Sanchez ha detto basta: ultimo, ma da vincitore

25.09.2023
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Vuelta, tappa con arrivo a Bejes. Vingegaard, il vincitore è arrivato da 19 minuti, i Jumbo-Visma hanno sistemato la loro classifica, ma la gente non è andata via. E’ lì. Aspetta. Aspetta che Luis Leon Sanchez arrivi al traguardo. E’ caduto, i dolori gli fanno compagnia nelle faticose pedalate verso il traguardo. E’ ultimo, ma la gente gli tributa un’ovazione come se fosse il primo. Perché sa che non lo vedrà più correre.

L’arrivo a Rejes, ultimo e staccato, con i segni della caduta. La folla lo acclama come se avesse vinto
L’arrivo a Rejes, ultimo e staccato, con i segni della caduta. La folla lo acclama come se avesse vinto

20 anni da professionista

Sanchez ha deciso di chiudere. «Avevo già detto che lo avrei fatto a Madrid, chiudendo la mia ultima Vuelta – afferma ai giornalisti presenti – e neanche l’ultima, ennesima caduta della mia carriera me lo impedirà. E’ un atto dovuto a tutti i miei tifosi, per ringraziarli del sostegno che non mi hanno mai fatto mancare. Il mio sogno era di fare anche un solo anno da professionista: ne ho fatti 20…».

Sanchez è uno che ha vinto, tanto: 47 successi in carriera, fra cui 4 tappe al Tour de France e 2 Clasica di San Sebastian, oltre a 5 titoli spagnoli di cui 4 a cronometro. Ma non è con queste che è riuscito a essere più popolare anche di suo fratello Pedro Leon, calciatore del Murcia passato anche nelle fila del Real Madrid di Mourinho e ricordato con poco piacere dai tifosi del Milan per quel gol al 93° in Champions League 2011 costato la vittoria. Non è con queste che è riuscito a far passare sotto traccia la sospensione per doping che lo ha coinvolto nel 2015, quand’era nelle file dell’olandese Blanco/Belkin per essere legato al famigerato dottor Fuentes, quello dell’Operation Puerto. Sospetti costatigli tutta la stagione ma mai effettivamente affluiti verso una vera squalifica.

Sanchez premiato a Madrid, dopo la conclusione della sua ultima Vuelta, la tredicesima
Sanchez premiato a Madrid, dopo la conclusione della sua ultima Vuelta, la tredicesima

La perfetta vita da atleta

La grande forza di Sanchez è stata la sua simpatia, la sua disponibilità. Stefano Zanini ha vissuto parte della sua vita ciclistica insieme allo spagnolo, dal 2015 a oggi all’Astana con la parentesi del 2022 alla Bahrain Victorious e lo conosce bene: «Lo conoscevo già, nei miei ultimi anni da corridore lui iniziava la sua avventura e si vedeva il suo talento. Sanchez è quello che si chiama uomo-squadra, quell’elemento che tutti vorrebbero avere all’interno del proprio team perché fa gruppo ed è di esempio ed è su questo aspetto che voglio mettere l’accento.

«Lo spagnolo è sempre stato un corridore vecchio stampo. Uno attentissimo a ogni aspetto della propria vita d’atleta, guardava all’alimentazione, alla preparazione con un’attenzione pari a quella di oggi, ma quando lui iniziò non era così. E’ stato un antesignano. Un professionista vero, che non ha mai mollato neanche un secondo.

La vittoria nella tappa del Tour del 2008, battendo il tedesco Schumacher poi squalificato e Pozzato
La vittoria nella tappa del Tour del 2008, battendo il tedesco Schumacher poi squalificato e Pozzato

Gli esercizi per la schiena malandata

«Tanto per fare un esempio, Luis ha sempre avuto una particolare attenzione per la schiena, sentendo col passare degli anni i naturali problemi di postura e di risentimento che l’attività può comportare. Ebbene, non ha mai rinunciato agli esercizi specifici, neanche a fine carriera. Un altro avrebbe potuto mollare, lui no, fino all’ultimo giorno è stato un professionista serissimo».

Tra le vittorie, quali pensi siano quelle che tiene nel cuore? «Si sarebbe portati a dire le due prove di San Sebastian perché per uno spagnolo vincere in casa è il massimo, ma so che tiene particolarmente ai successi al Tour perché è l’espressione ciclistica per eccellenza. Ad esempio quella del 2012, quando dopo la lunga fuga è ancora in testa con 4 uomini fra cui Sagan ma approfitta della distrazione dello slovacco per allungare senza essere più ripreso».

Il momento dello scatto decisivo nella tappa di Foix al Tour 2012. Beffati i compagni di fuga
Il momento dello scatto decisivo nella tappa di Foix al Tour 2012. Beffati i compagni di fuga

Al servizio di Cavendish

Per Zanini l’essere un uomo-squadra significa anche sapersi mettere in discussione: «Sanchez è stato competitivo fino all’ultimo, ma ha saputo essere utile per il team anche in maniera diversa. Ad esempio all’ultimo Giro d’Italia si è messo al servizio di Cavendish e gli ha tirato la volata verso la vittoria. Ha sempre saputo mettersi a disposizione degli altri quando capiva che la corsa non era per lui e questo è un pregio».

Tecnicamente come può essere identificato? «E’ stato un corridore completo, capace di vincere su diversi percorsi. Non era certamente uno scalatore ma sapeva domare anche le alte montagne altrimenti non finisci nella Top 10 al Tour e alla Vuelta come ha saputo fare. Era fortissimo sul passo, capace di fare la differenza anche su salite non troppo dure come dimostrato a San Sebastian, anche veloce, mai averlo con se in una fuga ristretta…».

Per Sanchez 48 vittorie in carriera, tra cui anche due Clasica di San Sebastian (qui nel 2012)
Per Sanchez 48 vittorie in carriera, tra cui anche due Clasica di San Sebastian (qui nel 2012)

Il dolore per Michele

E al di fuori delle corse? «Uno attaccatissimo alla famiglia, quando ci vivi assieme durante l’anno cogli quel legame, quel bisogno di sentire sempre i propri cari vicino, anche solo con una telefonata. Era uno che dava tutto, ma io ricordo un momento particolarmente doloroso della sua carriera e fu quando morì Michele Scarponi. Luis era stato nella stanza con Michele al Tour of the Alps, la sua ultima corsa. Erano molto legati e la notizia della sua scomparsa fu per lui un colpo duro da assorbire. Io spero che rimanga nell’ambiente, uno così in una squadra è sempre una figura importante, qualsiasi ruolo ricopra».

Kuss e la Jumbo: ipotesi e chiacchiere sul contratto

25.09.2023
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Sepp Kuss ha vinto la Vuelta ed ha un altro anno di contratto con la Jumbo-Visma. Far parte della squadra numero uno al mondo e la consapevolezza che non avrebbe mai vinto senza la benevolenza dei compagni smorza probabilmente ogni velleità. Tuttavia, la penuria di uomini da Giri potrebbe indurre qualche squadra a tentare l’americano. E per contro, nei piani del suo agente potrebbe esserci la voglia di tentare il salto. Che cosa fa in certi casi l’agente di un corridore come Kuss?

Alex Carera con suo fratello Johnny è uno dei soci fondatori della A&J, società che rappresenta un ampio numero di atleti
Alex Carera con suo fratello Johnny è uno dei soci fondatori della A&J, società che rappresenta un ampio numero di atleti

Il contratto di Kuss

Sepp è seguito da un agente americano, per cui quello che segue è praticamente un discorso da bar, per capire quali siano le dinamiche possibili. Lo abbiamo chiesto ad Alex Carera, che non ha mai lavorato con Kuss, ma in certi scenari si muove perfettamente a suo agio.

«Farei un altro ragionamento – inizia il bergamasco – e cioè che in questo momento ci sono cinque team estremamente ricchi e Kuss fa parte di uno di quelli. Quindi l’eventuale proposta economica di un’altra squadra, potrebbe arrivare dalla stessa Jumbo, cui lui deve qualcosa, come la Jumbo deve qualcosa a lui. Io credo che se fossi il suo agente, la prima cosa che farei sarebbe incrementare il suo contratto, ma al tempo stesso punterei ad allungarlo, perché non so quante altre Vuelta potrebbe vincere».

Richard Plugge, Merijn Zeeman e i loro gioielli: Vingegaard, Kuss e Roglic. I contratti sono blindati
Richard Plugge e i suoi gioielli: Vingegaard, Kuss e Roglic. I loro contratti sono blindati
Infatti Kuss avrà certamente la consapevolezza che se gli altri lo avessero attaccato, non avrebbe vinto…

Sicuramente questo c’è, perché aveva soltanto 8 secondi di vantaggio e non ci dimentichiamo che ha guadagnato tre minuti grazie a una fuga. Per cui se io fossi il suo agente farei questa mossa.

Kuss sembra un ragazzo con la testa sulle spalle, ma può capitare che al corridore venga la voglia di andare a cercare fortuna altrove?

Se vince un grande Giro, se la gioca anche dov’è, quindi perché andare via, considerato che lui è uno di quelli meglio pagati? Secondo me non è questo il problema. Ci sono tre grandi Giri e nessun grande capitano può farli tutti, quindi se lui da gregario pure diventasse capitano, troverebbe lì il suo spazio.

In cosa si potrebbe migliorare il contratto?

Prima di tutto, nella maggior parte dei casi hai già previsto delle clausole migliorative, nel caso di particolari risultati. Questo è il punto numero uno, per cui normalmente tutti hanno il bonus. Non solo per la vittoria, anche per una top 3 o una top 5. Quando le cose iniziano a mettersi in questo modo, non si aspetta neppure la fine della corsa: tante volte si bussa alla porta del team manager anche durante la competizione.

Kuss vive in Andorra da anni e ora la sua popolarità è alle stelle
Kuss vive in Andorra da anni e ora la sua popolarità è alle stelle
L’atleta è al corrente di queste manovre?

In queste fasi l’atleta deve rimanere concentrato unicamente sulla gara. Oggi un bravo agente è colui che lascia l’atleta più tranquillo possibile, in modo che non debba preoccuparsi delle discussioni con le squadre. Poi a fine gara, il lunedì o la domenica sera, si tirano le somme.

L’incremento di un contratto così, fermo restando che non sappiamo da che base parta, è significativo secondo te o si parla di piccoli ritocchi?

Quando uno parla di un atleta del genere, è normale che sia un ritocco significativo. Molto dipende anche dalla base di partenza. Kuss a mio parere, provo a fare una stima, è un atleta che guadagna un milione e 200 mila, un milione e mezzo, quindi si parlerebbe di un salto in avanti comunque importante. Non ho la certezza che lui guadagni così perché non sono suo agente, però credo che per un atleta considerato da tutti come uno tra i migliori aiutanti al mondo, e non da oggi, i valori siano questi.

Quindi gli orizzonti possibili in questo momento non sono molti…

Lui è un caso molto particolare. E’ già al top come atleta, in una tra le cinque squadre più ricche al mondo. Quindi bisogna considerare che non ce ne sono così tante che possano paragonarsi alla Jumbo a livello di budget: due o tre al mondo? Quindi un conto è se corresse in una squadra più piccola, ma corre già alla Jumbo, credo che il caso neanche si ponga.

Kuss ha aiutato Roglic a vincere il Giro, poi Vingegaard al Tour: la squadra gli doveva qualcosa
Kuss ha aiutato Roglic a vincere il Giro, poi Vingegaard al Tour: la squadra gli doveva qualcosa
La sensazione è che rispetto a una volta la vittoria non sia più il motivo per cambiare squadra…

La differenza è che adesso ci sono contratti molto più lunghi: una volta normalmente erano biennali, adesso sono quadriennali. Di conseguenza fanno tutti i programmi a crescere con dei bonus. E’ un’altra mentalità: oggi si ragiona a lunga scadenza, una volta si ragionava a corta scadenza. Quindi il ragionamento non si può più fare in questi termini.

Aumentare l’ingaggio comporta necessariamente un prolungamento?

Se chiedi di più, devi dare qualcosa in cambio. Quindi io sono disposto a concedere fino a 500 mila euro in più, ma devo avere in cambio uno o due anni di contratto in più.

Sulla Vuelta Saronni ne ha per tutti, da Vingegaard in poi

24.09.2023
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E’ passata una settimana dalla conclusione della Vuelta, da quel podio tutto targato Jumbo-Visma con Vingegaard e Roglic, ossia il re del Tour e del Giro a fare da valletti a Sepp Kuss, loro gregario nelle due prime avventure della stagione e questa volta proiettato sul gradino più alto. Un dominio incontrastato, ma con qualche perplessità destata dalla gestione del team olandese.

Le ultime tappe dure avevano dimostrato in maniera evidente come Jonas Vingegaard fosse il più forte della compagnia, ma hanno anche evidenziato come il danese abbia corso quasi con il bilancino, attento a non superare l’americano. Scelta dettata dal team? Volontà di non penalizzare Kuss che aveva capitalizzato al meglio la fuga bidone della prima settimana? Tante le ipotesi possibili, abbiamo allora provato a fare chiarezza parlandone con chi il mondo dei pro’ lo conosce in ogni sua sfumatura, Giuseppe Saronni.

Saronni, qui con Argentin, esprime le sue idee su vantaggi e svantaggi per la Jumbo-Visma
Saronni, qui con Argentin, esprime le sue idee su vantaggi e svantaggi per la Jumbo-Visma
Che idea ti sei fatto dell’epilogo della corsa iberica?

Io credo che la Jumbo-Visma abbia iniziato la corsa con qualche dubbio, legato al futuro di Roglic. Si parlava molto della possibilità che lo sloveno cambiasse squadra, invece pare rimanga perché il team olandese gli ha garantito il giusto spazio. Questo ha influito sull’evoluzione della corsa, che poi ha preso una piega probabilmente inattesa.

La vittoria di Kuss è stata decisa a tavolino dal team?

Penso di no, è certo però che la squadra aveva per certi versi interesse che Kuss vincesse, per molte ragioni: gratificare il corridore dopo quanto fatto a Giro e Tour, ma anche capire quali sono i suoi limiti e come può gestire la pressione di un grande giro. Attenzione però: la Vuelta non è al pari di Giro e Tour, che scatenano un’attenzione decisamente maggiore.

Anche alla Vuelta Vingegaard si è dimostrato il più forte, ma senza conquistare il trofeo
Anche alla Vuelta Vingegaard si è dimostrato il più forte, ma senza conquistare il trofeo
Vingegaard come l’hai visto?

Non era quello del Tour, è evidente, eppure in un buon campo partenti – e sottolineo buono, non oltre – aveva fatto la differenza. Poteva superare l’americano, è molto probabile, ma è stato bravo anche Kuss a tenere botta, restare lì davanti, meritandosi la maglia roja.

Resta però la sensazione di una classifica che non rispecchia la vera gerarchia dei valori…

Io credo che la Jumbo-Visma abbia lasciato mano libera ai suoi corridori. L’interesse del team era quello di vincere, a un certo punto quello di fare man bassa sul podio e scrivere una pagina storica, ma chi fosse, primo, secondo e terzo era delegato direttamente ai corridori, senza combinare disastri… Poi è chiaro che per i diesse una soluzione del genere, voluta dagli stessi atleti evita ogni malumore e questo nel prosieguo dell’attività è molto importante.

Da che cosa deduci la scelta di lasciare libertà ai propri atleti?

Se si guarda l’evoluzione delle tappe, si vedeva che quando partiva uno di loro gli altri stavano lì, aspettavano, poi appena conclusa l’azione partiva un altro e così via. Quelle sono azioni frutto di accordi in corsa, fatte per non pestarsi i piedi nella consapevolezza della propria superiorità. Anch’io l’ho fatto tante volte, poi è difficile che il progetto vada in porto in maniera così schiacciante come avvenuto alla Vuelta, ma i Jumbo non hanno davvero sbagliato nulla.

C’erano dubbi sulla permanenza di Roglic nel team, dissipati durante la corsa
C’erano dubbi sulla permanenza di Roglic nel team, dissipati durante la corsa
Pensi sia stata anche una scelta di Vingegaard evitare il sorpasso per non trovarsi un nemico in casa?

Sicuramente per Jonas questo è stato un investimento a lungo termine. Lui sa e Kuss sa altrettanto bene che il danese era il più forte e gli ha fatto un favore, verrà il momento che riscuoterà. Per l’americano, e ancor più per il team, la situazione era ideale perché anche avesse avuto un cedimento, c’erano gli altri due pronti a prendere il suo posto.

Domanda al Saronni campione: in questo modo però Vingegaard si trova con una Vuelta in meno…

Verissimo e nello sport non si può mai ipotecare il futuro. Fare due grandi giri in una stagione è sempre un rischio, non puoi sapere se l’anno prossimo sarai nella stessa situazione, nella stessa forma. L’incognita la devi mettere in conto, quindi è vero che il danese ha pagato un prezzo salato, per sua scelta. Solo in futuro sapremo se ha fatto bene e ha perso poco.

Kuss e Vingegaard. Ora l’americano ha un debito da saldare verso il danese…
Kuss e Vingegaard. Ora l’americano ha un debito da saldare verso il danese…
La Jumbo-Visma diventa così sempre più una squadra di leader che fanno anche da gregari, quasi cancellando questo ruolo…

E’ il ciclismo del futuro e io a tal proposito ricordo quand’ero alla Mapei, dicevo sempre che avrei sempre voluto tanti campioni da mettere d’accordo. Sarà anche difficile, ma lo è ancor di più cercare il risultato quando non hai qualità in mano. Oggi è un ciclismo fatto di punteggi, di calcoli, un ciclismo fatto col bilancino. Alla fine i fuoriclasse veri si contano sulle dita di una mano. Molto influisce anche il calendario, così ricco che dà spazio a tutti, ma le gare che contano sono sempre quelle poche e io preferirei un calendario più asciutto dove i campioni si scontrino in quegli stessi appuntamenti, tutti insieme. Invece ti trovi giornate anche con 6 gare in contemporanea, questo non è un bene.

Un dominio come quello del team olandese non rischia di creare inimicizie all’interno del gruppo?

Questo penso che lo abbiano messo in preventivo. Così aiuti nel gruppo non ne trovi. Hai fatto una cosa fantastica e difficilmente ripetibile, ora però andando avanti raramente troveranno qualcuno che gli darà una mano nel togliere le castagne dal fuoco…

Pellizotti su Landa gregario: «Una scelta che capisco»

22.09.2023
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Perché un corridore come Mikel Landa, che ha ancora le gambe per arrivare quinto alla Vuelta, di colpo si converte in gregario e passa con Evenepoel? La domanda ce la siamo fatta un po’ tutti e così a un certo punto c’è venuto in mente di porla a Franco Pellizotti, che Landa ha guidato nella corsa spagnola. Anche se di recente il basco è parso meno incisivo, è un fatto che quando trova la condizione sia fra i pochi a cambiare gli equilibri delle corse in montagna. Forse alla Soudal-Quick Step avrà i suoi spazi, ma il passaggio nella squadra belga lo rimette al servizio di qualcuno più grande di lui, come inizialmente fu con Nibali e poi parzialmente con Aru.

«Mikel – dice Pellizotti – ha dimostrato di essere uno dei primi fra i… normali. All’inizio sembrava quasi che avessero trovato l’accordo per restare con noi, ma alla fine è possibile che la scelta di andare con Remco sia stata dettata dalla voglia di avere un po’ meno pressione. Qua era il nostro leader, entrare nella squadra che ha un capitano come Evenepoel, che sta dimostrando di essere uno tra i più forti al mondo, gli permetterà di fare un lavoro che conosce bene. Quindi è una scelta che capisco e magari posso anche condividere…».

Pellizotti, Landa e Gradek dopo l’arrivo sul Tourmalet: per Mikel quel giorno un ottimo 7° posto
Pellizotti, Landa e Gradek dopo l’arrivo sul Tourmalet: per Mikel quel giorno un ottimo 7° posto
Landa è stato con voi per quattro anni, secondo te è riuscito a esprimere tutto il suo potenziale o la sfortuna in certe occasioni l’ha frenato?

Prima ho corso contro di lui, poi da direttore sportivo l’ho avuto come corridore. Devo dire che secondo me nella sua carriera avrebbe potuto fare molto di più. Ma lui è così, non per niente tantissima gente gli vuole bene per il suo modo di essere: il famoso “landismo”. Mikel è questo e non puoi farci niente, però ha doti che non hanno nulla da invidiare a quelle di Vingegaard e Roglic. Magari ha il punto debole della cronometro, però in salita ha delle doti fantastiche.

Che cosa significa che Mikel è questo e non ci si può fare niente?

Lo vedo come un’artista. Ha le sue idee, non è un corridore come il ciclismo moderno vorrebbe. Non fa diete assolute e ferree, è ancora un corridore vecchio stile. Gli piace godersi la vita, la famiglia, gli amici e questo magari lo porta ad arrivare alle corse non ai livelli che vediamo al giorno d’oggi.

Perché dici di condividere la sua scelta?

Perché per questo suo modo di essere, va bene così. Con quel ruolo riuscirà a vivere un po’ meglio come qualità della vita. Condivido la scelta perché comunque, per quello che dice, stiamo parlando degli ultimi anni della sua carriera. Oddio, quando vai a metterti a disposizione di un corridore come Remco (senza togliere che anche lui potrà togliersi altre soddisfazioni in corse dove magari l’altro non ci sarà), comunque dovrà essere a livelli altissimi. Se andiamo a vedere, l’ultimo uomo dei leader della Jumbo-Visma ha appena vinto la Vuelta. Oggi l’ultimo uomo di un grande capitano fa il lavoro quando davanti restano veramente pochi, quindi devi essere a livelli molto alti. Mikel riesce ancora a farlo.

Sul traguardo dell’Angliru, Landa e Kuss sono arrivati insieme, a 19 secondi da Roglic
Sul traguardo dell’Angliru, Landa e Kuss sono arrivati insieme, a 19 secondi da Roglic
Tu passasti al servizio di Nibali che ormai avevi 38 anni, ci sono punti di contatto?

Non troppi, Mikel è ben più giovane e con altre qualità. Lui non vede ancora tanti anni di ciclismo davanti a sé, ma tra il dire e il fare passa veramente tanto. Perché adesso la vede così, poi va a lavorare per un leader e magari scopre gli stimoli per andare avanti qualche anno in più.

Gli pesava fare il leader?

Non so neanch’io se sia stato questo. Sinceramente non mi aspettavo che andasse via, ma pensandoci le opzioni erano due. Quella che ha scelto, oppure restare qui facendo il leader e un po’ la chioccia per i giovani. Mi avrebbe stupito di più se avesse scelto di andare a fare il leader in un’altra squadra, alla Lidl o alla AG2R come si era sentito dire. Quello mi avrebbe colpito di più, perché ci ha sempre detto che qui alla Bahrain Victorious si trovava bene. La scelta di andare alla Soudal-Quick Step ha un senso.

Cosa vi lascia Mikel?

Domenica sera, dopo l’ultima tappa abbiamo cenato a Madrid. E Milan Erzen, il nostro capo, ha preso la parola e lo ha ringraziato molto. A questa Vuelta non era arrivato in grandissima forma, però ha dimostrato ancora una volta di aver avuto carattere e di aver lottato fino alla fine. Giorno dopo giorno è stato un esempio per i giovani che c’erano in squadra, il nostro Antonio Tiberi, Govekar e anche Buitrago. Ogni giorno prendeva la parola anche lui dopo le riunioni, quindi è uno che ci metteva del suo anche nella gestione della squadra.

Tirato da Caruso, con Vingegaard a ruota: le prestazioni di Landa in salita sono ancora eccellenti
Tirato da Caruso, con Vingegaard a ruota: le prestazioni di Landa in salita sono ancora eccellenti
Proprio alla Vuelta è andato forte all’Observatorio Astrofisico della sesta tappa e anche sull’Angliru, un fatto di motivazioni o di condizione in arrivo?

Ha sofferto nella prima settimana, perché non è arrivato al 100 per cento per problemi di stomaco. Sapevamo che si era allenato bene, era anche andato a provare alcune tappe, però fisicamente non era al massimo. Per cui nella prima settimana siamo andati un po’ cauti, poi piano piano è cresciuto. E’ entrato nella fuga dei 40 corridori con Kuss, recuperando quello che aveva perso nel primo arrivo in salita ad Andorra. Poi ha fatto una bella cronometro: visto il percorso, una delle più belle della sua carriera. E alla fine ha dimostrato di essere un corridore di fondo. La tappa del Tourmalet è stata dura, corsa a velocità molto alte. Nel finale non usciva più la differenza fra chi aveva 7 watt/kg e gli altri, ma chi aveva più fondo. Lui ha sempre sofferto le tappe piatte con l’arrivo in salita, perché non è esplosivo come gli altri. Però nelle tappe impegnative ha dimostrato di avere ancora grandi attitudini nel soffrire e sempre la solita classe.

Che bilancio fai della vostra Vuelta?

Lo ripeto: la prima settimana abbiamo sofferto perché i ragazzi non andavano come volevamo, però piano piano sono cresciuti. Siamo riusciti a mantenere la calma e nella terza settimana sono usciti molto bene. Tiberi è un ragazzo su cui stiamo lavorando molto e abbiamo visto dei miglioramenti grandissimi dalla prima all’ultima tappa, non solo a livello fisico, ma anche a livello tattico. Abbiamo dovuto lavorare molto per fargli capire che ogni tappa ha una logica e che noi partiamo sempre con un copione diverso. All’inizio aveva qualche difficoltà a entrare in questi meccanismi, correva sempre molto lontano dai suoi compagni. Invece piano piano, anche con l’aiuto di Damiano Caruso (lo abbiamo messo in camera con lui proprio per questo) è venuto fuori. Siamo molto felici. Quello che è riuscito a fare è solo l’inizio di quello che ci aspettiamo da lui. E poi la vittoria di Wout Poels…

Dalla Vuelta al Tour (nella foto) i tifosi amano Landa: il “landismo” è quasi una filosofia di vita
Dalla Vuelta al Tour (nella foto) i tifosi amano Landa: il “landismo” è quasi una filosofia di vita
Importante?

Ha vinto la tappa numero 20, che per noi è stata la ciliegina sulla torta. Abbiamo fatto un’ottima terza settimana, ma col fatto che Evenepoel era uscito di classifica, ce lo trovavamo sempre nelle fughe e non era facile. Come non era facile, quando arrivavi in gruppo sotto le salite, battere quelli della Jumbo. Caruso ha fatto un ottimo secondo posto, ma la vittoria di Poels è stata importante perché, dopo aver vinto due tappe al Giro e tre al Tour, finire la Vuelta senza vincerne una sarebbe stato brutto. Ce l’abbiamo messa tutta, è stata sofferta, ma siamo tornati a casa finalmente soddisfatti.

“Doppietta” Tour-Vuelta, ora Bernal punta al 2024

22.09.2023
5 min
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Sulle strade di Tour de France e Vuelta, in qualche caso sovrapposte, è tornato a pedalare Egan Bernal. Il corridore della Ineos Grenadiers ha portato a termine la sua personale “doppietta”: 42 giorni di corsa in due mesi, non poco considerando da dove partiva e dalla condizione dimostrata. Il colombiano è tornato ad assaporare l’aria dei grandi eventi e questo non può che fargli bene, donandogli nuove aspettative. 

Di questo parliamo con Matteo Tosatto, suo diesse nel team britannico. Lo intercettiamo in uno dei momenti di vita quotidiana, mentre ha accompagnato la figlia a nuoto. Seduto al bar beve un caffè e risponde alle nostre domande. 

Il Tour per Bernal è stato un passaggio sulla strada del ritorno, l’importante era fare fatica
Il Tour per Bernal è stato un passaggio sulla strada del ritorno, l’importante era fare fatica

Due grandi fatiche

Mettere in fila due grandi corse a tappe è stato un bel modo per rispondere a tante domande. Senza nemmeno aver bisogno di sprecare tante parole, Bernal ha corso, si è messo in mostra e ha terminato entrambe le corse.

«Non l’ho seguito personalmente – racconta Tosatto – per scelte tecniche non ho seguito la squadra al Tour e alla Vuelta. Però in squadra, tra tecnici, ci sentiamo tutte le settimane. In più ci siamo confrontati anche con l’allenatore di Bernal. Quindi qualche dettaglio sulla sua condizione lo abbiamo».

Stare in gruppo e mettersi a disposizione dei compagni gli hanno permesso di crescere
Stare in gruppo e mettersi a disposizione dei compagni gli hanno permesso di crescere
Tornare al Tour era il primo obiettivo?

Sì. L’idea era di vederlo all’opera sulle strade della Grande Boucle e poi di trarre le prime conclusioni. In Francia il percorso era molto impegnativo, il fatto di averlo portato a termine ci ha dato una grande soddisfazione. Era importante tornare a queste corse, in vista del recupero totale. 

In corsa cosa doveva fare?

Nella prima settimana, quella corsa nei Paesi Baschi, doveva provare a restare con i migliori. Ha risposto bene, non si è scomposto e alla fine ha concesso solo qualche manciata di secondi. Un primo segnale positivo. 

Con il proseguire delle tappe è uscita la fatica, ma era preventivabile, no?

Assolutamente. Quello che mancava a Egan era mettere insieme tanti giorni di corsa e tanta fatica. Di chilometri ne ha fatti, si è messo a disposizione dei compagni e ha speso tante energie. Insomma, un bel modo di riprendere la mano con le corse importanti.

Eccolo alla Vuelta con la maglia di Santini dedicata alla solidarietà
Eccolo alla Vuelta con la maglia di Santini dedicata alla solidarietà
La Vuelta era già in programma o è arrivata dopo?

L’idea era di vedere come avrebbe finito il Tour e trarre le prime conclusioni. Una volta visto che la risposta di Bernal è stata positiva, la Vuelta è arrivata di conseguenza. Tra l’una e l’altra ha anche avuto modo di tornare a casa, in Colombia, e allenarsi in altura. 

Anche in Spagna era a disposizione di Thomas.

La Vuelta dal punto di vista della classifica non è andata come ci saremmo aspettati. Però ha risposto bene anche in quel caso, fin dalla cronometro a squadre di Barcellona. E’ rimasto con i compagni, un segnale positivo per noi e per lui. 

Alla Vuelta nell’ultima settimana è andato meglio…

E’ arrivato settimo in una tappa, la 18ª, quella vinta da Evenepoel, andando in fuga per 170 chilometri. Riuscire a fare uno sforzo del genere alla fine di un grande Giro è un bel segnale in vista del 2024.

Dopo il Tour è arrivata la convocazione alla Vuelta, un bel segnale
Dopo il Tour è arrivata la convocazione alla Vuelta, un bel segnale
Che cosa vi aspettate dalla prossima stagione?

Dall’inverno si avrà un’idea migliore di come sta e del lavoro che ci sarà da fare. Queste due corse a tappe ravvicinate servivano per aiutarlo a sopportare meglio la fatica e avere una migliore gestione dei recuperi. Ci si aspetta che più avanti nel tempo possa fare carichi di lavoro sempre più intensi. 

Potrà tornare a puntare ai grandi obiettivi?

Penso proprio di sì. Fare un inverno tranquillo, dove lavorare tanto e bene, sarà il primo obiettivo. Quando si programma la stagione rientrare bene è più semplice, basta focalizzarsi sugli obiettivi. 

Tornando al 2023, come lo hai visto pedalare?

Sereno. Stava in gruppo e spesso era davanti a tirare. Dalla televisione non si vedono tutti i dettagli, ma erano tutti contenti di lui. Non vale la pena stare a guardare i numeri e i risultati. 

Bernal tornerà a lottare per la maglia gialla al Tour?
Bernal tornerà a lottare per la maglia gialla al Tour?
Le salite tra Spagna e Francia erano dure, un bel test per lui…

Sicuramente certi sforzi è meglio farli in gara che in allenamento. Mettersi in gruppo e seguire gli altri ti porta a fare più fatica, a mollare meno di testa. Questo finale di stagione gli servirà molto. 

Bernal che dice?

Abbiamo parlato con il suo allenatore. Era contento e soddisfatto. Si è visto un netto miglioramento nello sforzo e nei numeri. 

Correrà ancora?

Non sappiamo. Non credo farà le gare in Italia, c’è qualche corsa in Oriente, ma non credo parteciperà. La miglior cosa per lui è riposare e preparare il 2024.

L’impresa triste di Remco e lo scettro di Kuss: parola a Martinelli

14.09.2023
5 min
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Remco Evenepoel che sull’arrivo porta ripetutamente l’indice al casco, come a dire che serve la testa, e la Jumbo-Visma che incorona Sepp Kuss: La Cruz de Linares ha dato questi verdetti. Questa pazza e strana Vuelta ha trovato protagonisti e tappe inattese.

Giuseppe Martinelli, che oggi era alla Coppa Sabatini in Toscana, non si è comunque perso la corsa spagnola. Il “vecchio” Martino ne sa una più del diavolo ed è lui a prenderci per mano e a dare risposte importanti.

Si correva ancora nelle Asturie, quasi al confine coi Paesi Baschi. In tutto oltre 4.600 m di dislivello
Si correva ancora nelle Asturie, quasi al confine coi Paesi Baschi. In tutto oltre 4.600 m di dislivello

Remco bravo, ma…

Partiamo da Remco. Ancora un’impresa mostruosa, potente, grandiosa ma anche, lasciatecelo dire, un po’ triste. Il belga compie numeri pazzeschi, anche watt alla mano, ma se li fai quando hai 37 minuti di ritardo, non hanno lo stesso piglio di quando sei in lotta per la generale. L’approccio è differente.

«Secondo il mio punto di vista – dice Martinelli – Remco non pensava di prendere quella batosta. Ed è stata una batosta più di testa che di gambe. Ne sono certo. Non prendi 27′ e il giorno dopo fai quello che fai. E anche sull’Angliru quasi riesci nuovamente nell’impresa e oggi di nuovo così. Alimentazione, recupero… No, è stata la testa».

«Remco è forte, ma deve capire che nei giorni in cui non vai, non puoi lasciare andare tutto. Deve imparare a gestirsi. Ma questo dipende solo da lui. In quel momento sei solo, non ti deve crollare il mondo addosso. Lotti, muori, tieni duro».

Quel dito sul casco diventa ancora più suggestivo dopo queste parole.

Un bravissimo Damiano Caruso chiude secondo a 4’44” da Evenepoel con cui era in fuga
Un bravissimo Damiano Caruso chiude secondo a 4’44” da Evenepoel con cui era in fuga

Bisogna crescere 

In quel momento sei solo. Momenti che deve imparare a gestire. Due frasi che hanno un certo peso quelle di Martino. Giusto qualche giorno fa avevamo riportato le parole di Bruyneel, diesse discusso, ma che sa il fatto suo. 

Il belga aveva detto che Evenepoel era il direttore sportivo della sua squadra, come se davvero fosse da solo. 

«Nella tappa dell’Angliru – prosegue Martinelli – uno come lui non doveva andare in fuga (Bruyneel aveva detto anche questo, ndr): è forte e doveva affrontare i big. Alla fine, dal giorno della crisi questo ragazzo è sempre stato davanti. E le sue non sono fughe bidone, non scappa con quattro pellegrini. Remco domina.

«Dire che in squadra soffrano la sua personalità non lo so, ma è certo che Evenepoel deve imparare a gestire quei momenti difficili. Lui stacca il cervello dalle gambe e non so chi potrebbe aiutarlo. Bruyneel ha detto quelle cose in modo un po’ generico, ma Remco deve lavorare su questo aspetto se vuole puntare a fare bene nei grandi Giri. Per me è il più forte del gruppo o alla pari di qualcuno, perché Roglic, Vingegaard, Auyso o Kuss non sono in grado di fare quei numeri come oggi».

Ayuso e Mas scattano nel finale, Kuss e Roglic chiudono per tenere tutti a distanza nella generale, mentre Vingegaard molla 9″
Ayuso e Mas scattano nel finale, Kuss e Roglic chiudono per tenere tutti a distanza nella generale, mentre Vingegaard molla 9″

Dominio Jumbo 

E con Kuss si passa al secondo tema di giornata: l’ormai consueto dominio della Jumbo-Visma. Oggi sono arrivate quelle risposte che cercavamo ieri. Chi designeranno come vincitore della Vuelta in casa Jumbo? Come si gestiranno? A quanto pare vedremo un americano a Madrid.

«Per me si sono accapponati la pelle da soli – dice Martinelli – loro avevano questi due fenomeni e si sono ritrovati col “terzo incomodo” in maglia roja. Alla fine non sapevano cosa fare… Non puoi lasciare andare via Kuss in maglia di leader. Un errore per me, visto che potevano vincere due grandi Giri nella stessa stagione con Roglic o con Vingegaard, qualcosa che non riesce più a fare nessuno da anni».

L’opinione pubblica è tutta a favore di Kuss. E’ la favola del gregario che dà sempre l’anima per i suoi capitani e si ritrova per una volta con lo scettro in mano. Oggi, salvo sconvolgimenti nella frazione di sabato, i gialloneri hanno dato il via all’operazione simpatia, così è stata ribattezzata e invocata da più di qualcuno la sua vittoria.

Sepp Kuss in rosso a tre tappe dal termine. Guida con 17″ su Vingegaard, 1’08″su Roglic e 4′ su Ayuso, primo degli “altri”
Sepp Kuss in rosso a tre tappe dal termine. Guida con 17″ su Vingegaard, 1’08″su Roglic e 4′ su Ayuso, primo degli “altri”

Operazione simpatia

L’arrivo odierno di Vingegaard faceva sorridere: il danese in pratica non ha pedalato per lasciare qualche secondo al compagno. E quando Kuss è partito a caccia di Ayuso, dietro parlottava con Roglic. Forse i due campioni non erano neanche in soglia!

«La tappa di sabato è durissima… se decidono di farla forte e di attaccare – va avanti Martinelli – ma chi li attacca quelli? E non credo che tra di loro si meneranno. Ripeto, gli si è creata questa situazione e a quel punto chi non tifava per Kuss? Oggi hanno giocato col gatto col topo, si è visto. Hanno deciso chi vincerà la Vuelta. O forse lo hanno deciso ieri sera…».

In effetti le dichiarazioni post Angliru di Roglic e Vingegaard erano a favore di Kuss e i due sono stati fedeli a quanto detto. Poi c’è anche un altro aspetto da valutare: il futuro. Decidere uno tra Primoz e Jonas potrebbe creare qualche problema in squadra. Il terzo incomodo, che tra l’altro è sempre stato presente nei grandi Giri conquistati dalla corazzata olandese, quasi, quasi faceva comodo stavolta.

Insomma i coltelli non volano a porte chiuse e i sorrisi in pubblico sembrano essere reali. E poi è vero che non faranno vincere uno dei due corridori più prestigiosi, ma è anche vero che ne piazzano tre sul podio. Assolo totale.

«No, quali coltelli – conclude il “Martino nazionale” – sono i più forti. Hanno regalato emozioni e spettacolo. Con Kuss colgono l’occasione di accontentare il pubblico, hanno vinto tutte le tappe più importanti…. Non si litiga quando è così».

L’Angliru a Roglic. Ma quali equilibri ci sono in casa Jumbo?

13.09.2023
6 min
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Il più classico degli Angliru da una parte, con nebbia, umidità, due ali di folla nei tratti più aperti… E una scalata “più piatta” del solito dall’altra, con una selezione da dietro dettata dal dominio della Jumbo-Visma.

Sul mostro asturiano ha vinto Primoz Roglic. Lo sloveno si conferma a suo agio con certe pendenze, visto che quassù già aveva fatto bene nella Vuelta 2020 e visto quanto accaduto pochi mesi fa sul Lussari.

All’uscita del tratto più duro, Roglic (con la monocorona) ha attaccato. Alla fine è stata tripletta Jumbo anche qui
All’uscita del tratto più duro, Roglic (con la monocorona) ha attaccato. Alla fine è stata tripletta Jumbo anche qui

L’analisi con Cassani

Ma in tutto questo ci si pongono diverse domande: chi ha deciso di far vincere la Jumbo-Visma? Come sono gli equilibri in campo? Quando in squadra ci sono troppi i galli a cantare il rischio è che il pollaio possa rompersi.

Davide Cassani in carriera ne ha viste e vissute di cotte e di crude. Lui, tanto per dirne una, era in quella famosa Carrera di Roche e Visentini. Lì sì che volarono coltelli. Qui in apparenza sembra filare tutto liscio.

«Il nostro problema – racconta Cassani riferendosi proprio ai fatti del 1987 – è che Roche aveva apportato quell’attacco senza dire niente a nessuno. Visentini si arrabbiò e fu detto a noi gregari di andarlo a prendere. A quel punto Roche davanti tirò come un forsennato… Ma la questione di base è che non c’era feeling tra Roche e Visentini. Non mi sembra questo il caso della Jumbo-Visma. Kuss ogni volta che finisce una tappa, anche se ha perso terreno, è l’uomo più sorridente e tranquillo del mondo».

Anche oggi lo squadrone olandese ha controllato la gara, anche se ha sfruttato e il grande lavoro della Bahrain-Victorious. Ma quando sono arrivati al dunque Sepp Kuss, Jonas Jonas Vingegaard e appunto Primoz Roglic hanno messo in chiaro i valori in campo. 

«Ho visto un finale particolare – commenta Cassani – ho avuto come l’impressione che Vingegaard fosse rimasto lì come a dire: “Io mi metto a ruota del primo che va e non faccio niente. Poi vediamo che succede”. Kuss si è difeso come meglio ha potuto e Roglic era a tutta. Ci ha provato».

Ancora un grande Cattaneo ha portato fuori Evenepoel. L’ultimo della fuga ad arrendersi sulle rampe dell’Angliru
Ancora un grande Cattaneo ha portato fuori Evenepoel. L’ultimo della fuga ad arrendersi sulle rampe dell’Angliru

Risultato in cassaforte

Calma apparente sull’Angliru. Come se su quelle pendenze ci possa essere della calma. Ragionare non è facile neanche per dei super campioni come loro. Il fatto è che Vingegaard dopo le difficoltà ammesse nella prima settimana è in netta crescita. Kuss non è stato attaccato del tutto perché… è Kuss, uomo squadra a cui tutti vogliono bene. E Roglic è forte, ma non il più forte.

«Per me in Jumbo-Visma hanno tutto sotto controllo – ha detto Cassani – almeno da fuori è così. Di certo in questi giorni si sono parlati e di certo se volevano platealmente far vincere Kuss lo potevano fare. Avrebbero rallentato.

«La mia idea è che loro vogliano mettere in cassaforte il risultato (sia di tappa che della generale, ndr) e una volta fatto questo dicano ai ragazzi di giocarsela nel finale».

 

«Posso ipotizzare che oggi gli abbiano detto di stare insieme fino ai tre chilometri dall’arrivo e se fosse stato tutto sotto controllo, se la sarebbero potuta giocare. Che poi è il discorso legato a Kuss. Alla fine lo hanno attaccato, ma gli hanno anche portato riguardo nel corso di questa Vuelta. Attacchi sì, senza mai mettere in pericoloso il successo della squadra. Quindi possono aver trovato questo accordo, anche perché già da un po’ hanno capito che possono vincere la corsa».

Ayuso, l’unico che poteva impensierire i tre Jumbo per il podio, ha incassato 1’42”. Ora è 4° a classifica a 4′ tondi, tondi
Ayuso, l’unico che poteva impensierire i tre Jumbo per il podio, ha incassato 1’42”. Ora è 4° a classifica a 4′ tondi, tondi

Due triplette in vista

L’analisi dell’ex cittì rispecchia quanto accaduto negli ultimi arrivi in salita. L’idea della doppia tripletta – tutti e tre i grandi Giri e le prime tre posizioni a Madrid – è ormai più che una possibilità concreta. Sarebbe un successo clamoroso basato su grandi singoli, ma anche su una grande forza di squadra.

Ma squadra o no, il re a Madrid sarà uno. Idea nostra è che  Roglic, salvo un’azione monster, non possa recuperare tanto terreno a Vingegaard e forse neanche a Kuss. Resta infatti una sola tappa di pura salita, quella di domani. E poi c’è quella di sabato, ideale per le imboscate. Una tappa che tanto ricorda quella in cui fu beffato Purito Rodriguez. Ma con una Jumbo così, e seguendo quanto dice Cassani, viene da pensare che si deciderà tutto domani sulla Cruz de Linares.

«Ho avuto l’impressione – conclude Cassani – che Vingegaard non volesse affondare il colpo. Ma il bello di questa Jumbo è che sono imprevedibili. Tatticamente non sono mai banali. Ogni tanto cambiano strategia… Cambiano modulo, passano dal 4-3-3 al 3-4-3 ma sempre con tre punte giocano!

«A questo punto della corsa a tutti e tre hanno dato e daranno la possibilità di giocarsi la Vuelta. Come è giusto che sia. Hanno trovato un meccanismo vincente. Magari dettato anche dalle piccole situazioni di difficoltà in cui si sono ritrovati, ma hanno rimediato subito (il pensiero va alla tappa di San Sebastian al Tour con Van Aert furioso ma il giorno in prima linea per i compagni, ndr). Piccoli inconvenienti che li hanno fatto crescere anche in tal senso».

Kuss sorridente già prima del via. Oggi l’americano compiva 29 anni. A quattro tappe da Madrid è leader con 8″ su Vingegaard e 1’08” su Roglic
Oggi Kuss compiva 29 anni. A quattro tappe da Madrid è leader con 8″ su Vingegaard e 1’08” su Roglic

Tutti per Kuss?

E far scopa con quanto detto da Cassani ci sono poi i diretti interessati. Sepp Kuss continua a ridere nonostante ormai abbia pochi secondi di vantaggio sul re del Tour.

«Sono arrivato in Spagna senza aspettative – ha detto Sepp – volevo aiutare i leader. Poi all’improvviso ho preso questa bellissima maglia e così che ho anche scoperto un nuovo livello di corsa per me e un istinto da competizione. Ma ci sono due grandi uomini al mio fianco. Lavoriamo bene insieme dietro le quinte. Sono grandi campioni. Naturalmente voglio avere la mia occasione, ma non mi dispiace lavorare per loro se necessario».

E a queste parole si aggiungono quelle di Vingegaard, per certi aspetti ancora più al miele: «La vittoria di tappa era il nostro obiettivo principale e poi volevamo anche mantenere la situazione nella classifica generale. Siamo molto contenti. Sono sinceramente felice che Sepp sia ancora il leader. Onestamente spero che mantenga la maglia di leader e vinca questa Vuelta».

E infine Roglic: «Oggi ho provato a vincere io. Ho attaccato nel finale, Jonas è riuscito a restare a ruota e Seppe no. Ha detto di essersi sentito un po’ così, così… Comunque ho detto a Sepp di continuare a lottare. La maglia rossa ti porta a fare questo e alla fine ce la farà».

Dichiarazioni non banali quelle di Roglic e Vingegaard. Che in casa Jumbo-Visma abbiano deciso a chi andrà la Vuelta?

Sorriso Uijtdebroeks, in Spagna come un bimbo alle giostre

13.09.2023
5 min
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Il giorno di riposo di Cian Uijtdebroeks, lunedì, è stato l’occasione per fare il punto sul primo grande Giro del giovane belga. Il ragazzino della Bora-Hansgrohe si è affacciato sulla terza settimana con un solo (grosso) acciacco: una piaga al soprassella che finora lo ha infastidito parecchio e per la quale i medici della squadra tedesca stanno attuando tutte le terapie possibili.

In Belgio lo seguono come si fa con chi porta grosse promesse e ha tutta l’intenzione di mantenerle. Chissà se alla Soudal-Quick Step si mangiano le mani per averlo fatto andare via, dopo averlo avuto ospite a Livigno durante un ritiro estivo. Di fatto, Uijtdebroeks fece il primo anno da junior nella stessa squadra da cui passò Evenepoel, poi scelse di approdare alla Auto Eder e di lì il passaggio alla Bora è stato automatico.

La conferenza stampa virtuale nel giorno di riposo ha permesso di conoscere meglio Uijtdebroeks (foto matthispaul)
La conferenza stampa virtuale nel giorno di riposo ha permesso di conoscere meglio Uijtdebroeks (foto matthispaul)

Nessun confronto

Che fosse forte si era capito subito, al punto che quando lo scorso anno vinse il Tour de l’Avenir, un certo Bernard Hinault lo coprì di complimenti e questo in qualche modo gli permise di uscire dal cono d’ombra di Evenepoel.

«E’ bello che un uomo come Hinault – ha raccontato il belga nell’incontro online con i giornalisti – dica che ho un po’ di classe. E’ bello sentirlo dire da un ex corridore così eccezionale, ma io faccio quello che posso e rimango me stesso. Finché non ho vinto l’Avenir, il paragone con Remco era costante. Ora le cose sono cambiate e finalmente si parla di Uijtdebroeks senza che lui venga coinvolto. Lo preferisco. E’ importante che si parli di chi sono e non più di chi potrei diventare. Altrimenti, al confronto, nessuno sarà mai soddisfatto dei miei risultati. Faccio quello che posso e ho ancora molto tempo per crescere»

Evenepoel e Uijtdebroeks (foto del Giro di Svizzera) vengono spesso accostati sui media
Evenepoel e Uijtdebroeks (foto del Giro di Svizzera) vengono spesso accostati sui media

Il lavoro più bello

In comune con il connazionale della Soudal-Quick Step, Uijtdebroeks ha il gusto di raccontare e raccontarsi, mettendo sul tavolo un entusiasmo raro a vedersi: forse dovuto all’ingenuità dei pochi anni, anche se tutti ci auguriamo che non perda mai tanta spontaneità.

«Parlare con i media – ha detto – fa parte del lavoro, no? Andare in bicicletta mi piace e ora è diventata la mia professione. Sono molto felice di quello che faccio, me la sto passando bene, semplicemente perché il mio lavoro non sembra un lavoro. Sono felice come quando ero junior, mi diverto. Le corse sono divertenti, è un sogno diventato realtà. E il bello è che ormai non si tratta solo di correre contro i più forti, ma essere anche in grado a volte di seguirli. Sto dimostrando chi sono. E io, quando sono felice, sorrido».

La crono di Valladolid è stata dura per il problema al soprassella e la difficoltà di tenere la posizione
La crono di Valladolid è stata dura per il problema al soprassella e la difficoltà di tenere la posizione

Voglia di salite

Come già raccontato ieri da Lenny Martinez, studiare la reazione dell’organismo nella terza settimana fa parte di tutto quello che il corridore deve scoprire per diventare grande. Il corpo cambia, si abitua alla fatica e ad essa reagisce. Ogni giorno la fase di recupero è diversa dalla precedente.

«Sento che i muscoli sono un po’ stanchi – ha spiegato Uijtdebroeks – e che corro da tanti giorni, più di quelli cui sono abituato, ma in generale mi sento ancora abbastanza fresco. Non mi sento male o esausto. Temo più il dolore alla sella che le salite più dure. Spero che gli altri inizino a stancarsi e che io possa ancora sfruttare la mia relativa freschezza. Anche se può bastare un solo giorno storto per compromettere tutto. Guardo il mio amico Lenny Martinez che volava davvero i primi giorni, ma all’improvviso ci ha preso mezz’ora».

Uijtdebroeks è nato il 28 febbraio 2003, è pro’ dal 2022. E’ alto 1,85 e pesa 68 chili
Uijtdebroeks è nato il 28 febbraio 2003, è pro’ dal 2022. E’ alto 1,85 e pesa 68 chili

Il giorno dell’Angliru

Fra lui e il giovane francese ci sono cinque mesi di differenza: si sono sfidati in lungo e in largo nelle categorie giovanili e ritrovarsi a farlo anche ora nel WorldTour dà ad entrambi il senso di aver preso la strada giusta. Nessuno dei due ha provato l’Angliru: entrambi lo scopriranno proprio oggi.

«Il mio allenatore John Wakefield – ha spiegato – mi ha detto che avrei fatto meglio a non farlo, perché avrebbe potuto condizionarmi mentalmente. E’ una scalata dove puoi vincere o perdere tutto. Molti corridori avevano paura del Tourmalet, io non vedevo l’ora di farlo. Io in genere non vedo l’ora che arrivino le montagne più dure».

Sempre col sorrido sul voto: Uijtdebroeks dice di sentirsi felice com un bambino
Sempre col sorrido sul voto: Uijtdebroeks dice di sentirsi felice com un bambino

Tour, no grazie

Le domande sono state tante e forse ancora una volta si è capito che la differenza fra Cian e Remco sta nella modestia. Quando gli hanno chiesto se sia pronto per andare al Tour il prossimo anno, Uijtdebroeks ha risposto sicuro che se ne parlerà se tutto va bene nel 2025: il prossimo anno sarà Giro o nuovamente Vuelta.

«Il Tour è il mio sogno – ha detto – ma so che al momento le possibilità di fare bene sono piccolissime. Per cui il prossimo anno non se ne parla. A meno che – ha sorriso – non venga fuori che il Giro e la Vuelta hanno percorsi pianeggianti e tre crono e il Tour abbia soltanto salite…».

Vingegaard da solo, per l’amico e per la Vuelta

12.09.2023
5 min
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In quella gola scura come il cielo che ha portato pioggia sulle Asturie, Jonas Vingegaard ha pescato direttamente dal cuore per scattare e vincere la seconda tappa di questa Vuelta. Se la vittoria sul Tourmalet gli aveva permesso di fare gli auguri a sua figlia, quella di oggi è servita per sentirsi vicino a Nathan Van Hooydonck. Sull’arrivo è crollato, sfinito e in lacrime: neppure al Tour lo avevamo visto così provato.

L’incidente di Van Hooydonck e sua moglie ha gelato il gruppo. Il belga dovrebbe essere fuori pericolo (foto BFM/Het Nieuwsblad)
L’incidente di Van Hooydonck e sua moglie ha gelato il gruppo. Il belga dovrebbe essere fuori pericolo (foto BFM/Het Nieuwsblad)

Tutti per Van Hooydonck

Stamattina intorno alle 8,30 il corridore belga ha perso il controllo della sua Range Rover nera, a causa di un malore improvviso. L’auto ne ha travolte altre cinque, prima di fermarsi. A bordo c’era anche sua moglie incinta, che per fortuna ne è uscita illesa (la coppia aveva già perso un bimbo nel 2021). Van Hooydonck è stato portato all’ospedale e messo in coma farmacologico. La notizia si è abbattuta sulla squadra come un pugno alla bocca dello stomaco, per cui quando via radio all’inizio della salita i corridori hanno saputo che il compagno era finalmente vigile (come ha confermato anche il bollettino arrivato in serata), Vingegaard ha potuto spiccare il volo.

«All’inizio della salita finale – ha confermato sul traguardo Attila Valter – ci è stato detto che Nathan è sveglio e starebbe abbastanza bene. Questo è quello che abbiamo sentito e spero che sia così. Abbiamo tutti sentimenti contrastanti, abbiamo lottato e vinto per lui. Non so se possa già guardare la TV, ma spero che presto possa fare il tifo per noi. Noi lo stiamo già facendo per lui».

Sull’arrivo Vingegaard non ha voluto esultare. Prima si è messo la mano sul cuore e poi è crollato
Sull’arrivo Vingegaard non ha voluto esultare. Prima si è messo la mano sul cuore e poi è crollato

Per il miglior amico

Chissà se la notizia è arrivata quando Vingegaard, ripreso dalle telecamere prima di scattare, ha comunicato con l’ammiraglia. Se così fosse, la scena acquisirebbe un impatto emotivamente immenso. Anche se il risultato finale è stato anche l’attacco frontale al compagno Kuss in maglia rossa.

«Ho vinto per il mio migliore amico», ha detto il danese. «Stamattina abbiamo ricevuto una notizia terribile – ha continuato – e volevo vincere per lui. Fortunatamente ora ci sono buone notizie sulle sue condizioni. Un grande sollievo per me e per tutta la squadra. Spero che ora possa riprendersi bene».

Vingegaard a questo punto, con un ritardo di soli 29 secondi da Kuss, rischia di essere il candidato numero uno per la vittoria finale, anche se in questa serata ad alta emotività, ha preferito non fare previsioni. Non ha neppure esultato. Solo a pochi metri dal traguardo ha poggiato più volte il palmo della mano sul cuore, tradendo l’emozione che solo raramente affiora nei suoi gesti.

Evenepoel ha tagliato il traguardo a 14’16”, terz’ultimo dell’ordine di arrivo: domani farà la tappa?
Evenepoel ha tagliato il traguardo a 14’16”, terz’ultimo dell’ordine di arrivo: domani farà la tappa?

Provocazione Bruyneel

Chi sull’Angliru potrebbe far esplodere la corsa è Evenepoel. Al suo indirizzo ha parlato in un podcast uno che di ciclismo ne sa tanto, che è stato messo giustamente ai margini, ma indubbiamente sa come si gestiscono le squadre nelle grandi corse a tappe: Johan Bruyneel, mentore e complice di Armstrong nei sette Tour vinti e poi restituiti.

«Il fatto che Remco sia andato in fuga sabato è stata un’idea perfetta – ha detto nel podcast TheMove+ – il percorso era adatto per staccare tutti, infatti è arrivato da solo. Invece non è stata una buona idea andare anche il giorno dopo. Era una tappa meno difficile e dopo la fuga del giorno prima doveva essere anche stanco. Non è un robot, né un superuomo. Il ciclismo ai massimi livelli non funziona così, anche se ti chiami Remco Evenepoel. La squadra sta cercando corridori che possano assisterlo in salita, ma forse dovrebbero cercare persone che possano consigliarlo meglio. Ogni squadra ha un capitano che prende le decisioni finali più difficili e quel capitano dovrebbe essere il direttore sportivo. Invece penso che sia Remco stesso il capo di questa squadra. Se vuole vincere un’altra tappa, deve concentrarsi sull’Angliru. E non in fuga. Deve lottare con i grandi e cercare di battere il trio Jumbo-Visma. Sarebbe una buona aggiunta alla sua Vuelta e soprattutto gli darebbe una iniezione di fiducia. Se fossi in lui, sarebbe l’obiettivo principale».

Secondo Caruso, l’Angliru assesterà la classifica alle spalle della Jumbo, ma non si aspettava l’attacco di Vingegard
Secondo Caruso, l’Angliru assesterà la classifica alle spalle della Jumbo, ma non si aspettava l’attacco di Vingegard

Parola a Caruso

La chiusura la lasciamo a Damiano Caruso, raggiunto sul pullman mentre si dirigeva verso l’hotel, che per una volta le squadre hanno raggiunto a un orario umano. Nel finale il ragusano è stato davanti con Landa e alla fine si è piazzato 16° a 1’26” da Vingegaard.

«Domani – ci ha detto – sarà una salita un po’ particolare, una di quelle tappe che darà un bell’assestamento fra le posizioni di rincalzo. Non per la Jumbo, perché quelli l’assestamento l’hanno già fatto oggi. L’Angliru l’abbiamo visto più di una volta ed è una salita nella quale non si può mentire. La Jumbo oggi ha dimostrato ancora una volta che sono fortissimi, perché hanno controllato la fuga agevolmente. Poi nel finale sinceramente sono rimasto sorpreso dell’attacco di Vingegaard, che praticamente è stato un attacco diretto al suo compagno di squadra. Io pensavo e come me tanti pensano che vogliano far vincere la Vuelta a Kuss, ma dopo quello che ho visto oggi credo che questo non sia scontato. Insomma, sarà interessante vedere anche come si muoveranno domani…».