono celiaca. Ho cambiato alimentazione, ma per ritornare quella di prima c’è voluto tempo e intanto un’altra stagione era passata. Nel 2023 ho fatto qualche buona gara nazionale e intanto iniziavo a emergere anche nel gravel».

Una delle rarissime apparizioni della Borghesi nel 2021, il suo annus horribilis
Una delle rarissime apparizioni della Borghesi nel 2021, il suo annus horribilis
Poi sei approdata alla BTC City Ljubljana

E finalmente ho potuto mostrare quel che so fare. Ho potuto lavorare bene d’inverno e avere una buona stagione nel ciclocross.

Che cosa ti accomuna a tua sorella Letizia e che cosa avete di diverso?

Caratterialmente siamo all’opposto, lei è più timida e introversa, io sono molto più esuberante. Dal punto di vista ciclistico è più difficile dirlo, anche perché abbiamo 4 anni di differenza e di esperienza, considerando anche che io, saltando due anni, posso considerarmi ancora alle prime battute. Lei comunque è una passista che va bene anche in salita, io nelle ascese forse ho qualcosa in più, ma devo ancora dimostrare tutto. Letizia poi ha una predilezione per le corse belghe, per le classiche e in questo vorrei imitarla.

Giada con sua sorella Letizia (a sinistra), della quale vuole seguire le orme anche nel WorldTour
Giada con sua sorella Letizia (a sinistra), della quale vuole seguire le orme anche nel WorldTour
La sensazione vedendo la tua stagione è che il successo nella Worthersee Gravel Race, la tappa austriaca delle World Series, ti abbia un po’ sbloccato: dopo non sei quasi mai uscita dalla top 10…

E’ che in quella gara ho finalmente potuto iniziare a raccogliere i frutti del mio lavoro. Alla Ponente in Rosa avevo un virus intestinale come altre del mio team e non sono riuscita a emergere, ma già al Trofeo Binda ero andata bene. Ero con le prime fino a una trentina di chilometri dal traguardo. Alla gara gravel le cose hanno iniziato a girare bene e da lì sono state tutte giornate positive.

Passare indifferentemente dal gravel alla bici su strada non è però molto semplice…

E’ vero, serve un periodo di adeguamento, come per ogni tipo di bici. Dopo la vittoria in Austria sono tornata a gareggiare su strada una settimana dopo, in Francia, sono andata bene ma un po’ di contraccolpi in quella settimana li ho sentiti. Ormai poi per emergere bisogna guardare ogni dettaglio.

La vittoria in Austria è stata uno sblocco per la Borghesi. Unica a rimanerle vicina la Schreurs (NED) a 4″
La vittoria in Austria è stata uno sblocco per la Borghesi. Unica a rimanerle vicina la Schreurs (NED) a 4″
Cosa rappresenta per te il gravel?

Un’opzione importante. Avrei gareggiato anche nella prova di Orosei, ma c’era il Liberazione e la squadra voleva la mia partecipazione. A fine giugno agli italiani comunque ci sarò e spero che dal gravel arrivi anche una convocazione in azzurro, anche come sorta di compensazione per non essere riuscita a coglierla nel ciclocross.

A proposito di Liberazione: sia lì che precedentemente al Giro Mediterraneo in Rosa sei stata l’unica vera alternativa alla Uae.

Mi sono sentita circondata, soprattutto sulle strade romane. Essere allo stesso livello di un team del WorldTour è una grande soddisfazione. Contro ragazze così hai la sensazione di non poter gestire la corsa. Al Giro del Mediterraneo, dopo che nella prima tappa avevo preso la maglia, ho capito subito che non c’era possibilità di difenderla. Infatti Gillespie è andata via e non ho potuto fa nulla. Essere riuscita comunque a salire sul podio finale è stata una grande soddisfazione al termine di una bella esperienza. Per me era la prima vera corsa a tappe disputata nel pieno delle mie possibilità.

Giada Borghesi al Liberazione, attorniata dalle ragazze della Uae
Giada Borghesi al Liberazione, attorniata dalle ragazze della Uae
E a Roma?

Ero io contro di loro… A cinque giri dalla fine scattavano a turno e io rispondevo sempre, unica a farlo. Ero contenta di quel che facevo, ma sapevo anche che non potevo continuare così. Infatti quando sono andate via in tre, non sono riuscita ad agganciarmi e chiaramente Venturelli non poteva aiutarmi nell’inseguimento. Alla fine quel 5° posto è stato di grande valore.

Chiaramente la tua squadra non è a quel livello, ma come ti ci trovi?

Molto bene, apprezzo soprattutto il fatto che sia un team che fa attività di un certo livello, con molte prove all’estero. E’ un team italiano, anche se collegato a una struttura slovena. E’ un bel gruppo, certamente contro una squadra del WT c’è troppa differenza. Ora siamo in Francia, per le corse di Morbihan del fine settimana, sarà un altro bel test contro team più accreditati.

In maglia azzurra nel ciclocross. Ora l’aspirazione è fare lo stesso su strada e nel gravel
In maglia azzurra nel ciclocross. Ora l’aspirazione è fare lo stesso su strada e nel gravel
Che cosa ti aspetti da qui alla fine dell’anno?

Tanto. Innanzitutto continuare a sentirmi così o anche meglio, in modo da conquistare la vittoria giusta per ottenere magari una convocazione in azzurro. In definitiva quel che vorrei è raccogliere più risultati possibili per meritarmi un palcoscenico più grande…

Trevigiani in Francia per la prima corsa a tappe della stagione

02.05.2024
4 min
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L’Uc Trevigiani si trova in Francia, precisamente sulle strade de la Ronde de l’Isard, corsa a tappe under 23 (foto apertura Florian Frison/DirectVelo). Ieri si è disputata la prima tappa con arrivo a Trie-sur-Baise, con vittoria dello svedese Lovidius, il secondo posto dell’azzurro Sierra (Tudor U23) e il quarto proprio di Perani della squadra veneta. Oggi si arriva invece a Bagneres de Luchon, città che ha ospitato parecchie volte il Tour de France. Un viaggio lungo, che ha portato i ragazzi della Trevigiani fino al dipartimento dell’Alta Garonna, al confine con la Spagna. Tanti chilometri per trovare la prima corsa a tappe della stagione: non un bel segnale se un team italiano deve attraversare un intero Paese per far correre ai suoi ragazzi un appuntamento di alto livello. 

«Questo – dice Filippo Rocchetti diesse del team – rappresenta il primo passo di avvicinamento al Giro Next Gen. Siamo arrivati nella giornata di lunedì 29 aprile: due massaggiatori, un meccanico, i sei corridori ed io. I ragazzi hanno pedalato su queste strade per prendere le misure e noi abbiamo fatto tutte le verifiche e i controlli prima di iniziare la corsa».

Un lungo viaggio

L’Alta Garonna si trova all’interno del Parco Nazionale dei Pirenei, da queste parti il ciclismo e la salita sono due certezze. Per certi versi l’idea degli organizzatori è la stessa di quella che hanno avuto al Giro della Valle d’Aosta. Una corsa a tappe breve ma impegnativa, sempre con la catena in tiro e la faccia che guarda al cielo. 

«E’ stato un viaggio davvero lungo – continua Rocchetti – dieci ore e mezza di macchina, per fortuna non abbiamo trovato traffico. Lungo, ma scorrevole (ride, ndr). Partiamo da qui per arrivare nel migliore dei modi al Giro Next Gen. Il percorso sarà impegnativo e i ragazzi si devono preparare, per molti di loro la Ronde de l’Isard è la prima corsa a tappe da U23. La Trevigiani da queste parti era già venuta qualche volta, per me, invece, rappresenta il debutto da diesse in terra francese».

Tanta Italia ieri nella prima tappa con 5 atleti nei primi 10 (foto Florian Frison/DirectVelo)
Tanta Italia ieri nella prima tappa con 5 atleti nei primi 10 (foto Florian Frison/DirectVelo)
Come siete organizzati?

Abbiamo portato un furgone officina, una macchina e un furgone per trasportare i ragazzi. I trasferimenti sono comodi, al massimo ci saranno da coprire 45 chilometri tra l’arrivo di una tappa e la partenze di quella successiva. Ci siamo attrezzati con il minimo indispensabile, con sei ragazzi una macchina va ancora bene. Poi comunque ci sono gli altri a casa che saranno impegnati nelle attività nazionali. 

Hai parlato di preparazione al Giro Next Gen, quindi questi sei sono gli stessi che vedremo in azione alla corsa rosa per U23?

Praticamente saranno questi, al Giro i corridori che si potranno schierare saranno sei. Però i nomi usciranno da qui. La Ronde de l’Isard è una gara davvero dura, con cinque tappe che non danno mai respiro. 

Nella zona dei Pirenei la primavera non si è affacciata in maniera decisa (foto Florian Frison/DirectVelo)
Nella zona dei Pirenei la primavera non si è affacciata in maniera decisa (foto Florian Frison/DirectVelo)
Come mai diventa una tappa importante per preparare il Giro?

Perché è la prima corsa di più giorni dell’anno, per prima cosa. Poi è dura e quindi si mette tanta fatica nelle gambe. Spero di uscire da qui con i ragazzi in crescita. La corsa prevede tante salite lunghe, cosa che in Italia nelle gare U23 facciamo fatica a trovare.

Hai detto che molti ragazzi sono alla prima esperienza in una gara a tappe. 

Sì, sembra strano ma è così. In Italia ne abbiamo poche e per di più il Giro Next Gen è la prima. Portare ragazzi a fare esperienza è importante per far capire loro come ci si muove in gruppo e come si gestiscono certi sforzi. Se penso al fatto che siamo arrivati fino al confine con la Spagna per fargli fare un’esperienza così

In questo giorni in Francia il corridore di punta della Trevigiani sarà Zamperini (in secondo piano)
In questo giorni in Francia il corridore di punta della Trevigiani sarà Zamperini (in secondo piano)
Il parterre è importante.

Ci sono altre due formazioni italiane: Technipes e CTF. Poi c’è la Visma Development al completo e tante squadre di sviluppo. Il livello è alto, noi punteremo a difenderci e a raccogliere qualche risultato. La nostra punta è Zamperini, sta bene ed è in condizione, il suo mese di aprile lo ha dimostrato. Vedremo cosa farà da qui in avanti.

Nibali, Pogacar, il Giro e i ricordi di un altro Grappa

02.05.2024
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Vincenzo Nibali sta guidando. Provando a seguire i puntini dei suoi tragitti, si capisce perfettamente che il siciliano sia davvero a tutta. Gli ultimi tempi poi sono particolarmente convulsi, fra il Giro d’Italia che inizia, i 100 giorni alla partenza del Tour, varie inaugurazioni e probabilmente la prima del docufilm sui suoi inizi, girato a Messina fra gli amici della sua infanzia.

Al Giro con Vegni

Il Giro d’Italia di quest’anno si deciderà o probabilmente appenderà il cartello fine sulla salita che per lui fu l’inizio: il Monte Grappa. Scollinò per primo e si lanciò come una furia nella discesa verso Asolo. Era il 2010, il Giro doveva ancora affrontare lo Zoncolan e il Mortirolo, ma per Vincenzo arrivò la prima vittoria di tappa. Ed è così che dopo qualche passo nel presente, è semplice e fantastico scivolare nel passato, ricordando quel ragazzo di 25 anni, che si affacciava sulla porta dei grandi e ne reggeva lo sguardo e il passo.

«Vediamo un po’ cosa combina Pogacar al Giro – dice – i primi giorni non sono proprio robetta semplice. Bisogna essere belli pronti e poi avere una condizione da portare avanti sino alla fine. Io vi seguirò a puntate. Ho rinnovato la collaborazione con RCS, per cui in alcune occasioni sarò accanto a Vegni e anche ad altri. Il ruolo di direttore di Mauro è molto importante e forse per certi versi sottovalutato da chi è fuori. Ho avuto modo di seguire qualche tappa con lui e ti rendi conto del lavoro che c’è. Il suo e di tutto il gruppo che lavora per la sicurezza. La prima volta che l’ho visto, ho ammesso che non mi aspettavo ci fosse dietro tanto impegno.

«L’atleta pensa a correre e vincere, di tutto il resto non ha un’idea. Ho proposto di fare una riunione solo con i corridori, per spiegare come si muovono le staffette. Si potrebbe fare quando vengono per la presentazione delle squadre. Magari perdi un’ora in più, però a livello di sicurezza gli daresti delle informazioni molto preziose. Sono andato in auto con Longo Borghini a vedere i primi pezzi della strada, a mettere a posto dettagli in apparenza banali: le strisce, le transenne, i cartelli. A segnare cose che magari durante le prime ricognizioni non erano state annotate e che si vedono meglio quando la strada è chiusa e senza macchine. Oppure i finali d’arrivo più pericolosi».

22 maggio 2010: il Grappa è iniziato, la selezione è stata dura: restano Scarponi, Basso, Nibali ed Evans
22 maggio 2010: il Grappa è iniziato: restano Scarponi, Basso, Nibali ed Evans
A proposito di finali ad alta tensione, si torna sul Monte Grappa e alla picchiata su Bassano del Grappa. Tu arrivasti più avanti, ad Asolo, ma il versante è lo stesso…

La mia prima vittoria al Giro d’Italia. Era una tappa che puntavo. Il giorno prima, anche a tavola, l’avevo dichiarata. Ridendo e scherzando, dissi a Ivan: «Domani, quando si scollina lassù in cima, in discesa scansati perché attacco!». Un po’ se la prese, non era spiritoso al riguardo, ma devo essere sincero al di là delle battute: mi diede una bella mano a vincere quella tappa. Ero un giovane che voleva mettere subito “i puntini sulle i”, ma da lui ho appreso molto.

Era il famoso Giro della fuga dell’Aquila, per cui vi toccò tirare ogni santo giorno…

Ero andato forte in quel Giro d’Italia. Sostanzialmente avevo fatto lo stesso percorso di avvicinamento di Ivan Basso, con l’eccezione del Romandia. Non dovevo farlo il Giro, toccava a Pellizotti. Dopo la Liegi ero andato in Sicilia e avevo, come dire, le orecchie basse perché in Belgio non ero andato benissimo. Soffrivo di allergia e mi ricordo che facevo fatica a respirare. Mi sentivo strano, un po’ debole. Ricordo che un giorno mi arrivò la chiamata, ero giù da neanche una settimana. Mi chiamò Zanatta e mi disse che avevano pensato di portarmi al Giro d’Italia. Aveva parlato con Slongo (il preparatore che lo ha seguito per quasi tutta la carriera, ndr) e avendo fatto lo stesso programma di Basso, erano certi che avessi le carte in regola.

E tu?

Io ero onestamente un po’ dubbioso. Il Giro del 2010 partiva dall’Olanda e lassù piovve per tutto il tempo e questo mi cambiò la vita. Iniziai a sentirmi un’altra persona. Con la pioggia si erano abbassati tutti i polini e giorno dopo giorno iniziai a stare meglio. Infatti andai subito bene, forte già dalle prime tappe. E’ lo stesso Giro in cui presi la maglia rosa nella cronosquadre di Cuneo, sotto un bel diluvio, e la persi nel fango di Montalcino. Quando arrivammo al Monte Grappa, la maglia rosa ce l’aveva Arroyo e l’aveva presa appunto all’Aquila. Dovevamo ancora recuperargli sette minuti.

Manca poco allo scollinamento, Evans si appesantisce: è l’occasione che Nibali aspetta
Manca poco allo scollinamento, Evans si appesantisce: è l’occasione che Nibali aspetta
Il Grappa lo conoscevi? Ci avevi messo mai le ruote sopra?

No, era la prima volta. Ne avevo fatto qualche pezzettino negli anni precedenti quando ero in quelle zone ad allenarmi, però in cima non ero mai arrivato e in gara ovviamente era tutt’altra cosa.

Cosa ricordi di quel giorno?

La presero forte quelli del Team Sky, che erano al primo anno: mi ricordo che c’era anche Wiggins. Subito dopo però calarono un po’ l’andatura e così dalla metà in poi prendemmo in mano noi le redini della corsa. Iniziammo a tirare con il solito protocollo di azione per la salita. Per cui c’era prima Kieserlowski, poi Agnoli, quindi Sylvester Szmyd che era l’ultimo. Quando finì lui, vidi che eravamo rimasti in pochi. Finché nell’ultimo pezzettino, quando eravamo proprio in cima, ci accorgemmo che Cadel Evans (uno degli avversari più pericolosi di Basso, ndr) aveva scollinato leggermente staccato. Così una volta in cima, scollinai insieme a Basso, presi la discesa e andai via.

Era quello lo schema di cui avevate parlato a cena la sera prima?

Esatto, anche se a metà discesa mi arrivarono un po’ di crampi. C’era un pezzettino in cui dovevi pedalare di nuovo (da Ponte San Lorenzo a Il Pianaro, ndr) e le gambe picchiavano. Però fu il modo per farle ripartire gradualmente e a farle girare piano piano, i crampi mi passarono. Feci l’ultima parte della discesa e poi gli ultimi 7-8 chilometri per andare all’arrivo. Arrivai con 23 secondi di vantaggio, mi sembra.

Planata dal Grappa e arrivo solitario ad Asolo. Per Nibali la prima tappa vinta al Giro
Planata dal Grappa e arrivo solitario ad Asolo. Per Nibali la prima tappa vinta al Giro
Se ci pensi adesso con tutta la carriera che hai avuto dopo, quel giorno resta un po’ importante?

E’ stato importante, perché io ero andato al Giro pensando di provare a vincere qualche tappa, non avevo obiettivi di fare la classifica. Per quella c’era Ivan Basso, io già qualche Giro l’avevo fatto e quell’anno avrei dovuto fare il Tour de France, ma lo scambiai con il Giro d’Italia. Venne stravolta tutta la mia stagione. Arrivai terzo al Giro e poi andai alla Vuelta, che vinsi: il mio primo grande Giro. Quindi il giorno di Asolo è stato un passaggio importante, la prima vittoria, la svolta della carriera. Quell’anno mi ero messo in testa di avere l’asticella sempre più alta…

Una salita come il Grappa nel gruppo di oggi come la vedi?

E’ sempre una salita che si fa rispettare e se viene fatta forte, fa parecchio male. Anche la prima parte della discesa è bella impegnativa. Quando l’ho fatta io, era pure bagnata. E’ stretta, in cima l’asfalto era viscido. E’ una tappa che se qualcuno decide di farla forte da sotto fino a sopra, fa dei danni. Ovviamente con l’aiuto della squadra, non da soli…

Cosa ricordi degli ultimi metri: quando sei lì senti lo speaker che urla il tuo nome? Ti viene la pelle d’oca?

Senti il boato della gente, quello sì. La pelle d’oca, quella vera, ti viene però quando pedali in cima ai passi di montagna in mezzo a quelle due ali di folla, sperando che tutto vada bene. C’è la gente che ti incita e che ti urla, quello per me è sempre stato il massimo dell’adrenalina. Quel giorno là in cima non c’era tanta gente, forse anche perché pioveva, ma all’arrivo di Asolo c’era un mare di tifosi: questo me lo ricordo veramente, ad Asolo c’è sempre gente. Il giorno dopo provai a entrare nel villaggio, ma non riuscii perché venni… asfaltato dai tifosi (ride, ndr). Io poi io con quella città ho sempre avuto un buon rapporto.

Nibali ha ancora 25 anni, la prima tappa al Giro inaugura il 2010 della vittoria alla Vuelta
Nibali ha ancora 25 anni, la prima tappa al Giro inaugura il 2010 della vittoria alla Vuelta
Come mai?

Perché ci vinsi anche un campionato italiano juniores. Le persone si ricordavano anche di quel ragazzino in maglia tricolore. In Veneto ho avuto dei bei trascorsi, da quando andai a correre con la Fassa Bortolo e poi con la Liquigas.

Ci vediamo al Giro, quindi?

Certo. Faccio le prime tre tappe, poi vado a Genova perché intitolano una ciclabile a Michele Scarponi. Poi rientrerò più avanti , magari in qualche tappa vicina e poi per il gran finale. A Livigno non ci sono, però penso che salirò il giorno dopo, per il riposo. Nel frattempo esce anche il mio docufilm e non so se vogliono fare una prima visione proprio quel giorno.

E’ vero che l’avetre girato tutto in Sicilia?

Tutto giù, esatto. L’ha girato Marco Spagnoli, che ha fatto docufilm anche su Franco Battiato, Pino Daniele, Sofia Loren e Dino Zoff. Il mio sarà concentrato sulle origini, il luoghi da dove sono partito. Ci sono un po’ di racconti della famiglia, siamo andati a vedere il paese dove sono cresciuti i miei genitori. Ci sono un po’ di miei amici, qualche racconto di mio cugino Cosimo e quelli che sono riusciti a venire. Carlo Franceschi non ha potuto per la distanza, invece Malucchi ha tirato fuori ricordi che riguardavano suo papà. Non so ancora dove sarà trasmesso, ma la produzione un po’ è della Regione Sicilia e un po’ di RAI. Vediamo quando ci sarà la prima. Intanto ci si vede a Torino…

Intergiro, Zazà l’ultimo eroe: «Non è sfida solo per velocisti»

02.05.2024
4 min
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Fabrizio Guidi, Mariano Piccoli, Dimitri Konyshev, Stefano Zanini… I più esperti o quelli dotati di miglior memoria, chiudendo gli occhi ricorderanno questi atleti al Giro d’Italia vestiti di blu. Quello era il blu della maglia dell’Intergiro, una speciale classifica della corsa rosa. 

Nato nel 1989 per volontà di Carmine Castellano, l’allora direttore del Giro, l’Intergiro aveva lo scopo di movimentare ulteriormente la corsa.

Il primo a vincerlo fu lo sloveno Jure Pavlic, Guidi ne vinse bene tre edizioni, mentre l’ultimo a conquistarlo fu Stefano “Zazà” Zanini, nel 2005. E qui va fatta una precisazione. Una classifica denominata Intergiro risulta anche nel 2006 e a vincerla fu Paolo Savoldelli, ma era già diversa. Si trattava di una classifica mista che non ebbe molto successo e infatti non fu più riproposta.

All’epoca Zanini era un atleta della Quick Step-Innergetic, oggi è uno dei direttori sportivi dell’Astana Qazaqstan. E proprio lui ci racconterà qualcosa di più in merito a questo premio speciale.

Zanini con Bettini, uno in maglia ciclamino e uno in maglia blu al Giro del 2005 (foto Getty Images)
Zanini con Bettini, uno in maglia ciclamino e uno in maglia blu al Giro del 2005 (foto Getty Images)

Rispetto ad un semplice traguardo volante che assegna punti, l’Intergiro assegnava punti e soprattutto fermava i cronometri. Era infatti una classifica a tempo. C’erano gli abbuoni per gli sprint e il leader portava una maglia, quella blu appunto. Era come un piccolo Giro nel Giro. 

Stavolta l’Intergiro sarà un po’ diverso. Non prevederà una maglia, ma un premio in denaro e un corso di guida sicura. E’ sostenuto da Sara Assicurazioni e Polizia di Stato, come abbiamo scritto anche qualche giorno fa.

“Ogni traguardo Intergiro – si legge nel regolamento – uno per tappa ad esclusione delle tappe a cronometro, assegna ai primi tre classificati abbuoni di 3″ – 2″ – 1″ validi per la classifica generale individuale e ai primi otto classificati punti 12 – 8 – 6 – 5 – 4 – 3 – 2 – 1” . Da qui si stila una classifica di tappa e una generale dell’Intergiro stesso.

La maglia Intergiro di Zanini. Zazà la vinse davanti proprio a Bettini
La maglia Intergiro di Zanini. Zazà la vinse davanti proprio a Bettini
Stefano, torna una classifica e tu sei l’ultimo dell’albo d’oro…

Un bel ricordo. Fu bello indossare quella maglia e portarla a casa. Festeggiai con una grigliata e autografai, a dire il vero anche un po’ inaspettatamente, tante maglie. Me le chiesero amici, parenti…

Come si conquista un primato simile? Ci si parte o viene strada facendo?

Per me venne strada facendo, in partenza non ci avevamo pensato. Però intuimmo presto il potenziale. Se ben ricordo era già alla seconda tappa. Eravamo in fuga col “Betto” (Paolo Bettini, suo compagno di squadra, ndr) verso Tropea e feci la volata per prendere degli abbuoni… In quel momento entrai in classifica e iniziai a tenerla d’occhio. Mentre Paolo andava a caccia della maglia rosa. Poi strada facendo, appunto, è divenuto un obiettivo a cui badare con più concretezza.

Ma non la prendesti subito…

No, però col discorso della classifica a punti di Bettini, nei traguardi parziali eravamo spesso davanti e in lotta. Alla fine presi la maglia blu alla 17ª tappa, quella verso Limone Piemonte… una tappa di montagna!

Cosa dà una classifica così?

Dà visibilità. Consente di distinguerti ogni giorno in una corsa tanto importante come il Giro d’Italia. Sei tutti i giorni sul palco, ti riconoscono. Non ti cambia la carriera, è chiaro, ma è senza dubbio una soddisfazione personale.

Non solo velocisti. Chi vorrà conquistare l’Intergiro dovrà sudarselo. Guardate dov’è posto il traguardo nella penultima tappa
Non solo velocisti. Chi vorrà conquistare l’Intergiro dovrà sudarselo. Guardate dov’è posto il traguardo nella penultima tappa
Secondo te oggi con i grandi team che fagocitano tutto e si fa lo sprint per l’ennesimo piazzamento, assume più valore? Ci sarà più lotta magari tra i team più piccoli?

Ci può stare. Ritorniamo al discorso della visibilità, anche sui media, i giornali e non solo per la tv. Penso ad un team piccolo e qui immagino che nel finale del Giro quando la classifica è più assestata ci sia anche una lotta per l’attacco o per la difesa del primato tra i contendenti. Ma penso anche ad un giovane. Per questo profilo l’Intergiro potrebbe essere un buon banco di prova. 

Cioè?

Cioè provare a tenere duro. Può vedere come ci si gestisce nel rientrare in hotel più tardi in quanto hai le premiazioni e forse i controlli. Può imparare a difendersi… Sono tutte cose che un giorno ti serviranno per una maglia rosa o una maglia ciclamino.

Ecco, Stefano, hai tirato in ballo la maglia ciclamino. L’Intergiro è a tempo e spesso i suoi traguardi sono posizionati dopo una lunga salita. Pensiamo a quello di Semonzo tra una scalata e l’altra del Monte Grappa…

Non è detto infatti che vada ad un velocista, in passato l’ha vinto anche Indurain. E’ un bell’impegno. Bisogna studiare bene il posizionamento dei traguardi intermedi appunto. Mentre la maglia ciclamino, con gli arrivi in volata è più probabile finisca sulle spalle di uno sprinter… A meno che Pogacar non vinca dieci tappe!

De Lie e Germani, le corse e il lavoro a casa: scelte diverse

01.05.2024
6 min
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L’intervista di Lorenzo Germani pubblicata qualche giorno fa è emerso un particolare interessante. Il giovane frusinate alla domanda se avesse aumentato i carichi di lavoro a casa ha risposto così: «Nella fase invernale sì. Quando sono iniziate le corse e il virus preso al Provenza ha scombussolato un po’ i piani facendomi perdere qualche giorno di allenamento. Poi, visto il fitto calendario, il grosso del lavoro è stato fatto in corsa».

Un discorso simile è stato fatto dalla Lotto-Dstny con De Lie. Visto che la sua condizione è stata ritenuta inadeguata dopo la Gand-Wevelgem, il giovane belga è stato fermato perché tornasse ad allenarsi. Rientrato in gruppo domenica scorsa alla Lotto Famenne Ardenne Classic, che ha vinto (foto di apertura), Ardnaud ha ripreso il suo percorso verso il Tour de France, con una raccomandazione da parte dei suoi tecnici: correrà e osserverà dei periodi di allenamento, non ci arriverà di certo cercando la condizione di corsa in corsa.

Germani si è trovato a rincorrere la condizione a causa delle tante corse fatte (foto Getty/Instagram)
Germani si è trovato a rincorrere la condizione a causa delle tante corse fatte (foto Getty/Instagram)

Tutto al limite

La domanda che ci è saltata in mente è stata: può un virus, preso nella parte iniziale della stagione scombussolare tanto i piani? Quel che si capisce continuando a leggere l’intervista di Germani è che può, eccome. Nel ciclismo sempre più attento al dettaglio tutto pesa e se non sei uno dei top pesa anche di più. Il nostro spunto è passato direttamente a Claudio Cucinotta, preparatore dell’Astana. Non per parlare del caso Germani e di De Lie, non avrebbe senso visto che non sono suoi corridori, ma per ampliare il discorso. Quanto è importante curare l’allenamento a casa in un ciclismo che non permette più di allenarsi in gara?

«Dipende da tante cose – dice Cucinotta – perché le variabili da tenere in considerazione sono diverse. Sicuramente in gara non si può più arrivare al 70 per cento, questo però vale in particolare per i capitani. Loro possono rinunciare ad un appuntamento se non sono al massimo della condizione e la squadra viene loro incontro: guardate De Lie. I gregari, invece, se devono tappare un buco lo fanno anche se la condizione non è sufficiente. Insomma, se sei uno dei tanti, vai a correre in qualsiasi condizione». 

Dopo una gara di un giorno di media lunghezza il recupero è di un paio di giorni
Dopo una gara di un giorno di media lunghezza il recupero è di un paio di giorni
Con il rischio, come successo a Germani, di rincorrere lo stato di forma ideale. 

Spesso corridori di seconda fascia oppure giovani si sacrificano in corsa e lo fanno anche in queste situazioni. La squadra sa che non è al massimo, ma ti fa correre comunque, perché magari si rischia di partire con un uomo in meno. Poi se è una corsa di un giorno ancora si può fare, stringi i denti, lavori all’inizio e ti ritiri. Ma in una gara a tappe devi anche sforzarti per finirla o comunque arrivare il più avanti possibile. 

Al di là dell’esempio di Germani, curare l’allenamento a casa però è fondamentale, soprattutto tra una gara e l’altra.

Vero, la prima cosa che bisogna fare è recuperare bene. Le variabili delle quali tener conto sono davvero molte, a partire da quanto impegno ha richiesto tale gara. Se si è trattato di una corsa di un giorno o una gara a tappe e poi si valuta in base all’impegno successivo.

Una corsa a tappe come la Tirreno richiede un recupero più lungo: tra i 3 e 4 giorni
Una corsa a tappe come la Tirreno richiede un recupero più lungo: tra i 3 e 4 giorni
Facciamo un esempio: trittico delle Ardenne e poi Giro, come si fa?

Buon esempio, in tanti hanno fatto questo binomio. Il grosso della preparazione viene fatta prima delle Ardenne, magari con dell’altura. Poi si scende e si va a correre per una settimana, ma con sole tre gare. Una volta tornati a casa, il recupero è indicativamente di tre giorni, dal quarto si torna ad allenarsi.

E cosa si fa?

In una gara singola si corre ad un’intensità più elevata rispetto ad una gara a tappe. Il corridore quindi non avrà bisogno di fare sforzi brevi, ma lavori di fondo oppure di forza. Si inseriranno salite a lunga percorrenza fatte in Z2 o Z3. Dopo qualche giorno ci sarà solo un richiamo di intensità con lavori brevi sui 2 minuti massimo. Come ultimo allenamento si mette un’altra uscita lunga con tante ore ma senza lavori specifici. 

Al contrario se si esce da una corsa a tappe?

Dipende dov’è collocata, ma va fatto l’opposto. Una corsa a tappe, anche una di categoria 1.2, chiede un recupero più lungo, di quattro giorni magari. Si ritorna ad allenarsi dal quinto e si fanno tanti lavori specifici per allenare l’intensità. Comunque dopo cinque o sei giorni di gara, se non di più, il fondo lo diamo per assodato. 

A casa si sfrutta il tempo lavorando su aspetti che in corsa si sono trascurati
A casa si sfrutta il tempo lavorando su aspetti che in corsa si sono trascurati
Facciamo un altro esempio: un corridore che esce dalla Tirreno. 

Se ha come obiettivo il Giro allora potrebbe già avere una condizione buona e finita la gara recupera e torna a prepararsi per il grande obiettivo. Si va in altura e tutto procede secondo i piani. Se, al contrario, ha come obiettivo il Tour de France magari ha una condizione minore. La Tirreno è solo un passaggio per mettere gare nelle gambe ma senza cercare risultati. Guarda a corse del genere ma collocate più avanti nel calendario: Giro di Svizzera o Delfinato. 

Non c’è una ricetta vera e propria.

Concretamente no. Ogni preparatore segue corridori con obiettivi diversi e deve tenere conto di tante variabili. Certo è che se uno disputa una corsa a tappe a casa dovrà poi fare lavori ad alta intensità. Al contrario se un corridore esce da una serie di gare di un giorno andrà a curare più il fondo. 

Ad esempio dopo una serie di corse di un giorno si curano il fondo e la forza (foto Instagram Fortunato)
Ad esempio dopo una serie di corse di un giorno si curano il fondo e la forza (foto Instagram Fortunato)
Le gare di passaggio esistono ancora?

No. Ormai anche corse come Giro di Ungheria o Giro di Turchia hanno un livello alto. E’ praticamente impossibile mettersi nell’ottica che si va per migliorare, si deve già essere ad un buon livello. 

Se si hanno intoppi che impediscono di allenarsi a casa meglio rinunciare a correre?

Il ragionamento è giusto, ma in pratica se lo possono permettere solo i campioni. Sono loro che devono portare a casa i risultati quindi le squadre sanno che non possono farli rincorrere la condizione. Questo crea un circolo virtuoso: i gregari fanno quel che possono, mentre i capitani sono sempre, o quasi, al meglio della forma.

Questa la sintesi: Germani ha continuato a correre e stringere i denti. De Lie è stato fermato, ha recuperato e al rientro ha vinto.