Dainese: prime volate con la Tudor e un’iniezione di fiducia

02.02.2024
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Le parole di Raphael Meyer, CEO della Tudor Pro Cycling, ci hanno aperto gli occhi su un modo diverso di intendere il ciclismo. L’impostazione della squadra, l’approccio alle corse, la mentalità di crescere. Tutto questo fa parte di un processo di sviluppo chiaro e prestabilito. Ma che impatto ha il mondo Tudor sui corridori? Lo abbiamo voluto chiedere a Alberto Dainese, appena arrivato e già lanciato in quest’avventura. 

Il velocista veneto ha messo alle spalle le prime corse, così è venuto facile farci raccontare da dentro la squadra e le sue dinamiche. Forti anche della partecipazione alla prima grande corsa a tappe della Tudor: il prossimo Giro d’Italia.

La stagione di Dainese è iniziata con un secondo posto al Trofeo Ses Salines
La stagione di Dainese è iniziata con un secondo posto al Trofeo Ses Salines

Calendario serrato

«Oggi (giovedì, ndr) è il mio giorno di riposo – spiega Dainese – ho iniziato a correre a Mallorca. Poi sarò ad Almeria, Volta Algarve, Kuurne e Tirreno. Da lì farò uno stacco per arrivare pronto al Giro. Il programma era già questo nelle nostre idee, la voce che avremmo partecipato al Giro già c’era, mancava solo la cosa più importante: l’ufficialità.

«Ho messo insieme le prime gare – continua – mi sono misurato nelle volate e abbiamo preso le misure con il treno. Domenica, a Palma, abbiamo sbagliato negli ultimi 100 metri, dove ci siamo fatti chiudere alle transenne. Lì c’è stato del rammarico perché non sono riuscito a sprintare al massimo del mio potenziale. E’ arrivato un sesto posto, che non è da buttare, ma la cosa più importante era prendere le misure con i compagni».

Qualche giorno dopo è arrivato il sesto posto al Trofeo Palma
Qualche giorno dopo è arrivato il sesto posto al Trofeo Palma
Alla prima gara era arrivata una seconda posizione, non male come inizio.

Sì, alla prima corsa mi è mancata un po’ di cattiveria. Mi sono fatto superare da due corridori della Soudal e sono partito dietro. Tutto sommato è stata una buona volata, poteva andare peggio. 

Come sta andando il treno?

E’ da rodare, posso dire che stiamo costruendo le basi. Avere un treno a disposizione fa molto, le volate sono andate bene, abbiamo sbagliato gli ultimi metri. E’ un segnale positivo. 

In che senso?

Arrivare all’ultimo chilometro coperti e pronti per lanciarsi vuol dire avere un buon feeling e una buona tecnica. Ci manca il dettaglio, ma arriverà con le gare e con l’inserimento di tutti i “vagoni”. In Spagna mancavano Trentin e Krieger che saranno presenti in Algarve. Krieger è una pedina davvero importante, è stato nel treno di Philipsen alla Alpecin. Ha tanta esperienza, così come Trentin. 

Il confronto con gli uomini del treno, le prime gare servono per prendere le misure
Il confronto con gli uomini del treno, le prime gare servono per prendere le misure
E a livello di squadra che cosa hai visto nella Tudor che ti è piaciuto, al di fuori dell’aspetto tecnico.

C’è stato un salto di qualità nell’aspetto umano, sto molto bene e questa cosa è importante perché aiuta a vincere. Ci sono tante figure con la mentalità giusta, l’ambiente è sereno. Mi sono reso conto, fin dalle prime gare, che le cose vengono prese di petto: si tira, ci si mette in mostra e si prova a vincere. L’ho visto anche al Saudi, seguendo i miei compagni in televisione. Magari non arriva il risultato pieno, ma questo atteggiamento ti sprona a provarci. 

Cosa trovi di diverso rispetto a prima?

A livello tecnico nulla, tutte le squadre lavorano più o meno allo stesso modo: meeting, riunioni sul bus, cose così… Quello che mi piace è il rapporto all’interno della squadra. Posso dire la mia, anzi devo dire che sapere di essere considerato è stimolante. E’ la mentalità giusta.

Un inizio di stagione intenso per Dainese che tirerà dritto fino alla Tirreno (foto mr.pinko)
Un inizio di stagione intenso per Dainese che tirerà dritto fino alla Tirreno (foto mr.pinko)
Hai notato altre differenze?

Affronterò il Giro con una diversa preparazione più dettagliata, dettata dal fatto che sono consapevole di essere nella rosa. In DSM sono stato convocato due volte al Giro ed entrambe all’ultimo. Sapere di andare al Giro fin da subito mi ha permesso di pensare bene alla preparazione, e cambiare anche qualcosa.

Cosa?

Andrò in altura, che è un po’ una novità. Gli anni scorsi non ero sicuro di essere convocato, quindi non potevo prepararmi al 100 per cento. Penso che arriveranno dei benefici da questa nuova preparazione, cose che mi porterò dietro anche in futuro. Sarà un Giro competitivo, molto più degli ultimi due che ho corso, ma allenarmi bene mi farà sentire pronto. 

La consapevolezza di essere nella squadra del Giro dà la giusta fiducia per lavorare con serenità
La consapevolezza di essere nella squadra del Giro dà la giusta fiducia per lavorare con serenità
Quindi c’è ambizione?

Sempre, la voglia di vincere non manca. Poi ci sono anche gli altri in corsa ma per il momento mi sento molto fiducioso

Allora in bocca al lupo…

Crepi! E ci vedremo alle corse.

Raphael Meyer, il motore invisibile del Tudor Pro Cycling

28.01.2024
7 min
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Raphael Meyer, classe 1986, è il motore invisibile e potente del Tudor Pro Cycling Team. Se Fabian Cancellara ne è il proprietario e Ricardo Scheidecker è il responsabile della gestione sportiva, tutto il resto passa attraverso lo svizzero di Lucerna. Nel giorno in cui la Tudor Pro Cycling ha ottenuto la wild card per il Giro d’Italia, le sue parole nel comunicato stampa ci hanno spinto ad approfondirne il senso.

«L’invito – si legge – è un grande riconoscimento del lavoro svolto dall’intero team da quando lo scorso anno siamo entrati nel professionismo. Può sembrare un grande passo avanti per la nostra giovane squadra, ma riteniamo che sia un’evoluzione logica. Abbiamo adottato misure tra cui l’ingaggio di corridori e personale esperti per essere pronti a esibirsi a questo livello. Correremo al Giro con lo stesso spirito audace che abbiamo dimostrato la scorsa stagione e puntiamo a portare a casa una vittoria di tappa».

Raphael Meyer comparve nel ciclismo nel 2018. Cancellara si era ritirato e aveva messo in piedi una serie di eventi. La prima volta che lo incontrammo fu alla tappa toscana di Chasing Cancellara, in cui gli amatori pedalavano con il campione. La collaborazione fra i due nel frattempo si è evoluta. E’ passato prima attraverso la Swiss Racing Academy ed è ora sfociato nel Tudor Pro Cycling Team, di cui Raphael è il CEO.

Raphael Meyer, classe 1986, è CEO della Tudor Pro Cycling (foto Luca David)
Raphael Meyer, classe 1986, è CEO della Tudor Pro Cycling (foto Luca David)
Puoi spiegarci quanto lavoro ci sia stato dietro la costruzione di questo team?

Abbiamo iniziato quasi da zero, partendo da un team continental e non sapendo se avessimo abbastanza materiale, se ci avrebbero consegnato i mezzi in tempo, se il nostro staff sarebbe stato affiatato al punto giusto. Avevamo tante incertezze, ma tutti hanno contribuito alla riuscita credendo nel progetto. Perciò ancora prima di debuttare a Marsiglia, giusto un anno fa, eravamo già in trattativa con i corridori che abbiamo preso quest’anno.

C’è stato un momento in cui i dubbi sono scomparsi?

Sì, il 15 marzo alla Milano-Torino molti punti interrogativi se ne sono andati. Non tutti, perché ne ho ancora oggi. Era il giorno della prima vittoria, era anche il compleanno di mia moglie e due ore prima della partenza, mia madre mi aveva chiamato dicendomi che mia nonna era appena morta. E per me è stato davvero emozionante essere in ammiraglia con Cozzi e sentire alla radio che aveva vinto il numero 161 della Tudor Pro Cycling. Ho pensato: «Ci siamo. Non importa chi ci sia alla partenza, non importa quanti anni abbia la gara, questo è il nostro posto».

Milano-Torino 2023, 15 marzo. Arvid De Kleijn regala la prima vittoria al Tudor Pro Cycling. Meyer era in ammiraglia
Milano-Torino 2023, 15 marzo. De Kleijn regala la prima vittoria alla Tudor. Meyer era in ammiraglia
Qual è il tuo ruolo nella squadra?

Ho iniziato a lavorare con Fabian nel 2018, quando abbiamo creato la società. Abbiamo provato a fare alcune cose, certe hanno funzionato, altre meno. A un certo punto abbiamo pensato di prendere in mano il Giro di Svizzera, ma abbiamo detto di no. Finché a un certo punto ci siamo trovati davanti alla Swiss Racing Academy che stava per chiudere. La gente diceva che avremmo dovuto aiutarli e anche io ho pensato la stessa cosa. Non sapevamo come gestire una squadra, ma Fabian ha detto che se non fossimo intervenuti, avremmo distrutto il sogno di diventare professionisti di quei 14-16 atleti.

E cosa avete fatto?

Abbiamo cominciato a lavorare. E quando poi è stato chiaro che avremmo potuto fare un altro passo, abbiamo richiesto la registrazione come proteam. A quel punto abbiamo discusso su come dividerci i compiti e io sono diventato il CEO, perché conoscevo bene il progetto e avevo tenuto tutti i collegamenti. Non sono troppo legato a questo titolo, che in inglese significa Chief Executive Officer. A me piace intenderlo in un altro modo. Dico sempre che sono il Chief Enablement Officer, cioè quello che consente alle persone di svolgere il proprio lavoro. Mi assicuro che Cozzi abbia un’ammiraglia. Che ci siano abbastanza biciclette. Faccio in modo che abbiamo abbastanza soldi per pagare i conti. Nella nostra squadra ognuno ha il suo incarico, perché ciascuno è bravo nel fare qualcosa. Io verifico che ognuno possa fare al meglio la propria parte. E’ così che vedo il mio ruolo.

La squadra svizzera corre su bici BMC: una sorta di bandiera elvetica
La squadra svizzera corre su bici BMC: una sorta di bandiera elvetica
Quando hai iniziato a sperare nel Giro?

Sin dall’inizio sapevamo che al primo anno non avremmo fatto domanda per un grande Giro, perché non eravamo pronti. Probabilmente avremmo potuto chiedere un invito o fare domanda per il Fiandre del 2023 e per la Parigi-Roubaix, ma non l’abbiamo fatto perché non eravamo pronti. Ora, un anno dopo, sappiamo di essere abbastanza forti e quindi abbiamo chiesto di partecipare a un grande Giro.

Neppure quest’anno sarete alla Roubaix.

Perché non lo abbiamo chiesto. Sui media ho letto di Tudor esclusa dalla Roubaix e dal Tour. Ma non ci hanno escluso, semplicemente non abbiamo chiesto di partecipare. Abbiamo fatto richiesta per il Fiandre, per la Gand-Wevelgem e tutte le classiche fiamminghe. Ma ad esempio ci siamo detti che non avremmo potuto fare il Fiandre, la Schelderpijs, la Roubaix e dopo cinque giorni andare al Tour de Romandie, dove vogliamo fare bene. Siamo esseri umani. Abbiamo dei corridori che hanno bisogno di riposo. Il nostro staff ha famiglia e hanno piacere di tornare a casa, quindi dobbiamo dare loro il tempo di respirare. In compenso stiamo già pensando a cosa fare nel 2025, quali richieste mandare. Non vogliamo partire solo per partecipare o mandare un corridore in fuga. Siamo la Tudor. Ad ogni gara andiamo con un piano e con la possibilità realistica di vincere. Così sarà al Giro, non andremo solo per compiacere i nostri sponsor.

Tudor subito in evidenza, qui Dainese secondo al Trofeo Calvi di Mallorca
Tudor subito in evidenza, qui Dainese secondo al Trofeo Calvi di Mallorca
Cosa ha visto Tudor nel ciclismo?

L’opportunità di creare un progetto molto vicino al marchio. In tutto il mondo la squadra è conosciuta con il nome Tudor, in quale sport succederebbe? A meno che tu non sia Red Bull e compri una squadra di calcio e le dai il tuo nome. Questa potrebbe essere la ragione più ovvia, ma bisogna anche valutare Tudor come brand e come azienda. Non è un marchio effimero che entra in uno sport e scompare dopo tre anni. Tudor è di proprietà di una fondazione che ha determinati principi. Si prendono cura della società e delle prossime generazioni. In qualche misura è quello che facciamo anche noi, ma siamo svizzeri e non ne parliamo perché non abbiamo bisogno di vantarci. Cerchiamo di creare un luogo dove i giovani possano crescere come esseri umani e come ciclisti. Il Devo Team per ora ha 7 svizzeri e 6 atleti internazionali. Sono persone che si trovano in un momento decisivo della loro vita, non solo della loro carriera e lo trascorreranno insieme a noi. E anche questo è uno dei motivi per cui Tudor è nel ciclismo. E poi ci sono i bambini…

Cosa c’entrano i bambini?

In Svizzera abbiamo un programma chiamato Kids on Wheels, in cui promuoviamo il ciclismo anche nelle regioni meno ricche. Andiamo nelle pump track, portiamo le biciclette, cerchiamo di ispirare i bambini. Prima del Giro di Svizzera, andremo nelle scuole per distribuire informazioni, materiale, bandiere, cappellini. Vogliamo che i ragazzi ci vedano e sognino di diventare ciclisti. O almeno sappiano che il ciclismo è uno sport bellissimo e muoversi in bicicletta è super salutare. E’ un cambiamento che stiamo portando in Svizzera, ma presto ci piacerebbe estenderlo all’Europa e al mondo intero. Con un marchio come Tudor puoi farlo.

Raphael Meyer collabora con Cancellara dal 2018. Qui al campionato svizzero 2023 (foto Tyler Haab)
Raphael Meyer collabora con Cancellara dal 2018. Qui al campionato svizzero 2023 (foto Tyler Haab)
Quindi c’è dietro anche un grande lavoro di comunicazione?

La squadra è il faro del progetto. Ora la televisione di Stato dice che il prossimo passo per Cancellara è portare Tudor al Giro. Grazie a questo, le persone al supermercato sanno che esiste una squadra ciclistica in Svizzera. E’ ciò che vogliamo. Ovviamente Tudor vuole vendere più orologi e quindi ho le mie riunioni con il loro responsabile marketing, ma il più delle volte parliamo di questo tipo di visioni.

Tornando a te, seguirai qualche gara durante la stagione o rimarrai in ufficio?

L’altro giorno ho avuto una discussione con mia moglie, mentre guardavamo il calendario. Quando ha visto i giorni delle mie trasferte, mi ha chiesto se sia davvero necessario che vada a tante gare. Le ho risposto di no, ma che voglio andarci. Dedichiamo gran parte della nostra vita al ciclismo e andare alle corse ripaga con emozioni positive. Al Giro rimarrò per almeno due settimane, perché voglio imparare. Probabilmente alla fine sarò distrutto, ma voglio sapere cosa si prova. Ai tempi della continental, andai a una gara con i meccanici. Volevo capire cosa significasse essere un meccanico nel team ciclistico. Onestamente? Fare il meccanico non è un bel lavoro e penso che saperlo mi renda un capo migliore. Forse mi sbaglio, ma questo è quel che provo.

Calciatore, scalatore e velocista: De Kleijn non si ferma più

29.12.2023
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L’ALBIR (Spagna) – Arvid De Kleijn arriva nella hall con il passo stanco di chi si è appena svegliato. Il ritiro del Tudor Pro Cycling Team è agli sgoccioli, a gennaio ce ne sarà un altro e a giudicare dal tanto lavorare di ogni membro dello staff, per allora la squadra avrà salito un altro gradino.

De Kleijn, il cui significato in olandese è letteralmente “il piccolo”, è effettivamente un velocista compatto e guizzante, alto 1,71 per 68 chili di peso forma. Fra i suoi meriti sportivi, fra le circa 15 vittorie da quando corre in bicicletta, c’è che la sua prima del 2023 sia stata la prima anche per la neonata squadra svizzera. Ottenuta sulle strade italiane, battendo Gaviria alla Milano-Torino. Attorno alle ammiraglie della Tudor si respirava una gioia da campionato del mondo.

Arvid ha i capelli corti con la riga a sinistra e lo sguardo simpatico. Al ciclismo c’è arrivato tardi, avendo alle spalle buoni trascorsi nel calcio. Evidentemente però ci ha messo poco a prendere le misure, se è vero che nel 2023 oltre alla Milano-Torino ha portato a casa altre cinque vittorie (in apertura la terza tappa dello ZLM Tour).

L’incontro con Arvid De Kleijn si è svolto nell’hotel vicino Calpe, base della Tudor Pro Cycling
L’incontro con Arvid De Kleijn si è svolto nell’hotel vicino Calpe, base della Tudor Pro Cycling
Che cosa significa per te essere stato il primo vincitore della squadra?

Significa molto, in realtà. Inoltre, vista la gara che ho vinto, è stato ancora più bello. E quello che più conta è che dopo la Milano-Torino ho avuto una stagione davvero molto positiva, per me e per il mio treno. Non avevamo avuto tanto tempo per conoscerci, invece ha funzionato subito. E’ davvero bello avere intorno un gruppo di compagni che si fidano di me, come io mi fido di loro. E’ stata davvero una buona stagione. Ero certo che, con un treno che mi supportasse davvero, potessi fare cose del genere. Ma tra il dire e il fare c’è il mare. E vincere è la parte difficile del ciclismo.

Sei arrivato abbastanza tardi nel gruppo, come mai?

Ho cominciato a 16 anni e sono diventato professionista che avevo già 25 anni. Prima sono stato abbastanza forte a livello regionale, al punto da farmi vedere in alcune corse tra i professionisti e questo mi ha permesso di firmare un contratto con la Riwal, una squadra danese. Da lì sono passato alla americana Rally Cycling che l’anno dopo, nel 2022, è diventata Human Powered Health. Non abbiamo fatto grandissime corse, ma mi hanno permesso di mostrare il mio potenziale e mi hanno messo a disposizione un treno. Così alla fine mi ha notato la Tudor e adesso eccomi qui.

Nel 2021 e 2022, De Kleijn ha corso con la Rally Cycling, poi diventata Human Powered Health. Qui con Colin Joyce
Cosa facevi prima di scoprire la bicicletta?

Altri sport. Tanto calcio e anche ginnastica. Il ciclismo era nell’aria, pur non avendo avuto altri esempi in famiglia. Mi ha sempre interessato molto e a un certo punto, intorno ai 16 anni, ho voluto provarci. Però ero forte anche nel calcio, ero davvero bravo. Vincevo, per un po’ è stato bello, poi però ho smesso di divertirmi. Fino al momento in cui un ragazzo venne a dirmi che secondo lui avevo talento per il ciclismo. Mi diede una bici ed è cominciato tutto.

Sei sempre stato un velocista?

Il contrario (sorride, ndr). All’inizio e per qualche anno ho sempre pensato di essere uno scalatore. Fisicamente ho avuto uno sviluppo tardivo, per cui ero davvero piccolo e leggero. Da junior ero uno scalatore veloce, diciamo un finisseur. Poi, quando ho compiuto 23 anni, ho iniziato il vero sviluppo e da ragazzo sono diventato uomo. A quel punto mi sono scoperto capace di sprintare davvero bene. I miei numeri erano così alti che ho pensato di convertirmi in velocista.

Fra le sei vittorie 2023 di De Kleijn, anche la tappa di Brema al Deutschland Tour
Fra le sei vittorie 2023 di De Kleijn, anche la tappa di Brema al Deutschland Tour
E adesso preferisci l’atteggiamento mentale dello scalatore o dello sprinter?

Quello del velocista: tutto o niente. Lo sprint è come un gioco. Le corse in salita sono belle da guardare. I corridori soffrono e a volte è davvero spettacolare vedere quanto possano essere grandi i distacchi. Ma per me che sono un velocista, è più eccitante vedere gli sprint, se capisci veramente cosa sta succedendo.

Dopo una stagione come l’ultima, che inverno stai vivendo e quali sono i tuoi obiettivi per il 2024?

Ho 29 anni, ma come ho detto sono sbocciato tardi e credo di poter migliorare ancora. Quindi non vedo l’ora di fare gare più grandi con il mio treno e metterci alla prova a livelli più alti. Mi piacerebbe avere continuità ed essere capace di giocarmi le corse per tutto l’anno: che poi si vinca o no, non dipende solo da noi. La squadra sta crescendo molto velocemente ed è super bello da vedere.

Le ultime due vittorie 2023 di De Kleijn sono venute al Tour de Langkawi, assieme alla maglia a punti
Le ultime due vittorie 2023 di De Kleijn sono venute al Tour de Langkawi, assieme alla maglia a punti
Te lo aspettavi?

E’ impressionante vedere la velocità con cui avvengono i cambiamenti, per questo mi piacerebbe continuare a crescere con loro. E’ un ambiente molto bello e penso che faremo davvero un buon lavoro. A volte ho la sensazione che si vada troppo veloce, ma non è così. La verità che la Tudor Pro Cycling ha molte ambizioni e i corridori non sono da meno. Quindi tutti spingono per avere di più. E’ davvero un ottimo ambiente in cui trovarsi.

Cosa pensi di Fabian Cancellara come titolare della squadra?

E’ fantastico averlo vicino. Fabian ha molta esperienza, non soltanto con le classiche e le crono, ma in generale come persona. Penso che possiamo imparare tutti da un uomo del genere, che è anche molto gentile.

La vittoria alla Milano-Torino del 2023 è stato il primo successo per il Tudor Pro Cycling Team
La vittoria alla Milano-Torino del 2023 è stato il primo successo per il Tudor Pro Cycling Team
Cosa ricordi della Milano Torino?

Che ero caduto e ugualmente ero davvero ansioso di fare bene. Nella riunione prima della corsa, ho detto ai ragazzi che avremmo dovuto crederci e che avremmo potuto fare bene nonostante il livello così alto. E guardandoli ho visto che ci credevano anche loro. Avevamo un buon piano, lo abbiamo seguito, abbiamo vinto ed è stato fantastico. Erano tutti super felici e ho scoperto che erano venuti anche i miei genitori.

Dall’Olanda per la Milano-Torino?

Non mi avevano detto niente. Hanno una casa in Francia, nelle Alpi, vicino alla valle del Rodano. E io in un primo momento avevo pensato che sarebbero potuti venire. Tuttavia dato che non li avevo più sentiti, mi ero convinto che l’avrebbero vista in televisione, perché quando vengono alle corse sono sempre stressati. Invece dopo il traguardo, all’improvviso è sbucato dal nulla mio padre e mi ha abbracciato. Ci sono anche dei video che lo mostrano. E’ stato bellissimo. Ecco cosa ricordo della Milano-Torino, è stata proprio una bella giornata.

Trentin sposa lo stile Tudor e parla chiaro sui giovani

25.12.2023
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L’ALBIR (Spagna) – Quando nei giorni scorsi ci siamo trovati a parlare di Trentin con Diego Ulissi, l’osservazione del toscano sul trentino è stata di grande apprezzamento. «Dato che Matteo ha dimostrato di essere ancora vincente – ha detto – è comprensibile che abbia cercato spazio in un’altra squadra come la Tudor Pro Cycling, dove nel suo ruolo avrà più occasioni». Quando lo abbiamo riferito al diretto interessato, che peraltro è appena rientrato proprio dall’hotel della UAE Emirates, il sorriso è stato istantaneo: «Grazie Diego!», ha detto. «Grazie Diego!».

Con il principe Alberto di Monaco, in occasione di Beking, l’evento organizzato da sua moglie Claudia (foto Instagram)
Con il principe Alberto di Monaco, in occasione di Beking, l’evento organizzato da sua moglie Claudia (foto Instagram)

Un calcio alla iella

E’ comprensibile che nel momento in cui lasci uno squadrone come il UAE Team Emirates un po’ di inquietudine venga fuori. Si tratta di lasciare una comfort zone ben pagata, per rimettersi in gioco in prima persona e al servizio di un gruppo giovane che sta crescendo (a pensarci, queste dinamiche non ci sono poi del tutto sconosciute!). Per cui avere conferme di un certo tipo avvalora la scelta.

«Penso che negli ultimi anni – dice Trentin, in apertura durante l’intervista con Stefano Rizzato della RAI – diciamo dal 2021, per svariati motivi non ho raccolto per quello che avrei potuto e che i numeri suggerivano. Un po’ ho avuto sfiga, altre volte me la sono cercata. Quindi è vero che mi serviva una svolta, una nuova avventura e sono qua. Questa squadra non vuole crescere dall’oggi al domani, per diventare i numeri uno al mondo serve tempo. E quando ci arrivi, serve la struttura giusta per restarci a lungo. Non me ne sono andato dalla UAE perché stavo male. Però nello sport capita che a volte vedi la squadra con un obiettivo diverso dal tuo, oppure trovi qualcuno che non asseconda più le tue visioni, le tue idee. A quel punto è giusto cercare delle nuove avventure, se le cose si combinano bene».

Solo una caduta ha impedito a Trentin di giocarsi il mondiale di Glasgow, cui era arrivato con grande condizione
Solo una caduta ha impedito a Trentin di giocarsi il mondiale di Glasgow, cui era arrivato con grande condizione

A immagine di Cancellara

La posizione di Trentin sulla nuova squadra è simile a quella di altri che ne hanno accettato l’offerta, come ci ha recentemente detto Dainese. C’è stato un primo contatto, poi un anno di tempo per vedere come si muovevano corridori e staff. E adesso che ci sono dentro, c’è la conferma che la scelta sia stata giusta.

«Con Ricardo Scheidecker – spiega Trentin – mi sento e mi sentivo anche prima, perché siamo rimasti sempre in contatto dopo il periodo in Quick Step. Ora ho l’impressione che quello che si intuiva da fuori corrisponda a realtà. Si vede soprattutto che Cancellara e Raphael Meyer, l’amministratore della squadra, hanno scelto della gente che viene dal WorldTour, che ci ha lavorato per anni ed è disposta a dare il 110 per cento per far crescere questa squadra nella giusta direzione. Si vede l’impronta del campione, il fatto che il proprietario sia stato un corridore. E soprattutto un corridore che ha assorbito e imparato nelle varie situazioni dove è stato. Perché Fabian è passato alla Mapei, quindi alla Fassa Bortolo, per poi andare a correre con Riis e in Trek. Ogni volta che cambi squadra, impari qualcosa. E se sei in grado di tenere il buono che hai visto e farlo tuo, puoi davvero fare la differenza».

Trentin in fuga al Fiandre 2023 per tenere Pogacar al coperto: cambierà qualcosa l’anno prossimo?
Trentin in fuga al Fiandre 2023 per tenere Pogacar al coperto: cambierà qualcosa l’anno prossimo?

La questione degli inviti

Così adesso non resta che allenarsi e gettare le basi per la stagione, sperando che gli inviti promessi siano confermati. 

«Mi sto allenando più o meno come gli anni scorsi – dice Trentin – ho fatto una gran gran base e poi da gennaio si andrà a costruirci sopra tutto quello che serve. Il programma in linea di massima c’è, ma essendo una squadra professional, sei dipendente dagli inviti. Alcuni stanno ancora arrivando e nel frattempo la dirigenza, giustamente, non ti dà l’illusione di poter fare una corsa se non sono sicuri. Di base credo che le gare di Flanders Classics ci siano, mentre i francesi fanno ancora resistenza. Ma tanto ormai il livello è così alto, che non è facile vincere da nessuna parte e anche le corse 1.Pro sono bellissime. Ovvio che sia meglio vincere quella WorldTour, perché sono più importanti, ma se non fai l’Australia, l’inizio del calendario è uguale per tutti . Quindi io dovrei cominciare a Marsiglia e poi… E poi mi sa che non posso ancora dirlo!».

Trentin è pro’ dal 2012. E’ stato per 6 anni alla Quick Step, 2 alla Mitchelton, uno alla CCC, 3 alla UAE
Trentin è pro’ dal 2012. E’ stato per 6 anni alla Quick Step, 2 alla Mitchelton, uno alla CCC, 3 alla UAE

Il ciclismo va veloce

Fra una risata e l’altra, ti accorgi che gli anni sono passati. E se da un lato, per goliardia e convinzione, si sofferma a dire che sulla sua bici preferirebbe i tubolari e i freni tradizionali, una riflessione sull’età sempre più bassa dei corridori nel WorldTour scatta quasi spontanea.

«Mi ritrovo qua con Tosatto come direttore sportivo – dice Trentin – dopo averci corso contro. Lavoriamo insieme solamente da qualche giorno, però vedo che tutti quanti alla Ineos sono stati molto bene con lui e sono scontenti che sia andato via. Quando il feedback è questo, sicuramente hai lasciato un bel segno. Probabilmente, essendo sceso da poco dalla bici, è consapevole di quello che viene fatto in gruppo. Poi, ovvio, le cose si evolvono e magari si perde la sensibilità che potevi avere nei primi due anni e devi supplire con l’esperienza.

«E’ un ciclismo che corre veloce, a volte secondo me anche troppo. Nella mia ex squadra c’è il pienone di ragazzini. Ho sentito che a qualcuno del Devo Team hanno fatto il contratto per sette anni, forse si sta correndo un po’ troppo in questa direzione. Cosa ne sai di quel che può accadere fra così tanto tempo? Io credo che questi ragazzi fra non molti anni avranno bisogno di supporto psicologico, perché tante pressioni non le reggi se non sei un po’ adulto e magari rischi di cadere in brutte abitudini per farti forza. Si continua a sovraccaricarli di attese. Avete visto le gambe di chi vince le corse da allievo? Li allenano come professionisti, ma come pretendi che reggano certe pressioni e che abbiano ancora dei margini?».

Dainese alla Tudor, in cerca di un treno, fiducia e vittorie

20.12.2023
6 min
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L’ALBIR (Spagna) – Il quartier generale della Tudor Pro Cycling sta in un hotel che ribolle di riunioni. Prima i direttori sportivi, con Tosatto e Cozzi che hanno appena il tempo di salutare. Ricardo Scheidecker fa avanti e indietro fisso al telefono. Cattai e Toccafondi sono qui in rappresentanza di BMC. Poi tocca ai corridori, che alle 19 si dirigono verso il salone.

Dainese ci ha raggiunto prima, in tempo per raccontare della nuova avventura nella squadra svizzera. Nello stesso giorno in cui il Team DSM-Firmenich ha dato via libera al passaggio di Lorenzo Milesi ad altra squadra, è singolare rendersi conto che nello stesso anno la squadra olandese ha perso due italiani. Le storie sono chiaramente diverse. Dainese è partito per trovare più continuità e maggiore fiducia, come ci spiega senza peli sulla lingua (in apertura si scambia goliardicamente doni con Matteo Trentin).

Il Team DSM ha utilizzato Dainese in tanti ruoli. Qui il test della Roubaix, chiusa in 77ª posizione
Il Team DSM ha utilizzato Dainese in tanti ruoli. Qui il test della Roubaix, chiusa in 77ª posizione
Quando è nato il contatto con la Tudor?

Kurt Bergin-Taylor era mio preparatore alla DSM ed era già venuto qui. Lo scorso gennaio venni a trovarlo per un caffè proprio davanti a questo hotel. E dopo il caffè con il preparatore, sono venuti fuori anche Fabian, “Raphi” e Ricardo (rispettivamente Cancellara, Raphael Meyer e Scheidecker, ndr) e mi hanno fatto una proposta. Dopo i primi mesi di gare, ho cominciato a farmi un’idea della squadra e sembrava un bel progetto. Poteva essere una valida alternativa ad altre WorldTour che sulla carta sono più grandi. Vedevo il potenziale della Tudor, ho creduto nel progetto e adesso sono contento di averlo fatto.

Che cosa hai trovato?

Sicuramente il gruppo e un’atmosfera in cui mi trovo davvero bene. Lavoriamo in modo professionale e il lato umano prevale su tutto il resto. Si è anche invogliati a dare il massimo, proprio per questa bella atmosfera.

Hai vinto due tappe al Giro e una alla Vuelta, ma la sensazione è che ti sia mancata la continuità.

E’ vero e sicuramente voglio ritagliarmi un ruolo prettamente da velocista. In questi anni ho fatto l’ultimo, il penultimo e anche il terzultimo uomo, però preferisco fare le volate e non tirarle. Quindi vengo qua con questa ambizione. Per cui cercheremo di vincere più gare degli anni scorsi e poi tireremo le somme.

Dopo la tappa di Caorle al Giro, quest’anno Dainese ha esultato anche alla Vuelta, sul traguardo di Iscar
Dopo la tappa di Caorle al Giro, quest’anno Dainese ha esultato anche alla Vuelta, sul traguardo di Iscar
Quanto conta sentirsi addosso la fiducia della squadra?

Mentalmente è diverso, perché approcci la stagione, sapendo che devi portare risultati. Ti dà anche molto morale avere la fiducia delle persone che lavorano con te. Invece, se vieni messo in un angolo, non rendi allo stesso modo.

Come è fatta la tua volata idea?

Trentin che mi lancia ai 200 e riesco a non farmi rimontare. Sinceramente (sorride, ndr), non so neanche se mi piacciono le volate veloci contro vento oppure con il vento a favore. Prendo quello che viene. Normalmente è meglio quando il gruppo è tutto in fila e gli altri sono già un pelo stanchi, magari con qualche curva prima del rettilineo finale così non si è proprio appallottolati… 

Meglio lanciarla o meglio farla di rimonta?

Dipende. Adesso la velocità è talmente alta, che partire troppo presto a volte significa rimbalzare. Per questo a volte la rimonta è vincente, semplicemente perché quelli che sono all’aria già ai 200 metri non riescono sempre a tenere la velocità fino alla fine. Per adesso ho vinto sempre di rimonta, perché non ero mai nella posizione per partire in testa. Speriamo l’anno prossimo di avere la possibilità di fare le volate anche dalla testa.

Per il neo acquisto della Tudor, vittoria al fotofinish nella tappa di Caorle del Giro, nonostante il ritorno di Milan
Per il neo acquisto della Tudor, vittoria al fotofinish nella tappa di Caorle del Giro, nonostante il ritorno di Milan
Ci sono velocisti giganteschi come Milan e altri più aerodinamici come te e Cavendish. Quanto conta l’aerodinamica nelle volate?

Sicuramente tanto, devi spingere meno aria, quindi devi usare meno potenza. E a parità di potenza, se sei più aerodinamico, vai più forte. Abbiamo anche visto quanto conta. Siamo andati in galleria del vento, abbiamo provato diverse cose.

Come ti trovi con i nuovi materiali?

Molto bene per quello che sono riuscito a provare. La bici è valida, l’abbigliamento è fra i migliori, se non il migliore. Il pacchetto è veramente performante, anche se per onestà devo dire che la Scott della DSM è molto valida.

Invece sul fronte della preparazione è cambiato qualcosa?

Sì, soprattutto l’avere già un programma. Lo scorso anno, con gare che saltavano fuori all’ultimo momento, non ho sempre potuto arrivarci come avrei voluto. Quest’anno invece so già le gare che farò, ho un’idea di quando andrò in condizione, porterò gli uomini per la volata sempre con me, quindi troveremo la condizione nello stesso momento. E’ cambiato anche l’approccio alla volata, nel senso che faccio grossi carichi in palestra per innalzare il picco, magari un po’ a scapito della resistenza, che comunque dopo aver fatto tanti Giri, ti rimane. Sto lavorando più sulla volata vera e propria che sulla resistenza.

Nessuna volontà da parte di Dainese e della Tudor di inseguire un miglioramento in salita a scapito della velocità. Alberto è alto 1,76 e pesa 70 chili
Nessuna volontà da parte di Dainese di inseguire un miglioramento in salita a scapito della velocità. Alberto è alto 1,76 e pesa 70 chili
Anche le tappe veloci ormai hanno dislivelli importanti, quindi qualche salita va comunque superata.

Vero, però non si può neanche esagerare nel cercare il miglioramento in salita. Un velocista non può perdere la sua caratteristica principale, perché se poi diventa più resistente ma non vince le volate, c’è un problema. La parte più difficile è trovare l’equilibrio.

Hai parlato di treno in costruzione: quali saranno i vagoni?

A parte Matteo (Trentin, ndr) che mi seguirà nelle gare più importanti, abbiamo Krieger e Froidevaux, che è un giovane svizzero, e Marius Mayrhofer che era con me alla DSM. Più o meno questo è il cuore del treno, magari con qualche variazione in alcune gare.

Hai una bestia nera in volata?

In realtà si va talmente forte, che non stai molto a guardare chi hai attorno. Quello che rispetto di più è Cavendish, quindi cerco di non disturbarlo più di tanto. Non mi piace fare a spallate con lui per il rispetto che ho nei suoi confronti. Poi c’è Johnny (Milan, ndr) che sicuramente è un talento in crescita. Quello che sinceramente mi fa più paura per aggressività è Groenewegen, ma alla fine non si guarda in faccia nessuno. Si fa a spallate un po’ con tutti.

Tour de Langkawi 2023, Tudor sugli scudi con De Kleijn. La squadra ha un bel pacchetto di uomini per le volate
Tour de Langkawi 2023, Tudor sugli scudi con De Kleijn. La squadra ha un bel pacchetto di uomini per le volate
Quanta follia c’è nel fare il velocista?

Abbastanza, perché devi dimenticare che ti puoi far male. O meglio, non devi dimenticare, ma cercare di isolare la paura. Essere consapevole del pericolo e comunque accettarlo, altrimenti tiri i freni e non sei più in posizione. Quindi è un rischio abbastanza calcolato, ma è sempre un rischio.

Angelo Furlan ha descritto gli ultimi 200 metri come una sorta di “matrix” in cui tutto è velocissimo, ma nella testa del velocista è lentissimo.

Vero ed è molto bello. Già dall’ultimo chilometro mi ricordo praticamente tutte le volate. Dov’ero, chi c’era attorno. Penso che sei super attivato a livello cerebrale. Ti ricordi ogni singolo movimento del gruppo e ogni singola sensazione. Degli ultimi 200 metri, concordo con Angelo, ti ricordi veramente tutto. E anche se si svolgono alla velocità della luce, sembra che durino un’infinità.

Tosatto alla Tudor Pro Cycling: ecco perché lo hanno voluto

07.11.2023
6 min
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Otto mesi dopo la prima intervista, siamo di nuovo con Ricardo Scheidecker, head of sports al Tudor Pro Cycling Team. A marzo fu per capire il suo percorso dalla Quick Step alla neonata squadra di Cancellara. Il manager portoghese ci raccontò parecchie cose, alcune ancora in divenire, e fra queste il possibile arrivo di Matteo Tosatto parve una suggestione piuttosto stuzzicante. Ora che il passaggio si è compiuto e che lo stesso tecnico trevigiano ce ne ha raccontato le fasi, sta nuovamente a Ricardo spiegare il perché della scelta.

Quando lo intercettiamo, Scheidecker si trova a Lisbona, appena rientrato da un viaggio di lavoro negli Stati Uniti. Avrà appena il tempo di tirare un po’ il fiato e poi sarà tempo del primo vero meeting che in qualche modo lancerà la stagione 2024.

Ricardo Scheidecker, portoghese, è head of sports al Tudor Pro Cycling Team (foto Anouk Flesch)
Ricardo Scheidecker, portoghese, è head of sports al Tudor Pro Cycling Team (foto Anouk Flesch)
Perché Tosatto?

Toso e io abbiamo lavorato insieme quando lui era corridore alla Saxo Bank (il trevigiano ha corso nel gruppo di Riis dal 2011 al 2016, ndr) e io sono arrivato là come responsabile tecnico. Ci conosciamo da una vita, era il 2012, cioè il mio secondo anno in questo lavoro dopo la Leopard. Col tempo si è creato un rapporto di amicizia e ho scoperto in lui una persona super seria. Professionista, veramente un professionista come pochi. Mi ricordo quando si è ritirato. Ho idea che volesse fare ancora un anno seguendo Contador, ma la cosa non è andata in porto. Amen. Ha smesso e la Ineos lo ha contattato subito, perché sapevano che lui è una buona persona.

Prima l’uomo e poi il tecnico?

Esatto, è una buona persona: nessuno lo sa meglio di me. Poi è diventato un direttore sportivo e i risultati sono evidenti, lo specchio della sua qualità. Penso a lui da un pezzo. Per darvi un’idea, volevo già portarlo in Quick Step. Ho sempre suggerito il suo nome, ma decideva Patrick (Lefevere, ndr) e non lo ha preso. Nel momento in cui sono arrivato qua e ho avuto la possibilità di decidere o comunque di avere un’influenza molto più importante, logicamente accanto a Fabian (Cancellara, ndr), ho pensato subito a lui.

Tosatto e Bennati, colonne per Contador alla Vuelta 2014. Dalla Saxo Bank sono usciti due grandi tecnici
Tosatto e Bennati, colonne per Contador alla Vuelta 2014. Dalla Saxo Bank sono usciti due grandi tecnici
Matteo ci ha raccontato che il contatto c’è stato già a marzo, giusto?

La prima volta ci siamo visti in Algarve e abbiamo chiacchierato. Poi siamo sempre rimasti in contatto. Gli abbiamo presentato il progetto in modo serio, come abbiamo fatto con tutti quelli che alla fine sono arrivati. E il progetto gli è piaciuto, credo sia contento. Perché Tosatto? Per la competenza e la sua personalità. Per me è una persona squisita, che con la sua esperienza di alto livello ci porterà al prossimo step importante: il WorldTour.

Vedi differenze fra Matteo corridore e Matteo direttore sportivo?

Era già una persona molto matura, adesso ha più esperienza. L’ho sempre visto coi piedi per terra, molto razionale e responsabile. Però la sua esperienza professionale è cresciuta. Ha dovuto imparare cose nuove, tutti impariamo qualcosa ogni giorno. Se invece abbiamo l’arroganza di pensare di sapere tutto, allora non sapremo mai niente. Toso è così, sa di dover imparare tutti i giorni, ma nel frattempo il suo bagaglio è diventato più grande. Per cui l’ho trovato migliorato nella capacità, sempre lo stesso per la personalità.

Il Tudor Pro Cycling Team ha debuttato nel 2023 e guarda lontano: il WorldTour non è un miraggio
Il Tudor Pro Cycling Team ha debuttato nel 2023 e guarda lontano: il WorldTour non è un miraggio
Un tecnico con questa esperienza e questa personalità verrà coinvolto anche nella scelta degli atleti e nella programmazione?

Avrà un ruolo centrale. Da noi non esiste la figura del capo dei direttori sportivi, puntiamo sul gruppo e i tecnici fanno riferimento a me. E’ vero però che il Toso verrà coinvolto nel gruppo di discussione per l’acquisto dei corridori e in quello che definisce il programma delle corse. Abbiamo una riunione già venerdì e sarà la prima dal suo arrivo. Inizialmente ho dato un po’ di giorni a tutti per respirare, anche se il telefono brucia. Siamo al 7 di novembre, abbiamo già il programma fatto e il calendario stilato, però lui è appena arrivato e non è stato ancora coinvolto. Per cui venerdì cominceremo a lavorare. Non sono dittatore (sorride, ndr), mi piace confrontarmi con i miei colleghi e poi decidiamo insieme.

Oltre a Tosatto arriva Bart Leysen dalla Alpecin e anche corridori come Trentin e Dainese: la campagna acquisti è salita di livello…

L’anno scorso si è capito che Fabian e “Raphi” (Raphael Meyer, CEO del team, ndr) hanno investito molto nella struttura attorno ai corridoi. Gli atleti sono stati scelti molto bene, ma quello è stato un processo in cui io non sono stato coinvolto perché non c’ero, quindi va dato merito a loro. Hanno fatto una campagna acquisti molto interessante, logicamente non costosa, e credo che con questi 20 ragazzi non troppo conosciuti abbiamo ottenuto dei buoni risultati (in apertura Arvid De Kleijn centra a Langkawi la sesta vittoria stagionale ndr). Però sappiamo che se vogliamo essere WorldTour, bisogna rinforzarsi in modo importante e anche intelligente. Non portare dei nomi tanto per portarli, ma ragionare a fondo in base alla conoscenza del gruppo. Così abbiamo scelto elementi in cui crediamo. Hanno talento, hanno capacità e magari nel team precedente erano anche sottovalutati. Noi crediamo di potergli creare le condizioni per dimostrare il loro valore. Ad esempio Trentin…

Dopo tre anni al UAE TEam Emirates, Trentin passa al Tudor Pro Cycling Team con un ruolo chiave
Dopo tre anni al UAE TEam Emirates, Trentin passa al Tudor Pro Cycling Team con un ruolo chiave
Cosa avete visto in Matteo?

Come Toso per i direttori sportivi, Matteo è stato la mia prima scelta come nome da prendere. La squadra ha bisogno anche del capitano affermato e sperimentato. Forte, ma molto esperto anche dal punto di vista dell’esperienza, dell’intelligenza in corsa e fuori dalle corse. Uno che sappia fare gruppo e aiuti a unire i corridori che avremo il prossimo anno. I nuovi acquisti sono stati importanti, ma io credo anche individuati in maniera razionale ed efficiente. Si lavora al 2024, ma siamo già con la testa al 2025. Non ci fermiamo e cerchiamo di pianificare in anticipo per arrivare a quell’obiettivo a medio termine, che è diventare una squadra WorldTour.

Tosatto è rimasto moto colpito da questa lunga prospettiva.

Nel 2023 si è pensato molto al 2024, perché bisogna creare le basi e ti devi concentrare anche in quello che stai facendo nel presente. Alla fine i risultati sono stati buoni, ma non riflettono la qualità della squadra. Non voglio sembrare assolutamente arrogante, però abbiamo avuto tanti corridori malati e bisogna fare meglio anche in questo. Bisogna crescere. Per cui abbiamo preso non solo corridori, ma anche più staff. Non c’è solo il Toso, c’è un altro nutrizionista, medici, c’è un altro allenatore. L’investimento è importante, ma non ci stiamo gonfiando, cresciamo in modo progressivo. Un mattone sopra l’altro, solo così potremo costruire un muro davvero solido. 

Tosatto alla Tudor Pro Cycling, grosso colpo di mercato

29.10.2023
7 min
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Matteo Tosatto lascia la Ineos Grenadiers e va al Tudor Pro Cycling Team. Sapevamo della proposta già da marzo, ma i tempi erano prematuri e non era detto che il trevigiano avrebbe accettato. Lui per primo, rispondendo a qualche messaggio a fine Tour, aveva ammesso che altre tre squadre lo avevano cercato, ma che la decisione non l’avesse ancora presa.

Tosatto è salito sull’ammiraglia della squadra britannica nel 2017 e l’ha condotta alla maglia rosa con Froome nel 2018, Tao Geoghegan Hart nel 2020 e Bernal nel 2021. Nei due anni successivi, il 2022 e 2023, sono venuti invece i secondi posti di Carapaz e Thomas. Lavorando con Dario Cioni, il trevigiano è diventato uno dei riferimenti del gruppo italiano. Un tecnico di valore internazionale, che ha messo bene a frutto i 20 anni da professionista con tecnici e manager come Giancarlo Ferretti, Patrick Lefevere, Luca Guercilena e Bjarne Riis. Gli stessi che, fatto salvo Lefevere, ha incontrato sulla sua strada Fabian Cancellara, che lo ha voluto fortemente nel suo nuovo progetto.

Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto: gestione esemplare e maglia rosa 2020 alla Ineos
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto, Ineos Grenadiers, Giro d'Italia 2020
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto: gestione esemplare e maglia rosa 2020 alla Ineos

L’autunno ha il sapore di quando si cambiava squadra e bisognava liberare i cassetti e la mente per le nuove dotazioni. Matteo è appena tornato da una settimana in Svizzera, vissuta con gli atleti e con il management della squadra. Un’immersione che gli ha confermato la bontà della scelta e l’impegno della sfida raccolta.

Come mai il direttore sportivo di una squadra come la Ineos a un certo punto decide di cambiare?

Era arrivato il momento giusto, secondo me. Si potrebbero dire tante cose, ma forse è meglio non farlo. Diciamo che era il momento giusto di cambiare. Devo solo dire grazie al Team Sky e Ineos perché mi hanno offerto un posto di lavoro nella squadra numero uno al mondo. Più di così non potevo desiderare. La Tudor non era l’unica opzione, si sono fatte avanti altre squadre, ma loro hanno portato proposte molto interessanti. Li guardavo già da un po’, non solo perché ho mantenuto degli ottimi rapporti con “Cance” e con Ricardo (Scheidecker, head of sport del team svizzero, ndr). Di solito si parlava di ciclismo in generale, ma quando abbiamo affrontato più decisamente il loro progetto, mi hanno coinvolto e mi hanno fatto la loro proposta. Non ho dovuto pensarci troppo, in realtà…

Come ti hanno convinto?

Mi hanno presentato il progetto, che è un gran progetto. Ho notato subito che non ragionavano sul futuro prossimo, ma a lunga scadenza. Mi hanno illustrato quello che pensano, come vogliono affrontare il ciclismo. E la cosa più importante, a parte gli sponsor solidi e la prospettiva lunga, è la loro filosofia. Vogliono fare ciclismo dando una precisa impronta di squadra. Senza guardare cosa fanno le altre. La Tudor ha la propria idea di ciclismo e la porta avanti, dal marketing alla scelta dei corridori, passando per la tattica.

Tosatto e Cancellara hanno corso insieme alla Fassa Bortolo, poi si sono incrociati con altre maglie
Tosatto e Cancellara hanno corso insieme alla Fassa Bortolo, poi si sono incrociati con altre maglie
Perché prendere Tosatto?

Potrei dire per il rapporto umano che so creare tra direttore e coach, fra direttore e corridore. Penso che abbiano visto questo. Non abbiamo parlato di tattiche, ma del valore umano, di competenza e consapevolezza. Di ciclismo ne ho visto tanto. Gli ultimi sei anni e mezzo in una grande squadra, lavorando sempre con campioni, mi hanno aiutato tanto. Poi diciamo che con Ricardo ho lavorato quando era in Saxo Bank e poi Tinkoff e mi conosce bene. Con Cancellara abbiamo corso insieme. Secondo me loro hanno messo come primo punto la persona. Non le qualità, ma la persona.

E’ stimolante il fatto di entrare in un progetto ancora in fase di lancio?

La squadra è nata nel 2023, il prossimo anno farà uno step in più. Mi hanno chiamato per fare parte del progetto, dandomi tanta fiducia. Vado come direttore sportivo, però sono dentro a tante altre cose, come ad esempio la scelta dei corridori. E proprio questo coinvolgimento mi ha spinto a dire sì, il fatto di sentirmi al centro del progetto. Questa per me è la cosa fondamentale. Alla Ineos stavo bene, ma ero un direttore come tutti gli altri. Ottimo gruppo, però dal mio punto di vista tante volte noi direttori non eravamo coinvolti al 100 per cento dalla squadra, che magari è strutturata in modo diverso. La Tudor mi ha fatto davvero una grande proposta.

Quando sono cominciati i contatti?

Il primo incontro c’è stato a febbraio, ancora prima del loro debutto. Ci trovammo per caso con Ricardo a una corsa e venne fuori una chiacchierata. E lui mi propose subito di rimanere in contatto, perché voleva che andassi con loro. Poi abbiamo continuato a sentirci, ma per rispetto della Ineos, la decisione l’ho presa dopo il Tour de France. 

Tosatto ha vinto 4 Giri d’Italia da tecnico e quello del 2015 scortando Contador
Tosatto ha vinto 4 Giri d’Italia da tecnico e quello del 2015 scortando Contador
E la Ineos ha provato a trattenerti oppure hanno preso atto e ti hanno stretto la mano?

Sono inglesi, un po’ freddi. Ho lavorato per un po’ di anni con Rod Ellingworth, gli ho manifestato le mie intenzioni, ma non ha provato a convincermi. Qualcuno di quelli più vicini ha provato a chiedermi se fossi sicuro e mi ha invitato a pensarci bene, però è come quando da corridore senti il bisogno di cambiare squadra per trovare nuovi stimoli. E questo è un nuovo stimolo.

Ti dispiace lasciare il gruppo italiano?

Noi italiani puntiamo sempre sul gruppo, ma non sono riuscito a portare del tutto questa mentalità. Mi dispiace lasciare gli italiani. Penso allo staff, come a Puccio e Viviani, ma anche a Ganna. Se penso che quando Pippo era arrabbiato alle corse in cui io magari non c’ero, mi chiamava a casa per fare due parole… Sai, è bello che un campione come Ganna voglia confrontarsi su come è andata una corsa o come affrontare quella del giorno dopo, per cui dispiace perdere quel tipo di rapporto. Lui sa benissimo tante cose. E mi ha detto: «Toso, la carriera è tua. Mi dispiace perché ci troviamo bene insieme, però se questa è la tua scelta, è giusto che la porti avanti».

Come hai visto Cancellara padrone del team rispetto a com’era da corridore?

Prima cosa, lo vedo super preparato e questo mi ha stupito. “Cance” da corridore era garibaldino, spavaldo. Adesso è sempre così, sta allo scherzo ed è sempre combattivo. Però nel lavoro, ho trovato una persona molto matura per la sua età. Con le idee non chiare, ma chiarissime sul da farsi. Una cosa che mi ha stupito è che non pensa a come sarà l’anno prossimo, ma è già con la testa al 2025, pensando a cosa fare meglio. E’ molto preparato. In questo primo ritiro, abbiamo fatto come sempre il fitting per abbigliamento e bici, le prime visite mediche e tutti i programmi. E poi, in stile Bjarne Riis, ha previsto due giorni e mezzo di “survival camp”. Quando gliel’ho chiesto, mi ha risposto: «Io ho fatto la scuola di Ferron (Giancarlo Ferretti, ndr), la scuola di Bjarne e la scuola di Guercilena. Non è che copio, semplicemente ho avuto la fortuna di aver avuto questi tre maestri e prendo il meglio di quello che mi hanno dato e che possa funzionare».

Alla Ineos, Tosatto lascia il buon rapporto con il gruppo italiani: fra questi Ganna, che ha capito la sua scelta
Alla Ineos, Tosatto lascia il buon rapporto con il gruppo italiani: fra questi Ganna, che ha capito la sua scelta
Prossimi passi? Ritiro a dicembre?

Andiamo in Spagna, dalla fine della prima settimana fino circa al 20. Due settimane e poi ancora un ritiro a gennaio nello stesso posto e poi si inizia a correre. Aspettiamo gli inviti perché essendo una squadra Pro Continental dobbiamo essere invitati. Il programma è buono, sappiamo già più o meno dove andremo, ma finché non abbiamo le conferme non possiamo dire niente. Abbiamo anche dei buoni atleti e questa è la cosa fondamentale.

Ne sono arrivati di buoni, vero…

E’ arrivato Matteo Trentin e anche Alberto Dainese. Mayrhofer dalla Dsm e anche Storer dalla Groupama. Hanno voglia di fare e abbiamo qualche giovane svizzero buono. Serve avere pazienza, credere nel progetto e non avere fretta. Se a febbraio o marzo non si vedono ancora risultati, dobbiamo essere consapevoli che si tratta di un progetto a lungo termine.

Come ti hanno accolto i colleghi dell’ammiraglia?

E’ la prima volta che cambio squadra da direttore, però anche parlando con Ricardo ho percepito che il fatto che arrivi dalla Ineos mi vale il loro rispetto. Mi guardano con un occhio di riguardo. Mi piace poter diventare un riferimento. Questo porterà a grandi responsabilità, ma ho scelto Tudor perché sono pronto per prenderle. Credo nel progetto e, come abbiamo ripetuto nei giorni scorsi, le cose andranno fatte per gradi.

La mentalità prima dei risultati. La filosofia di Cancellara

09.10.2023
5 min
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COMO – Quando lo incontri, Fabian Cancellara trasmette sempre vibrazioni eteree. Il giorno prima del Lombardia – durante le operazioni preliminari della gara – stava chiacchierando con Jan Ullrich e la gente davanti al piazzale di Palazzo Terragni non sapeva a chi chiedere prima autografo o selfie.

La mattina successiva i mezzi della Tudor Pro Cycling avevano appena parcheggiato accanto allo stadio Sinigaglia e c’erano già decine di persone ad aspettare che “Spartacus” scendesse per il solito rituale dell’appassionato.

Davanti al bus del suo team, lo svizzero ne ha dette di cose interessanti, come sempre del resto. Ed è evidente come sia una guida per tutto il suo gruppo. Un Cancellara che prima di guardare al risultato in qualità di proprietario del team, parla di filosofia. La sua Tudor ha fatto una bella campagna acquisti per il 2024 ma lui si concentra sulla mentalità da seguire

Fabian possiamo già tracciare un bilancio della stagione?

Mancano ancora poche corse alla fine. Con le vittorie (finora undici, ndr) che abbiamo raccolto siamo contenti ma non è solo quello che conta. Abbiamo fatto certe gare dove abbiamo mostrato dei limiti. La maniera in cui corriamo è quello che conta, perché così facendo possiamo creare una cultura. Lo dico sempre ai ragazzi che correndo dietro non si può vincere. Noi partiamo per fare la corsa, non per essere alla corsa. Sono due cose importanti e diverse. La nostra mentalità è questa e andiamo avanti così.

E’ un discorso che si fa per una squadra nata praticamente quest’anno?

La struttura, la mentalità e i corridori, tutto amalgamato, penso che siano queste le vittorie che fanno la differenza. Anzi, vi dirò che la crescita della struttura e il perdere le corse sono due aspetti fondamentali per noi. Certo, le vittorie servono per il morale e per vedere quello su cui abbiamo investito, riguardante il tempo, quello che facciamo e la direzione verso cui dobbiamo andare. Sono cose che contano su un progetto a lungo termine come quello della Tudor.

Crescita senza “fretta”…

Faccio sempre l’esempio della costruzione di una casa. Quanti piani avremo non lo so, ma più sono profonde e larghe le fondamenta, ovvero la nostra organizzazione, più potremo resistere ad eventuali terremoti. Che saranno quei momenti difficili nei quali dovremo essere pronti. Per farvi capire meglio, l’anno scorso andavamo alle corse senza il bus o il camion delle bici, oggi invece abbiamo corso l’ultima Monumento come le altre squadre.

E’ innegabile che il tuo carisma sia un punto importante per la squadra.

Non sono solo io a fare la squadra o a stimolare i ragazzi. Lo facciamo tutti. Alla Tudor non esiste un io, esiste un noi. Lo staff, i direttori e tutte le persone che sono dentro all’organizzazione. Certo, qualcuno dice che Cancellara conta e ha un peso. Ebbene, io voglio esserci non quando si vince ma quando si perde perché è quello il bello del lavoro. Io so cosa significhi vincere e ci sono volte in cui mi godo il momento, però voglio che i miei ragazzi, ed il resto dello staff, se lo godano di più. Tanta gente non conosce queste situazioni o emozioni. E’ per questo che io sono molto fiero di come stanno andando le cose. Stiamo comunque continuando a lavorare perché siamo solo all’inizio.

Avete anche un bel progetto giovani con cui avete conquistato il terzo posto finale al Giro NextGen. Come sta procedendo?

Al Lombardia abbiamo proprio portato Hannes (Wilksch, terzo alla corsa rosa U23, ndr) che ha fatto recentemente anche il Langkawi ed è passato in prima squadra ad inizio agosto. Ma c’è anche Mathys Rondel che invece ha corso il Gran Piemonte ed ha fatto buone cose. La formazione U23 è la nostra base e sta andando molto bene. E’ bello perché lavoriamo molto con i corridori svizzeri. C’è un gran bel gruppo, anche già formato per l’anno prossimo. Stiamo proseguendo un certo tipo di lavoro, con la fortuna di avere un team professional e quindi poter interscambiare i nostri corridori con più facilità. Poi abbiamo anche qualche sorpresa per il 2024…

Si parla di due italiani, Juan David Sierra e Simone Gualdi. Sono forse loro queste sorprese?

Questo lo dite voi (sorride, ndr) però non nascondo che arrivino degli italiani. Comunque ci sarà tempo per dare comunicazioni ufficiali.

Cancellara è una guida per tutta la Tudor. Per lui imparare a perdere e la crescita della struttura sono punti basilari
Cancellara è una guida per tutta la Tudor. Per lui imparare a perdere e la crescita della struttura sono punti basilari
A proposito dei terremoti cui facevi riferimento prima, Fabian Cancellara come giudica la presunta e chiacchierata fusione tra Soudal e Jumbo?

Alla fine non so se questa vicenda era solo piena di “balle” (sorride, ndr) perché nessuno sapeva veramente cosa stesse succedendo. Ciò che è avvenuto nelle ultime settimane non è buono per nessuno e per il ciclismo. Però ti mostra la difficoltà dell’economia in generale. Se due tra i più grandi team professionistici devono mettersi insieme, allora vuol dire che per i piccoli team si mette male. Una fusione del genere non aiuta il movimento.

Chiaro…

Spero in ogni caso che tutto si risolva per il meglio, visto che hanno anche tanta storia alle spalle. Poi si lascerebbero a casa tante persone. In senso più ampio, spero che situazioni simili volgano sempre al meglio per il bene dello sport. Per me è lo sport che conta. Più facciamo del bene allo sport, più aiuta a far crescere bene i bambini o le nuove generazioni nello sport a casa o a scuola. I giovani sono il nostro futuro. Loro devono stare attenti al nostro sport e noi attenti a loro.

Il nuovo Sierra, dalla delusione scozzese alle feste di Cali

22.09.2023
4 min
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Un mese dopo. Città diversa, maglia diversa in palio, anche aspettative diverse e non potrebbe essere altrimenti visto che da allora Luis David Sierra è diventato una star della categoria juniores. Negli occhi tutti gli appassionati hanno ancora le immagini di quel salto di catena che, nel momento, topico, gli è costato il podio ai Mondiali di Glasgow, quella delusione stampata sul volto quando ha tagliato il traguardo, dimostrando ancora che ne aveva più di tutti.

E’ passato un mese e sembra un’eternità. Sierra è andato ai mondiali su pista di Cali dove ha vinto tutte e tre le medaglie (oro nel quartetto, argento nell’individuale a punti, bronzo nella madison), nell’ultimo weekend ha realizzato una splendida doppietta di successi su strada e ora è pronto per una nuova sfida, sulle strade olandesi, per prendersi quello che gli era sfuggito.

Sul podio di Cali con il quartetto. Una maglia che cancella la delusione di poche settimane prima (foto Instagram)
Sul podio di Cali con il quartetto. Una maglia che cancella la delusione di poche settimane prima (foto Instagram)

«E’ vero che tutto è un po’ partito da quel sabato maledetto – racconta Sierra a poche ore dalla partenza – da quella corsa così sfortunata per i nostri colori con 4 atleti su 6 fuori corsa in anticipo, da quell’epilogo che tutti conoscono. E’ una vicenda amara che nel fondo aveva anche un po’ di dolce, perché tutti hanno visto come ho corso e ripensandoci mi ha dato morale e spinta per andare avanti».

La sensazione è che il Sierra di oggi sia un po’ diverso da quello…

Forse è vero, perché credo di più nei miei mezzi, ho la percezione netta di quel che posso fare. Come persona sono rimasto quello di sempre, ma amo sempre di più correre, mettermi in gioco e credo di poter fare davvero tanto.

In Olanda Sierra vuol cancellare la delusione iridata. Il percorso sembra adatto a lui
In Olanda Sierra vuol cancellare la delusione iridata. Il percorso sembra adatto a lui
Che esperienza è stata quella di Cali?

Qualcosa di eccezionale, che mi ha segnato nel profondo. Io sono per metà colombiano, lì ho trovato casa. C’erano tanti parenti che sono venuti a vedermi, molti non li conoscevo neanche, in Colombia ero stato da ragazzino. E’ stata un’emozione forte e mi è dispiaciuto che con me non ci fosse mio padre, ma doveva lavorare. Sono contento di averli ripagati con bei risultati anche se volevo fare di più.

Che cosa ti rimproveri?

Nell’individuale a punti ho commesso un solo errore, ma in quei contesti ne basta uno che lo paghi amaramente. Nella madison prima sono caduto, poi con Fiorin siamo tornati in testa alla corsa, ma lui ha forato e a quel punto l’oro è sfuggito. Ho comunque dimostrato quel che so fare e per me vale molto proprio perché ero davanti alla mia famiglia.

Per Juan la trasferta a Cali è stata una tappa importante, non solo per i risultati (foto Instagram)
Per Juan la trasferta a Cali è stata una tappa importante, non solo per i risultati (foto Instagram)
Facevano il tifo per te?

In maniera incredibile, quasi esagerata. Si sentivano solo loro, facevano davvero un tifo indiavolato esattamente come per ogni corridore colombiano. Mi sono davvero sentito a casa.

Al tuo ritorno hai sentito benefici dall’attività su pista?

Inizialmente è stata dura. Ho disputato il Trofeo Buffoni che nel calendario italiano è la gara più lunga e ho pagato la distanza, poi però le cose sono andate sempre meglio. Probabilmente rispetto a Glasgow ho perso qualcosa nelle salite, ma ho guadagnato tanto in esplosività e questo sarà utile per la gara, sicuramente meno dura di quella iridata ma con strappi che sono adatti alle mie caratteristiche.

La volata vincente al Trofeo San Rocco di sabato, battendo Cettolin e Bambagioni (foto Pagni)
Quel mondiale ha favorito contatti per il tuo futuro?

Sì, molte squadre mi hanno fatto proposte, soprattutto team Development del WorldTour, ma io ho scelto il team devo della Tudor. Ho parlato direttamente con Cancellara, mi ha presentato il progetto del team e le ambizioni di entrare nella massima serie, il lavoro che vogliono fare con i giovani. Abbiamo trovato molte affinità, alla fine mi ha convinto e ho firmato nei giorni scorsi. Ora posso affrontare l’europeo con la mente più sgombra.