La Iseo Rime chiude un buon 2021 e ricomincia dagli under 23

11.11.2021
5 min
Salva

Se si volta lo sguardo alla stagione appena conclusa, si può affermare con tranquillità che una delle squadre rivelazione o che comunque ha mostrato una buona costanza di rendimento è stata la Iseo-Rime Carnovali.

Il team diretto da Mario Chiesa e Daniele Calosso, ha ottenuto 24 podi di cui sei vittorie e molti altri piazzamenti importanti. Ha messo in condizione di passare professionista un corridore, Omar El Gouzi, e per poco anche un altro ragazzo, Samuele Zambelli.

La Iseo Rime Carnovali ha preso parte anche al Giro dell’Appennino…
La Iseo Rime Carnovali ha preso parte anche al Giro dell’Appennino…

Il modello dei pro’

«Abbiamo basato il nostro lavoro senza fare tanti ritiri continui – spiega il diesse Chiesa – ma seguendo più o meno il metodo dei professionisti. Abbiamo voluto abituare i ragazzi ad un lavoro più autonomo e meno di controllo. E non è stato facile con una squadra di giovani. Che metodo? C’è un preparatore che dà le tabelle al corridore, il quale a sua volta ha un calendario di gare: poi sta a lui farsi trovare pronto. Di là , tra i pro’, sei solo. Ovviamente assicurando ai ragazzi la massima disponibilità da parte dello staff ed ogni supporto possibile».

«Io sono in questo team da due anni e con gli altri tecnici stiamo cercando di cambiare un po’ il metodo di lavoro. A volte è necessario fare un passo indietro per farne due avanti.

«Lo scorso anno abbiamo preso cinque juniores ed è stata una bella fatica, per loro. Hanno la scuola, la maturità, ritmi serrati… non a caso dopo gli esami qualcuno ha avuto dei problemini. E’ un po’ crollato di nervi. Pertanto credo che la scelta di non correre a luglio e di andare a Livigno sia stata azzeccata. Qui in pianura c’erano 40 gradi all’ombra. Si è un po’ pagato ad inizio agosto, ma il finale di stagione è stato buono».

Chi passa e chi no

La Iseo vedrà un suo corridore passare professionista. E’ Omar El Gouzi che andrà alla Bardiani Csf Faizanè. Omar doveva fare anche il Tour de l’Avenir ma poi cadendo in allenamento si è rotto due vertebre e addio sogni azzurri, però era entrato nella top 10 del Giro e anche al Val d’Aosta era nelle posizioni di testa.

Samuele Zambelli invece era partito benissimo. «Aveva ottenuto un terzo posto in maglia azzurra alla Per Sempre Alfredo – dice Chiesa – ma poi ha preso il Covid che gli ha compromesso anche il Giro U23. Lui è un elite (classe 1998, ndr) e non resterà con noi. Era sempre piazzato. Ha vinto una corsa e credo sia uscito dai primi dieci solo un paio di volte. Ecco, tante volte mi chiedo come certe squadre di professionisti non guardino questi dati».

«Bravi anche Federico Iacomoni, un trentino che non molla mai, e Andrea D’Amato che ha vinto tre corse tra cui la Coppa d’Inverno e poi è sempre rimasto al vertice». Tra i vittoriosi del team anche Giosuè Epis e Matteo Furlan.

Per D’Amato (classe 2002) ben tre vittorie in questo 2021
Per D’Amato (classe 2002) ben tre vittorie in questo 2021

Nel 2022 solo under 23

«Ripartiremo a gennaio con un raduno di squadra – continua Chiesa – qui nella nostra sede sul lago di Garda, ma i ragazzi non saranno tutti e 14. Ci saranno due gruppi. Sia per una questione di assembramenti che di sicurezza sulle strade quando ci si allena. La zona resta fortemente antropizzata e non vogliamo disturbare troppo il traffico.

«Per la prossima stagione faremo un team solo di under 23. Abbiamo preso tre juniores: Federico Biagini, Lorenzo Fraccaro e Giuseppe Aquila. E tre secondo anno. Abbiamo preso Elia Tovazzi e Giovanni De Carlo (entrambi dal Team Sissio). Quest’ultimo, è un quarto anno, magari non sarà un super vincente ma so già che sarà presente in molte gare. Inoltre abbiamo Yaroslav Parashchak, un ucraino, che è all’ultimo anno da under ma che tra il Covid due stagioni fa e dei problemi di salute l’anno scorso ha corso pochissimo.

«Certo, è un bel rischio senza corridori di esperienza, ma sono sicuro che sapranno fare bene. Che ci metteranno impegno. E poi il merito è anche dei nostri sponsor che ci permettono di fare certe scelte. Loro non mettono pressione ai ragazzi e di conseguenza anche noi tecnici lavoriamo meglio. Vivono il ciclismo come una grande passione».

La Iseo Rime Carnovali nelle foto di rito d’inizio stagione lo scorso inverno
La Iseo Rime Carnovali nelle foto di rito d’inizio stagione lo scorso inverno

Giovani da plasmare

«La scelta di fare gli under 23 è perché vogliamo cambiare mentalità – conclude Chiesa – Questi ragazzi ce li vogliamo formare bene. E poi i nostri elite sarebbero stati di terzo anno e sarebbe stata davvero complicata anche per loro.

«Gli elite hanno più fretta di fare risultato e avrebbero condizionato, come è già successo, il lavoro e le tattiche di squadra. In qualche modo infatti si cerca di agevolarli. Quest’anno invece i ragazzi partiranno tutti un po’ più alla pari. Si aiuteranno di più col gioco di squadra. E poi non tutti saranno in condizione nello stesso momento, quindi dovranno capire quale sarà il momento di mettersi a disposizione. O di aiutare quando il percorso non è adatto a loro».

Amadori: «Rivedremo in nazionale Tiberi e Piccolo»

11.11.2021
5 min
Salva

Marino Amadori resta al comando degli under 23. Avendo sulle spalle 11 anni da professionista, 10 anni da direttore sportivo e 17 da tecnico federale (fra donne e under 23), poco di quello che gli succede attorno lo scuote. Basta sapersi adeguare, fare al meglio il proprio mestiere e il resto viene da sé. Così, reduce anche lui dalla due giorni organizzativa di Milano e ancor prima dalla vittoria iridata con Baroncini (foto di apertura), inizia a stendere il lenzuolo della prossima annata chiedendosi se poi sia davvero cambiato il mondo.

«E’ stata una cosa buona – dice – con un’impostazione molto organizzata fra noi tecnici. Si era fatto qualcosa di simile in passato, ma mai con tutti i settori presenti. Per l’attività non è cambiato nulla, abbiamo parlato dei programmi che vorremmo fare e adesso aspettiamo la valutazione del Consiglio federale».

Tiberi 2019
Antonio Tiberi è stato iridato juniores a cronometro nel 2019, non era a Bruges per scelte ormai abbandonate
Tiberi 2019
Il laziale Tiberi, iridato juniores a crono nel 2019, non era a Bruges per scelte ormai abbandonate

Tiberi e i mondiali

Ai mondiali, alla vigilia della crono, ci eravamo confrontati con Marino sul tema affrontato in un editoriale: perché Tiberi non era stato convocato per la cronometro under 23? Seppure ci fossimo trovati d’accordo sul principio della valorizzazione del giovane talento e sul bene che gli avrebbe fatto riassaporare l’adrenalina di un mondiale, dopo aver vinto quello da junior nel 2019, Amadori aveva lasciato capire che la politica di non convocare atleti professionisti era stata adottata dall’alto e a quella si era attenuto. Mentre Amadio, poco distante ma ancora non nel pieno delle sue funzioni, aveva precisato che, volendo, Amadori avrebbe potuto convocarlo. Si era in piena transizione, ora le cose seguono un corso diverso.

Felline fu convocato ai mondiali U23 del 2012, ma non la visse troppo bene
Felline fu convocato ai mondiali U23 del 2012, ma non la visse troppo bene
Oggi convocheresti Tiberi?

Amadio è propenso a questa strada. La categoria Uci riguarda atleti dai 18 ai 22 anni, senza riferimenti allo status contrattuale. Potendo fare il mondiale, anche noi andremo alla partenza con la squadra più attrezzata. Prima non era così scontato. Per cui valuteremo il percorso e gli atleti che avremo a disposizione. Però non c’è nulla di scontato. Ricordate Felline?

Mondiali under 23 di Limburgo 2012…

Esatto, il professionista io l’ho convocato. Aveva vinto il Memorial Pantani la settimana prima, ma venne su quasi infastidito perché voleva correre il mondiale dei pro’ e non fece proprio una gran corsa. Questo per dire che se anche prendi un corridore di un certo livello, bisogna che sia motivato. Il nome non basta.

La collaborazione fra Amadori e Salvoldi proverà a invertire la tendenza di bruciare le tappe
La collaborazione fra Amadori e Salvoldi proverà a invertire la tendenza di bruciare le tappe
Il fatto che si valuti la fascia d’età ti permette di selezionare anche quelli che da juniores vanno tra i pro’. Cosa pensi di questa tendenza?

Non è il massimo. La gente non capisce che di Remco Evenepoel c’è solo lui. Questo qui non è uno junior che andava forte. E’ uno che ha vinto tutte le tappe del Lunigiana e tutte le gare a tappe cui ha partecipato nel 2018. Che ha vinto gli europei strada e crono e poi i mondiali strada e crono. Ora mi dite quanti di quelli che stanno passando direttamente professionisti hanno avuto risultati appena simili? Per crescere c’è bisogno di salire un gradino alla volta.

Ora gli juniores sono stati affidati a Salvoldi, ci sarà collaborazione con lui per cercare di raddrizzare la cultura di squadre, atleti e famiglie?

Sicuramente sarà il primo punto, ma è qualcosa che si faceva anche prima.

Si parla molto del pool di esperti che faranno da supporto trasversale ai tecnici federali.

Confermo, daranno consigli e aggiornamenti al settore che si rivolgerà a loro. Sono più aggiornati di noi su metodologie e sistemi e ci terranno aggiornati su aspetti grazie ai quali guadagnare i piccoli margini per fare la differenza.

In che modo sarà strutturata la stagione internazionale degli under 23?

Sostanzialmente ruoterà attorno alla Coppa delle Nazioni, anche se ha solo 4 tappe, ai Giochi del Mediterraneo in Algeria a luglio, gli europei ad Anadia in Portogallo e i mondiali in Australia.

E le crono le seguirà Velo.

Con la massima collaborazione, provando a inserire elementi giovani perché facciano esperienza. Valuteremo i nomi. Ci sono under 23 che hanno fatto bene da juniores, sui quali bisognerà lavorare per tenerli nel giro della nazionale. E’ importantissimo per corridori come Tiberi, Milan e lo stesso Piccolo sapere che il filo con la maglia azzurra non si interrompe. Anche perché alcuni passano tanto presto e poi rischiano di perdere contatto.

In questo c’è il vero elemento di novità…

E’ il nostro indirizzo. Non escludo di convocare presto Piccolo e credo che saranno esperienze utili ad esempio anche a uno come Verre, che è passato secondo me troppo presto. Capisco il discorso economico, ma nel professionismo bisogna pensare a lungo termine. Noi cercheremo di stare vicini ai nostri ragazzi.

Gabriel Fede, il ciclocross, la scuola e poi va in Francia

06.11.2021
5 min
Salva

In estate forse è passato un po’ inosservato il suo ingaggio per il 2022 nella nuova squadra under 23, ma Gabriel Fede è uno di quei giovani “in fuga” verso l’estero. Il 18enne cuneese nel prossimo biennio correrà in Francia nella Ag2R-Citroen U23, ovvero il vivaio della formazione WorldTour che in questa stagione in Italia ha conquistato con Paul Lapeira sia il Trofeo San Vendemiano sia il Piccolo Lombardia.

Fede ha appena terminato la categoria junior con la GB Junior Team Piemonte, la stessa società in cui ha militato quest’anno (e nella quale dovrebbe restare anche il prossimo) sua sorella Nicole, elite classe 2000 con esperienze nel Racconigi Cycling Team nel 2019 e nella Servetto Piumate Beltrami Tsa l’anno scorso.

Così, mentre le gare su strada stavano andando in archivio, sono iniziate quelle nel fango del ciclocross e per Gabriel è stata l’occasione di indossare nuovamente il body della sua Selle Italia-Guerciotti.

Che rapporto hai col ciclocross?

Lo pratico da quando sono piccolo, ho sempre avuto una forte motivazione perché riesco ad andare molto bene. Quest’anno la Selle Italia-Guerciotti mi ha rinnovato il contratto per farmi crescere, per farmi diventare come i grandi, come Gioele Bertolini e Jakob Dorigoni. Che a noi giovani insegnano molto durante la stagione

Dal 2022 Fede passerà per due anni alla AG2R-Citroen Under 23 (foto Instagram)
Dal 2022 Fede passerà per due anni alla AG2R-Citroen Under 23 (foto Instagram)
La multidisciplinarietà finora ti ha fatto bene?

Sì, il ciclocross ti dà molto durante l’inverno, anche perché ti evita di stare fermo a non fare nulla. Durante le gare su strada, ne riconosci i benefici.

A proposito, in questo senso hai degli idoli o dei corridori di riferimento?

Tendenzialmente molti di quelli che fanno più discipline. Ovviamente Van Aert e Van der Poel su tutti. Su strada invece guardo molti gli scalatori e Pogacar e Roglic sono i miei preferiti.

In pratica quando finisci su strada inizi col cross e poi ricominci su strada. Come gestisci questo periodo, specialmente con la stanchezza?

Al momento va bene. Quest’anno, dopo il campionato italiano di ciclocross (che si terrà dal 7 al 9 gennaio a Variano di Basiliano in provincia di Udine, ndr), farò due settimane di riposo totale. Poi riprenderò la bici da strada per i primi allenamenti e dal 16 febbraio dovrei iniziare con le corse.

Hai appena finito i due anni tra gli junior. Come sono andati?

Sono stati abbastanza soddisfacenti. Quest’anno ho vinto due gare (il campionato regionale del Piemonte, foto di apertura, e una cronoscalata ad Ornavasso, ndr), ho fatto qualche podio e diversi piazzamenti nei dieci. Pensavo e speravo di raccogliere di più, nonostante avessi tante motivazioni e fossimo una delle squadre più forti. Forse ho risentito un po’ più del dovuto di alcune situazioni che si verificano durante una stagione, ma credo sia abbastanza normale. 

Anche quest’anno Fede è ripartito nel cross con la Selle Italia-Guerciotti (foto Instagram)
Anche quest’anno Fede è ripartito nel cross con la Selle Italia-Guerciotti (foto Instagram)
Raccontaci chi è Gabriel Fede.

Abito a Santa Croce di Vignolo a pochissimi chilometri da Cuneo. Sono cresciuto grazie a mio padre, che mi ha fatto scoprire il ciclismo. Anzi, colgo l’occasione per ringraziare lui e la mia famiglia che mi hanno sempre supportato. Ho iniziato a correre fin da “G0” (la categoria promozionale dei giovanissimi entro i sei anni di età, ndr), sono stato all’Esperia Piasco e al Melograno nei giovanissimi. Poi ho intrapreso un percorso di tre anni (due da esordiente ed uno da allievo, ndr) nella Cadrezzate Guerciotti, dove ho avuto un preparatore molto importante come Davide Arzeni. Lui mi ha fatto crescere molto e devo a lui tanti risultati di adesso. Infine il secondo anno da allievo l’ho fatto al Pedale Senaghese.

Anche tu sei uno dei tanti giovani che nel 2022 emigrerà all’estero. Come è nato il contatto con la Ag2R-Citroen U23?

So che loro tengono sotto osservazione tanta gente. Ho avuto questa opportunità quando mi hanno chiamato in estate per fare un test ed è andato molto bene. Successivamente, a fine agosto sono andato in Francia a fare una settimana di ritiro con loro. In quell’occasione mi hanno proposto il contratto di due anni. Sono stato accolto molto bene e mi hanno spiegato come sarà l’anno prossimo.

Ecco, appunto, come si svolgerà?

Finirò la scuola qui in Italia (frequenta l’Ipsia di Cuneo dove studia meccanica, ndr) e dopo la maturità dovrò trasferirmi a Chambery. Vivrò con altri compagni di squadra. Ci starò per almeno i prossimi due anni e spero più a lungo. Sarò esentato da alcuni dei prossimi raduni perché sono impegnato col ciclocross. Ci sarò per la presentazione di metà gennaio, poi da febbraio inizieranno i vari ritiri. Durante la primavera probabilmente avrò un calendario gare un po’ ridotto, ma da luglio 2022 inizierò a seguire la squadra nelle varie corse.

Perché hai preso questa decisione? Ti aveva cercato qualche altra squadra?

Avevo avuto qualche richiesta dalla Eolo-Kometa e dalla Beltrami Tre Colli, ma ho preferito fare una scelta di vita, anche se capisco che sia dura andare via di casa a 18/19 anni. Da casa mia ci sono quasi quattro ore di auto facendo il Frejus, in realtà non sono nemmeno troppo distante. Ho fatto questa scelta perché penso che sia la migliore per diventare qualcuno.

Che obiettivi hai per il biennio che arriva?

Passare pro’ fra due anni naturalmente. Prima però c’è l’intenzione di lavorare tanto, fare bene, crescere e vincere anche già dalla prima stagione. Visto che ho una buona attitudine alle fughe e mi sento abbastanza scalatore, cercherò di diventare ancora più forte in salita.

L’italiano e l’esordio nei pro’: la stagione coi fiocchi della Zalf

28.10.2021
5 min
Salva

Alla fine Zalf ha fatto la Zalf. Nella sua stagione numero 40, la squadra di Egidio Fior e Gaspare Lucchetta e diretta da Gianni Faresin è tornata a ruggire come non succedeva da un po’.

Okay, la Colpack Ballan in questo momento viaggia su altri livelli, ma i ragazzi del team di Castelfranco Veneto sono stati autori di una seconda parte di stagione mica da ridere. Anzi, proprio da ridere e sorridere visti i tanti trionfi, ben 30, e cosa più importante con 14 corridori diversi.

Gianni Faresin, Zalf Fior
Gianni Faresin è tornato quest’anno alla Zalf. Tra l’altro questa è stata la prima stagione da continental
Gianni Faresin, Zalf Fior
Gianni Faresin è tornato quest’anno alla Zalf. Tra l’altro questa è stata la prima stagione da continental

Partenza così, così

Con Faresin facciamo dunque il punto su questa stagione dal doppio volto. Stagione che tra le altre cose è stata la prima da continental. Il team ha esordito in questa categoria alla Per Sempre Alfredo (foto di apertura), ha preso parte all’Adriatica-Ionica Race, al Gp Adria Mobil, al Giro di Sicilia alla Veneto Classic.

«Sono soddisfatto. Anzi, molto soddisfatto – dice il tecnico veneto – Non siamo partiti bene. Abbiamo raccolto qualcosa in meno rispetto al solito e rispetto a quel che pensavamo. Abbiamo fatto tanti piazzamenti. Eravamo sempre presenti, ma pochi trionfi».

«Dopo il Giro Under 23 però le cose sono cambiate a partire dal campionato italiano. Da luglio in poi abbiamo raccolto più di quello che forse potevamo, abbiamo avuto episodi a nostro favore. Io dico sempre che fortuna e sfortuna si bilanciano e così è stato. I ragazzi hanno anche preso più fiducia in loro stessi».

La vittoria numero 30 del 2021: Elia Menegale (casco nero-rosso) precede di un nulla Michael Minali (foto Instagram)
La vittoria numero 30 del 2021: Elia Menegale (casco nero-rosso) precede di un nulla Michael Minali (foto Instagram)

Un Giro nato male

Una grossa fetta della stagione della Zalf Euromobil Désirée Fior è stata segnata da un brutto Giro U23. I corridori di Faresin (ma anche di Mauro Busato ed Ilario Contessa,) forse ricorderete, andarono in altura ma trovarono condizioni poco favorevoli e finirono per scendere peggio di come erano saliti.

«Per andare forte al Giro bisognava andare in quota, ma certo il periodo non era dei migliori – riprende Gianni – Eravamo andati sul Pordoi, ma il meteo non era buono. Okay, ci siamo allenati in basso, verso Cavalase ma nevicava praticamente tutti i giorni.

«Tuttavia, se guardiamo ai risultati dico anche io: okay, il Giro è andato male. Però noi eravamo presenti nelle fughe, abbiamo sempre attaccato per quel poco che si è potuto fare visto che di tappe intermedie non ce n’erano. Visto che Ayuso ha dominato sempre e che la corsa era parecchio chiusa. Oltre allo spagnolo c’è stato spazio per pochissimi altri».

Vincenti in tanti

Come Gianni analizziamo quanto detto in apertura: trenta corse nel sacco con 14 atleti differenti, davvero un bel segnale. Il più vittorioso è stato Matteo Zurlo con cinque successi, seguito da Riccardo Verza e Giulio Masotto con tre.

«Vincere con tanti corridori differenti è sempre stata la forza della Zalf – dice Faresin – Non partiamo con un capitano solo, ma cerchiamo di averne più di uno proprio perché sono tutti corridori di ottima qualità. Spesso decidiamo strada facendo su chi puntare. In più quello di quest’anno devo dire che è stato proprio un bel gruppo, molto affiatato.

«Da luglio in poi c’è stato un vero cambio di passo a partire dal campionato italiano che abbiamo vinto con Gabriele Benedetti. Quel giorno abbiamo fatto proprio un bel colpo. I ragazzi sono stati coraggiosi ad attaccare presto e col senno del poi dico che quella vittoria assume ancora più valore, visto che a fare secondo è stato Baroncini. E’ stata una gara difficilissima:».

“Vecchi” e giovani

E per il prossimo anno ci sarà un bel rimescolamento, ma nessuna rivoluzione, si continua su questa falsariga. Passano Edoardo Zamabanini (alla Bahrain Victorious), Alex Tolio (alla Bardiani Csf Faizanè) e Gabriele Benedetti (alla Drone Hopper-Androni). E si continua con una squadra anche “vecchietta” se vogliamo…

«Consideriamo che i classe 1998-1997 hanno perso un anno con il Covid. Noi in ogni caso manteniamo quattro elite. E li teniamo per due motivi principali. Primo: un ragazzo di 22-23 anni non è vecchio. Okay che la strada che si è intrapresa è questa, ma io non ne sono così convinto. Piuttosto sono convinto che così perderemo molti ragazzi che non sono pronti al passaggio. Si sa che tra i pro’ non hai tanto tempo per dimostrare il tuo valore. E non sono tutti Evenepoel… Secondo: gli elite vicini ai ragazzi più giovani portano il giusto mix di esperienza. Gli insegnano qualcosa, gli danno sicurezza.

«Senza contare poi che questi atleti più grandi sono più affidabili. Questa estate alla lunga sono emersi loro, come era normale che fosse. Un primo anno è più altalenante nel rendimento. Lo devi far riposare di più. Un elite è meno stanco fisicamente e mentalmente. Anche perché i primo anno devono finire la scuola».

Ma questo non impedisce alla Zalf di prendere nuovi innesti dagli juniores. E che innesti!

«Ne prendiamo cinque – conclude Faresin – Samuele Bonetto e Simone Griggion dal Giorgione, Alberto Bruttomesso e Stefano Cavalli dalla Borgo Molino ed Edoardo Zamperini dall’Assali-Omap».

La storia di Biniam, che sognava di essere Sagan

26.09.2021
6 min
Salva

Sul podio piccolo dopo l’arrivo degli under, accanto a Baroncini che sprizzava entusiasmo e addentava la medaglia, Biniam Ghirmay Hailu sembrava fin troppo serio. Per essere il primo eritreo su un podio mondiale, ci saremmo aspettati tutti che saltasse di gioia. Ma a volte la gioia ha altri modi per manifestarsi e la sua già dopo l’arrivo aveva iniziato a scavargli dentro.

«La sera prima avevo sentito la mia famiglia – ricorda – e ci siamo ricordati di quando ero piccolo e mio padre mi seguiva. Mi hanno detto che potevo farcela a realizzare i miei sogni. E ritrovarmi sul podio in un mondiale, fra i più grandi atleti del mondo è quello che sognavo. Là sopra pensavo a tutti loro. Mi hanno dato grandi motivazioni per tutto il giorno. E così quando è iniziato lo sprint ero nervoso, ma non pensavo che avrei perso. Ho corso per vincere. Questo è stato uno dei giorni più importanti della mia vita».

Al Polonia per Ghirmay l’ottavo posto nella prima tappa a Lublin
Al Polonia per Ghirmay l’ottavo posto nella prima tappa a Lublin

Nervoso in corsa

Biniam è del 2000, ma come accade spesso con i ragazzi delle sue parti, dimostra più anni. Aveva cominciato la stagione con la Delko-Marseille, ma alla fine di maggio è passato alla Intermarché Wanty Gobert. Un po’ perché l’assetto della Delko non lasciava presagire un grande futuro. E un po’ perché se ti vuole una WorldTour, l’occasione va colta. E lui che aveva all’attivo vari piazzamenti e anche qualche vittoria, l’occasione non se l’è fatta sfuggire.

«E’ andata bene che per un po’ Olanda, Belgio e Francia abbiano controllato la corsa – dice – io non dovevo muovermi. Come squadra non abbiamo grande capacità di muovere la corsa, perciò dovevamo solo stare tranquilli, aspettare lo sprint e fare il nostro meglio. Ero nervosissimo, i miei compagni mi hanno tirato fuori dai guai in un paio di occasioni. Nel finale c’era una gran lotta per le posizioni. Ho cercato di muovermi quando Baroncini ha attaccato, ma ho visto che nessuno reagiva. Così sono rimasto fermo nel mezzo e mi sono mosso solo alla fine»

Prima del mondiale, Biniam ha battuto Vendrame in volata al Classic Grand Besancon Doubs (foto JM Merlin)
Prima del mondiale, Biniam ha battuto Vendrame in volata al Classic Grand Besancon Doubs (foto JM Merlin)

Obiettivo iridato

La sua storia è simile a quella di tanti ragazzi africani che sognano di diventare corridori. Sentendolo parlare ci è parso di riascoltare le parole di Natnael Tesfatsion, che come lui viene da Asmara.

«Da noi ogni domenica ci sono corse – sorride – alla gente piace il ciclismo. Io ho cominciato a 12 anni con la Mtb e poi a 15 sono passato su strada. Sono molto orgoglioso della mia terra e sono stato davvero felice di venire a correre nelle Fiandre. I mondiali del 2025 in Rwanda saranno una grande occasione e una grande motivazione, magari per fare meglio di adesso e conquistare la maglia iridata. Il nostro futuro è splendente, ne sono sicuro. Abbiamo buon potenziale e non da poco. Stiamo facendo esperienza e progressi mentali e fisici, lavorando e combattendo nelle gare di livello WorldTour. E tanti altri sono nelle continental».

Vigilia iridata: Biniam Ghirmay è il primo da sinistra, poi Mulubrhan della Qhubeka e Testatsion dell’Androni
Vigilia iridata: Biniam Ghirmay è il primo da sinistra, poi Mulubrhan della Qhubeka e Testatsion dell’Androni

Svolta ad Aigle

Ma perché il sogno di concretizzi, occorre partire. E Ghirmai lasciò casa nel 2018, per approdare in Svizzera, nella sede di Aigle dell’Uci. Si era guadagnato la chiamata vincendo in tre giorni i campionati africani della cronosquadre, della crono individuale e su strada. Gli allenatori dell’Uci colsero le sue potenzialità. E nella prima corsa europea che disputò, la prima tappa della Aubel-Thimister-Stavelot con traguardo ad Aubel, andò in fuga con un giovane belga e lo batté in volata. Era un certo Remco Evenepoel, nel 2018 in cui avrebbe dominato in lungo e largo fra gli juniores.

«E’ stato molto importante arrivare a Aigle – ammette – prima di entrare nel grande gruppo, devi imparare tecnicamente e fisicamente. E’ stato molto importante fare quella grande esperienza da ragazzo. Ogni anno ho fatto nuovi step e nuove esperienze. Ho imparato tanto e ieri si è sommato tutto. Se fossimo arrivati tutti insieme, avrei lottato per vincere. Ho pensato per un po’ di fare il mondiale con i pro’, ma devo essere onesto. Per il momento sarebbe stato troppo duro per me correre con loro. Ho fatto corse in Belgio e Francia e mi sono visto fra i grandi corridori. Un giorno sarò come loro, adesso non sono ancora pronto».

Si piazza secondo al Laigueglia del 2020, in maglia Delko, dietro Ciccone e prima di Rosa
Si piazza secondo al Laigueglia del 2020, in maglia Delko, dietro Ciccone e prima di Rosa

Birra, no grazie

Il presente parla di un corridore dal fisico filiforme, che all’occorrenza sa buttarsi nelle volate, come quando devi organizzarti per saper fare tutto. Nell’avvicinamento al mondiale, ha battuto Andrea Vendrame nel Classic Grand Besancon Doubs e pochi giorni dopo è arrivato secondo del Nout du Doubs.

«La Intermarché mi ha dato grandi opportunità – spiega – mi ha spinto, mi ha motivato. Sono super contento di essere in questa squadra. E’ davvero una grande famiglia, non guardano solo alle corse, ma anche a noi come persone. Voglio dimostrare nei prossimi due anni di essere un grande corridore e li ringrazio per l’opportunità. Quando ero piccolo mi piacevano gli sprinter e mi piaceva molto Peter Sagan, non sono solo come ciclista, ma anche per la sua spensieratezza. Per ora guardo alle classiche con qualche salita, oppure quelle che finiscono in volata. Questo è quello che so fare e sto lavorando per questo. Però credo che non mi trasferirò in Belgio, ma rimarrò a vivere in Italia, a Lucca con gli altri amici eritrei. Perché? Perché non mi piace la birra…».

A Leuven per Biniam Ghirmay il secondo posto alle spalle di Baroncini, dopo la volata in rimonta
A Leuven per Biniam Ghirmay il secondo posto alle spalle di Baroncini, dopo la volata in rimonta

Soddisfazione Piva

Valerio Piva i mondiali li segue da casa, ma in quanto tecnico della Intermarché si frega le mani: l’acquisto è stato davvero azzeccato.

«Quando ce lo proposero – dice – era interessata anche la Deceuninck-Quick Step, ne parlavamo con Bramati. Che fosse veloce lo sapevo, soprattutto in corse selettive. Ha talento, questo è sicuro. E’ il classico corridore moderno, esplosivo sui percorsi veloci e duri di oggi. Lo avrò con me alla Tre Valli Varesine, al Giro del Veneto e poi fino al Lombardia. Siamo contenti di averlo con noi, vista l’apertura del ciclismo all’Africa e l’assegnazione dei mondiali al Rwanda».

Figli dell’altura

Ride, adesso Biniam ride. La prossima settimana riattaccherà il numero alla Route Adelie. Venerdì in corsa con la sua stessa maglia c’era anche Tesfatsion, il “Natalino” dell’Androni, ma è caduto ed è arrivato sei minuti dopo il compagno. Fra gli eritrei in corsa oggi tra i professionisti, ci sono invece Behrane e Kudus, rispettivamente corridori di Cofidis e Astana. Sono atleti forti, resistenti, nati e cresciuti oltre i duemila metri degli altipiani. Quella che sembrava una prospettiva remota, promette di farsi più concreta. I mondiali del 2025 probabilmente non sono stati assegnati a caso.

Amadori: «I miei ragazzi non hanno paura di prendere aria in faccia»

24.09.2021
4 min
Salva

Poche ore al via del mondiale Under 23. Il cittì Marino Amadori si stringe attorno ai suoi ragazzi. L’Italia qui a Flanders 2021 presenta una gran bella formazione. Corridori di sostanza, quasi tutti molto veloci: Filippo Baroncini, Michele Gazzoli, Marco Frigo, Luca Colnaghi, Luca Coati e Filippo Zana.

«Pronti? Siamo nati pronti», scherza il cittì romagnolo. Segno che l’umore è buono. Così come il meteo, è velato ma non piove, cosa da non sottovalutare quando si viene da queste parti a sfidare belgi, olandesi e compagnia bella.

Marino Amadori a colloquio con Frigo durante lo scorso Giro U23. La costruzione di questa nazionale è partita da lontano
Marino Amadori a colloquio con Frigo durante lo scorso Giro U23. La costruzione di questa nazionale è partita da lontano
Marino, che nazionale schieriamo?

Tanta gente veloce. Quasi tutti a dire il vero ad eccezione di Zana e Frigo. Ma di sicuro è tutta gente che non ha paura di prendere aria nei denti, perché servirà prenderla.

Come è andata la ricognizione di ieri?

Abbiamo visto sia il circuito cittadino che quello fuori, che chiamano Flanders, e come si sapeva non è un circuito facile. Per me è molto tecnico. Ci sono strade strette e larghe, tante curve. Quello cittadino è molto tecnico. La cosa che ho notato ieri è che come arrivi in cima agli strappi è tutto scoperto e il vento si fa sentire. Oggi le previsioni lo davano anche più forte. Sarà spettacolare…

Tu avevi già visto il percorso?

Di persona no. Dovevo venire, ma per un motivo e l’altro non è stato possibile. Però c’era Marco Frigo che era da queste parti. Ho chiesto a lui di fare il sopralluogo. Lui ha fatto l’intero percorso dal chilometro zero alla fine. E’ stato bravissimo nella descrizione e nei dati riportati. Certo, il circuito cittadino col traffico aperto non lo ha visionato al meglio, ma le sue informazioni sono state preziosissime.

Che corsa ti aspetti?

Una corsa nella quale può succedere di tutto da un momento all’altro. Per questo ho portato gente che non ha paura di prendere aria. E gente in forma. La nazionale è stata costruita con questo criterio. I ragazzi sono stati scelti in base a chi era più in forma.

Per Amadori gli scollinamenti degli strappi potrebbero essere decisivi, soprattutto in relazione alle condizioni del vento
Per Amadori gli scollinamenti degli strappi potrebbero essere decisivi, soprattutto in relazione alle condizioni del vento
I rivali: chi temi di più? Sempre i norvegesi in pole position?

No, per me i favoriti sono gli olandesi. Hanno quel ragazzo, Olav Kooij, che corre con la Jumbo-Visma WorldTour. Lui vinse una semitappa alla Coppi e Bartali l’anno scorso. E anche il compagno Marijn Van Der Berg è veloce. Ma in generale il lotto partenti fa paura. Belgio e Norvegia non sono da meno. E non sottovaluterei neanche la Spagna con Ayuso.

Anche qui! Vedi bene lo spagnolo anche su un percorso così veloce?

Ragazzi, se questo è venuto al mondiale non è per cambiare aria. Con tutti questi strappi può correre in modo aggressivo come è solito fare. Per me ha la mentalità giusta e come ho detto può succedere di tutto da un momento all’altro e uno così ci può stare bene. E poi lo abbiamo visto all’Europeo come è andato. E quel percorso non era durissimo…

E i nostri come stanno?

Bene. Baroncini soprattutto. E’ motivato, il percorso gli si addice e lo “zampellotto” finale suggerisce azioni di forza che lui ha nelle corde. Ma come detto sono tutti abbastanza veloci i miei ragazzi. Certo, ci sono 3-4 velocisti almeno che sono più forti dei nostri. E vedo parecchia gente che già corre nel WorldTour…

Anche noi potevamo portare gente del WorldTour…

E chi porto Bagioli che corre con i grandi? E’ un discorso ampio. Che va programmato per tempo. Servono ragazzi motivati. Zana per esempio per gli appuntamenti con la nazionale si è sempre fatto trovare super pronto, anche mentalmente. Io ho letto della polemica sul perché non fosse stato portato Tiberi, ma non bisogna pensare che con lui avremmo vinto di sicuro. Non dico che sia sbagliato portare gli atleti del WorldTour, ne vale anche la loro crescita, ma bisogna fare queste valutazioni e le eventuali programmazioni a bocce ferme. E valuteremo a tempo debito con tutti gli interessati e in base a quelli che saranno i regolamenti Uci. Regolamenti che sembra possano ricambiare. Vedremo per il prossimo anno.

EDITORIALE / Perché Tiberi non ha corso la crono under 23?

20.09.2021
4 min
Salva

Ai mondiali di Harrogate, facendosi notare per un rocambolesco cambio di bici nei primi metri di corsa, Antonio Tiberi portò a casa l’oro della crono juniores. Un grande risultato che faceva immaginare un futuro radioso sia per la sua carriera di club, sia ovviamente in nazionale. Uno che vince l’oro da junior te lo aspetti in azzurro anche da under 23. Ti aspetti che i tecnici federali se lo contendano, lo seguano, lo mettano al centro di un progetto che lo porterà negli anni successivi a giocarsi il titolo fra i grandi.

Il 2020 è stato l’anno balordo che tutti ricordiamo, per cui gli under 23 non hanno avuto vetrine internazionali. Quest’anno qualche segnale fra i grandi Tiberi lo ha lanciato e giusto la scorsa settimana ha centrato un nono posto nella cronometro dello Skoda Tour of Luxembourg. E allora perché non è stato convocato per i mondiali under 23 della crono in Belgio? Perché non è stato organizzato per lui un piano di avvicinamento alle sfide di Bruges? E perché, volendo ampliare l’angolazione, non è stato portato al Tour de l’Avenir? 

Prima del via, Baroncini parlava di bici con Irizar e De Kort della Trek: l’anno prossimo sarà ai mondiali della crono?
Prima del via, Baroncini parlava di bici con Irizar e De Kort della Trek: l’anno prossimo sarà ai mondiali della crono?

Nessuna regola

L’Unione ciclistica internazionale non ha regole che impediscano agli atleti WorldTour di essere convocati, vige pertanto una sorta di blocco tutto italiano, per cui si preferisce puntare sugli atleti delle continental e delle squadre di dilettanti, aprendo al massimo la porta a quelli che provengono dalle professional, come confermano le ripetute convocazioni di Zana. Filosofia rispettabile, ma non condivisibile. Tiberi non avrebbe il diritto (sportivo) di continuare a crescere nella specialità con la quale ha reso grande il suo Paese? E non avrebbe lo stesso diritto Filippo Baroncini, che giusto oggi ha ottenuto il nono posto fra gli under 23, anche se dal prossimo anno sarà anche lui alla Trek-Segafredo?

Struttura unica

Per ammissione di Roberto Amadio, responsabile delle nazionali, con la sua organizzazione sportiva l’Italia rappresenta un’eccezione. E questo, ad avviso di chi scrive, rischia di penalizzare i nostri atleti se la Federazione per prima non deciderà di recitare nuovamente un ruolo da protagonista. Il punto forse è fare chiarezza su quale debba essere l’atteggiamento delle nazionali giovanili in questo Paese, culla del ciclismo e capace allo stesso tempo di aggrovigliarsi su se stesso, perdendo occasioni d’oro.

Come abbiamo già visto analizzando la situazione degli juniores, il tecnico federale fa il selezionatore e sta ai direttori sportivi preparare gli atleti. Un cambiamento introdotto quando il Centro Studi distribuì in giro la preziosa qualifica e ritenne che la Federazione potesse lavarsi le mani della preparazione degli atleti di interesse azzurro. I direttori sportivi sarebbero stati in grado, si disse, di gestire la preparazione dei ragazzi. Solo che, senza il filtro e la vigilanza federale, alcuni lo hanno fatto con l’ottica di farli crescere e altri avendo come unica stella polare il risultato.

Tiberi ha vinto il mondiale della crono nel 2019 nello Yorkshire. Qui con il tecnico De Candido
Tiberi ha vinto il mondiale della crono nel 2019 nello Yorkshire. Qui con il tecnico De Candido

Dubbio under 23

Che cosa si deve fare fra gli under 23? L’atleta che conquista un titolo mondiale va considerato un capitale dell’intero movimento nazionale e come tale gestito a quattro mani, fra il club e la Federazione? Oppure si volta la pagina e ci si lascia alle spalle la preziosa occasione di farlo crescere perché un domani porti a casa altre medaglie? Basterebbe semplicemente dirsi chiaramente quali siano gli obiettivi e attenersi alla normativa internazionale. Tutto il resto complica le cose e non rende giustizia ai corridori. Affrontare un mondiale contro i pari età è il solo modo per crescere ed è la chiave grazie alla quale la Federazione può monitorare gli step di crescita dei suoi atleti. Limitarsi a selezionarli, avendo identiche possibilità di vincere o perdere, non è gratificante per nessuno. Un tecnico federale dovrebbe avere il diritto, la possibilità e soprattutto la voglia di fare di più.

Giro Friuli 2021

Giro della Regione FVG, alla scoperta di nuovi Pogacar

01.09.2021
5 min
Salva

Venerdì si riparte. Il Giro della Regione Friuli Venezia Giulia è pronto per affrontare la sua edizione numero 57. La corsa che si era dovuta fermare nel 1976 per il nefasto terremoto e nel 2016-17 per la mancanza di una società che si facesse carico della sua organizzazione, ha trovato nella Libertas Ceresetto il sodalizio che l’ha fatto risorgere dalle sue ceneri, riportando in vita la competizione più antica della categoria.

Un evento che ha avuto nel suo passato grandi nomi iscritti nel suo albo d’oro. Basti pensare a Felice Gimondi che si aggiudicò la seconda edizione nel 1963, ma anche Moreno Argentin nel 1981, Claudio Chiappucci nel 1984, Gilberto Simoni autore addirittura di una doppietta nel 1991 e ’93, primatista in tal senso del Giro del Friuli in coabitazione con Nicola Ongarato (1996-97) e il russo Ruslan Pidgornyy (2001-03). Alla sua ripresa, la gara è stata illuminata dallo sloveno Tadej Pogacar, che già da under 23 aveva preso la “bella abitudine” di vincere ogni competizione a tappe alla quale prendeva parte…

Leknessund Friuli 2020
Il norvegese Andreas Leknessund, vincitore del Friuli 2020 davanti al francese Guerin e allo spagnolo Adrià
Leknessund Friuli 2020
Il norvegese Andreas Leknessund, vincitore del Friuli 2020 davanti al francese Guerin e allo spagnolo Adrià

Arriva Murro

Artefice della ripartenza del Giro della Regione FVG è stato innanzitutto Cristian Murro, ex pro’ lombardo passato anche per la Lampre e vincitore nel 2007 della Tre Valli Varesine, in grado di allestirlo anche nei durissimi mesi della pandemia (nel 2020 la gara è stata vinta dal norvegese Andreas Leknessund).

«Appena smesso di correre – dice – mi sono dedicato alla società e al suo settore giovanile, arrivato ora a oltre 50 ragazzi che fanno ciclismo, una soddisfazione immensa. Nel 2018 ci siamo presi questo compito e cerco di portarlo a termine nella maniera migliore, abbinando le necessità dei team a quelle del territorio che attraverso il Giro può mostrarsi al mondo in tutta la sua bellezza»

Quest’anno parteciperanno 33 squadre, ognuna con 5 elementi. A quante però avevate mandato l’invito?

Non ci crederete, ma noi non abbiamo invitato nessuno, eppure ci sono arrivate oltre 70 richieste di partecipazione. E’ questa la grande forza del Giro del Friuli, ha un prestigio tale che è ormai un riferimento per ogni squadra di ogni latitudine. Abbiamo dovuto dire una marea di no e non fa mai piacere, ma abbiamo messo insieme un cast di alto livello anche perché il Giro ha dimostrato negli ultimi anni di essere ideale per preparare le prove titolate.

Murro Friuli 2021
Cristian Murro, pro’ dal 2003 al 2008, da allora tecnico giovanile alla Libertas Ceresetto e dal 2018 organizzatore del Giro della Regione FVG
Murro Friuli 2021
Cristian Murro, pro’ dal 2003 al 2008, da allora tecnico giovanile alla Libertas Ceresetto e dal 2018 organizzatore del Giro della Regione FVG
Gli europei di Trento arrivano però a meno di una settimana dalla sua conclusione…

Io credo che una corsa a tappe breve come la nostra e soprattutto così strutturata possa garantire la miglior condizione anche per la gara europea che si correrà dopo 6 giorni. Certo, per i mondiali, in programma dopo altre due settimane, il discorso è ancora più valido, per questo abbiamo al via nazionali come ad esempio Svizzera e Russia. Ma abbiamo team anche da Spagna, Francia, naturalmente Croazia e Slovenia, addirittura da Messico e Sud Africa…

Veniamo alle caratteristiche della corsa…

Si comincia venerdì 3 settembre con la Rive d’Arcano-Tarvisio di 151,4 chilometri. La prima parte è un circuito vallonato nelle colline del San Daniele, poi c’è la lunga salita della Sella Cereschiatis, di 9 chilometri, che anche se non presenta grandi pendenze darà sicuramente una prima scrematura al gruppo, chi ha ambizioni di classifica non potrà star fermo. Dalla vetta mancheranno oltre 30 chilometri, tutti nervosi, con arrivo nel centro di Tarvisio.

Questa è l’unica tappa udinese, poi ci si sposta verso Pordenone…

Esatto, con la seconda frazione che sarà decisiva, la Casarsa della Delizia-Piancavallo di 142 chilometri. La prima parte è in pianura, fino alla salita di Clauzetto a metà gara. Poi altro piccolo strappo a Crociera San Floriano e infine da Alzano la salita verso Piancavallo, 14 chilometri che hanno esaltato anche Marco Pantani che qui ha costruito la sua vittoria al Giro d’Italia del 1998. Qui le pendenze si fanno sentire, ci sarà grande selezione.

Nella terza c’è spazio per rimescolare le carte?

Con gli Under 23 non si può mai dire, ma è chiaro che la frazione è tutta in pianura e si candida per un arrivo in volata. Si va da Mortegliano a Pordenone per 157 chilometri, il problema semmai è che i team saranno composti da soli 5 corridori, è difficile controllare la corsa con così pochi effettivi.

Avendo vissuto l’esperienza da entrambe le parti della barricata, prima come corridore e poi come organizzatore, dì la verità, hai cambiato idea sulle gare?

Sono diverse prospettive, questo è sicuro. Una cosa la posso garantire: fisicamente si fatica di meno, ma mentalmente molto di più…

Il Gran Paradiso è di Steinhauser, il Valle d’Aosta di Thompson

18.07.2021
6 min
Salva

Ancora sulle strade del Giro della Valle d’Aosta. E ancora emozioni. Nel giorno del tedesco Georg Steinhauser, bellissimo il suo attacco nella salita finale, gioisce Reuben Thompson, 20 anni dalla Nuova Zelanda, che si porta a casa la classifica generale.

Oggi si è vista una corsa diversa da quella dei giorni precedenti. Una gara molto più da pro’ che non da under 23. Più regolare, più “controllata” se vogliamo. Forse è stata la fatica ad aver placato un po’ gli animi dei corridori, di quegli 86 che erano rimasti in gara.

Bravissimo Steinhauser, il tedesco della Tirol Ktm ha volato nella salita finale
Bravissimo Steinhauser, il tedesco della Tirol Ktm ha volato nella salita finale

Duello italo-neozelandese

Dopo l’impresa di ieri, l’attenzione era concentrata tutta sul duello tra Thompson e Gianmarco Garofoli. Ci si aspettava un grande scontro non solo tra loro due ma anche tra i rispettivi team. La Groupama-FDJ era schierata tutta davanti già sotto l’arco di partenza. I ragazzi bianco-rosso-blu non volevano lasciare nulla ai giovani colleghi della Dsm Development, neanche un possibile attacco a sorpresa, visto che il chilometro zero era appena 500 metri dopo il via, avvenuto dal bellissimo castello di Fénis.

Però questi attacchi non arrivano. E succede che: «Che ci ho provato – racconta Garofoli – sulla penultima salita ma ho capito subito che le gambe non erano le stesse di ieri. A quel punto non ho voluto rischiare e ho pensato di portare a casa il podio. E poi sono rimasto solo molto presto. Infatti Vandenabeele non stava bene (stamattina ci è sembrato molto provato in volto, ndr) e si è fermato, un’altro ragazzo si è ritirato poco dopo e un altro ancora si è staccato sulla penultima salita. Comunque va bene così. Un bel risultato».

La guardia di Thompson 

Chi è stato attentissimo per tutta la tappa è stato proprio il leader, Thompson. Lo avevamo visto scaldarsi prima del via, sulla sua Lapierre con tanto di richiami gialli in onore della sua maglia. Per molti chilometri nella salita finale ha pedalato guardando all’indietro. Era spostato su un lato della strada e controllava in continuazione gli uomini alle sue spalle proprio come avrebbe fatto un pistard.

Jerome Gannat, il diesse della Groupama ci ha detto che Thompson è al secondo anno, ma è come se fosse al primo. «Thompson ha avuto un’esperienza sfortunata con una squadra al suo primo anno. Non aveva fatto tante gare internazionali. Di fatto questa è la sua vera prima stagione completa tra gli under 23. E’ un ragazzo serio, dà molta importanza al misuratore di potenza e spesso lavora anche troppo. In gara non rendeva quello che faceva in allenamento – cosa che ci ha confermato anche Lorenzo Germani – ma adesso finalmente sta andando bene ed è dimagrito.

«Oggi abbiamo controllato la corsa. Ci hanno attaccato nel punto in cui immaginavamo. La Dsm è una squadra ben attrezzata ma avevamo l’obbligo di provarci. Faceva caldo oggi e in Nuova Zelanda non ci sono mai temperature sopra ai 25° ma abbiamo visto che Reuben le sopporta tutto sommato. Stanotte ha riposato bene, ma certo un po’ stress addosso ce lo aveva». 

Il suo diesse dice che il neozelandese è dimagrito ma a noi non sembra essere così “tirato”. «Eh ma guardate le sue gambe», esclama Germani.

Groupama prontissima al via. Lorenzo Germani (appoggiato al gonfiabile) pedina fondamentale per Thompson
Groupama prontissima al via. Lorenzo Germani (appoggiato al gonfiabile) pedina fondamentale per Thompson

Ex triathleta

Thompson che non è magrissimo, Thompson che va forte in allenamento e poco in gara. Come mai? Chiarisce tutto Manuel Quinziato, procuratore del neozelandese.

«Reuben viene dal triatlon – spiega il manager altoatesino – è stato secondo in un mondiale juniores. Poi un giorno ha voluto provare a correre su strada ed eccolo qui. Aveva ottenuto delle vittorie in Francia da juniores. Me lo aveva segnalato Alessandro Mazzurana, mio amico ed esperto di ciclismo giovanile. Lo scorso anno era stato coinvolto nel Team Monti, poi la squadra non andò a buon fine e l’ho portato in Spagna. A marzo, era a casa, ed è stato cinque giorni ricoverato per Covid. L’estate è voluto tornare in Europa a tutti i costi e alla fine ha fatto secondo nella Coppa di Spagna. E’ un bravo ragazzo. Serio, meticoloso, educato…».

Adesso capiamo perché Reuben abbia una struttura così “massiccia”. O comunque diversa e meno filiforme rispetto ai suoi colleghi che invece sono cresciuti in bici. Nuoto e corsa incidono parecchio, specie se fatti nell’età dello sviluppo fisico. Ma sta cambiando. E per questo ha margini enormi.

Thompson ha gestito la situazione con sangue freddo
Thompson ha gestito la situazione con sangue freddo

Groupama compatta

Anche oggi il Giro della Valle d’Aosta ha regalato scenari unici. La terza ed ultima tappa arriva a Cogne, più precisamente nella frazione Valnontey, ultimo avamposto verso le alte quote: poi solo sterrati di montagna, boschi, prati e il Gran Paradiso sullo sfondo.

«Ah Manuel (Quinziato, ndr) – dice Thompson seduto ad una stazione di ricarica per ebike in attesa di salire sul podio – uno splendido ragazzo che mi aiuta molto, mi dà consigli… Se oggi è stato facile? Non direi proprio facile. Garofoli ed altri hanno provato attaccarmi sulla penultima salita ma devo ringraziare la mia squadra. I ragazzi hanno fatto un lavoro fantastico e hanno controllato benissimo la corsa. 

«Vero guardavo dietro, ma è successo solo nei chilometri finali quando ero solo e volevo controllare. Ma io stavo bene e alla fine ero tranquillo. Avrei inseguito eventuali attacchi. Sono davvero soddisfatto. E’ il mia prima vittoria internazionale, ma ho lavorato duro nelle scorse settimane. A Tignes ho fatto tante ore di sella, tanti chilometri. Non mi aspettavo di vincere, per me è stata un’esperienza fantastica che voglio dedicare a tantissime persone. Alla mia famiglia, alla mia squadra e a tutti quelli che mi sono vicini».
Thompson racconta che anche dove abita lui in Nuova Zelanda ci sono salite importanti, montagne dove si scia e tutto sommato è abituato “a fare su e giù”, come ha detto lui.

Colpack e l’Italia presenti

Quello che ancora non vi abbiamo detto è che oggi per oltre 100 chilometri a condurre la corsa da solo c’è stato Alessandro Verre. Sì, proprio lui. Il lucano voleva riscattare la brutta prova di ieri quando era giunto al traguardo con quasi mezz’ora di ritardo e aveva perso la maglia gialla.

«Il mio attacco non era programmato – dice con la sua consueta calma a fine tappa – Non avevo neanche la mappa sul computerino, non sapevo nulla delle salite. Mi è dispiaciuto molto per quello che è successo ieri e oggi volevo dare un segnale. Ho provato a conquistare la maglia dei Gpm, ma credo di averla persa per un paio di punti».

La squadra diretta da Gianluca Valoti è riuscita comunque a salire sul podio generale con Mattia Petrucci, terzo, e a sfiorare il premio della classifica a squadre.

Un plauso anche a Davide De Cassan del Ctf, un primo anno, in grado di tenere le ruote del forte danese Asbjorn Hellemose nella scalata finale e di staccare i big della generale.