Meccanici Movistar al lavoro, Formolo ragiona su bici e velocità

04.06.2025
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MORBEGNO – Il lavorìo dei meccanici attorno alle bici della Movistar ha richiamato l’attenzione di una troupe che sta girando immagini sulla vita quotidiana delle squadre al Giro d’Italia. Manca solo il controllo delle pressioni e poi le Canyon blu saranno pronte per la tappa.

Formolo scende dal pullman a rilento, con il passo di chi ne ha già viste tante ed è pronto e quasi rassegnato per vederne altre. Il Giro della squadra spagnola vive attorno alla classifica generale di Einer Rubio, che ha difeso con i denti il suo piazzamento nei primi dieci.

«Le prime due settimane sono volate – dice Formolo – ogni giorno c’è stato qualcosa di interessante da vedere. A casa deve essere piaciuto parecchio, perciò anche noi in gruppo ci siamo divertiti. Insomma – sorride – relativamente divertiti. Diciamo che non ci siamo mai annoiati. Io poi ho vissuto anche alcuni momenti emozionanti. Uno su tutti: la tappa di Brentonico. In quei posti ho i primi i primi ricordi di mio nonno. Andavamo sempre lassù a giocare e mi portava sempre al parco giochi a prendere un po’ un po’ di fresco. Un posto veramente speciale per me…».

La troupe al lavoro sulle bici del Movistar Team al via da Morbegno
La troupe al lavoro sulle bici del Movistar Team al via da Morbegno

Un Giro sempre a tutta

Il Giro senza un dominatore come Pogacar, che lo scorso anno all’inizio della terza settimana aveva già più di 6 minuti sul secondo, ha reso tutto meno ordinato. Ogni giorno una battaglia per conquistare le posizioni e le medie inesorabilmente sono cresciute di conseguenza.

«I numeri si sono visti già la prima settimana – annota seguendo il filo del discorso – quando eravamo in Albania. La salita del terzo giorno era lunga mezz’ora e l’abbiamo fatta praticamente 5,8-6 watt per chilo. Se non sbaglio siamo arrivati in 80 corridori, ma solo qualche anno fa con quei numeri si vinceva il Giro. E questo ha fatto capire già da allora quanto sia stato alto ogni santo giorno il livello in questo Giro d’Italia. Differenze minime che sono diventate enormi. Abbiamo visto un Van Aert molto sofferente in alcune tappe e poi vincere una delle frazioni più dure sulle strade bianche. Questo fa capire quanto siano tutti vicini e quanto sia sottile la differenza fra vincere e staccarsi dal gruppo dei migliori».

Movistar, pronti a partire

E’ un continuo limare, fatto di attenzioni a tutto. Non puoi mollare nulla, al punto che persino le interviste nel giorno di riposo vengono centellinate. La vita del corridore del Giro è monastica e chiusa. Nella bolla i tempi sono scanditi da tutto ciò che serve per ottenere il meglio da sé: rituali quasi ossessivi cui il ciclismo si è consegnato e ai quali difficilmente potrà sottrarsi. Intanto i meccanici della Movistar hanno finito di lavorare e le bici sono pronte.

«Le squadre studiano molto anche il mezzo meccanico – prosegue Formolo intercettando il nostro sguardo – anche tre soli corridori in fuga fanno 47 di media, se per sbaglio vanno in fuga in otto le medie sono veramente impressionanti e le bici fanno sicuramente una buona parte. Da quando sono arrivati i freni a disco e si è iniziato a lavorare sulla leggerezza, cercando di raggiungere ugualmente i 6,8 chili, si è livellato tutto verso l’alto. Anche una bici standard con i dischi pensa sui 7 chili. Forse una volta erano più leggere, ma a livello di prestazioni globali, adesso sono delle vere macchine da corsa».

Quanta bellezza in questa foto! Con Formolo, la moglie Mirna e i figli Chloe e Theo
Quanta bellezza in questa foto! Con Formolo, la moglie Mirna e i figli Chloe e Theo

Aero anche in salita

La tappa che li attende è veloce, diciamo, comprensibile che la Movistar abbia scelto di puntare su una Aeroad: aerodinamica e rigida. Ma l’orientamento delle squadre va ormai in una direzione ben precisa: l’efficienza prima di tutto. Anche in salita, dove le velocità sono ormai tali da giustificare l’uso di bici aerodinamiche.

«Anche se ad esempio Canyon offre la scelta fra Ultimate e Aeroad – dice – noi della Movistar usiamo soltanto la versione aerodinamica. Pesa leggermente di più, intorno ai 7,2 chili, però la resa anche in salita è migliore. Si sente la differenza anche in una salita al 7-8 per cento, che ormai scaliamo a 30 all’ora. Per questo nello scegliere la bici e le ruote, ma anche l’abbigliamento e la forma del casco, ci si concentra sull’aerodinamica. Una volta tutto questo non sarebbe stato possibile, oggi ci sono i dati a dire che è la scelta migliore».

Campagnolo Super Record Wireless 13, c’è tanto da raccontare

04.06.2025
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Campagnolo Super Record 2×13 è un full wireless. Oltre a quelle di un’epoca precedente, le date da segnare nel nuovo millennio di Campagnolo sono ben cinque. Nel 2000 arriva il primo gruppo a 10 pignoni. 2008 e 2018, rispettivamente con il 2×11 e 2×12. Nel 2020 Campagnolo sconfina nel gravel e lancia ufficialmente il primo monocorona 1×13, l’Ekar. Ricorderemo il 2025 per la prima trasmissione da strada con i 13 rapporti posteriore e doppia corona anteriore. E’ il Super Record Wireless.

Sbirciato al Giro d’Italia (montato sulla Look di Stefano Oldani), il nuovo Campagnolo Super Record 2×13 è più veloce della precedente generazione Wireless (datata 2023), leggero ed efficiente, con un prezzo di listino inferiore. Sui manettini tornano i pulsanti interni/laterali per la deragliata della catena e la trasmissione è completamente customizzabile. 4 combinazioni per le cassette posteriori e ben sette quelle delle corone. Ma non finisce qui, perché il nuovo SR 2025 vuole essere un gruppo tuttofare, anche con la monocorona (che arriverà a fine estate). La spaziatura necessaria per i pignoni posteriori è la medesima del 12 velocità con corpetto N3W. A prescindere dalla configurazione si è puntato sulla semplificazione dell’intero sistema e sulla velocità della cambiata nella sua totalità. Entriamo nel dettaglio.

Stefano Oldani, al Giro, ha usato il 13 velocità nuovo
Stefano Oldani, al Giro, ha usato il 13 velocità nuovo

Super Record, nasce 2×13 ma…

Non si tratta solo di un gruppo, ma di una piattaforma identificabile nelle 13 velocità posteriori che allarga in modo esponenziale il concetto di interpretazione ed impiego. Questo grazie alle guarniture con la doppia corona e all’ampio range dei pignoni, grazie alla possibilità di configurazione con la corona singola anteriore. Sì, il nuovo Campagnolo Super Record è anche 1×13. Strada, crono e anche gravel, con un deragliatore dedicato che integra una frizione appositamente sviluppata. La configurazione gravel 1×13 supporta pignoni fino a 48 denti. In totale, il nuovo Super Record ha/avrà in gamma tre differenti deragliatori.

Il sistema segue la tendenza attuale che accosta l’utilizzo della monocorona (ma 12 rapporti posteriori sono pochi per una sfruttabilità a tutto tondo) al classico doppio plateau, dove l’aggiunta di un pignone può offrire ulteriori vantaggi e minimizzare una volta di più “i buchi” degli sviluppi metrici. E poi, a parità di configurazione, il 13 velocità è più leggero, 2.435 grammi, rispetto ai 2.520 grammi del Wireless 12. Il nuovo Campagnolo Super Record Wireless è meno costoso, rispetto al precedente 12. 4.300 euro di listino senza power meter (rispetto ai 5.200 del Wireless precedente), 5.399 euro con il misuratore.

Pignoni, corone e pedivelle

Rispettivamente 10-33 e 10-29, 11-32 e 11-36. 45-29 e 48-32, 50-34 e 52-36, 53-39 e 54-39, 55-39 le combinazioni per le corone. Per quanto concerne i pignoni (ogni cassetta è composta da tre blocchi in acciaio, arriveranno in seguito quelli in titanio), il design mutua l’esperienza fatta con Ekar, per quanto concerne rigidità, durata e adotta una nuova finitura per una cambiata precisa anche sotto pressione. Le svasature ed i profili di ogni singolo pignone sono stati ridisegnati per aumentare la velocità della cambiata e della deragliata.

Le pedivelle sono in carbonio, come vuole la tradizione Super Record, mentre l’asse passante è Ultra Torque (separata in due parti, tra pedivella sinistra e destra) in titanio. Le guarniture sono disponibili in configurazione standard, oppure con il power meter HPPM. Le lunghezze disponibili sono quattro: 165 e 170 millimetri, 172,5 e 175, tutte con un fattore Q di 148,5.

Design alleggerito e più efficienza

Deragliatore e bilancieri sono stati completamente riprogettati, prima di tutto per quello che riguarda il disegno. Il deragliatore è stato “smagrito” nel corpo centrale (è in carbonio e integra la batteria, ora con un’autonomia dichiarata che arriva a 750 chilometri) ed ha una gabbia più ampia, sempre in carbonio, ma capace di un range molto ampio di pescaggio, da 29 a 55 denti (tantissimo).

E’ stato assottigliato e sfinato anche il posteriore, meno ingombrante, con pulegge a 14 denti ciascuna (con denti dalle forme differenziate, la superiore ha le sfere ceramiche) ed è stato reso maggiormente attuale, grazie ad un’interfaccia ottimale con supporti UDH. La puleggia superiore è disegnata per lo scorrimento ottimale della catena, quella inferiore agisce sulla tensione di quest’ultima. Il bilanciere del nuovo Campagnolo Super Record è in carbonio.

In totale ogni shifter ha 4 pulsanti, tre completamente customizzabili nelle funzioni
In totale ogni shifter ha 4 pulsanti, tre completamente customizzabili nelle funzioni

Torna la leva interna (ora è un pulsante)

Completamente ridisegnati i comandi: dalle leve fino ad arrivare alla camera idraulica, con un’ergonomia pronunciata. Mutuano il nome Ergopower dalla famiglia degli shifter Campagnolo Super Record, hanno un frontale più magro e meno impattante verso lo spazio, ma al tempo stesso è stata aumentata la superficie di appoggio del palmo delle mani. Le leve hanno una curvatura dedicata alla semplificazione dell’azione della frenata che, offre dei vantaggi nell’applicazione (ridotta) della forza. Nel complesso, il design è stato concepito con le nuove regole UCI ed in modo da abbinarsi ai manubri integrati con flare laterale.

Un pulsante (scaricato al centro) all’interno della leva freno ed il bottone interno al corpo del manettino, una sorta di ritorno al passato, ma in chiave moderna. E poi ci sono i due piccoli pulsanti aggiunti dedicati al settaggio della trasmissione e abbinamento alla app Campagnolo. La trasmissione può sfruttare 6 pulsanti in totale (3 per ogni shifter), sottolineando una volta di più che tutto è configurabile a piacere tramite la app. Per gli amanti dei numeri: è stato ridotto drasticamente il numero di componenti per un singolo manettino, passando dai 74 della versione precedente ai 36 di quella attuale. Inoltre, per la completa risalita della catena (dal pignone più piccolo e quello più grande) ci vogliono solo 2,1 secondi (che si riducono a 1,9 per una discesa completa).

Campagnolo

Cattani al Giro Next Gen: una freccia in più nell’arco di Chicchi

04.06.2025
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Della doppia trasferta in suolo francese della Technipes #InEmiliaRomagna ve ne avevamo parlato qualche giorno fa. Francesco Chicchi e i suoi ragazzi sono andati oltre confine per sfruttare il lavoro fatto in altura e per mettere a punto gli ultimi ritocchi prima del Giro Next Gen. Se alla vigilia della Ronde de l’Isard, la prima delle due corse a tappe in programma, il piano era chiaro ora lo è ancora di più. La formazione continental è uscita dalla corsa a tappe transalpina con una grande prova di Alessandro Cattani (in apertura foto Instagram/Alessandro Cattani). Un quinto posto in classifica generale che dà tanto morale in vista del Giro Next Gen che partirà il 15 giugno da Rho. 

La Ronde de l’Isard è stata la prima delle due trasferte in Francia per la Technipes #InEmiliaRomagna (foto Florian Frison)
La Ronde de l’Isard è stata la prima delle due trasferte in Francia per la Technipes #InEmiliaRomagna (foto Florian Frison)

Francia, Campania e Lombardia

Francesco Chicchi è ancora in macchina quando lo chiamiamo, ormai ci siamo abituati a interviste con in sottofondo il rumore della strada che scorre veloce. Il diesse toscano e i suoi stanno andando al Giro di Campania, da qui uscirà il quinto e ultimo nome per la corsa rosa under 23. 

«In Campania – racconta il diesse – correranno Meccia, Bolognesi, Dapporto, Gabelloni e Toselli. Uno di questi verrà al Giro Next Gen e si unirà a Bagnara, Cattani, Archetti e Martini. Al Giro Next Gen il nostro riferimento rimane Bagnara, ma vista l’ottima prestazione di Cattani in Francia è ovvio che avrà qualche grado in più».

Cattani nei cinque giorni di corsa si è ben comportato conquistando il quinto posto in classifica generale (foto Florian Frison)
Cattani nei cinque giorni di corsa si è ben comportato conquistando il quinto posto in classifica generale (foto Florian Frison)
Ti aspettavi una prova così buona da parte di Cattani alla Ronde de l’Isard?

Sulle sue qualità ci ho creduto e ci credo molto. Già la scorsa stagione, quando correva nel team Rime Drali, aveva fatto dei test da noi e aveva mostrato ottimi numeri. Ma tra essere molto forte su carta e riuscire a trasferire il tutto su strada c’è una grande differenza. Tanti corridori hanno buoni dati ma non si sono ancora fatti vedere in corsa. 

Secondo te Cattani cosa ha trovato?

Un ambiente giusto per le sue qualità e per la sua personalità. Sicuramente il lavoro con il nostro preparatore, Malaguti, gli ha dato quel qualcosa in più. Anche nel team si trova bene e mentalmente lo vedo libero. Posso dire che per il 2025 lui e Bagnara sono i nostri punti di riferimento.

Il risultato di Cattani è stato un bel segnale per il team e i compagni (foto Florian Frison)
Il risultato di Cattani è stato un bel segnale per il team e i compagni (foto Florian Frison)
Con quali ambizioni?

Di farli crescere e insegnare loro come si tiene in mano la squadra in corsa. Durante il ritiro in altura con Cattani ho fatto lo stesso lavoro che ho fatto con Bagnara, ho cercato di fargli capire che sono loro a dover trascinare i compagni. In Francia ho avuto una bella risposta da Cattani.

Raccontaci…

Nella seconda tappa, nella quale ha vinto Widar, è stato lui a chiedere ai compagni di alzare il ritmo in testa alla corsa. Devo ammettere che mi sono esaltato. E’ stato bello e mi ha fatto vedere che ha capito cosa voglio trasmettere. C’era Widar, il più forte e colui che poi ha vinto la generale, ma Cattani non ha avuto paura. All’80 per cento non avremmo vinto ma l’idea è quella giusta: provare a vincere. 

Jarno Widar scatta, Cattani è l’unico che prova a seguirlo mostrando coraggio e intraprendenza (foto Florian Frison)
Jarno Widar scatta, Cattani è l’unico che prova a seguirlo mostrando coraggio e intraprendenza (foto Florian Frison)
E’ importante anche per i compagni?

Certo. Anche perché vedono che c’è qualcuno capace di tenere in mano la situazione e tutti si mettono a disposizione volentieri. Avere un gruppo unito ti permette di fare determinate cose. Quest’anno abbiamo deciso di prendere parte a corse impegnative nelle quali vincere è difficile ma si tratta del miglior modo per crescere e imparare. Credo che per i compagni di squadra avere un corridore forte e in grado di gestire la gara sia importante

Perché?

Perché si riesce a pensare come un gruppo e non come singoli. Al posto di cercare un quindicesimo posto personale ci si mette a disposizione per trovare il risultato pieno, o almeno provarci. 

Alla Ronde de l’Isard il livello era alto, si è trattato di un bel banco di prova in vista del Giro Next Gen (foto Florian Frison)
Alla Ronde de l’Isard il livello era alto, si è trattato di un bel banco di prova in vista del Giro Next Gen (foto Florian Frison)
Arrivate al Giro Next Gen con quale idea?

Che i primi tre giorni metteranno già tutti i corridori in fila. Si parte con una cronometro tecnica e corta per poi affrontare due tappe toste. Il terzo giorno si arriva in cima al Passo del Maniva, chi ha gambe rimane con i migliori. Vogliamo correre da protagonisti e provare a vincere una tappa, ma sarà la strada a decidere il nostro destino.

Allora restiamo in attesa del quinto nome e in bocca al lupo per il Giro di Campania.

Crepi!

L’urlo di Covi, ripartito dopo due anni di dolore…

04.06.2025
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In 32 giorni di gara, Alessandro Covi ha finora ottenuto 2 vittorie e 9 top 10. Numeri da primattore, ma si era capito sin dall’inizio dell’anno, da quel 4° posto al GP Castellon quand’eravamo ancora a gennaio che questo è un Covi diverso, più maturo, più voglioso di assumersi certe responsabilità. Il piemontese di Borgomanero è quasi sorpreso nel vedere tanta attenzione su di lui, soprattutto per la considerazione di come questi risultati lo proiettino fra gli italiani più in vista della stagione, quasi come un paladino della faticosa rinascita del ciclismo tricolore.

Il corridore della UAE è in questi giorni in Slovenia e oggi inizierà la sua fatica in una corsa a tappe, l’ennesima della sua stagione. Nell’interrogarlo alla vigilia della corsa la prima domanda verte su che cosa è cambiato per averlo portato a questa costanza ad alto livello e la sua risposta è all’insegna della semplicità.

Finora Covi ha conquistato già due vittorie, in Spagna e al Giro d’Abruzzo, con 9 Top 10
Finora Covi ha conquistato già due vittorie, in Spagna e al Giro d’Abruzzo, con 9 Top 10

«Non ho avuto grossi problemi finora, mi sono potuto preparare con calma come non era avvenuto nelle ultime due stagioni. Nel 2023 ho avuto la mononucleosi, poi problemi vari ai tendini l’anno scorso, quando mi ero ripreso ecco arrivare il covid. Insomma, non ho avuto pace. Salvo un piccolo problema a inizio anno, risolto abbastanza in fretta, ho trovato continuità con gli allenamenti e questo ha portato al Covi attuale».

C’è stato un momento in questa stagione nel quale hai sentito che era scattato qualcosa in te?

Io direi che dobbiamo risalire al luglio dell’anno scorso, al trauma cranico che aveva sugellato quel brutto periodo. Da lì mi sono messo in testa che avevo bisogno di tempo per me stesso, per avere una base di allenamento di almeno un mese. Dovevo ripartire, ma con calma, resettare tutto. Per innanzitutto star bene fisicamente, poi tornare a fare buone performance. Ho sempre creduto però che questo è il mio livello e anzi penso di poter crescere ancora tanto.

Per Covi due anni di forti difficoltà, con una sequela di malanni e incidenti che avevano minato il suo morale
Per Covi due anni di forti difficoltà, con una sequela di malanni e incidenti che avevano minato il suo morale
L’impressione è che il calendario scelto dalla UAE per te ti si addica in questa fase della tua carriera…

Sì, diciamo che appunto dopo due anni molto duri, fisicamente ma a livello psicologico soprattutto, serviva un calendario un po’ più soft, dove potevo ritrovare il ritmo, la fiducia in me stesso. Sapevo che era solo questione di tempo e soprattutto che doveva terminare il periodo di sfortuna. Facendo questo calendario fatto di brevi corse a tappe, ho ritrovato serenità e costanza di rendimento e sono arrivati dei buoni risultati.

Che effetto ha fatto vedere il Giro d’Italia da lontano, tu che hai vinto la tappa nel 2022?

Non è stato facile. Quando ho visto la presentazione mi ricordo che ero a casa, a Monaco. E non essere lì mi è dispiaciuto molto, poi ovviamente penso che comunque in quei giorni sono andato a correre in Ungheria, ho colto un buon risultato, quindi posso essere contento, ma un palcoscenico come quello della corsa rosa, per un italiano, è unico e manca tantissimo. In questo momento della mia carriera era comunque la scelta giusta da fare.

In Norvegia il corridore di Borgomanero ha corso in supporto del leader Christen
In Norvegia il corridore di Borgomanero ha corso in supporto del leader Christen
Tu hai colto ultimamente il secondo posto in Ungheria e l’undicesimo posto domenica al Giro di Norvegia, due corse diverse come caratteristiche…

Sì, in Ungheria, dopo la caduta di Torres, mi sono ritrovato come leader della squadra e credo di aver finalizzato bene il lavoro di tutti. In Norvegia invece correvo a supporto di Jan Christen che ha fatto podio. In entrambe le occasioni ho dimostrato comunque di star bene di condizione e sono riuscito ad aiutare bene Ian nella tappa decisiva per la classifica. Invece in Ungheria ero riuscito a cogliere un buon risultato per me.

Tu eri andato molto bene anche nel 2022, avevi vinto due volte in Spagna e la tappa al Giro d’Italia. Tra queste due stagioni quale preferisci?

E’ facile la risposta. Per un italiano vincere una tappa al Giro vale quasi una carriera, tanti non ci riescono, è qualcosa che mi porto dentro. Ora voglio che quelle emozioni si ripetano, lavoro per questo.

Alessandro sul Passo Fedaia: quella fuga vittoriosa al Giro d’Italia 2022 resta la perla della sua carriera. Per ora…
Alessandro sul Passo Fedaia: quella fuga vittoriosa al Giro d’Italia 2022 resta la perla della sua carriera. Per ora…
Nel team come stanno interpretando questi risultati?

Penso che è quello che cercava il team da me in questa stagione, questo tipo di calendario è stato studiato perché mi ritrovassi. Il morale si era un po’ perso in questi ultimi due anni, l’obiettivo era raccogliere più punti possibile. Penso che stia dando le risposte che ci si aspettavano da me.

Al Giro di Slovenia, con che prospettive ti presenti tu e si presenta il team?

Qua abbiamo Molano per le volate nelle tappe pianeggianti, poi Grosschartner curerà la classifica, ma in caso di arrivi ristretti, se la gara viene fuori un po’ nervosa, magari possiamo giocarci la tappa io e Morgado. Diciamo che fungeremo un po’ da battitori liberi.

In previsione per l’estate non ci sono né Tour né Vuelta, ma classiche del WT e altre corse a tappe
In previsione per l’estate non ci sono né Tour né Vuelta, ma classiche del WT e altre corse a tappe
Nel proseguo di questa stagione, all’orizzonte per te che cosa c’è? Magari un grande giro o la possibilità di una convocazione in maglia azzurra per una prova titolata?

I Grandi Giri quest’anno non sono in programma, proprio per tener fede a quel processo di rinascita. Avrò altre gare in calendario sempre più o meno simili a quelle che ho avuto finora, con gare WT a San Sebastian, Amburgo, poi in Cina a ottobre. All’azzurro come potrei non pensarci? Lo faccio da quando sono passato professionista e quindi sarebbe solo un onore. So che Villa mi segue e ogni tanto mi scrive. Se pensa che possa essere d’aiuto in qualche modo, a me farebbe solo piacere.

Il primo Giro di Busatto, fra mal di gambe e la scoperta di sé

04.06.2025
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ROMA – Il primo Giro di Francesco Busatto, nel suo secondo anno di WorldTour, ha il buon sapore del quarto posto di Tirana nel giorno del debutto, accompagnato anche dal primo cartellino giallo. In quei giorni di inizio corsa è stato come se i giudici preposti alle ammonizioni abbiano voluto far capire chi comandasse e poi, una volta fatto passare il messaggio, si siano chetati. A 22 anni e con un trolley pieno di speranze, il vicentino è partito per la corsa rosa senza sapere più di tanto cosa aspettarsi, ma con la curiosità di scoprirlo.

Che cosa ti aspettavi dal primo Giro?

In realtà già finirlo era sarebbe stato buon obiettivo. Essendo il primo, sono arrivato in corsa con la prospettiva di uscirne meglio e secondo me è andato molto bene. Sono riuscito a fare un buon risultato nella prima tappa e poi mi sono messo un po’ in evidenza nell’ultima settimana. Mi sono anche un po’ sorpreso che comunque, essendo veramente stanco, avessi ancora le gambe per farlo. Ma alla fine è così per tutti, però personalmente non lo avevo mai provato.

Come descriveresti la fatica di svegliarsi ogni giorno, fare i conti col mal di gambe e cercare degli obiettivi?

Diventa quasi una routine. Sono le prime pedalate a inizio tappa quelle in cui si sente veramente un gran mal di gambe, però sei obbligato a seguire gli altri e poi, chilometro dopo chilometro, cominci a stare sempre meglio. Alla fine scopri che le gambe le hai, quindi è una fatica comune a tutti quanti ed è davvero una gran fatica (sorride, ndr).

Per un giorno in maglia bianca, ecco Busatto nella crono di Tirana, dopo il quarto posto della prima tappa
Per un giorno in maglia bianca, ecco Busatto nella crono di Tirana, dopo il quarto posto della prima tappa
C’è stato un momento in cui stavi per mollare?

No, però c’è stato un momento in cui ero parecchio in difficoltà dopo la seconda caduta. Non ho fatto tanta fatica a finire le tappe successive, diciamo quelle subito dopo. Però ho iniziato a dormire male, riposarsi bene è diventato parecchio impegnativo e lì lo sforzo è stato soprattutto mentale. Però sono riuscito a passare anche questo e qualora dovesse ricapitarmi una cosa di questo genere in futuro, saprei di dover tenere duro, perché un Grande Giro è lungo e può succedere di tutto.

Con i compagni si crea un rapporto speciali in questi 21 giorni?

Il Giro unisce. Siamo una squadra e siamo tutti nella stessa barca, la fatica è per tutti. Ci aiutiamo a vicenda e questo crea un bel clima di amicizia.

C’è stato un giorno in cui durante il Giro hai visto un bel Busatto?

Sicuramente nella prima tappa, in cui ho ritrovato un buon livello che nelle settimane precedenti facevo fatica ad avere. Insomma, dopo un inizio di stagione difficile, quel quarto posto mi ha dato molta motivazione e la consapevolezza che sono periodi che si attraversano continuamente. Per cui non bisogna cedere di testa, ma bisogna tenere duro perché prima o poi se ne esce.

Piazzola sul Brenta, a pochi chilometri da Bassano. Piove, ma a Busatto arriva il calore di casa
Piazzola sul Brenta, a pochi chilometri da Bassano. Piove, ma a Busatto arriva il calore di casa
Ad aprile non eri parso molto ottimista sul tuo futuro immediato, è bastato riallenarsi bene per riprendere il filo?

Penso che finalmente abbiamo trovato il giusto bilanciamento tra allenamento e riposo e questo mi ha dato tutta un’altra gamba. E poi ho fatto un bel periodo in altura a Sierra Nevada, dove non ho mai avuto alcun tipo di acciacco, nessuna influenza. E’ andato tutto liscio e questo mi ha permesso di trovare anche un’ottima condizione.

Quindi è vero che il Grande Giro fa crescere il motore?

Secondo me sì, sia per una questione fisica sia per una questione mentale. Ci si abitua a fare fatica ogni giorno.

Si dice che per tenere botta così a lungo serve evitare gli inutili sprechi di energia: è davvero così?

In realtà non penso di aver mai fatto niente di estremo. Alla fine si va sempre a tutta e ogni tappa sembra una corsa di un giorno, come se non ci fosse un domani. Per cui quello che fanno gli altri, lo fai anche tu perché sei obbligato. In questo modo inizi a prendere anche un certo modo di correre che non è proprio al risparmio, diciamo, però ti dà sicuramente un’altra condizione.

Cesano Maderno, Busatto 13°: si piazza secondo nello sprint del gruppo alle spalle di Denz che ha vinto
Cesano Maderno, Busatto 13°: si piazza secondo nello sprint del gruppo alle spalle di Denz che ha vinto

Il programma prevede ora due impegni a metà giugno: il Grosser Preis des Kantons Aargau il 13 giugno e il Giro dell’Appennino del 24, poi si vedrà quali saranno gli effetti del Giro sul giovane bassanese. La sensazione, incontrandolo alla fine del viaggio, è che sia già un po’ più grande. Forse fra qualche mese Francesco scoprirà che sono cambiate anche le gambe, ma intanto lo sguardo e l’essenzialità delle parole dicono che il ragazzo si sta facendo grande. E forse per tornare a ottenere i risultati di quando era un under 23 serviva proprio una fatica così grande.

Belletta: un faro per Amadori e ora il Next Gen con la Solme Olmo

03.06.2025
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Nelle ultime due prove di Nations Cup il filo conduttore per la nazionale di Marino Amadori è stata la presenza di Dario Igor Belletta, oltre ai risultati ottimi raccolti prima in Polonia e poi in Repubblica Ceca. Il profilo del lombardo, passato a inizio stagione dalla Visma Lease a Bike Development alla Solme-Olmo ha avuto sicuramente risalto nelle trasferte azzurre. Il suo arrivo nel team di Giampietro Forcolin e il cammino verso il prossimo Giro Next Gen sono stati temi importanti per il cittì Amadori, il quale ha voluto puntare tanto sul ventunenne lombardo (in apertura foto Tomasz Smietana). 

Ora Belletta si trova in ritiro proprio con la Solme-Olmo per rifinire la condizione in vista del Giro Next Gen

«Si tratta dell’appuntamento principale della stagione – ci racconta subito – perché per un ragazzo italiano non credo ci sia gara più importante. Le gare con la nazionale under 23 mi hanno dato una grande mano per migliorare e presentarmi in buona condizione al via di Rho, che tra l’altro è a pochi chilometri da casa mia (Belletta è nato e vive a Magenta, ndr)».

Dario Belletta il terzo da destra, ha corso entrambe le prove di Nations Cup con la nazionale U23, qui in Polonia (foto Tomasz Smietana)
Dario Belletta il terzo da destra, ha corso entrambe le prove di Nations Cup con la nazionale U23, qui in Polonia (foto Tomasz Smietana)

Maggio azzurro

Il mese di maggio è stato un importante crocevia per Amadori che ha potuto vedere i suoi ragazzi all’opera e prendere appunti in vista degli appuntamenti cardine della stagione azzurra. Le risposte arrivate in Polonia e Repubblica Ceca hanno messo in evidenza le qualità del gruppo under 23 che ha trovato un equilibrio importante sia in corsa che fuori. Una parte del merito è da attribuire anche Dario Igor Belletta.  

«Ci siamo divertiti – dice – e abbiamo fatto divertire. Torniamo a casa con due top 3 in classifica generale (Mellano e Turconi in Polonia e Gualdi in Repubblica Ceca, ndr). L’opportunità di correre entrambe queste gare con la nazionale mi ha fatto molto piacere e devo dire grazie a Marino Amadori. Gli ho scritto l’altro giorno, lunedì, una volta tornati a casa. L’ho ringraziato dicendogli che mi sarebbe piaciuto fare qualcosa per ricambiare la fiducia. Mi ha risposto che vuole vedermi lottare al Giro Next Gen».

Dopo un avvio di stagione a rilento la condizione è migliorata gara dopo gara e queste due corse a tappe sono state fondamentali (foto Tomasz Smietana)
Dopo un avvio di stagione a rilento la condizione è migliorata gara dopo gara e queste due corse a tappe sono state fondamentali (foto Tomasz Smietana)
Quindi il prossimo obiettivo è già nel mirino?

Assolutamente, nei prossimi giorni visionerò le prime due tappe, ma il Giro Next Gen sarà ricco di occasioni. Mi piace molto la seconda frazione, che arriva a Cantù, ma per il resto ci sono tante tappe adatte a corridori come me.

Dopo un inverno senza giorni di corsa quanto era importante trovare il ritmo in gruppo?

Tanto. Sapevo di non essere nella mia miglior condizione ma sono contento di aver messo nelle gambe due gare a tappe internazionali e di aver aiutato i miei compagni. Sono riuscito a fare quello che mi aveva chiesto Amadori e ne sono contento, anzi ho fatto anche leggermente meglio di quello che mi sarei aspettato. Magari ho sacrificato qualche risultato ma era la cosa giusta da fare per cercare di ottenere il meglio come squadra. 

Un bel modo per rientrare, stare accanto a compagni giovani e talentuosi. 

Mellano, Turconi e Gualdi sono ragazzi forti, molto. Mi è piaciuto ricoprire questo ruolo che sento mio. Per motivi fisici, visto che peso 75 chili e sono alto 187 centimetri, fare classifica è difficile. Far vedere che sono capace di condurre una gara in supporto e farmi trovare pronto è una bella cosa e penso sia un biglietto da visita anche per una chiamata nel professionismo. Tante squadre cercano un profilo come il mio. 

C’è qualcosa che senti di avergli trasmesso?

A livello atletico sono validi ma non si erano mai trovati in situazioni di corsa del genere in cui sei chiamato a fare classifica e guidare una squadra in gare internazionali. Hanno risposto bene conquistando piazzamenti davvero di ottimo rilievo. Sono ragazzi di grandissimo talento e adesso dovrò affrontarli al Giro Next Gen da avversari, non sarà semplice ma avremo obiettivi diversi. 

Per Belletta il miglior risultato in stagione è stato il secondo posto alla Milano-Busseto, ora al Giro Next Gen vuole ripagare la fiducia della Solme-Olmo (photors.it)
Per Belletta il miglior risultato in stagione è stato il secondo posto alla Milano-Busseto, ora al Giro Next Gen vuole ripagare la fiducia della Solme-Olmo (photors.it)
Ora avrai anche spazio per cercare un risultato personale e ripagare anche la fiducia della Solme-Olmo?

Penso che per la squadra sia stato bello avere un corridore presente a entrambe le prove di Nations Cup. Però sì, ora ho la possibilità di raccogliere qualche risultato con la loro maglia. Al Giro Next Gen la squadra non parte con ambizioni di classifica, quindi saremo liberi di muoverci. A parte le tappe del Passo Maniva e di Prato Nevoso penso di avere ottime chance. 

Come ti senti a livello di condizione?

Aver corso in due gare a tappe mi ha dato tanto. Sia in Polonia che in Repubblica Ceca sono riuscito a rimanere tante volte con i migliori anche in percorsi non tanto adatti alle mie caratteristiche. Segno che la condizione c’è. Dopo un inverno difficile dal punto di vista mentale sento di aver trovato la serenità giusta che mi sta facendo migliorare tanto. 

Gli ultimi giorni prima del via come li trascorrerai?

In maniera tranquilla insieme ai miei compagni in ritiro e poi inizierà la sfida. Sono pronto e non vedo l’ora di partire.

Lo scopritore Rodriguez e la corsa (quasi) perfetta di Del Toro

03.06.2025
5 min
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ROMA – Alejandro Rodriguez è forse colui che conosce meglio Isaac Del Toro. E’ il tecnico messicano che tanto si è battuto – e si sta battendo – per i giovani ciclisti del suo Paese. E’ in Italia ormai da diversi anni e dirige la Monex Pro Cycling, squadra under 23 sia maschile che femminile. Ed è anche grazie a lui se al Giro d’Italia abbiamo avuto questo grande protagonista.

Tanto entusiasmo, ma anche un po’ di delusione visto l’epilogo di Sestriere. «Non so cosa sia successo – ci dice Rodriguez all’ombra dei pini di Caracalla – davvero. Forse un po’ la tattica, non so cosa gli dicevano dall’ammiraglia, devo ancora vederlo. Forse non aveva tutte queste gambe, anche se non credo, visto come è andato nel finale. Però è finita così, è successo. Ma sono certo che da questa esperienza, Isaac si riprenderà e tornerà più forte».

Al netto di quanto accaduto nell’ultimo tappone, Del Toro si era comportato alla grande e con Rodriguez abbiamo fatto un’analisi tecnica del messicano durante questo Giro. Quanto è cresciuto Del Toro? Come ha corso? In sala stampa, fra i giornalisti, si notava come il capitano della UAE Emirates sembrasse crescere di giorno in giorno. Anche davanti ai microfoni. Timido le prime volte, più a suo agio poi.

Per un attimo dunque, mettiamo da parte il patatrac di Sestriere che, pur avendo condizionato la sua corsa, resta una parentesi in una competizione di 21 giorni vissuta al top.

Alejandro Rodriguez con i suoi ragazzi della Monex
Alejandro Rodriguez con i suoi ragazzi della Monex
Alejandro, come lo vedevi dalla TV?

Mi sembrava un ragazzo molto sveglio che sa correre, ben più maturo della sua età. Di certo non ho visto il ragazzino che era da noi. Ha fatto tante gare in Italia e iniziare a conoscere queste strade per me ha significato tanto per lui. L’altro giorno a Champoluc ha riconosciuto le salite e le discese che aveva percorso durante il Giro della Valle d’Aosta e per me era fiducioso. Sapeva cosa aspettarsi e cosa fare.

Ma quanto è cresciuto davvero?

Ha corso come un giovane, anche se attento, ma si vedeva la sua voglia di fare. Ha anche sprecato un pochino, ma in questa ultima settimana è davvero cresciuto, dev’essere cambiato qualcosa. Si vede che è diverso. Dobbiamo ricordare che la sua prima vittoria è stata quella al Col de la Loze all’Avenir 2023: prima di allora aveva fatto solo piazzamenti, secondo, quinto, terzo, quarto… Si vedeva che aveva qualcosa in più, eppure non aveva mai alzato le braccia. Questo perché non era preciso: commetteva sempre qualche errore tattico, di gestione dello sforzo o di posizione.

E come ti spieghi dunque questo cambiamento?

Credo sia semplice: fa parte della squadra migliore al mondo, la UAE Emirates. E ha vicino gente con tanta esperienza, uno su tutti Rafal Majka, col quale vedo che parla spesso. E poi si confronta molto con Piotr Ugrumov (tecnico della nazionale messicana, ndr). Lo segue dal 2021 ed è anche lui un uomo di esperienza. Non a caso, ho scelto l’Italia per correre coi giovani proprio perché qui s’impara molto.

Del Toro ha seguito moltissimo Majka durante questo Giro
Del Toro ha seguito moltissimo Majka durante questo Giro
Ti sei emozionato vedendolo in maglia rosa?

Eh – sospira Rodriguez – quando vinse l’Avenir, successo storico per noi, mi chiedevano perché non fossi emozionato. E io, come allora, rispondo che queste immagini nella mia testa le avevo già vissute. Me le immaginavo. Sapevo che prima o poi le avrebbe fatte e vissute. Magari non subito in questo Giro, ma ci sarebbe arrivato. Quindi in qualche modo non ho questo stupore, non sono del tutto sorpreso.

Un momento chiave è stata la reazione a Bormio. Il giorno prima si era staccato, poi ha risposto con una vittoria. E’ emersa la forza mentale del campione?

Quel giorno a Brentonico aveva perso del tempo, non so per quale motivo perché non mi intrometto, ma si è ripreso subito. E si è ripreso perché è giovane, perché Isaac ha un grande recupero. Posso immaginare che gli altri, che sono più esperti, abbiano gestito meglio il giorno di riposo (Brentonico veniva dopo il riposo, ndr), ma dopo quella faticaccia tutti si sono ristabilizzati e Isaac ha ripreso le sue forze. I livelli sono tornati quelli di prima del riposo.

Un punto di vista molto interessante…

Magari 20 anni fa non era possibile che un giovane facesse un Giro simile e che recuperasse così bene dopo una debacle, ma guardiamo anche a Giulio Pellizzari. Oggi con tutte le attenzioni che ci sono, i giovani rendono al meglio.

Del Toro e Pellizzari all’Avenir 2023. Quanto sono cresciuti da allora… (foto Tour Avenir)
Del Toro e Pellizzari all’Avenir 2023. Quanto sono cresciuti da allora… (foto Tour Avenir)
Torniamo alla tattica: hai citato l’esperienza di Del Toro al Giro della Valle d’Aosta. Anche lì salì sul podio, ma non vinse. Però un giorno recuperò oltre 4’ a Rafferty e ai primi…

Come ho detto prima è migliorato anche perché ha corso tanto in Italia. Voi stessi lo avete visto in azione in quel Valle d’Aosta. Era il più forte, ma non il più intelligente. Dormì un po’ quando partì la fuga buona. Adesso è stato spesso un gatto.

Magari è anche merito tuo se ora è migliorato, no?

Anche di Ugrumov… Diciamo che siamo soddisfatti. Ma la sua crescita non è finita. Ci fa sognare. E non sapete cosa significa per il Messico un atleta così. Il nostro Paese ha bisogno di eroi. Isaac ora è un punto di riferimento non solo per il ciclismo, ma per lo sport intero. Noi della Monex cerchiamo di far crescere i ragazzi, è il nostro DNA. Se poi ti capita un Del Toro capisci che puoi fare davvero qualcosa di buono. Non so cos’altro dire… (e qui traspare un po’ di orgoglio da parte di Rodriguez, ndr). Un anno prima dell’Avenir, Isaac aveva il femore rotto. Questa sua reazione racconta di una persona che sa superare le difficoltà e può essere un esempio per i ragazzi messicani.

Insomma, Alejandro Rodriguez se lo aspettava un Del Toro così?

Questo è il carattere di Isaac. Ricordo quando aveva 15 anni e reagiva con piglio alle difficoltà. E’ un leader e un leader sa leggere queste situazioni nella vita. Il giorno dopo che ha perso terreno rideva, perché sapeva che dentro di sé stava sfruttando una situazione positiva per lui. Ho pensato che era pazzo, ma evidentemente lui sapeva che si sarebbe ripreso e mi ha fatto capire che aveva qualcosa in testa… No, non credevo che avrebbe vinto il giorno dopo, ma sapevo che avrebbe fatto qualcosa. Quando ha detto: «Non ho niente da perdere», ho capito che avrebbe fatto bene. Perché chi non ha niente da perdere non ha limiti. E invece da perdere aveva la maglia rosa… Ma come ho detto, lui era così da quando era ragazzino.

Dal ciclocross alla caccia alla rosa, l’epopea di Kastelijn

03.06.2025
5 min
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Nella Vuelta a Burgos che ha decretato il ritorno al successo di Marlen Reusser dopo i gravi problemi fisici dello scorso anno, sul podio finale è salita Yara Kastelijn, non senza una certa sorpresa. Già, perché l’olandese eravamo abituata a vederla protagonista sui prati d’inverno, capace anche di vincere un titolo europeo nel 2019, poi una lenta e costante trasformazione che l’ha portata a essere una protagonista assoluta su strada, centrando la Top 10 alla Vuelta e conquistando il podio finale di Burgos.

L’olandese della Fenix, a 27 anni è nel pieno della sua maturazione e le sue capacità in salita ne fanno la leader di una squadra dove, non per caso, abbondano le cicliste multidisciplinari, che si dividono fra strada e ciclocross, non ultima la nostra Sara Casasola. Per lei questo inizio stagione è stato foriero di una nuovaa dimensione.

Per la 27enne di Neerkant quest’anno 26 giorni di gara e già 6 Top 10 con due podi
Per la 27enne di Neerkant quest’anno 26 giorni di gara e già 6 Top 10 con due podi

«In realtà, sono davvero contenta di aver iniziato così. A Valencia mi sentivo già abbastanza bene, ma poi all’improvviso sono crollata l’ultimo giorno ed ecco perché non sono entrata nella Top 10. Ma poi la settimana successiva ho chiuso sesta alla Strade Bianche. Quindi ho dimostrato di essere in ottima forma e penso di essermi fatta notare nelle classiche di primavera, con un’altra presenza nelle 10 a Liegi».

Il terzo posto significa che ti trovi meglio nelle corse a tappe e che stai diventando una ciclista da classifica?

Sì, in passato ero sempre un po’ nervosa prima delle gare e ho iniziato a lavorarci su durante le corse. E’ il frutto dei miei miglioramenti. Ora posso semplicemente sfruttare la mia concentrazione, divertirmi senza nervosismi. E quando mi diverto e sono semplicemente me stessa, libera da pressione o stress, ho capito di poter raggiungere livelli davvero alti. Sapevo già di potercela fare, ma è sempre molto difficile dimostrarlo. Oltretutto vedo che le condizioni climatiche più diventano difficili e più mi esalto, forse proprio per le mie radici da ciclocrossista.

Una giovanissima Kastelijn sul podio degli europei juniores 2015, nella prova a cronometro
Una giovanissima Kastelijn sul podio degli europei juniores 2015, nella prova a cronometro
Preferisci le corse a tappe o le classiche in linea?

Diciamo che mi piace sempre… la prossima corsa. In realtà mi piace che ci siano tappe lunghe, quindi preferisco pedalare per cinque ore invece di tre. Ma credo che la dimensione legata alle gare di più giorni mi sia più vicina.

Fino a un paio d’anni fa eri più conosciuta come ciclocrossista, ma nell’ultima stagione hai fatto solo 5 corse internazionali: il ciclocross è sempre più parte del tuo passato o hai ambizioni anche in quello?

Al momento non ho un’idea precisa. Abbiamo cambiato le cose circa due anni fa, in inverno, puntando più sulla preparazione su strada. Quindi abbiamo dimostrato che funziona davvero fare meno ciclocross e per ora è solo parte del mio allenamento per l’estate. Perché penso di poter essere davvero brava. E quando ci riesco, tipo l’ultima volta, riesco a concentrarmi di più. Quindi ora per me il ciclocross è più adatto come forma di allenamento. Non ci rinuncio, ma le gare voglio interpretarle così.

L’olandese ha conquistato l’oro U23 agli europei di ciclocross 2019, la sua punta sui prati
L’olandese ha conquistato l’oro U23 agli europei di ciclocross 2019, la sua punta sui prati
Tu hai iniziato prima su strada o nel ciclocross?

In realtà ero più un ciclista su strada. Mi allenavo su strada d’estate, ma non facevo molte gare. Poi ho provato il ciclocross e ho visto che andavo bene, così sono entrata nel ciclismo professionistico da quella porta, anche perché vedevo che su strada ero ancora un po’ indietro. Al tempo poi mi dicevo che era meglio fare 40 chilometri piuttosto che 120 o 140, vedevo che per emergere su strada dovevo allenarmi troppo e i risultati non arrivavano, così mi buttavo giù. Per me il ciclismo è una questione prima di tutto mentale. Il ciclocross ha avuto il grande merito di restituirmi l’amore per quest’attività.

Alla Fenix siete molte a fare doppia attività: quanto aiuta avere un inverno agonistico per preparare la strada?

Io credo di sì, fare la doppia attività ha degli indubbi vantaggi. Il ciclocross ti dà, attraverso le sue gare, quell’intensità che in un certo senso non puoi vivere altrimenti, e penso che sia semplicemente perché partecipiamo a gare di ogni tipo, a un livello di intensità elevato che ci rende più forti per la strada. E’ importante riuscire a pianificare tutto e questo è un grande merito del nostro staff, che ci segue tutto l’anno e sa dosarci d’inverno come nelle altre stagioni.

La Kastelijn sulle orme della Reusser. A Burgos l’olandese ha mostrato le sue doti di scalatrice
La Kastelijn sulle orme della Reusser. A Burgos l’olandese ha mostrato le sue doti di scalatrice
Quale pensi sia la tua caratteristica principale nel ciclismo su strada?

Penso che tutti sappiano che sono uno scalatore perché sono pessima nello sprint, ma in realtà mi piace quando do il massimo fin dall’inizio, la mia caratteristica principale è dare tutto dal primo all’ultimo metro. Niente di meglio di una gara durissima mi si addice di più.

Hai vinto due anni fa una tappa al Tour: che cosa ti è rimasto di quella giornata?

Oh sì, quel giorno è stato davvero folle. Con i miei genitori che erano alla partenza e avevo paura di deluderli. All’inizio non andava, mi dicevo «Ok, la prossima volta», poi invece ho visto che potevo provarci e ho pensato «Vai a fare spettacolo». Ho preso il comando e ho dato il massimo fino al traguardo. All’arrivo non avevo parole per esprimere la mia gioia, ne vado molto orgogliosa di quel che ho fatto. Ancora oggi quando vedo video o foto di quel giorno mi esalto.

Il giorno più bello della sua carriera, la vittoria in solitaria al Tour 2023 sul traguardo di Rodez
Il giorno più bello della sua carriera, la vittoria in solitaria al Tour 2023 sul traguardo di Rodez
Ora che cosa ti attende in questa stagione, quali sono i tuoi obiettivi?

Ho finito la mia prima prova a tappe e sono davvero felice di essere salita sul podio. Era un obiettivo. Ora sto preparando con attenzione il Giro d’Italia e non nascondo che mi piacerebbe fare lo stesso perché credo che il percorso possa esaltare le mie qualità.

Pieve di Soligo, la grande festa del Cycling Stars Criterium

03.06.2025
6 min
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PIEVE DI SOLIGO – Per capire cosa sia il Cycling Stars Criterium, ieri sera bisognava essere fuori dal bus parcheggiato nella piazza di Pieve di Soligo appena prima che uscissero i corridori. Dietro il nastro che delimitava l’area riservata agli atleti era assiepato uno stuolo di bambini in attesa di vedere da vicino i campioni che, solo il giorno precedente, avevano terminato il Giro d’Italia numero 108

Emanuel, l’operatore della tv messicana, filma un bambino che aspetta Del Toro per farsi regalare gli occhiali (spoiler: non ce la farà)
Emanuel, l’operatore della tv messicana, filma un bambino che aspetta Del Toro per farsi regalare gli occhiali (spoiler: non ce la farà)

Presente anche la televisione messicana

D’altronde il ciclismo è lo sport popolare per definizione, passa per le strade dei paesi, e non di rado i campioni erano e sono ancora degli eroi provenienti dal popolo. Lo scopo di questa kermesse è esattamente questo: riportare i campioni vicino ai tifosi, specie ai più piccoli. Mentre attendiamo anche noi assieme ai bambini facciamo due chiacchiere con un operatore televisivo dai tratti centro-americani.

Sarà mica un invitato della tv messicana venuto in Italia a seguire il fenomeno Del Toro? Lo è. Si chiama Emanuel e lavora per Televisa Mexico, l’equivalente della Rai. E’ arrivato domenica a Roma e oggi è qui perché domani ha in programma un’intervista col nuovo fenomeno della UAE Emirates. Dice che vedere un connazionale in maglia rosa, che ha quasi vinto una corsa così importante come il Giro d’Italia, ha acceso l’entusiasmo di tutto il Paese, perché lì il ciclismo è uno sport seguitissimo. 

L’uscita di Del Toro dal bus messo a disposizione dalla Soudal-QuickStep
L’uscita di Del Toro dal bus messo a disposizione dalla Soudal-QuickStep

L’entusiasmo dei bambini e le parole di Del Toro

Il fermento tra i bambini inizia già quando dal bus scende Carlos Verona, vincitore della tappa di Asiago, a cui i giovani tifosi già chiedono foto e autografi. Si mantiene alto all’arrivo di Masnada e Zana, altre foto e altri autografi. Con la discesa di Fortunato c’è un mezzo boato, quando arriva Pellizzari un boato intero e quando è il momento di Del Toro un boato e mezzo, anzi due. D’altronde questi campioni hanno una decina d’anni più di loro. A ben pensarci c’è molta più differenza d’età tra Caruso e Del Toro che tra Del Toro e un bambino di quinta elementare

Quando Del Toro percorre i pochi metri che lo portano dal bus al cancelletto che immette nel percorso facciamo a spallate con la ressa di bambini per fargli qualche domanda. Abbiamo la meglio solo per il vantaggio dato dalla stazza, non certo per la maggior determinazione. Dice che l’intenzione ad inizio Giro era quello di stare davanti, ma quello che poi è successo – tutti quei giorni in rosa, il sostegno di tutto un paese – è stato un sogno.

Gli chiediamo se sul Finestre lasciar andare Yates sia stata questione di tattica o gambe. Risponde che sicuramente c’è stata molta tattica, ma non vuole e non può cambiare il passato e quindi va bene così. Lo vedremo al Tour al fianco a Pogacar o alla Vuelta? Ancora non ha nessun programma, ora pensa solo a godersi il momento e riposare. 

Tra le donne ha vinto la campionessa europea Lorena Wiebes (foto Miriam Teruzzi)
Tra le donne ha vinto la campionessa europea Lorena Wiebes Wiebes (foto Miriam Teruzzi)

Iniziano le ostilità, ma non troppo ostili

Prima della competizione riservata ai pro’ avevano già gareggiato gli ex professionisti, dove ha vinto Alessandro Ballan, e le donne, tra le quali si è imposta la campionessa europea Lorena Wiebes davanti alla campionessa italiana Elisa Longo Borghini e Soraya Paladin

I professionisti in gara sono 22 e partono attorno alle 21,20, quando la piazza è gremita. In programma ci sono 30 giri del circuito lungo un chilometro nel centro di Pieve di Soligo. Uno dopo l’altro si alternano in testa Masnada, Verona, Mosca, Zana, Fortunato, Vendrame, Caruso, Frigo, Pietrobon, un po’ tutti i volti più noti si fanno vedere in un’azione a favore di pubblico, com’è giusto che sia. 

Lorenzo Fortunato in una fase di corsa: finirà terzo (foto Miriam Teruzzi)
Lorenzo Fortunato in una fase di corsa: finirà terzo (foto Miriam Teruzzi)

La telecronaca Mei-Cassani e lo spunto del messicano

A fare la telecronaca ci sono Davide Cassani e Paolo Mei, lo speaker del Giro. Mentre i giri passano, Cassani racconta di quella volta che ha perso la Coppa Placci per una tattica sbagliatissima assieme a Chiappucci, di quella volta (quelle volte) che ha vinto il Giro dell’Emilia, del fatto che Caruso è uno dei suoi corridori preferiti, un vero uomo squadra, tanto che l’ha portato in entrambe le Olimpiadi in cui era CT. 

Anche questo è parte del bello del Cycling Stars Criterium: sentire e vedere dal vivo una voce che la maggioranza delle persone ha sentito e visto solo in televisione. A pensarci meglio, è qualcosa di molto più simile a un concerto rock che ad una gara di ciclismo.

Un gruppetto prova la fuga e Mei chiede a Cassani: «Quante possibilità hanno di arrivare all’arrivo?».

«Poche, credo quasi nessuna».

Poi: «Davide, che rapporti usano?». «54×15, 54×14, perché in questo circuito serve rilanciare nelle curve».

Quando però Del Toro, Fortunato e Pellizzari vanno in fuga all’ultimo giro, Cassani sentenzia: «Non li prendono più». E così sarà. Del Toro (e chi sennò) ha allungato nelle ultime centinaia di metri e si è andato a prendere la 10ª edizione del Cycling Stars Criterium. Secondo Pellizzari, terzo Fortunato

Un successo condiviso

Dopo le premiazioni, e dopo aver assaggiato (bis) il famoso spiedo di Pieve di Soligo, avviciniamo Enrico Bonsembiante, che ha organizzato la kermesse assieme ad Alessandro Ballan. 

«Mi sembra sia andata benissimo – dice – oltre le aspettative, nonostante il meteo ballerino che alla fine comunque ci ha graziati. Stimiamo circa 10 mila persone venute nel corso della serata ad assistere al Criterium, quindi è stato un successone. Anche per questo dobbiamo dire grazie agli oltre 100 volontari, ai nostri partner e alle tantissime associazioni locali, a tutti quelli che ci hanno dato una mano a rendere possibile tutto questo».

Il “tutto questo” di cui parla Bonsembiante è una serata in cui il ciclismo è declinato in festa, in spettacolo, in concerto rock. Qualcosa che va oltre ad una gara in bicicletta.