Da Santini una divisa speciale per la Trek-Segafredo al Tour

08.07.2022
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Il Tour de France è da sempre la vetrina ideale per quelle aziende che decidono di presentare in anteprima mondiale le loro ultime novità. A volte si tratta di nuovi modelli di biciclette, altre volte di accessori o di nuove divise. In occasione della presentazione ufficiale delle squadre alla vigilia della partenza del Tour, molti team hanno fatto sfoggio dei nuovi kit, alcuni anche decisamente stravaganti, che proprio in questi giorni possiamo ammirare nel corso delle lunghe dirette televisive. Non fa eccezione la Trek-Segafredo. I ragazzi del team americano stanno gareggiando indossando una particolare divisa disegnata per loro da Santini, partner tecnico della squadra.

Per uomini e donne

La nuova divisa che stanno indossando gli uomini della Trek-Segafredo sarà la stessa che utilizzerà la formazione femminile impegnata a fine luglio nella prima edizione del Tour de France Femmes avec Zwift. Il nuovo kit  presenta un design che fonde le scelte cromatiche del team uomini con quello donne.

Il nuovo visual crea infatti un intreccio orizzontale tra il rosso della formazione maschile e il blu di quella femminile, che rimangono separati ad indicare la diversità delle due identità, ma che si fondono al centro a rappresentare la parità tra i due generi. Il messaggio che Trek-Segafredo e Santini vogliono lanciare è molto chiaro: all’interno del team le due formazioni maschile e femminile hanno la stessa importanza e valore.

Parola ai protagonisti

A raccontare come è stato il primo impatto di fronte alla nuova divisa sono due atleti di riferimento per entrambe le formazioni. Elisa Longo Borghini e Toms Skujiņš.

«Non ho alcun dubbio nel dire che questo kit, con questi colori e queste grafiche – esordisce la vincitrice della Roubaix femminile – è uno dei più belli che Santini abbia mai creato per il Team Trek-Segafredo. C’è un dettaglio che, più di ogni altra cosa, mi piace: il bellissimo gioco di sfumature dal blu al rosso. Un mix di colori che, oltre ad essere super cool, è particolarmente simbolico per una squadra come la nostra. Rappresenta l’unità di intenti tra le due formazioni che portano avanti gli stessi colori, valori e obiettivi. Questo kit è un’opportunità per ribadire che noi, in Trek-Segafredo, siamo una squadra sola».

Alle parole della Longo Borghini fanno eco quelle del lettone Toms Skujiņš che racconta l’emozione provata la prima volta che ha visto la nuova divisa.

«Scoprire il kit speciale per il Tour de France è stata una bella sorpresa. Mi piace l’idea – dice – che i design dei completi maschile e femminile vengano combinati insieme e trasformati in un solo kit. Dopo così tanti anni di assenza del Tour de France Femmes, è bello festeggiare il suo ritorno correndo con divise abbinate. Mi piace che il design utilizzi colori che non vediamo spesso in gruppo, il che significa che il kit dovrebbe risaltare. E’ sempre bello avere qualcosa di speciale per il Tour, perché dà una carica in più. Non vedo l’ora di sfruttare al meglio le tre settimane al Tour, e di seguire poi la gara femminile, tutti con indosso la stessa divisa».

Ecco la nuova divisa

Andiamo allora a scoprire la nuova divisa della Trek-Segafredo protagonista in questo mese di luglio sulle strade di Francia. Il kit è composto da una maglia realizzata con due tessuti eco-sostenibili di produzione italiana: Ecofabric RECY by Corno, un tessuto prodotto con filati riciclati derivanti dal recupero di materiali usati o dispersi nell’ambiente, e il Native Ecoknit di Sitip realizzato anch’esso con fibre e filati riciclati e senza l’utilizzo di sostanze chimiche inquinanti. Una scelta aziendale condivisa dal team, per ridurre il consumo di risorse naturali e la dipendenza da energie non rinnovabili. 

La divisa, nella sua versione maschile e femminile, è già disponibile nei migliori negozi ciclo e naturalmente sul sito ufficiale Santini.

Santini

Questa è la nuova Trek Madone SLR generation 7

30.06.2022
8 min
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Vista e fotografata, immaginata e in parte già raccontata, vi presentiamo ufficialmente la nuova Trek Madone SLR della settima generazione. Ancora più aerodinamica e leggera, ancora più rivoluzionaria nel design e nelle soluzioni che da sempre caratterizzano questo progetto. La nuova Trek Madone SLR introduce la tecnologia IsoFlow e abbandona il dissipatore IsoSpeed. Entriamo nel dettaglio del progetto.

Pedersen con la nuova Madone alla cerimonia di apertura del TDF
Pedersen con la nuova Madone alla cerimonia di apertura del TDF

Quegli scatti rubati

Le prime annotazioni e i primi quesiti che ci siamo posti risalgono ai mesi invernali, nel periodo in cui i team svolgono i primi ritiri collegiali in Spagna. Un frame-kit bianco, senza scritte e senza loghi, pronto per essere montato. Non un semplice “gesso”, ma una bici da nascondere e non far fotografare. Da tenere nell’ombra e comunque pronta all’uso. Nessuna informazione precisa, bocche cucite ovunque e la nostra volontà di non spoilerare un prodotto.

Le prime notizie della Trek Madone SLR risalgono a quel periodo. Poi sono arrivate le corse che anticipano il Tour de France, il Delfinato in questo caso, gli scatti rubati e comunque ufficiali, le prime indiscrezioni di una bicicletta che è stata completamente ridisegnata, capace di offrire un vantaggio (risparmio di tempo) di 60 secondi su un’ora di gara (a 45 chilometri orari), se comparata con le versione precedente.

Frame e forcella, tra Quinn Simmons eJacopo Mosca, visti e fotografati a dicembre ad Altea
Frame e forcella, tra Quinn Simmons eJacopo Mosca, visti e fotografati a dicembre ad Altea

L’aerodinamica e il peso ridotto

Il progetto è stata sviluppato grazie al contributo dei corridori del Team Trek-Segafredo, in particolare con Mads Perdersen.

«Quando mi è stato chiesto di fornire delle indicazioni – dice l’iridato di Harrogate – le prime richieste sono state rivolte al mantenere l’efficienza aerodinamica della Madone, scendendo con il peso. Avere una bicicletta reattiva e capace di aumentare la velocità rapidamente nelle fasi più importanti dei cambi di ritmo».

Il tessuto OCLV800

Trek Madone SLR 7 generation è più leggera di 300 grammi, un valore enorme se pensiamo che il carbonio utilizzato è l’OCLV800, il medesimo utilizzato per la generazione numero 6. La riduzione del valore alla bilancia, non è stato ottenuto grazie all’introduzione dell’IsoFlow, ma anche grazie all’ottimizzazione delle diverse prospettive di frame e forcella.

Il design e i volumi dei profilati sono completamente variati rispetto al passato. Inoltre l’abbandono dell’IsoSpeed ha obbligato a non snaturare in maniera eccessiva una bicicletta tanto performante e veloce, quanto comoda e stabile. Un punto di riferimento per le competizioni e per i corridori potenti, ma anche per un impiego meno estremizzato.

Mads Pedersen in Norvegia durante una fase di test (foto Tyler Wiles Trek)
Mads Pedersen in Norvegia durante una fase di test(foto Tyler Wiles Trek)

Si parte con l’IsoFlow

Non è soluzione comparabile alla precedente IsoSpeed, perché è completamente differente nello sviluppo e nel funzionamento. IsoFlow non si basa su delle tubazioni sdoppiate e sulla resa tecnica al pari di un dissipatore. E’ una tecnologia maggiormente integrata, che sfrutta la laminazione e le proprietà elastiche del carbonio. Permette al piantone di flettere creando una sorta di compressione: non è regolabile. Il risultato è una guida fluida, confortevole e stabile sulle asperità, che non sacrifica gli aspetti legati alla reattività.

L’asola centrale, quella tra l’orizzontale, il piantone e i foderi obliqui hanno anche una funzione aerodinamica ben precisa, che aiuta a sfruttare l’energia prodotta dalla massima efficienza delle penetrazione dello spazio. E poi si risparmia molto peso, anche se il processo di laminazione è stato complicato. E’ la sezione più complessa della bicicletta, non tanto per il suo design, ma per quello che ha richiesto in fatto di utilizzo e applicazione delle pelli di carbonio.

Come si presenta

Se la osserviamo frontalmente, la forcella e la tubazione dello sterzo nascondo il resto della bicicletta, ma c’è anche un nuovo cockpit integrato. Quest’ultimo è più efficiente ed ha un design con una evidente svasatura nella parte bassa. Ovvero, se prendiamo ad esempio la misura 42, nel punto degli shifters il manubrio ha una larghezza di 39 centimetri, fattore che riduce in maniera esponenziale il drag del corridore nella posizione più aggressiva e nelle fasi di spinta più concitate. Però, grazie ad un rinnovato design della zona dello sterzo, la bicicletta può essere montata anche con uno stem e una piega tradizionali.

La forcella è full carbon, con profili anteriori risicati e piuttosto ampi nelle sezioni laterali. Il profilato dello sterzo è rastremato nel mezzo, con linee più marcate dove si trova l’innesto con i due tubi maggiori, orizzontale e obliquo. L’orizzontale prosegue dritto fino al punto di inserzione del nodo sella, il secondo ha una vistosa maggiorazione nei pressi della scatola del movimento centrale. In questo punto il “grande” volume è funzionale alla rigidità e a sfruttare al massimo l’aerodinamica, dei tubi e del posizionamento delle due borracce.

La zona bottom bracket è larga 86,5 millimetri e usa le calotte del tipo T47, una soluzione mutuata da Emonda e dalla precedente Madone. E’ stato mantenuto il chain keeper 3S di concezione aero.

Da qui si emerge il piantone e adotta una sorta di rientranza fino alla sezione mediana, per allargarsi dove si trova IsoFlow e l’incrocio con gli obliqui. Questi ultimi sono più ampi sopra e si sfinano leggermente man mano che vanno in basso, pur mantenendo costantemente un profilo marcatamente aero di natura Kammtail (abbondante lateralmente, magro frontalmente)

Una veduta posteriore della sezione IsoFlow
Una veduta posteriore della sezione IsoFlow

Cambia anche il seat-post

Il seat-tube si interrompe; c’è il “tunnel” IsoFlow e sopra c’è l’orizzontale con la “pinna” del seat-post. Qui un’altra soluzione tutta nuova.

Il reggisella vero e proprio si innesta nel telaio e può essere regolato e piacere, con un serraggio che avviene tramite una bussola interna e una feritoia esterna. La bussola interna può essere posizionata con due orientamenti differenti, aumentano il range di utilizzo di un solo seat-post.

Infine la geometria, che è comune alla Emonda ed è di matrice H1.5. Questa è definita il compromesso migliore, perché è adatta ad un’utenza particolarmente spinta verso l’agonismo, ai pro’ ovviamente, ma al tempo stesso è facilmente adattabile a diverse esigenze e tipologie di richieste.

Le altre cose da sapere

La nuova Trek Madone SLR di settima generazione è sviluppata nella sola versione disc brake. C’è anche una versione SL, ma si basa sul progetto più anziano della Madone. Rimaniamo comunque nell’ambito delle specifiche della generation 7: ci sono i perni passanti con le dimensioni tradizionali 142×12 millimetri per il posteriore, 100×12 per la ruota dell’avantreno. Ci sono i dischi dei freni e possono essere al massimo da 160 millimetri di diametro.

La nuova Trek Madone non è compatibile con le trasmissioni meccaniche. La misura massima consigliata per gli pneumatici è di 28 millimetri, considerando che rimane una extra tolleranza tra la gomma e i foderi di forcella e comparto posteriore. La colorazione deep-carbon-smoke è quella che permette di risparmiare ulteriore peso, a prescindere dall’allestimento. Oltre a questa ci sono altre quattro combinazioni cromatiche, mentre la disponibilità di personalizzazione con la piattaforma ProjectOne arriverà in un secondo momento.

Le taglie, gli allestimenti ed i prezzi

La nuova Trek Madone SLR è disponibile in 8 taglie: 47, 50 e 52, 54 e 56, 58, 60 e 62. Sei allestimenti in totale: 6 e 6 eTap, rispettivamente con il nuovo Shimano 105 Di2 a 12 velocità e con Sram Rival AXS (7699 e 8399 euro). 7 e 7 eTap, con Shimano Ultegra Di2 a 12v e Force AXS (10299 e 10799 euro). Trek Madone SLR 9 e 9 eTap, con il Dura-Ace 12v e Sram Red eTap AXS (13999 e 14999 euro). C’è la possibilità anche del solo frame-kit, che ha un prezzo di listino di 5499 euro.

Tutte le versioni hanno in dotazione le ruote Bontrager Aeolus 51 tubeless ready, nelle versioni Pro per le 6 e 7, RSL per l’allestimento 9. Tutti gli allestimenti hanno in dotazione il nuovo bar-stem integrato e full carbon. Un cenno ai pesi dichiarati, che fanno riferimento alle biciclette complete: 7,1 e 7,4 chilogrammi per le versioni 9 e 9 eTap, 7,5 e 7,8 per le versioni 7 e 7 eTap. Mentre le le 6 e 6 eTap il valore alla bilancia è rispettivamente di 7,8 e 8 chilogrammi.

Trek

Dopo Giro, circuiti e riposo, torna un Ciccone rinnovato

24.06.2022
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Domenica si corre, il tricolore fa gola. Ciccone ha un bel timbro di voce, rinfrancato dalla tappa vinta a Cogne, ma soprattutto dall’aver ritrovato la salute. Per un po’ è sparito, faceva fatica anche a rispondere ai messaggi.

«Dopo il Giro – dice – ho fatto due giorni di circuiti (nella foto Cycling Stars Criterium in apertura è con Nibali, Cavendish e Ballan, ndr). Poi ho avvertito la necessità di staccare del tutto. Ho riposato per cinque giorni, senza bici. Dopo una corsa come il Giro serve riposo fisico, ma sinceramente avvertivo il bisogno di tornare alle mie abitudini normali. Mangiare qualche piatto sfizioso. Diciamo che in quei pochi giorni non me la sono passata male. Poi ho ripreso in modo serio. Sono rimasto per tutto il tempo a San Marino e adesso sono di passaggio in Abruzzo per andare in Puglia».

Con la compagna Annabruna alla partenza del Giro da Pescara e la promessa (mantenuta) di rifarsi (foto Instagram)
Con Annabruna alla partenza del Giro da Pescara e la promessa (mantenuta) di rifarsi (foto Instagram)

Giro, Tour e niente altura

Non è andato in altura come tutti quelli che poi andranno al Tour, anche se in Francia ci andrà pure lui. E se al Giro il proposito di partenza, poi vanificato dal covid e vari acciacchi, era stato quello di fare classifica, al Tour de France si va per qualche tappa. Come nel 2019, quando tutto sembrava facile e soprattutto possibile.

«Mi piace il programma con Giro e Tour insieme – riflette – e il fatto che il Giro sia andato così e così, con la condizione arrivata alla fine, magari mi avvantaggerà in Francia. C’è di nuovo la Planche des Belles Filles dove presi la maglia gialla, ci sono tante belle salite. Ma onestamente non so se sia un bene o un male il fatto di sapere cosa mi aspetta. Sento addosso quel qualcosa di diverso, ma so anche che non si può abbassare mai la guardia. Correre per le tappe è meno stressante di pensare a una classifica, ma non si può certo dire che il Tour sia una corsa rilassante».

Luca Guercilena, Giulio Ciccone, Tour de France 2019
Ciccone torna al Tour dove nel 2019, nella foto è con Guercilena, conquistò la maglia gialla
Luca Guercilena, Giulio Ciccone, Tour de France 2019
Ciccone torna al Tour dove nel 2019, nella foto è con Guercilena, conquistò la maglia gialla

Obiettivo tricolore

L’umore è buono. Le traversìe di primavera sono alle spalle. La legnata del Blockhaus è stata lavata via dalla vittoria di Cogne e dalle buone sensazioni dei giorni successivi.

«Il Blockhaus – dice – è stato il seguito di un periodo duro iniziato da marzo. Ho smesso di colpo di avere sensazioni buone ed è andato avanti per settimane. Ritrovare la vittoria e tornare al livello migliore mi ha confermato quello che penso di valere. E adesso mi sento sano, sono in forze, una cosa che al Giro non ho mai percepito del tutto. Per questo al campionato italiano ci credo. Anche se non è tanto adatto alle mie caratteristiche, per quello che mi hanno detto. Punto a fare una bella gara, anche se non posso dichiarare obiettivi».

Nessun nemico

Resta da capire – e nel sentirlo si mette a ridere – se abbia finalmente tolto tutti i sassolini dalle scarpe, come cominciò a fare proprio nel giorno di Cogne.

«Mi dispiaceva – dice – ricevere parole quando stavo male. Accetto le critiche se sto bene e non rendo. Non che mi facciano piacere, ma so che ci possono stare. Però le cattiverie quando sai che sono stato male non mi vanno giù. Però, tranquilli… Sono sereno e non ho nessun nemico cui farla pagare. Mi tengo stretto questo morale e le mie gambe. Vado all’italiano e poi finalmente torno al Tour».

Il resto è un recuperare chiacchiere arretrate. Battute su questo e quello. Anche sul fatto che a San Marino abbia scelto di abitare in cima al Titano e non alla Dogana come tutti gli altri. Dice che gli piace farsi tutta quella salita per arrivare a casa e che il clima non è mai stato torrido. E poi alla battuta sul fatto che presto o tardi dovrà sposarsi, il furbo Cicco… Eh, basta così: questo semmai dovrà dirvelo lui! 

Tiberi: un giovane alle prese con il suo primo grande Giro

13.06.2022
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Dopo aver messo nel sacco la prima vittoria da professionista, Antonio Tiberi guarda avanti. Non si ferma e sul suo orizzonte si profila la Vuelta Espana, un’altra grande prima per il laziale della Trek-Segafredo.

L’iridato juniores a crono 2019 ha appena finito il Delfinato. Corsa che a quanto pare ha aggiunto un altro tassello alla sua carriera. E che in qualche modo fa parte del lungo cammino che lo porterà alla Vuelta. 

Ecco, vogliamo sapere in che modo sta andando incontro al primo grande Giro. 

Quest’anno la Trek-Segafredo ha deciso di alzare il livello delle corse a cui ha preso parte Antonio. Eccolo al Delfinato
Quest’anno la Trek-Segafredo ha deciso di alzare il livello delle corse a cui ha preso parte Antonio. Eccolo al Delfinato
E per questo, Antonio, partiamo proprio dal Delfinato: come è andata?

Un po’ stanco! Ma tutto sommato non male per il livello che c’era. Credo che proprio per la qualità media dei partecipanti sia stata la corsa più impegnativa che ho fatto, ma lo Svizzera e il Romandia dell’anno scorso sono stati più duri. Forse anche perché avevo una condizione più bassa.

Antonio, fra un paio di mesi inizia la Vuelta. Come l’approccerai? Stai cambiando qualcosa nella preparazione?

Direi che è cambiato molto quest’anno, a partire dalle ore di allenamento che sono aumentate e anche dalle gare di avvicinamento. Rispetto all’anno scorso ho fatto corse di livello maggiore e questo per avvicinarmi al meglio alla Vuelta. Per adesso non so se la farò tutta o solo metà. Questo credo che lo vedremo in corsa direttamente.

Ti spaventa l’idea di farla tutta?

No, no… io sono contento. Anche perché il mio obiettivo di corridore è quello di fare bene nelle grandi corse a tappe. Quindi sarà un modo anche per testarmi in ottica futura.

Hai parlato di ore: puoi quantificare questo aumento?

Diciamo che le doppiette, i giorni di carico per intenderci, sono diventate triplette. Prima magari facevo nell’ordine 3-4 o 4-5 ore, adesso ne faccio 5-4-5, con un giorno di scarico nel mezzo.

Rispetto allo scorso anno sono cresciute le ore di allenamento per Tiberi
Rispetto allo scorso anno sono cresciute le ore di allenamento per Tiberi
E i famosi “fuorigiri”?

Anche quell’aspetto è cambiato. Faccio più lavori di qualità: dietro moto con volate uscendo di scia, i 40”-20”.

Percepisci questo cambiamento? Se avessi dovuto fare la Vuelta l’anno scorso pensi che saresti stato pronto?

Visto il livello delle gare che sto facendo quest’anno, posso dire che non sarei stato pronto. Magari un grande Giro lo avrei fatto e, chissà, anche finito, solo che poi avrei impiegato dieci mesi per recuperarlo. Io non so se questo approccio sia meglio o no, ma posso dire che quello graduale che stiamo facendo alla Trek-Segafredo con Josu Larrazabal per me è il modo migliore. 

Il Tiberi 2022 vede la differenza rispetto al Tiberi 2021 quindi?

La differenza non solo la vedo, ma la sento. La sento in gara soprattutto. Lo scorso anno c’erano delle corse in cui mi sentivo benino, ma erano di livello più basso e poi un’altra cosa che ho notato è la costanza. L’anno scorso non avevo un rendimento costante, quest’anno c’è tutt’altro feeling. Poi la giornata no ci può stare, come mi è successo anche al Delfinato, ma di base sono molto più regolare.

Riguardo ai lavori da fare in bici, pensi che in questi mesi che ti separano dalla Vuelta farai qualcosa di diverso?

Io non ho mai fatto un grande Giro e poi non è che debba puntare ad entrare nei primi cinque della generale, non ci sarà da fare chissà quale lavoro stratosferico nel complesso. So che mi aspetta un periodo nel quale cercherò di stare particolarmente attento al recupero e all’alimentazione. E mi piace tutto questo, sono curioso: vedrò come funziona un grande Giro.

Tiberi ha concluso la crono del Delfinato (31 chilometri) al 16° posto a 1’50” da Ganna. Una buona prova per lui
Tiberi ha concluso la crono del Delfinato (31 chilometri) al 16° posto a 1’50” da Ganna. Una buona prova per lui
Hai parlato di alimentazione: cambierai qualcosa?

Cambiare no, però cercherò di stare più attento a ridosso del grande obiettivo. Non sono uno che conta i grammi, però cercherò di scegliere cibi sani, guardando alla qualità degli stessi. Insomma niente schifezze. E poi a ridosso della Vuelta mi confronterò con la nutrizionista della squadra. Ma non adesso.

Invece qual è il tuo programma? Farai l’altura immaginiamo…

Intanto penso ai campionati italiani. Io farò sia la crono che la prova in linea.

Ti sei allenato parecchio a crono?

Abbastanza. C’era da preparare anche quella del Delfinato, che tra l’altro era molto simile per percorso e distanza a quella tricolore.

Ti abbiamo interrotto: continua con il programma…

Dopo l’italiano, osserverò 4-5 giorni di recupero. Sarà un recupero totale, senza bici. Semmai la prenderò un giorno… se ne avrò voglia. Non a caso sto cercando di organizzarmi con i miei genitori per restare in Puglia per qualche giorno di vacanza subito dopo il tricolore. Poi tornerò a casa e riprenderò ad allenarmi. Farò l’altura, ma non so ancora dove. E prima della Vuelta farò anche una corsa a tappe: credo il Giro di Polonia (30 luglio-5 agosto, ndr).

Ancora su punti e squadre. Con Guercilena guardiamo avanti

13.06.2022
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Dopo aver parlato con Brent Copeland della situazione della classifica a squadre, dei punteggi e del calendario, riprendiamo il discorso con Luca Guercilena, team manager della Trek-Segafredo e uno dei più rappresentativi per i team.

Se con Copeland abbiamo fatto una “foto” della situazione, con Guercilena cerchiamo di andare oltre e di capire come potrebbe evolvere tutto ciò. 

Di certo, questo è un argomento molto caro al dirigente milanese. Lui stesso, rispondendo ad un dato statistico (quello appena sotto) che evidenziava come altri team non presenti al Giro avessero fatto man bassa di punti, aveva twittato: “Qualcosa di cui discutere. Questo potrebbe spingere le squadre a spostare il miglior roster in gare più piccole, per guadagnare punti ed evitare la retrocessione che significa uccidere la squadra”.

Il grafico mostra i punti raccolti al Giro (rosa) e quelli nelle altre corse (azzurro), proprio nel periodo del Giro (fonte @eltiodeldato)
Il grafico mostra i punti raccolti al Giro (rosa) e quelli nelle altre corse (azzurro), proprio nel periodo del Giro (fonte @eltiodeldato)
Luca, anche con te partiamo dal discorso dell’assegnazione dei punti. Negli stessi giorni, c’è chi ne ha fatti di più non correndo al Giro pur vincendo tappe nella corsa rosa…

Il discorso dei punti è un paradosso, perché al Giro d’Italia c’erano squadre che non avevano deciso di partecipare (le WorldTour hanno l’obbligo di partecipazione, ndr) e sono andate a raccogliere più punti in altre corse. Corse di livello più basso, molto più basso, rispetto al Giro. Dobbiamo metterci a rivedere queste cose.

Come?

Non deve esserci una diaspora sui grandi obiettivi: questo deve essere centrale. In questo modo è più semplice vincere da un’altra parte. Ed è un dato abbastanza lampante.

Copeland ci ha detto che dovreste riunirvi, ma non si sa quando…

L’UCI, i team e le associazioni di solito si riuniscono prima dei grandi appuntamenti, dei grandi Giri, quindi posso ipotizzare prima del Tour. Però è un argomento cruciale e anche gli organizzatori staranno attenti. Anche loro rischiano.

E dal grafico sopra, si evince come TotalEnergies e Arkea-Samsic abbiano fatto più punti di molti team presenti al Giro
E dal grafico sopra, si evince come TotalEnergies e Arkea-Samsic abbiano fatto più punti di molti team presenti al Giro
Voi avete due sistemi di classificazione: i punti dei corridori e il rolling system. Il primo è più chiaro (i punti raccolti dai primi dieci corridori di ogni team portano punti alla squadra); il secondo invece lo è di meno…

Sostanzialmente il rolling sistem è la classifica individuale che si basa su due stagioni. Di conseguenza si accumulano e si perdono punti in base ai risultati. Faccio un esempio: se un anno vinci il Laigueglia e prendi 100 punti, l’anno dopo se non lo vinci te li tolgono. Servono per mitigare gli exploit in senso positivo e negativo degli atleti e rendere la classifica più stabile. E’ un sistema simile a quello del tennis per intenderci.

Quindi questo non incide con la classifica dei team. Ma quale può essere la soluzione tornando al ranking per i team?

Il discorso è molto complesso. E bisogna vedere cosa succederà tra qualche mese. Chi resta e chi no: valuteremo anche come reagiranno gli sponsor a questo sistema. I team sono basati solo sulle entrate degli sponsor. Un sistema che sportivamente è anche concepibile: i più forti vanno avanti. Il problema però è che qui si va a dare lo status di “seconda divisione” (professional, ndr) a squadre che corrono anche in “prima divisione” (WorldTour, ndr). Non fanno due campionati diversi. In questo modo rischi che i tuoi sponsor se ne vanno. E’ spesso è scritto anche nei contratti. 

Se non faccio il WorldTour, me ne vado: questa è la sintesi…

Il rischio reale è quello di vedere scomparire delle squadre. Poi è anche vero che il primo che retrocede per una stagione resta nel circuito WorldTour come wildcard. Ma se poi scivoli in classifica rischi di passare agli inviti (come le professional, Alpecin-Fenix e Arkea-Samsic a parte, ndr) nel corso della stagione.

De Lie tra maggio e la prima settimana di giugno ha racimolato circa 500 punti e la sua Lotto ancora di più con Gilbert e Vermeersch
De Lie tra maggio e la prima settimana di giugno ha racimolato circa 500 punti e la sua Lotto ancora di più con Gilbert e Vermeersch
Hai parlato di “prima e seconda divisione”. E’ abbastanza strano fare una classifica unica, con due status diversi. 

Esatto, qui la “serie A” e la “serie B” si mischiano. Non solo, ma chi fa la serie B, può decidere quali corse fare, mentre noi WorldTour non possiamo decidere. Anche questo è un paradosso, ma è un regolamento approvato dall’associazione dei team tempo fa.

Per le soluzioni, dovremmo attendere questa riunione, ormai è chiaro. Ma prima un’ultima domanda, Luca. Hai sottolineato il fatto che le squadre si reggono solo con gli sponsor. Indirettamente si va a finire sul discorso dei diritti tv come nel calcio. Ci si arriverà mai nel ciclismo?

Per retaggio storico, i diritti televisivi nel ciclismo sono appannaggio degli organizzatori. Possiamo lavorare su altri diritti condivisi, senza toccare i diritti tv, anche perché poi s’innescano altri aspetti legali. Anche questo è un discorso molto complesso.

E quali sono questi “altri diritti”?

Squadre e organizzatori possono andare verso la condivisione di quel che riguarda gli aspetti digitali, ma come sempre ci sono tempistiche lunghe. Si procede gradualmente. Posso dire che un’idea c’è, ma prima che questa passi all’esecuzione ci vuole del tempo.

Elisa, le ragioni vincenti di quello sprint in salita

11.06.2022
4 min
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Prima in volata. Per Elisa Longo Borghini non è un esito abituale, per questo ieri sera, dopo la vittoria a Black Mountain al The Women’s Tour, la piemontese era particolarmente soddisfatta. Nei messaggi che si scambiano fra atleti e giornalisti, la promessa che prima o poi le avrebbe battute anche allo sprint circolava da tempo come una scommessa, che ieri si è concretizzata.

Certo non si può dire che la Longo abbia vinto una volata in pianura: Black Mountain è comunque una salita di 7,2 chilometri, con pendenza media del 5,3 per cento e punte al 21. Ma chi ha visto lo sprint e poi lo ha rivisto ancora, potrebbe essersi stupito per la lunghezza della sua azione sui pedali. Anche questa poco abituale.

Il punto con Slongo

Così, lasciando in pace Elisa, che attualmente occupa la prima posizione della classifica a pari tempo con Grace Brown e oggi è attesa dall’ultima tappa per velociste, abbiamo rotto un po’ le scatole a Paolo Slongo. Il veneto si trova invece al Delfinato e davanti ha il tappone di Vaujany, con il Galibier e la Croix de Fer prima della salita finale. Si darà fiducia a Tiberi, motivato dalla recente vittoria, ma si trova anche il tempo per fare il punto sulla Longo.

Paolo, ti aspettavi che Elisa potesse vincere così?

Diciamo che una volata dopo 4 chilometri di salita dura non è una volata in pianura, non per velocisti insomma. Ma mentirei se dicessi che non ci abbiamo lavorato.

Elisa si è preparata per il rientro alle gare nell’altura di Sestriere (foto Instagram)
Elisa si è preparata per il rientro alle gare nell’altura di Sestriere (foto Instagram)
Racconta, allora…

Dopo la vittoria della Roubaix, c’è stato un lungo periodo di stacco. Venti giorni, la durata del Giro d’Italia, in cui lei un po’ ha riposato e un po’ è andata in altura a Sestriere. Ha lavorato bene, non le manca la voglia di fare le cose per bene. Ci eravamo lasciati con l’impegno di tornare subito competitivi, per non dover soffrire a ritrovare la condizione. E proprio a Sestriere è arrivata la novità.

Che sarebbe?

Per la prima volta in carriera, credo, Elisa ha fatto tre giorni di lavoro dietro moto in salita, come quelli che facevo al San Pellegrino con Vincenzo (Nibali, ndr). E quelli, parlo per esperienza, se fatti bene, pagano sempre.

Davvero era la prima volta?

Elisa ha lavorato spesso dietro moto per preparare le crono, ma in salita se non era la prima volta, sarà stata sicuramente una delle prime.

Che tipo di lavori ha fatto?

Tutti incentrati sul cambio di ritmo, per simulare la gara. Devi fare scatti di 20″-30″ fuori dalla moto. E quando ti riaccodi, la moto va però a velocità di gara.

Ideale per cercare brillantezza?

Già negli ultimi tempi era migliorata grazie alle partenze da ferma, ma certo se nasci con fibre non troppo bianche, quindi sei un’atleta più resistente che esplosiva, il miglioramento oltre un certo limite non arriva. Diverso se parliamo anche di consapevolezza e tattica. A questo aggiungete il fattore del peso.

Sul traguardo di Black Mountain, la soddisfazione di una vittoria allo sprint
Sul traguardo di Black Mountain, la soddisfazione di una vittoria allo sprint
Ne avevamo parlato prima delle classiche…

Esatto, ci eravamo detti che per certe corse non fosse un fronte particolarmente sensibile. Invece questa volta, senza aver fatto chissà quali rinunce, siamo scesi di 2 chili. E questi aiutano a essere più efficienti e brillanti, soprattutto nel fare certe azioni.

Prossimo step il Giro d’Italia?

Prima il tricolore crono, che vuole fare bene. Poi quello su strada, che è da capire, perché è piatto come un biliardo. E poi sarà tempo per il Giro d’Italia.

Pirelli P Zero Race 150°: un copertoncino per festeggiare

02.06.2022
3 min
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Pirelli taglia un traguardo importante, i suoi 150 anni. Per festeggiare l’azienda milanese ha deciso di ritornare alle origini presentando P Zero Race 150°. Pirelli ha infatti iniziato la sua produzione di gomme proprio con i pneumatici da bici nel 1890.

A tutto tondo

P Zero Race 150° è un copertoncino all-round adatto sia a lunghe sessioni di allenamento sia alla competizione. E’ un prodotto leggero, dotato di grande scorrevolezza e con una tenuta di strada invidiabile. Questo è possibile anche grazie alla speciale mescola SmartEVO: una miscela ternaria di polimeri con caratteristiche di comportamento “intelligenti”. Il materiale permette un’ottima tenuta su asciutto e bagnato, unendo a tutto ciò una resistenza al rotolamento molto bassa. La carcassa in nylon da 120 TPI è protetta dalla tecnologia TechBELT Road, che migliora la resistenza alle forature senza appesantire il prodotto.

Made in Italy

Il P Zero Race 150° è totalmente fabbricato in Italia. E’ infatti prodotto nel rinnovato stabilimento Pirelli di Bollate, vicino a Milano. Offre tutte le migliori caratteristiche del P Zero Race originale, uno dei prodotti meglio riusciti della casa milanese, abbellito da un’esclusiva livrea color oro, dal logo P Lunga 150° e dal packaging dedicato, ed è disponibile nelle misure 26-622 e 28-622.

P Zero Race 150° ha debuttato sulle strade del Giro d’Italia sulle bici degli atleti della Trek-Segafredo, team WorldTour che da anni collabora con Pirelli per una crescita ed uno sviluppo costante dei propri prodotti.

Pirelli

Dalla batosta di Treviso, la lezione di Mosca ai giovani (e a certi team)

27.05.2022
6 min
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Una disattenzione sul Muro di Ca’ del Poggio poteva costare a “Juanpe” Lopez la maglia bianca e tutto il lavoro fatto finora per mantenere la top 10 nella generale. Sommando le osservazioni raccolte ieri dopo la tappa di Treviso, sul più fiammingo dei muri veneti le squadre dei velocisti hanno capito che la fuga stava diventando imprendibile e hanno accelerato in modo selvaggio. Il gruppo si è spezzato e nelle retrovie è rimasto il ragazzino della maglia rosa sull’Etna e delle 9 tappe successive. Una bella lezione, di quelle che ti svegliano: difficilmente Lopez si farà più sorprendere in coda al gruppo.

«Quando ti scontri con una situazione del genere – dice Jacopo Mosca, che ieri ha tirato come tutta la squadra – alla fine hai poco tempo per parlare in corsa. Lavori finché ne hai e noi alla fine siamo scoppiati. Sali sul pullman e potresti cadere nell’errore di dire parole di troppo, ieri non tutti erano contenti. Oppure fai un’analisi, valuti come è andata. Dipende da chi hai di fronte. La parola di un altro corridore quando sei a blocco può essere accettata male. Anche quella di un diesse. Ma se lo stesso concetto te lo spiega un compagno a freddo e in modo lucido, vale di più».

Dalla lezione di ieri a Treviso, Lopez ha imparato più che da mille parole
Dalla lezione di ieri a Treviso, Lopez ha imparato più che da mille parole

Su giovani e squadre

I giovani vanno aspettati. L’esperienza degli ultimi anni dice che il vincitore della maglia rosa s’è portato a casa anche la bianca. Ma non tutti sono fatti allo stesso modo. E non tutte le squadre, malgrado le belle interviste rilasciate nei giorni del Giro, hanno a cuore il discorso. Mosca ad esempio fu lasciato a piedi allo scadere del secondo anno.

«Quando sono passato – ricorda – ero nella squadra di Pozzato agli ultimi anni di carriera. Nel suo modo di parlare e di porsi, ha sempre detto cose giuste al 95 per cento. Sono passato nella fase del cambiamento, all’alba di questo new cycling in cui si va sempre a tutta. Ricordo che il primo anno ruppi il gomito. Feci un po’ di gare a inizio anno e lo chiusi in Cina. L’anno dopo al ritorno dall’ennesima trasferta in Cina, dove avevo anche vinto una tappa, chiesi di andare al Tour of Hainan, che avevo vinto l’anno prima. Sarei partito col numero uno sulla schiena, solo alla fine li convinsi e mi mandarono.

«Correvo al minimo e all’ennesima richiesta sul contratto, Citracca mi disse che non ero abbastanza forte per essere un corridore. Mi disse che la maglia della classifica a punti della Tirreno potevano vincerla tutti: bastava andare in fuga. Sentendo da chi arrivavano certe parole, preferii lasciar correre. Ma capii che sarei rimasto a piedi, non fu facile».

Fu Ivan De Paolis ad accogliere Mosca quando fu scaricato da Scinto e Citracca
Fu Ivan De Paolis ad accogliere Mosca quando fu scaricato da Scinto e Citracca
Non sempre i giovani vengono aspettati. Di cosa ha bisogno oggi un neopro’?

Dipende da chi hai di fronte. Se il giovane sa imparare dagli altri, non ha bisogno di niente. Ruba il mestiere e va avanti. Se si perde e ha bisogno di essere inquadrato, deve essere disposto ad accettarlo. Non so se ci sia ancora tempo. Io passai a 25 anni e oggi sarei vecchietto, ma cerco ancora di imparare da Cataldo. Dario ha 10 anni più di me, è stato gregario con i più grandi campioni, ha tanto da dare.

I ragazzi vanno aspettati.

Se prendi un ragazzo consapevole di dover faticare per dimostrare quanto vale, allora ha bisogno di tempo. Tanti miei coetanei sono passati con la voglia di farsi vedere. Alcuni hanno smesso, altri sono in squadre professional, ma con un po’ di fortuna in più sarebbero potuti arrivare in una WorldTour come me. Perché ne hanno il livello. Se guardi ai numeri, passano spesso corridori che non meritano ed è chiaro che se non vai, ti lasciano al vento. Ma la colpa non è del ragazzo…

Mosca è approdato alla Trek-Segafredo nel 2019 ed è uno dei gregari più apprezzati
Mosca è approdato alla Trek-Segafredo nel 2019 ed è uno dei gregari più apprezzati
Di chi allora?

Di chi lo fa passare, che sia il procuratore o il dirigente sportivo. E’ facile approfittarsi delle voglia di un ragazzo che non vede altro, ma devi essere onesto e capire se davanti hai un corridore vero oppure uno sperso. E io secondo Citracca non ero abbastanza forte per essere un corridore (fa una pausa, lo sguardo si perde chissà dove, ndr).

Ne avete più parlato?

Nel 2020 eravamo alla partenza della tappa dello Stelvio, decisiva per il Giro. Stavamo facendo una bella corsa ed eravamo tutti motivati. Scinto era vicino al pullman parlando con Guercilena e quando mi vide passare, disse che aveva sempre saputo che fossi un buon corridore e che dovevo soltanto dimagrire. Ricordo che Luca lo guardò: «Ma tu – gli disse – zitto non stai mai?».

Cataldo e Mollema anche ieri verso Treviso hanno svolto un lavoro preziosissimo per difendere Lopez
Cataldo e Mollema anche ieri verso Treviso hanno svolto un lavoro preziosissimo per difendere Lopez
Nessuno parla. Corridori vengono e altri smettono…

Se uno fa il suo, sta zitto e le polemiche non servono. Se rispondi, ti segnano e hai finito di correre.

Ma allora perché passare a tutti i costi in squadre così?

Per me non ha senso dire a un ragazzo di fare un anno in più nei dilettanti. Se sei uno che vince e può scegliere, oppure sei consapevole del ruolo che avrai e ti sta bene tutto, vai e dimostra il tuo valore. Ma si deve distinguere fra chi merita e chi no. Perché al contrario ci sono stati miei amici che meritavano e hanno smesso senza avere la possibilità. Parlo di Alberto Amici, ma soprattutto di Alfio Locatelli.

Alfio Locatelli classe 1990 non è riuscito a passare malgrado grandi risultati, in quanto elite (foto Scanferla)
Alfio Locatelli classe 1990 non è riuscito a passare malgrado grandi risultati, in quanto elite (foto Scanferla)
Bel corridore…

Vinse il Trofeo Balestra battagliando in salita con Moscon e Ciccone. Non lo fecero passare perché era elite. Per lui mi sbilancio, metterei la mano sul fuoco per ogni aspetto. Invece tutto intorno passavano ragazzini che non sapevi chi fossero.

Come fai a metterti in luce se in certe corse il gap fra WorldTour e altri è abissale?

Sta all’intelligenza del ragazzo. Se passi e pensi di poter competere, sei fuori strada. Se poi sei in una piccola squadra, inutile pensare di fare i finali. Ti fai vedere, vai in fuga, che parlino di te. Così il giorno in cui verrà un risultato, sarai quello che da giovane andava in fuga e si faceva notare. Non si deve dare la colpa ai corridori e nemmeno scusarli troppo se non si danno da fare. Correre fuori dal WorldTour è difficile, ma devi andare sempre a testa alta.

La Trek-Segafredo all’arrivo di Treviso, dopo aver tirato allo stremo delle forze
La Trek-Segafredo all’arrivo di Treviso, dopo aver tirato allo stremo delle forze
Mosca neopro’?

Non avevo risultati clamorosi, il mio modo di correre era lo stesso di oggi quando ho le gambe. Se stai lì e aspetti il finale, non vai da nessuna parte. Adesso è ancora peggio, bisogna capire alla svelta il proprio ruolo. A un ragazzo come Guarnieri bisognerebbe fare un monumento: non ne sbaglia una. Si parla tanto di Morkov, ma lui non è da meno. Non si deve aver paura di svolgere il proprio ruolo e lavorare per gli altri appaga. Lo dico io, ma guardate Puccio e lo stesso Cataldo.

Perché non hai smesso?

Sapevo di non essere un campione, ma potevo ricavarmi uno spazio. Sapevo di valere più di quello che pensavano. E appena ho trovato una vera squadra, sono arrivato al posto giusto.

Cogne, Ciccone sorride dopo due anni di problemi

22.05.2022
7 min
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Prendetelo, se siete capaci. Li ha fatti fuori a suon di scatti e adesso Ciccone scava il solco alle spalle. A volte allarga un po’ il ginocchio sinistro e guarda in basso, come se la sua bici avesse qualche problema. Ma le ruote continuano a girare e le gambe a spingere. Il traguardo si avvicina.

Cogne è là davanti, da qualche parte in mezzo ai boschi. La strada dell’ultima salita ha tratti in discesa che fanno rifiatare, ma dopo le prime due scalate e soprattutto la tappa di Torino nelle gambe, nessuno ha la potenza per riprenderlo. Così “Cicco” va e chissà se in testa prende a calci la crisi del Blockhaus. Strana coincidenza, a pensarci. I due bocciati di lusso dalla salita abruzzese si sono rifatti nel weekend successivo. Ieri Yates, oggi Giulio.

La tappa è partita da Rivarolo Canavese in un tripudio di publico davvero notevole
La tappa è partita da Rivarolo Canavese in un tripudio di publico davvero notevole

Eredità immotivata

I giudizi sono stati spesso ingenerosi, un po’ come quando si decise di accostare Cunego a Pantani e ogni passaggio a vuoto del veronese gli veniva sbattuto in faccia quasi con disprezzo. Non si sa perché qualcuno a un certo punto ha deciso che Ciccone dovesse essere l’erede di Nibali ed è stato come toccare un altro mostro sacro: perché? E allo stesso modo in cui non fu Cunego a chiedere l’investitura, ancora oggi si continuano a chiedere certe cose a Giulio.

Quando ce lo troviamo davanti, le ombre si sono diradate e con la sua faccia da monello, Ciccone ha solo voglia di far festa. Sulla stessa salita nel lontano 1998, un altro corridore delle sue parti – Ruggero Marzoli da Pescara – vinse una tappa del Giro delle Regioni. Entrambi cresciuti alla Colpack, entrambi con lo sguardo da matto.

In avvio di tappa, una caduta ha coinvolto Carapaz, Yates e Guillaume Martin
In avvio di tappa, una caduta ha coinvolto Carapaz, Yates e Guillaume Martin
Possiamo dire che era ora?

Più che altro possiamo dire che ci voleva. E’ stata bella sofferta e arriva dopo un lungo periodo difficile, in cui sono stato tanto sfortunato. Non è stato facile, però è arrivata.

Ieri Yates ci ha raccontato come si è ripreso dalla mazzata del Blockhaus, qual è stato il tuo percorso?

Sicuramente per me è stata una bella mazzata. Sapevo che poteva succedere, perché prima del Giro sono stato male. L’avevamo anche messo in conto con la squadra, in assoluto non è stata una sorpresa. Ma certo non potevo pensare che succedesse così, a casa mia, sul Blockhaus. Poi il giorno dopo c’è stato il riposo, quindi ero proprio dentro casa. Con la mia gente. Il feeling è stato ancora più brutto.

In fuga dal mattino, Ciccone ha liquidato gli ultimi attaccanti con tre scatti sulla salita di Cogne
In fuga dal mattino, Ciccone ha liquidato gli ultimi attaccanti con tre scatti sulla salita di Cogne
Come ne sei uscito?

Ho cercato di aggrapparmi alle cose giuste, alle mie capacità, al fatto di restare concentrato. Sapevo che comunque ero un po’ limitato dai problemi che ho avuto prima del Giro. Però sapevo anche che prima o poi doveva arrivare. Se avessi continuato a correre bene e a gestirmi, l’occasione doveva arrivare. E oggi è arrivata al momento giusto, con le gambe giuste.

A quali cose giuste ti sei aggrappato?

Ho pensato ai fatti dell’ultimo anno e degli ultimi giorni. In tante occasioni sono stato motivo di critica. E’ assolutamente normale, lo accetto. Siamo degli sportivi e la critica va accettata. Un po’ come nel calcio, quando si tifano squadre diverse e si smontano le altre. La critica è anche costruttiva, ma ultimamente era diventata esagerata, perché si gonfiavano sempre le aspettative, anche se io resto sempre a basso profilo. Non mi piace espormi molto, perché è nel mio carattere, non perché voglio tirarmi indietro. Mi sono attaccato semplicemente alle cose fondamentali.

Sul Blockhaus, Ciccone ha pagato il caldo e la preparazione non perfetta: al traguardo con 9’26” da Hindley
Sul Blockhaus, Ciccone aveva pagato il caldo e la preparazione non perfetta
Quali?

Come dicevo, alle mie caratteristiche. Al lavoro che ho sempre fatto sul serio, anche se alcuni ne hanno dubitato. Alle persone che hanno creduto in me. Alla mia famiglia. Alle persone che tutti i giorni mi hanno sempre ripetuto: «Cicco, sei sempre tu. Stai tranquillo e vedrai che arriva!». A differenza di quelli che dicevano: «Cicco è finito. Cicco è un fuoco di paglia. Cicco qua e Cicco là». Mi sono aggrappato a quelli che hanno creduto a me fino a ieri, nonostante abbiamo preso ancora legnate.

Fare classifica in un Giro è ormai un’utopia?

L’anno scorso la sfortuna ha deciso di condizionarmi. Al Giro secondo me avevo una condizione ottimale, ero sempre lì in tutte le tappe a combattere con gli uomini di classifica. E alla 16ª tappa ero sesto, dopo aver combattuto per quasi tre settimane. Per me era la prima classifica. Ero partito con Vincenzo come leader, era arrivato tutto a sorpresa. Ma ero lì e invece mi hanno coinvolto in una caduta e mi sono ritirato. Poi la Vuelta…

Negli ultimi chilometri Ciccone ha invitato il pubblico a far festa e poi ha lanciato gli occhiali, come nel suo rituale
Negli ultimi chilometri Ciccone ha invitato il pubblico a far festa e poi ha lanciato gli occhiali, come nel suo rituale
Come è andata?

Alla Vuelta volevamo fare classifica, ma nella stessa tappa sono andato a casa per una caduta. Anche lì ero in crescita e stavo rientrando nei primi dieci, con un livello altissimo. Ripeto: io so che stiamo vivendo un ciclismo in cui campioni come Pogacar e Roglic sono di un’altra categoria. Va accettato che sono più forti, però ho sempre detto che per me fare una buona classifica significava avvicinarmi ai primi cinque, iniziare a fare esperienza e vedere come reagiva il mio fisico nelle tre settimane.

Dovevi farlo quest’anno…

Era il programma, ma dalla Tirreno in poi è andato tutto storto. Con il covid e la bronchite. Un mese prima del Giro ho fatto due settimane di antibiotici. Ho rinunciato alla Freccia e alla Liegi e tutte le gare di avvicinamento. Sono arrivato al Giro a fari completamente spenti e il risultato è stato che la classifica non era possibile.

Ciccone non vinceva dal Trofeo Laigueglia del 2020: era il 16 febbraio
Ciccone non vinceva dal Trofeo Laigueglia del 2020: era il 16 febbraio
Questo paragone con Nibali?

E’ un paragone forte, perché siamo due corridori completamente diversi, di caratteristiche e mentalità. E’ una responsabilità grande, perché lui ha vinto tutto quello che poteva e se vieni paragonato a un campione è sempre una responsabilità grande. Da parte mia, potenzialmente ero e sono convinto tutt’ora che non mi manca niente per fare una buona classifica ed essere competitivo. Però ci sono dei fattori che non puoi controllare, come è successo a me dal 2019. Ci sono stati tanti bastoni fra le ruote che hanno portato a questa situazione.

Cosa hai provato vedendo Lopez in maglia rosa?

“Juanpe” è più di un compagno per me. Ho passato un mese in altura con lui e, ridendo e scherzando, gli ho detto più di una volta che sarebbe andato molto forte al Giro d’Italia. Quindi per me non è stata una sorpresa. Certo, vederlo in maglia rosa specialmente il primo giorno mi ha fatto un effetto strano. La maglia rosa è una cosa importante e in lui e nella sua spensieratezza ho rivisto un po’ il Giulio Ciccone del 2019, quando facevo così, un po’ spensierato e un po’ leggerino

La conferenza stampa ha permesso a Ciccone di fare anche qualche precisazione
La conferenza stampa ha permesso a Ciccone di fare anche qualche precisazione
Come sono stati quegli ultimi chilometri?

Dall’ammiraglia mi tenevano aggiornato sul vantaggio. Mi dicevano di gestirmi e di non saltare per aria e che comunque sarei arrivato, perché dietro erano staccati di un bel po’. Mi sono goduto la gente e ho riassaporato la sensazione bella che si vive quando stai per vincere.

Ti sei divertito ad attaccare a quel modo?

Sono stato Giulio Ciccone, che quando si sente bene fa sempre così, come è sempre successo. Quando sto bene e la gamba mi dice di andare, io provo ad attaccare: che sia in salita o in discesa. Non sono attacchi della disperazione, ma per far male e infatti hanno fatto male. Perché alla fine siamo rimasti in tre, poi in due, poi sono rimasto da solo. Quando sto bene, io sono così.