Più chilometri e ore di gara nel femminile, che si adegua…

07.01.2024
6 min
Salva

I training camp di dicembre delle formazioni femminili hanno avuto tutti lo stesso leit motiv. Incamerare chilometri, fare fondo e ore di sella. E sarà così anche per quelli di gennaio. L’obiettivo è arrivare pronte ad una stagione che presenterà gare con distanze sempre maggiori e crescenti rispetto al passato.

Bertizzolo e Consonni ci hanno spiegato quanto questa tendenza porterà a diverse conseguenze in gruppo. Scelte programmate del calendario per centellinare le energie, tattiche di corsa diverse e spazio per molte più atlete, giusto per fare qualche esempio. Così prendendo spunto dalle parole delle due azzurre della UAE Team ADQ, abbiamo chiesto al cittì Paolo Sangalli il punto di vista su un tema che si è evoluto (e sta continuando ad evolversi) negli ultimi due anni.

Impresa e tattiche stravolte. Yara Kastelijn al Tour 2023 vince la quarta tappa di 177 chilometri al termine di una fuga di 150
Impresa e tattiche stravolte. Yara Kastelijn al Tour 2023 vince la quarta tappa di 177 chilometri al termine di una fuga di 150
Paolo, una tua prima impressione a riguardo?

Credo che il cambio di mentalità sia arrivato quando buona parte delle formazioni maschili, WorldTour e non, hanno creato il loro equivalente al femminile. La condotta di gara si ispira ormai ai canovacci degli uomini. Tuttavia non bisogna tralasciare che finora la miglior squadra femminile è stata la SD-Worx che non ha una versione maschile. Loro però ragionano così da tanto tempo. Erano uniche per certi versi, adesso invece non sono più sole. Per fortuna direi, così diventa tutto più interessante. E poi ci sarà un altro aspetto di cui tenere conto.

Quale?

Secondo me col ritiro di Van Vleuten si vedrà un altro modo di correre, specialmente nelle gare a tappe. Per la verità qualcosina abbiamo già visto nel 2023, però sappiamo bene che Annemiek quasi sempre partiva senza troppi tatticismi e chi c’era c’era, mentre per le altre c’era poco da fare. Lei era un’atleta che lasciava poco alle avversarie, anche in termini di vittorie parziali. O meglio, nel ciclismo femminile non c’è ancora la mentalità per cui si può lasciare la tappa ininfluente per la classifica ad un’altra atleta, un po’ come faceva Indurain al Tour.

Potremmo vedere qualche atleta che sacrifica una tappa importante per ipotecare la generale?

Al momento la discriminante è che ci sono gare a tappe per un massimo di otto giorni, quindi troppo pochi per poter fare certi tipi di calcoli. Diventa difficile pensare che qualche corridore o squadra voglia rinunciare a vincere il cosiddetto tappone pur avendo in mano la classifica. Credo però in ogni caso che potremmo arrivare alla situazione che dicevo prima col passare del tempo.

Nella passata stagione molte atlete hanno fatto delle scelte obbligate, anche loro malgrado. Questo trend a cosa è dovuto?

A parte l’alto livello ed un calendario sempre più fitto, sicuramente ha inciso la maggiore lunghezza, e quindi durezza, delle tappe o di alcune classiche. Non si possono più correre tutte le gare come prima ed essere sempre competitive. Prima erano le più esperte a restare davanti, ora ci sono anche le giovani. Certo, le atlete di fondo, come può essere una Longo Borghini, saranno sempre avvantaggiate, ma anche loro dovranno definire il proprio programma col loro team in modo più preciso. L’esempio è stata Vollering che ha saltato il Giro per arrivare in forma al Tour e vincerlo.

Per Sangalli cambieranno le tattiche senza Van Vleuten, mentre atlete di fondo come Longo Borghini non sentiranno l’aumento delle distanze
Per Sangalli cambieranno le tattiche senza Van Vleuten, mentre atlete di fondo come Longo Borghini non sentiranno l’aumento delle distanze
Il fatto che ci siano le Olimpiadi inciderà su queste scelte?

Penso di sì, anche se si tratta di una gara di un giorno quasi sempre molto strana. Si parte in 80 e dopo pochi chilometri si resta in 50 con nazionali di massimo quattro atlete. Potremmo vedere ragazze che a metà luglio faranno il Giro Women in preparazione di Parigi (il 4 agosto, ndr) e fare di slancio il Tour Femmes (dal 12 al 18 agosto, ndr). Ma potrebbero esserci tanti altri incastri nella seconda parte di stagione.

Fondamentale quindi fare fondo in inverno.

Assolutamente. A gennaio farò un salto in Spagna per vedere come stanno lavorando le varie squadre, visto che abbiamo tante azzurre sparse. Non è un caso che a dicembre le squadre abbiano fatto allenamenti da sei-sette ore senza esercizi specifici. In quelle sedute non alleni solo le gambe, ma anche la mente. Un conto è fare una volata dopo tre ore con ancora lucidità, un conto è farla dopo quattro ore e mezza con meno freschezza mentale.

Un lavoro che tornerà utile anche per le nazionali?

Si, certo. Quest’anno i mondiali avranno la solita lunghezza (154 chilometri con 2.500 metri di dislivello, ndr) ma sia le Olimpiadi che europei avranno distanze molto alte. A Parigi ci sarà una prova lunga come quella iridata, mentre invece quella continentale nel Limburgo belga misurerà addirittura 160 chilometri. In media gli altri anni gli europei avevano una lunghezza di circa 120. E’ una bella differenza.

Il Tourmalet ha deciso il Tour Femmes 2023, ma già negli anni ’90 era stato affrontato più volte
Il Tourmalet ha deciso il Tour Femmes 2023, ma già negli anni ’90 era stato affrontato più volte
Sui percorsi di certe tappe invece cosa ne pensi?

Ho letto cosa vi ha detto Bertogliati e sono d’accordo con lui, anche se in parte. Al Giro d’Italia femminile certi tipi di montagne o strade famose si facevano già tanti anni fa. Penso allo Zoncolan fatto due volte, al Pordoi, al Bondone, all’arrivo in vetta allo Stelvio nel 2010. Ma anche i Tour de France vinti dalla Luperini si correvano su tracciati già battuti dagli uomini. Credo che avere gli stessi organizzatori degli uomini per queste gare, Rcs Sport per il Giro e ASO per il Tour, è un aspetto importante per il movimento. Di certo Rubens ha ragione quando dice che il ciclismo femminile sta cambiando in fretta e che ora per preparare queste corse non bisogna lasciare più nulla al caso.

Il discorso delle distanze crescenti può riguardare a cascata anche le juniores?

Onestamente no. Già loro nel 2023 col rapporto libero hanno cambiato il modo di correre, però non penso che le gare si allungheranno. Per me non è una necessità che facciano più chilometri, almeno spero. Le juniores passano elite e solitamente hanno i primi due anni in cui possono adeguarsi con calma. Sotto questo punto di vista non c’è bisogno di forzare la situazione.

Bertogliati fuori dal UAE Team Adq, ma ha qualcosa da dire

05.01.2024
7 min
Salva

Rubens Bertogliati è in vacanza sulla neve di San Bernardino. Lo svizzero, che sino a fine stagione è stato il team manager del UAE Team Adq, ha preferito non affrontare il tema del rinnovo del contratto in scadenza. Che qualcosa non andasse si era capito osservando il gigantismo del team in trasferta, capire il perché dell’uscita è un alto affare. E la cosa migliore in questo caso è fare domande.

Per chi non lo conoscesse, Bertogliati è nato a Lugano 44 anni fa. E’ stato professionista dal 2000 al 2012, correndo anche con Lampre e Androni. Fra i trofei più cari, spicca la vittoria di tappa al Tour del 2002 che gli valse anche la maglia gialla per due giorni. Dopo aver smesso di correre, è stato direttore sportivo e allenatore alla IAM Cycling, poi alla Cervélo Bigla femminile, infine è passato alla UAE Emirates. Prima nel 2019 come allenatore degli uomini, poi dal 2022 come manager della neonata squadra femminile (in apertura, lo vediamo in una foto Instagram con Erica Magnaldi a fine Giro 2023).

Nel 2023, secondo anno della gestione Bertogliati, il UAE Team Adq ha chiuso al 4° posto mondiale, nel 2022 era 7°
Nel 2023, secondo anno della gestione Bertogliati, il UAE Team Adq ha chiuso al 4° posto mondiale, nel 2022 era 7°
Come mai hai preferito uscire?

Il contratto scadeva e ho preferito non rinnovarlo. Ho anticipato una decisione che secondo me sarebbe arrivata dall’alto. I motivi sono tanti, forse anche troppi da raccontare in pubblico. Si può dire che non avevo la stessa visione della proprietà del team. Il loro riferimento è sempre stata la squadra maschile, che in 4-5 anni è arrivata a vincere il Tour e ad essere la numero uno al mondo. Penso che con le donne si vogliano bruciare le tappe.

Perché lo pensi?

Per crescere in modo sano e duraturo, il ciclismo femminile ha bisogno di una costruzione più graduale. Okay, arrivi a essere primo, poi cosa fai? Deve rimanerci e per farlo devi avere una struttura che te lo consenta. E struttura non significa andare al Tour con 16 persone di staff, quelle sono esagerazioni. Sappiamo tutti che si tratta di sport, tra fare primo e secondo è spesso una questione di attimi che sono indipendenti dall’investimento finanziario. Io mi sono scontrato molto su questa visione, eravamo su posizioni differenti.

Ci sono state discussioni?

Se prendi Bertogliati, prendi il pacchetto completo. Quindi quello che va sul mercato e prende le ragazze, ma anche la persona che poi ti metti di fronte alle problematiche. Sarebbe bello che non ci fossero problemi, ma non è la realtà delle cose. Noi lavoriamo con tante variabili da gestire giorno per giorno. Magari ho due atlete che vanno bene e devo forzatamente decidere chi tira per l’altra: qualcuno si deve prendere la responsabilità e io me la prendevo. Però giustamente, devo avere la fiducia dall’alto e a un certo momento ho capito che non c’era più.

Arzeni è stato portato nel team da Bertogliati. Oggi è uno dei cinque diesse in ammiraglia
Arzeni è stato portato nel team da Bertogliati. Oggi è uno dei cinque diesse in ammiraglia
Perché dici che il ciclismo femminile sta crescendo troppo velocemente?

Faccio due numeri. Il Team Alé-Cipollini nel 2021 ha partecipato a 88 gare. E’ vero che si veniva dal Covid, alcune gare non erano ripartite e c’erano state sovrapposizioni e cambiamenti di date. Nel 2022, il UAE Team Adq ha fatto 110 giorni di gara. Nel 2023, abbiamo chiuso a 130 con 16 ragazze. Abbiamo corso tantissimo e anche il development team ha fatto un centinaio di giorni. Questo fa capire che il ciclismo femminile sta crescendo in maniera molto rapida, soprattutto come impegno atletico delle ragazze, ma non tutte sono pronte. E poi i percorsi…

Distanze più lunghe e dislivelli superiori.

Fino a 4-5 anni fa, certe strade non erano prese in considerazione, ad esempio l’arrivo sul Tourmalet. Adesso le ragazze fanno percorsi da uomo e questo richiede un repentino cambiamento della preparazione e della professionalità. Fino a 5 anni fa, molte andavano a scuola o avevano un lavoro accessorio, perché solo col ciclismo non potevano andare avanti. Oggi invece sono giustamente trattate come professioniste, che però non è solo uscire in bici e andare a correre. C’è anche come gestisci la corsa, la preparazione e lo stress, il recupero, la nutrizione. Siamo passati in due anni dal dilettantismo a questo nuovo mondo. La decisione di fare il team di sviluppo è stata una delle poche che ho condiviso, perché è la chiave per il futuro e Valentino Villa ha fatto un ottimo lavoro con Linda Zanetti, con Carbonari, Biriukova e Lara Gillespie. Eppure ad esempio ho notato che la proprietà del team storce il naso se le ragazze giovani devono prima finire la scuola.

Gianetti ha un ruolo in tutto questo?

No, non c’entra niente e forse sta volutamente alla larga. Avrei avuto piacere se fosse stato Mauro il mio referente, perché con lui si parla bene delle questioni e degli errori, si trova insieme la soluzione e il modo per non caderci nuovamente. Parliamo di atleti e anche di decisioni operative, come l’acquisto di un bus o prenderlo in affitto. L’acquisto del materiale fuori gara oppure la ricerca di uno sponsor che non è facilissima. Ho trovato nel team una visione diversa, che per me è totalmente sbagliata.

Silvia Persico stremata sul Tourmalet al Tour 2023: le ragazze sono tutte pronte per simili inasprimenti dei percorsi?
Silvia Persico stremata sul Tourmalet al Tour 2023: le ragazze sono tutte pronte per simili inasprimenti dei percorsi?
Parliamo di atleti: cosa intendi?

Linda Zanetti, svizzera di 21 anni. Ne avevo parlato con “Edi” Telser della nostra nazionale, che è un’eminenza del ciclismo femminile. Io la conoscevo, lui la raccomandava, abbiamo messo in due la mano sul fuoco. Aveva fatto dei buoni europei e dei buoni mondiali, così l’ho presa per il team WorldTour, dato che c’era un posto libero e all’inizio non avevamo ancora il devo team. La squadra era appena nata e la stavamo traghettando dalla realtà italana della Alé a quella più internazionale e Linda si sposava bene con il progetto. Veniva dalla mountain bike, le sue esperienze su strada le aveva fatte con la nazionale. Per cui l’abbiamo fatta passare e, a causa dell’indisponibilità di cinque ragazze, si è ritrovata a correre tantissimo anche in gare WorldTour, con le prevedibili difficoltà. Per cui nel 2023 abbiamo deciso di passarla nel team di sviluppo, che nel frattempo era nato. 

E come è andata?

Si è ritrovata in un ambiente più giovane in cui ha avuto più carte da giocare e ha fatto una grandissima stagione, con sei vittorie di peso. Al Tour de l’Avenir ha vinto una tappa e fatto meglio di ragazze come Eleonora Gasparrini e anche altre che uscivano dal Tour de France. A quel punto l’idea giusta era di riportarla nel team WorldTour, ma la proprietà ha bloccato l’operazione: volevano tenerla ancora nella development. Liberissimi di decidere, ma senza il mio nome. E alla fine è venuto fuori che Linda ha firmato con la Human Powered Health

Non le sarebbe servito crescere ancora?

Lo avrei capito se avessimo preso atlete di caratura gigante. Non so, si apre il mercato e prendo la Vollering. In quel caso dico a Linda Zanetti che è forte, la faccio firmare nel WorldTour, ma la tengo un anno ancora nella development. Ma non è stato questo il caso, sono state prese ragazze forti, ma del suo livello.

Linda Zanetti dal 2024 correrà alla Human Powered Health. Nel 2023 ha vinto 6 corse in maglia UAE Development
Linda Zanetti dal 2024 correrà alla Human Powered Health. Nel 2023 ha vinto 6 corse
Puoi fare un bilancio della tua esperienza?

Ho lavorato e fatto delle scelte. Sicuramente qualche errore c’è stato e me ne prendo la responsabilità, succede quando si prendono decisioni in tempi molto brevi. Sono contento dell’esperienza, perché mi ha fatto crescere come persona. E’ stata impegnativa, non solo dal punto di vista sportivo, ma anche amministrativo, perché la firma era mia e avevo la responsabilità della gestione finanziaria della squadra. Comunque nel 2022 abbiamo chiuso al settimo posto mondiale, nel 2023 siamo stati quarti e secondo me, se avessi potuto fare come dicevo io, avremmo fatto anche meglio.

E adesso cosa farà Rubens Bertogliati?

Sei anni fa, mi sono laureato in Economia Aziendale e nel frattempo ho cominciato il master in Business Administration all’Università di Lugano, che concluderò a fine gennaio, devo solo consegnare la tesi. L’ho fatta sul confronto fra i modelli di business di calcio e ciclismo. Sono due mondi diversi e la ricchezza del calcio e la possibilità di dividere i diritti viene dall’unione di tutti gli attori in gioco. Nel ciclismo ogni componente tratta per sé, per quello non ci si arriva. Cosa farò? Mi guarderò intorno. Ho dei colloqui da fare, non escludo per un po’ un lavoro fuori dal ciclismo. Ma se dovessi rientrare, penso che lo farei nel femminile. Nonostante tutto, è un mondo ancora a misura umana e credo di aver accumulato l’esperienza per dare la mia impronta.

Arzuffi cerca su strada lo stesso percorso del cross

04.01.2024
6 min
Salva

Il suo processo di trasformazione in stradista ha avuto una netta e decisiva impennata durante il 2023. Nella stagione alle porte, Alice Maria Arzuffi è pronta per fare uno step ulteriore in questa nuova parte di carriera (in apertura foto Arne Mill).

Un dato che aiuta meglio a capire la tendenza intrapresa dalla brianzola di Seregno sono i giorni di gara. Quest’anno sono stati 51 – il massimo per lei – con un podio di tappa al Baloise Ladies Tour e circa una decina di top 10, di cui una ottenuta nella quarta frazione del Tour de France Femmes. D’altronde, prima Baldinger la scorsa primavera e poi Lacquaniti pochi giorni fa ci avevano spiegato quanto credano nelle doti di Arzuffi, specialmente nelle corse a tappe. Così, tra un’uscita in bici e l’altra in Friuli a casa del suo fidanzato Luca Braidot, abbiamo voluto sentire l’ex tricolore di ciclocross per conoscere le sue mire con la Ceratizit-WNT.

Arzuffi al Tour Femmes 2023 ha conquistato un decimo posto di tappa al termine di una lunga fuga
Alice che stagione è stata quella passata?

E’ stato un anno buono. Anzi direi che il 2023 è stato un anno di rodaggio. Il primo in cui ho fatto praticamente solo strada, a parte tre gare di ciclocross lo scorso gennaio corse senza troppe tensioni. Ho capito quanto sia importante fare una sola attività per andare meglio. Attualmente è difficile essere competitive in entrambe le discipline. Quest’anno ho avuto la possibilità di restare ben concentrata sulle corse, sapendo che poi in questo periodo avrei avuto un break per rifiatare e riprendere con più calma.

Non sono mancati nemmeno i risultati.

E’ vero, sono soddisfatta di ciò che ho raccolto. Tuttavia il miglior risultato credo sia stato quello di aver trovato una maggiore consapevolezza. Certo quando arrivi davanti ne acquisisci molta di più, però le prestazioni sono state buone. Poi per me è stato un motivo di orgoglio e stimolo sapere che i miei diesse hanno fiducia in me.

Alla tua prima annata con la Ceratizit hai ritrovato Lacquaniti dopo dieci anni. Ha contribuito a farti ambientare meglio?

Sì, esatto, Fortunato è stato il mio primo diesse quando ero in Faren nel 2013, anche se abbiamo fatto pochissime corse assieme perché all’epoca avevo la maturità. L’ho trovato un po’ cambiato da allora, ma il mio rapporto con lui è molto positivo. Anzi mi piace molto lavorare con lui. In alcune corse in Spagna ha saputo farmi tirare fuori il massimo da me stessa. In generale però mi sono trovata benissimo con tutta la squadra, anche con i materiali. Dopo gli anni di ciclocross avevo bisogno di trovare un ambiente sereno, dove si puntano agli obiettivi con meno pressione, pur mantenendo molto alto il livello.

Che effetto fa quindi ad Alice Maria Arzuffi passare l’inverno senza ciclocross?

Sicuramente è tanto diverso, ma onestamente sto meglio adesso. Ero arrivata ad un punto, specie negli ultimi due anni, che non riuscivo più a sostenere quella vita né fisicamente né psicologicamente. Ho vissuto quattro anni da sola in una casa nelle campagne di Herentals, il paese di Van Aert. Mi passavano a prendere solo per le gare e lassù l’inverno è difficile lontano dalle corse. Tornavo a casa con una frequenza irregolare. Solo 2-3 giorni ogni due o tre settimane. Spesso ero l’unica italiana in corsa. Ho saputo adattarmi, ma iniziava a mancarmi la famiglia.

Nel ciclocross sei stata l’unica italiana a vincere nel Superprestige. Su strada vuoi ripetere lo stesso percorso?

Diciamo che l’intenzione è quella, anche se è passato del tempo e quest’anno compirò trent’anni (il 19 novembre, ndr). Nel ciclocross sono voluta andare in Belgio per crescere ancora e sono riuscita nel mio intento. Fare altrettanto su strada è difficile, ma ci sto lavorando. Vorrei avere più coraggio. Dovrei osare di più rispetto a quello che potevo fare già nel 2023, perché non ero sicura delle mie potenzialità. Vorrei fare un salto in più, visto che oltretutto sia per me che per la Ceratizit sarà il primo anno nel WorldTour.

Avete già stilato il tuo programma gare?

Indicativamente sì. La mia predisposizione fisica è quella per le gare a tappe, nelle quali ho sempre cercato di fare bene. Inizierò a Maiorca, poi Valenciana e classiche del Nord. Gand, Fiandre e Liegi su tutte. A maggio farò le gare in Spagna. Ai Paesi Baschi dovrei fare classifica come prova generale in vista del Giro d’Italia Women. Al Tour Femmes invece dovrei correre in appoggio alle compagne o giocare le mie carte per le tappe. La seconda parte di stagione la vedremo più avanti.

Come giudichi il percorso del Giro?

Sarà una gara in cui si dovrà centellinare le energie. Già la crono di Brescia non è così semplice come sembra. Bisognerà perdere pochi secondi sia lì che in tutte le tappe prima delle ultime tre. Personalmente il tracciato mi piace, si addice alle mie caratteristiche e alla mia buona capacità di recupero. In compenso non sono per niente veloce e mi sto allenando per colmare questa mia lacuna.

Obiettivo Giro Women. Arzuffi punta a fare classifica sfruttando le sue doti in salita e di recupero (foto Arne Mill)
Obiettivo Giro Women. Arzuffi punta a fare classifica sfruttando le sue doti in salita e di recupero (foto Arne Mill)
Nel ciclocross hai vestito l’azzurro tante volte. Ci fai un pensierino anche su strada?

Certo, perché no?! E’ sempre un onore indossare quella maglia. Nel cross ho il rammarico di non aver mai corso il mondiale al top della forma, su strada mi basterebbe guadagnarmi una convocazione. In realtà però penso che se metterò assieme prestazioni o risultati, la chiamata in nazionale potrebbe essere una conseguenza. Intanto un mio primo obiettivo sarà la Strade Bianche. Vorrei migliorare il piazzamento del 2023 (19° posto, ndr) e restare più a lungo e fino in fondo nel gruppo di testa.

Busatto sale fra i grandi: sa cosa vuole, ma non si scopre…

02.01.2024
5 min
Salva

Il 2024 di Francesco Busatto inizia con gli stessi colori dell’anno appena messo alle spalle. Il veneto però il cambio non lo ha fatto nell’apparenza, ma nella sostanza. E’ passato dal team di sviluppo della Intermarché-Circus-Wanty (la Circus-ReUz) alla formazione WorldTour. Il salto nel professionismo è grande, ma avere alle spalle una solida rete di sicurezza fa sì che molte paure rimangano a terra, mentre Busatto è pronto a spiccare il volo (in apertura durante il ritiro di dicembre in Spagna, foto Intermarché-Circus-Wanty). 

Prima gara con i professionisti nel 2023 e subito un quarto posto alla Muscat Classic per Busatto (foto Tour of Oman)
Prima gara con i professionisti nel 2023 e subito un quarto posto alla Muscat Classic per Busatto (foto Tour of Oman)

Inizio “anticipato”

Francesco quando lo chiamiamo è in macchina, direzione fisioterapista. La strada è lunga e dritta e ci permette di rallentare i pensieri e lasciarsi andare a qualche parola in più. 

«Rispetto allo scorso anno – ci dice – ho cambiato preparatore. Quando ero nel Devo Team mi affidavo ad una persona esterna: Paolo Santello. Ma da quest’anno la squadra ha voluto tenerci con il preparatore interno al team. Mi spiace lasciare Santello, ma ho piena fiducia nella squadra e penso che questa possa essere la scelta giusta.

«Rispetto allo scorso inverno – prosegue – faccio molta più qualità nei lavori. Sto già spingendo abbastanza, cosa che in passato non ho mai fatto in questo periodo. Ho fatto molti lavori fuori soglia, questo perché la squadra vuole che sia già pronto per le gare di Mallorca».

L’appoggio di corridori che hanno già esperienza nel WT sarà fondamentale (foto Intermarché-Circus-Wanty)
L’appoggio di corridori che hanno già esperienza nel WT sarà fondamentale (foto Intermarché-Circus-Wanty)
Quindi esordio a fine gennaio…

Il 24 per la precisione, al Trofeo Calvia. Da una parte questo è uno stimolo, sono sempre stato abituato a iniziare a metà febbraio. Invece se ci penso manca poco all’esordio e questa cosa mi motiva tanto mentalmente, diciamo che rende più divertenti gli allenamenti. 

Come affronti questo mese che ti separa dalla prima gara?

Andrò ancora in ritiro con la squadra, l’8 gennaio. Faremo un periodo di allenamenti e rifinitura. Poi volerò a Mallorca ed inizia la stagione, ufficialmente. La squadra si aspetta che possa dare il giusto supporto a Gossens che nel 2023 ha vinto due gare della Challenge Mallorca. Poi avrò anche le mie occasioni, fin da subito. 

Anticipare l’esordio vuol dire allungare la stagione. Come gestirai tutti i mesi di corsa?

La squadra ha un piano ben preciso, quindi allungare la stagione da fine gennaio a metà ottobre non sarà un problema. Durante l’anno avrò due o tre occasioni per tirare il fiato e staccare. Periodi di 15 giorni o un mese dove mi allenerò per gli obiettivi più importanti. 

In questo inverno Busatto ha già messo in fila tanti lavori fuori soglia (foto Intermarché-Circus-Wanty)
In questo inverno Busatto ha già messo in fila tanti lavori fuori soglia (foto Intermarché-Circus-Wanty)
Quali saranno questi obiettivi?

Dovrei andare a correre le Ardenne, in appoggio ai miei compagni, chiaramente. Poi potrei andare al Giro di Romandia e Giro di Svizzera, lì potrei pensare a qualche tappa, ma mi atterrò a quello che dicono in squadra. Infine c’è il calendario italiano di settembre e ottobre: Gran Piemonte, Bernocchi e Tre Valli. 

Facciamo un passo indietro, hai partecipato al primo ritiro stagionale, com’è andato?

Sono arrivato in ritiro che già pedalavo da un mese, quindi in discreta condizione. Durante i giorni in Spagna abbiamo fatto tanto volume e intensità. E’ stato un periodo utile anche per incrementare il rapporto con i nuovi compagni di squadra. Siamo un bel gruppo, mi sono divertito molto ed ho anche avuto modo di conoscere Colleoni

Tu hai messo insieme tante esperienze con i professionisti già nel 2023…

Ero andato in ritiro con la squadra WorldTour a gennaio dello scorso anno e pochi giorni dopo avevo fatto l’esordio tra i pro’ in Oman. Ho corso abbastanza in questo ambiente, mi sento a mio agio e incluso. Non ho ancora pensato che sono un corridore del team WorldTour, semplicemente non me ne sono reso ancora conto. 

Le ambizioni ci sono, ma rimangono nella testa, lontane dalle pressioni (foto Intermarché-Circus-Wanty)
Le ambizioni ci sono, ma rimangono nella testa, lontane dalle pressioni (foto Intermarché-Circus-Wanty)
Che consigli ti hanno dato i tuoi compagni per l’esordio nel WorldTour?

Mi han detto che sono gare diverse da quelle. Pro o classe 1 dovrò prendere le misure. Già una corsa a tappe di una settimana come il Romandia o lo Svizzera è molto impegnativa e serve tempo per recuperare una volta finita. Mi hanno dato qualche consiglio, ma il grosso lo scoprirò strada facendo. Ho tante cose ancora da imparare. 

Sogni, ambizioni per questo 2024 che è appena iniziato?

La squadra mi dà un grande appoggio a livello morale. Credono in me e lo vedo. Esternamente non sono troppo ambizioso, non mi piace spargere voce ai quattro venti. Dentro di me, invece, so cosa voglio e a cosa punto. Voglio iniziare ad andare forte, ma andrò con i piedi di piombo. Una delle cose più difficili sarà ambientarmi nel calendario WorldTour.

L’eredità di Vingegaard: il WorldTour approda in Danimarca

26.12.2023
5 min
Salva

La notizia, ufficializzata appena prima di Natale, è passata un po’ sotto traccia dalle nostre parti, ma merita invece un approfondimento: la Danimarca dal 2025 avrà una propria prova nel WorldTour. Una gara in linea sia al maschile che al femminile, che resterà nel programma del massimo circuito almeno per tre anni. Il progetto è figlio diretto della partenza del Tour de France nel 2022 che destò tantissimo scalpore in Patria e fuori, amplificato poi dalle imprese di Jonas Vingegaard: su quella base si è lavorato duramente, per realizzare un progetto importante.

Vingegaard con le sue vittorie al Tour ha dato nuovo impulso al ciclismo danese
Vingegaard con le sue vittorie al Tour ha dato nuovo impulso al ciclismo danese

Città a misura di bici

Il fatto che la Danimarca abbia una prova in linea nel WorldTour va a colmare una lacuna. E’ bene dirlo subito: se Nazioni come Olanda e Germania fanno leva soprattutto sulla cultura delle due ruote, non avendo una tradizione solida e radicata come il Belgio e i Paesi affacciati sul Mediterraneo, era assurdo che la Danimarca rimanesse in serie B e lo si capisce facendo un giro per la sua Capitale, Copenhagen, che sarà l’epicentro del nuovo progetto.

Partiamo dall’aspetto urbanistico: una Capitale fatta di grandi strade che collegano i vari quartieri e confluiscono nel centro città. Ogni strada (e sottolineiamo “ogni”, anche le piccole traverse) ha uno spazio ciclabile, con il disegno della pista che è stato studiato nei particolari. L’incidenza con il traffico veicolare è estremamente ridotto, si cammina davvero in parallelo, anche perché le strade (salvo le grandi direttrici) sono a senso unico permettendo comunque una circolazione abbastanza semplice, anche senza affidarsi alle varie app direzionali.

Le strade di Copenhagen sono invase da una stragrande maggioranza di ciclisti rispetto alle auto
Le strade di Copenhagen sono invase da una stragrande maggioranza di ciclisti rispetto alle auto

L’esempio di padre in figlio

La cosa che colpisce girando per la città è l’enorme numero di ciclisti. La bici è uno strumento prioritario per spostarsi: mezzi molto economici (in un Paese dove il costo della vita, in paragone al nostro, è molto alto pur con il cambio 7 corone=1 euro) che devono avere l’unico scopo di essere affidabili negli spostamenti. L’utilizza una grande parte della popolazione per essere al lavoro molto presto (si sfruttano al massimo le ore di luce d’inverno) e l’osservanza del codice stradale è massima: non troverete mai un ciclista che passa col rosso non vedendo altri veicoli vicini…

Tutto ciò è importante perché è l’humus dove si coltiva anche la passione sportiva. In tal senso esemplari erano state le parole di Albert Philipsen, il campione del mondo junior su strada e mtb che raccontava come la voglia di gareggiare sia emersa andando dietro al padre non tanto nelle gare quanto nelle escursioni, vivendo quella profonda gioia di pedalare in mezzo alla natura, condividendo l’esperienza con gli altri.

Il passaggio davanti alla Sirenetta probabilmente non mancherà nella classica del 2025
Il passaggio davanti alla Sirenetta probabilmente non mancherà nella classica del 2025

Un progetto ben definito

Il Giro di Danimarca è da anni un appuntamento importante della seconda parte di stagione, richiamando anche team del WorldTour ma dopo quanto avvenuto in Francia c’era bisogno di un’ulteriore salto di qualità.

E’ stato messo insieme un consorzio di forze a sostegno del progetto, comprendente i comuni di Copenhagen e Roskilde sede di partenza, la Federazione ciclistica nazionale, la Sport Event Denmark, Wonderful Copenhagen principale riferimento di promozione turistica della capitale, i ministeri statali della cultura e degli affari. Tutti insieme ci si è presentati davanti all’Uci, mostrando un programma dettagliato, articolato in ogni aspetto e la federazione internazionale ha dato il suo placet, a partire dal 2025.

Nyhavn, uno dei centri nevralgici della capitale, turisticamente ma anche come socializzazione
Nyhavn, uno dei centri nevralgici della capitale, turisticamente ma anche come socializzazione

Percorso da classica del Nord

Il percorso è naturalmente in via di definizione, ma già si sa che partirà da Roskilde, sede storica di uno dei più grandi festival musicali sin dal lontano 1971 attraverso il quale sono passati tantissimi nomi di spicco europei, americani e non solo, per poi concludersi nel centro di Copenhagen, forse con un circuito finale.

«Vogliamo creare un percorso spettacolare – ha affermato il responsabile eventi della federciclismo danese Jesper Tikiob – che possa concentrare tutto il meglio che offre la regione dello Zealand. Useremo le strade di campagna, da affrontare con attenzione perché molto ventose ma anche gli spazi aperti e le lunghe strade a ridosso della corsa. Ne verrà fuori una gara incerta, che vogliamo disegnare ispirandoci anche alle classiche del nord, nell’uso ad esempio di curve strette e passaggi tecnici. Ma in testa alla nostra agenda ci saranno sempre gli aspetti della sicurezza e dell’interesse comune».

La sindaca Sophie Haestorp Andersen insieme al presidente Aso Prudhomme (foto Getty Images)
La sindaca Sophie Haestorp Andersen insieme al presidente Aso Prudhomme (foto Getty Images)

Un festival delle due ruote

Il progetto, che come detto prevedrà una prova al maschile e una per le ragazze (da vedere se nella stessa giornata o nell’arco di due giorni) va anche oltre: «Copenhagen è la miglior città ciclistica del mondo – ha sottolineato la sindaca Sophie Haestorp Andersen annunciando l’accettazione della proposta – e i pro’ contribuiranno anche al ciclismo di tutti i giorni. Intendiamo abbinare alla gara del WT un grande festival delle due ruote ma non solo: dopo la gara libereremo le strade perché la gente comune possa prenderne possesso e pedalare senza la presenza di auto». Si prospetta un grande evento, tocca solo aspettare…

Ceratizit, il WorldTour come coronamento di un percorso

23.12.2023
4 min
Salva

La Ceratizit-WNT è sempre stata considerata una formazione continental “sui generis”. Ce lo hanno ripetuto a più riprese tutte le italiane che corrono o hanno corso con i loro colori. Finalmente, verrebbe da dire, dieci giorni fa il team tedesco ha fatto quell’upgrade che voleva, ricevendo dall’UCI la licenza WorldTour.

A fine 2023 la Ceratizit ha chiuso al decimo posto nel ranking internazionale, prima dei team continental, dopo i podi di categoria nei due anni precedenti e completando una incredibile escalation che solo nel 2018 la vedeva al 34° posto assoluto. Dalle parole di Arianna Fidanza abbiamo voluto capire cosa cambia con l’acquisizione di questo status.

Nel 2023 la Ceratizit ha fatto un calendario quasi da WT, chiudendo al decimo posto del ranking internazionale, prima dei team continental
Nel 2023 la Ceratizit ha fatto un calendario quasi da WT, chiudendo al 10° posto del ranking internazionale

I ringraziamenti di Baldinger

«Vorrei ringraziare tutta la squadra e lo staff – ha dichiarato a caldo Dirk Baldinger, capo dei diesse della Ceratizit-WNT – per il loro duro lavoro, così come ringrazio tutti gli sponsor che hanno creduto nel nostro progetto negli ultimi dieci anni. Eravamo tutti motivati per raggiungere questo obiettivo e siamo felici di averlo centrato grazie ad undici vittorie con sei atlete diverse».

La notizia in ritiro

Dall’8 al 20 dicembre il neo-team WorldTour ha svolto il ritiro a Calpe. Non solo allenamenti e prove di materiali, ma anche attenzione sugli aspetti societari. Arianna Fidanza sa che la sua è una squadra-azienda, per effetto dello sponsor principale.

«Quando è stata fatta la richiesta – racconta la bergamasca che compirà 29 anni il prossimo 6 gennaio – eravamo abbastanza sicuri di passare nel WorldTour, però finché non arriva la conferma mai dire mai. Poi il 12 dicembre quando siamo rientrati dall’allenamento, i nostri dirigenti ci hanno comunicato che avevamo ottenuto la licenza. Nonostante ce lo aspettassimo, ci sono stati davvero tanta soddisfazione, orgoglio e gioia. E’ stato più che comprensibile, per la società è stato il coronamento di un percorso iniziato anni fa. Alla sera siamo andati tutti assieme in un locale a fare un piccolo festeggiamento perché comunque il giorno dopo ci aspettava un’altra seduta di allenamenti».

Inizio escalation. L’allora WNT Rotor (con Magnaldi e Vieceli) vince la classifica a squadre del Giro Donne 2019 (foto facebook)
Inizio escalation. L’allora WNT Rotor (con Magnaldi e Vieceli) vince la classifica a squadre del Giro Donne 2019 (foto facebook)

Pochi cambiamenti

Il suo contributo Arianna Fidanza l’ha dato eccome alla sua Ceratizit. A fine gennaio al debutto ad Almeria le aveva regalato la prima delle undici vittorie stagionali, aiutando poi le compagne in più occasioni, compresa la sorella Martina nel successo di Mouscron. Ma l’anno prossimo cosa potrebbe esserci di nuovo?

«Fondamentalmente per noi cambia poco – prosegue – perché già quest’anno abbiamo fatto praticamente un calendario WorldTour. La Ceratizit nel 2022 aveva chiuso al terzo posto del ranking continental, ma la Plantura-Pura era diventata WorldTour (poi con la denominazione Fenix-Deceuninck, ndr) e la Valcar si era trasformata nel devo team della UAE Team ADQ. Quindi in virtù dei punti ottenuti e a queste nuove licenze, la squadra ha potuto usufruire degli inviti praticamente obbligatori nelle corse più importanti, come classiche e giri a tappe.

Arianna Fidanza apre il 2023 vincendo ad Almeria. Era il primo degli undici successi conquistati dalla Ceratizit
Arianna Fidanza apre il 2023 vincendo ad Almeria. Era il primo degli undici successi conquistati dalla Ceratizit

«A livello organizzativo – spiega Arianna, che torna nel WT dopo il biennio nella Jayco – la nostra squadra era già estremamente preparata. Lo status sulla maglia indicava “continental”, ma eravamo un team WorldTour in tutto e per tutto. Non ci è mai mancato nulla. Quella sarà l’unica vera differenza,. Per il resto abbiamo sempre affrontato le corse con una mentalità da squadra di categoria superiore, pur consapevoli dei nostri mezzi e della concorrenza. Il 2024 è veramente dietro l’angolo. Non andremo in Australia per il DownUnder e faremo un nuovo ritiro a Calpe a gennaio per iniziare la stagione in Europa. Tra i vari obiettivi credo proprio che ci sarà quella di continuare a crescere e consolidarsi nelle prime dieci posizioni del ranking».

Biemme rientra (alla grande) nel mondo del WorldTour

22.12.2023
3 min
Salva

Il maglificio sportivo Biemme torna a “vestire” il mondo del ciclismo professionistico di primissimo livello e lo fa supportando tecnicamente il team Astana Qazaqstan. A partire dal prossimo 1° gennaio 2024, la squadra WorldTour di Cavendish e compagni, tra questi anche il campione d’Italia in carica Simone Velasco, indosseranno ufficialmente il nuovo kit d’abbigliamento firmato Biemme.

«Abbiamo appositamente studiato e sviluppato una linea dedicata esclusivamente al Team Astana – dichiarano con una punta d’orgoglio dalla sede dell’azienda vicentina – realizzando capi altamente tecnici e performanti che possano soddisfare al meglio le necessità di tutti i professionisti della squadra. Da un punto di vista prettamente grafico, il design della maglia è stato rivisitato riprendendo l’azzurro tipico della bandiera kazaka, sfumato con un pattern unico ed estremamente originale ispirato ai minerali e alle pietre preziose estratte in Kazakistan. Siamo poi molto soddisfatti di vestire nel 2024 anche l’attuale campione italiano, Simone Velasco, e per lui abbiamo sviluppato una grafica esclusiva che ricorda la nostra bandiera nazionale tricolore».

Per Biemme anche l’onore di disegnare e realizzare la maglia di campione italiano di Simone Velasco
Per Biemme anche l’onore di disegnare e realizzare la maglia di campione italiano di Simone Velasco

Da sempre con i pro’

«Dalla prossima stagione 2024 – ha dichiarato Alexandr Vinokourov, il direttore generale dell’Astana Qazaqstan TeamBiemme sarà il nostro partner per quanto riguarda la predisposizione dell’abbigliamento da gara e da allenamento. E questa è una bella notizia per noi, perché siamo davvero contenti dell’avvio di questa nuova partnership. Biemme è un marchio italiano con una lunga storia alle spalle e una profonda tradizione nel ciclismo. Assieme a loro abbiamo potuto elaborare un design molto originale e distintivo per quanto riguarda la maglia per la prossima stagione. Per me personalmente questo abbinamento rappresenta una coincidenza speciale perché la mia prima vittoria l’ho ottenuta indossando una maglia Biemme».

Biemme torna nel WorldTour e lo farà accanto all’Astana Qazaqstan Team
Biemme torna nel WorldTour e lo farà accanto all’Astana Qazaqstan Team

La storia imprenditoriale di Biemme si avvia nel 1978. Nel corso dei suoi quasi cinquant’anni di attività, l’azienda si è sempre impegnata in ambiti di lavoro importanti quali la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione dei propri prodotti, prestando particolare attenzione anche al più piccolo dei dettagli. E fin dall’inizio del proprio percorso, Biemme si è costantemente impegnata nella collaborazione e nella sponsorizzazione di squadre professionistiche, vestendo col passare del tempo moltissimi grandi campioni del passato.

L’intera collezione d’abbigliamento team Astana Qazaqstan 2024 sarà presto disponibile per l’acquisto sia sull’e-commerce quanto su quello ufficiale della squadra.

Biemme

Laboral: niente WorldTour, ma gli obiettivi non mancano

16.12.2023
6 min
Salva

Ce lo aveva anticipato Cristina Tonetti quasi un mese fa che la sua Laboral Kutxa Fundacion Euskadi era uno dei tre team in lizza per diventare WorldTour. In base all’esito, gli spagnoli avevano previsto due calendari differenti, ma purtroppo per loro la risposta arrivata dall’UCI è stata negativa.

La licenza nella massima categoria per il biennio 2024-2025 l’hanno ottenuta l’AG Insurance Soudal-Quick Step e la Ceratizit WNT, per cui i tempi ormai erano maturi per salire. La formazione belga e quella tedesca rilevano di fatto la Liv Racing TeqFind, confluita nella Jayco Alula, e la EF Education, che ha chiuso la società per i grossi problemi finanziari di Tibco e Silicon Valley Bank, rinascendo poi dalle proprie ceneri grazie a Cannondale (secondo nome) e ripartendo dalle continental. Ma in casa Laboral come avranno preso la notizia? Ne abbiamo parlato con Debora Silvestri (in apertura in primo piano, foto Laboral), approdata nella squadra basca lo scorso maggio, dopo aver vissuto la pessima e temporanea apparizione della Zaaf Cycling. Con la venticinquenne veronese di Castel d’Azzano è stata anche l’occasione per approfondire altri temi.

Silvestri ha doti da scalatrice. Nel 2024 vuole essere la spalla fidata della leader Santesteban, ma anche ritagliarsi spazio personale
Silvestri ha doti da scalatrice. Nel 2024 vuole essere la spalla di Santesteban, ma anche ritagliarsi spazio personale
Debora, quanto ci speravate nella licenza WorldTour?

Ovviamente noi atlete avremmo voluto fare il grande salto, così come i nostri dirigenti. Però loro non sono rimasti sorpresi del tutto. Da una parte si aspettavano questo verdetto perché sono consapevoli della crescita che bisogna fare. Dall’altra avevano fatto la richiesta per far sapere all’UCI che c’è anche la Laboral come squadra all’altezza. Penso che la dirigenza farà un tentativo nel 2025 per chiedere la licenza ProTeam qualora dovesse esserci la nuova riforma di cui si parla.

Cambia qualcosa per voi adesso?

Sicuramente il calendario. I nostri tecnici avevano preparato questi due diversi programmi di gare. Fossimo diventati WT saremmo andati in Australia per il DownUnder e poi tutta la campagna del Nord. Invece partiremo con un più calma a fine gennaio da Maiorca. La prima parte di stagione andrà in base al grado di condizione di noi ragazze e agli inviti che riceveremo per correre. Ciò che non cambierà saranno gli obiettivi. Ora siamo in ritiro ad Altea (fino al 19 dicembre, ndr) e quando abbiamo saputo la notizia, ci hanno detto subito che la voglia di fare e migliorarsi sarebbe stata la stessa. Sapevamo comunque che avremmo dovuto farci trovare pronte.

Che differenze hai notato a correre in una continental italiana ed una straniera?

Non troppe per la verità, ma piuttosto importanti. Principalmente è una questione di mentalità e budget. Per ciò che ho visto, all’estero c’è un investimento economico superiore all’Italia. Si ragiona in prospettiva WorldTour. La squadra viene vista come una azienda, tant’è che un budget più alto ti permette di avere anche uno staff più ampio e un numero maggiore di mezzi. In Italia la squadra è vissuta di più come una famiglia, che tuttavia è una cosa positiva. L’atleta si sente come a casa e può crescere con più calma. A livello di professionalità invece non ho notato grandi differenze. Bravi tecnici, meccanici o altre figure le ho trovate sia in Italia che fuori. Per quello che mi riguarda devo dire che in Laboral comunque si respira un’aria famigliare nonostante siano coinvolti sponsor molto grossi.

Ad inizio 2023 però sei rimasta vittima della cattiva gestione della Zaaf Cycling. Com’è andata tutta quella vicenda?

E’ vero, è stato un brutto periodo. Arrivavo da un 2022 difficile, in cui a giugno ero stata investita da una moto mentre scendevo dallo Stelvio. Avevo trovato questa squadra spagnola tramite il mio procuratore e inizialmente sembravano avere un gran bel progetto (c’era anche Emanuela Zanetti, ndr). Abbiamo iniziato a correre dall’Australia, poi dopo il UAE Tour a metà febbraio sono iniziati i problemi. Il primo stipendio tardava sempre di più ad arrivare, mentre i dirigenti ci dicevano che erano solo intoppi burocratici per il trasferimento di fondi da una banca estera all’altra. Col passare dei giorni a noi atlete la storia puzzava sempre di più.

Cosa avete fatto?

Abbiamo continuato ad allenarci perché sapevamo di avere le iscrizioni garantite fino a fine aprile, ma a metà marzo ci eravamo attivate col CPA (l’associazione ciclisti professionisti internazionale, ndr). Chiedevamo di mediare questa situazione assurda. Fra noi compagne di squadra c’è stata molta solidarietà, poi Audrey (Cordon-Ragot, ndr) ha deciso di denunciare pubblicamente ciò che stavamo vivendo. E’ stato un bene per tutte noi. La Laboral mi ha chiamata a maggio e mi ha messo subito a mio agio. Sembrava che corressi con loro da sempre e gliene sono molto grata.

Prima della Roubaix, Silvestri abbraccia Cordon-Ragot, appena passata alla Human. A inizio 2023 hanno vissuto assieme l’esperienza della Zaaf Cycling
Prima della Roubaix, Silvestri abbraccia Cordon-Ragot, appena passata alla Human, dopo la brutta esperienza della Zaaf Cycling
Siete riuscite a prendere quegli stipendi arretrati?

Ad oggi ancora no. Con l’UCI avevamo avviato la procedura per ricevere quei quattro mesi di stipendi tramite la fidejussione che era stata versata. L’iter però pare sia piuttosto lungo. Solo dal prossimo marzo potremo prendere i soldi, quando verrà accertato da tutti gli organi interessati che noi ragazze non abbiamo mai ricevuto alcun pagamento in precedenza.

A livello morale ti è pesata questa situazione?

Inizialmente sì, ma non ad un certo non ci ho più voluto pensare. Anzi, chiusa una porta, mi si è aperto un portone (dice sorridendo, ndr). Con la Laboral sono riuscita a fare una bella seconda parte di stagione, togliendomi qualche soddisfazione. Alla Kreiz Breizh ero nella fuga giusta con altre tre ragazze, ma sono caduta negli ultimissimi metri sbagliando una curva sul bagnato. Peccato perché mi stavo giocando la vittoria (chiuderà quarta e successo di Vettorello, ndr).

Silvestri è approdata nel team basco a maggio 2023. Si è sentita subito a suo agio (foto Laboral)
Silvestri è approdata nel team basco a maggio 2023. Si è sentita subito a suo agio (foto Laboral)
Anche se la Laboral e Debora Silvestri non sono passate nel WT, che obiettivi avete per il 2024?

La squadra ha fatto una campagna acquisti importante. Fra le tante, sono arrivate due corridori forti come Lourdes Oyarbide dalla Movistar e Ane Santesteban dalla Liv Alula Jayco, che possono essere protagoniste in tante gare dure. Personalmente io voglio continuare a crescere e vorrei entrare in sintonia proprio con Ane. Lei sarà la nostra leader sulle Ardenne o nelle gare a tappe e a me piacerebbe ritagliarmi un ruolo di appoggio per lei. Poi se ci sarà spazio anche per me, non avrò paura a prendermi le mie responsabilità.

Una vita in bicicletta, ora Vieceli dice addio

08.12.2023
5 min
Salva

Lara Vieceli si gode, in questo inverno che ha un sapore diverso dal solito, le vacanze (foto Instagram in apertura). Prima un breve passaggio negli Stati Uniti e poi Caraibi, per un totale di dieci giorni. La contattiamo quando ancora si trova nel Paese con la bandiera a stelle e strisce. La linea va e viene, ma con un po’ di pazienza l’intervista si fa. 

«La vacanza – racconta in compagnia del suo fidanzato – è stata posticipata a dicembre perché prima sono stata operata al ginocchio. Postumi di una caduta che ho fatto a marzo, che mi ha provocato la rottura del piatto tibiale e del crociato. L’ortopedico che mi ha visitata mi ha detto che si poteva correre comunque, mancavano quattro mesi alla fine della stagione, e della carriera. Con qualche dolore ho comunque portato a termine la mia ultima stagione».

Era il 2016 e Vieceli corre per la prima volta la Freccia Vallone, era con la Inpa-Bianchi (foto Instagram)
Era il 2016 e Vieceli corre per la prima volta la Freccia Vallone, era con la Inpa-Bianchi (foto Instagram)
La tua carriera si interrompe a solamente 30 anni…

Avevo deciso ben prima dell’infortunio. In realtà dopo lo stop di marzo ho avuto qualche dubbio e pensavo: «Magari continuo un altro anno». Ma alla fine la decisione era ben radicata, avevo preso questa scelta fin dall’inverno scorso. Avevo deciso che avrei fatto l’ultimo Capodanno in bici e così è stato. Ho messo il primo numero sulla schiena quando avevo sei anni, mi sono detta che fosse giunto il momento di fare altro. 

Una carriera davvero lunga.

Sono stata in mezzo ai grandi cambiamenti del ciclismo femminile, situazioni stancanti dal punto di vista mentale. Nel corso delle ultime stagioni sono stati fatti dei passi avanti enormi, forse per certi aspetti si è anche corso troppo. 

E’ cambiato così tanto il ciclismo femminile?

Tantissimo. La situazione è sempre più professionale, c’è una grande qualità. Quando sono passata il primo anno elite, era il 2012, e le cose si facevano un po’ a caso. Poi sono entrati sistemi sempre più curati e professionali: strumenti, metodi di allenamento e alimentazione. All’inizio vinceva chi riusciva a mettere le cose in ordine e spesso si andava per tentativi, quando trovavi il “metodo” giusto continuavi. Ora anche nelle continental viene dato il giusto peso alle cose: soprattutto allenamento e alimentazione. Anche se quest’ultimo non è un argomento facile.

Dopo 2012, il primo anno elite, passa al team Michela Fanini, una salvezza (foto Instagram)
Dopo 2012, il primo anno elite, passa al team Michela Fanini, una salvezza (foto Instagram)
Come mai?

Molte mie colleghe hanno avuto un rapporto negativo con il cibo, anche io. Le società non avevano competenze all’inizio e mettevano tanta pressione. Ci sono state tante pressioni esterne e tanta emotività per superare questo ostacolo. In grandissima parte mi ha aiutato lo studio. Negli anni ho imparato a non ascoltare chi non aveva competenze a riguardo. 

Cosa hai studiato?

Mi sono laureata in Scienze Motorie e poi in Management dello Sport. Mi piace studiare, ho sempre dato tanto peso all’istruzione. Non credo al fatto di essere un’atleta e di non avere nulla in mano una volta finita la carriera. 

Nel tuo futuro che vedi?

Non saprei, ora mi sono presa il tempo per riposare. Ma da gennaio spero di avere qualcosa di più concreto in mano. Sono entrata nel ciclismo da adolescente, non ho esperienze lavorative oltre al correre in bici. L’istruzione e i vari studi mi danno fiducia nell’affrontare il post carriera. Non mi vedo molto legata al mondo del ciclismo, essere preparata mi offre orizzonti più ampi.

Tra 2017 e 2018 l’Astana Womens Team, un primo assaggio di professionismo (foto Instagram)
Tra 2017 e 2018 l’Astana Womens Team, un primo assaggio di professionismo (foto Instagram)
Sei diventata elite più di 10 anni fa…

La mia prima squadra (Verinlegno-Fabiani) ha chiuso senza alcun preavviso alla fine di quella stagione. Mi sono trovata che non conoscevo nessuno, e in più era l’anno olimpico. Praticamente un disastro. Per fortuna ho trovato la S.C. Michela Fanini Rox che mi ha dato un’occasione. Più avanti mi sono trovata nella situazione di cercare un’altra squadra, era il 2018 e mi è capitato il progetto della Ceratizit. Con loro ho corso fino al 2022. Alla fine penso di essermi ritagliata il mio ruolo. 

Qual è stato? 

Fare da gregario, un ruolo che secondo me si confaceva alle mie caratteristiche e che non è stato facile portare avanti per tanto tempo. 

Come mai?

Perché nel mondo del ciclismo femminile a livello pro’ e WorldTour c’è spazio per replicare il modello maschile. Ma non tutte le realtà sono così. Non si riesce sempre ad avere una distinzione nitida tra gregarie e capitane. Anche nelle squadre grosse ci sono 15-16 atlete, non di più. E nel calendario ci sono tante gare, spesso le squadre portano 4-5 atlete al posto delle sei previste. Non è facile vedere tante squadre che investono, ma quelle che valgono si vede. La Ceratizit per me è un esempio positivo, in quattro anni con loro non ho mai avuto un dubbio. 

Vieceli è stata una delle prime ad entrare nel progetto Ceratizit (foto Instagram)
Vieceli è stata una delle prime ad entrare nel progetto Ceratizit (foto Instagram)
Hai deciso di studiare comunque nonostante una carriera avviata…

Per due ragioni. La prima è che il ciclismo per tanti anni non è stato un lavoro, non ci potevo vivere. Se non ci fossero stati i miei genitori, non avrei potuto proseguire. Non giravano soldi, si ricevevano dei rimborsi spese davvero esigui. Il secondo motivo è quello della formazione e della crescita, cosa che dicevo anche prima.

Miglior progresso fatto dal mondo del ciclismo femminile?

Potrò sembrare veniale ma dico gli stipendi. Poter considerare il ciclismo un lavoro è la sicurezza che mancava. Avere un contratto regolare, pagare i contributi, non tutte le ragazze vivono questa situazione, ma sono sempre di più. Vi faccio un esempio…

La carriera si è conclusa quest’anno, con la maglia della Israel Premier Tech Roland (foto Instagram)
La carriera si è conclusa quest’anno, con la maglia della Israel Premier Tech Roland (foto Instagram)
Dicci.

Per migliorare in allenamento è necessario crescere e affidarsi anche a figure esperte: allenatori e nutrizionisti. Il problema è che fino a poco tempo fa il rimborso spese era di 300 euro, provate a dirmi voi come ci si poteva affidare a dei professionisti. Considerando che le squadre non ne avevano in organico. 

Lasci un ciclismo più cresciuto, ma non ancora “arrivato”.

E’ cresciuto tanto e ne sono contenta. Ma, come detto anche prima, non ha finito il suo processo evolutivo. Sono comunque serena nel lasciarlo in questo modo.