La nuova avventura di Simion, in barca su Luna Rossa

03.06.2024
5 min
Salva

E’ vero, siamo in pieno clima preolimpico, ma nel mondo della vela si guarda già oltre, alla Coppa America che riempirà l’immediato periodo dopo Parigi. Una Coppa America che per la prima volta sarà “vicina” anche al ciclismo, vista la presenza dei cyclor, responsabili con la forza delle proprie gambe e con le proprie pedalate di dare energia sostenibile alla barca per effettuare importanti manovre come issare elettronicamente le vele o anche spostarle di direzione in base al vento. Molte delle sfide in gara hanno previsto la presenza di ciclisti, come l’olimpionico francese Pervis sulla barca nazionale. Anche Luna Rossa avrà un ciclista, un ex professionista come Paolo Simion.

Com’è nata la sua presenza sulla barca più amata da tutti gli italiani? «Nel 2021 avevo deciso di smettere con le corse e mi stavo guardando intorno. Lessi sulla Gazzetta di questa nuova figura del cyclor per la Coppa America, i responsabili erano alla ricerca di figure da coinvolgere e così provai a mandare una mail. Venni chiamato a fare una serie di test, sia a casa che in presenza, poi feci uno stage a Cagliari e da lì l’avventura è iniziata».

L’ex corridore della Bardiani con il resto dei cyclor durante la preparazione sui rulli
L’ex corridore della Bardiani con il resto dei cyclor durante la preparazione sui rulli
Che differenza stai trovando rispetto alla tua precedente attività e quindi che modalità di adattamento hai dovuto mettere in pratica?

Per certi versi si parla sempre di ciclismo, ma con una declinazione completamente diversa, che non è sostanzialmente paragonabile a nulla di ciò che riguarda quel che facevo prima. L’adattamento principale è stato anche un adattamento biologico agli orari imposti da questo tipo di attività. Non siamo solo atleti, siamo molto coinvolti in tutta una serie di iniziative a latere, di lavoro per la barca ma anche di impegni burocratici, tecnici, insomma un lavoro molto complesso del quale la preparazione atletica e la prestazione in regata sono solo una parte.

Tu che conoscenze avevi dal punto di vista velico?

Nulla se non la semplice visione delle edizioni precedenti in televisione. Non ero mai salito su una barca a vela. E’ stata una prima volta assoluta, qualcosa di completamente nuovo.

Paolo Simion ha 31 anni e viene da Castelfranco Veneto. Ha chiuso la sua carriera nel 2021
Paolo Simion ha 31 anni e viene da Castelfranco Veneto. Ha chiuso la sua carriera nel 2021
Parlando con Pervis, il campione francese sottolineava come l’impegno fisico duri dai 20 ai 30 minuti a regata, quindi è molto diverso per un pistard com’era lui.  Rispetto a lui il tuo passato ti avvantaggia, anche dal punto di vista organico e della preparazione?

Come picchi di potenza, lui li ha molto più alti dei miei. Io però penso di essere avvantaggiato dal punto di vista della resistenza. Poi molto dipende dal vento che si trova, dalle situazioni giornaliere e anche da quante manovre vengono fatte durante la regata: se vengono fatte tre manovre, può farlo chiunque. Se cominciano a esserne fatte 10-15-20 comincia a essere molto pesante. Ci sono occasioni nelle quali arrivi al traguardo completamente finito, peggio che per un tappone dolomitico.

Il fatto di aver affrontato gare anche di tre settimane quanto può essere utile?

Molto, soprattutto nella gestione dello sforzo, nel riuscire a capire i tuoi limiti, perché quando di manovre ce ne sono parecchie da fare, bisogna gestire le energie. Poi conta anche l’adattamento e la capacità di adattarsi a nuove tipologie di allenamento. Riuscire a capire il modello di prestazione più efficace per poi mettere in atto la tabella allenamento adatta, penso sia fondamentale. Le competizioni sono articolate su più giorni, con la componente climatica decisiva, che può richiedere giorni di sosta forzata e poi magari anche due regate nello stesso giorno.

Le regate inizieranno il 22 agosto. Detentore è Emirates Team New Zealand che nel 2021 sconfisse Luna Rossa
Le regate inizieranno il 22 agosto. Detentore è Emirates Team New Zealand che nel 2021 sconfisse Luna Rossa
Ma quanto è cambiata la preparazione rispetto a quando correvi?

Tanto, anche perché è cambiato il volume di ore. Se è uno sforzo breve non richiede di fare ogni giorno quattro ore di allenamento continuo. Ma logicamente non si può prescindere dal farle almeno una volta a settimana, perché la resistenza è una delle capacità condizionali di base, quindi di conseguenza bisogna affinarla. Prevalentemente sono allenamenti brevi con continui cambi di ritmo e allenamenti svolti a secco. Palestra con squat, pressa o crossfit per portare il fisico ad avere una maggiore forza fisica proprio perché andiamo a pedalare contro la residenza idraulica e non contro una ruota che poi deve creare velocità, quindi uno sforzo molto più muscolare rispetto a quello che si faceva normalmente.

Quanti cyclor ci sono in barca?

4 in una rosa di più del doppio.

Con te c’è anche Mattia Camboni che tre anni fa sfiorò la medaglia olimpica nel windsurf. Chi dei due può insegnare di più all’altro, venendo da due esperienze sportive così diverse?

Diciamo che io tutto il mio bagaglio sportivo riguardo al ciclismo lo sto dando a tutti quanti. Mattia però ha un’eccezionale capacità nel leggere il vento, capire dove ce n’è di più, solo guardando le onde sul mare. Noi, mi ci metto io ma anche chi viene dal canottaggio, veniamo da un mondo completamente diverso e queste nozioni ci portano a capire meglio cosa sta succedendo quando stiamo andando in barca, magari anche a prevedere certe azioni.

L’unica vittoria di Simion da pro’, nel 2018 al Giro di Croazia
L’unica vittoria di Simion da pro’, nel 2018 al Giro di Croazia
Mancano ancora settimane, com’è l’atmosfera, comincia a crescere la tensione in vista dell’appuntamento principale?

Le prime regate saranno il 22 d’agosto. Mancano ancora tre mesi, siamo ancora in una fase di allenamento, di modifiche della barca, capire cosa si può migliorare e cosa no, quindi sostanzialmente siamo già mentalmente coinvolti tantissimo, anche perché è una squadra che comprende 130 persone e tutti spendono tantissimo tempo per la costruzione del sogno. E’ adesso che si capirà se potremo fare una Coppa America da protagonisti.

Da neofita, che sensazioni ti dà questa esperienza?

E’ qualcosa di fantastico, anche perché sono entrato proprio dal nulla in uno sport che non conoscevo, sto imparando tantissime cose e poi anche dal punto di vista lavorativo sto facendo tante esperienze che non avrei mai sognato, imparando a fare anche dei lavori che un anno fa non avrei mai pensato, ad esempio saper leggere i disegni degli ingegneri per l’idraulica. Davvero un’esperienza che ogni giorno mi dà qualcosa di nuovo.

EDITORIALE / Due grandi Giri per Tiberi, sicuri che serva?

03.06.2024
5 min
Salva

Quantunque sia un campione e forse proprio per questo, Tadej Pogacar si accinge ad affrontare il secondo grande Giro nello stesso anno per la prima volta alla sesta stagione da professionista. Questa è certamente una gestione accorta e magari è alla base dei miglioramenti che lo sloveno riesce a fare ogni anno, contando su una grande freschezza atletica e una maturazione graduale. In questo, Matxin e lo staff tecnico del UAE Team Emirates non sbagliano un colpo.

Se il dubbio sulla durata delle carriere di questi giovani fenomeni riguarda l’eccesso di attività e il conseguente logorio, forse un’attività intensa ma non estenuante permetterà loro di andare avanti non tanto finché ne avranno le forze, ma finché ne avranno la testa. Se infatti chiedessimo a Pogacar cosa gli sia pesato di più del Giro d’Italia appena dominato, molto probabilmente non parlerebbe delle tappe, ma di tutto quello che vi girava attorno.

Due grandi Giri

Dall’articolo di ieri, in cui Fabio Aru commenta la maglia bianca di Tiberi, salta fuori uno spunto che non è passato inosservato. Provando con grande garbo a dare un consiglio al laziale della Bahrain Victorious, Fabio gli suggerisce di fare le cose per gradi.

«Deve avere un po’ di calma – ha detto Aru – poi logicamente ci saranno i suoi tecnici alla Bahrain Victorious a prendere sicuramente le scelte giuste: ormai le squadre sono gestite da professionisti. Io personalmente mi buttai un po’ troppo a capofitto. Già dal 2014 iniziai col fare sempre due grandi Giri ogni anno e non fu un bene. Guardiamo anche come è stato gestito Pogacar, che fino a quest’anno non ha mai fatto due grandi Giri nella stessa stagione. Giro, Tour e Vuelta sono belli, ma ti logorano. Quindi per Tiberi ci sta adesso fare il Delfinato, ma attenderei ad aggiungere il secondo Giro».

Tiberi ha corso un ottimo Giro, spendendo parecchio. E’ già in gara al Delfinato e ad agosto alla Vuelta
Tiberi ha corso un ottimo Giro, spendendo parecchio. E’ già in gara al Delfinato e ad agosto alla Vuelta

Gambe e testa

Aru, a ben vedere, corse il Giro del 2013 al primo anno da pro’ in appoggio a Nibali. L’anno successivo, a 24 anni, corse Giro e Vuelta. Stessa cosa nel 2015. Nel 2016 corse soltanto il Tour, nel 2017 Tour e Vuelta. Nel 2018, Giro e Vuelta, prima che la sua carriera iniziasse a declinare in modo piuttosto rapido.

Quei primi anni all’Astana furono frenetici, belli e anche singolari. Di fatto a partire dal 2014 nel team kazako si era creata una sorta di spaccatura fra il gruppo Nibali e il gruppo Aru. Una competizione interna che faceva pensare a un dualismo all’antica, senza considerare che si stesse parlando di due compagni di squadra. Perché spingere Aru costantemente al doppio impegno? Erano anni in cui si potevano sostenere due grandi Giri all’anno senza grandi conseguenze, oppure si spinse troppo sul gas? Nonostante la sua carriera sia iniziata ben prima del Covid, quel tipo di attività l’ha resa inaspettatamente breve. Che sia stato per logorìo mentale oppure fisico, il percorso più bello di Aru nel professionismo è durato per quattro stagioni.

Nel 2019 Pogacar ha corso la Vuelta, conquistando il podio e la maglia dei giovani
Nel 2019 Pogacar ha corso la Vuelta, conquistando il podio e la maglia dei giovani

La cura del campione

Tiberi ha partecipato al suo primo grande Giro nel 2022, a 21 anni: la Vuelta, alla terza stagione da professionista. Ha replicato lo scorso anno, mentre nel 2024 ha debuttato al Giro d’Italia, arrivando quinto. Il suo programma 2024 prevede nuovamente la Vuelta: è un passaggio utile per un atleta che il 22 giugno compirà 23 anni? Magari sono solo considerazioni personali: dopo il Delfinato e fino a Burgos, Antonio avrà un calendario tranquillo. E se ha voglia di fare la Vuelta, forse non sarà troppo pesante. Oppure la squadra non ha altri leader da schierare e, mandando Buitrago e Jack Haig al Tour, deve spedire Tiberi in Spagna. Sono considerazioni che invitano al ragionamento.

Vincenzo Nibali, cui Tiberi viene affiancato per caratteristiche caratteriali e in parte anche tecniche, affrontò il doppio impegno nel 2008, a 24 anni. Evenepoel, 24 anni, ha doppiato l’impegno lo scorso anno, anche se si era ritirato dal Giro alla nona tappa. Non si può dire pertanto che abbia partecipato a due grandi Giri nella stessa stagione e non è dato di sapere se quest’anno dopo il Tour parteciperà anche alla Vuelta. Vingegaard solo nel 2023, a 27 anni, ha partecipato al Tour e alla Vuelta.

Perché fare due grandi Giri all’anno, avendone appena 23? Costruire la carriera dell’atleta, rendere redditizio l’investimento oppure fare punti? L’esempio di Pogacar dovrebbe far riflettere. Al netto dei soldi, delle bici, degli sceicchi, della nutrizione e di tutto quello che gira attorno a uno squadrone come la UAE Emirates, quello che colpisce è la cura dell’atleta. Quanto durerebbe Pogacar facendo tutti gli anni due grandi Giri? Forse per questo, a meno di clamorosi ripensamenti, non andrà alla Vuelta. Significherebbe rimangiarsi ben più di una parola.

Terapia, stretching e palestra: così Covi è tornato in corsa

03.06.2024
4 min
Salva

L’infiammazione al tendine che ha rallentato la stagione di Alessandro Covi è rientrata totalmente. Nelle settimane che arrivano il corridore del UAE Team Emirates è pronto a recuperare il tempo perduto. La sua voglia di rivincita l’abbiamo già assaggiata in una precedente intervista, ora è il momento di capire come sia tornato in sella e competitivo. Per farlo ci viene in soccorso Victor Moreno, fisioterapista della squadra che ha seguito Covi durante l’infortunio. 

«Covi ha sentito male al tendine d’achille della gamba sinistra – dice Moreno – durante la Tirreno-Adriatico – ha continuato a pedalare per concludere la corsa. Contemporaneamente, crediamo a causa di una compensazione, gli è venuta un’altra infiammazione al tendine rotuleo del ginocchio destro. In questi casi è sempre difficile capire la causa scatenante, è possibile che il volume e l’intensità della corsa sia stato un fattore determinante». 

L’infiammazione del tendine d’achille provoca un dolore forte che impedisce gran parte dell’attività sportiva (foto MyPersonalTrainer)
L’infiammazione del tendine d’achille provoca un dolore forte che impedisce gran parte dell’attività sportiva (foto MyPersonalTrainer)

Piccoli cambiamenti

Parlando con Covi era emerso che rispetto alla stagione precedente non era cambiato nulla per quanto riguarda la bici. L’unica cosa ad essere cambiata era la soletta delle scarpe, un modello nuovo che sembrava dargli maggiore stabilità. Tanto da cambiare le tacchette Shimano, passando dalle blu a quelle gialle. L’infiammazione del tendine ha poi costretto Covi a tornare alle blu durante questa stagione. 

«Penso che il problema possa essere legato a questo – dice il fisioterapista – il tendine lavorava maggiormente e ha subito un sovraccarico di lavoro. Cosa che si è ampliata con l’intensità della gara e il volume degli allenamenti. Anche se, ad inizio stagione, durante la preparazione invernale, non aveva dolori. Credo che lo sforzo elevato sostenuto alla Tirreno li abbia portati a galla».

La compensazione dovuta all’infiammazione al tendine d’achille ha provocato una seconda infiammazione al ginocchio destro (foto Instagram)
La compensazione dovuta all’infiammazione al tendine d’achille ha provocato una seconda infiammazione al ginocchio destro (foto Instagram)
Come avete reagito al problema?

Non abbiamo fermato del tutto Covi, ma abbiamo ridotto il carico di allenamento. Si è deciso di fargli fare meno intensità e meno ore in bici, questo è stato un fattore importante per il recupero. Sono state anche apportate delle modifiche alla soletta aggiungendo un poco di spessore per fare in modo che il tendine si rilassasse. 

Che terapia è stata fatta?

Tanto stretching e forza in palestra. Lo stretching riduce il dolore perché allunga i muscoli e “scarica” il tendine. La palestra, invece, è servita per rimodellare il tendine e per mantenere un livello alto generale. Con meno ore in bici era necessario tenere l’atleta allenato e in forma.

Lo stretching aiuta a scaricare il tendine e a guarire l’infiammazione (foto Igea Poliambulatorio)
Lo stretching aiuta a scaricare il tendine e a guarire l’infiammazione (foto Igea Poliambulatorio)
Sono stati utilizzati anche dei macchinari?

Il lavoro del fisioterapista è un mix di tutto. I macchinari servono per ridurre il dolore, nel caso di Covi abbiamo fatto tanta terapia laser e usato la Tecar. Però diventa fondamentale anche la palestra, per potenziare il muscolo. 

Rinforzare il muscolo aiuta a togliere l’infiammazione?

Sì, perché il tendine aiuta il muscolo a svolgere la propria funzione. Se questo è poco allenato allora il tendine si sovraccarica ed è facile che si infiammi. Scientificamente il miglior modo per recuperare da un’infiammazione al tendine è unire alla terapia del lavoro attivo. 

Infortuni a muscoli e tendini sono più frequenti a inizio stagione visto il minor livello di condizione (foto Instagram)
Infortuni a muscoli e tendini sono più frequenti a inizio stagione visto il minor livello di condizione (foto Instagram)
Covi è tornato a correre da un mese, ha recuperato pienamente?

Da due settimane lavora a pieno carico, ma si è trattato di un lavoro progressivo fatto settimana dopo settimana. Ha aggiunto ore in bici e intensità con costanza, per non affaticare il tendine. Il suo preparatore e io abbiamo fatto un lavoro congiunto. Appena finisce una gara mi chiama e mi aggiorna su come sta. 

Ha abbandonato la terapia?

Quella strumentale sì. Non fa più Tecar, laser o altro. Continua però a fare forza in palestra e stretching come lavori di prevenzione. Il suo calendario di gare prevede tanti impegni, ma è sempre controllato per evitare ricadute. 

E se Pogacar facesse anche la Vuelta? Pensieri con Pino Toni

03.06.2024
5 min
Salva

A tenere banco è sempre lui, Tadej Pogacar. Lo sloveno ha fatto qualcosa di gigantesco al Giro d’Italia e per come lo ha vinto già tutti sognano la doppietta ad occhi aperti. E se oltre alla doppietta Giro-Tour ci fosse altro? La Vuelta, per esempio…

L’asso della UAE Emirates potrebbe andare anche in Spagna? E come? Per vincere o per preparare il mondiale, che ha già detto di aver messo nel mirino? E’ possibile tutto questo? Oppure è troppo anche per un fenomeno assoluto come Tadej?

Proviamo a sviscerare questi dubbi con il supporto di uno dei nostri preparatori di riferimento, Pino Toni. E proviamoci soprattutto per capire se ciò è tecnicamente possibile.

Toni 2022
Il coach toscano Pino Toni
Toni 2022
Pino Toni è pronto a scommettere sulle qualità dell’austriaco, visto in Francia
Pino, prima della Vuelta una domanda sul Tour. Questa fatidica doppietta è fattibile dopo aver visto come è andato il Giro?

Al Tour de France  per me lo vedremo ancora più forte. Al Giro ha fatto un bellissimo e funzionale blocco di lavoro. Adesso recupererà e lo metterà a frutto. Pogacar non si è tirato il collo più di tanto. Quelle accelerate che abbiamo visto le ha dovute fare…

La famosa attivazione di cui ci dicevi…

Esatto, altrimenti avrebbe dovuto fare i rulli a fine tappa.

Però guardando avanti, al resto della stagione e alla Vuelta, non sarebbe troppo anche per lui?

Prendiamo l’intensity factor (quanto si sforza in generale, ndr) lui forse è arrivato a 0.9, neanche ad 1. Faceva 5′ a 7 watt/chilo per staccare gli altri e poi si metteva a 5,9-6 watt/chilo e continuava a guadagnare. Chiaramente sono stime che ho provato a fare con i dati a mia disposizione, per essere precisi bisognerebbe conoscere i suoi file. Ma conoscendo qualche numero di chi era dietro è possibile fare una stima attendibile. E poi la prova era Majka. Dopo che Rafal terminava il suo lavoro e si spostava poteva restare con chi inseguiva.

E’ possibile da un punto di vista fisiologico per Tadej andare anche alla Vuelta?

Sì, è possibile. E molto dipende dal Tour, ma per quel che si è visto al Giro se al Tour non emerge qualche fenomeno nuovo, non vorrei esagerare che farà come al Giro, ma si potrà gestire.

Majka tirava forte, poi si spostava e dopo un breve recupero poteva tenere le ruote degli altri big
Majka tirava forte, poi si spostava e dopo un breve recupero poteva tenere le ruote degli altri big
Però in Francia ci saranno Vingegaard, Roglic…

Il livello è ottimo, ma Roglic ha qualche annetto in più e per Vingegaard un incidente come quello che ha avuto non si recupera in tempi così stretti per essere super. Pertanto in ottica Vuelta tutto dipende da lui: dalla sua tranquillità e dai suoi stimoli, cose che Tadej mi sembra abbia entrambe. Pogacar non ha bisogno del motivatore. E poi c’è un’altra qualità.

Quale?

Almeno vista da fuori, lo scorso hanno non ha patito troppo la sconfitta da Vingegaard. E questo è un punto di forza. Cerca le sue motivazioni senza patire la sconfitta.

Che per un atleta del suo calibro che abbatte ogni record non è poco. A quel livello un secondo posto o una sconfitta diventano un macigno… Per te cosa dovrebbe fare dopo il Tour?

Prima di tutto bisogna vedere come esce dalla Grande Boucle. Che nelle tre settimane del Giro vada tutto bene tutti i giorni è già una fortuna, che ciò accada anche al Tour, lo sarebbe ancora di più. Basta una notte che dormi male, un giorno di malattia, un mal di pancia… e tutto si complica. In nove settimane, la Vuelta, diventa tutto un terno al lotto. Quindi, ripeto, vediamo come esce dal Tour. Recupera, non credo correrà, ma volendo potrebbe inserire nel mezzo anche una corsa di 5 giorni e poi andare in Spagna. Ma questa gestione così capillare può stabilirla solo che gli è strettamente vicino e lo conosce bene sotto ogni punto di vista.

Però dopo il Tour ci sono le Olimpiadi: anche questo appuntamento va valutato. E poi forse proprio in virtù di queste forse non è l’anno buono per andare anche alla Vuelta…

In effetti è tanta carne al fuoco, ma se devi fare un record unico, se deve mettersi al di sopra di tutto di tutto il mondo, questo è l’anno buono. La stagione gli si è messa bene sin dall’inizio. Cosa che non gli è successa l’anno scorso. In più prima del Giro ha corso poco.

Pogacar quest’anno non ha ancora fatto l’altura. Questo potrebbe essere un piccolo vantaggio per lui. Eccolo al Sestriere l’anno scorso (foto Matteo Secci)
Pogacar quest’anno non ha ancora fatto l’altura. Questo potrebbe essere un piccolo vantaggio per lui. Eccolo al Sestriere l’anno scorso (foto Matteo Secci)
Invece il fatto di non aver fatto ancora l’altura è un vantaggio che si è tenuto nel taschino?

Tecnicamente per recuperare sì, per la testa non so. Quanto lavorerà in altura? Io immagino la farà per rigenerarsi, per risollevare le scorte di ferro e qualche punto ematico. Di certo lui di energia ne produce tanta e ha bisogno di recuperare. L’importante è che in altura prima del Tour non prenda neanche un raffreddore.

Se Pogacar andasse alla Vuelta, che comunque dobbiamo ricordare lui ha già scartato, come ci andrebbe: per vincerla o per preparare il mondiale?

Gente come Pogacar ha già dimostrato che non ha bisogno di fare un grande Giro per arrivare pronta ad un determinato appuntamento. Se avesse bisogno di gareggiare in quel periodo avrebbe a disposizione molte corse di un giorno e in questo modo arriverebbe al mondiale più riposato, più fresco. Perché poi l’obiettivo di questi super campioni è arrivare freschi all’obiettivo.

Chiaro…

Quindi se ci va, ci va per vincerla. Anche perché non so quanti arrivi in salita abbia la Vuelta stavolta, ma è sempre un “boom-boom”, tra l’altro alcune tappe neanche sono cortissime. Per me sarebbe impegnativa in ottica mondiale. E poi alla fine verrebbe dopo Giro e Tour e 63 giorni di corsa non sono pochi neanche per uno come Pogacar, se poi dovesse fare anche il mondiale.

Da Aru a Tiberi, la “bianca” e l’esempio di Tadej: «Fai con calma!»

02.06.2024
7 min
Salva

Fabio Aru è appena tornato dalla Cina. Per il secondo anno consecutivo ha partecipato a Desafio China by La Vuelta, un evento organizzato da ASO, pedalando assieme a Oscar Freire, Nicolas Roche, Anna Van der Breggen e un immenso pubblico cinese. Il Giro pertanto l’ha seguito dalle classifiche, riuscendo a vedere occasionalmente anche qualche immagine. Non gli è sfuggito tuttavia che il suo primato di ultimo italiano in maglia bianca è stato rilevato da Antonio Tiberi. Nei nove anni che sono trascorsi da allora, il mondo del ciclismo è cambiato radicalmente e così anche la sua vita. Eppure le speranze di un corridore che si affaccia sulla grande ribalta sono spesso simili. Che cosa passa per la testa di Tiberi? E cosa passò nella sua? E cosa deve fare ora il laziale? E cosa invece farebbe meglio ad evitare?

Il rapporto fra Aru e la maglia bianca fu a dire il vero piuttosto lungo. Nel primo Giro, quello del 2013, la indossò dalla 3ª alla 7ª tappa, perdendola a favore di Majka nel diluvio di Pescara in cui il suo capitano Nibali iniziò a crocifiggere Wiggins. Nel 2014 del Giro chiuso al terzo posto, la indossò dalla 19ª tappa alla fine, portandola al posto del detentore Quintana in maglia rosa. Infine nel 2015 la conquistò, piazzandosi secondo nella classifica finale, alle spalle di Contador. Nello stesso anno, il sardo avrebbe vinto la Vuelta.

Quanto vale la maglia bianca? E che cosa rappresenta in prospettiva di carriera?

Quando l’ho vinta, ero già entrato in una dimensione superiore. L’anno che per me fu una super soddisfazione vestire la maglia bianca è stato il 2013, il primo da professionista. Ero passato ad agosto 2012, però diciamo che il 2013 fu la prima stagione. Ero arrivato quarto al Trentino vincendo la maglia dei giovani. Così ero stato convocato per il Giro che vinse Nibali. E vestire la maglia bianca nelle prime tappe fu una grossissima soddisfazione. L’anno dopo la vinse Quintana. Mentre nel 2015, quando l’ho vinta io, ero molto più focalizzato sulla classifica. L’anno prima ero arrivato terzo, per cui nel 2015 la maglia dei giovani fu la conseguenza della classifica generale che chiusi al secondo posto. Fu una bella soddisfazione vincerla, però ero più focalizzato sulla maglia rosa. Tiberi invece l’ha vinta al primo Giro…

Che cosa significa?

Significa che è andato forte e che ha fatto una buona classifica. E’ arrivato quinto nel suo primo Giro d’Italia (al debutto Fabio arrivò 42°, lavorando per Nibali che lo vinse, ndr), quindi ovviamente il suo è stato un ottimo risultato.

Par di capire che nei tuoi Giri non abbia mai fatto corsa sui rivali per la maglia bianca.

No, mai. Anche quando ero dilettante non mi sono mai focalizzato sulle classifiche parziali, guardavo un po’ più avanti e, se venivano, erano una conseguenza. Se fai una buona classifica, puoi avere un buon risultato per la maglia bianca.

Per come sono andate le cose, con Nibali ritirato a fine carriera e tu un po’ prima, avere Tiberi quinto al Giro e in maglia bianca è un buon segnale?

Assolutamente, certo. Da italiani stavamo aspettando di avere qualche altro giovane. Mentre nelle classiche, magari abbiamo qualche nome che può farci ben sperare, nei Giri eravamo un po’ indietro. Invece quest’anno abbiamo avuto dei bei segnali. Da Tiberi, certo, ma anche da Pellizzari e Piganzoli. Credo sia questione di tempo, ci sono sempre stati dei cicli. Qualunque nazione vorrebbe avere un Tadej per le mani, ma di Tadej ce n’è uno, quindi dobbiamo aspettare.

Nel finale del Giro 2015, Aru vince due tappe: a Cervinia (foto) e Sestriere
Nel finale del Giro 2015, Aru vince due tappe: a Cervinia (foto) e Sestriere
Pensa che, a cose normali, alla UAE Emirates Pogacar avrebbe dovuto tirare per te…

Guardando i suoi risultati sin da quando era più giovane, nulla faceva presagire che sarebbe passato per tirare. Da ragazzo aveva già vinto tutto, fra il Tour de l’Avenir, il Lunigiana, insomma varie corse. Io non li avevo vinti e quasi neanche fatti (sorride, ndr).

Il Giro del 2015 lo vinse Contador, che non faceva tanti regali. Secondo te c’è tanta differenza tra il suo modo di correre e quello di Pogacar?

Guardate, Alberto, a parte essere un amico, è stato il mio idolo da quando iniziai ad appassionarmi di ciclismo. Ma senza nulla togliere a quello che ha fatto, Tadej è di un altro livello. Tadej è completo, Alberto era estremamente forte in salita. Tadej è estremamente forte in volata, in salita e anche a cronometro. Non me ne voglia Alberto, ma so che anche lui ha espresso delle parole di apprezzamento molto importanti nei confronti di Pogacar. Per cui, anche se Contador mi ha battuto in quel Giro perché era un grandissimo, Tadej ha una completezza che lo mette su un gradino più alto. Uno che vince un Fiandre, tre Lombardia di fila, due Liegi, la Freccia, l’Amstel, due Tour e un Giro… 

Aru e Pogacar hanno corso poco insieme: qui alla Vuelta 2019, quella della rivelazione di Tadej
Aru e Pogacar hanno corso poco insieme: qui alla Vuelta 2019, quella della rivelazione di Tadej
Torniamo a Tiberi: quinto al Giro di Pogacar, adesso va al Delfinato. Che cosa dovrebbe fare a questo punto della sua carriera?

Deve avere un po’ di calma, poi logicamente ci saranno i suoi tecnici alla Bahrain Victorious a prendere sicuramente le scelte giuste: ormai le squadre sono gestite da professionisti. Io personalmente mi buttai un po’ troppo a capofitto.  Già dal 2014 iniziai col fare sempre due grandi Giri ogni anno e non fu un bene. Guardiamo anche come è stato gestito Pogacar, che fino a quest’anno non ha mai fatto due grandi Giri nella stessa stagione. Giro, Tour e Vuelta sono belli, ma ti logorano. Quindi per Tiberi ci sta adesso fare il Delfinato, ma attenderei ad aggiungere il secondo Giro.

Potresti aver esagerato?

Nel 2014 arrivai terzo al Giro e quinto alla Vuelta. Nel 2015, secondo al Giro e vinsi la Vuelta. Nel 2017, quinto al Tour e 13° alla Vuelta, però spendevo tanto. I Giri ti logorano fisicamente e mentalmente, quindi per Antonio avrei un po’ di accortezza da questo punto di vista. Tiberi ha fatto un ottimo Giro, ci sono tante altre gare e lui è ancora giovane, ha tanti anni davanti. Non dico che sia sconsigliato fare sempre due grandi Giri, si possono fare, però non per tanti anni di fila. Non è più un ciclismo che ti permette di gestire gli sforzi.

Col Giro siamo arrivati a Sappada, forse il luogo del tuo primo crollo nel 2018: distacco di 19 minuti…

Posso dire una cosa. Personalmente nel ciclismo ho vissuto dei momenti bellissimi, ma ne ho vissuti anche di tremendi. Se mi guardo allo specchio oggi che sono passati due anni e mezzo da quando ho smesso, posso dire consapevolmente di essere contento di come sono. Vado in bici, ma non sono il classico ex che fa 20-30 mila chilometri all’anno. Non sono questo, mi piace andare in bici qualche volta a settimana, mi piace fare gli eventi, stare in mezzo alla gente e fare anche altri sport. Però ho passato dei momenti di sofferenza e Sappada fu uno di quelli. Però questa è la vita, fatta di alti e bassi: l’importante è crescere.

Il primo grande Giro per la Tudor: Tosatto fa il bilancio

02.06.2024
5 min
Salva

La prima grande corsa a tappe alla quale la Tudor Pro Cycling ha partecipato è stato il Giro d’Italia. Tra le fila dei diesse che hanno guidato la professional svizzera sulle strade della corsa rosa c’era Matteo Tosatto. Lui al Giro d’Italia è di casa, ne ha vinti tre: con Froome, Geoghegan Hart e Bernal, mentre per due volte è salito sul podio con Carapaz nel 2022 e con Thomas lo scorso anno. 

«Sono tornato a casa lunedì – racconta Tosatto – e in questi giorni me ne sto un po’ tranquillo. I prossimi impegni non sono ancora definiti, ma la squadra si dividerà in tante corse, vedremo a quali andrò. Sicuramente mi presenterò ai campionati italiani al seguito di Dainese e Trentin, credo sia fondamentale onorare la gara che assegna la maglia tricolore».

Per Tosatto è stato il primo Giro d’Italia alla guida della Tudor
Per Tosatto è stato il primo Giro d’Italia alla guida della Tudor

Un nuovo esordio

Come detto il Giro d’Italia non è una novità per Matteo Tosatto, la differenza rispetto allo scorso anno è la squadra con la quale lo ha seguito. Non più la Ineos, prima Team Sky, con la quale lavorava dal 2017. Bensì la Tudor Pro Cycling

«E’ stato un bel viaggio – ci racconta – dopo tanti anni con la Ineos è stato diverso, ma sempre entusiasmante. Il Giro è il Giro, lo affronti sempre con la stessa mentalità. La differenza grossa è che con la Ineos partivamo per vincere, mentre con la Tudor l’obiettivo era ben figurare e magari portare a casa una tappa. Non ci siamo riusciti, per poco. Quando si chiede un bilancio molti dicono di vedere il bicchiere mezzo pieno, io lo vedo pieno. Non abbiamo vinto, vero, ma siamo stati protagonisti considerando che con Storer siamo riusciti a centrare una top 10 in classifica generale». 

Storer ha conquistato un importante decimo posto nella generale
Storer ha conquistato un importante decimo posto nella generale
Com’è stato passare da un team che lotta per vincere la classifica finale a uno che vuole emergere?

La mentalità è sempre uguale, le corse io le affronto sempre allo stesso modo, Chiaro che senza l’assillo della classifica affronti le tappe in maniera diversa.

Voi come avevate preparato questo Giro?

Con il treno per Dainese che era ben attrezzato. Nelle tappe miste o con la possibilità di volata andavamo a tutta, nelle altre cercavamo di salvare un po’ la gamba. Poi Storer è stato bravo a rimanere sempre lì e abbiamo cercato di dare il giusto supporto anche a lui. 

La concentrazione è sempre a 100 però, anche se non si punta alla classifica…

Chiaro. Con il fatto di volersi concentrare sulle tappe ti rende più tranquillo anche se poi scopri che tutti i giorni sono importanti. 

Nella tappa di Fano, vinta da Alaphilippe, Trentin è arrivato sesto
Nella tappa di Fano, vinta da Alaphilippe, Trentin è arrivato sesto
Che differenze hai notato nella gestione?

La grande differenza è che in una realtà già affermata come la Ineos molti corridori sono campioni già affermati. Qui è diverso, molti ragazzi erano alla loro prima esperienza in un grande Giro. C’è un lavoro psicologico da fare, di sostegno nei momenti di difficoltà.

Qual è stato il vostro momento più difficile?

L’inizio della seconda settimana. Nella tappa di Napoli, che era estremamente impegnativa per i velocisti, eravamo riusciti a lavorare per Dainese. Alberto ha portato a casa un ottimo quarto posto ed eravamo felici. Solo che nel corso della frazione Krieger e Mayrhofer sono caduti e si sono dovuti ritirare. Ricordo che nel meeting prima della tappa da Pompei a Cusano Mutri ho lavorato tanto sull’aspetto psicologico. Ho detto ai ragazzi che anche se eravamo rimasti in sei potevamo comunque dire la nostra. 

Il momento migliore? 

Tutto il Giro direi, senza presunzione ma rapportando il tutto alle nostre possibilità. Siamo stati protagonisti nelle fughe e abbiamo conquistato ottimi piazzamenti. Storer nella tappa con arrivo a Prati di Tivo è andato in fuga e anche una volta che sono stati ripresi è rimasto con i primi terminando nono la frazione. 

A Padova la più grande occasione per la Tudor, Dainese è quarto con qualche rammarico
A Padova la più grande occasione per la Tudor, Dainese è quarto con qualche rammarico
Cosa hai portato di tuo a questa squadra?

La mentalità. Non siamo andati al Giro solo per apparire o per fare le fughe per gli sponsor. Abbiamo deciso di attaccare quando sapevamo di poterci giocare le nostre occasioni. A Livigno, sempre con Storer siamo andati all’attacco poi a lui sono mancate le gambe negli ultimi otto chilometri. Anche a Fano siamo entrati nella fuga con Trentin che poi è arrivato sesto. 

Poi è arrivata Padova…

Questo è l’esempio di quanto dicevo prima. Con l’abbandono di Mayrhofer e Krieger abbiamo perso due vagoni importanti del treno di Trentin. Eppure, anche senza di loro, a tre chilometri dall’arrivo eravamo davanti noi al gruppo a tirare. Non un team WorldTour, ma la Tudor. Poi Dainese ha fatto quarto in volata. 

Bilancio positivo?

Positivo, assolutamente. Ora ci concentriamo sui prossimi obiettivi. Abbiamo il Giro di Svizzera che è la corsa di casa sulla quale puntiamo molto.

La ricetta di Casagranda: «La differenza si fa col coraggio»

02.06.2024
4 min
Salva

Al quinto posto della classifica delle giovani alla RideLondon Classique, conquistata da Eleonora Gasparrini, si incontra il nome di Andrea Casagranda a 10 secondi e due anni di età dalla torinese. Classe 2004, la trentina è passata in due stagioni dal faticare nel trovare posto in una continental all’essere diventata uno dei pezzi più interessanti della BePink-Bongioanni. Strada da fare ce n’è chiaramente tanta, ma 19 anni sono la sicurezza di avere anche tanto margine.

La squadra nel frattempo si è rifondata. Sono andate via fra le altre Zanardi e Vitillo, che in altri tempi avrebbero garantito la presenza al Giro. Pertanto, in attesa che RCS Sport diffonda l’elenco delle squadre invitate, parte del gruppo è impegnato alla Vuelta Andalucia, alcune sono oggi in corsa alla Alpes Gresivaudan Classic e altre, fra cui la stessa Casagranda, sono al lavoro per una convocazione al Giro di Svizzera che inizierà il 15 giugno.

In azione a Le Samyn, per la prima volta quest’anno Casagranda ha provatole pietre del Nord
In azione a Le Samyn, per la prima volta quest’anno Casagranda ha provatole pietre del Nord

Al Giro con Giulio

Quando a metà maggio il suo ragazzo Giulio Pellizzari si era messo in testa di ritirarsi dal Giro, anche Andrea ha avuto da fare per convincerlo a tenere duro. Lei a quella voglia di mollare non ha mai creduto del tutto, ma era fra i nomi ringraziati dal giovane marchigiano dopo il secondo posto di Monte Pana. Nonostante Andrea dovesse partire per la Gran Bretagna, i due si sono visti all’arrivo del Brocon.

«E’ stato molto emozionante sentirgli dire quelle parole – racconta – perché la settimana prima l’avevo visto molto giù e mi dispiaceva tantissimo per lui. Però non ha mollato e sono felice per questo, perché è riuscito a cogliere quel bel secondo posto. Non credevo che si sarebbe ritirato, però capivo che non avesse un gran morale, visto che era malato. Ha avuto vicino molte persone, è un ragazzo che si fa voler bene, quindi tanti l’hanno aiutato e per fortuna non ha mollato».

Uno scatto con Giulio durante la nostra visita a casa Pellizzari dopo il Giro
Uno scatto con Giulio durante la nostra visita a casa Pellizzari dopo il Giro
E tu come stai? Ti aspettavi di trovare tanto spazio alla BePink?

No, non me l’aspettavo. Ho ancora tanto da imparare, sono una delle più giovani in squadra e sono contenta di poter crescere piano piano. Ho ancora tanta strada da fare, però qui sto bene. Rispetto ad altre squadre italiane, quando si parla di far crescere giovani atlete, è la migliore.

L’anno scorso hai chiuso la stagione con 40 corse. Quest’anno sei già a 39…

L’anno scorso ho corso parecchio, ma anche quest’anno siamo invitati a tante gare, quindi abbiamo la possibilità di fare doppia attività. Anzi, qualche volta addirittura mancano i corridori per partecipare a tutte le gare cui potremmo partecipare. E’ una fortuna poter fare tante esperienze diverse.

Quando ti sei sentita la migliore Andrea di stagione?

Credo nelle prime tappe della Vuelta. Stavo molto bene fisicamente. Dopo aver inseguito la condizione nella prima parte di stagione, in Spagna mi sono sentita bene, pur vedendo di dover ancora lavorare molto per crescere.

Nonostante i 4 anni di differenza, fra Zanardi e Casagranda c’è stato un passaggio di testimone
Nonostante i 4 anni di differenza, fra Zanardi e Casagranda c’è stato un passaggio di testimone
In cosa, secondo te? E da cosa te ne accorgi?

Ho bisogno di prendere un po’ più di coraggio, ho sempre paura di non essere ancora all’altezza. Devo fare leva sul fatto di essere giovane e correre qualche rischio in più. Non ho niente da perdere, invece mi accorgo che a volte l’unica cosa che riesce a fermarmi è la paura di non riuscirci. Devo togliermela di dosso. Poi fisicamente c’è da crescere, ma quello verrà con i chilometri di corsa e di allenamento.

Tuo padre Stefano ha fatto il professionista per nove anni, è uno che dà consigli oppure segue in silenzio?

No, mi dà consigli, ma senza entrare troppo nella mia sfera. Mi lascia i miei spazi. Quando dice qualcosa, sono felice di ascoltarlo perché lo ammiro e so che non parla mai a vanvera.

Il tuo allenatore è Walter Zini?

No, mi segue un ragazzo di Trento che si chiama Stefano Nardelli e che ha corso in bici. Mi sto trovando molto bene, perché lo conosco ed è facile raggiungerlo.

Il debutto 2024 è avvenuto in Spagna, fra Almeria e la Valenciana
Il debutto 2024 è avvenuto in Spagna, fra Almeria e la Valenciana
Nell’ipotesi di fare il Giro d’Italia, quale potrebbe essere un tuo obiettivo?

Non lo so, mi piacerebbe mettermi in mostra il più possibile. Provare ad andare in fuga e rischiare, superando i miei limiti. E poi farei del mio meglio per aiutare le compagne. Quest’anno ce ne sono alcune che se la cavano veramente bene nelle gare a tappe e in salita e sarei felice se riuscissimo a ottenere un risultato di squadra.

Contador imprenditore, prima di tutto un appassionato di bici

02.06.2024
5 min
Salva

MADRID – Contador è ancora oggi un campione (e in bici continua ad andare fortissimo). Il pistolero di Pinto era famoso per essere costantemente super concentrato, sempre attento e focalizzato sugli obiettivi, meticoloso e competente in merito alla tecnica della bicicletta. E’ così anche oggi: non è più atleta professionista, ma imprenditore di successo.

Quando si parla di tecnica della bicicletta Contador sale in cattedra. Argomenta e spiega con la stessa autorevolezza che metteva sul piatto quando era professionista. Lo abbiamo incontrato durante la presentazione della nuova Aurum Magma, la bici che nasce dalle sue corde.

Una grande emozione aver pedalato al fianco del Pistolero (foto Aurum)
Una grande emozione aver pedalato al fianco del Pistolero (foto Aurum)
Quando è nata l’idea di produrre bici?

In realtà quando ero corridore non pensavo di costruire un’azienda ed un gruppo di lavoro per lo sviluppo e produzione delle biciclette, ma al tempo stesso continuavo a ragionare su come migliorare le bici che mi venivano date. Durante i ritiri, ad esempio quando si andava sul Teide, la ricerca delle migliorie, il pensiero di cosa fare e come farlo era costante. Tutto quello che riguarda il mezzo meccanico per me è una passione, la bicicletta a me piace.

L’idea ha preso forma quando hai smesso?

Sì, esattamente. Quando ho smesso mi sono reso conto di non essere stanco, di avere tanta voglia di fare e che la mia passione verso la bici era molto viva. Mi sono detto: ho l’esperienza, conosco tante persone capaci di aiutarmi e ci sono delle competenze. Ho trovato in Ivan Basso e in mio fratello due grandi compagni di viaggio.

Contador ha seguito il Giro d’Italia con Eurosport e accanto al Team Polti-Kometa
Contador ha seguito il Giro d’Italia con Eurosport e accanto al Team Polti-Kometa
Non sarebbe convenuto rilevare un marchio già esistente?

Sotto alcuni aspetti sì, ma noi volevamo qualcosa da creare, con un design, con le sue specifiche e unicità. Aver fatto un’azienda nuova, da zero, è una sfida al pari di quando sei un campione e corri per competere, per vincere. E’ il mio challenge di oggi, della mia vita nel post carriera da atleta.

La passione per la tecnica l’hai riportata in Aurum?

Al 100 per cento. Ho sempre pensato che anche un solo secondo fosse importante per la vittoria e questo modo di pensare si riferiva ai momenti in cui mi allenavo, ma anche alla ricerca della miglior soluzione per la bicicletta. Ho sempre pensato che se una bicicletta fosse più performante, io chiedevo la bici migliore ed eventualmente quell’upgrade. Era il mio lavoro e dovevo farlo al meglio. Ho cercato di trasferire la mia meticolosità, la stessa filosofia sulle bici Aurum e più in generale nell’azienda. Sono molto esigente da sempre, nei confronti di me stesso e con gli altri.

Al fianco di Pietrobon, protagonista delle fughe (foto Polti-Kometa)
Al fianco di Pietrobon, protagonista delle fughe (foto Polti-Kometa)
Essere esigente ti ha creato delle difficoltà?

Durante la mia carriera no, ma neppure ora che sono più manager ed imprenditore, anche se è necessaria una precisazione. Bisogna essere in grado di trasmettere agli altri, allo staff e ai collaboratori, ma anche ai corridori del Team Polti-Kometa questa meticolosità e ricerca della precisione, la cura del dettaglio e bisogna farlo nel giusto modo. Non pretendo e non voglio pensare di essere troppo invasivo ed è anche per questo motivo che lascio molte delle decisioni legate al team ad Ivan e a mio fratello.

Ieri e oggi, due momenti di vita paragonabili?

Sono due cose diverse, anche se parallele. Quando ero corridore l’obiettivo era andare in bicicletta, allenarsi al meglio, curare ogni dettaglio che potesse portarmi alla vittoria. Non ero tenuto a conoscere cosa c’era dietro una negoziazione, oppure quello che succedeva dietro lo sviluppo di un prodotto, anche se spesso le aziende mi coinvolgevano. Ma al tempo stesso essere stato un leader mi ha insegnato tanto e riporto quelle esperienze da leader nell’azienda di bici.

Contador appena prima della pedalata dove ci ha presentato la nuova bici (foto Aurum)
Contador appena prima della pedalata dove ci ha presentato la nuova bici (foto Aurum)
Cosa vuoi dire?

Quando sei un team leader al Tour de France non significa che sei il corridore con lo stipendio più alto. Dietro c’è molto altro. Significa costruire un gruppo di persone, di amici, di complici che lavorano all’unisono per un obiettivo e tutti devono dare il massimo. Un leader deve spronare anche ad andare oltre quello che è il limite conosciuto.

Che cosa significa?

Significa prendersi delle responsabilità e se è necessario proteggere questi compagni. Cerco di riportare tutto questo nell’azienda e sulle biciclette. Era una sfida e una grande motivazione da corridore, lo è anche oggi, in modo diverso, ma è uno stimolo incredibile.

Quando si parla di tecnica di bici il pistolero non è secondo a nessuno (foto Aurum)
Quando si parla di tecnica di bici il pistolero non è secondo a nessuno (foto Aurum)
Se avessi avuto le bici di oggi?

L’evoluzione della bicicletta è sotto gli occhi. Nel pacchetto è da includere tutto, abbigliamento e biomeccanica, alimentazione e metodologie di allenamento, penso che la bicicletta ed i suoi componenti siano i principali artefici di velocità e medie sempre più elevate. Pensiamo solo a quanto conta l’aerodinamica! Tantissimo e non è solo uno strumento di marketing. Però sono convinto che ogni epoca ha una sua evoluzione e ogni considerazione deve essere fatta con quello che hai a disposizione in quel momento storico.

Bentornato Baroncini, rinascita iniziata dalla Francia

01.06.2024
5 min
Salva

Un ottavo posto di tappa alla Boucles de la Mayenne. Normalmente un risultato del tutto trascurabile, uno dei tanti in una lunga stagione, ma anche qualcosa di così poco valore può averne tanto, è tutto relativo a quel che c’è intorno. Per Filippo Baroncini è il primo spiraglio verso la rinascita.

Parlando del corridore della Uae sembra quasi di trasporre nel ciclismo i principi di “Aspettando Godot”, ma non si può certo dire che sia per colpa del ciclista di Massa Lombarda. Gli ultimi due anni (ma mettiamoci dentro anche questa prima parte di 2024) sono stati costellati di infortuni, di ostacoli, di una sfortuna che non ha mai smesso di coprire con il suo fosco velo la carriera di un corridore passato sull’onda dell’entusiasmo derivante dal titolo mondiale U23, condito dall’argento europeo.

Baroncini ha ripreso a gareggiare al Giro di Romagna. In Francia la sua prima Top 10
Baroncini ha ripreso a gareggiare al Giro di Romagna. In Francia la sua prima Top 10

«Lo so bene che un ottavo posto in una corsa a tappe francese, di buon livello ma nulla più, dice poco, ma per me è un primo passo. Cerco di guardarlo in positivo, devo farlo dopo quel che ho avuto, dopo l’ultimo colpo di sfortuna con la caduta e la frattura al gomito al GP Denain. Per me vale molto».

Quanto ti è costata quella frattura?

Sono stato completamente fermo due settimane, poi ho ripreso e già dopo altre due settimane ero di nuovo in gara al Giro della Romagna, ma chiaramente la condizione fisica tanto inseguita aveva subito un brusco arresto, c’era da rimettere insieme tutti i pezzi. Con pazienza mi sono rimesso al lavoro guardando al futuro, fino alla trasferta francese e a questo primo, minuscolo segnale per me comunque importante.

Il GP di Denain è stato l’ultimo colpo di sfortuna, una caduta costatagli la frattura a un gomito
Il GP di Denain è stato l’ultimo colpo di sfortuna, una caduta costatagli la frattura a un gomito
Sei tornato in gara presto…

Meno di quanto si pensi, anzi questa volta ho voluto fare le cose con calma e ponderazione. Una cosa che ho capito in questi due anni così difficili è che dovevo fare con calma, seguire tutti i passi. Essere precipitoso non mi ha aiutato, ho cambiato prospettiva e ho visto che questa è stata la scelta giusta.

Hai mai avuto il dubbio che il Baroncini vincente da U23 fosse rimasto lì, proprio relegato al 2021?

Dubbi no, ma ho la consapevolezza che non si è più visto e che le speranze che nutrivo quando sono passato professionista, sull’onda di quelle inebrianti sensazioni, sono rimaste speranze. Non ho mai avuto il tempo di crescere. Io so però che quel Baroncini c’è ancora e che verrà fuori prima o poi. Ma perché ciò avvenga non ci devono più essere problemi, più ostacoli perché ne ho superati davvero troppi…

Baroncini sul podio mondiale 2021: il suo biglietto da visita per entrare fra i pro’
Baroncini sul podio mondiale 2021: il suo biglietto da visita per entrare fra i pro’
Hai mai rammarichi per come sono andate queste due stagioni?

Mi guardo indietro e posso dire che un paio di cadute le potevo evitare, sono state per colpa mia, ma ho pagato un prezzo alto. Mi dispiace soprattutto perché avrei voluto avere più occasioni per fare esperienza. Sarebbe stato importante per la mia crescita.

Com’era la corsa francese?

In generale è stata importante perché ho sentito che stavo crescendo tanto, ho sentito la mia condizione migliorare giorno dopo giorno. Mi sento più fiducioso, continuando di questo passo so che qualche risultato “vero” arriverà a breve.

I fan di Filippo sono sempre attivi e presenti, ora vuole ripagarli con un grande risultato
I fan di Filippo sono sempre attivi e presenti, ora vuole ripagarli con un grande risultato
Oltretutto si avvicina la stagione più calda che normalmente ti è favorevole…

Sì, il caldo è sempre stato il mio punto forte. Sono solito partire presto nella stagione perché ci metto molto a carburare, a raggiungere la forma migliore e normalmente la seconda parte di stagione mi è sempre stata più favorevole proprio perché nei mesi caldi riesco a rendere di più. Nelle ultime stagioni partivo già a gennaio per puntare a raggiungere la miglior forma in occasione delle classiche. Io spero che già dall’estate si possa vedere la miglior versione di me stesso.

Dove ti vedremo ora?

Domani sarò alla Brussels Classic, poi arriveranno gare che mi sono congeniali come il GP del Cantone d’Argovia e il Giro di Slovenia dove ci sono tappe che possono darmi soddisfazione. Il tutto pensando al campionato italiano che nella mia agenda è cerchiato di rosso perché è su un percorso che va benissimo per me. Gareggerò sia a cronometro che nella prova in linea e mi aspetto molto da quelle gare.

Il romagnolo a cronometro. Sarà in gara ai campionati italiani il 20 giugno a Grosseto
Il romagnolo a cronometro. Sarà in gara ai campionati italiani il 20 giugno a Grosseto
Farai quest’anno il tuo esordio in un grande Giro, alla Vuelta. Mancano molte settimane, come ti stai avvicinando psicologicamente?

In maniera tranquilla, con curiosità piuttosto che con timore. In questi giorni, nelle gare sono in camera con Juan Sebastian Molano che è reduce dal Giro d’Italia e gli ho chiesto come si è gestito, che cosa significa correre per tre settimane. Ma c’è tempo per abituare la testa al grande impegno, per prepararlo con tutti i crismi anche andando in altura. Farà parte della mia crescita per presentare a tutti il vero Baroncini.