OneCycling costituita ufficialmente. Vegni attende comunicazioni

03.03.2025
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Il progetto OneCycling va avanti e nei propositi di Richard Plugge, il suo CEO dovrebbe vedere la luce già il prossimo anno. Ormai non si parla più di una semplice idea, ci sono dati reali. Lo scorso 10 dicembre è stata registrata, presso la Companies House di Cardiff, la società costituente, OneCycling Limited, dietro la quale c’è un fondo economico saudita, SURJ Sports Investment che è una branca del Public Investment Fund, uno dei più grandi a livello globale. I sauditi hanno garantito un importo di 300 milioni per un contratto di 3 anni.

Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)
Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)

Grandi entrate per i team firmatari

Alla moderna Superlega ciclistica hanno già aderito team come Visma, Ineos, Red Bull, EF, Soudal, Lidl oltre agli organizzatori di Flanders Classics e la commistione fra team e organizzatori è un aspetto importante del nuovo progetto. Le squadre facenti parte dell’organizzazione riceveranno, per i suddetti tre anni, un milione di euro a stagione, da considerare al di fuori delle entrate provenienti dagli sponsor che per ora costituiscono generalmente il 90 per cento delle entrate.

Quali gare ne faranno parte? Questo è un primo problema. OneCycling sta procedendo attraverso due direzioni. La prima riguarda una serie di circuiti da organizzare in grandi città, secondo una formula che, se in America ha trovato buoni riscontri, in Europa non è ben vista, venendo relegata a fine stagione seppur con una frequentazione ampia e qualificata. Gare stile Formula 1, che permettono la presenza di folto pubblico, ma che da sole non reggono una spesa così ingente.

Al progetto hanno aderito finora alcuni dei team leader del WT, ma sono ancora molto pochi
Al progetto hanno aderito finora alcuni dei team leader del WT, ma sono ancora molto pochi

A braccetto con l’Uci

L’altra direttrice doveva essere la creazione di un circuito di gare al di fuori del calendario internazionale, ma non c’erano né gli spazi né le garanzie. Si è capito che il progetto non può andare avanti in contrasto con l’Uci, ecco quindi che si pensa di allestire un programma di gare fisso e mutuato dal calendario internazionale, al quale i team saranno chiamati a partecipare con i loro uomini migliori, che dovrebbe comprendere le principali prove del calendario.

Un simile progetto non può però andare avanti senza la partecipazione delle grandi organizzazioni. Aso per ora è fuori e vuole rimanerci, continuando a gestire in autonomia le proprie gare, ma le trattative sono in corso tanto è vero che l’eventuale circuito non prescinderebbe dal Tour de France, mentre la Vuelta non ne fa parte.

Yann Le Monnier, patron di Aso, insieme a Richard Plugge (foto Raymond Kerckhoffs)
Yann Le Monnier, patron di Aso, insieme a Richard Plugge (foto Raymond Kerckhoffs)

Giro nel progetto: a loro insaputa?

E il Giro? L’organizzazione di Plugge ha già detto che anche la corsa rosa è nel programma. Mauro Vegni però non ne sa nulla: «Quel che posso dire è che se l’ingresso del Giro nell’eventuale circuito significa che vengono messe insieme alcune gare che danno punti, un po’ come avveniva nel secolo scorso con il Superprestige Pernod, non abbiamo nulla in contrario, ma se il coinvolgimento è più profondo io non ne sono a conoscenza. I contatti vengono presi a livello imprenditoriale, credo che siano direttamente Cairo o Bellino a occuparsi di questo ma siamo ancora nel campo delle voci, non c’è nulla di definito».

Il progetto però non riguarda solamente i grandi giri, anzi è a livello più basso che le novità potrebbero prendere una forma più ardita. In questo ideale circuito dovrebbero infatti entrare altre corse a tappe, come Parigi-Nizza, Tirreno-Adriatico, Giro di Svizzera, ma non dovrebbero superare i 5-6 giorni di gara e questo potrebbe rappresentare un problema.

La Tirreno-Adriatico è inserita nel progetto, ma dovrebbe ridurre a 5-6 i suoi giorni di gara
La Tirreno-Adriatico è inserita nel progetto, ma dovrebbe ridurre a 5-6 i suoi giorni di gara

La riduzione dei giorni di gara

«Questa non è però una novità – tiene a sottolineare Vegni – perché se ne era parlato già una ventina di anni fa, prospettando anche l’eventualità di ridurre le grandi corse a tappe nella loro durata. Sarebbe possibile? Io dico che tutto si può fare, a condizione che però ci sia chiarezza d’intenti e soprattutto non ci siano disparità. Se si deve ridurre, devono farlo tutti. Ma siamo ancora nel campo delle voci, io faccio parte della commissione Uci e non ci è stato presentato nulla al riguardo».

Il lavoro con l’Uci è fondamentale e l’input è arrivato direttamente dagli investitori che vogliono evitare un’altra diaspora com’è avvenuta nel golf, dove la Saudi LIV Golf League ha di fatto spaccato il movimento professionistico. Una volta che la federazione darà il suo imprimatur, si passerà attraverso fasi successive, con la creazione del circuito vendendo però i suoi diritti televisivi in blocco (e già Dazn, particolarmente legata agli eventi di matrice araba, è pronta a investire). Se il suddetto circuito dovesse essere composto da gare preesistenti, la sua chiusura dovrebbe però essere allestita attraverso una sorta di Grand Final, come avviene per il tennis, da allestire proprio in Arabia Saudita, con grande gala di premiazione alla fine.

Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)
Il circuito dovrebbe avere una finale in terra araba, con formula da stabilire (foto Corvos)

Un meccanismo virtuoso

L’idea di base è che, con il circuito avviato, s’innesti un meccanismo virtuoso capace di produrre denaro anche al di fuori dell’investimento di base, per questo avrebbero tutti da guadagnarci alla fine. Per questo molto passerà attraverso i contatti con gli organizzatori, mettersi di traverso non conviene a nessuno.

Ciccone e la partenza sprint: un cambio di passo evidente

03.03.2025
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Il podio al Giro di Lombardia ha segnato una svolta nella carriera di Giulio Ciccone oppure è stato la logica conseguenza di un periodo senza intoppi? Il 2024 non è stato un anno particolarmente fortunato per l’abruzzese, che ha dovuto fermarsi proprio all’inizio della stagione per un doppio intervento al soprasella. Era sul punto di partire per il Teide, invece di colpo non è più potuto salire sulla bicicletta. C’è voluto un mese di stop che ha vanificato il lavoro invernale e ha fatto sì che il corridore della Lidl-Trek tornasse in gruppo al Giro di Romandia. Da lì in avanti, la stagione è stata una rincorsa della condizione, con un buon Delfinato, un paio di ottimi piazzamenti al Tour e poi purtroppo il ritiro dalla Vuelta per una caduta e il conseguente dolore al ginocchio.

«Il podio al Lombardia – spiega Ciccone – è stato semplicemente un ottimo risultato in una stagione di transizione. Per come si erano messe le cose, l’anno scorso era una stagione in cui tutto quello che fosse arrivato sarebbe stato un di più, data la doppia operazione a gennaio e la ripresa della preparazione a marzo. Questa volta invece ho vissuto un buon inverno, lavorando in maniera molto serena».

Il Giro di Lombardia è stato un grande risultato per Ciccone, terzo dietro Pogacar ed Evenepoel
Il Giro di Lombardia è stato un grande risultato per Ciccone, terzo dietro Pogacar ed Evenepoel

Pronto al debutto

L’inizio di stagione lo ha visto ripartire da una base piuttosto alta, se è vero che al UAE Tour del debutto, è stato il migliore alle spalle di Pogacar. Lo ha seguito a distanza nell’arrivo in salita di Jebel Jais e gli ha tenuto testa sino all’ultimo a Jebel Hafeet, cedendo alla fine per soli 33 secondi. Lo sloveno è un mago delle partenze sprint e sulla sua strada si stanno muovendo anche i rivali.

«La capacità di arrivare pronti alle prime gare – spiega Ciccone – è dovuta ormai alle preparazioni che vengono fatte in maniera sempre più precisa e dettagliata. Una volta si iniziava ad allenarsi più tardi e in maniera più tranquilla, ora non esiste praticamente più la fase intermedia. Quando si riprende, dopo una settimana si è già sotto con tabelle di lavori specifici e intensità. Per questo si arriva alle prime gare con un livello già alto e di conseguenza non ci sono più corse di preparazione».

Dopo l’arrivo di Jebel Hafeet (foto di apertura) lo stupore di Ciccone commentando con Milan la forza di Pogacar
Dopo l’arrivo di Jebel Hafeet (foto di apertura) lo stupore di Ciccone commentando con Milan la forza di Pogacar

Battuti, ma non arresi

Si può ritenere una vittoria il fatto di arrivare secondi dietro un fenomeno come il campione del mondo sloveno? La sua presenza alle corse rende tutto molto relativo, eppure la molla che spinge i rivali non è certo quella di arrendersi per ultimi. In qualche angolo della loro mente ci deve essere per forza la spinta di vincere e dare il proprio massimo: altrimenti come fai ad allenarti al livello più alto?

«A dire la verità – dice Ciccone con grande realismo e un po’ di rassegnazione – Pogacar è l’unico corridore con cui non ci si può misurare. E’ di una superiorità devastante, quindi fare confronti con lui non serve a nulla. Non c’è partita, per quanto bene puoi stare, sai già che lui ti stacca dove e quando vuole. Cosa si prova quando se ne va e tu senti di non avere più fiato? E’ un insieme di fattori, ma soprattutto di gambe: con la testa non puoi mollare. So che è brutto, ma questa è la cruda verità. Detto ciò, non significa rassegnarsi o non lottare. La voglia di vincere quella non manca mai, è un istinto che hai dentro. E’ una questione personale».

Giulio Ciccone correrà il Giro, dove ha vinto 3 tappe: l’ultima a Cogne nel 2022 (nella foto)
Giulio Ciccone correrà il Giro, dove ha vinto 3 tappe: l’ultima a Cogne nel 2022 (nella foto)

Il Ciccone del Giro

Chi lo segue nella preparazione avverte di tenersi liberi per il Giro d’Italia, perché il Ciccone del 2025 ci arriverà in grandissimo spolvero. Ma già da un paio di stagioni, Giulio ha imparato a tenersi in tasca le esternazioni ad effetto e preferisce non sbilanciarsi troppo. Quando si lavora per essere leader di una squadra che negli anni è diventata così grande, è bene che a parlare siano prima le prestazioni.

«Sono tanti gli appuntamenti in cui mi aspetto di fare bene prima del Giro – dice – la Tirreno-Adriatico, la Sanremo, Tour of the Alps, Liegi… Ci sono tante gare importanti e belle. Con l’arrivo di Lidl, la squadra ha sicuramente cambiato passo. L’organico è diventato più importante, il livello si è alzato tantissimo e ovviamente gli investimenti stanno portando risultati sotto i punti di vista di sviluppo e performance. Le decisioni vengono sempre affidate ai manager, ma quando non ci sono problemi e la condizione è buona, mi viene affidato il ruolo di leader. E il leader non si muove a caso, non può fare cavolate o attaccare d’istinto senza senso. In certi casi devi cambiare modo di correre per ottimizzare il risultato».

EDITORIALE / Il ciclismo ha bisogno di ponti, non di muri

03.03.2025
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C’è qualcosa che vorremmo dire sulla Coppa Italia delle Regioni, presentata la settimana scorsa a Roma, nella solennità di Montecitorio. Come spesso avviene nel ciclismo, già la sera qualcuno ha iniziato a inviare messaggi di scetticismo, come a dire che non fosse vero niente. A noi invece la cosa sembra importante, a patto che tutti accettino di giocare secondo le stesse regole.

Il ciclismo nel salotto buono della politica avrà anche una parte di facciata, ma alla base ci sono sostanza e impegni concreti
Il ciclismo nel salotto buono della politica avrà anche una parte di facciata, ma alla base ci sono sostanza e impegni concreti

Il ciclismo a Montecitorio

Primo aspetto: la solennità della manifestazione. Nulla si fa senza immaginare un tornaconto. Perciò, se alcuni ministeri hanno elargito finanze per mettere in piedi questa collaborazione, rendergli grazie è un passaggio istituzionale e di buon senso. La presenza di tre ministri serviva a questo: a fargli spiegare la loro scelta e ricevere in cambio la visibilità che ne hanno potuto trarre.

In ogni caso, il fatto che il ciclismo sia stato ospitato nella sede istituzionale più prestigiosa, è un segnale che dobbiamo valorizzare, senza lasciar prevalere il cinismo di sempre. Prendiamo il buono che abbiamo, il male non ha bisogno di essere scelto: si impone da sé.

Facciamo che se ne parli nei salotti che contano e approfittiamo dell’occasione di uscire dai soliti circoli in cui a volte ci si sente comodi e altre volte ci si sente imprigionati. Roberto Pella, sindaco e deputato, sta compiendo passi evidenti. Lo fa perché ha un animo sensibile o per qualche tornaconto? Cerchiamo di capire cosa può darci e lasciamolo lavorare. Ci siamo spesso lamentati di non essere rappresentati nei centri del potere: adesso in parte lo siamo, proviamo ad approfittarne. Di certo nella mattinata di Roma sono emersi spunti importanti, che sarebbe un peccato non cogliere.

Mercoledì torna il Trofeo Laigueglia: qui il via del 2024, con le continental in mezzo alle WorldTour
Mercoledì torna il Trofeo Laigueglia: qui il via del 2024, con le continental in mezzo alle WorldTour

Il calendario italiano

Secondo aspetto: il calendario italiano. Lasciando stare l’eterna e malinconica disputa sull’assenza di una squadra WorldTour in Italia, quel che manca è un’attività credibile per tutto il resto del nostro ciclismo. Ci sono classiche di remoto prestigio e altre che trovano ancora una loro ragione di essere. Quel che manca è il coinvolgimento delle squadre italiane che, fatte salve le tre Professional, sono ormai soltanto delle continental.

Proprio nel mattino di Roma, un organizzatore è stato chiaro: io voglio portare più squadre WorldTour e non essere costretto a far correre le continental. Soprattutto perché alcune delle squadre italiane hanno a suo dire un livello tecnico che lascia a desiderare. Questo è proprio il punto su cui Lega e Federazione dovrebbero trovare un accordo. Si può ricorrere al ranking delle continental e prevederne la presenza in numero ragionevole?

Le cose si possono fare, basta la volontà. Per questo è sembrato strano che alla presentazione di Roma non ci fossero esponenti della FCI. La Lega del Ciclismo Professionistico è un’emanazione della Federazione, ha senso che ci sia una distanza?

Al momento l’ACCPI del presidente Salvato si occupa unicamente dei professionisti
Al momento l’ACCPI del presidente Salvato si occupa unicamente dei professionisti

I grandi e i piccoli

Terzo aspetto: il grande protegge i piccoli. Coinvolgere le continental e i devo team nelle gare della Coppa Italia delle Regioni significa per i grandi prendersene in qualche modo cura. Il professionismo non può essere diviso dal resto del ciclismo da altri muri che non siano il contratto. Avere sul movimento degli U23 e degli elite un occhio del professionismo significa anche lavorare per un loro miglioramento. Significa provare a esportare le tutele minime, magari in termini di sicurezza, semplicemente prevedendo un osservatore che ci metta un occhio. In modo che se succedesse di nuovo qualcosa come la morte di Giovanni Iannelli, l’Associazione dei corridori non si ritrovi a dire che il ragazzo non era un professionista e di conseguenza loro non possono occuparsene. Non è possibile creare un tavolo condiviso?

Quando si parla di ciclismo, è difficile far capire al di fuori che ci sono certe distinzioni, anche davanti alla sicurezza degli atleti. Il giovane che muore, qualunque sia il suo nome, un giorno sarebbe potuto diventare un grande professionista. La sua perdita è un lutto per tutte le categorie. Prendersi cura dei più piccoli è indice della civiltà di qualsiasi tipo di società.

Il caso Iannelli: la versione ufficiale, discorso ormai chiuso?

03.03.2025
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«Il ciclista durante la volata finale tentava il sorpasso del gruppo in cui stava gareggiando, perdendo l’equilibrio della bicicletta, per poi sbilanciarsi alla sua sinistra, così da andare a sbattere con il pedalino sinistro e la ruota anteriore del velocipede sul primo pilastro del cancello del civico 45 di via Roma, per poi cadere con il capo sull’altro pilastro del predetto cancello ed infine sbalzare in avanti di pochi metri, dove rimaneva inerte fino all’arrivo dei soccorsi. In base alle dichiarazioni rese da Giulia Fassina, si appurava altresì che in merito all’accaduto non venivano segnalate irregolarità sportive, in quanto Iannelli avrebbe perso autonomamente l’equilibrio, senza coinvolgimento di terzi ciclisti gareggianti».

Il viaggio nel racconto di Carlo Iannelli prosegue con un estratto del rapporto dei Carabinieri intervenuti, che raccolgono la testimonianza della giudice in moto. La sua relazione parla di una manovra di Giovanni Iannelli, che si è spostato verso sinistra nel tentativo di superare il gruppo lanciato in volata. In quel tratto non c’erano transenne a delimitare la carreggiata né protezioni per impedire agli atleti di finire contro colonne, pali della luce, cestini per l’immondizia. Nonostante sia appena morto un ragazzo di 23 anni, non c’è nulla da segnalare.

La caduta di Giovanni Iannelli avviene in volata e per i rettilinei di arrivo la normativa tecnica prevede dispositivi di sicurezza diversi e specifici che in quel caso sembrano tutto fuorché a norma. Non a caso la giustizia sportiva sanziona gli organizzatori. Eppure nulla di tutto ciò basta per aprire un’inchiesta.

La ruota anteriore non sembra aver urtato un muro a 70 all’ora
La ruota anteriore non sembra aver urtato un muro a 70 all’ora

L’innominabile

A un certo punto si scopre che la maglia bianca dei giovani al Giro d’Italia Giovani U23 del 2020 avrà la sponsorizzazione di Aido, l’Associazione italiana donatori organi. I genitori di Giovanni hanno donato i suoi organi e nella mente di Carlo Iannelli prende forma un’idea.

«Si dà il caso che mio figlio Giovanni abbia corso il Giro d’Italia U23 nel 2018 – dice – portandolo a termine con grande fatica. Nel 2019 muore e dona gli organi, nel 2020 c’è questa piccola opportunità. Così mi metto in contatto con gli organizzatori del Giro, ma anche con la Presidente di AIDO, la dottoressa Flavia Petrin. La chiamo, le spiego quale sarebbe la mia intenzione e lei la accoglie con grandissimo entusiasmo. Dice che sarebbe fantastico, ma io freno il suo entusiasmo, dicendole che non sarà affatto semplice. E infatti quella dedica a Giovanni non si è mai realizzata, perché di Giovanni non se ne deve parlare. Giovanni è diventato un innominabile».

Edoardo Zambanini, Zalf Desiree Fior, Giro d'Italia Under 23, 2020
Un giovanissimo Edoardo Zambanini conquista la maglia bianca AIDO al Giro U23 del 2020
Edoardo Zambanini, Zalf Desiree Fior, Giro d'Italia Under 23, 2020
Un giovanissimo Edoardo Zambanini conquista la maglia bianca AIDO al Giro U23 del 2020
E la dottoressa che cosa ha detto?

Una volta che la mia idea viene dichiarata improponibile, la chiamo nuovamente e lei mi dice che ha fatto di tutto, ma non è stato possibile. E io allora le dico che al suo posto ritirerei la sponsorizzazione e lei alla fine ammette che la sponsorizzazione non è diretta di AIDO. Dice che loro sono gli sponsor etici e ci mettono il nome, ma i soldi sono di Chiesi Farmaceutici, un’azienda farmaceutica che produce i broncodilatatori. Quando capisce che sono per questo contrariato e minaccio di farlo sapere in giro, fa un comunicato ufficiale di AIDO, in cui spiega come funziona la loro sponsorizzazione.

Nel frattempo l’inchiesta va avanti?

Viene nominato Roberto Sgalla come consulente del Pubblico Ministero di Alessandria: un tesserato della Federazione come consulente di un’inchiesta in cui si indaga per presunte responsabilità di soggetti tesserati. Prima di questo, Sgalla fa anche il consulente per la Procura della Federciclismo. Eppure nonostante il suo parere, la Procura non solo parla di transenne irregolari, ma parla anche di estrema pericolosità di quel rettilineo d’arrivo. Tant’è che sanziona la società organizzatrice nella misura massima per due gravissime irregolarità direttamente correlata alla morte di Giovanni: cioè la transennatura non conforme e l’estrema pericolosità del rettilineo d’arrivo.

Iannelli ha partecipato al Giro d’Italia U23 del 2018
Iannelli ha partecipato al Giro d’Italia U23 del 2018
L’inchiesta penale non ha sbocchi, ma nel frattempo un accenno di giustizia c’è stato grazie alla causa civile?

Ho fatto quella causa perché non potevo più tollerare le umiliazioni alle quali Giovanni è stato sottoposto. L’ho avviata sulla scorta del primo giudizio sportivo del 2 marzo 2020, che ha sanzionato la società per le gravissime irregolarità direttamente correlate alla morte di Giovanni. Era la sola cosa che potevo fare, senza aspettare la Procura della Repubblica di Alessandria. Ho avviato un giudizio civile in pieno Covid, con tutte le difficoltà per notificare gli atti, perché gli ufficiali giudiziari erano quasi tutti in casa. La causa è andata avanti per quattro anni e si è conclusa il 13 agosto del 2024 con una sentenza di 50 pagine emessa dal giudice civile del Tribunale di Alessandria, la dottoressa Alice Ambrosio.

Si parla di gravi negligenze, si riconosce il suo impianto accusatorio, che però non conta per la giustizia penale?

Si parla di gravissime negligenze di tutti coloro che avevano organizzato la gara, individuabili nella manifesta scarsità di transenne obbligatorie nel tratto finale di gara. Nella mancata protezione delle colonne di mattoni rossi contro cui è andato ad impattare Giovanni, “prospicienti se non addirittura situate sulla sede stradale percorribile dai corridori”.

Per capire il quadro, sua moglie in tutto questo combattere che posizione ha?

Sinceramente non l’ho caricata di tutto questo fardello, ho voluta tenerla fuori, lei e le mie figlie. La cosa fa tanto male a me e non volevo arrecare ulteriore dolore anche a loro, per cui me la sono caricata tutta io sulle spalle e porterò questo fardello finché avrò fiato e forza. Poi quando non ci sarò più, pazienza. E’ una vicenda straziante, sono sei anni che non faccio altro se non rileggere, riscrivere, rileggere e riscrivere. Vi posso dire però che la vicenda non è assolutamente conclusa e spero ci siano delle novità importanti. E che questa storia, come dico e scrivo spesso io, non serva solamente a migliorare il ciclismo, ma serve a migliorare anche questo Paese da certe situazioni, da certi contesti. Lo faccio per tutti i Giovanni Iannelli che sono stati dimenticati. Che sono stati chiusi nei cassetti, che sono stati archiviati dalla cattiveria umana, ma quella cattiveria umana ha nomi e cognomi.

Giovanni Iannelli era un ragazzo di famiglia, innamorato delle sue sorelle e dei cugini
Giovanni Iannelli era un ragazzo di famiglia, innamorato delle sue sorelle e dei cugini
Questo suo martellare sui social è come incatenarsi a un cancello?

Mi sono sottoposto a delle umiliazioni indescrivibili, ma vedrà che prima della fine non escludo che a un cancello mi incatenerò davvero. Anche se facendolo passerei per quello che ha perso la testa. Invece io, purtroppo per loro, sono più lucido di prima. Continuo a lavoricchiare perché non ho rendite, non ho nessun tipo di entrata, se non quelle del mio lavoro. E intanto sto cercando di aiutare tante persone nel mondo del ciclismo, che sono state a loro modo massacrate.

Il primo ottobre 2024, una sentenza civile condanna in primo grado gli organizzatori della gara di Molino dei Torti a un risarcimento, ravvisando tutte le irregolarità tecniche denunciate dalla parte lesa. Il 10 ottobre, Carlo Iannelli presenta ancora ad Alessandria un’istanza di riapertura indagini, che viene respinta il giorno dopo. La motivazione è lapidaria: non è necessario fare ulteriori indagini, perché tutti hanno capito come siano andate le cose. Ma è davvero così? E’ stato fatto tutto il necessario per fare luce su questo immenso disastro?

NEGLI ARTICOLI PRECEDENTI

Il caso Iannelli: 7 ottobre 2019, la morte del figlio Giovanni

Il caso Iannelli: le ricostruzioni che non tornano

Pogacar alla Roubaix, sembra fatta. E Colbrelli ci dice la sua

03.03.2025
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Svegliateci pure, è (quasi) tutto vero. Ieri Ciro Scognamiglio della Gazzetta dello Sport ha lanciato la news: Tadej Pogacar alla Parigi-Roubaix. Manca l’ufficialità, ma la non smentita del team vale quasi altrettanto. L’avevamo lasciato in quel video in cui “volava” sulle pietre della Foresta di Arenberg. Sembrava non avesse fatto altro prima di allora. E quando ne è uscito, ci aveva raccontato Baldato, era contento come un bambino al parco giochi.

Alla luce di tutto questo abbiamo parlato con Sonny Colbrelli. I due hanno una cosa in comune: presentarsi alla prima Roubaix con serie possibilità di vittoria. Sonny ci è riuscito, Tadej vedremo. L’attuale direttore sportivo della Bahrain-Victorious ha un possibile erede del quale non poteva non parlare.

Sonny Colbrelli in quella gloriosa Roubaix del 2021. Anche per lui si trattava della prima partecipazione
Sonny Colbrelli in quella gloriosa Roubaix del 2021. Anche per lui si trattava della prima partecipazione
Sonny, Pogacar alla Roubaix…

Guardate – parte d’entusiasmo Colbrelli – quando un campione come Pogacar va a provare le corse e vede che può farcela, sicuro che vuole provarci. Sinceramente non pensavo che lo facesse già quest’anno, però dicono che ormai sia certa la sua presenza. Di certo è più facile che vinca una Roubaix che una Sanremo, perché la Sanremo è sempre più difficile.

Per di più ad inizio stagione con tanti campioni con le gambe piene…

Esatto, Pogacar a Sanremo deve arrivare da solo, ma con corridori così esplosivi come Van Aert, Van der Poel, Philipsen e gli altri è davvero complicato per lui. Però la sua presenza sul pavé mi incuriosisce molto perché può dare filo da torcere a tutti, anche a gente come Van der Poel. La notizia fa rumore, perché un corridore come lui si adatta a ogni gara.

Tu vincesti al debutto. Vedi similitudini tra te e Pogacar?

Sì e no. Lui ha la stoffa. Io quello che ho ottenuto l’ho costruito con gli anni, con maturità ed esperienza. E persino guardando le corse in tv. Lui invece è il Maradona del ciclismo, il Messi, il Ronaldo. Sono talenti che sbocciano così, a cui serve la metà o un quarto dell’allenamento o dei tentativi per ottenere risultati che altri raggiungono in una vita. Il paragone è molto diverso. Pogacar non ha eguali, entusiasma sempre. Quando attacca, è un altro sport.

Tadej il giorno in cui ha provato la Roubaix. Eccolo nella mitica Foresta di Arenberg, quasi sempre settore cruciale della corsa
Tadej il giorno in cui ha provato la Roubaix. Eccolo nella Foresta di Arenberg, quasi sempre settore cruciale della corsa
Quando si muove un corridore così, che succede in gruppo. Davvero ha delle chances concrete?

Sì, sì… Chiunque deve aver paura, che sia Van der Poel, Van Aert o chiunque altro. Quando si muove Pogacar, tutti devono stare attenti, anche il suo stesso team.

Quale potrebbe essere la sua difficoltà alla Roubaix?

Quando hai gambe come le sue è difficile sbagliare. Forse l’unico timore è una caduta, una foratura. In quel caso serve anche fortuna, oltre a delle buone gambe.

Tadej ha provato la Roubaix con Wellens, in teoria il capitano. Cambieranno i ruoli?

Giocheranno su più frangenti. Penso che anche Florian Vermeersch possa essere un’opzione per la UAE Emirates. Non so se sia stato preso come gregario o come capitano, ma è già arrivato secondo alla Roubaix quando ho vinto io. Hanno una squadra fortissima. Meglio avere due capitani che uno solo. Se uno ha una giornata no, si punta sull’altro. Se uno cade o fora, c’è l’altro. Sempre meglio avere più opzioni, specie in una gara del genere.

Pogacar va molto bene con il maltempo e la pioggia, ma alla Roubaix potrebbe essere un problema? Un problema diverso?

Magari Tadej non avrà l’occhio di un corridore da classiche o di uno che corre sul fango come Van der Poel e forse un po’ gli si complicheranno le cose. Forse… Però, ripeto, parliamo di Pogacar, l’eccellenza del ciclismo. Quello che tocca è oro. Che sia pioggia o sole, lui si adatterà, ne sono sicuro.

Pogacar al Tour 2022 (Lille-Wallers Arenberg) finì 7°. Il posizionamento nei primi settori potrebbe essere complicato per un peso leggero come lui
Pogacar al Tour 2022 (Lille-Wallers Arenberg) finì 7°. Il posizionamento nei primi settori potrebbe essere complicato per un peso leggero come lui
Quindi ti stupirebbe se vincesse subito?

No, assolutamente no. Uno che fa certi numeri al Fiandre e in tante altre corse può fare tutto.

In effetti non è nuovo ai tratti in pavé, giusto?

No, ha già corso su pavé, ha già capito, e vinto il Fiandre. E non solo (il pensiero va alla tappe del pavé al Tour del 2022, ndr). La stoffa ce l’ha.

Sonny, tu dici che ce la può fare, che ci sa fare e che si adatterà. Ma ci deve pur essere un dettaglio per chi non è del tutto uomo da classiche e che al debutto in una gara tanto complicata come la Roubaix che potrebbe metterlo in difficoltà?

Forse la poca conoscenza del percorso. Magari potrebbe cercare di evitare il pavé andando sul lato della strada, dove è vero che non ci sono le pietre e si scorre di più, ma al tempo stesso ci sono più insidie. Lì può esserci di tutto: buche, “crateri”, rischi di forature o cadute. Quella, se non hai esperienza, potrebbe essere l’unica vera incognita.

La sua presenza cambia l’economia della corsa?

Sicuro. Tutti lo guarderanno. Anche Van der Poel ci penserà. E le altre squadre lo aspetteranno. La corsa potrebbe ruotare su di lui.

Kuurne a Philipsen. Tanti auguri all’uomo di Sanremo

02.03.2025
4 min
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La corsa di Kuurne, la città degli asini nel ricordo dei contadini che se ne servivano per raggiungere il mercato della vicina Kortijk, finisce nuovamente in volata. Tanti ci provano, ma pochi negli anni ci sono riusciti. Questa volta gli ultimi si sono arresi al primo passaggio sul traguardo, dopo che anche Van Aert aveva provato a rientrare sulla fuga per tentare il colpo da lontano. Ma quando nel gruppo ci sono le squadre dei velocisti, non c’è fuga che tenga. Wout s’è trovato alle spalle il freddo Adrià che non gli ha dato un solo cambio e ha dovuto rialzarsi. E alla fine la vittoria è andata a un cecchino di nome Philipsen, vincitore uscente della Milano-Sanremo e di altre otto corse nel 2024.

La quiete di Philipsen

Le grandi manovre sono iniziate quando poco prima che la corsa si ricompattasse. E al netto delle strappate e dei tentativi di mettere in fila il gruppo, ciò che ha davvero sorpreso per tutto il giorno è stata la calma serafica di Jasper Philipsen.

Merlier non faceva che sfilarsi e risalire. Milan ha fatto capolino un paio di volte ottimamente scortato da Stuyven. La Decathlon sgomitava per Bennett. Invece Philipsen, forse pensando che nel giorno del suo 27° compleanno poteva prendersela con filosofia, è sempre rimasto a centro gruppo. Era ben al coperto anche a 5 chilometri dall’arrivo, mentre Merlier faceva a spallate con Olav Kooij.

«E’ incredibile vincere il giorno del mio compleanno – ha detto dopo l’arrivo – sono già tutti in ottima condizione, ma ci siamo comunque presentati qui forti e siamo riusciti a gestire la nostra corsa quando sono finite le salite. Sono contento di come sono andate le cose. Negli ultimi anni per noi il weekend di apertura non è mai stato un successo. Ieri alla Omloop Het Nieuwsblad è stata una giornata con sentimenti contrastanti, il terzo posto dietro Wærenskjold era da capire. Diciamo che questa vittoria gli dà un significato diverso. Non una sconfitta, ma il primo passo verso la vittoria».

Milan è stato ottimamente supportato dalla squadra, ma si è perso nella volata
Milan è stato ottimamente supportato dalla squadra, ma si è perso nella volata

Groves per amico

Si pensava che potesse essere proprio Philipsen il favorito, ma non vedendolo dannarsi per guadagnare posizioni, qualcuno ha pensato che oggi sarebbe toccata ad altri. Lo stesso Milan, arrivato fra squilli dal UAE Tour, sembrava un possibile predestinato. Anche se il friulano, nelle interviste al via, aveva detto saggiamente che si trattava di ben altra corsa e sarebbe stata necessaria una grande concentrazione. Invece nell’ultimo chilometro, la Alpecin-Deceuninck ha ricordato al gruppo che il suo ultimo uomo di giornata era Kaden Groves, velocista che nel 2024 ha vinto tre tappe alla Vuelta. E a quel punto forse qualcuno ha capito che non sarebbe finita bene.

«Il lead-out è ovviamente uno dei nostri punti di forza – ha raccontato Philipsen – soprattutto oggi con Rickaert e Groves, che si sono divisi i compiti. Kaden è uno che può vincere da sé degli sprint contro i più forti e per quest’anno il piano è che venga anche al Tour. Siamo una combo molto forte».

Sul podio con Philipsen, Kooij e Hofstetter
Sul podio con Philipsen, Kooij e Hofstetter

Merlier disperso

Amara la riflessione di Merlier, che non è mai contento quando perde da Philipsen. E’ stato a causa sua, in qualche modo, che ha dovuto lasciare la Alpecin-Deceuninck. E anche se da lì è approdato alla Soudal-Quick Step, il tempio dei velocisti, fra i due belgi continua a serpeggiare una discreta antipatia.

«In realtà mi ero già perso a un chilometro dal traguardo – ha dovuto ammettere Merlier ai microfoni di Sporza – eravamo un po’ troppo lontani. In uno sprint a volte dipende dai dettagli e io nel finale ho dovuto anche saltare sopra un’isola spartitraffico. Questa è un’occasione mancata. E’ stata una corsa molto nervosa e io non l’ho interpretata come avrei voluto, ma sono sempre stato lì. Sono stato chiuso più volte, è stato frustrante, ma ci ho sempre creduto. Penso di avere le gambe per vincere, ma oggi non è andata bene».

Parlando di Milan, va segnalato il sesto posto ottenuto lanciando la volata dalle retrovie. Se fosse partito alla pari degli altri, le forze che ha messo per rimontarli, lo avrebbero portato alla vittoria. Ma al Nord non è sempre e solo un fatto di forza. Bisogna sapersi disimpegnare fra curve, rotonde e avversari che non cedono un metro. Jonathan impara in fretta e ha preso nota, la prossima volta saprà anche lui come muoversi.

«Tao? In netta ripresa e punta al Tour», parola di Larrazabal

02.03.2025
5 min
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Diciamo la verità, di notizie attorno a Tao Geoghegan Hart non ce ne sono state sin qui. Dell’inglese non si sapeva molto, né del suo calendario e né del suo stato di forma. Ma a venirci in soccorso è stato Josu Larrazabal. Il tecnico spagnolo, a capo della performance della Lidl-Trek, con la sua consueta gentilezza ci ha chiarito un bel po’ di cose circa l’ex maglia rosa.

Quel che possiamo dire è che in Portogallo hanno iniziato la stagione non solo Vingegaard e Roglic, di cui vi abbiamo raccontato, ma anche Tao Geoghegan Hart. E anche lui come i suoi illustri colleghi tutto sommato se l’è cavata bene. Alla fine ha chiuso nono nella generale a 54″ dallo stesso Vingegaard e appena un secondo dietro a Roglic.

L’inglese è alla seconda stagione alla Lidl-Trek, squadra che crede moltissimo in lui. A partire da coach Larrazabal
L’inglese è alla seconda stagione alla Lidl-Trek, squadra che crede moltissimo in lui. A partire da coach Larrazabal
Josu, Tao ha iniziato la stagione in Algarve. Come lo hai visto?

E’ andata molto bene, ci aspettavamo un attimo in più nella crono per come lo vedevamo, come si sentiva e come andava in allenamento. Il primo arrivo in salita a Foia ha confermato le nostre aspettative, ma sulla salita finale ha pagato un po’ l’entusiasmo di voler fare bene. Ha interpretato lo sforzo con troppa intensità e alla fine ha ceduto qualcosa, ma un piazzamento in top 10 è un bel punto di partenza considerando da dove veniamo.

“Da dove veniamo”: quanto è stato importante per lui aver portato a termine la Vuelta lo scorso anno?

Ha integrato e capito quanto fosse difficile il processo di recupero in cui si trovava. L’anno scorso, all’Algarve, aveva chiuso quindicesimo e pensava di essere già più avanti. Poi alla Tirreno ha capito che c’era ancora tanto lavoro da fare. Abbiamo dovuto rifare il programma, saltare il Catalunya, e sfruttare i Paesi Baschi per preparare il Romandia, dove ha fatto una top 10 e si era un po’ ripreso.

E poi di nuovo la caduta al Delfinato…

Esatto, con la frattura delle costole, il Tour saltato, un’altra caduta a Burgos, e infine la Vuelta iniziata con problemi fisici. Ma finirla è stato essenziale per lui e per questa stagione. Anche se non l’ha finita da protagonista. E per un corridore del suo livello, affrontare un grande Giro senza incidere è difficile da accettare, ma ha capito l’importanza del processo che la Vuelta significava. L’anno scorso il suo inverno era stato di riabilitazione, quest’anno è stato un inverno da ciclista e la differenza è enorme.

Algarve: nella tappa in salita Tao è arrivato a 3″ da Vingegaard e appena davanti a Roglic (foto @gettysport)
Algarve: nella tappa in salita Tao è arrivato a 3″ da Vingegaard e appena davanti a Roglic (foto @gettysport)
Il tuo ruolo non è solo legato ai numeri e alle tabelle. Quanto conta l’aspetto mentale con Tao?

Assolutamente tanto. L’anno scorso ci sono state delle discussioni con lui. Noi cercavamo di fargli capire che ci voleva tempo, ma lui voleva subito il risultato. Noi ovviamente vogliamo che ottenga risultati, ma sappiamo anche che i processi di recupero richiedono tempo. Tao non era sempre d’accordo con questo messaggio, ma il tempo ci ha dato ragione… purtroppo. Sarebbe stato bello se avesse potuto subito ottenere grandi risultati, ma infortuni come il suo richiedono pazienza. Adesso siamo in una situazione completamente diversa, sia fisicamente che mentalmente. E quando un corridore come lui sta bene, i risultati arrivano, anche se non sempre (e non subito) sono vittorie.

Se dovessi dare una percentuale, quanto sta meglio rispetto all’anno scorso?

Possiamo dire che ha già pareggiato i migliori valori dello scorso anno, appena partito: numeri che lo scorso anno aveva toccato al Romandia e prima della caduta al Delfinato. Questo è un riferimento che dà fiducia. Non ho il dato esatto per dire se è un 5 o un 10 per cento meglio, rispetto a 12 mesi fa, ma appunto aver già toccato quei picchi a febbraio è stato molto, molto importante.

Qual è il suo programma per i prossimi mesi? Lo vedremo al Giro d’Italia o al Tour?

L’obiettivo di Tao è il Tour de France, con un programma simile a quello dell’anno scorso. Ieri ha corso l’Ardeche Classic (si è ritirato per un problema meccanico mentre esplodeva la corsa e ha finito di vedere la gara dal bus, ndr), una novità rispetto al 2023 quando preparava la Tirreno. Quest’anno non farà la Corsa dei Due Mari, ma il Catalunya e successivamente il Romandia. Abbiamo parlato con lui di lasciare aperta una porta per il Tour of the Alps, una corsa che gli piace e che ha già vinto, ma per ora resta solo un’opzione. Dopo il Romandia farà una pausa, andrà in quota e poi seguirà il classico percorso con il Delfinato, ancora un periodo in altura e infine il Tour.

Pochi giorni prima dell’Algarve Geoghegan Hart aveva preso parte alla Figueira Champions Classic, corsa di un giorno sempre in Portogallo
Pochi giorni prima dell’Algarve Geoghegan Hart aveva preso parte alla Figueira Champions Classic, corsa di un giorno sempre in Portogallo
Non avete mai pensato di mandarlo al Giro? Il percorso sembrava adatto alle sue caratteristiche

Tao ama il Giro d’Italia e lo guarda sempre con la coda dell’occhio. Ovviamente con lui è un discorso che si può sempre aprire, ma la Lidl-Trek gli ha dato la possibilità di fare lo step che non aveva potuto fare alla Ineos Grenadiers, ovvero preparare il Tour da leader. Questo è il piano originale e per il momento è quello su cui siamo concentrati. Lui ha un legame forte con il Giro, ma direi con l’Italia in generale. Ha vinto tante da voi e ha un ottimo feeling con il pubblico italiano, ma al momento il focus è sul Tour.

Josu, visto che prima abbiamo parlato di aspetti mentali: come lo vedi dal punto di vista della determinazione? Ha voglia di tornare più forte di prima ora che sta bene?

L’ho visto sempre cattivo. Lo era anche l’anno scorso quando le cose non andavano bene. E appunto da qui nascevano le discussioni… Adesso però lo è ancora di più, perché non gli è piaciuto avere un anno difficile e senza vittorie. Non gli piace non essere stato protagonista. Anche il piccolo errore commesso nella crono dell’Algarve è forse una conseguenza di questa voglia di fare, di dimostrare. Noi siamo qui per supportarlo e fargli capire che tutto arriva, basta aspettare il momento giusto.

Il caso Iannelli: le ricostruzioni che non tornano

02.03.2025
8 min
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Giovanni Iannelli muore a 23 anni, contro una colonna di mattoncini rossi priva di transenne a 150 metri dal traguardo. Il video della caduta in volata è sgranato e mosso, ma rende il senso dell’immobilità dopo l’urto. Ne hanno parlato i giornali e, come raccontato nell’articolo di ieri, anche il Ministro dello Sport Abodi. Ne hanno parlato Le Iene, eppure nulla si muove. Solo un giudizio civile per il momento ha condannato gli organizzatori, ma in quella sentenza Carlo Iannelli, suo padre, non ha mai visto il seme della giustizia. Al punto di aver detto più volte che vi rinuncerebbe, a patto che venga celebrato un processo penale.

Nel frattempo continua a scrivere sui social di tutti per richiamare l’attenzione. Come per incatenarsi davanti agli occhi e le coscienze di tutti quelli che, a vario titolo, possono immaginare ciò che accadde in quella casa il 5 ottobre del 2019. 

Suo padre Carlo gli passa la borraccia: una scena che in Toscana era decisamente abituale
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Avvocato Iannelli, l’abbiamo lasciata all’ospedale di Alessandria, ripartiamo dall’ultima domanda: che cosa accade dopo?

Scopro che la corsa è stata approvata dalla struttura tecnica del Comitato Regionale del Piemonte senza i documenti relativi alla sicurezza, obbligatoriamente previsti dal regolamento tecnico.

Come fa a dirlo?

Io c’ero arrivato da me, comunque è scritto nella sentenza del giudizio civile.

Visto che lei ha fatto parte a lungo della macchina federale, capitava spesso che ci fosse questo tipo di mancanze?

Quando ero vicepresidente del Comitato Regionale Toscano, ero tra quelli che nominava il responsabile della struttura tecnica, che all’epoca era Alessandro Rolfi. E Alessandro mi chiamava, anche di notte, e mi diceva: «Carlo, hanno presentato il programma di gara e non ci sono i documenti relativi alla sicurezza». E io gli dicevo: «Alessandro, sospendi tutto. Chiama la società e fa integrare quella documentazione». Perché quei documenti sono essenziali. Significa che la società ha fatto una verifica delle condizioni di sicurezza. Il programma di gara così approvato le consente di fare il giro dei vari Enti interessati dalla manifestazione per chiedere le autorizzazioni.

Cosa ha scoperto per la gara di Molino dei Torti?

In quel caso, il programma di gara viene presentato il 29 agosto 2019 e viene approvato dalla Struttura Tecnica del Comitato Regionale Piemontese. Il responsabile era Luca Asteggiano. E’ quel signore che fa il video ed è grande amico di Imere Malatesta, il direttore sportivo di mio figlio, che nel video bestemmia. E che però, quando viene chiamato dai Carabinieri di Lucca per essere sentito sull’accaduto, fa delle dichiarazioni che il Pubblico Ministero richiamerà nel decreto di archiviazione.

Via Roma a Molino dei Torti, il tratto di strada in cui è avvenuto l’incidente oggetto della relazione di Gianni Cantini
Via Roma a Molino dei Torti, il tratto di strada in cui è avvenuto l’incidente oggetto della relazione di Gianni Cantini
Che cosa dice Malatesta?

Nonostante abbia appena perso un corridore, mio figlio, dice che il circuito in questione a suo avviso è semplice. Che non era una gara da considerare pericolosa, poiché sono altre le strade o i tracciati pericolosi. Dice che rientra nella “media” delle gare, che non ha notato anomalie e per questo non ha ritenuto di fare alcuna segnalazione.

Quando ha cominciato a capire che nelle varie versioni qualcosa non tornava?

Subito. Con quei pochi documenti raccolti nei giorni successivi alla morte di Giovanni, ho incaricato Gianni Cantini, un direttore di corsa internazionale e docente in materia di sicurezza alle corse ciclistiche, di prepararmi una relazione tecnica. Dopo una quindicina di giorni sono stato ricevuto dal Pubblico Ministero di Alessandria, Andrea Trucano. L’appuntamento era fissato per le 15. Così la mattina sono andato a Molino dei Torti: non c’ero ancora stato e ho fatto un video in cui si vedono tutti quegli ostacoli mortali. Quella strada è costellata di ostacoli mortali. Farci disputare una volata, ma anche il passaggio dei corridori è una follia.

Cosa le dice il Pubblico Ministero?

Entro nella sua stanza insieme al mio avvocato e sulla scrivania c’è un fascicolo con scritto: Giovanni Iannelli. Trucano lo apre di fronte ai miei occhi e dentro non c’è niente. E’ vuoto, neanche un verbale della Polizia Municipale. E’ morto un ragazzo, gli dico, ma lui mi guarda e solleva le spalle per confermare che è così. Poi mi dice di aver studiato i codici, ma che di corse non sa niente. Così io gli rispondo che siccome mi aspettavo questa sua obiezione, ho portato la relazione di Gianni Cantini.

Che cosa c’è scritto in quella relazione?

Sono 10 pagine in sui si parla di tragedia annunciata. E nella chiusura, Cantini aggiunge che per la sicurezza della gara fosse doveroso fare molto di più di quanto non sia stato fatto il 5 ottobre 2019. Si chiede, anzi, come sia stato possibile che la Direzione di Corsa abbia permesso di dare il via alla gara in assenza delle minime misure di sicurezza necessarie. Non c’erano transenne a sufficienza e non c’erano protezioni per gli ostacoli sporgenti, come quella colonna. E conclude chiedendosi come sia possibile che il verbale di gara del Collegio di Giuria non segnali e non sanzioni alcuna mancanza tecnico organizzativa.

Giovanni Iannelli studiava economia Aziendale. Qui è con Rebecca, la compagna conosciuta al liceo
Giovanni Iannelli studiava economia Aziendale. Qui è con Rebecca, la compagna conosciuta al liceo
Come si conclude l’incontro con il Procuratore di Alessandria?

A un certo punto, dopo due ore, io e il mio avvocato stiamo per alzarci e il Pubblico Ministero dice che il Procuratore Capo vuole salutarci. Esce dalla sua stanza e rientra dopo pochi secondi con il Procuratore Capo di Alessandria, Enrico Cieri, amico del professor Renato Balduzzi, padrino di quella corsa ciclistica e già Ministro della Salute del governo Monti.

In cosa consiste il saluto?

Enrico Cieri si mette seduto, mentre io probabilmente non parlavo in maniera pacata, diciamo che forse ero un po’ esagitato. E lui dice: «Avvocato, avvocato, non stiamo parlando di criminali. Stiamo parlando eventualmente di organizzatori negligenti». In quel momento ho una strana sensazione, come se il discorso fosse già chiuso. Ma per chiarire se sia stata negligenza o colpa, sarebbe stato interessante avere i tabulati telefonici del 5 ottobre 2019, per capire qualcosa di più su eventuali contatti. Ma i tabulati non li abbiamo visti. Un processo servirebbe a questo: anche semplicemente a fugare ogni sospetto. 

Ci sono stati invece dei contatti fra Carlo Iannelli, il papà di Giovanni, e l’organizzatore della corsa in cui il figlio è morto?

Assolutamente no! Ho visto il presidente della società Ennio Ferrari e il sindaco di Molino dei Torti al funerale di mio figlio. Dopodiché non ho più avuto nessun tipo di rapporto, nessuno.

Che cos’altro non torna secondo lei nella ricostruzione ufficiale?

La deposizione del Commissario di Giuria in moto: Giulia Fassina. Per verificarla sarebbe bastato che in Procura avessero periziato il video, da me portato al Pubblico Ministero Andrea Trucano, la prima volta ci sono andato. Gli dissi che avrebbe potuto recuperare il file originale dal telefono di Luca Asteggiano che lo aveva girato e forse su quello la perizia sarebbe stata più agevole. Ma il telefono non è stato preso e il video non è stato periziato. Comunque a prescindere da questo, basta andare sul posto, in via Roma a Molino dei Torti, e mettersi nella posizione dove era Giulia Fassina, cioè in via Luigi Einaudi. Nel video la si vede arrivare con la moto e il casco arancione.

Che cosa ha testimoniato Fassina?

Ha dichiarato che si trovava a 10-15 metri dal punto dell’incidente, quando in realtà i metri sono circa 70 e per giunta era dalla parte opposta della strada. Con il casco in testa, le persone davanti e i corridori che passavano, non può aver visto nulla di così chiaro. Tanto che lei stessa si tradisce e la tradisce anche Luca Botta, il Presidente del Collegio di Giuria, quello secondo cui non c’era nulla da segnalare.

Come la tradisce?

Di fronte alla Procura federale, il Procuratore Nicola Capozzoli fa un’eccezione. Le fa presente che Luca Botta, che si trovava sull’auto del Presidente di Giuria, ha detto che si erano sentiti via radio nell’immediatezza e lei gli avrebbe detto che non aveva visto nulla. Ma davanti alla Procura, Fassina dice che probabilmente Luca Botta si è sbagliato, che lei non gli ha mai detto di non aver visto nulla. 

E’ riuscito a ricostruire quanto accadde dopo la caduta?

Il corridore che dà il colpo al manubrio a Giovanni è il dorsale 51, Niccolò Tamussi della Delio Gallina. Cade anche lui e si frattura lo scafoide. Nonostante abbia questa frattura, immagino anche dolorosa, viene preso e portato in una stanza di fronte al Collegio di giuria e gli chiedono cosa sia successo. Poi non lo portano dai Carabinieri, che erano già lì. Lo mandano via, chiudono le porte della stanza, si riuniscono e alla fine la versione ufficiale è quella che Giulia Fassina ripete quando le viene chiesta.

E’ certo che Tamussi non abbia parlato con i Carabineri?

Tamussi è stato contattato da mia figlia Margherita. E in una chat, che ovviamente ho portato alla Procura, le racconta come sono andate le cose. Chat che a quando pare la Procura ha completamente ignorato. Mentre il direttore sportivo di Tamussi prende un pezzo di pedale, che si è frantumato nell’impatto contro la colonna, e va dall’accompagnatore della squadra di mio figlio. Gli dice: guarda che cosa è successo, a Giovanni si è rotto il pedale e per questo è caduto.

Non è possibile?

Guardate le foto della bici e delle scarpe di Giovanni. Quello è un pedale che si è sbriciolato nell’impatto, non un pedale che si è rotto mentre pedalava. A questo si aggiunge la voce di un corridore che era accanto a Giovanni, Dario Salvadori. Quel giorno era in corsa e probabilmente ha continuato a seguire la vicenda. Legge i giornali, legge la storia del pedale rotto, si registra ad una testata online e scrive parole precise. Il senso è: non scrivete cavolate, non è stata la rottura di un pedale a far sbandare Giovanni, quanto piuttosto un corridore che è voluto passare dove non c’era lo spazio. E così facendo ha urtato il manubrio di Giovanni che è partito per la tangente senza neanche avere il tempo per rendersene conto. Io questo ragazzo non lo conosco neanche, sono entrato in contatto con lui, ho portato tutto alla Procura, ma non è successo niente. Di tutto quello che stiamo dicendo ci sono prove documentali, è tutto scritto. Eppure non ci sono orecchie per intendere, capite? Zero. Perché non si deve fare questo processo?

Alla scoperta di Fretin, il nuovo (velocista) che avanza

02.03.2025
6 min
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Milan contro Milan. No, non è il classico titolo calcistico da weekend di un quotidiano sportivo italiano, ma il riassunto attraverso un semplice slogan di uno dei temi della Kuurne-Bruxelles-Kuurne prevista per oggi. Con Jonathan Milan alla ricerca di un primo sigillo classico trovando tra i suoi avversari un giovane belga, Milan Fretin, che ha impressionato tutti nel suo inizio stagione cogliendo già due vittorie, tra Almeria e Algarve.

Il ragazzo di Genk, prossimo ai 24 anni sta scalando rapidamente le gerarchie non solo della sua squadra, la Cofidis che ha bisogno dei suoi punti come dell’aria, ma anche dello stesso sprint mondiale. E’ forse la maggior sorpresa di questo inizio di stagione, ma chi è in realtà?

Il giovanissimo Milan esordì nel 2018 alla Van Moer Logistics. Si è costruito pian piano esplodendo nel 2024
Il giovanissimo Milan esordì nel 2018 alla Van Moer Logistics. Si è costruito pian piano esplodendo nel 2024

«Quando ero ragazzino, ho iniziato con il motocross – racconta dal suo ritiro belga prima della corsa – Poi ho cambiato per la bici, ma è stata una scelta quasi obbligata dopo che mi sono rotto la clavicola. Ho pensato che la bici era più sicura. Ho anche fatto un corso. Avevo 9, 10 anni, a quel tempo dovevo vincere la mia paura, perché da una parte la velocità mi piaceva, dall’altro mi spaventava. Le cose hanno iniziato a prendere una piega più seria quando sono passato U23, nelle fine della Lotto-Soudal dopo aver corso in piccole squadre belghe. Ho fatto due anni in un team Professional importante come la Sport Vlaanderen Baloise e lo scorso anno ho ottenuto il contratto nel WT, ero super felice. Tra l’altro un quadriennale, a dimostrazione della fiducia del team francese. Devo dire grazie a Nico Mattan, che era mio diesse da junior e mi ha sempre seguito, essendo grande amico di mio padre. Mi ha dato i consigli giusti».

Ti aspettavi un inizio di stagione così importante, con due vittorie?

E’ pazzesco. E’ un sogno per tutti, per ogni ciclista. L’anno scorso era già stato molto forte, con un paio di successi che mi hanno dato lo stimolo per affrontare un buon inverno e per diventare ancora più veloce e sono felice di averlo fatto, questi risultati mi confermano che sono sulla strada giusta.

La vittoria nella tappa della Volta ao Algarve, battendo Meeus e Ganna
La vittoria nella tappa della Volta ao Algarve, battendo Meeus e Ganna
Ti consideri un semplice velocista o pensi di avere altre caratteristiche?

E’ ancora un po’ un mistero per me. La prima vittoria alla Clasica de Almeria era uno sprint molto veloce. Negli ultimi 10 anni hanno vinto sempre grandi sprinter. Ma è stata una giornata dura, con quasi 3.000 metri di dislivello. Io credo di poter emergere anche su percorsi mossi, difficili. E ora con le classiche sono curioso di vedere se riesco a mostrare dove sono arrivato.

C’è uno sprinter al quale ti ispiri o somigli tecnicamente?

Tom Boonen. E’ un grande campione, ma con umiltà è quello a cui penso di somigliare di più, come anche Alaphilippe, sa fare sprint, ma sa anche scalare molto bene. Ho molto rispetto per lui ma mi piacerebbe affrontarlo a viso aperto, credo che me la potrei giocare.

Fretin ha corso nella Lotto al suo esordio da U23. Vincendo due gare nazionali
Fretin ha corso nella Lotto al suo esordio da U23. Vincendo due gare nazionali
Lo scorso anno sei arrivato alla Cofidis, che cosa è cambiato per te correndo nel team francese?

E’ sempre stata una squadra che ammiravo. Ricordo quando ero junior era una maglia che mi ispirava. E’ una squadra francese che mi ha accolto davvero bene. La scorsa stagione è stata difficile. Abbiamo dovuto aspettare tanto per  la prima vittoria, arrivata grazie a Thomas al Giro d’Italia. Ora abbiamo già 4 vittorie quindi è un inizio molto superiore rispetto all’anno scorso e la squadra ha cambiato un sacco di cose durante l’inverno. Dovevamo farlo. Quindi abbiamo tutti nuovi allenatori. Ci prepariamo molto più duramente rispetto all’anno scorso. Facciamo anche palestra, l’anno scorso non la facevo. Ora mi piace la palestra post allenamento. Inoltre siamo molto contenti delle nuove bici Look, siamo passati alle ruote Campagnolo e alle gomme Vittoria e devo dire che si sente subito la differenza. Tutti abbiamo reagito tipo «wow, è pazzesco quanto sia più veloce». E questo fa la differenza.

Le tue vittorie sono state molto importanti per il ranking del team, qual è l’atmosfera in squadra, c’è paura di perdere il WorldTour?

Durante l’inverno ci hanno detto che è un anno molto importante per noi. Decisivo per il team. Ma quando corri cerchi di non pensarci. Io cerco sempre di fare del mio meglio. E quando fai del tuo meglio i punti sono la naturale conseguenza. In questo è coinvolta l’intera squadra, non basta l’uomo che vince, tutti devono dare il loro contributo se vogliamo raggiungere la salvezza. Anche l’Astana è molto forte, anche loro stanno vincendo, anzi nel ranking volano e questo non va bene per noi. Hanno avuto una grande partenza. Ma finché continuiamo a vincere e continuiamo a pedalare come stiamo facendo ora, penso che possiamo salire ancora un po’ per prendere le squadre davanti a noi.

Due vittorie e ben 19 top 10 per il belga. Qui è 3° nello Sparkassen Munsterland Giro dietro Philipsen
Due vittorie e ben 19 top 10 per il belga. Qui è 3° nello Sparkassen Munsterland Giro dietro Philipsen
Ora ti aspettano le classiche, quale ti piace di più e perché?

E’ difficile da dire, finora non ho avuto molta fortuna nelle classiche di primavera. A me istintivamente piace la Roubaix, quando arrivi sul pavé con la gente e tutti che ti urlano contro e vai così veloce, dimentichi quanto stai soffrendo. E’ davvero pazzesco sentire quanta gente c’è ai lati della strada. Quindi amo davvero quella corsa e spero di poterla vincere un giorno.

Quest’anno correrai il primo grande tour, il Giro d’Italia. Avresti preferito essere al Tour de France, pensi che le volate saranno diverse da quelle francesi?

Per ora sono nella squadra per la corsa rosa, ma è ancora presto, preferisco pensare a obiettivi più vicini. Come prima grande corsa a tappe però sarei contento di affrontare il Giro, dove vorrei essere protagonista negli sprint, centrare bei risultati sempre per il discorso di prima. Tutti dicono che il Tour è di un altro livello, un po’ più difficile e soprattutto è molto nervoso. Sento dire che è un’esperienza che ti cambia. Poi quest’anno si arriverà a Lille che è il quartier generale della Cofidis, lì si dovrà fare una grande gara. Per me comunque è indifferente, sarei felice con entrambi. Se riesco a concludere il Giro e ad avere una bella sensazione e a diventare più forte quest’anno, allora forse l’anno prossimo potremo fare il Tour.

Fretin è alla Cofidis dallo scorso anno. Il team francese gli ha fatto firmare un quadriennale
Fretin è alla Cofidis dallo scorso anno. Il team francese gli ha fatto firmare un quadriennale
Tu sei  uno dei tanti giovani belgi che stanno emergendo, qual è il vostro segreto per essere così tanti?

Questa è una bella domanda. Non so se c’è un segreto. Sicuramente abbiamo un sacco di squadre qui e un sacco di belle gare da affrontare, che ti costruiscono sin da quando hai 15 anni. Impari davvero che cosa sia il ciclismo. Hai gli sprint, hai altre gare, hai i venti trasversali. Poi il ciclismo in Belgio è molto popolare, quasi al livello del calcio. E con tante squadre a disposizione puoi crescere bene. Poi è importante che tu abbia un buon allenatore che ti faccia continuare a fare passo dopo passo. E anche in questo siamo molto avanti.

Che obiettivi ti poni per quest’anno?

Come velocista vuoi prendere più punti possibili. Quindi in ogni gara che inizio voglio vincere e la squadra si aspetta che io ottenga buoni risultati per vincere. Se poi arrivasse una vittoria al Giro, la mia stagione sarebbe perfetta…