Nel gran giorno di Mollema, un altro passetto di Cattaneo

10.07.2021
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«Ho cercato di dare il massimo oggi – dice Cattaneo dopo la tappa che ha incoronato Bauke Mollema – perché l’obiettivo era lottare per la vittoria, ma alla fine ho iniziato a sentire la tappa nelle gambe. E’ stata una giornata molto dura fin dall’inizio e si vedeva quanto fosse difficile entrare nella fuga, ma ero determinato a riuscirci perché mi piace andare all’attacco. Quando le cose sono diventate davvero difficili sull’ultima salita, ho dosato gli sforzi con attenzione e ho proseguito al mio ritmo. E questo ha aiutato. Essere decimo in classifica è bello e sarebbe bello finire così, ma la strada è ancora lunga. Quindi continuerò a prenderla un giorno alla volta».

Alla partenza sulla bici di Cavendish, il numero 34 faticosamente raggiunto
Alla partenza sulla bici di Cavendish, il numero 34 faticosamente raggiunto

Benedetta la vita

Mattia Cattaneo non dice una parola più del necessario, però intanto è entrato fra i primi dieci del Tour. Quando Mollema ha dato gas, a lui hanno un po’ ceduto le gambe, però intanto in questo Tour della riscoperta, Mattia sta salendo un gradino ogni giorno, raggiungendo quei piani che per i tanti che lo vissero da under 23 avrebbe dovuto conquistare ben prima. Sia benedetta la vita, cantò la Mannoia, che comunque è perfetta. E alla fine, tra un infortunio e un eccesso di zelo, il bergamasco della Deceuninck-Quick Step sta tornando se stesso. E anche per stasera un mezzo motivo per brindare s’è trovato ancora.

Mollema ha vinto dopo un’azione solitaria di quasi 42 chilometri: chapeau!
Mollema ha vinto dopo un’azione solitaria di quasi 42 chilometri: chapeau!

La schiena a posto

Marco Milesi invece qualche parola in più la dice. E non potrebbe essere altrimenti, visto che al direttore sportivo bergamasco che lo guidò fra gli under 23 capita ancora di allenare Mattia dietro moto. E quando lo ha incontrato assieme a Ravanelli una decina di giorni prima del Tour, aveva capito che finalmente Cattaneo stesse tornando.

«Ha avuto vari infortuni – dice Milesi – tra ginocchia e schiena. Se lo vedevi a torso nudo, ti accorgevi che la curvatura della schiena non era giusta, ma adesso che ha sistemato tutti quei problemi, è di nuovo il nostro Mattia. E la Deceuninck-Quick Step è davvero la squadra migliore per tirare fuori il suo potenziale».

Da Carcassonne a Quillan, panorama stupendo nel sud della Francia
Da Carcassonne a Quillan, panorama stupendo nel sud della Francia

La fiducia giusta

La svolta secondo Milesi c’è stata alla Androni nei due anni trascorsi alla corte di Savio. Prima no. Prima in quel ragazzo nessuno ha avuto fiducia, complici certo i suoi acciacchi e i suoi problemi. Ma dall’essere il talento italiano più fulgido al dimenticatoio il passo fu davvero breve.

«Ora ha la fiducia che prima non gli davano – conferma Milesi – che cominciò a ritrovare anche in Androni e infatti fece vedere anche là il suo valore. Quando facciamo dietro moto lo vedo più sereno, sembra come un tempo. Sempre sul pezzo. Il lavoro per lui era tutto, a volte era sin troppo maniacale. E’ sempre stato sicuro di sé. Determinato da morire. E se adesso dice di voler andare un giorno per volta, di sicuro è per tenere lontana la pressione. Ma se è tornato il vero Mattia, è uno che non molla. Ed è giusto che provi finché ne ha».

Seconda vittoria di tappa al Tour per l’olandese Mollema dopo quella del 2017
Seconda vittoria di tappa al Tour per l’olandese Mollema dopo quella del 2017

Non si molla niente

La chiusura è per il diretto interessato, che nel frattempo è arrivato in hotel e ha appena finito i massaggi.

«Non è facile – spiega – perché anche oggi guardavano me. Essendo in classifica e visto che giustamente ognuno fa i suoi calcoli, pensavano che toccasse a me il grosso del lavoro. Era giusto provarci e continuerò a farlo, ma sapete benissimo che cosa significhi andare in fuga al Tour. Per fortuna recupero bene e dormo da Dio. Siamo tutti morti, basta guardarci in faccia. Ma io continuerò ad andare in fuga e poi semmai la classifica verrà. Manca veramente tanto e il rischio di saltare c’è sempre, ma ha ragione Milesi: non si molla niente».

La Longo batte un colpo nel caldo torrido del Garda

08.07.2021
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A Gavardo stamattina c’erano un bel fresco e nubi di moscerini. Pare che nella notte abbia piovuto e quelli siano saltati fuori come assassini. Dicevano gli abitanti del posto che se fosse venuto fuori il sole, i moscerini se ne sarebbero andati. Ora però il sole picchia davvero forte, c’è un caldo sconcio, mentre con Elisa Longo Borghini ci ripariamo all’ombra del truck delle premiazioni.

Elisa è arrivata seconda, battuta da Marianne Vos in una giornata torrida e umida, preconizzando uno scenario olimpico da cui stiamo volutamente alla larga.

«Dovevamo fare il treno – dice – per portare Lizzie (Deiganan, leader della Trek-Segafredo, ndr) alla volata. Io l’ho presa abbastanza regolare e a un certo punto ho sentito Lizzie dire di andare e mi sono attenuta alle disposizioni del capitano (sorride, ndr). Forse sono partita un po’ lunga e Marianne Vos non mi ha dato cambi. Ha vinto di astuzia e di forza fisica. Mi sento bene, sono contenta di come sta andando questo Giro, diverso ma divertente. E sto anche bene con il caldo. Sto vivendo alla giornata e mi sto godendo la corsa».

Decima nella crono a Cascata del Toce, in ripresa dopo la crisi di Prato Nevoso
Decima nella crono a Cascata del Toce, in ripresa dopo la crisi di Prato Nevoso

Altra maturità

La maglia tricolore è davvero bella, ti fa capire che non sei accanto all’ultima arrivata. E così fra una chiacchiera e l’altra, il discorso finisce sulle Olimpiadi in arrivo, per le quali la piemontese sta lavorando in silenzio. Il passo falso di Prato Nevoso è stato probabilmente la somma delle tante tensioni, fra il correre in casa e l’attesa del grande risultato non sempre possibile. Probabilmente ora, con la mente sgombra, il lavoro scorrerà più fluido.

«L’arrivo a Tokyo sarà diverso da Rio – dice – ho un’altra consapevolezza, se non altro perché sono più matura. Però quando si parla di Olimpiadi oppure i mondiali, è come se ogni volta fosse la prima. Sono appuntamenti cui non ti abitui mai».

Obiettivo olimpico

La tappa era di quelle nervose, sulle strade di Soprazocco che negli anni hanno visto scontri classicissimi fra i dilettanti. Il Giro ha già espresso verdetti importanti. Anna Van der Breggen appare solidamente al comando e la lotta è aperta semmai per le tappe. Chiaramente le ambizioni di partenza erano altre.

«Io sono qui per fare una buona preparazione – prosegue Elisa – con la miglior prospettiva di arrivare in condizione. Sapete che non amo pensare a una corsa in funzione della successiva, per cui all’inizio ero arrivata al Giro con altri obiettivi e continuo a starci dentro vivendo alla giornata. Poi verranno le Olimpiadi. Non ho mai dato nulla per scontato. Nel ciclismo come nella vita non c’è niente che non si debba conquistare».

La fuga sul lago di Como, nella tappa di Colico, è stata un gran segnale di vitalità
La fuga sul lago di Como, nella tappa di Colico, è stata un gran segnale di vitalità

Percorso da capire

Sulla squadra e sul percorso, consapevole che non tutte le ragazze hanno ben digerito le scelte del cittì Salvoldi, Elisa sfodera una diplomazia da brividi.

«Dino ha fatto le sue valutazioni – dice – e io ad esse mi attengo. Quanto al percorso invece, ho la sensazione che Rio fosse più duro, ma è anche vero che non ho visto ancora Tokyo. C’è di buono che accadrà presto. Il 17 luglio si parte, mancano dieci giorni. E allora capiremo di cosa si sta parlando».

Viva i moscerini

Alla partenza, Guderzo cercava riparo dal sole ed è fra coloro che l’esclusione l’ha vissuta peggio. E adesso, vicino all’ammiraglia, la vicentina è stravolta dal caldo e ha lo sguardo spento. Tatiana aveva tenuto duro proprio puntando alla convocazione, altrimenti probabilmente avrebbe già smesso. Finirà il Giro, ma poi?

Elisa saluta sua madre che la guarda d’oltre la transenna, poi si avvia verso il pullman nella baraonda dell’arrivo. Il caldo è soffocante, forse era meglio stamattina quando c’erano i moscerini.

Parte il Giro d’Italia Donne: microfono ad Elisa!

02.07.2021
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Proprio mentre va online questo pezzo, il Giro d’Italia Donne è partito. E lo ha fatto, anzi lo sta facendo, con la cronosquadre Fossano-Cuneo di ben 26,7 chilometri.

Dici Cuneo e dici Piemonte. Dici Piemonte ed ecco che pensi ad Elisa Longo Borghini, il faro delle “nostre” atlete per quel che riguarda la classifica generale. Elisa, come Filippo Ganna, ha l’opportunità di iniziare questa sua decima avventura al Giro dalla sua regione. Certo per lei non sarà facile aprire la corsa rosa come ha fatto il “Pippo nazionale”, ma chissà. Intanto la portacolori della Trek-Segafredo sta bene ed è fiduciosa, tanto più che in queste dieci tappe potrà sfoggiare la maglia di campionessa italiana (sia a crono che su strada). E lo scorso anno fu proprio lei a vestirsi di rosa al termine della cronosquadre d’apertura.

La presentazione del Giro d’Italia Donne 2021 ieri a Cuneo
La presentazione del Giro d’Italia Donne 2021 ieri a Cuneo

Amore e odio

«Mi approccio al Giro con grande serenità – ha detto la Longo Borghini – mi sento bene, sono tranquilla e felice di essere nuovamente in gara con la squadra. C’è una grande intesa e amalgama tra noi, sono felice di ritrovare delle compagne con le quali non corro da tempi, come Lizzie (Deignan, ndr) ed Ellen (Van Dijk, ndr).

«Il mio rapporto con questa corsa è di “amore e odio”. Amore perché è il grande Giro del calendario femminile, la corsa più lunga e per di più nel mio Paese. E’ una corsa dura e molto ambita. Le emozioni che mi ha regalato il Giro in carriera sono state incredibili, qualcosa che rimarrà per sempre nella mia storia di atleta. Odio invece perché finora, in tutte le mie esperienze al Giro, ho sempre avuto una giornata storta. E purtroppo, quando arriva il classico giorno no tendo a perdere troppo tempo in classifica generale. Non ho mezze misure».

E quello che dice Elisa è assolutamente vero. Se si va a rivedere l’andamento dei suoi piazzamenti si noterà una vera “altalena”: ottava, undicesima, seconda, decima… Però va anche detto che è maturata molto e in salita è migliorata non poco. Senza contare che con il passare degli anni qualità come tenuta e costanza di rendimento “arrivano” in modo più fisiologico. L’ultima sua vera crisi fu quella verso Montasio al Giro 2019 quando perse quasi 3′ da una scatenata e in formissima Van der Breggen.

Elisa in difficoltà sulle rampe di Malga Montasio al Giro 2019 (foto racing.trekbikes)
Elisa in difficoltà sulle rampe di Malga Montasio al Giro 2019 (foto racing.trekbikes)

Parterre ricco

E a proposito di salita quest’anno proprio non manca. Il direttore del Giro, Giuseppe Rivolta, dice che si tratta di un percorso duro, ma non durissimo. Per le atlete, Elisa inclusa, non sembra essere proprio così.

«Il percorso di quest’anno – spiega la Longo – è esigente fin dall’inizio con la cronosquadre d’apertura e l’arrivo a Prato Nevoso (già al secondo giorno, ndr). Lì la classifica inizierà subito a prendere forma. Le sorti della corsa saranno decise dalla cronoscalata di Formazza e dall’ascesa al Matajur alla penultima tappa». 

Il tutto con un parterre, come sempre, ricchissimo a cominciare dalla campionessa uscente, Anne Van der Breggen. Anche se non sarà della partita la Van Vleuten regina delle edizioni 2018 e 2019. 

«Ma io non sottovaluto neanche Mikayla Harvey e Cecilie Ludwig – ha aggiunto Elisa – Una corsa come il Giro può riservare qualche colpo di scena e non sarei sorpresa di vedere emergere anche una outsider. Per quel che mi riguarda, la condizione è buona. Ho fatto un intenso lavoro tra maggio e giugno in altura, al Sestriere. Le vittorie a crono e in linea ai campionati italiani sono state una piacevole conferma. Sento però il bisogno di confrontarmi con le altre per capire se posso puntare alla generale o ai successi di tappa. Non voglio caricarmi oltremodo di pressioni o ambizioni». 

La Canyon di Mikayla Harvey (la seconda da sinistra)
La Canyon di Mikayla Harvey (la seconda da sinistra)

Prime due tappe indicative

E in tal senso saranno più che indicative già le prime due frazioni. Da questi primi chilometri di gara, sia Elisa che molte sue avversarie sapranno che Giro dovranno (e potranno) correre.

«Sono qui per far bene, ma voglio capire realmente il mio livello con le prime due tappe. Il Giro Donne è l’ultimo step della lunga preparazione verso Tokyo ma non è solo un passaggio verso le Olimpiadi. E’ un appuntamento molto importante della mia stagione a prescindere. Sono qui per lasciare un segno che possa darmi anche una spinta morale importante. E poi, corro in Italia indossando il tricolore: onorare questa maglia è un obiettivo».

Una mattina d’estate con Antonio Nibali tra presente e futuro

02.07.2021
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L’estate di Antonio Nibali procede tra le colline delle Marche nella Filottrano di Michele Scarponi. Il siciliano si è trasferito da quelle parti già da qualche tempo, con la moglie e la loro piccola Mariasole. Ma soprattutto in questo primo scorcio di stagione il corridore della Trek-Segafredo si è mostrato pimpante come poche altre volte lo avevamo visto. Buone prestazioni alla Coppi e Bartali, al Tour of the Alps e soprattutto al Giro di Svizzera, dove si è ritrovato a lottare faccia a faccia con dei veri “mammasantissima”.

Con lui abbiamo parlato del suo futuro, che tra l’altro presto potrebbe essere lontano dal fratello Vincenzo, come accadde nei suoi primi anni da professionista quando era nelle fila della Nippo-Fantini.

Nella particolare crono (salita e discesa) dello Svizzera, Antonio ha scelto la bici tradizionale
Nella particolare crono (salita e discesa) dello Svizzera, Antonio ha scelto la bici tradizionale
Antonio, che voto dai alla tua stagione sin qui?

Direi un 7,5-8. Non ho fatto molte corse e quando le ho fatte ho cercato di essere protagonista. Alla fine, anno per anno ho cercato, riuscendoci, di migliorare.

E al Giro di Svizzera ti abbiamo visto competitivo tra i grandi…

Mi sentivo bene. In verità volevo provare a far classifica, ma poi in una tappa il gruppo si è spezzato in discesa e sono rimasto dietro. A quel punto non avendo più ambizioni per la generale era inutile tenere duro e ho cercato di portare a casa qualcosa, come la maglia dei Gpm. L’ho persa all’ultimo giorno. Io e Samitier ci siamo “scornati” tutto il giorno e Woods che ha vinto un solo Gpm ci ha fregato. Però è importante crederci sempre, divertirsi e provarci… altrimenti non sai mai come va.

Adesso cosa farai?

Vengo da una settimana di riposo. Sto riprendendo con gli allenamenti proprio in questi giorni. Farò il Tour de Wallonie, San Sebastian… Vuelta.

In casa Trek-Segafredo Ciccone era il capitano designato sin da inizio stagione per la Vuelta, ma magari dopo le Olimpiadi potrebbe cambiare qualcosa: per te che avventura sarà?

Su carta il capitano è lui, però dopo la convocazione alle Olimpiadi non so cosa voglia fare Giulio. Io mi farò trovare pronto, proverò a vincere qualche tappa e ad aiutarlo il più possibile. E se dovessi restare con i migliori potrei provare ad anticipare un po’, ad attaccare prima. Vedremo come andrà giorno per giorno.

Ma dove può arrivare Antonio? Prima hai detto che sei migliorato, sei ancora abbastanza giovane (deve compiere 29 anni, ndr)… Sarai mai in lotta per un grande Giro? Per delle corse a tappe più brevi? Per le maglie di miglior scalatore?

Alla fine non è facile vincere. Vedi come vanno le cose anche in base a come stai in quella gara e spesso le cose succedono per caso. Per la classifica in un grande Giro non penso, semmai potrei mirare a qualche tappa. Sì, potrei puntare alle classifiche a punti per i Gpm visto che in salita tengo bene. Ma come ho già detto il mio obiettivo è migliorare, che poi è lo stesso di tutti quanti.

Questa potrebbe essere l’ultima stagione in cui Antonio e Vincenzo corrono nello stesso team
Questa potrebbe essere l’ultima stagione in cui Antonio e Vincenzo corrono nello stesso team
E tu, oltre ai dati del computerino, da cosa vedi che sei migliorato?

Dal fatto che quando torno a casa anche dagli allenamenti più duri sto meglio, recupero bene. Sento che il fisico li assimila bene.

Questo discorso sul prosieguo della tua carriera, del fatto che sei migliorato, ci porta anche a pensare ad un futuro lontano da tuo fratello Vincenzo: questa cosa ti “spaventa” o ti dà più stimoli?

Mah, prima o poi questo momento arriverà e dovrò staccarmi da lui (tra i due ci sono otto anni di differenza, ndr). Vincenzo ha deciso di continuare almeno un altro anno e vedremo se sarà ancora l’ultimo insieme oppure no. Ma per me sarà normale andare avanti anche senza di lui.

In che senso?

In fin dei conti è già successo quando Vincenzo era ad altre corse e io ho lavorato per un altro capitano. Per esempio quando ero in Bahrain ho lavorato per Izaguirre e loro spesso chiedevano di me perché ero uno che aiutava. Non mi facevo i fatti i mei e mi ammiravano per questo, perché davo sempre il 100%.

E senza Vincenzo o un altro capitano di turno, visto che stai migliorando e che hai anche vissuto in toto la vita da gregario, se ti dicessero che sei il capitano pensi che saresti in grado di svolgere questo ruolo?

Credo di sì. Alla fine le gare sono sempre quelle, sia che sei il leader che il gregario: devi comunque dare il massimo. Semmai le cose cambiano nella gestione del dopogara, hai più impegni, c’è più tensione. E’ lì che devi saperti gestire.

Masnada e Ciccone, due scontenti nella fornace di Imola

20.06.2021
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Fa così caldo, che quando Masnada si versa una bottiglietta in testa, fai fatica a capire dove cominci l’acqua e dove invece finisca il sudore. Il gruppetto degli inseguitori deve ancora arrivare, sono i minuti a caldo del dopo corsa. Fausto è seduto su una rotonda e recupera la regolarità del respiro, ma davanti agli occhi gli scorrono le fasi finali di corsa. Pensare che a Livigno negli ultimi giorni si era anche allenato con Colbrelli e forse proprio averlo visto all’opera sta rendendo lo smacco del secondo posto meno pesante da digerire. Poi in un secondo passano Colbrelli di ritorno verso il podio e Nibali e Ciccone verso i pullman, nel segno di una polemica che monta. E Fausto resta lì seduto a raffreddarsi, mentre la fila degli scontenti si allunga. E finalmente comincia a parlare.

Il forcing di Masnada sulla Galisterna non è bastato per staccare Colbrelli
Il forcing di Masnada sulla Galisterna non è bastato per staccare Colbrelli

Difficile controllare

La corsa l’ha accesa lui. Mentre davanti Affini macinava i chilometri e dava la dimensione della sua grande forza, come un lampo dal gruppo si avvantaggiava una maglia azzurra della Deceuninck-Quick Step: quella di Masnada.

«Il percorso era difficile da controllare – dice con un filo di voce – eravamo rimasti uno per squadra e uno scatto poteva fare la differenza. Per questo mi sono avvantaggiato, ma Sonny ha dimostrato di essere il corridore più forte non solo in Italia, ma di tutto il WorldTour. In salita ho provato a staccarlo, ma se non facevo il mio passo regolare, finisce che mi staccava lui. E’ un mese che non correvo, ero andato a Livigno per cercare di migliorare la mia condizione, ma alla fine mi sono reso conto di non avere le gambe per fare la differenza. Il tendine del ginocchio ha retto bene, non mi ha dato fastidio. Vediamo come starà domattina…».

Ciccone ha qualcosa da recriminare, convinto che con Oss sarebbe potuto rientrare: gli uomini Trek sono scontenti
Ciccone ha qualcosa da recriminare, convinto che con Oss sarebbe potuto rientrare: gli uomini Trek sono scontenti

Polemica Trek

Nel gruppo alle sue spalle qualcosa deve essere successo. Quando ne è uscito Colbrelli, il distacco era di 21 secondi, era prevedibile che i numeri uno sarebbero piombati sui primi. Invece di colpo hanno cominciato a parlare, gesticolare, perdere tempo e terreno. E così nel breve tempo fra Mazzolano e Galisterna, il distacco è salito sopra il minuto e poi ha continuato ad aumentare.

Si è detto che il problema fosse l’assenza di radioline e di informazioni, ma qualcosa di insolito è successo e in parte è stato svelato dalle parole di Ciccone dopo il traguardo. L’abruzzese è colui che ha dato fuoco alle polveri e che poi si è mosso con Daniel Oss, anche se sulla sua azione è calato il maglio degli inseguitori: Nibali fra loro. E se prima magari Giulio non avrebbe detto nulla, la consapevolezza che a fine stagione il siciliano cambierà squadra potrebbe aver reso meno digeribile il suo inseguimento.

«In salita stavo bene – dice Ciccone – ma si è creata la solita situazione di tatticismi. Con Daniel Oss stavo rientrando ed eravamo arrivati a 15 secondi dal gruppetto, li avevamo nel mirino ed ero certo che in salita li avrei ripresi. Invece dietro hanno chiuso e così facendo hanno riportato sotto gli altri. Forse Vincenzo ha preferito chiudere perché si sentiva più sicuro così, ma alla fine stavamo bene entrambi ed entrambi siamo scontenti e non abbiamo portato a casa niente».

Tiberi, Svizzera sfortunato e la telecronaca della caduta

20.06.2021
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Anche se in fondo probabilmente lo sapeva già, Antonio Tiberi ha sperimentato sulla sua pelle che l’adattamento al livello WorldTour non è una passeggiata. E così se prima la Settimana Coppi e Bartali gli aveva dato la prima top 10 di tappa nel giorno di San Marino e il Giro di Ungheria a seguire il primo podio da professionista, con un terzo posto che sa di buono, il Giro di Svizzera ha preteso un rispetto superiore. Non che Antonio non ne avesse, il ragazzo ha la testa sulle spalle, ma era partito per fare la sua classifica e ha scoperto che non sempre a quel livello le ciambelle riescono col buco.

Caduta in diretta

Così quando è caduto nella sesta tappa, che da Fiesch portava il gruppo a Disentis Sedrun, se ne è fatto una ragione. E il suo racconto è l’emblema della capacità dei corridori di immedesimarsi nelle storie di cui sono protagonisti.

«Era finita la prima salita – dice – facevo parte di un gruppetto che rimontava. In realtà eravamo in un tratto che spianava e poi iniziava la discesa. Arrivavo in velocità e non mi aspettavo quella curva secca a destra. Ho pensato di frenare, ma mi sono reso conto che se avessi inchiodato sarei volato di sotto. Allora ho mollato i freni. Andavo forte e sono andato verso un guardrail. Sono caduto e ho pensato di abbracciarlo. L’ho stretto proprio fra braccio e fianco. Per questo ho battuto la scapola e mi sono procurato una lesione muscolare, che sta andando a posto solo adesso. Ma per fortuna l’ho fatto. Mi sa che se non lo prendevo, volavo di sotto. Sarà durato tutto 5 secondi, ma se ci penso lo rivivo al rallentatore…».

Nel giorno della caduta con Serrano, al Giro di Svizzera
Nel giorno della caduta con Serrano, al Giro di Svizzera

Settimo al tricolore

Come parziale risarcimento, è arrivato però il settimo posto nella crono tricolore di Faenza (foto di apertura). Il distacco di 3’47” sembrerebbe piuttosto quello di un tappone dolomitico, ma è pur vero che cronometro di quella distanza non se ne fanno più. Nemmeno ai mondiali, tanto che Ganna lo scorso anno vinse sulle stesse strade la prova iridata sulla distanza però di 31,3 chilometri. E soprattutto non faceva così caldo.

«E’ stata una bella combinazione di caldo e salite – racconta – grande caldo, parecchio afoso, e un percorso lungo e duro. Era la prima volta che facevo una crono così lunga e così impegnativa. Alla fine sono anche riuscito a spingere bene, ma ormai il finale era già scritto. Poi ho avuto l’inconveniente di perdere la borraccia dopo 15 chilometri. E’ saltata su una buca ed è stata veramente dura. Diciamo che ho fatto una bella esperienza».

Meglio a Faenza

In proporzione però è andato meglio a Faenza che nella crono inaugurale dello Svizzera a Frauenfeld, con un passivo di 1’12” sui 10,9 chilometri domati da Kung.

«Sinceramente mi trovo meglio nelle crono lunghe – ammette – e quella dello Svizzera era l’aspetto peggiore delle crono per me. Era bagnata, molto tecnica e breve. E nelle crono tecniche dove ci sono da fare tanti rilanci e brevi non mi trovo bene. Vado meglio col ritmo regolare nelle crono di resistenza. Ci lavoro tanto, anche quando sono a casa. La bici da crono la uso spesso, a volte anche quando faccio scarico, per tenere il fisico abituato alla posizione».

Tero sul podio del Giro di Ungheria dietro Howson e Hermans
Tero sul podio del Giro di Ungheria dietro Howson e Hermans

Svizzera sfortunato

Il suo Giro di Svizzera si è fermato invece in quel modo piuttosto brusco, anche se doveva essere la prima corsa a tappe in cui mettersi alla prova, approfittando delle due cronometro.

«Niente – sorride mestamente – è andato come volevo. In nulla. Sono stato parecchio sfortunato, con due cadute. Una purtroppo non per colpa mia, l’altra invece…. Però sulle salite è andata abbastanza bene. Il ritmo era parecchio alto. Per cui all’inizio le sensazioni erano di sofferenza. E’ una cosa mia, di genetica. All’inizio di uno sforzo mi servono 4-5 minuti per prendere il ritmo, poi mi scaldo e va bene. Forse però è arrivato il momento di fermarsi un pochino. Finisco questo campionato italiano e poi a luglio starò a casa a tirare il fiato, poi riprenderò con il Giro di Polonia e il Tour de l’Ain. E magari la seconda parte di stagione avrà un gusto migliore».

Longo Borghini mantiene il tricolore e lancia la volata per Tokyo

18.06.2021
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Longo Borghini è l’unica che non si ferma dopo il traguardo, in un quadro di ragazze che lasciano cadere la bici e si sdraiano sul lastricato che scotta, cercando di riprendere fiato.

«Ho perso subito il contatto con l’ammiraglia – fa in tempo a dire – e anche il misuratore di potenza ha smesso di funzionare. Ho fatto tutta la crono a sensazione».

Con lei parleremo poi, quando si sarà rimessa in sesto e dopo il podio. A Faenza ci sono 35 gradi e un’umidità che ti si attacca addosso. Così, mentre Chiara Rozzini scorta la ragazza della Trek-Segafredo verso il gazebo in cui potrà cambiarsi, Tatiana Guderzo è qui davanti che ha appena ripreso fiato e confabula con Elena Cecchini, dicendole che la Longo l’ha praticamente ripresa.

«Ho un problema – dice Tatiana, avvicinandosi alla transenna – quando corro mi metto anche a pensare alla tattica, ma dopo vado, come dicono le gambe e il cuore. Finché ne ho. Poi penso: se scoppio, vuol dire che ho dato tutto. Se non scoppio, vuol dire che ne ho ancora. Sono arrivata al traguardo, dunque ne avevo ancora. Il percorso era duro. Tra il vento e una strada che comunque non è pianeggiante, ma tendeva a salire nella prima parte. Vento contro. Poi quando ti chiedi quanto manchi, ti ritrovi due salite, che se arrivavi troppo stanca, perdevi tanto».

Tatiana Guderzo ed Elena Cecchini tirano il fiato dopo l’arrivo
Tatiana Guderzo ed Elena Cecchini tirano il fiato dopo l’arrivo

Cuore azzurro

Le ragazze si giocano tanto, il tricolore è il pretesto, perché là in fondo ci sono le Olimpiadi e la chance di essere convocate è troppo ghiotta. Tatiana si sarebbe ritirata alla fine del 2020, se fosse andata a Tokyo, ma il covid l’ha quasi costretta a restare.

«Ho dato il massimo – sorride – sono contenta, va bene così. Ho preso la bici da crono due giorni fa. A Tokyo mi basterebbe andarci. Nella crono c’è Elisa che è molto più preparata e con doti di me. Io sono a disposizione dell’Italia, come sono sempre stata. Le Fiamme Azzurre mi hanno insegnato e sempre ricordato che quando attacchi il numero, non lo attacchi per la Guderzo, ma per qualunque persona e atleta che sogni un giorno di raggiungere quell’obiettivo. Io sono qui con la voglia di fare emozionare le persone per quel sogno». Terza a 1’59”. Si sciacqua il viso e si avvia al podio. In Puglia, nella gara su strada, dovranno guardarsi da lei.

Soraya Paladin, secondo posto al primo assalto: è giovane nella crono
Soraya Paladin, secondo posto al primo assalto: è giovane nella crono

Prima crono

Soraya Paladin, la seconda all’arrivo, ha la mascherina col nome che maschera un sorriso bellissimo. Il secondo posto a 1’11” non è tale da farle mangiare le mani per l’occasione mancata e tutto sommato si tratta invece di un exploit.

«Sicuramente il caldo ha influito – dice – perché siamo scese direttamente dall’altura e sapevo che come soffrivo io, soffrivano anche le altre. E’ il primo anno che lavoro sulla crono e non ci sono tante gare prima. Mi sono fidata del mio preparatore e ho cercato di gestirla. Sono contentissima. Non avevo aspettative. Volevo divertirmi, dare il massimo, seguire i miei wattaggi e il mio ritmo. Non ho rammarichi, più di così non potevo dare, so che ho lasciato tutto sulla strada. Ora vado in Puglia con una consapevolezza in più, anche se l’italiano è sempre una gara a sé. Darò il massimo anche per meritarmi la convocazione alle Olimpiadi, ma non voglio diventino un chiodo fisso. Se arriverà, bene. Se avrò dato tutto e non andrò, ci sarà sicuramente una ragazza che l’ha meritata di più».

Sul podio, Elisa Longo Borghini con Soraya Paladin e Tatiana Guderzo
Sul podio, Elisa Longo Borghini con Soraya Paladin e Tatiana Guderzo

Sorriso tricolore

E adesso arriva Elisa Longo Borghini con quel sorriso che viene da dentro e una linea che parla di grande condizione e soprattutto di grande lavoro. Ringrazia le persone che le stanno accanto e che le fanno sentire amore: qualcosa che le ha cambiato l’umore e l’attitudine.

«Indossare una maglia tricolore – dice – è un grande orgoglio. Ieri mi è arrivato un messaggio con scritto che sarebbe stata una formalità, ma non è così, perché c’è stato da sudare. Confermo che sono rimasta senza riferimenti, ma avevo scaricato il percorso in Gpx, ieri l’avevamo provato in bici alla stessa ora di gara e stamattina in macchina e m’è parso anche più duro. Mi sono resa conto di essere andata forte, quando ho ripreso un paio di ragazze davanti a me. La prima maglia tricolore fu una sorpresa. La seconda ne fu la conferma. Le altre mi hanno visto con una maturità diversa, gusti differenti in base ai momenti. Questo è stato un anno difficile da programmare, per i tanti obiettivi e per aver dovuto sostituire alcune compagne. Non sono riuscita ad andare a Tokyo per ovvi motivi, però a maggio sono riuscita a staccare e a ricaricare le batterie. Le Olimpiadi sono chiaramente un obiettivo e in mezzo c’è il Giro d’Italia, in cui andrò a sondare la condizione delle rivali. E’ importante, è la nostra corsa a tappe. Non parlo di classifica, meglio pensare a un paio di tappe».

Verso la Puglia

Il programma del giorno va avanti con le crono delle donne junior e degli uomini elite. Longo Borghini e le altre ragazze hanno a breve un volo verso Bari per il tricolore della strada. Già buono averne uno, ha detto Elena Cecchini dopo l’arrivo in riferimento al fatto che fino a poche settimane fa non si sapeva se e dove avrebbero corso. Tutto sommato un altro viaggio è un piccolo prezzo da pagare.

Ciccone in Francia, puntando su tricolori, Olimpiadi e Vuelta

11.06.2021
5 min
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L’ultima volta che l’abbiamo visto, Ciccone si stava rialzando a fatica dopo l’arrivo di Sega di Ala al Giro d’Italia. La caduta in cui era rimasto coinvolto stava iniziando a presentare il conto. Per cui se in sella e a caldo gli era riuscito di stringere i denti e arrivare al traguardo, sia pure a 7’58” da Daniel Martin (foto di apertura), quel breve tempo seduto per terra aveva dato all’adrenalina il tempo di scendere e anche il gesto più semplice sembrava impossibile. Lo avevano aiutato a vestirsi il dottor Magni e Paolo Barbieri, l’addetto stampa della Trek-Segafredo, accompagnandolo con lo sguardo mentre dolorante scendeva in bici verso i pullman fermi ai piedi della salita.

«Quella notte – racconta sul lettino dei massaggi alla Route d’Occitanie da cui ha ripreso a correre – ho avuto dissenteria e febbre alta. Non so se sia stato legato alla caduta o alla somma delle cose. Mi sono svegliato il giorno dopo che ero morto, ma lo stesso ho provato a vestirmi per andare alla partenza. I pullman erano a un chilometro dal foglio firma e nel fare avanti e indietro ho capito che non ce l’avrei mai fatta ad arrivare a Stradella. E a quel punto ho alzato bandiera bianca».

A Campo Felice un giorno positivo fra buone sensazioni e il pubblico di casa
A Campo Felice un giorno positivo fra buone sensazioni e il pubblico di casa

Bene sul Giau

Da allora, mentre smaltiva i postumi della botta alla mano e alla schiena, l’abruzzese ha fatto i conti con cinque giorni di virus intestinale che l’hanno debilitato. Poi finalmente le cose hanno ricominciato a girare in un verso accettabile, al punto da preparare la valigia e ricominciare a correre. Sembra una vita, ma il Giro è finito da meno di due settimane.

«All’inizio sono stato a casa dei miei in Abruzzo – racconta – perché dovevo andare a Roma per le visite olimpiche al Coni, poi sono tornato a Monaco. I primi 3-4 giorni in bici sono stati brutti, avevo sensazioni pesanti. Poi sono arrivati i primi segnali positivi. Pensare che mi sono nuovamente dovuto ritirare dal Giro mi fa girare le scatole, perché quest’anno è stato davvero inaspettato. L’anno scorso avevo avuto il Covid, ci stava e anzi sarebbe stato un miracolo se l’avessi finito. Quest’anno stavo bene, l’avevo preparato bene, non ero stanco. La condizione reggeva, l’avevo visto sul Giau. E’ stata davvero una mazzata, anche se essere a quel punto ancora con ottime gambe resta una bella cosa che mi dà tranquillità per il futuro».

Bene anche sullo Zoncolan. Sale con Caruso e Martinez e cede 1’09” a Bernal
Bene anche sullo Zoncolan. Sale con Caruso e Martinez e cede 1’09” a Bernal

Nibali e Tokyo

Come capita spesso nel ciclismo, è la strada più che i corridori a cambiare i piani. Il programma iniziale per la Trek era infatti che Ciccone fosse d’appoggio per Nibali, mentre la Vuelta sarebbe stata il suo primo banco di prova come leader in un grande Giro.

«Ma non parliamo al passato – sorride – il programma non cambia. Vincenzo ha avuto addosso la sfortuna da prima del Giro e anche durante. Ha pagato tutto insieme e per lui che ha vinto tutto, è più difficile essere lì e non riuscire a risollevarsi. Il momento non è facile, ma non dimentico che l’anno scorso il progetto Tokyo era nato attorno a lui e secondo me merita ancora quella maglia, anche se capire dai media come siano le cose è sempre difficile. Le Olimpiadi, per le quali ho fatto anche il vaccino, sono un obiettivo anche per me, se ne ragionava dal 2019. Adesso il discorso è arrivare bene al campionato italiano, questa corsa serve per non buttare giù la condizione del Giro. Poi valuteremo in che modo arrivare in Spagna».

Quarto nel tappone di Cortina, con ottime sensazioni sul Giau
Quarto nel tappone di Cortina, con ottime sensazioni sul Giau

Ma Remco vale

Il 2021 ha rimesso parzialmente le cose a posto e Ciccone si è ripreso il suo nella scala gerarchica del gruppo, dopo che il 2020 aveva fatto vacillare le certezze di tanti sotto i colpi dei giovanissimi.

«Ma lo stesso – riflette – quei supergiovani restano dei fenomeni. L’età media in cui si è competitivi si è abbassata di tanto. Noi da junior andavano al mare, loro fanno già la vita dei professionisti. Anche Evenepoel tutto sommato non è uscito affatto male dal Giro, anche se si è ritirato. Non ha preso schiaffi, considerato da dove veniva e l’incidente che aveva alle spalle, è andato anche forte. Non puoi andare alla partenza del Giro d’Italia dopo 10 mesi senza corse e pensare di giocartelo. Non so come e perché abbiano fatto i loro programmi, ma Remco resta un grande corridore».

Ciccone è rientrato in corsa alla Route d’Occitanie, dove ieri ha vinto Vendrame
Ciccone è rientrato in corsa alla Route d’Occitanie, dove ieri ha vinto Vendrame

Dal Tourmalet a Imola

La prima tappa in Occitanie l’ha vinta Vendrame, cui evidentemente portiamo fortuna, dato che con bici.PRO aveva in qualche modo annunciato la vittoria del Giro e l’altra sera ci aveva raccontato dei suoi piani per l’Occitanie. Giulio ha concluso nel gruppo a 4 secondi dal veneto e guarda già avanti.

«Lo sapete come sono – ride – se sto bene, non resto a guardare. Correre per fare ritmo non appartiene al mio dna e qui ci sono le salite. C’è anche il Tourmalet… Ho ancora il buon sapore di alcuni giorni del Giro. Quello in Abruzzo è un gran ricordo, quello di San Giacomo è stato il migliore. Perché nella valle ho sprecato tanto, ma sulla salita finale ho risposto io a tutti gli attacchi di Bernal. Il Giro mi ha dato tante indicazioni. Posso essere lì con loro e nel mezzo ho gestito bene una crisi a Montalcino. Ora perciò guardiamo ai prossimi giorni e poi al campionato italiano che mi ingolosisce tanto. Gli acciacchi del Giro mi hanno un po’ rallentato, pensiamo a ritrovare il colpo di pedale e poi ne parliamo…».

Koo, gli occhiali di Nibali e Ciccone al Giro d’Italia

02.06.2021
2 min
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Il brand Koo, specializzato nella produzione di occhiali da sole e maschere di altissima qualità nel settore sportivo, rilancia alla grande con la nuova linea Energy. Ricordiamo che Koo è partner ufficiale del team Trek-Segafredo, maschile e femminile, del team Eolo-Kometa e del team continental Colpack-Ballan. A guidare il rilancio ci hanno pensato i nuovi Spectro e Demos, che nel momento della loro uscita, precisamente ad agosto del 2020, hanno rappresentato una vera e propria svolta nel mondo del ciclismo. Il giovane brand italiano ha donato agli occhiali delle colorazioni accese, fluorescenti, che vogliono rappresentare la rinascita della stagione 2021, dopo lo stop che molte corse hanno subito nella stagione 2020, a causa del coronavirus.

Demos Yellow Fluo: colore e tecnologia
Demos Yellow Fluo: colore e tecnologia

Comfort e prestazioni

Vitalità ed ottimismo sono i segnali che Koo lancia tramite i nuovi Spectro e Demos. Gli occhiali utilizzati da corridori di primo livello come Elisa Longo Borghini, Giulio Ciccone e Vincenzo Nibali sono realizzati con dei materiali di altissima qualità. Le lenti Red Mirror in policarbonato Zeiss donano la migliore nitidezza e una visione panoramica grazie all’ampio design della lente singola.

Ecco gli occhiali Spectro Orange Fluo
Ecco gli occhiali Spectro Orange Fluo

Una gamma molto ricca

Tra le altre caratteristiche delle Red Mirror troviamo anche quattro grandi prese d’aria che riescono a ridurre al minimo il sempre fastidioso appannamento. Ma non è tutto, infatti queste ultime sono state progettate per affrontare condizioni metereologiche variabili, su strada e offroad, essendo in grado, inoltre, di migliorare la percezione della profondità e del contrasto. Un altro particolare interessante è l’effetto antiscivolo dei nuovi Spectro e Demos, dovuto agli inserti Megol, che migliorano il comfort degli occhiali, rendendoli così ideali per le competizioni. Il prezzo consigliato al pubblico dei nuovi Demos in Orange Fluo/Red e Yellow Fluo/White è di 175 euro. Mentre per gli Spectro. nelle nuove colorazioni Yellow Fluo e Orange Fluo, è di 189 euro.

kooworld.cc