Da sabato gli europei e Pontoni ha un poker in mano

Da sabato gli europei e Pontoni ha un poker in mano

06.11.2025
5 min
Salva

Un weekend per capire a che punto siamo. Oggi la nazionale italiana è partita per Middelkerke, in Belgio, per gli europei di ciclocross concentrati in due giorni. Un programma di gare denso, tre appuntamenti al sabato e tre alla domenica con la forzata (e dolorosa in chiave italiana) rinuncia al team relay. La località belga è un caposaldo dell’attività sui prati e normalmente ospita una delle ultime classiche della stagione, ma chi pensa di rivedere gli atleti in gara sul classico percorso del campionato belga 2022 dovrà ricredersi, come spiega il cittì della nazionale Daniele Pontoni.

Daniele Pontoni insieme al suo vice Luigi Bielli. Il cittì ha portato in Belgio 15 elementi
Daniele Pontoni insieme al suo vice Luigi Bielli. Il cittì ha portato in Belgio 15 elementi
Daniele Pontoni insieme al suo vice Luigi Bielli. Il cittì ha portato in Belgio 15 elementi
Daniele Pontoni insieme al suo vice Luigi Bielli. Il cittì ha portato in Belgio 15 elementi

«La zona di gara è completamente diversa – spiega il friulano – siamo in una base militare e questo ha comportato anche un diverso approccio. Sono stato a visionarlo quando sono salito per i mondiali gravel. Da quel che ho visto è un percorso simile a quello di Koksijde, con leggermente un po’ meno sabbia. C’è anche qualche duna perché si corre per un tratto in riva al mare. Il fondo è quasi tutto sabbioso, con dell’erba sopra in alcuni passaggi, ma sotto c’è sempre la sabbia. C’è un tratto abbastanza lungo da fare a piedi uscendo dall’arenile, dove ci sarà prima una discesa su una specie di scivolo che porta dalla base al mare, poi si risale e lì a piedi si andrà per una dozzina di secondi, forse anche più. Poi ci sarà anche un breve tratto in cemento».

Nella costruzione della squadra il fatto di non aver ancora avuto confronti internazionali è stato un problema?

No, nel costruire la squadra sono stato facilitato dalle varie gare italiane di ottobre, nelle quali ho visto tutti all’opera, poi Casasola e Viezzi hanno avuto anche qualche uscita all’estero, peraltro positiva. La selezione è stata abbastanza facile e rispecchia i valori attuali.

Agostinacchio ha vinto gli europei 2024. Gareggerà sabato, dopo le junior e prima delle Elite
Agostinacchio ha vinto gli europei 2024. Gareggerà sabato, dopo le junior e prima delle elite
Agostinacchio ha vinto gli europei 2024. Gareggerà sabato, dopo le junior e prima delle Elite
Agostinacchio ha vinto gli europei 2024. Gareggerà sabato, dopo le junior e prima delle elite
Quali sono le categorie che secondo te sono in questo momento più competitive a livello internazionale?

Noi su almeno quattro categorie- garantisce Pontoni – abbiamo buone ambizioni. Non voglio sbilanciarmi troppo, ma credo che possiamo anche puntare alle medaglie, uniche fuori da questo contesto sono le under 23 e la prova elite maschile dove siamo ancora un po’ lontani. C’è molta curiosità, credo che la gara fatta tutta sulla sabbia un po’ ci penalizzi rispetto ai locali, ma io sono fiducioso nei ragazzi che porto. Ho visto buoni risultati l’anno scorso anche su percorsi simili, ad esempio a Zonhoven dove Agostinacchio ha vinto in Coppa del mondo, quindi ci giochiamo carte importanti.

Accennavi ad Agostinacchio. C’è molta curiosità per vedere all’opera sia lui che Viezzi nella categoria under 23. Considerando l’esperienza nella categoria, si presentano con prospettive e propositi diversi?

Io credo che siano abbastanza vicini come rendimento in questo momento. Sicuramente Stefano ha da parte sua il vantaggio che parte davanti, rispetto a Mattia che il ranking lo deve scalare tutto, però ha una buona fase esplosiva in partenza e potrebbe colmare quasi subito questo gap. Quindi io sono ottimista su entrambi, potranno essere nel vivo della gara.

La Pellizotti punta a ripetere il podio e sarà la prima a scendere in gara
Giorgia Pellizotti punta a ripetere il podio e sarà la prima a scendere in gara
La Pellizotti punta a ripetere il podio e sarà la prima a scendere in gara
Giorgia Pellizotti punta a ripetere il podio e sarà la prima a scendere in gara
Per quanto riguarda gli juniores?

Abbiamo ragazzi molto promettenti e molto competitivi. Io penso che per le sue caratteristiche di adattabilità al percorso, Patrick Pezzo Rosola può fare molto bene. Lo stesso dicasi per Grigolini. Cingolani e Vaglio sono al primo anno juniores, è la loro prima esperienza a questi livelli, bisognerà vedere anche come arrivano lì. Loro sono lì per imparare ma questo non significa che non possano fare un buon risultato. Come anche tra le donne dove abbiamo Giorgia Pellizotti che arriva dal bronzo dell’anno scorso. Poi abbiamo Bianchi e Azzetti che erano con me già lo scorso anno mentre la Righetto è la piccolina del gruppo.

Poi c’è Sara Casasola ed è chiaro che i suoi risultati di questo inizio stagione la pongono fra le favorite…

Sicuramente può fare bene- sentenzia Pontoni – come ci ha dimostrato anche nelle ultime gare in Belgio. Anche se sono sempre stato convinto che soprattutto la gara in cui si assegna un titolo azzeri tutto, lì valgono le sensazioni del giorno, come staranno i ragazzi (la ragazza in questo caso) e il feeling che troveranno su questo percorso. Sono però fiducioso perché l’ho vista pedalare bene, conosce i suoi mezzi, ha incominciato ad osare e non ha più quel timore reverenziale che magari all’inizio hai verso quelli che ritieni i mostri sacri della tua categoria. Quindi se la gioca alla pari con la Brand che è la favorita numero 1.

I recenti risultati in Belgio fanno di Sara Casasola una delle favorite per sabato (foto Facebook)
I recenti risultati in Belgio fanno di Sara Casasola una delle favorite per sabato (foto Facebook)
I recenti risultati in Belgio fanno di Sara Casasola una delle favorite per sabato (foto Facebook)
I recenti risultati in Belgio fanno di Sara Casasola una delle favorite per sabato (foto Facebook)
Che idea hai degli avversari?

Vedremo chi sarà al via, ad esempio è incerta la presenza della Van Empel. Ma più che guardare gli avversari dobbiamo pensare a noi stessi, rispettare tutti ma non temere nessuno perché io ho massima fiducia nei ragazzi che porto con me.

Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già

Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già

06.11.2025
4 min
Salva

Iniziano a girare in rete le prime immagini e video spoiler (anche noi di bici.PRO abbiamo pubblicato qualcosa in merito) relativi ad un nuovo sistema pedale sviluppato da SRM.

Siamo certi che il nuovo pedale, o sistema, è stato fornito fornito ad alcuni atleti per avere i primi feedback di utilizzo reale e di messa alla frusta. Non abbiamo notizie di chi potrebbe usare i pedali SRM su strada, ma in pista è il danese Oskar Winkler (compagno della nostra Francesca Selva) a fare da tester. E proprio a lui abbiamo chiesto di raccontarci i primi feedback e sensazioni.

Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Oskar Winkler durante la London3 (foto Selva)
Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Oskar Winkler durante la London3 (foto Selva)
Quando hai iniziato ad usare i pedali SRM?

Mi hanno fornito i pedali circa due mesi fa. Da quel momento ho cercato di combinare il più possibile l’attività in pista e quella su strada, usando lo stesso pedale per entrambe le attività.

Cosa ci puoi raccontare dei nuovi pedali?

Hanno un corpo tutto in alluminio. La base di appoggio è molto ampia, la più larga che visto fino ad oggi e la sezione relativa all’aggancio e leggermente spostata verso il retro, paragonandola ai sistemi conosciuti oggi. La tacchetta è differente, ha due fori, uno anteriore e uno posteriore ed è sottilissima nella sezione centrale. Per avvitare le tacchette alle scarpe è stato necessario adattare la stessa suola.

Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Si nota il corpo allungato verso il retro (foto Selva)
Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Si nota il corpo allungato verso il retro (foto Selva)
Nulla a che vedere con il sistema SpeedPlay?

Assolutamente no. Come dicevo i fori della tacchetta sono due in totale, davanti e dietro. In questo caso è possibile montarli su una scarpa con i tre fori standard, ai quali però è necessario aggiungerne un quarto. Noi lo abbiamo fatto in modo un po’ artigianale, ma prendendo dei riferimenti corretti per lavorare nel modo giusto.

In sostanza avete forato la suola con i tre fori tradizionali?

Esatto. Direi che SRM starà lavorando anche per sviluppare suole dedicate in modo specifico.

Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Grande differenza tra una tacchetta Shimano e quella SRM (foto Selva)
Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Grande differenza tra una tacchetta Shimano e quella SRM (foto Selva)
Prima di SRM che sistema pedali usavi?

Pedali con piattaforma Shimano, combinando le tacchette blu e rosse. Con le tacchette SRM attuali ho una libertà angolare di 1,2°.

Passando a SRM sei stato obbligato a rifare la posizione in sella?

Mi sono abbassato di 1 centimetro e ho dovuto abbassare anche lo stem togliendo 1 centimetro agli spessori. Ho lasciato invariato l’arretramento sella.

Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Nuovo pedale (nero), rispetto al modello precedente che era rosso (foto Selva)
Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
Nuovo pedale (nero), rispetto al modello precedente che era rosso (foto Selva)
Hai cambiato la lunghezza delle pedivelle?

No, uso le 165 in pista e su strada già da tempo.

In merito alle sensazioni?

Una maggiore connessione al pedale, più forza nella pedalata ed anche un maggiore sfruttamento della parte centrale del pedale. La stessa sensazione di essere super centrato è riferita a tutto il gesto di rotazione della pedalata, pienezza nella spinta e zero spazi vuoti. Non in ultima una sensazione di una rigidità più elevata rispetto al passato.

Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
La bici usata da Winkler durante la London3. Ci sono i nuovi pedali SRM (foto Winkler)
Nuovi pedali SRM in arrivo? In pista li usano già
La bici usata da Winkler durante la London3. Ci sono i nuovi pedali SRM (foto Winkler)
Sei riuscito ad avvalorare le tue sensazioni con dati ed analisi?

Non ancora, o diciamo solo in parte. Ho notato che riesco ad essere più veloce con i medesimi watt erogati e riesco a sfruttare un migliore coefficiente aerodinamico, fattore legato anche all’abbassamento di sella e manubrio.

Team Cofidis

Cofidis, Damiani analizza: «Errori di tutti, ma guardiamo avanti»

06.11.2025
6 min
Salva

Il Team Cofidis ha vissuto forse la sua stagione peggiore. La storica squadra francese ha chiuso un’annata con appena nove vittorie ed è retrocessa dal WorldTour, essendo arrivata ventesima nel ranking. Un colpo non da poco per un team che, pur senza grandissimi campioni, si è sempre distinto nel panorama ciclistico internazionale.

Ne è conseguito l’allontanamento del team manager Cédric Vasseur e l’arrivo di Raphael Jeune. Di questo rimescolamento, di quel che è stata la stagione e di ciò che sarà, abbiamo parlato con Roberto Damiani, direttore sportivo e ormai colonna portante della squadra francese.

Roberto Damiani (classe 1959) da otto stagione è nella Cofidis (foto Instagram)
Roberto Damiani (classe 1959) da otto stagione è nella Cofidis (foto Instagram)
Roberto, dunque, che stagione è stata?

Una stagione iniziata tutto sommato bene, almeno fino ad aprile, poi siamo andati in difficoltà. Il perché: odio accampare scuse, ma è certo che qualcosa non ha girato per il verso giusto. Abbiamo fatto tutti degli errori e come dico sempre si vince e si perde tutti insieme. Ognuno ha le sue responsabilità se le cose non sono andate come pensavamo.

E ora?

Abbiamo fatto le nostre analisi e possiamo dire che ripartiremo con ancora più grinta.

C’è stato un grande cambio al vertice: via Cédric Vasseur, dentro Raphaël Jeune…

E’ stato un cambio deciso dall’alto, da Cofidis come azienda. Io sono arrivato in questo gruppo otto anni fa proprio con Vasseur e con lui ho sempre lavorato molto bene. Ma quando mi hanno proposto il rinnovo ho deciso di rimanere, perché voglio continuare a dare il meglio. Prima Cédric era il mio team manager, ora è un amico. Ci sentiamo ancora.

Si dice che proprio Vasseur sia stato travolto dallo stress dei punti a un certo punto della stagione. Questo ha contagiato anche il resto del team?

Certo, ma ditemi chi, dal decimo posto in giù del ranking UCI, non sia stato travolto da questa paura, da questa paranoia. C’era per tutti una vera tensione da punti, non solo per noi della Cofidis. Guardiamo le squadre con cui eravamo in lotta: XDS-Astana, Uno-X Mobility, Picnic-PostNL… Tutti hanno cambiato modo di correre e di gestire le gare. In quante corse si è andati non per vincere ma per fare punti? Questo ha inevitabilmente comportato una diminuzione dello spettacolo, e chi ha deciso queste regole se ne deve assumere le responsabilità. Ma se sei con l’acqua alla gola – e dico acqua per non dire altro – per salvarti non stai a guardare lo stile…

Fretin è stata una delle sorprese della prima parte di stagione: il velocista belga ha vinto tre corse e ottenuto molte top 5
Fretin è stata una delle sorprese della prima parte di stagione: il velocista belga ha vinto tre corse e ottenuto molte top 5
Immaginiamo, appunto, quella tensione, quell’ansia…

E’ stato così, mesi di tensione. Mesi in cui c’era voglia di fare, ma eravamo in grande difficoltà. Poi va detto anche che per fare punti servono corridori buoni e in condizione. Anche per questo, a un certo punto, abbiamo puntato molto sulle gare minori. Al tempo stesso però, da squadra WorldTour quale eravamo, dovevamo rispettare il calendario e gli impegni in Coppa di Francia. Ma in certe corse va detto che non c’eravamo. Al Tour de France, e sapete quanto sia importante per una squadra francese, proprio non siamo esistiti. E’ stato il peggiore dei nostri tre Grandi Giri.

Tu, Roberto, prima hai parlato di analisi fatte: cosa ne è emerso? Cosa non ha funzionato nel concreto?

Per quanto riguarda l’analisi, questa è stata fatta con il team manager, il gruppo performance, i medici, i direttori sportivi e l’alta dirigenza. E’ stata un’analisi a 360 gradi. Tutti noi – e quando dico tutti, intendo dai corridori ai massaggiatori, dai meccanici ai direttori sportivi – potevamo e dovevamo fare di più. Tuttavia, di fronte a una stagione non in linea con le aspettative, ci tengo a dire che Cofidis non si è tirata indietro, anzi… Ci ha rinnovato la fiducia fino al 2028 per una ripartenza decisa. Una fiducia totale.

E non è poco…

Stavo dicendo proprio quello. Non è poco in un periodo in cui vedi squadre che chiudono, altre che si fondono. Perché poi uno pensa ai corridori, ma c’è tanta gente che resta a casa. Si parla di professionismo, di aziende. E per chi non è corridore, che guadagna meno, la cosa è ancora più pesante. Cofidis invece ci ha detto: «Okay, non è andata bene, così non va, ma rimbocchiamoci le maniche e tiriamoci fuori da questa situazione tutti insieme».

Emanuel Buchmann , Team Cofidis, Tour de France
Emanuel Buchmann era il leader della Cofidis al Tour: è giunto 30° nella generale
Emanuel Buchmann , Team Cofidis, Tour de France
Emanuel Buchmann era il leader della Cofidis al Tour: è giunto 30° nella generale
Hai parlato con Jeune?

Certamente. Raphael, nel finale di stagione, è venuto a seguire le corse in Italia. Ha parlato con i corridori, con lo staff, si è presentato. Lui era il responsabile di Look per i rapporti con la squadra. Adesso è il general manager. C’è stato sin da subito un rispetto totale dei ruoli. Il confronto, come dicevo prima, c’è stato con i vari distretti: direttori sportivi, gruppo performance, medici…

Ecco, gruppo performance: immaginiamo che molte cose cambieranno sotto questo aspetto. Di solito alla fine sono loro ritenuti i maggiori responsabili, è così?

Non li ritengo i maggiori responsabili, ma tra i responsabili sì. Come ho detto prima, la responsabilità è di tutti. Quali problematiche possono esserci? Penso, per esempio, al referente dei coach, Mattia Michelusi, che ha dovuto cambiare lingua. E già passare dall’italiano o dall’inglese al francese, magari all’inizio può essere un limite: certe cose possono non arrivare allo stesso modo. Si dice sempre che se il corridore non va, la responsabilità è del preparatore: non è così. Potrei dire che anche il direttore sportivo ci può mettere del suo.

Cioè?

Anche noi potevamo fare scelte diverse di calendario, più oculate, in base alla nostra rosa e al vero valore degli atleti. E qui do una frecciatina: abbiamo ritenuto leader gente che non sa neanche cosa significhi questa parola, sia dal punto di vista atletico che gestionale in corsa. Quanti punti avevamo previsto con queste persone che poi non sono arrivati? Tanti… Capite perché torno a dire che la responsabilità è di tutti?

Edoardo Zamperini, campione italiano U23 nel 2024 ha firmato un contratto biennale con la Cofidis (foto Tomasz Smietana)
Edoardo Zamperini, campione italiano U23 nel 2024 ha firmato un contratto biennale con la Cofidis (foto Tomasz Smietana)
Insomma, si va verso una nuova stagione con fiducia rinnovata ed errori da non ripetere. Però ci sono anche buone notizie: avete preso un italiano, Edoardo Zamperini. Cosa ci dici di lui? E’ giovane, ma oggi non è più ritenuto giovanissimo…

No, no, non scherziamo: Zamperini è un giovane. Questo è un aspetto del tutto soggettivo. C’è chi è maturo a 20 anni e chi forse non lo diventa mai, anche a 25. Devo ammettere che conosco molto poco Edoardo e non vedo l’ora di conoscerlo meglio.

Come è andata la trattativa?

E’ stato proposto a Jeune dal direttore sportivo dell’Arkea, Sebastien Hinault. A noi mancava una “bandierina italiana” da inserire in rosa e abbiamo colto l’occasione. Per quanto riguarda i numeri, i valori bisognerebbe chiedere a Michelusi, che sicuramente ora lo conosce più di me. Vorrei però sottolineare una cosa.

Prego…

Vorrei ringraziare la General Store-Essegibi, che nonostante lo avesse preso quando era rimasto senza squadra, è stata disponibile a cederlo quando è arrivata questa occasione. Rosola e il presidente Calosso sono stati dei veri signori: lo hanno lasciato andare quando hanno capito che poteva ambire a un livello superiore. Ci hanno detto: «Farebbe piacere anche a noi vederlo al Tour il prossimo anno».

Pranzo Carrera Jeans, 25 ottobre 2025, Guido Bontempi, Massimo Ghirotto, Bruno Leali, Giancarlo Perini, Davide Boifava, fratelli Tacchella

Un pranzo fra amici e si riaccende la storia della Carrera

05.11.2025
7 min
Salva

La squadra debuttò nel 1979 come Inoxpran e dal 1984 divenne Carrera. Andò avanti fino al 1996, vincendo tre Giri, un Tour e una Vuelta. Una Liegi, due Sanremo e un mondiale. Campioni come Visentini, Bontempi, Roche, Battaglin, Chiappucci e Pantani. Gregari come Ghirotto, Perini, Leali, Roscioli, Podenzana, Chiesa e Zaina, guidati da Boifava, Quintarelli e il giovane Martinelli.

E proprio quattro di loro il 25 ottobre si sono incontrati a Stallavena per un pranzo con Boifava e Quintarelli, a casa dei fratelli Tacchella, titolari di Carrera Jeans. Rivedere la foto di apertura ha risvegliato i ricordi dei primi anni (da sinistra, si riconoscono Boifava, in piedi c’è Eliseo Tacchella, poi Sandro Quintarelli, Imerio e Tito Tacchella, Perini, Leali e Bontempi). E così quel pranzo ce lo siamo fatto raccontare da Massimo Ghirotto, che dopo essere stato corridore è salito in ammiraglia, ha rivestito un incarico federale nel fuoristrada ed è ancora una delle voci più apprezzate di Radio Rai al Giro d’Italia.

Di chi è stata l’idea?

L’idea è venuta a Bontempi, Perini, Leali e a me. Poi è venuto fuori che anche i Tacchella avevano voglia di rivederci ed è saltata fuori quasi una riunione di famiglia, tanto che hanno già fissato la data della prossima volta. Ci sono sempre rimasti vicini, trattandoci come persone di famiglia. Oltre a essere grandi imprenditori, dimostrano qualcosa di particolare anche dal punto di vista umano, questo bisogna dirlo.

Chi c’era attorno a quel tavolo?

Boifava e Quintarelli. Quindi i tre fratelli Tacchella – Tito, Imerio e padre Eliseo, che è un missionario – e un loro amico. E ovviamente noi quattro. Ci frequentiamo ancora, siamo sempre stati amici, abbiamo condiviso tanti momenti oltre all’avventura ciclistica. Boifava è intervenuto successivamente. Avremmo potuto chiamare anche altri, ma abbiamo voluto farla con i più vicini.

Anche vicini di età…

Leali è un ’58 ed è stato il primo a entrare nella squadra di Boifava. Perini è un ’59, Bontempi è un ’60 e io sono del 1961. Sono rimasto con loro per otto anni. I primi due li ho fatti con Vannucci e Moser alla Gis Gelati, poi sono passato con Boifava e alla fine sono andato alla ZG Mobili. Ho voluto monetizzare il più possibile, perché sapevo che ormai ero in dirittura d’arrivo. Fu un discorso puramente economico.

Da sinistra, nella sede Carrera, Bontempi, Ghirotto, Boifava, Tacchella, Perini e Leali, con il libro per i 60 anni di Carrera
Da sinistra, nella sede Carrera, Bontempi, Ghirotto, Boifava, Tito Tacchella, Perini e Leali, con il libro per i 60 anni dell’azienda
Da sinistra, nella sede Carrera, Bontempi, Ghirotto, Boifava, Tacchella, Perini e Leali, con il libro per i 60 anni di Carrera
Da sinistra, nella sede Carrera, Bontempi, Ghirotto, Boifava, Tito Tacchella, Perini e Leali, con il libro per i 60 anni dell’azienda
Dove vi siete visti?

Prima in azienda a Villa Zenobio, a Caldiero, vicino Verona. Lì abbiamo trovato Tito Tacchella che ci ha regalato un libro molto bello che ha scritto sulla storia dell’azienda, la cui parte finale è dedicata all’avventura ciclistica (Il Bello del Jeans, La nostra Storia, ndr). Dopo aver scritto una dedica per ciascuno di noi, ci siamo trasferiti nella cascina di Imerio e lì abbiamo mangiato. Un podere bellissimo. Chiaramente abbiamo rivissuto i momenti più intensi del nostro passato, ma abbiamo parlato anche di come ci vada la vita, tanto che siamo venuti via quasi alle sei di sera. S’è parlato di Leali e la sua squadra di dilettanti, Perini e il negozio e le corse che organizza, Bontempi che guida la moto al Giro e io che adesso finalmente mi riposo. I Tacchella sono gente di spirito, abbiamo riso parecchio.

Non hai la sensazione che la Carrera sia stata una squadra in anticipo sui tempi?

Questo argomento l’hanno tirato fuori soprattutto i Tacchella e poi Boifava, perché Davide è stato il costruttore di quella squadra. La Carrera fu la prima a investire su corridori di tante nazioni. I Tacchella ce lo hanno confermato: volevano rendere il marchio più internazionale, quindi presero corridori nei Paesi in cui volevano espandersi. Francia, Belgio, Slovenia, Austria, Germania, Russia. Boifava prese anche Acacio Da Silva, che era portoghese. O Zimmermann, svizzero, che arrivò terzo al Giro e anche al Tour. La Carrera ha anticipato il ciclismo globale che è arrivato qualche anno dopo. Ed eravamo avanti anche per l’attività che facevamo.

In che senso?

Eravamo una squadra di 17-18 elementi, ma facevamo la Vuelta, il Giro e poi il Tour. Battaglin ha vinto Vuelta e Giro in 40 giorni, perché fino al 1994 in Spagna si andava ad aprile. Poi andavamo a tutte le classiche, si copriva tutto il calendario. Le altre italiane come l’Ariostea e la Del Tongo si adeguarono solo in un secondo momento. Fummo i primi a fare il ritiro a Denia o Albacete e nella zona di Valencia, in Spagna, dopo gli anni in Toscana. Adesso vanno tutti lì.

Che cosa fa Quintarelli?

“Quinta” ha 80 anni e fa il pensionato (Sandro Quintarelli, originario di Negrar, è stato il braccio destro di Boifava in ammiraglia, dopo essere stato a sua volta professionista dal 1969 al 1977, ndr). E’ in splendida forma, sempre il solito schiacciacciassi veneto con le sue battute in dialetto: ci ha fatto sganassare dal ridere. E’ venuto fuori un aneddoto del Tour de France 1992.

Che cosa accadde?

Si arrivava all’Alpe d’Huez e all’epoca non c’erano tante ammiraglie: la prima, la seconda e la terza che faceva rifornimento sul percorso. Al via facciamo la riunione. Boifava dispensa i compiti e dice a Perini e a me di stare vicini a Bontempi perché bisogna portarlo all’arrivo, dato che fino a Parigi ci saranno diverse volate. Partiamo e si forma il gruppetto.

Tutto nei piani?

No, perché Guido va in crisi di fame, una di quelle potenti che non perdonano, ma quando chiediamo aiuto, l’ammiraglia non c’è. Dato che davanti c’era Chiappucci ed era secondo in classifica, Quintarelli ci ha lasciati da soli per andare in testa. Quindi non avevamo più acqua e nessun tipo di rifornimento. Morale della favola: arriviamo all’Alpe d’Huez, raggiungiamo l’albergo e saliamo in camera, quando sentiamo bussare. Io apro e mi trovo davanti Quintarelli. Guidone aveva un’arancia o una mela sul comodino e l’ha tirata così forte che se Quintarelli non chiudeva la porta, lo avrebbe centrato in pieno. Sandro non l’abbiamo più visto per tre giorni. Guai far arrabbiare Guido! Quando è venuta fuori questa storia, ci siamo messi a ridere, mentre Quintarelli ripeteva che non era vero. E’ in forma. Ha ancora il bar che gestisce con sua moglie. Mi ha stupito una battuta…

Ecco un'immagine dell'episodio narrato da Ghirotto su Bontempi e l'Alpe d'Huez nel 1992
Ecco un’immagine dell’episodio narrato da Ghirotto su Bontempi e l’Alpe d’Huez nel 1992
Ecco un'immagine dell'episodio narrato da Ghirotto su Bontempi e l'Alpe d'Huez nel 1992
Ecco un’immagine dell’episodio narrato da Ghirotto su Bontempi e l’Alpe d’Huez nel 1992
Quale?

Boifava gli ha fatto i complimenti, dicendo che avesse una visione di gara superiore alla sua. E Davide è stato il miglior direttore sportivo che abbia mai avuto. Anche Martinelli aveva dei numeri, lo vedemmo subito, ma io da Boifava ho imparato davvero tanto.

Quindi è già tutto organizzato per la prossima volta?

Il giorno prima della Sanremo. Ci hanno detto di non portare niente, che pensano a tutto i Tacchella. Sono in grandissima forma. Credo che Tito abbia 83 anni e Imerio 78, ma è ancora una macchina da guerra. Poi c’è Gianluca, il figlio di Tito, che è l’amministratore delegato. Hanno la produzione e 1.500 dipendenti in Tagikistan. Coltivano il cotone e hanno tutta la filiera sino ai capi finiti. E’ stata una giornata emozionante. Ritornare indietro a quegli anni ti rinfresca la mente e il cuore. Abbiamo vissuto cose belle e anche altre meno belle, che magari ci hanno segnato, perché la vita di un corridore non è tutta rose e fiori. Però anche quello è stata una parte della nostra carriera e ritrovarci così ogni volta ci fa capire che ne siamo ugualmente fieri.

Edoardo Zamperini, Arkea B&B Hotels (foto Instagram)

Zamperini in Cofidis: l’occasione arriva nell’anno più difficile

05.11.2025
5 min
Salva

Dopo una lunga attesa il futuro di Edoardo Zamperini avrà ancora il suono della lingua francese, da qualche giorno è stato annunciato come trentesimo e ultimo innesto del Team Cofidis. La formazione che vede in ammiraglia Roberto Damiani e che dal 30 settembre scorso è guidata da Raphael Jeune ripartirà come professional per il prossimo triennio (2026-2028). Il campione italiano under 23 del 2024 ha trovato una sistemazione quasi in extremis, cosa non semplice a fronte della chiusura dell’Arkea B&B Hotels e del suo devo team per il quale ha corso nella passata stagione (in apertura foto Instagram/Edoardo Zamperini). 

«Ho passato gli ultimi giorni in montagna – racconta Zamperini – e da lunedì (il 3 novembre, ndr) sono tornato ad allenarmi. Sono fermo dal 5 ottobre scorso, quindi piano piano riparto per farmi trovare pronto fin da subito».

Edoardo Zamperini, Arkea B&B Hotels (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
Edoardo Zamperini nel 2025 ha corso con il devo team dell’Arkea B&B Hotels (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
Edoardo Zamperini, Arkea B&B Hotels (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
Edoardo Zamperini nel 2025 ha corso con il devo team dell’Arkea B&B Hotels (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
Che anno è stato quello con l’Arkea?

Fatto di alti e bassi, ma alla fine direi che si impara sempre qualcosa. Mentalmente è stata un’annata impegnativa, soprattutto negli ultimi mesi quando abbiamo avuto l’ufficialità per quanto riguarda la chiusura del team. Sono stato per tanto tempo alla ricerca di una squadra per la prossima stagione, cosa che mi ha logorato abbastanza dal punto di vista mentale. 

Quando hai iniziato a cercare?

Già a stagione in corso l’Arkea ci aveva dato il via libera per muoverci e trovare alternative. Il 2025 è stato un anno strano, tanti team hanno chiuso e ci sono state tante rivoluzioni date dalla fine del triennio che avrebbe rinnovato le licenze WorldTour.  

Una stagione non semplice, ti saresti mai aspettato di passare professionista?

Non proprio, tanto che prima della firma con la Cofidis arrivata la scorsa settimana, avevo già firmato con la General Store. Invece pochi giorni fa mi hanno chiamato dalla Cofidis per dirmi che avevano ancora tre posti a disposizione per il 2025 e avevano pensato a me. 

Edoardo Zamperini, Arkea B&B Hotels (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
Il corridore veneto ha totalizzato 51 giorni di gara tra devo team, WorldTour e nazionale (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
Edoardo Zamperini, Arkea B&B Hotels (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
Il corridore veneto ha totalizzato 51 giorni di gara tra devo team, WorldTour e nazionale (foto Nicolas Mabyle/DirectVelo)
In General Store cosa ti hanno detto?

Sono stati dei signori e per questo li ringrazio davvero. Si sono dimostrati una squadra capace di fare ciclismo per il bene degli atleti e non per tornaconto personale. 

Com’è nata l’opportunità in Cofidis?

Quando stavo cercando, a stagione ancora in corso, mi ero proposto. Avevo detto loro che se ci fosse stata l’occasione di lavorare insieme mi sarebbe piaciuto entrare a far parte di quella realtà. In questa esperienza in una squadra francese (Arkea B&B Hotels, ndr) mi sono trovato bene

Quale aspetto ti è piaciuto maggiormente?

Mi sono sentito come quando ero juniores o under 23 e correvo in squadre italiane, si è molto legati come in una famiglia. Qualsiasi persona lavora per il bene dei corridori, si vede che anche in Francia vivono il ciclismo con grande passione. 

Con la nazionale U23 di Amadori ha conquistato il suo unico successo stagionale, all’Orlen Nations Grand Prix (foto Tomasz Smietana)
Con la nazionale U23 di Amadori ha conquistato il suo unico successo stagionale, all’Orlen Nations Grand Prix (foto Tomasz Smietana)
Com’è stato il passaggio da una squadra di club al correre in un devo team?

Si fa sentire un po’ soprattutto dal punto di vista logistico e organizzativo. Ci sono tanti aspetti ai quali non ero abituato: viaggiare da solo, spostarmi per aeroporti e cose del genere… Ho avuto la fortuna di avere dei compagni di squadra italiani come Nicolas Milesi o quelli del WorldTour: Epis e Mozzato ai quali chiedere. 

A livello atletico che anno è stato?

A colpo d’occhio è stato sicuramente con meno risultati dell’anno scorso. Però c’è da dire che ho affrontato un calendario ben più impegnativo. Nel 2024 avrò corso una quindicina di gare internazionali, quest’anno erano tutti appuntamenti di alto livello. Inoltre mi hanno portato tante volte a correre con la formazione WorldTour.

Cosa si prova a dire adesso che sono professionista?

Forse questa parola ha un po’ perso di valore negli anni perché c’è tanta confusione a riguardo. Ormai le continental possono partecipare alle gare 1.Pro oppure chi corre in un devo team viene visto come professionista o si sente di esserlo. Io in cuor mio sento di essere professionista finalmente ed è una gioia immensa. Un sogno che inseguo da diciassette anni, da quando ho iniziato ad andare in bici, da G1. 

Zamperini ha corso tanto anche con i professionisti, qui in azione al Gran Premio Miguel Indurain
Zamperini ha corso tanto anche con i professionisti, qui in azione al Gran Premio Miguel Indurain
Cosa ti ha insegnato questa stagione?

Le cose accadono quando meno te lo aspetti, se dovessi guardarmi indietro avrei scommesso che sarei riuscito a passare professionista a fine 2024 visti i risultati. Invece mi ritrovo a fare il salto ora, al termine di una stagione difficile nella quale ho capito l’importanza di tanti altri aspetti che sono importanti e vanno oltre la prestazione in bici.  

Ad esempio?

Dimostrarsi affidabile, sia per il team che per i compagni, serio e disponibile. Quest’anno in Arkea mi sono messo tante volte a disposizione della squadra e ho fatto vedere di essere una figura capace di fare determinati lavori. Mi ha fatto piacere il fatto che anche in Cofidis se ne siano accorti e mi abbiano dato una possibilità.

Tour de France 2024, Pascal Ackermann

Firma con la Jayco e Ackermann cambia (finalmente) vita

05.11.2025
4 min
Salva

E’ l’ultimo arrivato in casa Jayco-AlUla. Dopo un 2024 da dimenticare con un solo successo e troppe cadute, Pascal Ackermann va a caccia di una seconda giovinezza nel team australiano. Per raccogliere qualche successo negli sprint, Brent Copeland e il suo staff hanno deciso di puntare sull’esperto trentunenne tedesco, già campione nazionale e capace di conquistare la maglia ciclamino al Giro 2019. 

Pascal ringrazia e, mentre si prepara a diventare papà, comincia a pensare come sarà la nuova avventura che l’aspetta. E sta volutamente alla larga dagli ultimi mesi difficili alla Israel per la situazione extra ciclismo che ha costretto la vecchia proprietà del team a fare un passo indietro e spinto molti corridori a cercare fortuna altrove.

Tirreno Adriatico 2025, Pascal Ackermann
La firma con la Jayco-AlUla solleva Ackermann da problemi di ordine sportivo ed extra sportivo
Tirreno Adriatico 2025, Pascal Ackermann
La firma con la Jayco-AlUla solleva Ackermann da problemi di ordine sportivo ed extra sportivo
Cosa ti aspetti da questa nuova sfida?

Sono super, super felice di essere qui. Quando in estate ho saputo che avrei potuto entrare a far parte di questa squadra, ci sono stati altri incontri e mi sono incuriosito sempre di più. Quando ero ragazzino, infatti, la Mitchelton-Scott era uno squadrone e un grande progetto, che ho sempre seguito. Per cui, non vedo l’ora di cominciare.

Che cosa ti ha colpito al primo impatto?

Penso di essere nella squadra giusta per me e sono convinto di avere grandi compagni di squadra. Siamo un bel mix di corridori, tra esperti e giovani e combatteremo insieme. Sono davvero su di giri e abbiamo un sogno comune che ci piacerebbe centrare: vincere una tappa al Tour de France per completare la mia personale tripla corona, così da regalare una gioia al team.

Ritroverai Michael Matthews: come sarà?

Quando ero giovane, Michael era un avversario ostico per me, ma poi lui ha puntato corse un po’ più dure, mentre io ho optato per quelle pianeggianti. Formiamo una bella coppia e credo che correndo insieme possiamo essere competitivi su tutti i terreni. Spero di imparare qualcosa da lui, perché è davvero un modello da seguire

Che ne pensi dei tuoi nuovi compagni?

Essendo l’ultimo arrivato, non ho parlato molto coi miei nuovi compagni, anche se conosco qualcuno di loro. Ad esempio, Covi era con me alla UAE. Il ciclismo alla fine è un po’ come una grande famiglia ed è sempre bello ritrovare qualcuno con cui hai già corso.

Quanto è stato duro per te il 2025?

Non voglio parlare della parte non sportiva, ma potete immaginare quanto sia stato difficile anche quell’aspetto. In generale, la mia stagione non è stata un granché perché sono caduto male subito ad inizio stagione in Provenza. Ci sono voluti due mesi per tornare in forma, poi mi sono fatto male, sono rientrato e sono caduto di nuovo: insomma, un calvario. Sono riuscito ad essere al via del Tour, ma le tre cadute nelle otto settimane di preparazione diciamo che non sono state il massimo, per cui non sono riuscito a ritornare a un buon livello. A quel punto, ho rallentato il ritmo e ho cominciato a pensare al 2026.

Obiettivi?

Con la squadra non abbiamo ancora fatto programmi specifici, anche se abbiamo parlato di quali potrebbero essere gli obiettivi plausibili e le corse che mi piacerebbe fare. Mi auguro di essere al via del Tour e poi chissà. Sinceramente, mi sento più da Grandi Giri, anche perché oramai nelle classiche ci sono anche gli scalatori o fenomeni alla Pogacar, che rendono la corsa difficilissima. Al massimo potrei puntare a qualche corsa di un giorno in Belgio, come la Gent-Wevelgem.

Giro d'Italia 2019, Pascal Ackermann
Al Giro 2019, Ackermann vince a Fucecchio e Terracina e porta a casa la maglia ciclamino
Giro d'Italia 2019, Pascal Ackermann
Al Giro 2019, Ackermann vince a Fucecchio e Terracina e porta a casa la maglia ciclamino
Il tuo augurio?

Già non avere infortuni e non cadere tutte le volte come quest’anno sarebbe un buon inizio. Voglio tornare ad alzare le braccia al cielo. Aver conquistato la maglia ciclamino al Giro d’Italia rimane il ricordo più bello della mia carriera, insieme alle singole vittorie di tappa nei Grandi Giri. Così come essere stato campione nazionale. Ogni vittoria però è speciale di per sé perché ha dietro una storia.

Il programma per le prossime settimane?

Starò a casa in Austria, dove vivo da 7 anni. Lì è bello perché mi trovo ai piedi delle montagne, per cui ogni giorno posso decidere se fare pianura o cimentarmi in qualche salita. Poi, quando non pedalo, adoro pescare. Viviamo molto vicino a un lago e quando riesco vado. Quest’autunno però mi sa che sarà un po’ più difficile, perché sta per nascere nostra figlia, dunque, preferisco stare vicino a mia moglie. 

Come arginare l’aumento di velocità? Belli ha un’idea

05.11.2025
5 min
Salva

Qualcosa si deve cambiare. lo dicono ormai molti dei componenti del variegato mondo del ciclismo, a proposito delle eccessive velocità. Le analisi di fine stagione sono impietose: la media generale delle corse WorldTour, come sottolineato da uno studio su ProCyclingStats, è di 42,913 all’ora che considerando le sole classiche sale a 43,568. Questo significa un aumento di oltre il 5 per cento rispetto a cinque anni fa. Aggiungiamo a questi dati anche quelli relativi al Tour de France, con la maggior media generale della storia, 42,849 con addirittura una tappa (la seconda) oltre i 50 orari.

La seconda tappa del Tour, vinta da Mathieu Van der Poel, ha superato la media dei 50 all'ora
La seconda tappa del Tour, vinta da Mathieu Van der Poel, ha superato la media dei 50 all’ora
La seconda tappa del Tour, vinta da Mathieu Van der Poel, ha superato la media dei 50 all'ora
La seconda tappa del Tour, vinta da Mathieu Van der Poel, ha superato la media dei 50 all’ora

Come intervenire sul mezzo?

E’ sicuramente un problema, che incide sull’aspetto sicurezza. Le voci che chiedono una riduzione ci sono, ma diventa difficile comprendere il come e soprattutto capire chi deve agire in tal senso, perché è chiaro che l’UCI, per legiferare, ha bisogno di un indirizzo chiaro dal movimento. Questo è un tema che ha attraversato anche altre discipline sportive: nell’atletica, per fare un esempio, quando i giavellotti superarono i 100 metri di gittata mettendo a rischio il pubblico, si decise di spostare il baricentro fortemente in avanti, per ridurre la parabola dei lanci.

Per capire come e soprattutto su che cosa bisogna agire abbiamo analizzato la questione con Wladimir Belli, ex campione e oggi apprezzato commentatore di Eurosport sempre molto attento all’aspetto tecnico del ciclismo.

«Si ragiona tanto sui rapporti – dice – ma a mio parere è quasi un palliativo che non affronta la questione. Partiamo dal peso della bici, 6,8 chilogrammi come minimo, è chiaro che su un mezzo del genere ridurre i rapporti non va a influire così tanto. Secondo me bisogna agire sulle ruote. Bisogna mettere mano alle ruote a profilo alto che danno un grande beneficio in termini di aerodinamica, quindi aumentare e mettere un limite al peso minimo delle ruote perché tutte le parti rotanti influiscono in maniera esponenziale nella performance».

Wladimir Belli, campione sui pedali e oggi commentatore di Eurosport con grande competenza tecnica
Wladimir Belli, campione sui pedali e oggi commentatore di Eurosport con grande competenza tecnica
Wladimir Belli, campione sui pedali e oggi commentatore di Eurosport con grande competenza tecnica
Wladimir Belli, campione sui pedali e oggi commentatore di Eurosport con grande competenza tecnica

Quanto può influire il peso

Il discorso di Belli va a toccare gli interessi delle aziende, che però potrebbero anche venire incontro a una simile esigenza. Lo hanno fatto ad esempio le grandi imprese di Formula Uno, quando a un certo punto si sono tutte impegnate nel rendere le macchine anche meno performanti ma più sicure, con quel surplus di sicurezza che si è andato a tradurre nella struttura dei telai delle auto di uso comune.

«Io ho fatto un piccolo esperimento – racconta Belli – ho preso la bilancina per alimenti e ho fatto una prova con tre componenti che sono i pedali anni 90, i Time che usava Indurain, le tacchette e le scarpe di allora. Confrontandoli con i prodotti odierni c’è una differenza di mezzo chilo. Può sembrare poco, ma pensiamo di mettere una cavigliera di mezzo chilo su ognuno dei piedi e affrontare una salita, è chiaro che la velocità si ridurrà e i tempi di percorrenza saranno maggiori. E parliamo di componenti non strettamente legati alla meccanica della bici. C’è una ricerca spasmodica della riduzione di peso “esterna” al fisico del corridore, è lì che bisogna agire e torniamo al punto di prima: le ruote sono la componente principale sulla quale si può agire in tal senso».

Secondo Belli, le ruote sono la componente decisiva per lo sviluppo della velocità
Secondo Belli, le ruote sono la componente decisiva per lo sviluppo della velocità
Secondo Belli, le ruote sono la componente decisiva per lo sviluppo della velocità
Secondo Belli, le ruote sono la componente decisiva per lo sviluppo della velocità

Le gerarchie resterebbero quelle…

Intervenendo cambierebbero i rapporti di forza o le gerarchie resterebbero quelle che vediamo durante la stagione? «Non ho dubbi in tal senso. Chi è forte è forte lo stesso, non influisce sulle gerarchie. Pogacar non vince certo per qualche etto in meno… Facciamo un altro esempio legato alla Milano-Sanremo: pensiamo di affrontare la Classicissima con ruote più pesanti, la differenza sarebbe abissale, ma soprattutto cambierebbe la stessa struttura della corsa, una Cipressa sarebbe sicuramente molto più importante nella sua evoluzione. Per essere più chiari, stai tranquillo che per scattare in salita bisognerà alzarsi sui pedali e non si andrà avanti seduti come ora… Io sono convinto che alzando il peso delle ruote di un 30 per cento, la situazione cambierebbe profondamente».

Abbassando le velocità medie, alla Sanremo anche la Cipressa tornerebbe ad avere un peso
Abbassando le velocità medie, alla Sanremo anche la Cipressa tornerebbe ad avere un peso
Abbassando le velocità medie, alla Sanremo anche la Cipressa tornerebbe ad avere un peso
Abbassando le velocità medie, alla Sanremo anche la Cipressa tornerebbe ad avere un peso

Gli influssi sul mercato

Le aziende accetterebbero un regolamento diverso da parte dell’UCI, ad esempio proprio le aziende legate alle ruote: «I cicloamatori che sono la gran parte della clientela, vanno dietro ai professionisti. Qualcuno ricorderà i famosi Spinaci di Cinelli adottati negli anni 90. Quando la Federazione Internazionale li ha vietati, sono spariti anche a livello amatoriale perché si tende a imitare quel che fanno i pro’, ad acquistare gli strumenti del nostro campione preferito. Con quell’accessorio la sicurezza veniva in parte meno perché non avevi i freni.

«Le aziende secondo me non vedrebbero l’ora perché continuerebbero a vendere le ruote dei professionisti. Perché si tende ad emulare quello che fanno loro e potrebbe essere per loro un business. Spingere a utilizzare le ruote che usano i campioni».

Campionati del mondo pista, Santiago del Cile 2025, inseguimento a squadre, Francesco Lamon

Un Lamon tutto nuovo per il quartetto di Salvoldi

04.11.2025
6 min
Salva

Degli eroi di Tokyo e mille altre battaglie col quartetto, agli ultimi mondiali della pista a Santiago del Cile c’era soltanto Lamon. Gli altri per quest’anno si sono dedicati alla strada. E così, il veneziano che ha lanciato Consonni, Milan e Ganna verso le più belle conquiste azzurre ha preso per mano il gruppo dei giovani selezionato da Salvoldi e ne è diventato la guida.

Il nuovo cittì della pista, che ai mondiali del Rwanda ha guidato gli juniores, nel fare qualche previsione sulle sfide di ottobre, aveva annotato con compiacimento come il livello di Lamon fosse di assoluta eccellenza e di come lo avesse visto lavorare con impegno. Non era scontato che nella rifondazione del settore Salvoldi ripartisse da chi già c’era, ma quando ti ritrovi un campione olimpico e del mondo in super condizione, sarebbe miope non vederlo. E così Dino l’ha convocato e gli ha cambiato ruolo: non più lanciatore, ma secondo alle spalle di Boscaro. E noi a Lamon abbiamo chiesto che effetto gli abbia fatto essere nel nuovo quartetto e come viva questa fase di mezzo, che servirà a qualificare l’Italia per Los Angeles 2028. In attesa semmai che i big rimettano il naso in pista e dimostrino di meritare il posto.

Olimpiadi Parigi 2024, Filippo Ganna, Francesco Lamon
Lamon e Ganna alle Olimpiadi di Parigi, corse dal quartetto azzurro da campioni uscenti, visto l’oro di Tokyo
Olimpiadi Parigi 2024, Filippo Ganna, Francesco Lamon
Lamon e Ganna alle Olimpiadi di Parigi, corse dal quartetto azzurro da campioni uscenti, visto l’oro di Tokyo
Che effetto ti ha fatto non avere alle spalle i tuoi amici?

E’ stata una cosa comprensibilissima. Dopo Parigi, era nei piani che per un paio d’anni si concentrassero e si dedicassero alla strada. Quindi mi dispiace il fatto di non condividere esperienze e qualche soddisfazione, però non mi sento abbandonato. Non dico di aver riscoperto un nuovo me, però sento addosso dei nuovi stimoli. Ne parlavo con Salvoldi: se fosse per me riprenderei già la settimana prossima. Era un po’ che non avevo questa voglia, questa grinta di ricominciare e ne sono stracontento. Che io corra con gli altri o con i più giovani, è proprio una cosa mia, personale. Mi sento che ho ancora tanto da dare e da dimostrare.

Sei entrato nel quartetto che eravate ancora under 23, come vedi i ragazzi che sono appena arrivati?

Ho parlato con loro ai mondiali. Si ragionava sul fatto che sono entrati in una posizione migliore rispetto a quella in cui ci trovammo noi. Sono entrati in un contesto e in un movimento già avviato sotto l’aspetto della preparazione e dei materiali e per questo sono avvantaggiati. E’ inevitabile che debbano ancora crescere, sia dal punto di vista fisico sia dell’esperienza e di come arrivare preparati a un appuntamento, niente di strano. Ovviamente sono dei bravi ragazzi, i numeri li hanno, li vedo abbastanza sul pezzo.

Che rapporto c’è fra te che sei campione olimpico e loro che alle Olimpiadi sognano di andarci?

Non mi piace essere trattato come se fossi chissà chi. Non dico che non sono nessuno, però mi trattano con il giusto rispetto. Mi piace mettermi sul loro piano, cercando di trasmettere la mia esperienza e il modo di affrontare gli appuntamenti. Penso e spero che mi vedano più che altro come un fratello maggiore.

Campionati del mondo pista, Santiago del Cile 2025, inseguimento a squadre,
La novità con l’avvento di Salvoldi è che Lamon ai mondiali è partito per secondo, dietro Boscaro. Poi Giaimi e Favero
Allora, visto che sei il fratello maggiore, che cosa puoi dirci di questi tuoi fratellini del quartetto di Santiago del Cile?

Partendo dall’ordine di gara, direi che secondo me Boscaro dovrebbe essere un po’ più sicuro di se stesso. Ha le doti giuste e l’esperienza, però deve imparare come lavorare al massimo per arrivare al 100 per cento in ogni appuntamento. Giaimi e Favero sono giovani, per loro vale lo stesso discorso. E’ importante che capiscano quale sia per entrambi la strada migliore. Dovranno imparare a programmare ogni appuntamento nel migliore dei modi, con Dino che è super disponibile. E poi Etienne (Grimod, ndr) è stato grande a fare un tempo così importante al suo primo mondiale elite. I numeri ci sono, ma oltre a quelli c’è anche altro su cui lavorare, però Santiago è stato un buon punto di partenza.

Le dinamiche fra loro ti ricordano quelle fra voi dei primi tempi?

Come potenzialità, è difficile fare un paragone con Consonni, MIlan e Ganna, anche se magari ci sono delle caratteristiche simili. La cosa che vedo diversa, come dicevo prima, è il fatto che noi siamo cresciuti insieme quasi dal nulla. Sappiamo cosa vuol dire essere gli ultimi nel tabellone e cosa vuol dire essere i primi. Questa è una cosa che a loro manca, ma ovviamente non per colpa loro. E’ un fatto di esperienza e, tra virgolette, di una fame che noi avevamo e forse loro hanno un po’ meno, visto il contesto in cui sono arrivati.

Come è stato il passaggio a Salvodi dopo una vita con Villa?

Cose nuove nel modo di lavorare ci sono, ma non si può dire se uno sia meglio dell’altro. Bisognerà valutare sulla base dei risultati da qui a Los Angeles, forse allora potremo fare un bilancio. Per ora è un metodo di lavoro con cui mi sto trovando bene, pur notando le differenze. Ad esempio con il quartetto lavoriamo tanto su distanze più lunghe e per me è stata la prima volta. Prima lavoravamo su distanze di 30-35-36 giri, ma aumentando la distanza ho visto che ho aumentato la resistenza a quei ritmi e mi sono trovato bene. E mi sono sentito a mio agio anche correndo per secondo rispetto al mio solito ruolo di lanciatore.

Il quartetto azzurro ha concluso i mondiali con il sesto posto: per Lamon un buon punto di partenza
Il quartetto azzurro ha concluso i mondiali con il sesto posto: per Lamon un buon punto di partenza
Il quartetto azzurro ha concluso i mondiali con il sesto posto: per Lamon un buon punto di partenza
Il quartetto azzurro ha concluso i mondiali con il sesto posto: per Lamon un buon punto di partenza
Come hai vissuto l’ultimo mondiale di Viviani?

Un’emozione incredibile. Avendo vissuto gran parte della carriera di Elia su pista, mi è piaciuto essere lì perché ha corso talmente bene che sembrava che fosse un film. Si merita tutto questo e si merita di aver concluso la carriera con la vittoria nella gara che voleva. E ora gli auguro un’altra carriera ricca di soddisfazioni come quella che ha avuto in bici.

Secondo te Consonni, Milan e Ganna sono preoccupati che i giovani gli portino via il posto?

Non ne abbiamo mai parlato. Ogni tanto mi piace scherzare con loro e dirgli che mi mancano. Sono dell’idea che quando sarà il momento, come è sempre stato per Marco e ora con Dino, chi merita, chi va più forte avrà il suo posto. Ma non è un pensiero da avere adesso, anche se tutti dovremo far vedere di andare forte.

Cosa farai quest’inverno?

Faccio 15 giorni di riposo e poi ricomincio con dei ritiri su strada, per fare un po’ di base. Poi da metà dicembre vorrei iniziare con la pista in modo serio, per arrivare preparato al meglio agli europei. L’anno prossimo cambierò anche squadra e passerò con la Solme-Olmo che diventa continental, quindi avrò un calendario su strada un po’ più ricco. Per cui adesso riposo e faccio qualche giretto in gravel, perché ho scoperto che lo trovo divertente…

Venite a scoprire le gare nuove del calendario 2026…

Venite a scoprire le gare nuove del calendario 2026…

04.11.2025
7 min
Salva

Nuove gare sono all’orizzonte e programmate per il 2026. Il calendario italiano delle prove internazionali subisce una piccola rivoluzione inserendo nuovi eventi nel suo programma grazie alla spinta della rinnovata Lega Ciclismo Professionistico. In alcuni casi si tratta di rientri dopo un lungo periodo di buio, in altri di prove completamente originali.

Non toccherà più al Trofeo Laigueglia inaugurare la stagione com’era solito fare da svariati anni a questa parte, ma sarà il Giro di Sardegna, la cui ultima edizione risale al lontano 2011. Nel corso di questo lungo intervallo più volte si era pensato di rilanciarlo, ci si era andati vicino nel 2020 quando venne coinvolta la società Extragiro, ma il Covid annullò ogni sforzo. Ora ci si riprova, con l’incarico organizzativo affidato al Gs Emilia di Adriano Amici che lo allestirà dal 24 febbraio all’1 marzo.

Il Giro di Sardegna aprirà la stagione ciclistica italiana il 25 febbraio, inaugurando la Coppa Italia delle Regioni
Il Giro di Sardegna aprirà la stagione ciclistica italiana il 25 febbraio, inaugurando la Coppa Italia delle Regioni
Il Giro di Sardegna aprirà la stagione ciclistica italiana il 25 febbraio, inaugurando la Coppa Italia delle Regioni
Il Giro di Sardegna aprirà la stagione ciclistica italiana il 25 febbraio, inaugurando la Coppa Italia delle Regioni

Ad aprile il Giro della Magna Grecia

Extragiro però non rimane a guardare, anzi è soggetto primario in questa sorta di rivoluzione voluta dalla Lega e fortemente legata al lancio in grande stile della Coppa Italia delle Regioni che nei propositi del presidente Pella dovrebbe davvero toccare tutte le 20 regioni italiane. Alcune di esse, quelle dell’estremo sud, dovrebbero essere coinvolte nel neonato Giro della Magna Grecia, allestito grazie a un accordo che la stessa Lega ha stretto con la fondazione omonima per dare risalto ai territori cardine della nostra civiltà.

Nei propositi il percorso dovrebbe toccare Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia, ma con 5 giorni a disposizione (dal 12 al 16 aprile) appare difficile riuscire subito in quest’intento. La cura organizzativa è stata affidata all’esperienza della società Extragiro e giustamente Marco Selleri si tiene un po’ sul vago, considerando anche che per la sua struttura si tratterà di lavorare in trasferta.

Per Marco Selleri (a destra) e il suo staff si prospetta un 2026 denso d'impegni
Per Marco Selleri (a destra) e il suo staff si prospetta un 2026 denso d’impegni
Per Marco Selleri (a destra) e il suo staff si prospetta un 2026 denso d'impegni
Per Marco Selleri e il suo staff si prospetta un 2026 denso d’impegni

Rilanciare l’Italia come sede di ritiri

«Su questa gara presentai a suo tempo un progetto legato proprio alla necessità di riportare il ciclismo al Sud in pianta stabile, provando piano piano a fare quello che sta facendo la Spagna. Pochi considerano che la forza del movimento iberico è data anche dal fatto che le squadre professionisti pagano 30 euro di pensione completa al giorno. Noi possiamo fare altrettanto, solo così possiamo rilanciarci. Pella ha i contatti politici che servono per realizzare l’idea, ha sentito la Fondazione e gli è venuto in mente di denominare questa nuova gara a tappe Giro della Magna Grecia».

Selleri specifica come anche il Giro della Sardegna è nato in seno alla Lega, ma è stato appoggiato ad Adriano Amici: «Si cerca di utilizzare organizzatori che sono specializzati soprattutto in gare a tappe. Noi un po’ di esperienza ovviamente l’abbiamo, anche perché siamo un service anche di RCS. Per ora non sappiamo ancora come sarà strutturata la corsa, che territori toccherà, ma siamo nell’ambito della Magna Grecia storica, quindi sarà in tutte o parte delle regioni interessate».

Il contenimento dei costi logistici potrebbe rilanciare l'Italia come sede dei ritiri. La Quick Step faceva spesso preparazione in Sardegna
Il contenimento dei costi logistici è un passo fondamentale. La Quick Step faceva spesso preparazione in Sardegna
Il contenimento dei costi logistici potrebbe rilanciare l'Italia come sede dei ritiri. La Quick Step faceva spesso preparazione in Sardegna
Il contenimento dei costi logistici è un passo fondamentale. La Quick Step faceva spesso preparazione in Sardegna

L’idea di una gara da Lione a Torino

Un’altra manifestazione affidata a Extragiro, questa nuova di zecca, è la Lione-Torino: «E’ una gara che è nata da un’idea di tre persone, a cominciare da Philippe Colliou, che è l’organizzatore del Tour de l’Avenir. E’ diventato mio amico dal 2020 perché allora era collaboratore dell’UCI per i mondiali di ciclismo. E’ stato con me 20 giorni per preparare i mondiali di Imola e da lì è nata una profonda amicizia soprattutto legata alla passione per il ciclismo. Con lui e il giornalista Aldo Peinetti, durante le ultime due tappe del l’Avenir del 2024, nacque quest’idea di fare questa corsa nuova transfrontaliera tra Francia e Italia, legata ovviamente anche a quello che si sta costruendo, il nuovo traforo ferroviario per l’alta velocità».

Selleri ammette che non è semplice allestire una gara transfrontaliera (in programma dall’1 al 3 luglio) considerando le diverse legislazioni: «I problemi in questo momento sono soprattutto dalla loro parte e sono figli di un periodo difficile politico, di conseguenza quando c’è instabilità politica si muovono anche meno i soldi pubblici. Poi naturalmente cambiano le leggi e i regolamenti da una parte e dall’altra. In questo senso però riprenderemo l’esperienza del 2024, quando le ultime due tappe finivano in Piemonte e noi al confine abbiamo preso in carico la corsa mantenendo le nostre leggi sul codice della strada».

Il Giro della Magna Grecia dovrebbe toccare Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia
Il Giro della Magna Grecia, una delle nuove gare, dovrebbe toccare 5 regioni del Sud
Il Giro della Magna Grecia dovrebbe toccare Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia
Il Giro della Magna Grecia, una delle nuove gare, dovrebbe toccare 5 regioni del Sud

Al via il primo Giro d’Italia per juniores

Uno sforzo notevole, dettato dalla passione: «Se non ce l’hai, non c’è nulla da fare per questo sport. Sfido qualsiasi organizzatore, tranne RCS che lo fa per business ad allestire eventi simili perché i costi sono molto elevati, gli sponsor privati sono praticamente azzerati e bisogna sostenere costi che per una gara 1.1 di un giorno partono da 180 mila euro. Ma noi ci crediamo e oltre a quelle segnalate, nel 2026 lanceremo anche il primo Giro Giovani».

E’ una competizione nuova, riservata agli juniores inserendo anche questa categoria nell’universo della maglia rosa, dal 29 luglio all’1 agosto: «Questa è una mia idea. Abbiamo preso spunto dal nostro Giro d’Italia giovani under 23 che abbiamo concluso nel ’22 Da lì ho detto “proviamo a ripartire”. Sarà una gara internazionale a tappe per la categoria. La mia idea è quella di fare campo base come si fa in Lunigiana, tutti i pernottamenti nello stesso posto e con pochi spostamenti si fanno le 4-5 tappe. I percorsi sono da costruire, forse faremo base in Emilia andando poi a toccare altre regioni limitrofe. Questi sono i mesi in cui si lavora, dove si approfondiscono tutti i compiti per la prossima primavera/estate».

Gabriele Bosisio vincitore su Emanuele Sella. Era il 2007, una delle ultime edizioni del Giro del Lazio
Gabriele Bosisio vincitore su Emanuele Sella. Era il 2007, una delle ultime edizioni del Giro del Lazio
Gabriele Bosisio vincitore su Emanuele Sella. Era il 2007, una delle ultime edizioni del Giro del Lazio
Gabriele Bosisio vincitore su Emanuele Sella. Era il 2007, una delle ultime edizioni del Giro del Lazio

Il Lazio ritrova la “sua” classica

Il nuovo programma 2026 prevede anche il Gran Premio Emilia il 29 marzo, il rinnovamento della Milano-Rapallo articolata su due gare distinte, una cronosquadre e una in linea il 19 e 20 settembre e soprattutto il GP del Lazio previsto il 19 settembre, affidato allo staff di Claudio Terenzi che quindi, dopo aver curato le altre categorie nella tre giorni del Gran Premio Liberazione di aprile, fa il suo ingresso anche fra i professionisti.

La gara si lega idealmente al Giro del Lazio che fino al 2014 ha portato sulle strade romane il meglio del ciclismo mondiale. «La corsa è la stessa – afferma Terenzi – inizialmente era stata una proposta messa sul banco senza molte speranze, sapendo le difficoltà per rilasciare nuove gare. Invece a settembre ci siamo ritrovati con questo nuovo impegno che accogliamo a braccia aperte. In questo modo vediamo premiati gli sforzi di sei anni della Terenzi Sport, nei quali abbiamo organizzato 18 gare internazionali».

Il Giro del Lazio ha sempre avuto al via il meglio. Qui Bugno, Fondriest, Anderson e Gavazzi
Il Giro del Lazio ha sempre avuto al via il meglio. Qui Bugno, Fondriest, Anderson e Gavazzi
Il Giro del Lazio ha sempre avuto al via il meglio. Qui Bugno, Fondriest, Anderson e Gavazzi
Il Giro del Lazio ha sempre avuto al via il meglio. Qui Bugno, Fondriest, Anderson e Gavazzi

A Roma torneranno i campioni a settembre

E’ curioso il fatto che la gara cambia leggermente la sua denominazione, ma non si stacca dal suo passato: «Avevamo uno scrupolo legato a eventuali diritti legali sul Giro del Lazio. Era più semplice partire ex novo. ma la gara sarà praticamente identica, a parte il percorso che va chiaramente scelto. Ma logicamente il Lazio è quello, le strade sono quelle e la conclusione vogliamo che sia a Roma, nel centro come in passato. Devo essere un po’ abbottonato su tutto perché per far sì che questa gara risorga come meriti c’è bisogno anche di un budget importante e ci stiamo muovendo in tal senso».

Si punta naturalmente ad avere qualche team del World Tour e Professional a parte quelli italiani: «Sicuramente, all’altezza della tradizione pur in un periodo estremamente denso di gare, visto che il giorno dopo c’è il Giro di Romagna. Ma questo può agevolarci, credo che le squadre siano più facilitate per gli spostamenti perché abbattono i costi. Noi faremo il massimo, vedremo chi farà parte della contesa…».