Rubino: «Avevo smesso, ma riparto con la Pregnana e una dedica da fare»

05.11.2022
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Un reset forte. La voglia di staccare la spina dopo un evento tragico che aveva spento tutto attorno a sé. Ed ora di nuovo quell’interruttore che torna nella modalità “on”. Una situazione estrema ed intensa quella vissuta da Samuele Rubino negli ultimi sei mesi.

A maggio l’abbandono totale dell’attività dopo l’assurda morte di Stefano Martolini, suo diesse alla Viris Vigevano. Immediatamente dopo, un impiego lavorativo e adesso un’altra novità. Dalla bella chiacchierata che ci siamo fatti con Rubino si evince che non deve essere stato un periodo facile per lui, quanto meno quello di fine primavera. L’ex tricolore junior 2018 ci ha raccontato il vortice emozionale che l’ha travolto, cambiato e che gli ha smosso qualcosa.

Rubino ha corso con la Viris Vigevano fino alla scomparsa a maggio del suo diesse Stefano Martolini
Rubino ha corso con la Viris Vigevano fino alla scomparsa a maggio del suo diesse Stefano Martolini
Samuele, via messaggio ci hai dato appuntamento telefonico dopo il tuo turno di lavoro. Cosa stai facendo?

Da giugno sono magazziniere in una ditta vicino a Pombia (in provincia di Novara, ndr), il paese in cui abito. Facciamo import/export per merce varia, come mascherine, tamponi ed altri prodotti farmaceutici. Inizio alle 8,30 e finisco alle 17,30 con un’ora di pausa pranzo. Ho cercato e trovato il posto dopo che la Viris ha chiuso la squadra per la scomparsa di Stefano. Non riuscivo più a salire in bici, dovevo cambiare aria. Ho avuto più tempo per fare le mie cose, frequentare vecchie conoscenze anche se ho comunque condotto una vita praticamente uguale a prima.

Un colpo da kappao, immaginiamo.

Sì, assolutamente. Pensate che proprio con Stefano, pochi giorni prima, avevamo impostato il programma per fare una bella seconda parte di stagione con l’obiettivo di attirare l’attenzione magari di qualche formazione pro’. Lui per me era più di un tecnico. Al lavoro sanno della mia passione per il ciclismo e chi ero. A luglio tutti ascoltavano il Tour de France alla radio, lo facevano per me. Solo che a me non interessava nulla, mi dava fastidio sentire parlare di bici. Tuttavia sia i colleghi che gli amici di sempre mi incentivavano ogni giorno a riallacciare i legami col mio sport. Lo facevano per il mio bene. Credo che gli dispiacesse vedermi così. E li ringrazio per il pensiero.

Alla fine, come la goccia cinese, ce l’hanno fatta?

Direi di sì anche se ho riavvertito la mancanza della bici solo ultimamente. Al lavoro mi trovo bene con tutti. Vado d’accordo col mio titolare, anche lui appassionato di sport. Lui è come un diesse che però ha ancora più interesse che tutto vada per il meglio visto il suo investimento finanziario. Il contratto mi scade in questi giorni, ma non lo rinnoverò. Nel frattempo mi ha contattato una squadra che voleva farmi tornare a riattaccare il numero sulla schiena. Ho accettato. Mi spiace lasciare l’azienda però anche il mio capo, nonostante mi abbia proposto di restare con loro, ha capito la situazione.

Spiegaci pure. Con chi andrai?

Correrò con la UC Pregnana Team Scout. Mi ha chiamato Alberto Saronni (il diesse della formazione milanese, ndr), lo hanno messo in contatto con me delle persone che insistevano per il mio ritorno. Alberto mi ha fatto un discorso importante. Mi ha motivato e ho voglia di apprendere dai suoi insegnamenti, così come ho sempre fatto in passato con gli altri tecnici.

Con che spirito ti ritufferai nel mondo delle gare?

Innanzitutto devo dire che ho ricominciato a pedalare solo da pochissimi giorni. Ho davanti a me quindi un lungo periodo di preparazione. Sono pronto ad affrontarlo sapendo già che potrei fare fatica a ritrovare sensazioni, feeling e ritmo. Mi ripresento più determinato, con una mentalità nuova. Le esperienze vissute, sia a maggio che in ditta, mi hanno fatto comprendere meglio com’è la vita al di fuori del ciclismo. Benché lo sapessi già e mi applicassi a dovere, ho capito ulteriormente l’importanza della disciplina e del lavoro.

Rubino alla Lan Service nel 2021. Nelle due stagioni precedenti aveva corso con NTT Continental e Kometa Cycling
Rubino alla Lan Service nel 2021. Nelle due stagioni precedenti aveva corso con NTT Continental e Kometa Cycling
Hai già in testa gli obiettivi per il 2023? Magari attirare le attenzioni dei pro’…

Sarò elite primo anno e considerando la novità di tornare a correre è come se ripartissi da zero. Però questa cosa mi stuzzica molto. L’intenzione è di divertirmi facendo ciò che mi piace di più. Poi ovvio che vorrò fare del mio meglio, centrare risultati. In squadra vorrei portare entusiasmo, alzare il livello e ripagare la loro fiducia. Poi ci sarebbe un altro obiettivo che vorrei centrare…

Quale?

Mi piacerebbe vincere una corsa e dedicarla a Stefano. E’ una cosa a cui non avevo pensato durante il mio distacco dalla bici, tanto ne ero alienato. Ma adesso è uno stimolo. Non so se e quando succederà, ma farò di tutto perché ciò accada. Lui mi ha insegnato, anche quando era in vita e così come tutta questa storia, che la vita è una sola, che bisogna viverla al meglio e che nulla è per sempre. Sembra banale da dire, ma ogni volta che ci ripenso mi accorgo che è davvero così.

Alfio Locatelli: «A 24 anni, troppo vecchio per passare»

04.06.2022
6 min
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Quanta dispersione di talenti c’è nel ciclismo italiano? Tanta, potremmo dire. Causata sia da U23 che vengono fatti passare troppo presto venendo poi bruciati, sia da ragazzi di 23 anni compiuti che vengono considerati già vecchi. Di Evenepoel ce n’è uno solo, così come di Ballan, che diventano pro’ al sesto anno da dilettante, non ne esistono più. Possibile che non ci sia una via di mezzo? Possibile che non ci sia la pazienza di aspettare la crescita fisiologica degli attuali giovani corridori?

«Si deve distinguere fra chi merita e chi no. Perché al contrario ci sono stati miei amici che meritavano e hanno smesso senza avere la possibilità». Le parole per nulla banali sui giovani espresse la settimana scorsa da Jacopo Mosca ci hanno dato ulteriori spunti di riflessione, oltre che a suggerirci il nome di Alfio Locatelli (nella foto di apertura assieme a Mosca dopo la vittoria della Firenze-Mare del 2015). Uno che, secondo il piemontese della Trek-Segafredo, sarebbe potuto stare tranquillamente in gruppo.

Locatelli nel 2012 corre per la Trevigiani. Qui esulta per la vittoria del GP Città di Felino
Locatelli nel 2012 corre per la Trevigiani. Qui esulta per la vittoria del GP Città di Felino

Il bergamasco di Sotto il Monte, classe ’90, che ha trascorso otto stagioni nei dilettanti, ce lo ricordiamo bene e la chiacchierata con lui non solo è stata l’occasione per sentire la sua opinione, ma anche per rinverdire tante memorie.

Alfio innanzitutto come stai?

Dopo aver smesso nel 2016, l’anno successivo mi sono trasferito in Brianza per lavoro. Ora vivo a Giussano e sono dipendente di un’azienda che produce cartoni per imballaggi e tovaglioli di carta. Sto studiando per diventare massaggiatore e, compatibilmente con gli impegni di lavoro, sono stato a fare un po’ di pratica con la formazione di Matteo Provini (il diesse della Hopplà Petroli Firenze, ndr), con cui sono rimasto in contatto.

Com’è il tuo rapporto col ciclismo?

Sereno, direi. Mi manca l’agonismo e il gruppo degli ex compagni. Ero sul Fedaia alla penultima tappa del Giro, a 3 chilometri dal traguardo, dove avevamo preparato il campari per Formolo (ride, sono stati compagni di squadra nel 2013, ndr), ma è passato a ruota di Carapaz e non ha potuto gustarselo. E pensate che proprio dove ero io, ho trovato Dal Col e Collodel, altri due miei compagni alla Trevigiani. Incredibile dopo tanti anni. Non mi manca invece il modo di fare un po’ falso di alcune persone che ancora orbitano nel ciclismo.

Sei stato nominato da Mosca come uno di quelli che avrebbe meritato di passare pro’. Che effetto ti fanno le sue parole?

Jacopo è un grande amico, abbiamo fatto tanti anni assieme. Sono contento di vederlo come uno dei migliori uomini della sua formazione e del gruppo in generale. Non è lì per caso. Lo ringrazio per il pensiero, mi ha fatto piacere. Con un pizzico di presunzione posso dire che sarei stato un buon gregario. Non avevo paura di prendere il vento in faccia o di andare all’attacco.

Tra i dilettanti hai ottenuto 9 vittorie, alcune importanti. Come mai non sei riuscito a passare?

Una serie di cose, penso. Qualcuno mi rimproverava di non essere costante ma io, anche nelle mie annate migliori, più di così non riuscivo a fare. Qualcuno invece ha riconosciuto che ho avuto avuto anche un po’ di sfortuna. I primi due anni da U23 li ho fatti tra la scuola ed il capire la categoria, poi a 24 anni sono stato giudicato vecchio da un procuratore a cui avevo chiesto aiuto, visto che io non ce l’avevo mai avuto.

E poi com’è andata?

Non l’ho presa bene quella “etichettatura”, sebbene sapessi che quel procuratore stava dicendo una cavolata. Non si può dire così ad un ragazzo che fa sacrifici e risultati, senza sapere nulla e senza contestualizzare. Infatti volevo smettere perché avevo capito che per me non ci sarebbero state altre possibilità. Ho fatto altri due anni con la Viris Vigevano perché un po’ ci speravo ancora e perché mi piaceva fare da “chioccia” ai più giovani, come Ganna, Moschetti, Sobrero, Vlasov e tanti altri. Peccato, mi resta il rammarico di non aver provato a passare e vedere cosa avrei combinato.

La figura del procuratore secondo te quanto può incidere?

Tanto, anche quando fai pochi piazzamenti. Penso al mio ex compagno Enrico Barbin che non ce l’aveva e che nel 2012 con 7 vittorie tutte di altissimo livello pensava di trovare tante squadre, anche fuori Italia, grazie ai risultati. Invece lo cercò solo la Bardiani e dopo i primi anni a prendere mazzate in gara a causa di un calendario minore, divenne più rinunciatario. Noi lo vedevamo cambiato, anche se lui ci ha sempre detto di no. Anche questo aspetto influisce.

Situazioni come la tua continuano a verificarsi. Perché secondo te?

Troppa avidità di certi dirigenti e procuratori. Ed anche la mancanza di lungimiranza. Tutti vogliono prendere chi vince e basta. Ma poi chi è che tira? E credo che bisognerebbe dare un giusto peso alle vittorie. Poi c’è ancora gente che, si sa, porta sponsor e gli vengono spalancate le porte del professionismo. Per me mancano umanità e rispetto. Molti dirigenti, anche tra i pro’, ti promettono tante cose e poi cambiano idea improvvisamente. Non ti prendono oppure, come è successo a qualche mio amico senza fare nomi, ti lasciano a casa senza un reale motivo. Meno male che ci sono anche casi fortunati come quelli di Mosca o Masnada, perché anche lui abbiamo rischiato di perderlo. Ho notato un’altra cosa tra l’altro…

Quale?

Che i flop dei giovani ce li abbiamo solo noi in Italia, nelle nostre formazioni. Sembra che ogni giovane interessante debba raccogliere l’eredità dei grandi nostri corridori. Non si può fare continuamente la caccia al fenomeno. Siamo in balia di questa situazione. Abbiamo tanti buoni atleti, ma nessuno riesce ancora a capire che ogni ragazzo ha la propria maturazione. Ai ragazzi che passano adesso e che non riescono ad andare nel WorldTour consiglio di andare nelle professional estere. Là fanno ritiri come si deve, possono fare un calendario più completo e crescere meglio.

Una soluzione a tutto ciò esiste?

Non lo so. Credo che il dilettantismo italiano vada rivisto o trovato un modello diverso. Purtroppo c’è ancora tanta instabilità economica che condiziona. Alcune gare storiche non ci sono più o sono state ridimensionate. Però credo che alla base di tutto ci vorrebbero nuove figure dirigenziali. Serve un ricambio generazionale e culturale, prendendo spunto dall’estero o dai modelli aziendali. Infine tanta pazienza.

Martolini 2022

Martolini, la storia del diesse scomparso a Castelfidardo

26.05.2022
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Le foto o i video del tragico incidente di domenica a Castelfidardo, nel quale ha perso la vita il diesse Stefano Martolini e che da allora vede Nicola Venchiarutti su un letto d’ospedale, qui non ci sono. La diffusione mediatica di quanto avvenuto è stata talmente immediata e ostinata da aver causato problemi e quelle immagini non dicono nulla di più di quanto sia nella cronaca dei fatti, che riassumiamo brevemente per poi concentrarci su altro.

La gara era il Trofeo Città di Castelfidardo, una delle grandi classiche del calendario Elite e Under 23 non solo marchigiano. Nello sprint finale a ranghi compatti Venchiarutti si è ritrovato all’estrema sinistra del gruppo, salendo sul marciapiede grazie all’avvallamento di un passo carrabile, prendendo così a tutta velocità Stefano Martolini, lì per assistere alla volata dei suoi ragazzi della Viris Vigevano. L’impatto è stato violentissimo: Martolini è morto sul colpo, Venchiarutti sbalzato di sella ha riportato un trauma cranico e la frattura della delicatissima dodicesima vertebra. Le indagini stabiliranno se il suo cambio di direzione sia stato volontario o costretto dalla dinamica dello sprint.

Da meccanico a diesse

Questa la cronaca, ma qui si sta parlando di un uomo, un appassionato 41enne lombardo che per il ciclismo stravedeva, al quale ha sempre dato tutto, per colpa del destino anche troppo. A raccontare chi fosse, è Lorenzo Ballabeni, segretario della società nella quale Martolini era approdato nel 2019.

«Inizialmente – dice – svolgeva il ruolo di meccanico e aiutante del diesse di allora, l’ex pro’ Stefano Bertoletti. Quando questi è andato via a fine stagione, Stefano ha assunto la sua carica continuando però a svolgere il suo principale lavoro di preparatore atletico».

Martolini telefono
Stefano Martolini aveva 41 anni. Un passato da dilettante era da sempre nel mondo del ciclismo
Martolini telefono
Stefano Martolini aveva 41 anni. Un passato da dilettante era da sempre nel mondo del ciclismo

Un riferimento per i ragazzi

Parlarne non è semplice, le chiamate si susseguono e Lorenzo, al di là della disponibilità, fatica a nascondere il profondo dolore che lo accomuna a tanti nella società.

«Era una persona solare – riprende – disponibile in ogni momento. Adorava il ciclismo, aveva corso da dilettante e non lo aveva più lasciato. Soprattutto lo amava in ogni suo aspetto, dalla preparazione dei corridori a quella delle trasferte. Poi abbinava il lavoro per noi con i suoi impegni a Busto Garolfo, dove era coordinatore di tutte le attività della pista locale compresa l’organizzazione della Tre Sere».

Martolini era un riferimento assoluto per i suoi ragazzi, disponibile per loro a qualsiasi ora: «Sapeva anche essere severo, li richiamava all’ordine quando serviva. Era giovane ma si faceva rispettare. Diciamo che sapeva usare il bastone e la carota, infatti i ragazzi lo chiamavano sempre. Lui diceva sempre che il ciclismo non regala niente e che se si vuole ottenere qualcosa bisogna applicarsi al massimo.

«A Castelfidardo era andato da solo con il pullmino della squadra e i 4 ragazzi in gara, lì a dargli una mano c’era l’ex diesse Cappelletti. Noi lo abbiamo saputo quasi subito, il suocero che è il team manager della squadra è stato chiamato e gli hanno detto che c’era stato un incidente, inizialmente si pensava fosse stato un incidente d’auto. La polizia per la privacy non ha potuto dirci altro perché dovevano avvertire i familiari. Il problema era che lo sapevano già…».

Martolini Busto Garolfo
Con l’SC Busto Garolfo Martolini è rimasto più di 5 anni, un rapporto proseguito anche dopo
Martolini Busto Garolfo
Con l’SC Busto Garolfo Martolini è rimasto più di 5 anni, un rapporto proseguito anche dopo

Scoprirlo nel peggior modo…

Torniamo quindi al discorso che facevamo all’inizio: «Il papà era andato a cercare su Internet il responso della gara, ma ha subito trovato le foto e i video prima ancora che la polizia lo chiamasse. Sapeva già tutto, è stato straziante anche considerando quanto papà e figlio erano legati. Ha visto immagini terribili, tra l’altro si vede benissimo come Stefano avesse le mani in tasca: io dico che non si è accorto di nulla».

I ragazzi come l’hanno presa? «Malissimo, è stato terribile. Tra l’altro uno dei ragazzi era rimasto staccato e arrivando ha visto il trambusto e Stefano a terra, pensava si fosse sentito male. Così appena tagliato il traguardo è subito tornato indietro in bici e a quel punto ha capito. Devo dire grazie al diesse della Biesse Carrera Dario Nicoletti che ha riaccompagnato i ragazzi fino ad Arluno, mostrando grande sensibilità».

Prima di approdare alla Viris, Martolini era passato per la Named, ma era sempre rimasto legato alla “sua” società, la SC Busto Garolfo dove sono ancora tutti scioccati, come testimonia il presidente Marino Fusar Poli.

«Questa era sempre casa sua. Qui ha fatto crescere gente come Moschetti, Garavaglia, Mariani, il campione italiano su pista Geroli. Curava allievi e juniores, con passione e competenza. Era una persona molto scrupolosa, ci metteva molto del suo».

Bruttomesso Castelfidardo 2022
La volata vincente di Bruttomesso, mentre in fondo si portavano i primi soccorsi
Bruttomesso Castelfidardo 2022
La volata vincente di Bruttomesso, mentre in fondo si portavano i primi soccorsi

Un passaparola immediato

Che carattere aveva? «Era un tipo esuberante, sempre in azione. Con tutti era disponibile, ma si faceva rispettare e questo quando hai a che fare con i ragazzi è fondamentale. Aveva un carattere forte, ma al contempo sempre disponibile».

La notizia della sua scomparsa era arrivata praticamente in tempo reale: «Nell’ambiente ci conosciamo tutti, mi hanno subito telefonato per dirmelo. Ci conoscevamo da 15 anni, è una perdita enorme che non riusciamo a metabolizzare».

La gara era stata vinta da Alberto Bruttomesso, ma questo giustamente è solo un dettaglio destinato a restare confinato nell’archivio delle statistiche.

Ricordate Rubino? Per lui c’è la Viris Vigevano

08.02.2022
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Ricordate Samuele Rubino? Il lombardo aveva vestito la maglia azzurra da juniores e sempre in questa categoria aveva vinto il titolo nazionale nel 2018 e il Trofeo Buffoni. La sua carriera sembrava lanciatissima. Il passaggio tra gli under 23 con la Kometa Cycling, poi la NTT… Ma ecco anche il Covid. E qualcosa s’inceppa. Il novarese sparisce un po’ dai radar. Non rende come suo solito.

Samuele però da come racconta sembra molto tranquillo, consapevole sì, ma al tempo stesso non ha il tono di chi si sente il fiato sul collo, visto che questo sarà il suo ultimo anno tra gli U23. E sappiamo quanto sia difficile poi passare superata questa soglia anagrafica.

La divisa, griffata Rosti, per i 75 anni di attività della Viris Vigevano (foto Facebook)
La divisa, griffata Rosti, per i 75 anni di attività della Viris Vigevano (foto Facebook)

C’è la Viris…

Rubino è approdato in un grande team. Un team che giusto questa stagione taglia l’onorevole traguardo dei 75 anni. Da qui ne sono passati di campioni, non ultimo Filippo Ganna.

«Quest’anno – dice Rubino – sono passato alla Viris Vigevano. Lo scorso anno ero stato alla Lan Service Granmonferrato, una squadra piemontese. La mia è stata una stagione di alti e bassi. A maggio per esempio, dopo aver faticato un bel po’ a prendere la condizione, andavo bene, poi ancora un “basso”. Ho avuto il Covid… Tutta la stagione è stata un su e giù».

Rubino evidentemente è stato uno di quei ragazzi che più di altri hanno pagato il passaggio di categoria e ancora di più l’avvento del Covid. Nella stagione più indicativa, di solito il secondo anno, c’è stato il Covid. E tutto si è complicato.

«Adesso alla Viris Vigevano voglio rilanciarmi. E’ una squadra importante e forte e qui già posso dire che mi trovo meglio. Li vedevo allenarsi tutti insieme con l’ammiraglia al seguito. E questa cosa, per me che ero quasi sempre solo, mi piaceva. Così tramite amici sono arrivato a parlare con il direttore sportivo, Stefano Martolini… ed eccomi qui. Lui crede in me».

«Cosa si è inceppato? Non lo so. So solo che ho sempre avuto dei problemi. Il primo anno, all’estero, ho corso poco. Al secondo anno con Daniele Nieri andavo anche forte all’inizio, ma stando molto in Toscana mi mancava casa e poi c’è stato anche il lockdown».

Samuele è stato azzurro juniores ai mondiali di Innsbruck 2018 (foto Facebook)
Samuele è stato azzurro juniores ai mondiali di Innsbruck 2018 (foto Facebook)

Niente intoppi

Samuele sa bene che essendo un quarto anno è “a rischio”. Se quest’anno non dovesse andare forte, le cose si complicherebbero terribilmente per lui. 

«Ci proviamo, vediamo come va – dice il lombardo – Il mio obiettivo principale è quello di poter disputare una stagione normale, senza intoppi. Una stagione in cui non ci saranno più dei bassi, cosa che mi è mancata negli ultimi tre anni. Voglio divertirmi, ecco… E se poi ci saranno dei risultati tanto meglio».

E Samuele inizia a divertirsi già in allenamento. Quest’anno racconta che esce spesso con il team e che con gli altri ragazzi la battaglia non manca quasi mai. Un qualcosa che fa bene al gruppo e alle gambe.

«Uscire da solo mi piace, ma anche stare in gruppo. Io mi alleno nella zona del Lago Maggiore. Il Mottarone è una delle mie palestre e spesso vedo Alessandro Covi in allenamento, ma non lo conosco».

Sempre nel 2018, il novarese (classe 2000) vinse il campionato italiano juniores
Sempre nel 2018, il novarese (classe 2000) vinse il campionato italiano juniores

Scalatore ma non troppo

«Non sono un velocista, sicuro. Diciamo che sono uno scalatore esplosivo. E questo va bene per la categoria under 23. Puntare ad una Bassano-Monte Grappa? Non così tanto scalatore! Mi piacciono le corse dure e non troppo nervose, ma forse un arrivo come quello è troppo per me. Lo scorso anno per esempio, nei pressi di Camaiore a Corsanico c’è stata una bella corsa: ecco quelle così mi piacciono».

Essendo un quarto anno è ancora più importante l’aspetto della preparazione. E allora meglio lavorare in ottica generale oppure meglio esaltare al massimo le proprie caratteristiche? 

«E’ un punto di vista al quale sinceramente non ho pensato. Diciamo che ho lavorato sia sulle mie caratteristiche che in generale. Penso che essere esplosivi sia importante per la categoria in cui sono».

Piccolo volta la pagina e ha tanta voglia di ricominciare

12.11.2021
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Racconta Andrea Piccolo che quando si faticava a capire quale sarebbe stato il suo futuro in Astana e senza troppi annunci aveva ricominciato a correre con la Viris Vigevano, l’accordo con la Gazprom era già nell’aria. Per questo le corse restanti fra gli under 23, dal secondo posto di Capodarco in avanti (nella foto Scanferla di apertura la vittoria di Collecchio), sono state il modo per riportare in alto la condizione e crescere di livello in vista della prima vera stagione tra i professionisti.

Sul podio di Capodarco, alla prima corsa del 2021, preceduto da Raccani e Tolio
Sul podio di Capodarco, alla prima corsa del 2021, preceduto da Raccani e Tolio

Basta dubbi

C’è poco da girarci intorno: il passaggio precoce di Andrea dalla Colpack alla squadra kazaka, il fatto che non abbia mai iniziato a correre, il problema dei valori sfasati dopo il Giro U23 del 2020 e poi il ritorno fra i dilettanti parlano di qualcosa che non ha funzionato, quantomeno a livello di comunicazione. Ora che tutto sembra finalmente alle spalle e che anche la nazionale, nelle parole del cittì Amadori, ha riaperto le porte agli under 23 professionisti, si può guardare avanti con altra fiducia. Di certo, rispetto alla chiacchierata che facemmo con lui due giorni dopo Capodarco, il tono di voce è molto più sicuro.

Andrea in questi giorni si trova in Romagna dalla sua ragazza, ma la prossima settimana lo aspetta il primo ritiro della Gazprom, come ci ha già raccontato Nicola Conci, per visite e burocrazie varie.

La squadra ha cambiato tanto, dall’organico ai materiali (in arrivo bici Look) fino ai vertici, con l’arrivo di Sedun fra i dirigenti (a lui va piuttosto un grosso in bocca al lupo, perché possa recuperare bene dalla frattura di tibia e perone).

Andrea Piccolo, Rino De Candido, 2° europei strada 2019
Nel 2019 Andrea Piccolo, qui con il cittì Rino De Candido, secondo agli europei strada
Andrea Piccolo, Rino De Candido, 2° europei strada 2019
Nel 2019 Andrea Piccolo, qui con il cittì Rino De Candido, secondo agli europei strada
Soddisfatto di come sono andate a finire le cose?

Direi di sì. Ho corso alla Viris Vigevano sapendo che nel 2022 sarei comunque andato tra i professionisti e quindi questi mesi mi sono serviti per lavorare. L’intera vicenda con l’Astana la definirei abbastanza traumatica, ma rifarei tutto allo stesso modo. I problemi erano di altro tipo e sono risolti.

Dopo questo ritiro sul Garda, a dicembre volerete in Spagna…

A Calpe a dicembre e cominceremo a mettere le basi. Non mi hanno fatto pressioni di alcun tipo, ma ho tanta voglia di fare bene.

Cosa pensi dell’apertura della nazionale U23 ai professionisti?

E’ la cosa giusta. Andavamo a correre e ci trovavamo in mezzo ad altri pro’. Eravamo i soli fuori dal coro e non credo che per qualcuno, per me almeno, sarebbe un disonore essere convocato nella nazionale under 23.

Che cosa ti ha insegnato l’esperienza dell’ultimo anno?

Che devo maturare tanto. Ma anche che nelle squadre siamo dei numeri, difficilmente si va incontro alle difficoltà degli altri. Ogni anno si azzera tutto, almeno nel professionismo.

Andrea Piccolo, Gp FWR Baron, San Martino di Lupari, 2020
Sarebbe dovuto passare professionista alla Astana dopo un solo anno alla Colpack, ma non ha mai corso con i kazaki
Andrea Piccolo, Gp FWR Baron, San Martino di Lupari, 2020
Sarebbe dovuto passare professionista alla Astana dopo un solo anno alla Colpack
Come si riparte con la preparazione?

Per ora in modo tranquillo, la prossima settimana seguendo qualche tabella. La cosa positiva è che dovrei continuare a lavorare con Maurizio Mazzoleni, che mi conosce bene. In attesa di ricevere il programma e il via libera a dicembre, comincio a portarmi avanti.

Si è molto parlato dei problemi per cui l’Astana ha preferito lasciarti libero.

Ma io non ho mai ascoltato troppo quello che si dice in giro, perderei troppo tempo. Quello che conta è che ho voltato pagina.

Che cosa ti sembra della nuova squadra?

E’ un bel progetto. Sono cambiate alcune cose ed è arrivato anche Sedun, che conosco dall’Astana. Per il resto, sarà tutto da scoprire. Cominceremo la settimana prossima.

Piccolo: mistero risolto con due telefonate. E speriamo che duri…

18.08.2021
4 min
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A chi non lo vedeva da un pezzo e, anzi, si chiedeva dove fosse finito, l’apparizione di Andrea Piccolo sul podio del Gran Premio Capodarco ha smosso più di una curiosità. Soprattutto perché lo avevamo lasciato all’Astana a inizio stagione, con tanto di perplessità per il passaggio precoce e il relativo approfondimento del preparatore Mazzoleni. Ritrovarlo sei mesi dopo con la stessa Wilier e la maglia della Viris Vigevano è parso assai strano. Un mistero?

Un po’ di backstage ve lo raccontiamo e risale al giorno di riposo di Canazei del Giro d’Italia. Ci era venuto in mente di verificare perché mai Andrea non stesse correndo. Era dunque di maggio. Lui aveva risposto frettolosamente a Filippo Lorenzon, incaricato dell’articolo, mentre Mazzoleni interpellato per capirne di più, aveva risposto in modo evasivo. Soltanto Martinelli alla fine ci aveva pregato di lasciar perdere, perché Piccolo aveva ancora qualche problemino di salute e non era il caso, vista la giovane età, di disturbarlo. Accettammo e ci tuffammo di nuovo nel Giro. Un mistero.

Ha continuato ad allenarsi da corridore dell’Astana, da Capodarco è alla Viris Vigevano (foto Instagram)
Ha continuato ad allenarsi da corridore dell’Astana, da Capodarco è alla Viris Vigevano (foto Instagram)

Voci e contratti

Lì era finita, non senza curiosità, ma Capodarco ha riacceso i fari. Anche perché nel frattempo, con la solita esecrabile malizia che anima il pettegolezzo nel ciclismo, sul campione europeo juniores 2019 della crono nel frattempo se ne dicevano di tutti i colori.

«E mi piacerebbe sapere chi mette in giro le voci – dice il suo procuratore Johnny Carera – per sistemarlo una volta per tutte. Nessun mistero, la situazione è questa. Andrea ha avuto dei problemi di salute al Giro d’Italia U23 del 2020 e per venirne a capo ha impiegato del tempo. Si era decisa una data di debutto con l’Astana, poi c’è stato un rinvio. E quando la scorsa primavera si era finalmente pronti, nella squadra sono iniziati un po’ di rimescolamenti interni. Lo hanno portato in ritiro a Livigno a luglio dove ha fatto degli ottimi test, ma siccome non si riusciva a farlo cominciare, abbiamo trovato una squadra in cui potesse correre quest’anno. E per un fatto di comodità, abbiamo individuato la Viris, conoscendo i tecnici e perché ci corre suo fratello. Nessun mistero».

Piccolo va forte

La notizia, che a ben vedere tale non è, è che Piccolo va forte. E a Capodarco ha buttato via la corsa più per poca lucidità che per mancanza di gambe.

«Mi sono fatto prendere dalla foga del rientro – ammette sorridendo – con tutto il nervosismo che avevo addosso per la situazione degli ultimi tempi. E’ stressante non poter correre, quando sai di aver risolto i problemi a inizio anno. In allenamento ho da un pezzo ottime sensazioni e quando è iniziata la salita finale, ho capito che se non avessi fatto io il ritmo, Raccani e Tolio mi avrebbero messo in mezzo. Ma lo sbaglio è stato aspettare l’ultimo muro, dovevo provare ad andarmene prima. Invece sono arrivato lì, ho sbagliato rapporto, mi è venuto un inizio di crampi e alla fine mi sono spento».

Dopo i mondiali nello Yorkshire del 2019 (6° nella crono), il passaggio alla Colpack
Dopo i mondiali nello Yorkshire del 2019 (6° nella crono), il passaggio alla Colpack

Messaggio per Amadori

Capodarco è corsa vera. Lo scorso anno è saltata per Covid, quindi sia Piccolo sia il vincitore Raccani non l’avevano mai fatta, essendo entrambi di secondo anno.

«Ne avevo sentito parlare – dice – e il percorso si è dimostrato davvero duro, con l’aggiunta del caldo per cui si sudava davvero tanto. Però sto bene e adesso vorrei finire forte la stagione e magari sperare in una chiamata di Amadori per i prossimi appuntamenti. Sicuramente la condizione è buona e so di poter fare meglio di così. In pianura ho sofferto, era la prima corsa. Meglio in salita, perché lì il ritmo non è tanto diverso da quello che si può simulare in allenamento. Non ho ancora un programma, alla Viris c’è mio fratello e io continuerò a correre con la mia Wilier».

Lo scorso anno alla Colpack due secondi posti: Crono Porte Garofoli, Gp Sogepu
Lo scorso anno alla Colpack due secondi posti: Crono Porte Garofoli, Gp Sogepu

Prospettiva Astana

Che poi questo significhi che, non appena Vinokourov sarà di nuovo al comando, Piccolo riprenderà il suo cammino con l’Astana è presto per dirlo. Le richieste non gli mancano. A un certo punto pare si fosse aperta la porta della Colpack forse anche per fare il Giro, ma bisognava aspettare che Ayuso andasse via e di aspettare non avevano più voglia. Quel che conta, se tutto fila come ci hanno detto, è che l’Italia abbia ritrovato uno dei suoi talenti più belli. Uno di quelli fatti passare molto presto, forse troppo. Col senno di poi e avendolo comunque detto prima che la stagione iniziasse, un anno in più fra gli under 23 non sarebbe stato una bestemmia. Ne farà mezzo e speriamo che ora le corse abbiano continuità e il periodo buio rimanga alle spalle. Il mistero è risolto?

C’è un Piccolo più grande che sogna di passare pro’

11.07.2021
4 min
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Simone Piccolo, atleta della Viris Vigevano classe 1997, corre nella categoria elite, il suo cognome è legato indissolubilmente al ciclismo. Il papà Renato ha corso tanti anni in mountain bike, mentre suo fratello minore, Andrea, è alla sua prima stagione da pro’ nell’Astana.

Come ti sei avvicinato alla bici, tuo padre ha influito nella tua scelta?

No, sicuramente vederlo correre ha acceso in me la passione, tuttavia non mi ha mai imposto o spronato nell’avvicinarmi a questo sport. La prima esperienza infatti è iniziata con il ciclismo su strada, mi ha sempre affascinato più della mountain bike. Poi crescendo mi sono fatto tanti amici nella mia prima squadra. Amici con i quali ho un ottimo rapporto anche adesso.

Ricordi la prima corsa?

Il primo numero l’ho attaccato nella categoria G3, con il Velo Sport Abbiategrasso, la squadra di casa mia. Con loro sono rimasto fino al secondo anno allievi, poi sono andato nella Gb Union Castano.

Fra i suoi 7 podi, c’è anche il 3° posto alla Medicea dietro Rocchetta e Coati. Numeri per passare pro’? (foto Scanferla)
Fra i suoi 7 podi, c’è anche il 3° posto alla Medicea dietro Rocchetta e Coati. Numeri per passare pro’? (foto Scanferla)
Com’è il rapporto con tuo padre e tuo fratello, vi scambiate spesso consigli?

Mio padre mi ha saputo indirizzare bene, la mia fortuna è stata averlo accanto nell’età della crescita. Mi ha fatto capire come sia più importante un processo di maturazione costante piuttosto che ottenere risultati immediati. Mio fratello Andrea ha iniziato da piccolo anche lui, ci siamo sempre sostenuti a vicenda e confrontati, capita spesso di allenarci insieme. Questo è stato motivo di sprono, soprattutto quando nel 2020 eravamo fermi, allenandoci insieme a casa il lockdown è sembrato meno duro. Lui avendo me davanti come esempio ha avuto la fortuna di non commettere i miei stessi errori, non ci paragono, abbiamo i nostri tempi di crescita e maturazione.

Questa stagione stai andando davvero bene, come ti trovi alla Viris Vigevano?

Il mio alla Viris è un ritorno, sono passato under 23 con loro nel 2016, poi a causa di un anno negativo a causa di infortuni e situazioni personali ho cambiato squadra. La mia è una storia travagliata, da quando sono passato under ogni anno ho cambiato casacca, i primi due per le stesse motivazioni. Gli anni successivi perché le squadre non continuavano la categoria. Questo ritorno mi ha ridato certezze.

Che obiettivi hai per la restante parte del 2021?

In questo inizio di anno ho corso tanto, il mio apice è stato maggio dove praticamente non sono mai sceso dal podio in ogni gara che ho fatto. Ora sono un attimo in scarico, ma non smetto di correre. Nell’immediato futuro correrò il 10 luglio a Biella, il 13 al Città di Brescia e domenica 18 ancora a Biella, poi non so bene quali corse disputerò.

Pensi che quest’anno possa essere quello giusto per il salto di categoria?

Penso e spero di sì, sto andando bene e diventare pro’ è il vero obiettivo di stagione. Nel bene e nel male ogni anno ho sentito sempre dei miglioramenti. Questo mi ha permesso di credere sempre in me stesso e di continuare il processo di crescita, se non avessi avuto queste sensazioni difficilmente sarei andato avanti a correre in bici.

Ha vinto in Vadarno (in apertura) e a Fubine, qui sopra la Viris al lavoro per lui (foto Instagram)
Ha vinto in Vadarno (in apertura) e a Fubine, qui sopra la Viris al lavoro per lui (foto Instagram)
E se non dovessi passare?

Se non arriveranno offerte dai pro’ chiuderò la mia carriera, ma ho la sensazione che sia l’anno in cui riceverò delle risposte, buone o brutte, staremo a vedere.

Quali sono le tue doti da corridore?

Ho un buono spunto veloce, non vinco nelle volate di gruppo ma amo le corse dure, quelle dove alla fine riesco a tirare la zampata per aggiudicarmi la vittoria. Mi definirei un corridore di resistenza, tenace.

Al di fuori della bici che persona sei? Coltivi qualche hobby particolare?

Sono tranquillo ma deciso, non sono un tipo sedentario, anzi, amo stare in movimento. Abbiamo una barca in Sardegna, vado a pescare o nuotare, mi piace praticare attività legate al mare. La pesca mi calma e mi rende tranquillo.