Fabrizio Borra, Fernando Alonso 2012 (foto Motori Online)

Borra, l’angelo custode di Moschetti

28.11.2020
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Fabrizio Borra saltò fuori nel mondo del ciclismo tra il 1995 e il 1996. Caschetto nero, slang mezzo americano sull’accento romagnolo, raffiche di mille parole al secondo. Ma soprattutto mise le mani su quello che un tempo era insieme un amico ferito e il messia del ciclismo italiano: Marco Pantani nei mesi successivi all’incidente di Torino. I pomeriggi con loro nel vecchio centro di Forlì a fare rieducazione in acqua riempivano gli occhi. E anche se quelle immagini sono rimaste negli archivi di un tempo, nulla potrà portarsi via il ricordo e il rapporto costruito negli anni.

L’uomo delle stelle

Da allora Borra è diventato una sorta di salvatore degli atleti feriti e intanto si dedicava alla preparazione fisica di Jovanotti, prima dei concerti, e allo stato di forma di Fernando Alonso, quando lo spagnolo era ancora un riferimento in Formula Uno (i due sono insieme nella foto d’apertura di Motori Online). Rimase persino… impigliato nella squadra che Alonso avrebbe voluto fare con Paolo Bettini, ma questa è un’altra storia.

Matteo Moschetti, giorno di riposo, Vitoria, Vuelta Espana 2020
Matteo Moschetti un caffè nel giorno di riposo della Vuelta a Vitoria
Matteo Moschetti, giorno di riposo, Vitoria, Vuelta Espana 2020
Moschetti, un caffè alla Vuelta nel giorno di riposo

Arriva Moschetti

Più recentemente di Borra abbiamo parlato con Matteo Moschetti, reduce a sua volta dalla frattura dell’acetabolo del femore destro rimediata il 7 febbraio all’Etoile de Besseges. E quando, riferendosi sua rieducazione, Fabrizio ha detto che non fosse niente di troppo complesso per un ciclista, ci è venuta voglia di chiamarlo.

«A livello clinico ero guarito – aveva detto Moschetti – però mi mancava la condizione per tutte quelle settimane immobile. Non ho dolori, manca un po’ di forza e ho la sensazione che la muscolatura del gluteo destro si affatichi più del sinistro».

Comanda la testa

Borra va subito al sodo. Per cui dopo averci raccontato l’evoluzione nel mondo della riabilitazione, con gli europei che hanno superato i maestri americani, spiega perché a Moschetti è andata tutto sommato bene.

«Quando si subisce una frattura come quella – dice – e poi si riprende, il rischio è uno solo: che il corpo netta in atto quelle famose compensazioni che lo spingono a sostenere con la parte sana il carico di quella ferita. La sensazione che la muscolatura del gluteo destro si affaticasse più dell’altra deriva proprio da questo. Non si tratta di un fatto ortopedico, perché nel frattempo la scienza è andata avanti a studiare certi fenomeni. Ed è venuto fuori, come si era sempre intuito, che il vero problema sia a livello del cervello. Banalizzando, è la testa che determina certe compensazioni. Per cui quello che si è fatto con Matteo è stato essenzialmente impedire al suo cervello di farci lo scherzetto».

Centro Phisiology Fabrizio Borra Forlì
La piscina del centro di Borra a Forlì che si chiama entro Fisiology
Centro Phisiology Fabrizio Borra Forlì
La piscina del centro di Forlì

Tempi eroici

La rilettura dell’intervista di Moschetti assume ora un altra sfumatura. Soprattutto laddove il milanese parla delle attenzioni osservate alla Vuelta, nel fare stretching per curare il bilanciamento fra destra e sinistra. Prima di finire fuori tempo massimo per pochi secondi Villanueva de Valdegovia, settima tappa.

Borra sorride, perché quel tipo di lavoro glielo ha suggerito lui, non potendo completare il lavoro in palestra.

«E’ stato però buono poterlo seguire dall’inizio – riprende – perché di fatto è arrivato che non camminava. E’ salito sui rulli e poi è tornato a pedalare sotto stretto controllo. Intanto era quasi marzo e l’Italia iniziava a chiudere. Un mio amico gli aveva prestato un piccolo appartamento vicino al Centro e mio figlio e mia moglie lo accompagnavano avanti e indietro e anche a fare la spesa. E’ un peccato non essere riusciti a finire il lavoro perché a un certo punto è dovuto andare a casa, ma credo che averlo preso prima che quegli adattamenti si verificassero ha permesso di abbreviare la sua ripresa. Quello che gli è mancato è stato semmai un problema di preparazione, ma l’attenzione al fatto che restasse simmetrico gli ha permesso di rientrare. Ormai rispetto a tante tematiche siamo super avanti. Il lavoro con Marco, la stessa attenzione a evitare posture scorrette, il lavoro in acqua… mi rendo conto che eravamo davvero dei pionieri. Oggi quello che una volta si faceva in modo quasi empirico è molto più schematizzabile. Per questo ho parlato di un infortunio serio ma non impossibile da gestire.

Dopo l’ultimo controllo di una decina di giorni fa, ci ha scritto Moschetti: Borra gli ha detto che è dritto e pronto a iniziare il lavoro invernale. E allora che l’inverno abbia inizio…

Luca Guercilena, Giulio Ciccone, Tour de France 2019

Il capo disegna la Trek del futuro

08.11.2020
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Due settimane dopo la fine del Giro d’Italia, il capo è fresco reduce da una call con gli sponsor americani. Scherzando diciamo che c’è stato un tempo in cui quelli di Trek vincevano Tour a grappoli con l’americano, ma che poi è bastato un colpo di spugna per fargli sembrare un bel colpo anche il podio di Porte…

«Se è per questo – sorride Luca Guercilena – abbiamo preso Mollema e Pedersen senza spendere troppo e ci hanno vinto un Lombardia e un mondiale. Si prende quel che viene…».

Parlare con il manager della Trek-Segafredo è interessante per i suoi trascorsi da grande preparatore e il fatto di aver portato finalmente al Giro un certo Vincenzo Nibali, pur rispedito al mittente da giovani arrembanti, dall’anagrafe e da numeri da interpretare.

Jacopo Mosca, Giro d'Italia 2020
Contratto confermato per tutti i corridori in scadenza: qui Jacopo Mosca al Giro d’Italia
Jacopo Mosca, Giro d'Italia 2020
Contratto confermato per i corridori in scadenza: qui Mosca
Che opinione ti sei fatto?

Per me è stata una grande sorpresa vedere giovani così competitivi, a fronte di atleti di esperienza come Nibali, Fuglsang e Pozzovivo. C’è un fortissimo ricambio generazionale su cui riflettere. Prima sul piano fisiologico, poi su quello tattico. I ragazzi del Giro hanno fatto la differenza nella seconda settimana, mantenendo il vantaggio nella terza. Ora c’è da vedere come il mercato cambierà…

Perché dovrebbe?

Perché si comincia a essere vecchi a 30 anni. Vedendo poi quanto si dura…

Secondo Bartoli il fatto di durare poco non è automatico.

Se siamo in presenza di uno sviluppo fisiologico esasperato, si finisce come le ginnaste che durano poco. Ma concordo con Bartoli che tanta parte ce l’ha l’aspetto mentale. Contador sapeva che fisicamente poteva ancora dire qualcosa, ma era logorato mentalmente. Cancellara stessa cosa. Idem Bettini. Quando hai vinto tanto, la motivazione cala. Vero però che a vent’anni la reggi meglio, ma quanti ragazzi negli ultimi anni hanno smessi per lo stress?

Si fa un gran parlare dei portenti stranieri, ma se ci fosse stato Ciccone…

Sono d’accordo. Per come si era messo il Giro, Giulio sarebbe stato protagonista di sicuro.

Credi che Ciccone sia l’uomo su cui puntare per i grandi Giri?

Sono certo che abbia potenzialità di classifica per i Giri in cui l’importanza delle crono è relativa. Dispiace che non abbia potuto seguire il piano di aiutare Vincenzo e poi di andare alla Vuelta. Dove c’è salita, può fare la differenza. Ma al contempo deve imparare a gestirsi.

Antonio TIberi, Coppa Sabatini 2020
Antonio Tiberi, 19 anni, atteso al debutto: si è inserito molto bene
Antonio TIberi, Coppa Sabatini 2020
Tiberi, 19 anni, atteso al debutto
Quindi non sei a favore del processo al ciclismo italiano?

Quando viene a mancare una squadra di alto livello, è come avere un porto senza faro. Manca coordinamento, è una diaspora di talenti. E chi ha il carattere più italiano, si perde. E poi…

E poi?

Bastava che fosse venuto Caruso, sarebbe stato lì davanti a lottare. La gente vuole il campione che vince, ma in alcuni anni si sono vinti Giro e Tour senza scommetterci sopra un euro. Il ciclismo è diventato uno sport globale.

E questo, capo, cosa c’entra?

Il limite della nostra cultura è che a livello giovanile è tutto privato. In Gran Bretagna e Slovenia, invece, ci sono i piani del Governo. L’obiettivo è avere una popolazione sana, atletica e sportiva. Loro fanno crescere i ragazzi, da noi invece i privati vogliono un ritorno.

Come vi muoverete sul mercato?

Per scelta abbiamo riconfermato i corridori in scadenza, un gruppo solido. A proposito di giovani, inseriremo Tiberi. Poi faremo valutazioni attente.

Tiberi può essere uno dei super giovani di cui si parlava poco fa?

Tanti passano e non sopportano il cambio. Antonio per come lo vedo è tranquillo e pacato, ma ha chiaro quello che deve fare. Si è inserito come personalità, avendo partecipato ai ritiri. E’ corretto e ben accetto.

Un altro giovane di questo livello è Quinn Simmons, quello del tweet su Trump…

E’ forte, ma deve capire che tra i pro’ la differenza si fa negli ultimi 20 chilometri. Ha 19 anni, deve adattarsi. Però nella prima corsa in cui ha usato la testa, al Giro di Ungheria, è arrivato secondo. Deve maturare.

Non solo in bici, temiamo…

L’episodio del tweet sulla politica è l’esempio di come a un certo punto debbano capire che sono qui per correre e che, essendo personaggi pubblici, ogni loro gesto viene amplificato (Simmons aveva manifestato il proprio supporto al presidente Trump, in risposta a un messaggio scritto di una giornalista belga, che invitava i sostenitori del presidente americano a non seguirla più su Twitter. Simmons aveva salutato con un “bye” accompagnato da una manina di colore: simbolo che, usato in simili circostanze, ha connotazioni razziste. E per questo era stato sospeso dalla squadra, ndr).

Ha imparato la lezione?

A 19 anni è facile perdere il senso delle proporzioni. Per questo chi li gestisce deve stare attento. I giovani vivono tutto con leggerezza. Che è un bene, ma può ritorcersi contro.

Giulio Ciccone, Monaco, autunno 2020

Ciccone e un inverno per… ricostruirsi

06.11.2020
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Il comunicato della Trek-Segafredo è arrivato nel mattino della crono di Valdobbiadene: Ciccone non parte. Dopo una serie di esami presso l’ospedale di Bassano del Grappa, l’abruzzese si ferma. Il suo Giro finisce qui. Giulio si ferma e poi sparisce. Conoscendolo, non è difficile immaginare il fastidio di abbandonare la squadra alla vigilia delle tappe più importanti. Ma se Cicco decide di mollare, allora sta male davvero. E magari ne avrà le tasche piene di questa stagione che doveva spalancargli la porta del paradiso e si è trasformata in un baratro.

Sono passati venti giorni e di Giulio si erano perse le tracce. Era giusto lasciargli lo spazio per rielaborare la delusione, ma adesso il tempo è maturo. E il timbro di voce dell’abruzzese da Monaco è migliore di quanto si potesse immaginare, anche se la situazione non ancora del tutto superata e questo dà la misura di quanto il Covid sia materia sconosciuta.

Cicco, come va?

Mi sono curato, mi sto ancora curando. Ho dovuto fare altri accertamenti, il covid non era passato del tutto. E adesso sono totalmente fermo. Così fermo che, per passare il tempo, sto giocando con i Lego.

E’ stato incauto partire per il Giro?

I dati erano buoni, non è stata una scelta casuale. Avevo i test giusti, ma il freddo è stato più forte. Il covid non è un’influenza che passa e riparti, ma è talmente sconosciuto che fai fatica a inquadrarlo. Il Giro d’Italia non è una cosa banale. Porti il fisico al limite e te ne accorgi.

Giulio Ciccone, Roccaraso, Giro d'Italia 2020
Il freddo di Roccaraso, nonostante la buona prova, ha dato inizio ai problemi
Giulio Ciccone, Roccaraso, Giro d'Italia 2020
I primi problemi per il freddo di Roccaraso
Quando te ne sei accorto?

I primi giorni facevo fatica a livello di gambe. Lo sapevo, venivo da una lunga sosta. Poi piano piano sono iniziati i segnali positivi, soprattutto a Camigliatello. Però contemporaneamente col freddo sono arrivati i primi problemi di respirazione e ogni giorno si è fatta più dura. Il primo giorno veramente negativo l’ho avuto quando ha vinto Sagan a Tortoreto. Lì ho cominciato ad accusare.

Come stavi a quel punto?

Il morale era alto, il fisico perdeva colpi. E dire che aspettavo solo la terza settimana…

E’ stato duro fermarsi ancora?

Per un verso sì, per l’altro era il modo di chiudere definitivamente questa stagione orrenda. Tolto Laigueglia, non è mai andata bene. Almeno adesso si riparte da zero. Gli accertamenti hanno detto che ne sto uscendo. Era già nei miei piani fare 20 giorni di stop, adesso mi hanno fermato completamente. Devo recuperare.

Dicono che con te in corsa, lo strapotere degli stranieri sarebbe sembrato meno importante.

Sono abbastanza critico su questa cosa degli stranieri e mi infurio. Noi italiani ci pestiamo i piedi da soli. Ci esaltiamo e ci buttiamo giù. L’anno scorso e non perché ci sia di mezzo proprio io, dopo Giro e Tour ero l’erede di Nibali, ma siccome il Giro è andato male, non esisto neanche più. Abbiamo tanti giovani forti, davanti ai quali io mi sento un po’ vecchio. Ma sono più che convinto che in una stagione normale, avrei potuto dire la mia. Invece è saltato tutto.

Con che spirito ripartirai?

Riparto arrabbiato. Non come l’anno scorso, che ero quasi senza aspettative. Ovviamente non rischierò di strafare, perché la squadra mi segue, ma sono carico a molla.

Cosa resta del primo anno ad imparare da Nibali?

Un anno zero sul piano dell’esperienza. Al ritiro di San Pellegrino abbiamo lavorato tanto e bene. Al Giro invece è stato tutto storto, l’opposto di quello che ci aspettavamo. Si è creato un bel gruppo, ma il nostro obiettivo principale si è trasformato in un calvario.

Hai seguito il resto del Giro in tivù?

Un po’, ma siccome mi giravano, guardavo solo i finali.

Come sta tua madre?

Bene, grazie. Ha finito un ciclo di terapie e adesso si riguarda.

Sei stato in Abruzzo dopo il Giro?

Sì, qualche giorno, poi sono venuto a Monaco per riprendere la stagione. Fra un paio di settimane ricomincerò ad allenarmi e vorrò il clima più caldo.

Vincenzo Nibali, Sestriere, Giro d'Italia 2020

Guercilena, adesso con Nibali cosa fai?

04.11.2020
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Riconoscere con Luca Guercilena, team manager della Trek-Segafredo, che qualcosa non abbia funzionato nel Giro di Nibali è abbastanza immediato. Se ti chiami Nibali e sei convinto di giocarti la maglia rosa, non ti stacchi da Dennis sullo Stelvio. E se si dice che avessi i numeri degli anni migliori, forse quei numeri non sono così attendibili o non bastano per descrivere la situazione. Servirà un’analisi più attenta, a partire dal programma seguito per arrivare al Giro. Nel 2016 dell’ultima maglia rosa, l’avvicinamento prevedeva Tour of Oman, Tirreno-Adriatico e Giro del Trentino. Nel 2020, a 36 anni, la sola corsa a tappe alla vigilia è stata la Tirreno-Adriatico. A partire da agosto e prima della Tirreno, Tao Geoghegan Hart ha corso la Route d’Occitanie e il Tour de l’Ain; Hindley ha corso anche il Polonia. Cari miei, anche a 36 anni Vincenzo Nibali vale più di così…

Luca Guercilena
Luca Guercilena è il team manager della Trek Segafredo
Luca Guercilena
Guercilena, team manager Trek-Segafredo
Pensavate potesse vincere il Giro?

Per i numeri della vigilia, pensavo fosse da podio. Slongo descriveva il cambio di sensazioni che di solito ha portato i risultati migliori.

Cosa hai pensato il giorno dello Stelvio?

Voleva vincere, me lo ha detto lui. Se fosse salito in modo controllato, avrebbe perso di meno. Invece ha scelto di restare con Dennis e l’ha pagata.

Anche a Piancavallo i numeri erano ottimi.

Ha impiegato 40” meno del 2017, quando arrivò 18° e prese 14” da Pinot che anticipò il gruppo degli uomini di classifica. Quest’anno la fuga è stata ripresa e lui è stato 10° di tappa, ma a 1’36” da Geoghegan Hart che ha vinto. Vincenzo è andato forte, ma i primi sono andati fortissimo.

Significa che c’è poco da fare?

Significa che ci sono da fare considerazioni diverse, i numeri non bastano.

Finalmente…

In primis si può mettere in discussione la strategia di gara. Siamo partiti baldanzosi nelle prime tappe e alla fine ci siamo ritrovati soli. La squadra ha fatto il possibile, anche se a un certo punto è sembrata non all’altezza.

Mancava qualcuno?

Se ci fosse stata una stagione normale, sarebbe venuto al Giro uno scalatore come Elissonde. Ma vista la sovrapposizione di corse, si è fatta qualche modifica. E quando si è parlato del Tour, che sembrava l’unico grande Giro che si sarebbe fatto, c’era una tale ansia che siamo andati con un gruppo forte per sostenere Porte. Ed è andata anche bene.

Vincenzo Nibali, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
A Piancavallo, Nibali è salito 40″ più forte che nel 2017
Vincenzo Nibali, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
A Piancavallo, 40″ in meno che nel 2017
Che cosa è successo invece al Giro?

Weening, che sarebbe stato importante in montagna, si è ritirato per le vertigini. Ciccone purtroppo non è riuscito nella scommessa di rientrare. Brambilla ha dovuto ritirarsi per caduta. Se tutto fosse andato come nei piani, avremmo avuto un gruppo all’altezza dei migliori. Non mi pare che la Sunweb, tolti Hindley e Keldermann avesse chissà quali nomi…

Gli altri?

E’ difficile valutare i singoli, Mosca ha fatto tanto. Ma è chiaro che da qualche gregario ci aspettassimo prestazioni migliori.

Torniamo a Nibali. Non credi che l’avvicinamento italiano senza gare a tappe prima della Tirreno lo abbia penalizzato?

E’ arrivato al Giro cercando di rispettare i due blocchi di altura che ha sempre fatto. Le corse di agosto sono state intense. Con una classica a settimana e quelle nel mezzo, si correva ogni quattro giorni. In più a marzo stava bene, alla Parigi-Nizza andava. Poi il lockdown ha cambiato tutto.

I giovani si sono adattati meglio al nuovo calendario?

A 36 anni, si fa fatica a cambiare. Faremo le nostre analisi. Eravamo partiti puntando a Liegi, Giro e mondiale, si è visto che annata è saltata fuori.

Quando si faranno le analisi?

Un primo confronto con Vincenzo e con Slongo c’è già stato. Ormai ho poco tempo per entrare nelle questioni sulla preparazione, ma ho già dato la mia opinione. Dopo la Vuelta vedremo finalmente quei numeri e ci sarà uno scambio più approfondito.

Ti dispiace che non sia venuto con voi già tre anni fa?

E’ un grandissimo rammarico. Tre anni fa era un altro atleta e mi dispiace perché al Giro non è riuscito a correre da Vincenzo Nibali. E lui, più di noi, ne aveva voglia.

Che inverno gli suggeriresti?

Un bel periodo di stacco e recupero, perché lo stress mentale l’hanno avuto tutti. Poi di riprendere con gradualità e intanto faremo un’attenta verifica. I numeri sono numeri, ma quando ci siederemo, troveremo cose che sono cambiate e che hanno portato a questi risultati. Ne sono sicuro. E gli darei un consiglio…

Quale?

Piano a dire che è vecchio e a farsi venire la sindrome dell’anziano. Le cose non cambiano dall’oggi al domani. Attenzione a non incensare troppo i giovani, che non hanno moglie e figli e magari hanno vissuto questo periodo con spensieratezza. La carriera di uno sportivo vede vittorie e conferme. Loro non li conosco a fondo, ma sulla solidità di Nibali metto le mani sul fuoco.

Guarnitura Sram 39-52 Trek Segafredo

Sram al Giro con due guarniture diverse

30.10.2020
3 min
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Le parole di Frapporti sul gruppo Sram della sua Ktm ci hanno incuriosito e così, tirando il filo del discorso siamo arrivati da Stefano Faustini di Amg (uno dei due importatori italiani di Sram, l’altro è Beltrami) e ad una interessante scoperta.

Per quale motivo i corridori della Vini Zabù-Ktm hanno dovuto correre il Giro d’Italia (e le altre gare di stagione) con guarnitura 37-50 mentre Nibali e la Movistar (foto di apertura) hanno avuto il 52? E perché non è stato possibile un adeguamento per i corridori di Scinto?

«Quando è nato il Red Etap Axs a 12 velocità – spiega Faustini – sono state presentate nuove combinazioni di rapporti. Al posteriore ci sarebbe stato il pignone da 10 in due configurazioni (10-26 e 10-33). Questo avrebbe permesso un salto inferiore rispetto alle corone davanti, abbinate in combinazione 33-46, 35-48, 37-50. La più venduta sul mercato è stato subito la 35-48 mentre la 33-46 è più per cicloturisti veri e propri. L’obiettivo di Sram era di favorire i passaggi ravvicinati, tanto è vero che dal 10 al 17 i pignoni sono tutti in fila per uno…».

Guarnitura Sram 37-50 Trek Segafredo
La guarnitura Sram 37-50 con cui ha corso la Vini Zabù-Ktm
Guarnitura Sram 37-50 Trek Segafredo
Sram 37-50 con cui ha corso la Vini Zabù-Ktm
Ma quando si parla di professionisti?

Diciamo che per la prima volta un gruppo è stato pensato per l’acquirente finale, quindi per un impiego amatoriale, e non per il professionista. Ma il problema si è posto l’anno scorso al Tour, quando la Katusha ci ha chiesto di avere corone più grandi. Il professionista ha più potenza di un amatore, è innegabile.

Quindi che cosa ha fatto Sram?

Dato che il passaggio da 11 a 10 al posteriore è impegnativo, sono state realizzate delle guarniture 41-54 con cui Mollema ha vinto il Lombardia e Pedersen il mondiale. Quest’anno la richiesta identica è partita da altri corridori, credo Nibali per primo. E così per Trek-Segafredo e Movistar abbiamo realizzato un 39-52.

E gli altri come la Vini Zabù?

Loro hanno avuto materiale di serie. La fornitura Trek e Movistar è stata frutto di un accordo privato fra Sram e le squadre, ma a questo punto…

A questo punto?

Non si potrebbe dire, ma visto che c’è richiesta per prodotti di quel tipo…

Li metterete in catalogo?

Sembrerà strano ma le guarniture classiche 39-53 rappresentavano il 3-5 per cento delle nostre vendite. Ma è chiaro che se si passa a un 52, il 10 viene sacrificato.

Ci hanno detto che il 10 è troppo piccolo e la catena nel girarci attorno genera troppo attrito.

Mi sembra davvero strano, perché la catena è stata riprogettata per il 10 con un diverso accoppiamento con il pignone. I piolini hanno diametro maggiore proprio per compensare gli attriti della catena standard. Diciamo che in questo settore molto spesso sono le abitudini a fare la differenza, ma è chiaro che se un certo tipo di richiesta esiste, non si può lasciarla inevasa…

Vincenzo Nibali, Stelvio, Giro d'Italia 2020

Ma lo Stelvio per Nibali è il colpo di grazia

22.10.2020
4 min
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Il verdetto dei Laghi di Cancano non lascia dubbi sul Giro d’Italia di Nibali. E anche se Piancavallo aveva già abbondantemente abbassato le luci, per arrendersi serviva uno schiaffo come quello di oggi. Perché Vincenzo ci ha abituati bene. Vincenzo è uno di quei campioni da cui ti aspetti sempre il colpo ad effetto e per questo sin dalla vigilia eravamo tutti lì a ragionare su come si potesse ancora ribaltare un pronostico già scritto. 

La luce si è spenta sullo Stelvio e purtroppo non è stato l’attacco frontale di un rivale diretto a mandarlo fuori giri, ma il ritmo di un cronoman che negli ultimi due giorni è stato sempre in fuga e sullo Stelvio si è ritrovato per un’altra fuga: Rohan Dennis.

Poche parole e grande serenità ai Laghi di Cancano

In quello scenario maestoso e gelido, con la neve a rendere ancor più grigio il profilo delle rocce, vederlo mollare di schianto è stato una pugnalata. La rassegnazione ha presto rimpiazzato la speranza. Come a Piancavallo, quando il ritmo dei primi lo ha asfissiato e Vincenzo non ha potuto fare altro che mollare.

«E’ stata una giornata dura – ha detto dopo essersi cambiato nella Toyota griffata con lo Squalo – perché la tappa di ieri è pesata nelle gambe di tutti. Ci aspettavamo che sarebbe successo chissà cosa, invece non è successo niente. Però abbiamo speso tutti. Sullo Stelvio c’è stato un ritmo forte da subito. Inizialmente da parte della Sunweb, poi quando mancavano 8-9 chilometri alla cima ed eravamo oltre i 2.000 metri di altitudine, c’è stata un’altra accelerazione degli Ineos e praticamente è esploso tutto il gruppetto che si era formato. Sono rimasto da solo e sono andato avanti finché potevo e sono arrivato con la maglia rosa».

L’anno è stato strano. Già alla Tirreno-Adriatico si disse che aver scelto il programma italiano per stare alla larga dai lunghi viaggi avesse privato il motore potente e non più giovanissimo del siciliano delle corse a tappe cui da anni è abituato. Prima della Tirreno, tanto per stare sui primi tre del Giro, Hindley ha corso il Polonia e come lui anche Kelderman. Tao Geoghegan Hart ad agosto ha corso la Route d’Occitanie e il Tour de l’Ain.

Vincenzo Nibali, Joao Almeida, Laghi di Cancano, Giro d'Italia 2020
Nibali con Joao Almeida sul traguardo dei Laghi di Cancano
Vincenzo Nibali, Joao Almeida, Laghi di Cancano, Giro d'Italia 2020
Nibali con Joao Almeida sul traguardo dei Laghi di Cancano

«E’ stata una stagione strana – ha ribadito Nibali – dove in tanti ci siamo concentrati su appuntamenti un po’ particolari. C’è stato chi ha provato ad arrivare subito pronto e chi non c’è riuscito. Siamo arrivati al Giro senza sapere come ci saremmo ritrovati. I piani si sono tutti scombinati. Ci sono state delle scoperte, come Almeida, che anche oggi ha tenuto sempre duro. E’ stato un Giro con tante sorprese, forse strano e che sarà sembrato noioso, ma vi assicuro che alla fine le medie sono state sempre altissime»

Il verdetto di Cancano archivia un 2020 che per tanti motivi non è stato all’altezza delle aspettative per tutto il gruppo italiano, con la resa di Ciccone e la squadra che si è sgretolata giorno dopo giorno. Fra gli addetti ai lavori ci si è chiesto per giorni il motivo per cui non si sia portato al Giro qualche reduce del Tour o non sia stata fatta una diversa ripartizione degli uomini tra Porte e Nibali. Stride soprattutto la scelta di dirottare verso la Francia Elissonde, che pure sarebbe stato utile al capitano italiano. Ma in ogni caso di fronte alla condizione incerta del capitano, la squadra non avrebbe potuto scrivere un diverso finale.

«Si è visto l’altro giorno che Hindley era il più forte – ha detto Nibali – sul primo tratto di Piancavallo ha fatto dei numeri molto alti. Che risposta mi do? Vanno più forte gli altri, non ci sono altre spiegazioni. Un ricambio di generazione c’è, perché qui ci sono tutti corridori che hanno una carta di identità molto più giovane della mia. Io sono del 1984 e non sono tanti i corridori della mia classe che ancora sono qui per provare qualcosa…».

Vincenzo Nibali, Laghi di Cancano, Giro d'Italia 2020
Dopo il traguardo, raggiungendo l’auto in cui si cambierà
Vincenzo Nibali, Laghi di Cancano, Giro d'Italia 2020
Dopo il traguardo, raggiungendo l’auto

La giornata e i suoi 5.700 metri di dislivello vanno in archivio come un Giro che deve ancora scrivere le sue pagine finali. Se l’orgoglio del campione sarà in grado di tirare fuori qualcosa nel giorno di Sestriere, il suo popolo sarà contento come se avesse vinto la maglia rosa. Altrimenti gli vorranno bene lo stesso. Non si può sempre vincere. E metterci la faccia quando si perde è comunque un bel segno di grandezza.

Nibali Giro 2020

Nibali: l’evoluzione della nuova bici

21.10.2020
5 min
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Sono arrivate le grandi montagne al Giro d’Italia, quelle che piacciono molto a Vincenzo Nibali. Quest’anno lo Squalo dello Stretto è passato dalla Merida Scultura con freni tradizionali e cambio meccanico alla nuova Trek Emonda con freni a disco e cambio Sram Red eTap AXS famoso per il suo funzionamento wireless. Non a caso il messinese dichiarava sui freni a disco: «Ho visto che in pianura la bicicletta risulta più rigida col perno passante, tant’è che spesso i velocisti li usano e ci vincono pure. In salita, anche a parità di peso delle ruote, preferisco ancora i freni tradizionali».

La parola ad Adobati

Ma come hanno fatto in Trek a convincere un campione del calibro di Nibali a cambiare così rapidamente le sue preferenze tecniche? A questa domanda hanno risposto sia il meccanico del team Mauro Adobati che il responsabile marketing di Trek Italia Rudy Pesenti.

Il primo ci ha detto che «non abbiamo dovuto convincere Vincenzo, in realtà è stato facilissimo, lui si è adattato subito e ora è contentissimo della sua bicicletta”.

Rudy Pesenti ci ha svelato qualcosa in più dicendoci che qualche preoccupazione iniziale Nibali l’aveva. Il timore non era nelle prestazioni in salita, ma nel cambio dello stile di guida in discesa, infatti la sua nuova Emonda fa segnare un peso complessivo di 6,9 chilogrammi in linea con il minimo consentito dal regolamento di 6,8 chilogrammi. L’aspetto che ci ha un po’ sorpreso è che il campione siciliano avrebbe detto che con i freni tradizionali era abituato a frenare all’ultimo momento, mentre con i dischi avrebbe rimodulato in maniera più progressiva la frenata.

Un altro aspetto interessante che Mauro Adobati ci ha raccontato è che all’inizio lo Squalo montava una guarnitura anteriore con corone da 39-52, ma con il passare della stagione starebbe usando sempre di più corone da 37-50, usate sia al Lombardia che al Giro dell’Emilia.

Emonda, in salita si vola

Questo cambiamento darebbe notevoli vantaggi soprattutto sulle salite pedalabili in cui il 50 si rivelerebbe un ottimo rapporto, soprattutto se associato a un pacco pignoni posteriore con rapporti 10-33. Adobati ci ha rivelato che in gara i corridori usano addirittura il 50 anteriore con il 33 posteriore. Un incrocio che in teoria sarebbe molto sconsigliato, ma che il gruppo Sram riesce a sopportare senza problemi. Ovviamente stiamo parlando di momenti di gara in cui la ricerca della prestazione va oltre ogni teoria sul buon uso dei componenti.

Andrea Nieri, il meccanico di ieri

Che Nibali ami tenere dei rapporti agili è un fatto che ci ha confermato anche il suo storico meccanico dai tempi della Mastromarco fino alla Bahrain-Merida, Andrea Nieri.

Oltre a confermarci che Nibali è molto meticoloso a livello tecnico e che è anche un ottimo meccanico, ha spiegato che: “a Vincenzo piaceva avere come rapporti anteriore un 38-53 associato a un pacco pignoni 11-30, che voleva anche nelle tappe pianeggianti, in quanto preferiva avere la possibilità di salvare la gamba nel caso ci fosse stato da passare una piccola asperità.

Nibali è un tester di alto livello

Sta di fatto che Nieri ci ha confermato, che anche negli anni con Merida, lo Squalo si è adattato al materiale di cui la squadra era dotata e che non ha mai chiesto modifiche particolari al telaio, ma ha sempre usato le biciclette uguali a quelle che possiamo trovare nei negozi. Nieri ci ha svelato che l’unica eccezione è stata quando Merida stava per lanciare la nuova Reacto nel 2017. Gli appassionati dotati di buona memoria ricorderanno che durante il Giro d’Italia di quell’anno, Nibali usò nella tappa numero 12 una Reacto con una colorazione particolare. Proprio quella bici era figlia dei consigli del campione siciliano, che poi furono adottati di serie sui modelli che ancora oggi troviamo in commercio.

Questo aneddoto ci conferma quanto sia importante per le aziende avere corridori sensibili nella guida delle biciclette, che possono fornire dei riscontri importanti e indicare anche eventuali soluzioni tecniche migliorative.

Discesa record dal Sormano

A conferma della grande sensibilità di guida di Nibali e del fatto che si trova molto bene con la sua nuova Emonda, basta vedere il record che ha fatto segnare all’ultimo Lombardia nella discesa dal Sormano. L’App Strava ha assegnato al campione siciliano il record di velocità con un tempo di 5 minuti e 30 secondi per percorrere i 5,6 chilometri della discesa. La velocità di punta è stata di 85 chilometri orari e quella media di 61,3 chilometri orari. Davvero niente male!

Vincenzo Nibali, Piancavallo, Giro d'Italia 2020

Piancavallo gela il ciclismo dei numeri

18.10.2020
4 min
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Martinelli davanti al pullman dell’Astana sulla cima di Piancavallo si ferma volentieri a parlare, poco più avanti Slongo ha appena detto la sua davanti a quello della Trek-Segafredo. I due, che hanno in comune anni di lavoro con Nibali, questa volta sono su posizioni opposte.

Giovani e vecchi

Di colpo è come se il solco fra corridori giovane e più esperti venga scavato dall’assuefazione alla tecnologia. Tanto sembrano smaliziati e aggressivi i primi, quanto bloccati sui numeri gli altri. Oppure certe volte semplicemente i numeri sono l’alibi più utile?

Jakob Fuglsang, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Fuglsang a Piancavallo nel gruppetto di Nibali a 1’36”
Jakob Fuglsang, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Fuglsang a Piancavallo con Nibali a 1’36”

«Questa generazione di giovani – dice Martinelli – va più forte e non ha paura di menare. Sento invece corridori più anziani che continuano a parlare e snocciolare valori. C’è solo da menare e semmai guardare i numeri la sera. Si va tanto forte. Oggi abbiamo detto a Felline di tirare a 420 watt. Lui ha fatto 7 chilometri a 430 watt e quando è calato a 415, lo hanno subito passato. Ed erano in 25. C’è ancora da scalare lo Stelvio e da quello che ho visto oggi, non so quanti ci arriveranno. Nibali l’ho visto come ho visto il mio. Quando accelerano, non hanno numeri sufficientemente alti e si staccano. Quando a Fuglsang ho detto di stringere i denti, ha detto che non ne aveva».

Il tempo passa

Slongo a quei numeri li legge per spiegare il passo falso di Nibali, che ha pagato 1’36” a Geoghegan Hart e Kelderman. La sensazione che già ieri non fosse brillante nella crono è tornata quando Vincenzo, asfissiato dal ritmo frenetico della Sunweb, si è rialzato a circa 7 chilometri dall’arrivo e si è attaccato alla borraccia.

«Per la corsa è andato male – ha detto il suo allenatoreper i suoi valori è andato discretamente. Il ritmo di Sunweb era così forte che ha dovuto mollare. Kelderman è uno dei pochi che ha la squadra compatta. Sicuramente diventa l’uomo faro ».

Domenico Pozzovivo, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Fra i corridori esperti in difficoltà, anche Pozzovivo, 12° a 1’54”
Domenico Pozzovivo, Piancavallo, Giro d'Italia 2020
Anche Pozzovivo in difficoltà: 12° a 1’54”

Quel che si fatica a capire è se il miglior Nibali di oggi sia tanto lontano dal Nibali degli anni d’oro.

«Se prendo la crono di San Marino dell’anno scorso in cui andò bene – ha spiegato Slongo – o quella di Logroño alla Vuelta del 2017 in cui arrivò terzo e fu vinta da Froome, come wattaggi medi siamo in quei valori. Anche oggi penso che Vincenzo sui 20 minuti abbia fatto uno dei suoi best della stagione. Siamo in linea con un Nibali competitivo nei grandi Giri, ma va dato atto che attualmente c’è chi va più forte. Non so se sia da attribuire a un corridore vecchio, anche se per me ha ancora tanto da dare. I valori sono quelli di un bellissimo Nibali».

La terza settimana

L’ammissione, sia pure solo accennata dopo l’arrivo di Piancavallo, lascia riflettere. In questi momenti si deve aver fede nella possibilità di riscatto. Nibali venne già dato per spacciato nel 2016 dopo la tappa di Andalo, poi però la storia andò diversamente. I quattro anni passati nel frattempo non sono una distanza banale, ma Slongo non molla la presa

«Il morale non è male – ha detto – perché Vincenzo è nei suoi valori e per questo proveremo a inventarci qualcosa. E’ un Giro dove i primi sono ad un altissimo livello, bisognerà aspettare per vedere se qualcuno va in crisi. Sfrutteremo il lavoro degli altri e cercheremo fino alla fine di cogliere l’attimo, come è nel nostro stile. Il Giro per i primi 7-8 è tutto aperto, con le tappe che ci aspettano. Nella terza settimana può succedere che qualcuno vada in crisi. Noi non possiamo migliorare più di tanto, la nostra forza negli anni è stata la costanza. Perché non pensare che Vincenzo rimanga uguale e gli altri invece scendano?».

La speranza non muore per prima e con il riposo che bussa, coltivarla può essere un utile esercizio. Poi però, quando si tornerà a combattere, dimenticarsi dei numeri potrebbe essere un altro esercizio su cui applicarsi.

Jacopo Mosca

Jacopo Mosca, professione gregario

16.09.2020
2 min
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Jacopo Mosca è passato professionista nel 2017 ed è davvero un bravo ragazzo: così dicono tutti quelli che lo conoscono e proprio per questo forse la sua vita alla fine ha preso la direzione che il ragazzo piemontese aveva sempre sognato.

Nelle prime due stagioni alla Wilier Triestina, Mosca ha messo insieme una tappa e la vittoria al Tour of Hainan, mentre nella stagione successiva ha conquistato la maglia a punti della Tirreno-Adriatico. Poi però è stato lasciato a piedi, con la poco elegante spiegazione che non fosse adatto per fare il corridore.


Al suo fianco si è mobilitato così Matteo Provini, diesse fra gli under 23, poi gli ha spalancato le porte la continental D’Amico-Area Zero. E quando a metà stagione di lui si è ricordato Luca Guercilena, che lo aveva avuto come stagista, e lo ha portato alla Trek-Segafredo, lui quasi era in difficoltà con Massimo Codol e Ivan De Paolis che lo avevano salvato dall’appendere la bici al chiodo.

Jacopo Mosca, Matteo Rocchetti
La compagine italiana della Trek-Segafredo è ben nutrita. Qui Mosca è con… Moschetti
Jacopo Mosca, Matteo Rocchetti
La schiera italiana della Trek-Segafredo è ben nutrita. Qui Mosca e Moschetti
Il 2020 in fondo non è stato così male…

Una strana stagione in cui ho ottenuto più di quel che pensavo. Al campionato italiano su 12 volte cha abbiamo fatto la Rosina, ho tirato sempre io. Dal giorno in cui ho firmato con la Trek-Segafredo sono un’altra persona e ho capito che sto meglio in una squadra con dei capitani, perché riesco a tirar fuori un altro Jacopo.

Stai parlando di Vincenzo Nibali e Giulio Ciccone…

Cicco lo conoscevo da under 23. E’ rimasto genuino com’era nel 2015, ci vado tanto d’accordo perché posso dirgli le cose in faccia. Vincenzo invece l’ho sempre considerato inarrivabile, ma è molto alla mano. Lo vedi da come tratta i compagni e dal fatto che in corsa riesce a limare anche da solo. In una squadra così sei sempre nel vivo della corsa e non riesci a mollare.

Che cosa intendevi poco fa parlando di un altro Jacopo?

Un altro me stesso, un altro Jacopo Mosca. Pensavo che gli avvenimenti dei primi anni mi avessero segnato, ma ne sono uscito. E ora faccio il gregario, ben contento di aiutare i miei capitani a vincere.

Per il resto, cosa c’è nella tua vita?

Da novembre vivo a Genova perché la mia compagna Federica si sta specializzando lì in medicina. Il mare non mi fa impazzire, perché ho tutti i tratti del montanaro, per cui sto bene con la gente, ma anche da solo. Le montagne mi mancano, ma dopo aver rischiato di smettere, ci penso due volte prima di fasciarmi la testa.