Un quadro consegnato a Jonas Vingegaard alla partenza del Tour de France da Firenze (in apertura nella foto di Bram Berkien). Il danese ha dimostrato di averlo gradito molto in questo singolare binomio fra ciclismo e pittura. Se negli stessi giorni abbiamo incontrato Miguel Soro e le sue opere, non passa inosservato sui social la produzione di Giada Gaiotti, pittrice che ogni giorno sfodera un nuovo ritratto.
Artista per puro caso
Il quadro consegnato a Vingegaard lo ha dipinto invece Laura Mars, marchigiana che collabora con Nimbl, l’azienda che produce le calzature della Visma-Lease a Bike, nell’ambito del design.
«La mia passione per la pittura – racconta – è nata circa tre anni fa per puro caso, imbattendomi in un video sui social. Da lì cominciai ad appassionarmi giorno dopo giorno e a realizzare le mie prime opere. L’arte è diventata il canale che mi permette di comunicare emozioni e raccontare storie che le parole non possono esprimere. Una sorta di viaggio interiore che mi consente di esplorare le mie emozioni e dare voce a ciò che le parole non riescono a esprimere. Ogni pennellata rappresenta un’esperienza unica che mi avvicina sempre di più all’essenza della creatività e della bellezza».
Laura Mars è l’autrice del quadro consegnato a VingegaardLaura Mars è l’autrice del quadro consegnato a Vingegaard
Una trilogia vibrante
Osservando il quadro nelle mani di Vingegaard, non passa inosservato il sovrapporsi di tre tonalità: il rosa, il giallo e il rosso, come le maglie dei tre Grandi Giri conquistati lo scorso anno dalla squadra olandese.
«Mixare i colori nelle mie opere – spiega – è una scelta per creare un senso di movimento e fluidità. Far sì che ogni tonalità si fonda con l’altra, eliminando i confini netti e permettendo allo spettatore di percepire il movimento e l’energia intrinseca dell’opera. I colori sfumati creano un’atmosfera avvolgente e invitano l’osservatore a immergersi completamente nel quadro.
«Ho recentemente completato una trilogia di quadri dedicata al ciclismo, celebrando i tre Grandi Giri: il Tour de France, il Giro d’Italia e la Vuelta a España. Ogni quadro è un omaggio a queste straordinarie competizioni e utilizza colori distintivi per evocare la loro essenza. Il giallo brillante del Tour de France, il rosa vibrante del Giro d’Italia e il rosso ardente della Vuelta a Espana. Questo progetto in collaborazione con la Visma-Lease a Bike è stato un viaggio emozionante, che mi ha permesso di fondere la mia passione per l’arte e il ciclismo».
Un autografo sugli scarpini e poi Jonas Vingegaard si è tuffato nel viaggio del Tour (foto Bram Berkien/Team Visma Lease a Bike)Un autografo sugli scarpini e poi Jonas Vingegaard si è tuffato nel viaggio del Tour (foto Bram Berkien/Team Visma Lease a Bike)
Omaggio alla storia
Il suo viaggio nel Tour de France non si è esaurito nella consegna del quadro per Vingegaard e la sua squadra. E dato che quest’anno si è fatta la storia del ciclismo, Laura ha iniziato a lavorare già a un’altra opera.
«Il mio percorso – conferma – non si ferma qui. Ho molti progetti futuri legati al mondo del ciclismo. Infatti mi è stata commissionata un’opera per festeggiare una leggenda di questo TdF che ha stabilito un record storico. Sono entusiasta delle possibilità che il futuro riserva e non vedo l’ora di continuare a esplorare e condividere la mia passione per il ciclismo attraverso l’arte. Ogni nuovo progetto è un’opportunità per raccontare una nuova storia e ispirare altri a scoprire la bellezza di questo meraviglioso sport».
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Nelle prove contro il tempo quello che conta maggiormente è la velocità, arrivare nel minor tempo possibile al traguardo. Una sfida che è l’espressione massima della solitudine del ciclista, con la fatica nelle gambe e lo sguardo proiettato verso la curva successiva. Per una bici da cronometro la velocità è tutto, ogni dettaglio deve essere indirizzato a questo scopo. Cervélo ha messo a punto il suo modello P5, la bici che è stata protagonista insieme ai corridori della Jumbo Visma nel 2023 delle vittorie al Giro d’Italia e proprio oggi al Tour de France.
La parte frontale è stata rivisitata per una maggiore efficienza aerodinamicaLa parte frontale è stata rivisitata per una maggiore efficienza aerodinamica
Veloce e aerodinamica
Una freccia nell’arco dei migliori ciclisti al mondo che in questa stagione è stata rinnovata e portata ad un livello successivo. La base è un telaio che potesse sfruttare al meglio l’ultima generazione di ruote, con la possibilità di montare copertoni con una larghezza massima di 34 millimetri. Una scelta che ha un impatto positivo sull’aerodinamica e sulla resistenza al rotolamento. Jonas Vingegaard avrà a disposizione un’arma in più nella lotta alla maglia gialla quest’anno.
La P5 presenta una baserbar più bassa, per ridurre il coefficiente aerodinamico. Le estensioni, invece, possono essere regolate in un range che va da 0 a 30 gradi, con incrementi di 5 millimetri per volta. Cervélo ha pensato anche ai triatleti, ai quali sono fornite diverse opzioni di stoccaggio di gel e barrette, così da potersi alimentare in gara.
I nuovi pad della P5 sono più larghi, più alti e più spessi di primaLe estensioni possono essere regolate in un range che va da 0 a 30 gradiI nuovi pad della P5 sono più larghi, più alti e più spessi di primaLe estensioni possono essere regolate in un range che va da 0 a 30 gradi
Miglioramenti tecnici
I primi cambiamenti si notano nella parte frontale, con il manubrio realizzato con un unico pezzo, soluzione già presente sul modello da strada: la S5. Una scelta che facilita l’assemblaggio e la regolazione, con una stack che ora arriva fino a 40 millimetri. La base della parte frontale, scende di altri 10 millimetri, per ridurre l’impatto frontale dell’aria.
Come detto in precedenza la parte delle ruote ha subito una modifica importante, con uno spazio maggiore per ospitare copertoni fino a 34 millimetri. Una scelta ideale per il nuovo set di ruote Reserve 77/88 usate in combinazione con il copertone Vittoria da 29 millimetri. Il risparmio in termini di potenza si aggira intorno ai 4 watt, che si alza a 5 watt vista la miglior aerodinamica del telaio.
Un’altra chicca tecnica è il design dei foderi fastback, che riduce la rigidità verticale del 22 per cento. La rigidità laterale, invece, è rimasta invariata, per avere un trasferimento di potenza sempre impeccabile.
L’abbinamento ruote Reserve 77/88 e copertoni Vittoria da 29 millimetri offre vantaggi in termini di scorrevolezzaL’abbinamento ruote Reserve 77/88 e copertoni Vittoria da 29 millimetri offre vantaggi in termini di scorrevolezza
Diversi gruppi
Cervélo e il team Visma Lease a Bike continuano a lavorare con SRAM. I gruppi Red e Force includono ora i misuratori di potenza Qarq Zero direttamente integrati nella pedivella. La rigidità risulta migliorata, così come il peso e anche la precisione di lettura dei dati.
Sul mercato sono disponibili diverse versioni: il top di gamma è rappresentato dalla P5 che monta il gruppo SRAM Red Axs con il prezzo di 14.999 euro. A seguire ci sono i due modelli che montano gruppi Shimano: Dura-Ace Di2 e Ultegra Di2, con prezzi rispettivamente di 13.999 euro e 10.499 euro.
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VALLOIRE (Francia) – Se lo aspettavano che Pogacar avrebbe attaccato in quel punto. Così quando lo sloveno è partito, Vingegaard ha fatto quello che tutti si aspettavano da lui: rispondergli. E’ sembrato di rivedere la scena del San Luca e di tante salite dello scorso anno, solo che questa volta il danese è parso meno brillante. Lo ha tenuto lì, ma è bastato che fra le loro ruote si aprisse una crepa, perché Pogacar prendesse il largo e Jonas iniziasse a pensare come limitare i danni.
Evenepoel è arrivato a Valloire al secondo posto ed è secondo anche nella generaleEvenepoel è arrivato a Valloire al secondo posto ed è secondo anche nella generale
Una bomba a orologeria
Come siano andate le cose lo spiega molto bene Remco Evenepoel, secondo all’arrivo dopo una discesa prodigiosa e secondo anche nella classifica generale.
«Ero vicino a Tadej – sorride – ed era come una bomba a orologeria che sta ticchettando. Aspettavo che andasse e l’ho visto partire. Penso che fosse abbastanza chiaro che si sarebbe mosso nell’ultimo chilometro, perché c’era un po’ di vento a favore ed era anche il tratto più ripido. E soprattutto con gli abbuoni sulla cima, penso che sia stato un attacco molto intelligente. Ha mostrato ancora una volta le sue qualità: ritmo elevato e attacco brutale. Penso sia chiaro che è lui il più forte in campo.
«Per un momento ho pensato di seguirlo anch’io, ma poi mi sono detto che sarebbe stato meglio aspettare e non esplodere. I suoi attacchi sono così esplosivi, che è piuttosto difficile prendergli la ruota. Se non lo fai subito, lui va via. Ma penso che arrivare secondo in una grande tappa di montagna di un grande Giro ed essere secondo nella generale, non è così male».
Vingegaard ha meno tifosi di Pogacar, ma i suoi sostenitori si fanno sentire e notareVingegaard ha meno tifosi di Pogacar, ma i suoi sostenitori si fanno sentire e notare
Salvare la pelle
La partenza da Pinerolo, nel giorno in cui il Tour ha lasciato l’Italia, per Vingegaard è stata nel segno della grande cautela. La risposta del San Luca è parsa abbastanza pronta, ma l’arrivo di Valloire avrebbe proposto per la prima volta delle grandi salite. Quale sarebbe stata oggi la risposta del danese? Vingegaard ha ricevuto la visita di Nathan Van Hooydonck e poi si è avviato alla partenza sapendo che avrebbe dovuto cercare di limitare i danni.
Così quando lo troviamo al pullman, per la prima volta sconfitto in modo significativo, la sua reazione è di grande calma. Sapeva che avrebbe avuto delle difficoltà. E se è vero tutto quello che ha passato, essere riuscito a duellare sopra i 2.500 metri con Pogacar è stato davvero un gesto da campione.
Vingegaard ha tagliato il traguardo a 37 secondi con Carlos RodriguezVingegaard ha tagliato il traguardo a 37 secondi con Carlos Rodriguez
Cosa ti sembra dei 37 secondi che hai perso oggi?
Penso, ovviamente, che sia un peccato essere indietro. Ma ad essere onesti, ci aspettavamo di essere dietro dopo queste prime quattro tappe, di perdere tempo quasi ogni giorno. Quindi essere stati in difficoltà oggi per la prima volta è qualcosa che potrebbe anche soddisfarmi. In più la maggior parte del tempo perso oggi è venuto nella seconda parte della discesa, dove il peso conta un po’ di più.
Cosa ti è mancato in discesa?
La differenza in vetta era di 10 secondi e al traguardo è stata di 37. La discesa è andata abbastanza bene sino alla fine del tratto con più curve. Lo tenevo davanti a 10 secondi, poi quando la strada è diventata dritta, la gravità ha fatto la sua parte e ho perso terreno. Devo accettarlo.
La discesa è stata un accumulo di acido lattico: Vingegaard ha pagato proprio nel finaleLa discesa è stata un accumulo di acido lattico: Vingegaard ha pagato proprio nel finale
Devi accettare anche il fatto che sul Galibier sei rimasto presto da solo?
Aiuta sempre avere qualcuno accanto in salita, forse lo avrei messo davanti. Ma oggi è andata così e non cambia la stima che ho nei confronti di Jorgenson e Kelderman. So quello che possono fare e so che lo faranno. Pensavo che sarebbero rimasti davanti più a lungo, ma ormai è cosa fatta.
Hai detto di voler aspettare il passare dei giorni. Credi di poter crescere?
Sì, di sicuro. Ci aspettavamo a questo punto di essere 50 secondi indietro, quindi penso che sia una piccola vittoria. Ora mi trovo in una situazione nuova, ma sappiamo cosa fare e certo non lo dirò qui. Negli ultimi due anni abbiamo creduto nel nostro piano e ci crediamo anche oggi. Quindi vedremo come andranno le cose alla fine del Tour.
In casa Visma temevano di avere già un passivo superiore, invece tappe come Bologna hanno detto che Vingegaard c’èIn casa Visma temevano di avere già un passivo superiore, invece tappe come Bologna hanno detto che Vingegaard c’è
Il piano della Visma
Il piano dello scorso anno consisteva nel far sfogare Pogacar nelle prime tappe e di… cucinarlo poi nel finale, come era stato anche nel 2022 con l’attacco sul Granon. La grande differenza la fa il punto di partenza. Lo scorso anno lo sloveno usciva da un infortunio e non aveva una squadra di superstar. Quest’anno l’infortunio è toccato a Vingegaard e la sua Visma-Lease a Bike non è nemmeno parente di quella che lo scorso anno vinse Giro, Tour e Vuelta. Mentre il UAE Team Emirates ha fatto un altro deciso salto di qualità.
«Speravamo che Jonas potesse tenere Pogacar sul Galibier – dice Grischa Niermann, diesse del team olandese – ma non è stato così. Abbiamo perso un po’ di tempo in discesa e anche questo era fra le possibilità. Ora abbiamo 50 secondi di ritardo da Pogacar, ma se me lo aveste proposto venerdì prima della partenza del Tour, avrei firmato subito. Oggi è stato il primo, grande test in montagna e Jonas è stato bravo: oggi come nei primi giorni. In una tappa come questa c’è solo un corridore che può staccarlo ed è Tadej Pogacar, quindi non sono assolutamente preoccupato del fatto che Jonas non sia all’altezza».
Vingegaard ha perso abbastanza presto l’appoggio di Jorgenson, con 2’42” all’arrivoVingegaard ha perso abbastanza presto l’appoggio di Jorgenson, con 2’42” all’arrivo
«Ora Tadej dovrà difendere la maglia – conclude Nierman – ma ha una squadra molto forte, soprattutto in salita, quindi sarà in grado di farlo. Per noi potrebbe essere un vantaggio, ma credo sia sempre meglio essere in vantaggio che dover inseguire. Semmai, parlando di noi, sapevamo che Jonas non avrebbe avuto gregari in cima alla salita. Il nostro miglior scalatore è Sepp Kuss e non è qui.
«Quindi quando Pogacar accelera e in testa restano appena 3-4 corridori, sappiamo che Jonas dovrà cavarsela da solo. Mentre Yates, Ayuso, Almeida e Pogacar sono fra i 4-5 migliori scalatori al mondo. Noi dobbiamo solo aspettare che le cose migliorino. E in questo abbiamo molta fiducia».
Il Covid-19 non ha abbandonato il gruppo e la nostra vita di tutti i giorni. L’ultimo caso è quello di Sepp Kuss, il vincitore dell’ultima Vuelta Espana e fido scudiero di Vingegaard non sarà al via del Tour de France. Una perdita importante per la Visma Lease a Bike in vista della battaglia che la attende sulle strade della Grande Boucle. Ieri durante la conferenza stampa alla vigilia del Tour, Evenepoel si è presentato con la mascherina, mentre Pogacar ha raccontato di averlo preso di recente. Ma come viene approcciato ora il Covid dai medici dei vari team? Ne parliamo con Emilio Magni, dottore dell’Astana Qazaqstan Team.
«Da questa primavera – spiega subito – ci sono stati dei casi, in aumento rispetto ai mesi precedenti. Anche noi in squadra abbiamo avuto dei corridori positivi, ma è una storia difficile dalla quale venire fuori. La sintomatologia è meno importante rispetto al periodo pandemico, praticamente è assimilabile ad un’influenza. Il problema è che gli atleti di alto livello devono stare bene per svolgere la loro attività, quindi anche una normale influenza diventa destabilizzante».
Sepp Kuss ha annunciato la sua mancata partecipazione al Tour causa Covid postando questa foto sui social (foto Instagram)Sepp Kuss ha annunciato la sua mancata partecipazione al Tour causa Covid postando questa foto sui social (foto Instagram)
Però si fanno ancora i test per distinguere il Covid da un’influenza.
Sì, perché è giusto capire di cosa si tratta. Le conseguenze a livello sportivo non sono state importanti, ma ogni squadra ha un alto numero di atleti e devono essere monitorati e tutelati.
Una delle conseguenza più gravi furono i vari casi di miocarditi e pericarditi che si manifestarono nei soggetti positivi…
Non furono tanti a livello numerico, chiaro che anche un solo caso fa drizzare le antenne a noi medici. Quindi poi sono stati inseriti diversi test a livello cardiologico per controllare lo stato di salute prima di far riprendere all’atleta la sua attività.
I test sono attendibili?
La fortuna dei test per individuare una positività da Covid-19 è che sono facili da effettuare e direi anche che sono affidabili, soprattutto rispetto all’inizio.
Evenepoel con la mascherina alla conferenza stampa di ieri al Tour: «Meglio non correre rischi»Evenepoel con la mascherina alla conferenza stampa di ieri al Tour: «Meglio non correre rischi»
In che senso?
Che nei primi anni (2020 e 2021, ndr) c’erano molti casi di false positività e negatività. Quindi atleti che risultavano negativi dopo qualche ora erano invece positivi e viceversa. Adesso è tutto più lineare, ad una positività anche leggera segue una conferma nel giro di poche ore.
Quindi si fanno più test?
Una volta effettuato il primo e rilevata la positività se ne effettua un altro poche ore dopo. Il corridore viene messo a riposo e nel corso dei giorni in cui è a casa ripete il test in autonomia ogni due o tre giorni, fino alla negativizzazione.
Il protocollo prevede ancora lunghi stop?
No siamo nel corso di cinque o sei giorni di fermo dall’attività sportiva. Una volta negativo il corridore viene sottoposto ai test cardiaci che dicevamo prima. Questi sono: elettrocardiogramma a riposo, sotto sforzo e ecocolordoppler cardiaco. Sono gli stessi esami che si effettuavano nel programma “return to play”.
Gaudu ha corso il Delfinato sotto tono e ne è uscito con il Covid, ma sarà comunque al via del TourGaudu ha corso il Delfinato sotto tono e ne è uscito con il Covid, ma sarà comunque al via del Tour
Se l’atleta li supera?
Semplice, torna in mano ai preparatori e rincomincia con il piano di allenamento.
Pensa che la non partecipazione di Kuss al Tour de France sia corretta?
Sì, non c’era altra via. A parte che avrebbe dovuto negativizzarsi, ma comunque a pochi giorni dal via del Tour non ci sarebbe stato modo di fare i test cardiaci necessari. E’ più un discorso di precauzione e di tutela, prima dell’atleta stesso e poi dei compagni.
L’aumento dei casi in gruppo a cosa è dovuto?
Semplicemente ad un abbassamento, naturale, delle misure difensive che si adoperavano in tempi di pandemia. Banalmente non utilizziamo più le mascherine o comunque frequentiamo posti molto affollati.
Per il dottor Magni siamo lontani dal ritorno di protocolli rigidi come nel periodo di pandemiaPer il dottor Magni siamo lontani dal ritorno di protocolli rigidi come nel periodo di pandemia
C’è il rischio del ritorno delle mascherine e della famosa bolla?
Non direi. Anche perché non avrebbe molto senso. Se si tornasse ad utilizzare le mascherine in squadra questa misura cadrebbe nel momento in cui si è a contatto con la gente. Dovremmo tornare alla bolla, ma penso sia impossibile, noi come squadra cercheremo di fare maggiore attenzione. E’ un discorso legato al fatto che se un atleta si ammala poi il rischio è che contagi la squadra e che ci si ritiri dalla corsa.
Quindi per il Tour avete precauzioni particolari?
Siccome è una corsa che attira tanta gente e avremo degli eventi con ospiti interni alla squadra chiederemo dei test negativi. Se qualcuno dovesse arrivare senza mi preoccuperò io di farglielo.
Il 12 giugno alle 17, cioè oggi, nel preciso istante in cui questo articolo viene pubblicato, scade l’embargo che teneva coperta la nuova sella Aliante Adaptive di Fizik. Pensate la sorpresa nello scoprire che l’unico corridore al mondo ad averla usata è Dylan Van Baarle della Visma-Lease a Bike, vincitore di una Roubaix, che giusto ieri ha lasciato l’ospedale. La caduta al Delfinato gli costerà la partecipazione al Tour de France. Comprensibile che non abbia troppa voglia di parlarne.
Ma non sarà certo questo a fermarci. E così prima di raccontare questa nuova sella di Fizik e per avere comunque un piccolo feedback dal team olandese, siamo partiti dal loro responsabile dei materiali: Jenko Drost.
« Dylan – ci ha detto – è davvero molto soddisfatto riguardo alla sella. In precedenza ha usato a lungo la Aliante normale, poi è passato alla versione Adaptive per fare dei test. Gli piace molto il comfort migliorato, pur mantenendo appoggio e supporto. L’ha ricevuta all’inizio di maggio nel training camp in altura, quindi l’ha usata per un mese abbondante. I riscontri che ci ha dato sono di un grip molto buono. E si è trovato molto bene anche col fatto di mantenere una posizione piuttosto fissa. Dylan è un corridore molto stabile sulla bici, quindi questa caratteristica gli si adatta bene. La sua posizione si può definire perfetta, di conseguenza non ha la necessità di spostarsi troppo».
Dylan Van Baarle è stato l’unico corridore del gruppo ad aver usato la nuova Aliante AdaptiveIl modello definitivo gli è stato consegnato nel ritiro in altura di maggioDylan Van Baarle è stato l’unico corridore del gruppo ad aver usato la nuova Aliante AdaptiveIl modello definitivo gli è stato consegnato nel ritiro in altura di maggio
Posizione più precisa
Il lancio di Jenco Drost è perfetto per inquadrare una delle caratteristiche principali della nuova Aliante Adaptive, sella che si inserisce nell’offerta di Fizik di selle stampate in 3D. Proposta in due modelli di diverse misure, la sua caratteristica è un profilo ondulato che si abbassa nella parte centrale e poi risale, diventando sempre più affusolato verso la punta della sella stessa. E’ intuitivo ed è forse la caratteristica principale della Adaptive il fatto che il ciclista avrà un appoggio più ampio per le ossa ichiatiche e riuscirà a distribuire meglio il peso, risultando però praticamente fermo sulla sella. Spostandosi, la sagomatura della stessa risulterebbe fastidiosa per parti anatomiche di diversa forma.
«A differenza di Antares e Argo – spiega Nicolò Ildos, Sport Marketing Consultant di Fizik – la Aliante Adaptive ti vincola di più. In aggiunta è più larga, quindi comoda. Per capirci, la vecchia Aliante che c’era prima di Argo, era per i corridori più grandi, gli specialisti, che non dovevano muoversi più di tanto sulla sella, e in qualche modo la nuova ne ricalca la caratteristica. Diciamo che si tratta di una sella per chi ha la posizione giusta sulla bici e non per chi fa fatica a starci comodo. Se ti muovi infatti, diventa scomoda. L’altra particolarità è l’imbottitura, con la quale puoi essere più preciso».
La variazione suggerita da Van Baarle verteva sul troppo grip della copertura stampataLa variazione suggerita da Van Baarle verteva sul troppo grip della copertura stampata
Imbottitura differenziata
L’evoluzione della stampa 3D digitale ha permesso alla casa veneta di sviluppare una nuova sella senza i vincoli o le limitazioni imposte dai metodi e dai materiali di produzione tradizionali. L’imbottitura è realizzata da Carbon® ricorrendo alla tecnologia Digital Light SynthesisTM. Si tratta, per semplificare, di un processo di produzione additivo che utilizza la proiezione digitale della luce ultravioletta e ottiche permeabili all’ossigeno. Il materiale impiegato è un liquido a base di resine per produrre componenti con le proprietà meccaniche necessarie e la finitura superficiale che si vuole. Per fare un esempio, è possibile intervenire sulla capacità di assorbimento e di flessione delle singole porzioni della sella, caratterizzandole separatamente per specifiche proprietà meccaniche.
Ognuna di queste zone è progettata per un’ammortizzazione e una risposta meccanica distinte, unite tuttavia progressivamente e senza soluzione di continuità nella stessa imbottitura. Il risultato è la riduzione del 60% della pressione di picco, ossia concentrata in uno stesso punto, grazie a una migliore distribuzione del peso. Ne deriva maggiore comfort su tutta la superficie.
La R1 ha lo scafo in nylon e carbonio e il rail in carbonio 7×9Al contrario, la R3 ha identico scafo, ma binario in KiumLa R1 ha lo scafo in nylon e carbonio e il rail in carbonio 7×9Al contrario, la R3 ha identico scafo, ma binario in Kium
La sella su misura
A questo punto però la curiosità esplode: stando così le cose in quanto tempo si arriverà alla sella personalizzata, magari per gli atleti di punta? Il discorso regge e veniamo a sapere che con Van Baarle si stava facendo proprio questo.
«Quando è arrivato alla Visma – racconta Ildos – Dylan usciva dall’esperienza Ineos in cui aveva una sella fuori catalogo. Per cui quando nel primo training camp dello scorso anno è venuta fuori l’ipotesi di lavorare singolarmente, ci siamo dedicati a lui e ai pochi che avevano qualche problema, lasciando da parte al momento quelli che si trovavano bene. Abbiamo iniziato un lavoro sui punti di pressione, ottimizzando i parametri di stampa tridimensionale per ogni atleta. Gli abbiamo dato la nuova sella a gennaio, ma non si è trovato subito bene a causa del troppo grip della copertura. A quel punto, invece di aspettare la nuova sella, ha ripreso quella che aveva portato via dalla Ineos. Finché a maggio gli abbiamo dato quella definitiva, che ha usato anche al Delfinato prima di cadere».
La R1 (come pure la R3) è proposta in due larghezze: 145 e 155. Lunghezza di 275E’ evidente da questa inquadratura della R3 la larghezza dell’appoggioLa R1 (come pure la R3) è proposta in due larghezze: 145 e 155. Lunghezza di 275E’ evidente da questa inquadratura della R3 la larghezza dell’appoggio
Specifiche e prezzi
La R1 nasce dalla combinazione di un guscio in nylon, rinforzato con carbonio, e un telaio, ugualmente in carbonio 7×9 ad elevata rigidità. Il binario consente anche un risparmio di peso. La R3 invece, mantenendo l’abbinamento di nylon e carbonio per lo scafo, ha il rail cavo in Kium.
Entrambi i modelli nascono da una personalizzazione delle sezioni e degli spessori dell’imbottitura. Per questo non avrebbe senso, spostandosi sulla sella, andare a poggiare le ossa ischiatiche nella parte più avanzata della sella: si andrebbe incontro a evidenti problemi di discomfort.
Il profilo a onda fa sì che l’appoggio sia “imposto” dalla sella stessaIl profilo a onda fa sì che l’appoggio sia “imposto” dalla sella stessa
Entrambe hanno due diverse misure di larghezza: 145 e 155. La lunghezza è invece di 275 mm per entrambe.
La R1 da 145 mm è lunga 141 mm dal naso al punto di larghezza di 75 mm, dove l’altezza è di 45 mm. Una misura che scende a 137 mm per la R1 in taglia 155 mm. La prima pesa 196 grammi, la seconda sale a 201.
La R3 taglia 145 è lunga 139 mm dal naso alla larghezza 75 mm, dove l’altezza è di 46 mm, e pesa 235 grammi. La R2 taglia 150 misura 137 mm dal naso alla sezione larga 75 mm dove l’altezza è di 46 mm. Il peso sarà invece di 240 grammi.
Per quanto riguarda i prezzi, la R1 costa 299 euro, mentre la R3 scenda a 259 euro.
La Visma-Lease a Bike riallaccia il filo con i Grandi Giri. Affini spiega che Yates è stato bravo a non farsi notare. E sul Finestre la Uae ha abboccato
Quasi certamente non avrebbe impensierito Pogacar, però di certo l’uscita di Uijtdebroeks dal Giro ha privato la quotidianità di un elemento di disturbo. Che fosse per la maglia bianca o per un piazzamento sul podio, il belga della Visma-Lease a Bike avrebbe attaccato di certo. E a quel punto qualche equilibrio alle spalle della maglia rosa sarebbe potuto cambiare.
In questi giorni lo abbiamo ritrovato in gara al Tour de Suisse, corsa che nel 2023 chiuse al nono posto con qualche bella azione in montagna. Il suo percorso nella squadra olandese è stato colpito da identica sfortuna. Intendiamoci, anche il 2023 non fu baciato dalla sorte migliore: ricordiamo bene i guai alla partenza del Giro e le sostituzioni in extremis. Quella Jumbo Visma però era talmente piena di campioni al top della forma, che non ebbe problemi a concludere l’anno in modo trionfale. Quest’anno, partito Roglic, la sfortuna ha colpito anche i pezzi grossi e le cose si stanno mettendo maluccio.
«Incredibile tanta sfortuna – ha detto Uijtdebroeks al belga Het Nieuwsblad al via dello Svizzera – e continua ad andare avanti. Kruijswijk e Van Baarle, entrambi concentrati specificatamente sul Tour, hanno avuto problemi seri. Fortunatamente abbiamo una squadra forte, con altri atleti che rientrano anche da malattie o infortuni. Troveremo una soluzione. Per me il Tour non è certamente un’opzione. Primo perché non era mai nei miei programmi e quindi non l’ho preparato. Secondo perché sono ancora molto giovane. A meno che tutti i corridori dell’intera squadra non si fermino di colpo. Ma per fortuna questa possibilità mi sembra inesistente».
Il Giro d’Italia di Uijtdebroeks era cominciato con il 14° posto nella tappa di TorinoIl Giro d’Italia di Uijtdebroeks era cominciato con il 14° posto nella tappa di Torino
La polmonite del Giro
Un senso dell’humor ad alto rischio quello del 21 enne belga della provincia vallone di Liegi, che al Tour de Suisse ha debuttato con una crono senza squilli (in apertura foto Instagram/Visma-Lease a Bike) e una prima tappa in gruppo, dato l’arrivo in volata. La sua ultima apparizione in corsa era stata appunto la decima tappa del Giro, vinta da Paret Peintre nello scenario stupendo di Bocca della Selva, sulle montagne beneventane.
«Avevo davvero la speranza di poter ripartire il giorno successivo – racconta – ma mi sono sentito male. Già la mattina, durante le interviste prima della corsa, mi veniva da tossire, avevo il fiato corto… Però continuavo a pensare a un raffreddore da fieno. Alla fine ho finito anche abbastanza bene, a 13 secondi da Pogacar. Per cui ho pensato che mi sarebbe bastata una notte di sonno per mettere tutto a posto. Invece sui rulli dopo la corsa ho iniziato a capire che qualcosa non andasse, quasi non riuscivo a respirare. Ci siamo accorti che avevo la febbre a 39: il medico ha capito subito che avevo la polmonitee il mio Giro è finito lì. E’ stato un duro colpo. Non avevo mai raggiunto un livello così alto. Soprattutto perché la prima parte del Giro non mi stava piacendo, ma avevo fiducia che andando verso le montagna il bello dovesse ancora venire».
Sul traguardo di Bocca della Selva, 9 secondi ceduti a Tiberi e un inspiegabile senso di affannoE’ stato pedalando sui rulli tornato ai bus dopo l’arrivo di Cusano Mutri che ha capito di non respirare beneSul traguardo di Bocca della Selva, 9 secondi ceduti a Tiberi e un inspiegabile senso di affannoE’ stato pedalando sui rulli tornato ai bus dopo l’arrivo di Cusano Mutri che ha capito di non respirare bene
La ripresa ad Andorra
Al momento del ritiro, Uijtdebroeks indossava la maglia bianca dei giovani, seguito a 12 secondi da Tiberi. Proprio quel giorno Antonio gli aveva guadagnato 9 secondi, magari anche per le sue condizioni.
«Era un Giro ancora tutto da correre – prosegue – difficile dire cosa sarebbe successo. Quello che ho visto fare a Pogacar non lo avevo mai visto in vita mia. Era bello corrergli accanto, nel giorno di Rapolano sugli sterrati mi sono divertito e per questo mi dispiace non aver potuto lottare per difendere o migliorare il mio piazzamento. La cosa peggiore è che i problemi ai polmoni sono andati avanti a lungo, più di quanto mi aspettassi. Una sensazione di bruciore e sempre mancanza di respiro, che a quanto pare sono sintomi tipici della polmonite. Alla fine sono rimasto fermo per una settimana, poi ho ripreso e a quel punto è entrato in ballo il Giro della Svizzera. Abbiamo iniziato a ricostruire passo dopo passo, con uno stage in quota ad Andorra. All’inizio con molta attenzione, per non fare più danni della stessa malattia. Ho trascorso lassù più di due settimane e adesso le condizioni sono di nuovo abbastanza buone. Certo non ho la forma del Giro, ho perso parecchio…».
Sono servite due settimane ad Andorra per ritrovare una buona condizione (foto @elcastelletproduccions)Sono servite due settimane ad Andorra per ritrovare una buona condizione (foto @elcastelletproduccions)
Mirino sulla Vuelta?
Resta ora da capire quale sia il suo vero livello in uno Svizzera che vede al via meno facce da Tour rispetto al Delfinato. Quale sarà il suo posto in gruppo, soprattutto dopo lo stop per la polmonite? Neppure Cian lo sa e quando ha aperto il libro di corsa, non ha avuto grosse sensazioni, salvo poi riprendersi con lo sfogliare le tappe.
«Quando ho visto che nel finale ci sono tante montagne, sono stato felice. Poi mi è preso un colpo vedendo che l’ultimo giorno c’è una cronometro, finché però ho visto che si tratta di una cronometro in salita. Sono motivato, dovrei riuscire di nuovo a raggiungere un buon picco di forma e spero di ottenere qualcosa di buono. Resta da vedere se ciò significhi un posto tra i primi dieci, tra i primi cinque o altro. Non voglio fare pronostici. E a quel punto valuteremo come proseguire la stagione. Non avendo finito il Giro, la Vuelta potrebbe diventare un’opzione, ma non ne abbiamo ancora parlato. Il finale di stagione ha tante possibilità, incluso il mondiale. Intanto il passo successivo saranno i campionati nazionali e poi sarò a disposizione della nazionale».
BASSANO DEL GRAPPA – Lo scorso anno il pullman della Jumbo-Visma – oggi Visma-Lease a Bike – era inavvicinabile per la presenza della maglia rosa Roglic e dello sbarramento in sua difesa. Quest’anno il gigantesco mezzo giallo e nero se ne sta parcheggiato fra poca gente. La squadra olandese lo scorso anno ha conquistato Giro, Tour e Vuelta e sarebbe dovuta venire al Giro con Wout Van Aert, che però in Italia non c’è mai arrivato. Hanno così schierato il giovane Uijtdebroeks, che si è ritirato per malattia. Hanno incassato i forfait di Gesink e Laporte, quindi hanno festeggiato con Kooij a Napoli prima che si ritirasse. E alla fine si sono ritrovati in quattro a stringere i denti fino a Roma: Tratnik, Valter, Van Dijke e Affini.
Hanno tentato qualche fuga. Ci hanno provato, ma certo non è stato facile resettare abitudini e motivazioni. Chi va alle corse per tirare, si costruisce addosso un abito di riferimenti e routine cui adempiere, che sono poi difficili da abbandonare. Per questo ci siamo presentati davanti a quel gigante di Affini, chiedendogli che effetto gli abbia fatto vivere un Giro con tre soli compagni e in che modo abbia ricostruito le sue motivazioni.
In fuga nella tappa di Padova, Affini è entrato con un’azione di forza e si è arreso al lavoro di due squadreIn fuga nella tappa di Padova, Affini è entrato con un’azione di forza e si è arreso al lavoro di due squadre
Che effetto fa?
E’ una sensazione un po’ diversa. L’anno scorso siamo partiti con l’idea di vincere il Giro con Primoz e questo ti dà qualcosa di più in termini di motivazioni e di tenere duro, anche in certe tappe più difficili, specialmente per un corridore come me. Tutto sommato anche quest’anno siamo partiti con delle belle idee, con Kooij per le volate e Cian per la classifica, ovviamente non con la stessa pressione che aveva Roglic. Purtroppo li abbiamo persi tutti e due, ma almeno siamo riusciti a vincere con Olav a Napoli. Ciò non toglie che fare metà Giro in quattro è diverso. Ci siamo dovuti adattare e penso che ci siamo riusciti abbastanza bene.
In che modo?
Abbiamo messo il chip della fuga, degli attacchi e… dell’intrattenimento (ride, ndr). Abbiamo provato a farci vedere, entrare in qualche azione, anche se è quasi impossibile. Di noi quattro non ce n’è uno che possa effettivamente lasciare il segno, perché è il migliore su un terreno in particolare. Il miglior scalatore, il miglior velocista. Quindi devi buttarti e cercare di crearti le occasioni e poi provare a coglierle.
Diciamo che la stagione è particolare, ne sono successe parecchie…
Davvero parecchie, sì. Tutto sommato siamo stati anche abbastanza vincenti, se guardiamo bene. La Parigi-Nizza, la Tirreno-Adriatico, la Het Nieuwsblad, Harelbeke… Non è stato un inizio anno disastroso, ma è chiaro che per gli standard che avevamo messo l’anno scorso, sembra che ad ora sia un anno più brutto. Sicuramente gli infortuni dei vari leader hanno fatto la differenza. Qui al Giro con Wout avremmo avuto la possibilità di vincere più di una tappa. Nel frattempo Jonas avrebbe fatto bene in qualche altra corsa a tappe di avvicinamento al Tour, però su quelle cose non ci puoi fare niente. Purtroppo è successo e speriamo che si rimettano al meglio.
Affini e Consonni, quel dito puntato per gioco parla anche di qualche inseguimento di troppo?Affini e Consonni, quel dito puntato per gioco parla anche di qualche inseguimento di troppo?
Eri venuto per aiutare un capitano, il cambio di chip è stato facile?
All’inizio ti dispiace, perché sei già mentalizzato su un tipo di lavoro che devi fare, un tipo di sforzo anche che pensi di dover fare nelle tre settimane. Cambiare a questo modo ti crea qualche spazio per provare a fare risultato a livello personale, però allo stesso tempo è difficile. Di occasioni effettivamente non ce ne sono state tante. E’ stato un Giro bloccato. Sono arrivate poche fughe, il gruppo non ha mai dato spazio. Si vede che le squadre dietro non vogliono rischiare niente. Mi metto nei loro panni: se ho il velocista non vorrei rischiare di sciupare un’occasione.
Siete i principali rivali del UAE Team Emirates, cosa ti pare di come hanno corso il Giro?
Hanno controllato quando dovevano controllare e anche quando non l’hanno fatto, hanno ricevuto aiuto. Qualche volta la Movistar, altre la DSM e poi alla fine hanno vinto ugualmente loro le tappe perché sono super motivati.
Com’è avere un hotel per quattro corridori? A tavola siete insieme allo staff?
No, no, c’è sempre il tavolo dei corridori, però c’è più spazio. C’è più spazio nel bus. E’ strano, ma adesso ci siamo adattati.
La Visma-Lease a Bike si è rotrovata con soli 4 uomini dalla 11ª tappa. Qui Valter e AffiniLa Visma-Lease a Bike si è rotrovata con soli 4 uomini dalla 11ª tappa. Qui Valter e Affini
Cosa farai dopo il Giro?
Dovrei fare il Giro del Belgio, poi dipende da come finisco il Giro, come starò nelle prossime settimane. Arriverò agli italiani, dopo ci sarà un momento di stacco. Me ne vado dal Giro con qualche tentativo ben fatto. Nel giorno di Padova hanno tirato per tenerci vicino anche quando non serviva. Aspettavano tutti che andassi in fuga io e poi non collaboravano. E allora ho deciso di fare da me. Non ci hanno mai lasciato andare, ma qualcuno me lo sono tolto di ruota. Potevano lasciarci più spazio, ma evidentemente anche loro erano super motivati…
FOSSANO – La squadra del vincitore uscente, orfana dell’infortunato Van Aert, sta pedalando lungo i primi giorni del Giro con la maglia bianca di Cian Uijtdebroeks sulle spalle. Il belga, che quando hai imparato a scriverlo sei un passo avanti e durante l’inverno ha fatto carte false per passare dalla Bora alla Visma, viaggia in quinta posizione a 56 secondi da Pogacar. Come lui c’è anche Einer Rubio.
Se ieri a Fossano la sua prestazione è stata nella norma, il settimo posto sul traguardo di Oropa a 30” dallo sloveno volante dice che il livello di questo 21 enne vallone è già decisamente interessante. Non potrebbe essere diversamente, del resto, per un corridore che a 19 anni ha portato a casa il Tour de l’Avenir.
«E’ fantastico – ha detto felicissimo domenica – per me è stata una salita un po’ troppo breve e questo in alcuni casi mi si addice meno. Non sapevo come avrei reagito a questa cosa. Però mi sentivo davvero bene. Ho semplicemente spinto più forte che potevo fino al traguardo. Non l’ho fatto pensando alla maglia bianca. Ma quando ho saputo che l’avrei presa, è stato semplicemente fantastico!».
Settimo a Oropa a 30″, Uijtdebroeks si è difeso molto beneSettimo a Oropa a 30″, Uijtdebroeks si è difeso molto bene
La sorpresa di Oropa
Anche se al Giro fosse venuto Van Aert, era palese che il leader per la generale sarebbe stato il giovane belga. Nessuna pressione addosso, tuttavia, più di quella che Uijtdebroeks mette già da sé. Il posizionamento in classifica, pur buono, non lo distrae da quella che sarà una lenta scalata, gradino dopo gradino.
«Resta comunque una gara molto lunga – dice Cian – e ho tante tappe da superare. L’alta montagna deve ancora arrivare e in questo Giro sono previste anche due cronometro. Anch’io posso sempre avere una brutta giornata, ecco perché dobbiamo affrontarlo giorno per giorno. Ma so anche che portare in giro la maglia bianca sarà divertente».
Giorno di Oropa, partenza dal Velodromo Francone di San Francesco al CampoGiorno di Oropa, partenza dal Velodromo Francone di San Francesco al Campo
I tifosi italiani
Eppure per la squadra olandese le cose non vanno troppo bene. Il ritiro di Gesink, ad esempio, per Uijtdebroeks è un danno con cui è difficile fare pace. Il magrissimo olandese avrebbe dovuto scortarlo lungo i percorsi della corsa italiana che di certo conosce meglio di lui.
«Il ritiro di Robert – dice il giovane belga – è un peccato, come pure le cadute di Attila Valter e Kooij nella tappa di Oropa. La fortuna non è dalla nostra parte. Eppure nonostante tutta la sfortuna, i ragazzi della squadra hanno fatto un ottimo lavoro e nella tappa di Oropa sono rimasti al mio fianco per tutto il giorno. E fantastico essere tutelati in questo modo. Sapevo che all’arrivo non sarei stato il più veloce del nostro gruppetto, ma nei tratti ripidi sono riuscito a tenere un buon ritmo. I tifosi italiani lungo la strada mi hanno fatto dimenticare per un po’ il dolore alle gambe. Volevo solo raggiungere la vetta il più velocemente possibile e sono contento. La bianca è la mia prima maglia in un grande Giro».
La maglia del belga e la rosa dello sloveno: Pogacar gioca su un altro tavoloLa maglia del belga e la rosa dello sloveno: Pogacar gioca su un altro tavolo
Pogacar e gli altri
Alla Visma-Lease a Bike, che oltre a Van Aert (che si sta allenando in Spagna) deve ancora recuperare l’infortunio di Vingegaard, le buone prove di Uijtdebroeks vengono finora vissute come una sorta di miracolo.
«Nella prima tappa – dice il diesse Maarten Wynants – il posizionamento è stato un po’ difficile, mentre a Oropa è andata molto meglio. Cian era sempre dove aveva bisogno di essere. Avevamo calcolato che avrebbe potuto perdere tempo nel weekend di apertura, invece col senno di poi possiamo dire che ha fatto un ottimo lavoro. Siamo già in una posizione migliore di quanto pensassimo alla vigilia, ma il Giro è ancora lungo. Ci sono parecchi corridori vicini tra loro, se escludiamo Pogacar. Ogni tappa sarà importante».
Ciccone lo tirano per la manica affinché corra per la classifica. Il manager Guercilena è d'accordo, ma la generale sarà conseguenza di tappe ben fatte
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L’ultima curva, ai 300 metri dall’arrivo, ci fa intravedere due maglie, quella della Vf Group-Bardiani CSF-Faizanè di Pinarello e quella di Pescador della GW Shimano. Nell’avvicinarsi allo sprint Pinarello, che parte secondo, prende il riferimento all’avversario e lo brucia. Ha anche il tempo di girarsi ai 25 metri per controllare e poi esplode nella felicità che tanto ha cercato.
«Non vincevo da quando ero junior – dice Pinarello con ancora la fatica cucita addosso – è sempre bello passare per primo sotto la linea del traguardo, mi mancava. Il sapore della vittoria ha qualcosa di unico, per tanto tempo l’ho inseguito, compreso ieri al Belvedere, oggi sono tornato a gustarmelo».
Pinarello domina lo sprint a due contro Pescador (photors.it)Al completare il podio del Palio del Recioto 2024 Putz della Tirol KTM (photors.it)Pinarello domina lo sprint a due contro Pescador (photors.it)Al completare il podio del Palio del Recioto 2024 Putz della Tirol KTM (photors.it)
Più forti, senza dubbio
Un titolo al plurale, perché oggi ha vinto Pinarello, è vero, ma il grande lavoro fatto dai compagni ha fatto da cornice alla sua bellissima prestazione. I Vf Group-Bardiani sono stati spesso davanti, poi negli ultimi chilometri anche i calabroni della Visma – Lease a Bike si sono messi a tirare per fare selezione.
«Probabilmente – prosegue Pinarello – come vittoria vale anche qualcosa in più rispetto alle altre. Il Palio del Recioto, tra le internazionali è la più dura e quella di maggior importanza che c’è in Italia: 3.000 metri di dislivello in 140 chilometri sono davvero tanti, fanno capire quanto impegnativa sia. Oggi è servito rimanere molto concentrati sulla corsa rispetto al tenere le gambe fresche».
«La corsa è stata un lungo braccio di ferro tra noi e la Visma – Lease a Bike. Sulla salita finale loro hanno provato ad imporre il ritmo ma non era altissimo. Paletti si è messo in testa e ha spinto forte, facendo un bel danno in gruppo. Una volta in discesa ero indeciso se provare ad arrivare da solo oppure no, ma con il senno di poi è stato meglio restare con Pescador e giocarmi la volata. Sapevo di essere più veloce e così è stato».
L’abbraccio del pubblico per il veneto è stato fortissimo, tanta gioia per la vittoria di un corridore di “casa”L’abbraccio del pubblico per il veneto è stato fortissimo
E’ ora di crescere
Alessandro Pinarello è arrivato al terzo dei suoi quattro anni previsti con la squadra di Reverberi. E’ arrivato quando appena passato da junior a U23, si è adattato, ha visto come si corre e lo ha messo in pratica. La sua crescita è stata graduale, impreziosita da alcune corse con i professionisti, che nel tempo sono diventate sempre più frequenti.
Sia ieri al Belvedere, che oggi al Recioto, il vincitore è uscito dalla Settimana Internazionale Coppi e Bartali.
«Sono partito molto bene quest’anno – ammette – fin dal Tour of Antalya (terminato secondo, ndr). Ho corso molto con i professionisti, visto che dopo la corsa turca sono andato all’Istrian Spring Trophy e alla Coppi e Bartali. Correre con i grandi è bello, stimolante e parecchio utile per crescere e avere un colpo di pedale diverso».
«Nei primi due anni qui – continua a spiegare – ho visto tanti miglioramenti, ma i più concreti sono arrivati questo inverno. Reggo meglio le corse lunghe e insieme al nutrizionista abbiamo lavorato sull’alimentazione. Ho perso qualche chilo e si vede in gara. Tutto è curato perfettamente».
La Visma Lease a Bike ha provato ad alzare il ritmo a tre giri dalla fine, ma nulla da fareOggi i ragazzi guidati in macchina da Rossato sono stati perfetti, capitalizzando la superiorità fisica (photors.it)La Visma Lease a Bike ha provato ad alzare il ritmo a tre giri dalla fine, ma nulla da fareOggi i ragazzi guidati in macchina da Rossato sono stati perfetti, capitalizzando la superiorità fisica (photors.it)
Festa in casa
Oggi la squadra di Rossato ha fatto il diavolo a quattro, lavorando e rendendo la gara dura. Non si sono spaventati nel confronto con il resto del gruppo e hanno massimizzato il risultato. Durante la conferenza stampa di Pinarello è entrato anche Pellizzari. La squadra si basava sulle due punte di diamante. La vittoria è arrivata e questo è quello che conta.
«La gara – spiega il vincitore – era impostata per noi, ma senza un vero capitano designato. Nel 2023, qui, siamo arrivati secondo (Pellizzari, ndr) e terzo. Quindi eravamo appaiati nei ruoli. Pellizzari ha provato a fare il forcing, poi però l’occasione è arrivata a me».
Approfittiamo della presenza del compagno e gli chiediamo di fare lui una domanda a Pinarello.
«Niente domande – dice un sorridente Pellizzari – solo i complimenti ad Alessandro che ha vinto meritatamente una bella corsa».