Raduni, per Bielli la via maestra per far crescere i giovani

10.01.2025
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Passano le ore ma ancora si parla del grande successo riscosso dai campionati italiani giovanili di Follonica. Un successo numerico ma anche prestazionale che non coglie impreparati, considerando i prodromi stagionali ma soprattutto il lavoro che c’è dietro e che c’è stato in questi tre anni (il più breve quadriennio olimpico della storia…) da parte dello staff tecnico di Daniele Pontoni. Il cittì era stato chiaro sin dall’inizio, proponendo l’esigenza di coinvolgere il più possibile le generazioni più giovani, quelle di esordienti e allievi, già nell’attività della categoria superiore, attraverso raduni mirati.

Lo staff azzurro che segue lo sviluppo dei ragazzi, Bielli è il primo in basso a destra
Lo staff azzurro che segue lo sviluppo dei ragazzi, Bielli è il primo in basso a destra

Quasi 300 convocati

E’ tempo di fare un po’ il bilancio di questo lavoro in profondità e Luigi Bielli, braccio destro di Pontoni, lo fa dati alla mano: «Da fine 2022 abbiamo avuto nei nostri raduni quasi 300 presenze, mischiando juniores a ragazzini di età minore e attraverso questo mix sono cresciuti campioni mondiali come Viezzi ed europei come Agostinacchio, ragazze affermate come Bramati e Pellizotti, insomma tutto quel che di buono ha prodotto il settore giovanile del ciclocross italiano in questo triennio diventando un riferimento nel mondo. E’ la dimostrazione che la scelta di Daniele era quella giusta, che la strada è stata tracciata e va seguita ».

Nei raduni i giovanissimi si trovano a confrontarsi con gli juniores. Esperienze fondamentali
Nei raduni i giovanissimi si trovano a confrontarsi con gli juniores. Esperienze fondamentali
Come si è arrivati a questa scelta?

Va subito detto che non è tutto merito solo nostro né che tutto deriva dai raduni. Andiamo con ordine. Fondamentale è stato intanto l’apporto del Gruppo Performance, che ci ha permesso di tracciare un profilo molto dettagliato di ogni ragazzo/a passato attraverso i nostri incontri. Verificando i risultati dei test, abbiamo potuto stabilire per ognuno la linea giusta da seguire consigliando – e ci tengo a sottolineare questo verbo – a società, ragazzi, famiglie non solo quel che sarebbe stato utile come allenamento, ma anche tutto quel che lo circonda, dall’alimentazione alle accortezze da avere prima e dopo l’allenamento. E’ un lavoro globale, al quale hanno contribuito in tanti.

Il progresso è stato solo qualitativo o anche dal punto di vista dei numeri?

Lo stato di salute del ciclocross, come numero di praticanti fra i giovani, è sempre stato florido, lo era anche prima che inaugurassimo questo ciclo di lavoro. C’è sempre un grandissimo interesse e questo avviene dappertutto. Mi capitava spesso nei miei giri di sentire ragazzi che praticavano strada, pista, mtb che non vedevano l’ora che arrivasse l’inverno per poter iniziare l’attività. Senza alcuna paura delle intemperie, del clima e questo è sintomo di crescita del movimento. Per molti giovani è innanzitutto una sfida dal sapore di gioco, sanno che non arriveranno ai vertici ma quest’attività ha comunque una grande utilità per la loro maturazione.

I ragazzi vengono sottoposti a test dal Gruppo Performance. I dati servono per indirizzare la loro attività
I ragazzi vengono sottoposti a test dal Gruppo Performance. I dati servono per indirizzare la loro attività
Questo fermento è localizzato solo al Nord?

Il settentrione rimane un po’ l’epicentro dell’attività, soprattutto dalla Lombardia verso est, ma devo dire che ormai è palpabile il fermento che si vive al Sud, soprattutto in Puglia e Calabria dove ho visto manifestazioni molto qualificate e soprattutto frequentate dai più giovani. Non è un caso se anche dal sud ora emergono ragazzi molto forti che si stanno mettendo in luce, è una bella realtà che sta arricchendo la proposta generale del movimento e questo lo vediamo anche attraverso la partecipazione sempre più espansa non solo ai tricolori, ma anche alle tappe della Coppa Italia.

Nelle categorie minori state trovando talenti in grado di proseguire la scia tracciata da Viezzi e Agostinacchio?

Sicuramente, io credo anzi che a livello medio ci sia una crescita, una proliferazione di ciclocrossisti che potranno ottenere quantomeno risultati simili. Penso ai fratelli Cingolani che abbiamo visto protagonisti anche a Follonica, a Luca Ferro sul quale riponiamo molte speranze e non vediamo l’ora che approdi fra gli juniores, ma anche allo stesso Francesco Dell’Olio che viene proprio dal sud e che è venuto fuori con forza da un bruttissimo incidente, oppure a livello femminile le sorelle Righetto, uscite con un doppio titolo a Follonica ma che già prima avevano conquistato allori tricolori. Tutti giovani che tra l’altro vanno bene nel ciclocross ma anche su strada o mtb ottengono risultati all’altezza, quindi sono tutti prospetti da seguire con attenzione.

Molti hanno sottolineato quanto siano stati utili i raduni insieme ad atleti più grandi, assaggiando soprattutto la vita in nazionale…

E’ il segno che la scelta è quella giusta e che affiancare i giovanissimi agli juniores è un processo che porta risultati. Io sono sicuro che ce li ritroveremo anche negli anni futuri e sarà un risultato importante perché avremo provenienze le più geograficamente diverse. Io penso che sia un segno di rinascita non solo del ciclocross, ma del ciclismo italiano tutto…

Domenica i tricolori cross: bei partenti e fango da vendere

10.01.2025
4 min
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Domenica prossima, 12 gennaio, a Faè di Oderzo in provincia di Treviso si terranno i campionati italiani di cross per le categorie juniores, U23 ed elite, sul tracciato dello storico Ciclocross Internazionale del Ponte a Faè. Noi ci saremo, ma nell’attesa abbiamo fatto due chiacchiere con Donato Barattin, l’organizzatore dell’evento. Lo raggiungiamo al telefono mentre è nel campo gara sotto una pioggia battente.

Il percorso ricalca per buona parte quello classico del cross di Faé, con qualche aggiunta tecnica come un ponte e un tratto di sabbia (foto A. Billiani)
Il percorso ricalca per buona parte quello classico del cross di Faé, con qualche aggiunta tecnica come in ponte e un tratto di sabbia (foto A. Billiani)
Barattin, tutto pronto per domenica?

Stiamo ultimando gli ultimi dettagli, installando gli striscioni degli sponsor. Ma il percorso è completo. Ricalca quello classico del Ciclocross del Ponte a Faè, però con qualche novità.

Quali?

Abbiamo aggiunto un tratto di sabbia lungo una quarantina di metri, alcuni fossati e un ponte. Il ponte l’avevamo già inserito anni fa e abbiamo deciso di riproporlo per quest’edizione particolarmente importante, dal momento che mette in palio le maglie tricolori.

Il meteo per domenica dovrebbe essere buono, ma non mancherà comunque il fango (foto A. Billiani)
Il meteo per domenica dovrebbe essere buono, ma non mancherà comunque il fango (foto A. Billiani)
Quindi un tracciato più tecnico rispetto a quello classico? 

Forse sì, anche se la lunghezza resta la solita, 2.700 metri. Poi, come sempre nel ciclocross, molto lo faranno le condizioni meteo. Oggi (ieri, ndr) piove, ma da domani dovrebbe migliorare e per domenica mattina ci dovrebbe essere sole e freddo, quindi con la possibilità che il terreno sia gelato.

Quale sarà, per la vostra esperienza, il tratto più complicato?

Quello nel boschetto sarà abbastanza duro, ora è molto pesante, ma anche domenica resterà impegnativo, perché il tratto è all’ombra e del fango rimarrà comunque, nonostante il bel tempo. Lì occorreranno molti watt e si potrà fare la differenza soprattutto tra gli Junior. Per gli elite forse un po’ meno, anche considerando che nel pomeriggio il percorso tenderà ad asciugarsi, ma resterà comunque il tratto più lento anche per loro

Tra i protagonisti ci sarà anche Gioele Bertolini (foto A. Billiani)
Tra i protagonisti ci sarà anche Gioele Bertolini (foto A. Billiani)
Passiamo alla start list, ci saranno tutti i migliori del panorama nazionale?

Direi proprio di sì. Ci sarà l’ultimo vincitore qui a Faè di Oderzo, nonché il campione nazionale in carica, Filippo Fontana (foto di apertura, ndr). Dovrà difendersi da pretendenti di alto livello come Jakob Dorigoni e Gioele Bertolini, a loro volta ex campioni italiani, e poi Federico Ceolin, Antonio Folcarelli, Cristian Cominelli, Emanuele Huez e Daniele Braidot.

Per quanto riguarda le donne invece?

Sara Casasola ha confermato la presenza, come anche Valentina Corvi e Lucia Bramati. Insomma, se non ci saranno defezioni dell’ultimo momento possiamo dire di avere una start list di altissima qualità.

Il vostro appuntamento è tra i più importanti del panorama italiano, tanto da essere uno dei pochissimi che è trasmesso in diretta su RaiSport. Quanto pubblico vi aspettate?

Abbiamo sempre avuto una buona affluenza di pubblico, indicativamente tra le tre e le cinquemila persone. Quest’anno prevediamo di stare su questi numeri, magari anche qualcosa in più. Poi anche in questo caso molto dipende dal meteo. Se piove, proprio perché c’è la possibilità di vedere la gara in tv, tanti potrebbero scegliere di vederla da casa. Ma, come dicevo, per ora le previsioni per domenica sono buone.

Tutto il paese di Faè di Oderzo si è messo a disposizione per ospitare al meglio il cross tricolore (foto FB)
Tutto il paese di Faè di Oderzo si è messo a disposizione per ospitare al meglio il cross tricolore (foto FB)
Allora facciamo anche un attimo di servizio pubblico: a che ora partono le gare Élite e quando la diretta sulla Rai?

Le donne partiranno alle 14, gli uomini alle 14,50. La diretta su RaiSport invece inizierà alle 14,40 e andrà avanti fino alle 16.

Una bella vetrina ma, immaginiamo, anche un bell’impegno organizzativo…

Per fortuna possiamo contare sua una grande squadra di circa 70 persone. Abbiamo predisposto due stand, uno per l’enogastronomia e l’altro per la segreteria. Ci tengo poi a sottolineare una cosa riguardo all’accoglienza. La gara si tiene in una piccola frazione di campagna, lontana da grandi infrastrutture. Per questo in accordo con gli abitanti abbiamo fatto in modo che gli atleti, le famiglie e il pubblico possano parcheggiare nei cortili delle case private, e tutti si sono messi a disposizione volentieri. In questi tre giorni Faè diventa una grande famiglia allargata con la nostra società sportiva, cosa che si vedrà anche da tutti gli addobbi tricolori con cui abbiamo decorato il paese.

A Calpe spunta Remco. Rientro al Brabante e rotta decisa sul Tour

10.01.2025
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CALPE (Spagna) – Remco Evenepoel appare in video e in qualche modo c’è. E’ con la sua squadra, più vicino di quanto non possa sembrare, anche se si trova in Belgio. Sul palco del Suitopia Hotel, che si affaccia sul mare, Phil Lowe, l’addetto stampa della Soudal-Quick Step, presenta la squadra 2025.

Inizia Patrick Lefevere, pronto a lasciare dopo oltre 25 anni alla guida di questo gruppo. Sfilano tecnici, nuovi arrivati, chi deve partire per l’Australia e chi dovrà fare il leader nelle classiche e nei Grandi Giri. Si snocciolano numeri impressionanti, come il quasi milione di chilometri percorsi in gara dai corridori della squadra o le 700 catene consumate dal Wolfpack. E poi c’è lui appunto, Remco: grande atteso, grande assente, ma anche grande professionista, che per oltre mezz’ora si è intrattenuto con i giornalisti di mezzo mondo.

Anche senza Remco, davvero tanti media alla presentazione della Soudal-Quick Step
Anche senza Remco, davvero tanti media alla presentazione della Soudal-Quick Step
Remco, prima di tutto come stai affrontando il problema alla spalla?

È come se l’esterno della mia spalla fosse un po’ morto, senza sensibilità e senza risposte adeguate ai movimenti muscolari. Dobbiamo monitorarlo attentamente e assicurarci che guarisca correttamente. Fortunatamente, c’è tempo. La cosa più importante è poter riprendere la riabilitazione e la fisioterapia. Oggi ad Herentals (guarda caso a casa di Van Aert, dove si trova un ospedale rinomato per questo tipo di infortuni, ndr) ho fatto degli esami strumentali importanti e mi hanno detto che da sabato probabilmente potrò salire sui rulli. Procederò giorno per giorno.

E tu come ti senti?

Il dolore è ancora presente, ma le cose stanno iniziando a migliorare. Da oggi ho potuto iniziare a lavorare per recuperare mobilità e flessibilità (Remco dovrà fare davvero tanto lavoro di fisioterapia, come vedremo lo ribadirà più volte, ndr). Ci sono dolori persistenti, come una sensazione di intorpidimento su un lato dell’anca, e ci sono ancora aspetti su cui lavorare. Ma nel complesso sto facendo progressi. Al mattino mi sento come se fossi stato investito da un camion, ma nel complesso mi sento sempre meglio.

Nel video durante la presentazione hai accennato che vorrai essere nelle classiche delle Ardenne: non sono troppo difficili come prime gare?

Sì, probabilmente lo sono, ma conosco bene quelle corse. Questo è un vantaggio. Inoltre, vorremmo ripartire da una gara vicino a casa, come la Freccia del Brabante, questo per ora è il mio primo obiettivo. Gareggiare su strade familiari aiuta la motivazione. Le corse di un giorno sono più facili per rientrare rispetto a gare a tappe come la Parigi-Nizza o il Giro d’Italia. Per esempio, se riuscirò a pedalare sui rulli correttamente da questo fine settimana, potrei essere pronto in tre mesi per la Freccia del Brabante. Questo mi darebbe abbastanza tempo per ritrovare la forma, considerando che Liegi si corre una settimana dopo. È un rischio, ma credo sia gestibile.

Lo scorso 3 dicembre l’incidente di Remco. Il belga ha riportato diverse fratture: spalla, mano, costole e problemi ad anca e polmoni (foto HLN/RV)
Il 3 dicembre l’incidente. Remco ha riportato diverse fratture: spalla, mano, costole e problemi ad anca e polmoni (foto HLN/RV)
Come hai affrontato mentalmente questo periodo difficile?

È stato complicato. Dopo le belle vacanze in Marocco e Qatar, ero pronto a ricominciare gli allenamenti strutturati. Poi l’incidente ha interrotto tutto. Sono cinque settimane senza sport vero e quasi dieci senza bicicletta. È stato difficile accettare di essere fuori forma e sapere quanto sarà dura ritrovare il livello desiderato. Vedere la squadra partire per i ritiri mentre io restavo a casa ha accentuato il senso di isolamento. Tuttavia, giorno dopo giorno, ho trovato la forza per concentrarmi su ciò che è necessario fare. Anche una piccola vacanza di Capodanno al sole mi ha aiutato a ritrovare positività e prepararmi mentalmente per la riabilitazione.

Mancherai anche al terzo ritiro?

Sì, il terzo ritiro inizia tra due settimane. Non ha senso partecipare se posso allenarmi solo sui rulli. Preferisco farlo a casa, combinandolo con la fisioterapia. L’obiettivo è tornare all’aperto intorno al 3-4 febbraio, poco prima del mio compleanno. Di fisioterapia ne devo fare molta. C’è gran parte del lavoro… per ora.

La squadra si allena sodo sulle strade spagnole. Ci è sembrato davvero un gruppo affiatato, senza troppa pressione (foto Instagram-Soudal)
La squadra si allena sodo sulle strade spagnole. Un gruppo affiatato, senza troppa pressione (foto Instagram-Soudal)
Gli infortuni influenzeranno la tua preparazione per il Tour de France?

Potrei considerarmi fortunato che l’infortunio sia avvenuto a dicembre. Questo dà tempo per recuperare e arrivare al Tour in piena forma. Tuttavia, le classiche primaverili potrebbero risentirne, perché il focus è essere al 200 per cento per il Tour de France: quello è il vero goal della stagione. Il resto poi, visto come sono andate le cose, si vedrà. Dopo le Ardenne, potrei aggiungere il Romandia al calendario per accumulare qualche giorno di gara in più. Poi seguirò un programma simile a quello dello scorso anno, con training camp in quota, il Delfinato, i campionati nazionali e appunto il Tour.

Anche Merlier sarà al Tour de France: le tue ambizioni potrebbero entrare in conflitto con quelle del tuo compagno velocista?

No – replica Remco senza indugio – abbiamo discusso durante l’inverno, anche negli Stati Uniti durante i test in galleria del vento. Tim è uno dei velocisti più forti e il suo obiettivo è vincere tappe e magari indossare la maglia gialla. Nei giorni in cui ci sarà lo sprint, Bert (Van Lerberghe, ndr) e Tim mi proteggeranno fino agli ultimi chilometri, poi si concentreranno sul loro lavoro. Nelle tappe di montagna, si assicureranno di arrivare entro il tempo massimo per supportare la squadra.

Come influisce la situazione sulla tua vita quotidiana e su quella di tua moglie?

Non è stato facile per entrambi. Mia moglie ha i suoi studi su cui concentrarsi e io con la spalla rotta ho complicato le cose. Tuttavia, abbiamo accettato la situazione e lei ha gestito bene il tutto, bilanciando la scuola e il supporto a me.

Firmeresti per ripetere i risultati dello scorso anno al Tour?

Certamente. Se potessi vincere una o due tappe e conquistare di nuovo la maglia bianca, firmerei subito. Sarebbe un altro passo avanti nel processo per avvicinarmi a vincere il Tour.

Il 2024 è stato un grande anno per Remco. Ciò nonostante sa bene che deve migliorare se vuole ridurre il gap con Pogacar e Vingegaard nei grandi Giri
Il 2024 è stato un grande anno per Remco. Ciò nonostante sa bene che deve migliorare se vuole ricucire il gap con Pogacar e Vingegaard nei grandi Giri
Quali aspetti tecnici pensi di dover migliorare: salita? Sforzi brevi e intensi? Sprint…

Tutto. Per vincere il Tour de France devi essere il migliore in ogni aspetto. Essendo arrivato terzo, significa che devo migliorare rispetto agli altri due. L’obiettivo è crescere come atleta e come persona. Un Tour lo vinci anche dal punto di vista umano. Sappiamo già su cosa lavorare per battere Jonas e Tadej.

Cosa pensi di Patrick Lefevere, che oggi ha fatto il suo addio?

Patrick è una delle persone che hanno davvero segnato il ciclismo. È nel nostro mondo da anni come direttore di una squadra. Questo significa che conosce i corridori, i migliori e quelli meno bravi. Ha una visione completa di questo sport. Patrick mi ha ispirato per il suo supporto costante. Mi è stato vicino sia nei momenti positivi che in quelli difficili. È un uomo di parola: quando dice qualcosa, lo fa. Anche a 69 o 70 anni, continua a mantenere i suoi impegni. Sono molto orgoglioso di aver corso per la sua squadra e di aver contribuito ai suoi successi, come la vittoria alla Vuelta. È una persona che merita tutto il rispetto del mondo del ciclismo.

Il mondiale si correrà in Rwanda: hai approfittato di questo periodo per vaccinarti in vista del mondiale?

Sì, l’ho già fatto. Avevo deciso fin dall’inizio di vaccinarmi il prima possibile. Ho avuto solo lievi effetti collaterali per una notte. Ora è tutto risolto, sono pronto per il mondiale e il resto della stagione.

Dalla Cina all’Australia, parlando del Fiandre con Bettiol

09.01.2025
7 min
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Bettiol che pilota un piccolo aereo, scambiandosi battute con Paolo Bettini. Bettiol che suda a Lugano per arrivare pronto al debutto in Australia. I social raccontano una parte, il resto lo facciamo con lui. Alberto sta cercando di assorbire il fuso orario di Adelaide. In South Australia sono avanti di 10 ore e mezza rispetto all’Italia e soprattutto sono nel pieno di un’estate meno torrida del solito, ma con temperature intorno ai 30 gradi. Ci sentiamo nel pomeriggio, dopo un allenamento di 150 chilometri e la necessità di tirare avanti almeno fino alle dieci per addormentarsi a un orario normale. Quando si comincia dal Tour Down Under è sempre così. Poi ci si abitua e ritrovarsi nuovamente nel freddo italiano ha l’effetto opposto.

«Sono qui con la mia compagna – racconta il toscano – in un hotel vicino al mare, in zona aeroporto. Fa un bel caldo, meglio di Lugano dove l’inverno quest’anno è bello rigido. I ragazzi arrivano il 13, quindi ho ancora altri 5-6 giorni prima di raggiungerli. Sono abituato, è la quinta volta che corro qui. Comunque s’è già detto, sono stato comprato per fare i benedetti punti World Tour, quindi veniamo giù con Higuita per la classifica generale e io per le tappe. Cerchiamo di fare il possibile fin da subito».

Alberto Bettiol, classe 1993, è professionista dal 2014 ed è l’attuale campione italiano (foto Sprint Cycling)
Alberto Bettiol, classe 1993, è professionista dal 2014 ed è l’attuale campione italiano (foto Sprint Cycling)
Il fatto di essere stato comprato fa molto calciatore, come del resto il sistema di promozione e retrocessione…

E anche con la compravendita ad agosto. Prima di decidere, ho parlato tanto con Vinokurov. E’ venuto a trovarmi alle Olimpiadi, perché lui era lì con la nazionale kazaka. Abbiamo parlato tanto, ho parlato tanto con Giuseppe (Martinelli, ndr). E alla fine il progetto mi ha convinto. Si parlava al futuro di quest’anno, poi i tempi sono stati molto accelerati. Sapevo che la squadra doveva cambiare se voleva avere una chance di rimanere nel WorldTour.

Quindi non ti ha stupito toppo veder arrivare così tanti corridori?

Sapevo che il budget sarebbe aumentato notevolmente, quindi avrebbero avuto la possibilità di comprarne tanti. Anche nello staff ci sono stati degli ingressi, come Dowsett e tutto un gruppo di performance. Non è più la classica squadra kazaka, in cui si parla tanto italiano, ma sta diventando sempre di più internazionale. I proprietari cinesi sono molto disponibili, Vinokourov sa fare le squadre e avendo queste risorse ha deciso di investire tanto.

Che tipo di contatti ci sono stati finora con i cinesi?

A dicembre hanno voluto me e altri quattro compagni per andare a fare la presentazione ufficiale. Siamo andati nella loro fabbrica a Shenzen, una città con 17 milioni di abitanti, poi nel salone dei congressi del Municipio. C’era il sindaco, che è una donna (You Xiangrong, ndr). C’erano anche un membro del governo cinese, il presidente della XDS e suo figlio che è l’amministratore delegato con cui si interfaccia Vinokurov. Questo ragazzo è venuto a dicembre per tre giorni con la sua compagna e altre due persone dell’azienda per vedere come lavorassimo. Da quello che mi hanno detto, l’anno scorso era stato a vedere il Giro d’Italia e il Tour de France e si è innamorato di questo mondo. Ovviamente, facendo bici da 30 anni e non avendo problemi di denari, hanno deciso di cogliere l’opportunità di inserirsi nel WorldTour.

La necessità dei punti influenzerà il tuo calendario?

No, si deve alzare la media della squadra, ma io continuerò a fare quello che ho sempre fatto, possibilmente al meglio. Per venire a capo della situazione, dobbiamo impostare quest’anno e i prossimi adattandoci al ciclismo moderno, in cui si lotta fino alla fine e non si molla mai. In cui si vanno a cercare i piazzamenti e anche il quarantesimo posto in un Grande Giro, si cercano le gare semi sconosciute, senza pubblico, però se vinci ti danno 125 punti WorldTour. Più che fare le fughe e correre spensierati, purtroppo o per fortuna (dipende dai punti di vista) bisogna fare così, perché il ciclismo di oggi funziona in questo modo.

Un modo di interpretarlo cui è facile abituarsi per chi corre per vincere?

A me non cambierà tanto, però altri corridori sono stati chiamati a cambiare le proprie ambizioni. Conviene essere più continui anche se non si vince mai, piuttosto che buttare via cinque o sei gare e vincerne una sola, che poi ti dà pochi punti. Io inizio qua in Australia, poi dovrei fare Laigueglia, la Tirreno, le classiche e spero il Giro d’Italia. Ad agosto e settembre invece, bisognerà martellare sui punti WorldTour.

Il Fiandre 2024 è stato una beffa per Bettiol, ripreso nel finale e poi 9° all’arrivo
Il Fiandre 2024 è stato una beffa per Bettiol, ripreso nel finale e poi 9° all’arrivo
In questo ciclismo moderno comandano i punti e pochi corridori fortissimi. Per Bettiol che è diventato grande vincendo il Fiandre come sarà confrontarsi con quei giganti?

Il Fiandre più che un obiettivo è un’occasione, perché è una gara che mi viene bene. E’ una gara in cui ci sono tanti punti WorldTour ed è una gara che, alle spalle di Pogacar e Van der Poel, si apre a tanti scenari. Io devo essere lì, dietro a loro due. Per far bene, per orgoglio mio e per la squadra. Soprattutto perché l’anno prossimo con questa bella maglia tricolore, mi piacerebbe fare bene al Fiandre. Però, proprio per la gente che c’è in giro, definirlo un obiettivo mi sembra un po’ surreale.

Invece la Roubaix? Sembravi esserne innamorato…

Non è che la Roubaix mi abbia fatto impazzire. Forse l’anno scorso ero un po’ scarico di energie, un po’ deluso dopo il Fiandre in cui mi ripresero proprio alla fine. Forse fu questo, ma è una gara completamente diversa da tutte le altre. Non c’entra niente con il Fiandre e le altre classiche. E’ più una cronometro individuale. Si fanno delle medie pazzesche con queste ruotone e non è che mi faccia impazzire. E’ chiaro che ha il suo fascino e per questo dissi che una volta avrei voluto provarla e l’ho fatto. Però non è che non ci dorma la notte.

L’arrivo in Astana significa anche cambio di preparatore?

Mi segue Maurizio Mazzoleni, ma non abbiamo cambiato nulla. Hanno speso parecchio per prendermi, non avrebbe avuto senso rivoluzionare tutto. Non sono un giovane al primo anno.

Invece con la nuova bici ti sei trovato subito bene? Guardando la foto ricorda molto la Cannondale con cui correvi lo scorso anno…

Ricorda la SystemSix. Mi è piaciuta subito, perché scorre veramente bene e quando si va davvero forte, la senti che tiene la velocità. Quando fai una volata, non ti sembra di dover abbattere un muro, ma scorre bene. Si sente che è rigida quando togli le mani dal manubrio ed è difficile andare dritti. Vuol dire che è molto rigida ed è un bene. In più il peso è contenuto ed è nella media degli altri, quindi siamo molto contenti. Abbiamo anche il modello da salita, ma penso che io userò soprattutto questa aero.

Ti senti già pronto per fare risultato?

Più o meno mi sembra di essere pronto, anche se è sempre difficile fare previsioni per la prima gara. Ormai non ci si va più per rifinire le condizioni, bisogna essere pronti. E se non si è pronti, ci si fa del male e basta.

La prima gara: aspettative, incognite e informazioni preziose

09.01.2025
5 min
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Con il nuovo anno arriva anche il debutto agonistico del ciclismo professionistico, che tradizionalmente avviene dall’altra parte del mondo, in Australia o in Sud America, dove è piena estate e le temperature sono ben lontane da quelle invernali dell’Europa. Una sfida non solo per il chilometraggio, ma anche per il corpo, che deve adattarsi rapidamente quindi non solo al ritmo e alle fatiche della prima gara, ma anche al clima caldo. La prima gara rappresenta un mix di aspettative, curiosità e incognite. Alcuni corridori arrivano ben rodati, altri ancora devono trovare il ritmo.

Il dottor Andrea Giorgi, medico e preparatore della VF Group-Bardiani CSF-Faizanè, ci ha fornito una prospettiva sul significato della prima competizione stagionale e sugli aspetti che gli atleti e il team monitorano per ottimizzare le performance: che informazioni emergono? Va detto che la sua squadra non sarà presente al Tour Down Under (dal 21 gennaio per gli uomini, dal 17 per donne. In apertura un’immagine del 2024, ndr), ma Giorgi resta un valido interlocutore per questo argomento, tanto più che oltre ad essere dottore è anche preparatore.

Andrea Giorgi è medico e preparatore in forza alla VF Group-Bardiani
Andrea Giorgi è medico e preparatore in forza alla VF Group-Bardiani
Dottor Giorgi, inizia la stagione, come sempre dall’Australia, dove fa caldo. Come finisce il corridore la prima gara dell’anno?

I corridori devono adattarsi al nuovo clima e per farlo si adottano strategie di allenamento, nutrizione e abitudini di vita che favoriscano l’attività al caldo. Anche se poi oggi in tanti di loro partono almeno una decina di giorni prima per adattarsi. Oltre a queste strategie, c’è l’incognita della prima gara, con chi è più esperto e chi è al debutto.

Cioè?

Gli aspetti psicologici e fisici si intrecciano, così come le strategie nuove che possono emergere da un inverno di sperimentazione. Si arriva alla prima competizione con un misto di curiosità e attesa, sia da parte dell’atleta che dello staff.

Quali dati si raccolgono per valutare la risposta del corridore: numeri? Sensazioni? Risultati?

Mettiamo sempre l’atleta al centro. Il primo dato è come si è sentito il corridore: la percezione personale è fondamentale. Poi analizziamo i dati oggettivi, come la frequenza cardiaca e il carico interno, che ci dicono come il corpo ha risposto alla gara. Usiamo anche parametri come l’HRV (Heart Rate Variability) e la bioimpedenza per valutare l’idoneità e il recupero. Dal lato esterno, invece, ci sono i dati del misuratore di potenza che ci danno un quadro sul lavoro svolto in gara. Ogni informazione viene poi integrata per avere una visione completa delle condizioni dell’atleta.

Qualche giorno prima dell’Australia, il 12 gennaio si inizia in Venezuela (Vuelta al Tachira), quest’anno senza team europei
Qualche giorno prima dell’Australia, il 12 gennaio si inizia in Venezuela (Vuelta al Tachira), quest’anno senza team europei
Ci sono differenze tra la fine della prima gara e quelle successive, dal tuo punto di vista?

Non vedo grandi differenze. Le sensazioni di un atleta sono spesso simili: si è stati bene o male? Questo emerge indipendentemente dalla gara. Tuttavia, ciò che cambia è il livello di preparazione generale del gruppo. Nelle prime competizioni è normale trovare atleti in diverse fasi di forma, con chi punta a essere subito competitivo e chi usa queste gare per costruire la condizione.

Chiaro, magari il ritmo non è super. O più corridori possono staccarsi…

La strategia della squadra e l’obiettivo individuale incidono molto sulle sensazioni finali. Come si deve muovere un certo corridore? Che compito ha?

Cosa è cambiato oggi rispetto al passato nella preparazione alla prima gara? Per esempio, magari una volta si aveva più fame in gara perché non si era più abituati a spendere tanto. E’ ancora così?

Oggi i ciclisti sono già pronti fin dalle prime corse. Il concetto di “train the gut” (allenare l’intestino, ndr), ad esempio, è diventato fondamentale. Durante gli allenamenti si sperimentano carichi alimentari simili a quelli di gara, quindi i 120 e più grammi di carboidrati l’ora, riducendo il rischio di fame o problemi gastrointestinali. Non esiste più lo stacco netto di una volta, con atleti che arrivavano con molti chili in più. Questo è evidente soprattutto nei giovani professionisti, che entrano subito in un sistema ben strutturato.

Oltre ai dati e alle sensazioni, vengono annotati anche dati sull’idratazione e il reintegro dei liquidi
Oltre ai dati e alle sensazioni, vengono annotati anche dati sull’idratazione e il reintegro dei liquidi
E invece, dottor Giorgi, a livello emozionale, cosa rappresenta la prima gara?

La prima gara è sempre speciale. Per me è un vero test, dove posso verificare se le aspettative sui miei atleti sono state rispettate. Okay test e allenamenti, ma la gara è il banco di prova finale: ciò che succede in corsa può confermare o ribaltare le previsioni. Mi piace capire come gli atleti hanno vissuto questa esperienza, non solo fisicamente ma anche mentalmente, perché è qui che si inizia a costruire il resto della stagione. Ed è per questo che mi piace ascoltarli.

Gli atleti tendono a finire meglio o peggio la prima gara rispetto al passato?

Dipende dal singolo atleta. Non c’è una regola universale: alcuni faticano a smaltire i carichi di allenamento del ritiro, altri invece vanno forte da subito. Oggi le differenze sono meno marcate rispetto al passato, grazie alla preparazione sempre più mirata. La soggettività resta comunque un fattore determinante, e per questo è importante un monitoraggio attento e personalizzato.

Chiaro…

Poi, un po’ come dicevo prima, dipende anche dal ruolo che avevano in gara, se dovevano puntare subito e quindi erano super pronti, o se invece dovevano rifinire la gamba. Dipende dall’andamento tattico, dal livello generale del gruppo…

Tricolori di Follonica, sul ciclismo lo sguardo dei genitori

09.01.2025
6 min
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FOLLONICA – I Campionati Italiani Giovanili di Ciclocross, che si sono svolti lo scorso fine settimana a Follonica e che vi abbiamo raccontato, sono stati anche l’occasione per parlare con genitori e direttori sportivi e raccogliere le loro sensazioni di… adulti. Come vivono la scelta di questa disciplina da parte dei propri ragazzi e ragazze? Quanto ha inciso il fatto che il ciclocross sia più sicuro rispetto alla strada, in questo momento di scarsa sicurezza, soprattutto per quanto riguarda gli allenamenti?

A Follonica si sono sfidati esordienti e allievi: categorie ancora… tranquille
A Follonica si sono sfidati esordienti e allievi: categorie ancora… tranquille

Per divertimento

Già dopo la riunione tecnica del sabato sera, tenuta dall’organizzatore Fausto Scotti e dal suo staff presso il Villaggio Mare Sì, abbiamo ricevuto le prime risposte. 

«Sicuramente allenarsi in circuito è più sicuro», spiga Simone Tognetti, papà di Piercarlo dell’Uc Empolese, al primo anno tra gli esordienti. «Per ora, comunque, deve pensare solo a divertirsi, poi se la passione prende, sarà lui a decidere se continuare».

Elisa Barberis è invece la mamma di Davide Ghezzi della Salus Guerciotti: «Mio figlio pratica tutte e tre le discipline (ciclocross, mtb e strada) ma credo proprio che al primo posto metta il ciclocross. E’ da quando ha 4 anni e mezzo che gli piace stare nel fango… Da genitore un po’ di ansia ce l’abbiamo sempre e da questo punto di vista il ciclocross mi mette meno paura. Comunque lo sosteniamo sempre, dato che si impegna e, stando in gruppo, vediamo che si diverte. Fra qualche settimana lo porteremo in Belgio a vedere le gare dei suoi campioni. E’ il nostro regalo di Natale».

Tutti ad ascoltare Fasuto Scotti nella riunione tecnica del sabato nel Villaggio Mare Sì di Follonica
Tutti ad ascoltare Fasuto Scotti nella riunione tecnica del sabato nel Villaggio Mare Sì di Follonica

L’ammiraglia al seguito

I direttori sportivi sono come una seconda famiglia per questi ragazzi, come nel caso di Alessio Montagner, diesse della friulana Asd Libertas Ceresetto.

«Ho vissuto il dramma di Silvia Piccini (investita ed uccisa nel 2021 a soli 17 anni mentre era in bici, ndr) per cui quando facciamo allenamenti su strada abbiamo sempre una macchina al seguito. La disciplina del ciclocross, oltre ad essere più sicura, cerchiamo di insegnarla ai ragazzi anche per diversificare l’attività. Molti la vedono come un ripiego rispetto alla strada, invece io credo sia molto importante per la formazione tecnica dell’atleta». 

Gli chiediamo anche se per alcuni la bici sia ancora solo un gioco e se invece per altri sia qualcosa di ben più strutturato: «Magari capiterà che qualcuno farà uno sport completamente diverso, ma noto che il mondo sta correndo sempre più e la bici come gioco la vedo solo nelle categorie dei giovanissimi. Già dagli esordienti si comincia a lavorare sulla specializzazione. Per quanto riguarda il ciclocross, quando si arriva alle categorie internazionali (a partire dagli juniores, ndr) a malincuore vedo che molte società declinano questa specialità per puntare sulla strada. Si tratta di una cosa prettamente italiana – prosegue – tanto che ho avuto atleti che per poter continuare a fare ciclocross sono dovuti andare nei devo team nord europei».

Durante i tricolori di Follonica, genitori e tecnici si spostavano tra i punti più chiave del percorso
Durante i tricolori di Follonica, genitori e tecnici si spostavano tra i punti più chiave del percorso

Il fascino dei campioni

Più o meno gli stessi concetti sono stati ribaditi anche alla domenica, durante l’assegnazione delle 8 maglie tricolori individuali (4 maschili e 4 femminili tra esordienti ed allievi, entrambi di 1° anno e di 2° anno).

In più è saltato fuori, com’è nella natura delle cose, che l’esplosione mediatica dei vari Van der Poel e Van Aert ha avuto un certo riverbero nell’animo di questi adolescenti e pre-adolescenti. E’ normale: come il ragazzino che gioca a calcio e sogna le gesta di Mbappé o di Haaland.

L’incitamento del padre, lo sguardo attento della madre e l’impegno del ragazzo ai tricolori di Follonica
L’incitamento del padre, lo sguardo attento della madre e l’impegno del ragazzo ai tricolori di Follonica

Il costo delle trasferte

Non abbiamo tralasciato il discorso delle spese da sostenere da parte delle famiglie. Alcune società sportive per la disciplina stradale forniscono il materiale in comodato d’uso, mentre per il ciclocross bisogna arrangiarsi da sé. Anche le trasferte incidono, mentre per chi va su strada è più facile trovare gare vicino casa.

Pasquale Losciale e il papà di Gabriele, ad esempio, sono di Bisceglie (Bari): «Al Sud – ci spiega il genitore – abbiamo alcune gare grazie anche al Giro delle Regioni. Per le altre trasferte, dove possiamo lo accompagniamo. Altrimenti lui e gli altri ragazzi della Sc Cavallaro hanno la fortuna di avere degli allenatori che li “coccolano” anche dal punto di vista umano».

Mentre le gare della domenica si susseguono e i ragazzi trovano una leggera pioggerellina a rendere più scivolosi i tratti tecnici, raccogliamo il parere di un’altra mamma, Elisa Petri di Gorizia. Suo figlio Luca De Monte dell’Uc Caprivesi alterna cross e mtb: «Devo dire che mi spaventa un po’ più la mountain bike rispetto al ciclocross – ammette – perché è sempre più estrema, con sempre più salti. La bici da strada invece la pratico anche io ed è un po’ un punto di domanda pensando alla sicurezza di chi pedala».

La svolta degli juniores

Infine chiudiamo col parere di Marco Bettinelli, da Bergamo. Per suo figlio Francesco (che ha seguito la sua passione per le due ruote) vede un futuro di divertimento almeno fino alla categoria juniores.

«Si tratta di una categoria tenuta molto in considerazione in tutte e tre le discipline – dice – a discapito, credo, degli under 23. Ma per ora auguro a lui e a tutti i ragazzi che si stanno sfidando qui a Follonica di praticare l’attività senza troppo assillo per la prestazione. C’è ancora un po’ di tempo per impostare una vera e propria carriera».

Nieri promosso nella professional: alla ricerca di nuovi talenti

09.01.2025
5 min
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Una delle notizie che riguarda il mondo giovanile è che in questa stagione il team di sviluppo della Q36.5 Pro Cycling non ci sarà più. Tra le figure che lavoravano nella formazione continental svizzera c’era Daniele Nieri, il quale andrà a rimpolpare lo staff della professional. Il diesse svolgerà il solito ruolo di gestione del team e di supporto alle corse, ma avrà anche una nuova mansione: quella dello scouting. Le motivazioni della chiusura della squadra continental non sono ancora note, ma il progetto giovani non perde forza. Qualcosa cambierà, e ce lo racconta lo stesso Daniele Nieri (in apertura insieme a Nahom Zeray, vincitore della Piccola Sanremo 2024, photors.it). 

«Nel 2025 passerò alla formazione professional – spiega il diesse toscano – nella quale continuerò a seguire i giovani che hanno proseguito il cammino con noi. In più avrò modo di andare a cercare e vedere le gare juniores e under 23 alla ricerca di ragazzi sui quali puntare».

Samuele Battistella
Nel 2019 la squadra era il vivaio della Dimension Data e lanciò Battistella verso il mondiale U23
Samuele Battistella
Nel 2019 la squadra era il vivaio della Dimension Data e lanciò Battistella verso il mondiale U23

Sondare il terreno

Quella del ruolo di talent scout non è una novità totale per Daniele Nieri. Il tecnico toscano per anni ha visto e osservato giovani ragazzi in rampa di lancio, li ha seguiti e fatti crescere. Questo compito farà ancora parte delle sue mansioni nella Q36.5 Pro Cycling, ma con una sfumatura diversa. 

«Seguirò come diesse – continua a spiegare Nieri – le gare dei nostri giovani, ci sono dei profili interessanti: Joseph Pidcock (fratello di Thomas, ndr), Enekoitz Azparren, Fabio Christen, Nicolò Parisini e Walter Calzoni. Sarò accanto a loro nelle gare alle quali parteciperanno. Ma, il ruolo predominante, sarà quello di scouting. Andrò a vedere le corse riservate ai giovani, quelle di categoria .1 e anche le gare juniores e under 23. cambierà un po’ il target».

Tra i giovani da seguire Nieri avrà anche Joseph Pidcock, fratello di Thomas, che arriva dalla Trinity Racing (foto Instagram)
Tra i giovani da seguire Nieri avrà anche Joseph Pidcock, fratello di Thomas, che arriva dalla Trinity Racing (foto Instagram)
In che senso?

Diciamo che sarà più ampio. Non avendo più la formazione intermedia, ovvero quella development, potremo prendere anche corridori elite. Il nostro focus saranno corridori in fase avanzata, già cresciuti o comunque pronti al salto nel mondo dei professionisti. 

Cosa cambierà nell’approccio?

All’inizio faremo una ricerca non per trovare corridori ma per monitorare la crescita dei giovani. Raccoglieremo dati, sia psicologici che tecnici, per capire che corridori abbiamo davanti. Studieremo la loro evoluzione, anche di quelli che non correranno con noi. Sarà un lavoro più “curioso” all’inizio, nel quale potrò creare una lista interna di corridori possibili. 

Non mancano i giovani italiani da osservare, tra questi spunta Walter Calzoni
Non mancano i giovani italiani da osservare, tra questi spunta Walter Calzoni
Andrai alle corse con quale occhio?

Prima ci andavo per trovare i ragazzi da inserire nel devo team, ora per cercare i profili più interessanti. Alzeremo un po’ l’età media dei corridori che monitoreremo. Restando intorno a ragazzi di età compresa tra i 22 e i 24 anni. 

Come mai?

Per due motivi. Il primo è perché ormai è sempre più difficile prendere ragazzi di 18 o 19 anni. Su di loro arrivano i devo team del WorldTour. In secondo luogo perché per alcuni il salto da juniores a professionisti è troppo ampio. Per quel che ho visto in questi anni i giovani italiani hanno bisogno di fare un passaggio intermedio e di correre da under 23. Un progetto interessante è quello della Vf Group-Bardiani, che prende i giovani ma fa fare loro un calendario dedicato.

Un altro profilo interessante del team Q36.5 Pro Cycling è Nicolò Parisini
Un altro profilo interessante del team Q36.5 Pro Cycling è Nicolò Parisini
Pensi sia replicabile?

Difficile. Anche perché i Reverberi riescono a proporre una crescita graduale. 

Quella della Q36.5 é una scelta in controtendenza nel momento in cui tutte le squadre inseriscono un devo team

Vero. Ma bisogna anche essere realistici. Il rischio maggiore è che le formazioni WorldTour arrivino e si aggiudichino i corridori migliori, mettendoli nei devo team. Un altro rischio è che noi come formazione development cresciamo un ragazzo e poi arriva lo squadrone a portarselo via, così non raccogliamo i frutti del nostro lavoro. 

Nel devo team sono cresciuti corridori interessanti, come Guillermo Martinez, ora passato nel WT alla Picnic PostNL (photors.it)
Nel devo team sono cresciuti corridori interessanti, come Guillermo Martinez, ora passato nel WT alla Picnic PostNL (photors.it)
Tornando al discorso dell’età, cercherete corridori più maturi?

In generale, anche nel devo team, difficilmente arrivavamo a prendere ragazzi direttamente dalla categoria juniores. E se lo abbiamo fatto erano stranieri, non italiani. 

Perché?

I ragazzi italiani a 18 anni non sono pronti a fare la vita da corridore, devono fare un passaggio intermedio. Mentre i giovani stranieri, come gli spagnoli o i colombiani, sono mentalmente predisposti. Però da un lato penso sia meglio tutelare i giovani e proporre loro un percorso più morbido. Fare un anno tra gli under 23 è utile, per attutire il colpo e permettergli di emergere alla lunga. Fornendogli i mezzi per avere carriere durature.

Alaphilippe: nuovo look e lo spirito di sempre

09.01.2025
4 min
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Pare che quando Alaphilippe ha incontrato all’aeroporto di Alicante la Soudal-Quick Step, in Spagna per il ritiro di gennaio, abbia avuto un tuffo al cuore. Il francese ha ammesso di aver trovato strano di non essere vestito come loro, il che è comprensibile dopo undici stagioni nello stesso gruppo. Tuttavia subito dopo, Julian ha raccontato di essere orgoglioso di aver scelto la Tudor Pro Cycling. Semmai gli è dispiaciuto non aver chiuso il suo percorso nello squadrone belga con una gara di addio. La caduta dei mondiali lo ha tolto di mezzo per tutto il resto della stagione, così che la sua ultima corsa con quei colori è stata la Super 8 Classic del 21 settembre, vissuta tuttavia senza averne consapevolezza.

«Da quando ho saputo che a fine anno sarei partito – racconta il francese, ritratto in apertura in una foto del Tudor Pro Cycling Team – ho cercato di godermi ogni momento il più possibile. Perché quando ero fuori con la squadra ero sempre felice. Mi mancheranno le persone, tutti sanno che attribuisco grande importanza alle relazioni personali. Con alcuni di loro lavoro da anni, avranno sempre un posto speciale nel mio cuore. Quando li ho visti all’aeroporto, è stato bello rivederli e fare due chiacchiere».

A Zurigo, prima del via, parlando con Evenepoel. Poi la caduta ha messo fine al suo 2024
A Zurigo, prima del via, parlando con Evenepoel. Poi la caduta ha messo fine al suo 2024

Senza pensare al Tour

Quando nei giorni scorsi è stato chiesto a Fabian Cancellara se lo abbia ingaggiato per giocarsi l’invito al Tour, lo svizzero si è affrettato a dire di no. Ha spiegato che quando si è messo a ragionare con Ricardo Scheidecker e Raphael Meyer di quale fosse un corridore in grado di far crescere il livello tecnico della squadra, il nome del francese sia venuto fuori quasi subito. Ricardo lo conosceva da anni e sapeva bene quello che avrebbe potuto dare.

«La sola cosa che mi interessava – ha detto Cancellara – era chi fosse e quale fosse la sua motivazione. Non mi interessava un corridore capace di aprirmi le porte o con un grande palmares. Prendendo lui, non avevamo in mente il Tour, ma il modo in cui avremmo costruito la squadra e il livello a cui aspiriamo. Ovviamente la sua immagine aiuta, è positiva, ma se ci fermiamo a questi aspetti, non andremo lontano».

Alaphilippe, classe 1992, ha lasciato la Soudal-Quick Step in cui passò professionista nel 2014 (foto Tudor Pro Cycling)
Alaphilippe, classe 1992, ha lasciato la Soudal-Quick Step in cui passò nel 2014 (foto Tudor Pro Cycling)

Il ciclismo degli inviti

Alaphilippe alla Tudor scoprirà una nuova dimensione del ciclismo: quella degli inviti. Per un corridore abituato a scegliere le corse come ciliegie potrebbe essere uno scoglio difficile da scavalcare, tuttavia la sua leggerezza fa capire che per ora il problema non è percepito in quanto tale.

«Nella mia mente non l’ho mai vista in questi termini – dice Alaphilippe – ho seguito completamente i miei sentimenti. Mi sono chiesto cosa volessi e la risposta è stata la possibilità di divertirmi ancora a fare ciclismo in una buona struttura. E la Tudor incarna perfettamente questo ideale. E’ chiaro che ci siano delle differenze fra le due squadre, ma non sono venuto qui per fare confronti. Tutti lavorano molto duramente per darci il meglio possibile, per ora va tutto bene e sono felice. Sono convinto che fosse arrivato il momento giusto per fare questo passo. Avevo bisogno di nuove motivazioni».

Tirreno 2022, il campione del mondo era Alaphilippe, ma Pogacar vincerà la corsa
Tirreno 2022, il campione del mondo era Alaphilippe, ma Pogacar vincerà la corsa

Contro i mulini a vento

Le corse dei sogni restano le stesse e non potrebbe essere altrimenti. Amstel, Liegi, Lombardia, il Fiandre che è quasi un sogno, le tappe del Tour. E poi il mondiale, perché quando l’hai vinto per due volte, fatichi a pensare di non poterlo fare ancora. Il grosso dubbio è se ci sia ancora spazio in questo ciclismo di grandissimi motori per una zanzara scaltra e fantasiosa come il francese.

«Continuo a vivere il ciclismo della vecchia scuola – dice – lo faccio nello stesso modo in cui lo facevo dieci anni fa. Non cambierò. Oggi è sempre più una questione di numeri, ma io amo ancora correre seguendo l’istinto. E lo farò finché non mi fermerò. Puoi battere tutti i tipi di record, ma la cosa più importante è comunque come ti senti sulla bicicletta. E ovviamente i risultati che ottieni. A volte vedo i corridori guardare immediatamente il proprio computer dopo una gara, quasi non gli importa sapere quanto distacco hanno preso o come sia andata la gara. Guardano se hanno battuto i record di wattaggio e sono felici. Per me il ciclismo non è questo. La stagione di Pogacar è stata spettacolare. È un fenomeno e ho sentito che è solo al 20 per cento del suo potenziale. Ma per fare il corridore a questo livello, devi continuare a credere che puoi battere certi corridori e lavorare sodo per riuscirci. So anche io che sarà molto difficile, ma se non ci credi non troverai la motivazione per continuare a lavorare».

Bessega prende le misure alla Lidl-Trek Future Racing

08.01.2025
5 min
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Andrea Bessega è uno degli ultimi ragazzi italiani che è passato under 23 in un devo team. Il giovane talento che ha corso i due anni da juniores nella Borgo Molino Vigna Fiorita ora si trova alla Lidl-Trek Future Racing (in apertura foto Lidl-Trek). La formazione di sviluppo del team americano nata lo scorso anno e che ha già raccolto tanti risultati di prestigio, tra i quali la Paris-Roubaix Espoirs. Bessega entra così fra i tredici ragazzi da guardare con particolarmente attenzione. In Italia si era già messo in mostra, conquistando diverse corse nazionali e ben figurando in alcuni appuntamenti di Nations Cup. 

La Lidl-Trek Future Racing è nata nel 2024 come devo team della formazione WorldTour (foto Lidl-Trek)
La Lidl-Trek Future Racing è nata nel 2024 come devo team della formazione WorldTour (foto Lidl-Trek)

Ogni cosa al suo posto

Quello di Bessega è un bel salto, importante, che arriva in un momento delicato della carriera. Nei mesi che hanno portato alla fine dell’anno solare ha già avuto modo di mettersi in contatto con la nuova squadra e di vivere le prime esperienze con loro. 

«Il primo ritrovo ufficiale – racconta – è stato nel mese di ottobre a Bergamo, dove siamo stati per quattro giorni. Lì mi hanno dato la bici per svolgere i primi allenamenti, mi hanno preso le misure e ho conosciuto un po’ lo staff della squadra. Ero emozionato all’idea di conoscere tutti, ma mi hanno accolto bene. Ho avuto conferma del bell’ambiente che si respira anche al ritiro di dicembre. In squadra il clima è ottimo, la cosa bella è che noi ragazzi dobbiamo solamente pedalare. A tutto il resto ci pensa il team». 

Matteo Milan ha accolto Bessega nel team, i due hanno corso nella stessa squadra da allievi
Matteo Milan ha accolto Bessega nel team, i due hanno corso nella stessa squadra da allievi
Che primo impatto è stato?

Il salto tra una formazione juniores e un devo team è enorme. La Borgo Molino è una squadra a nucleo familiare, ci si conosce tutti. Nella Lidl-Trek Future Racing non siamo tanti, ma si vede che il mondo che c’è dietro è grande. Senti di essere collegato al WorldTour. 

Ti sei ambientato subito?

Devo ammettere che mi sono ambientato subito, anche grazie alla presenza di Matteo Milan. Abbiamo corso nella stessa squadra quando eravamo allievi. Lo staff è composto da molti italiani, quindi l’impatto è attutito. Si parla spesso con la nostra lingua e questo aiuta. L’inglese lo so ma è ancora da affinare.

Bessega è passato under 23 dopo due stagioni interessanti da juniores (foto Lidl-Trek)
Bessega è passato under 23 dopo due stagioni interessanti da juniores (foto Lidl-Trek)
Hai parlato con Matteo Milan, ti ha dato dei consigli?

Sì. Nel ritiro di dicembre eravamo in stanza insieme. Penso che essere affiancato da un ragazzo che conosco e che ha già vissuto il team dall’interno sia stato fondamentale. Mi ha spiegato un po’ di cose essenziali. Ad esempio che la sera bisogna andare a cena tutti vestiti uguali, oppure di non farsi prendere la mano in allenamento e seguire i propri lavori. 

A proposito, chi è il tuo preparatore?

Matteo Azzolini, che è lo stesso di Matteo Milan e di altri corridori tra WordTour e team femminile. Mi sto trovando bene con lui, anche se non abbiamo fatto ancora tante cose. Durante il ritiro di dicembre tra incontri e shooting fotografici ci siamo allenati qualche giorno di meno. Adesso, a gennaio, potremo concentrarci solo sulla bici. 

Nel primo ritiro di dicembre ha preso confidenza con dei nuovi metodi di allenamento (foto Lidl-Trek)
Nel primo ritiro di dicembre ha preso confidenza con dei nuovi metodi di allenamento (foto Lidl-Trek)
Come stai svolgendo la preparazione, c’è qualche novità?

A dicembre abbiamo fatto dei test e qualche uscita tutti insieme. Per il resto ognuno ha il suo programma. Arrivo da anni in cui non mi sono mai allenato “seriamente”. Il salto da questo punto è evidente, ora inizio a fare dei lavori specifici e tanto altro. 

In che senso?

Prima di quest’anno non avevo mai fatto determinati esercizi, come le variazioni di ritmo in salita, i 30/30 oppure i 40/20. Sono lavori abbastanza semplici, diciamo che principalmente servono le gambe. 

Bessega ha avuto modo di conoscere e maneggiare anche la nuova Madone (foto Lidl-Trek)
Bessega ha avuto modo di conoscere e maneggiare anche la nuova Madone (foto Lidl-Trek)
Ci sono altre cose che stai imparando a gestire?

Ad esempio l’alimentazione, negli anni precedenti non curavo questo aspetto. Ora con la Lidl-Trek ho fatto un piano alimentare maggiormente curato. 

Con la bici come ti sei trovato?

Bene, la Trek l’avevo usata solo da allievo per sei mesi. Per il resto non ci ho mai pedalato sopra, direi che va tutto bene. Il nuovo modello è molto reattivo e leggero. Anche con il nuovo gruppo SRAM mi sto trovando molto, soprattutto in frenata. 

La Lidl-Trek Future Racing del 2025 è composta da 13 ragazzi di 10 nazionalità diverse (foto Lidl-Trek)
La Lidl-Trek Future Racing del 2025 è composta da 13 ragazzi di 10 nazionalità diverse (foto Lidl-Trek)
Sei in squadra con tanti ragazzi stranieri, anche se alcuni li conoscevi già…

Penso che il fatto di avere molti corridori di diverse nazionalità non sia un problema. Anzi, è un modo per parlare in inglese. Tra di noi parliamo molto, soprattutto con quelli più esperti. Per il momento ho legato molto con Alvarez e Grindley, gli altri ragazzi classe 2006 come me. Ho corso spesso contro di loro, quindi già li conoscevo. 

Prossimo appuntamento?

Adesso torniamo in Spagna per un altro ritiro, alla fine del quale faremo una gara tra quelle della challenge di Maiorca per testare la gamba.