fi’zi:k e Lachlan Morton: si parte… all’avventura!

30.12.2021
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Un nuovo e prestigioso testimonial entra nella grande famiglia fi’zi:k. Il brand italiano si è dichiarato onorato di annunciare un rilevante accordo di collaborazione con una icona del gravel e dell’avventura più in generale: Lachlan Morton. Il corridore americano entra a far parte della famiglia di atleti fi’zi:k, nello specifico Lachlan calzerà e pedalerà con i modelli di scarpe “premium”.

Un’icona del gravel

Condividendo gli stessi obiettivi e la stessa passione e costantemente alla ricerca di comfort e affidabilità mentre si pedala anche sui terreni più impervi, Fi’zi:k e Lachlan Morton si sono dunque trovati per pensare a nuove avventure. Iniziative che, siamo sicuri, rappresenteranno una vera e propria fonte d’ispirazione per tantissimi ciclisti, e non solo per i fan di del brand…

Morton, di origine australiana, è da oramai un decennio una figura ben conosciuta agli appassionati di ciclismo. Una delle sue recenti imprese lo ha visto scalare il dislivello del Monte Everest (8.848 metri) in 7 ore, 29 minuti e 57 secondi. Mentre la più nota gli ha fatto percorrere in solitaria l’intero Tour de France con lo scopo di raccogliere fondi per il World Bicycle Relief.

Il “feeling” di fi’zi:k

Forte di un ricco programma di iniziative, in parte in via di sviluppo, fi’zi:k è entusiasta di poter far crescere questa partnership con Lachlan Morton. E conoscendo bene quello che è il “feeling” dell’azienda… sarà un successo!

Fondata nel 1996, fi’zi:k ha l’obiettivo di realizzare selle e calzature sofisticate, stimolanti e belle per venire per soddisfare le aspettative dei ciclisti più esigenti.

Fi’zi:k Artica X5 modello di scarpa pensato per l’inverno
Fi’zi:k Artica X5 modello di scarpa pensato per l’inverno

L’estrema passione per il design e la maniacale attenzione al raggiungimento delle massime prestazioni, ha indotto fi’zi:k a sviluppare collezioni strada, fuoristrada e triathlon vincenti, scelte da sin dall’inizio da alcuni degli atleti più competitivi in circolazione.

fi’zi:k è da sempre impegnata a fornire il massimo per quanto riguarda la produzione di selle, scarpe e nastri manubrio, combinando comfort e leggerezza con tecnologia e innovazione. Attraverso la ricerca fisiologica, gli studi anatomici e uno sviluppo tecnologico avanzato, Il marchio di Pozzoleone continua a rappresentare un vero e proprio punto di riferimento tra gli appassionati.

Fizik

Santini guarda al futuro con una nuova sede

14.12.2021
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Il 2021 di Santini Cycling Wear è stato davvero un anno eccezionale sotto tanti punti di vista. La previsione di chiusura dell’esercizio commerciale in corso parla di un fatturato di 31 milioni di euro con un export che supera l’85%. L’anno che si sta per concludere ha poi portato con sé il dono più bello, ossia la maglia gialla. Per i prossimi cinque anni l’azienda bergamasca vestirà il vincitore del Tour de France.

A rendere ancora più eccezionale il 2021 ecco arrivare la presentazione ufficiale del nuovo quartier generale Santini che sarà operativo dal 2022.

Con il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, Pietro Santini e le figlie Monica e Paola. A destra l’architetto Acerbis
Da sinistra, Pietro Santini e le figlie Monica e Paola

Nel cuore di Bergamo

La presentazione della nuova sede è avvenuta nei giorni scorsi presso la sede di Confindustria Bergamo, alla presenza del sindaco Giorgio Gori, orgoglioso del fatto che la propria città possa essere un polo di attrazione dell’imprenditoria manifatturiera locale: «Con la nuova sede Santini all’interno del perimetro della città – ha sottolineato il sindaco di Bergamo – proseguiamo il percorso di attrazione anche nei confronti del tessuto imprenditoriale. Santini rappresenta quel modello di manifattura in grado di dare valore aggiunto alla città».

Il nuovo quartier generale Santini sarà equidistante tra l’aeroporto di Orio al Serio, il casello dell’autostrada A4 e il centro città. Il progetto porta la firma dell’architetto di fama internazionale Marco Acerbis. Il nuovo insediamento produttivo rappresenterà un punto di equilibrio tra architettura e design. A partire da gennaio 2022 saranno operative le linee produttive. Il trasloco delle funzioni design, marketing, contabilità e commerciale avverrà nel corso dell’estate. Nel complesso si tratterà di un sito produttivo ecosostenibile grazie all’adozione di energie provenienti da fonti rinnovabili. Saranno inoltre previste facilities per clienti e dipendenti. Tra le tante novità, anche la presenza di uno shop Santini inserito nel cuore dell’azienda così da mettere il cliente in stretto contatto con l’area produttiva.

Durante la presentazione della nuova sede di Santini a Bergamo era presente anche il sindaco della città Gori
Durante la presentazione della sede di Santini era presente anche il sindaco di Bergamo

Un preciso piano di sviluppo

La scelta di realizzare un nuovo quartier generale rientra in un piano di sviluppo ben definito che ha visto in questi ultimi anni il marchio Santini affermarsi sempre di più a livello internazionale. Questo è stato possibile grazie alla qualità delle collezioni proposte e all’essere sinonimo di vero Made in Italy. Per sostenere lo sviluppo atteso nei prossimi anni Monica e Paola Santini, rispettivamente amministratore delegato e responsabile area marketing dell’azienda di famiglia, hanno deciso di dare vita al progetto della nuova sede. La nuova struttura sarà in grado di assecondare il forte aumento di produzione previsto dal piano industriale. Si tratta di una ulteriore conferma della scelta effettuata con orgoglio diversi anni fa da Santini di voler continuare a produrre in Italia.

«Nella scelta della nuova sede, che avrà una superficie tripla all’attuale di Lallio, ci hanno guidato anche i valori aziendali. Come la volontà di avere una struttura dal forte connotato green, sia come spazi verdi che come costo energetico – commenta Paola Santini – e soprattutto che fosse all’interno del perimetro comunale della città di Bergamo, di cui vogliamo continuare a essere un punto di riferimento nel nostro settore».

In chiusura di presentazione ha parlato un emozionato Pietro Santini, che nel 1965 ha fondato il maglificio che porta il suo nome. Dopo aver raccontato il percorso che in tutti questi anni ha portato la sua azienda dall’essere una piccola realtà di provincia a realizzare la maglia gialla del Tour del France ha voluto ringraziare i suoi collaboratori e più in generale tutti i dipendenti. La vera forza dell’azienda.

Santini

Automazione e sostenibilità: Ursus c’è!

14.12.2021
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L’impegno che Ursus ha preso nei confronti della propria, costante modernizzazione, quanto della generale sostenibilità è davvero concreto. Nello specifico, per la stessa realtà veneta la riduzione al minimo delle emissioni di CO2 e l’automazione del processo produttivo, rappresentano due tra gli obiettivi principali da centrare nel prossimo futuro. E nonostante la generalizzata difficoltà nel reperire le materie prime adatte a produrre i propri componenti, quest’anno Ursus incrementerà il proprio fatturato: passando da 21 a oltre 30 milioni di euro. 

Sergio e Mirko Ferronato, titolari di Ursus Spa
Sergio e Mirko Ferronato, titolari di Ursus Spa

Per le due e le quattro ruote

Ursus Spa si è sempre definita “un’azienda metalmeccanica che viaggia su due e su quattro ruote”. Il simbolo di questa realtà produttiva, operativa a Rosà (Vicenza), è il toro scalpitante. Un’immagine particolarmente familiare agli appassionati di ciclismo considerando che all’interno degli stabilimenti Ursus vengono create le ruote superleggere in fibra di carbonio che oramai da diverse stagioni percorrono le strade più celebri del ciclismo mondiale: dal Tour de France alla Parigi Roubaix, dal Giro d’Italia alla Milano-Sanremo. 

Ma bicicletta per Ursus non significa solo ed esclusivamente agonismo. Il brand sforna ogni anno milioni di componenti “urban”. In prevalenza mozzi, cavalletti e bloccaggi, inserendosi di diritto nel ristretto “pool” dei principali produttori al mondo. Ursus significa anche automotive, considerando le importanti commesse di componenti meccanici in alluminio e in acciaio destinate a clienti finali dai nomi altisonanti come Bmw, Daimler (Mercedes), Porsche, Peugeot e Citroen. 

Negli stabilimenti vengono prodotti anche molti accessori legati al settore urban, come mozzi, cavalletti e bloccaggi
Ursus produca anche molti accessori legati al settore urban

L’innovazione è nel Dna aziendale

«I nostri clienti – ha ammesso Mirko Ferronato, che di Ursus è il Ceo – sanno che affidandosi a noi trovano la preziosa certificazione IATF, un protocollo molto rigoroso, dettato dall’industria automotive, che si traduce in una garanzia assoluta di qualità, rappresentando al tempo stesso una forte credenziale per l’azienda».

Ursus è una realtà imprenditoriale con oltre cinquant’anni di storia, un’azienda che dà impiego quotidianamente a 65 addetti. Le sedi produttive sono tre, tutte a Rosà, per complessivi 12 mila metri quadrati di superficie coperta. L’80% della produzione è destinata al mercato estero. L’azienda, oggi guidata da Mirko Ferronato, fu fondata nel 1967 da suo papà Sergio assieme al fratello Domenico. E fu proprio Sergio, nel lontano 1966, a gettare il seme dell’innovazione, che tuttora oggi ispira l’operatività sul mercato di Ursus.

La sua invenzione ha rivoluzionato il sistema di fissaggio di manubri, cannotti reggisella e non solo: una leva a chiusura su un perno eccentrico, facilmente azionabile a mano, al posto del tradizionale bullone. Da allora Ursus non ha mai smesso di innovare, e ne rappresentano un esempio le ruote in carbonio superleggere TS47 Disc, l’avveniristico manubrio da corsa Magnus H.02, a totale integrazione dei cavi di comando, e il “supermozzo” HD50 con le tolleranze ridotte al micron per una scorrevolezza e silenziosità un tempo impensabili. 

Ursus è offre componenti ed accessori di ottimo livello, un esempio sono le ruote Miura TC47
Ursus produce componenti di alto livello per i team World Tour, come le ruote Miura TC47

Tutto made in… Veneto

L’intero ciclo produttivo in Ursus avviene sotto un unico tetto. «Abbiamo fatto dell’internalizzazione un nostro punto di forza – ammette Mirko Ferronato – che si tratti di particolari di una sospensione per auto oppure di una ruota in carbonio, il prodotto nasce e viene ultimato nei nostri stabilimenti. In questo modo, l’intero processo produttivo è sempre sotto il nostro totale controllo. Noi crediamo moltissimo nell’innovazione e nella tecnologia, e la nostra prossima frontiera si chiama automatizzazione. Abbiamo difatti introdotto da poco tempo una nuova linea completamente automatizzata e vogliamo continuare ad investire in questa direzione». 

L’approvvigionamento delle materie prime è oramai divenuto un problema estremamente generalizzato. Così come lo è il reperimento del personale. Ursus è alla costante ricerca di addetti per completare la pianta organica. Di figure tecniche, ma non solo. Inoltre, per venire incontro alle esigenze del personale femminile impiegato in produzione, l’azienda ha introdotto l’orario: 7-11,30 / 12-15,30. Un’iniziativa che è stata molto apprezzata, perché tiene conto delle esigenze delle famiglie e consente alle stesse dipendenti di stare più tempo con i figli.

Sostenibilità e trasparenza 

La sostenibilità, un tema fondamentale sul quale tutti, ciascuno nel proprio ambito, ha la concreta possibilità d’impegnarsi. L’accorciamento della filiera e la sua riorganizzazione secondo i criteri Industry 4.0 sono espressione del fattivo impegno dell’azienda verso la riduzione delle emissioni di Co2. Ursus è difatti dotata di un massivo impianto fotovoltaico che produce 550 KWh di elettricità pulita. Come ha ribadito anche Ferronato: «Per noi le energie rinnovabili sono molto più di uno slogan. Personalmente ritengo che il consumo di Co2 per realizzare qualsiasi prodotto debba essere una delle informazioni messe a disposizione del consumatore. Ma prima servono gli strumenti per misurare le emissioni. Noi lo stiamo cercando, e spero che presto arriveremo a dare questo servizio ai nostri clienti… e all’ambiente. E soprattutto mi auguro che non saremo gli unici a farlo».

Ursus

Santini omaggia gli Champs-Élysées con il kit Trionfo

11.12.2021
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Dopo l’annuncio della realizzazione della maglia gialla per 5 anni, Santini presenta il kit Trionfo. Il maglificio bergamasco, che proprio di recente ha presentato la nuova sede in via di realizzazione proprio a Bergamo, presenta il primo di una serie di completi ideati per valorizzare alcune tappe del Tour de France 2022

Il disegno per questo kit parte proprio dalla fine, rendendo omaggio a una delle più iconiche tappe della Grand Boucle, gli Champs-Élysées. Le ispirazioni sono derivate da La Patrouille de France, la pattuglia acrobatica dell’Aeronautica Militare francese. L’Arc de Triomphe e il numero 21 nonché quello della tappa conclusiva della grandeur francese. Gli articoli che compongono il completo sono: maglia, calzoncini, maglia intima, calzini, guantini e cappellino.

Questo kit Trionfo omaggia la 21ª tappa del Tour de France con particolari che la caratterizzano
Questo kit Trionfo omaggia la 21ª tappa del Tour de France

Il tricolore

Ogni anno Parigi accoglie i corridori e accompagna i festeggiamenti conclusivi dell’arrivo del Tour de France. In occasione della 21ª tappa i cieli sopra la Ville Lumière, diventano teatro della spettacolare esibizione de La Patrouille de France, che disegna scie nell’aria con i colori della bandiera francese. Proprio queste tracce nel cielo sono protagoniste del design della maglia Santini Trionfo. Infatti campeggiano sul fronte e sul retro del capo ricreando la pennellata tricolore che pian piano svanisce. Un altro riferimento alla tappa iconica è presente sulla maglia intima, cappellino e calzini. L’Arco di Trionfo colorato di blu, bianco e rosso.

La collezione

Oltre ad essere un completo che fa del design il suo punto forte, anche le caratteristiche dei materiali impiegati non sono lasciate al caso. Dal punto di vista tecnico, la maglia presenta una vestibilità slim ed è realizzata con una combinazione di tessuti in microrete che la rendono leggera e traspirante e con maniche tagliate al vivo. I calzoncini sono in tessuto compressivo Thunderbike Power con grip a fondo gamba per tenere il pantaloncino fermo. Il fondello è il GITevo con cuore in gel che assorbe gli urti in modo graduale, per un comfort garantito anche nelle lunghe pedalate. La maglia intima è in microrete Avatar progettata per una vestibilità elastica e asciutta. I guanti da ciclismo leggeri e traspiranti, con palmo anti-shock offrono comfort e sostegno. Poi ancora i calzini ad alto profilo e infine il cappellino realizzato in cotone.

I prezzi

Il kit Trionfo è disponibile su e-commerce dal 2 dicembre e nei negozi selezionati. I prezzi sono: maglia 100 euro, calzoncini 140 euro, baselayer 30 euro, calzini 15  euro, guantini 30 euro e infine il cappellino 19 euro. 

Santini

Petacchi: «Cavendish ha accettato il compromesso»

10.12.2021
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Contratto rinnovato per un’altra stagione e la certezza che non correrà il Tour de France. Così Mark Cavendish si accinge a vivere quella che probabilmente sarà l’ultima stagione da professionista, con il brutto fuori programma della rapina subita nella casa dell’Essex che ha fruttato ai rapinatori un paio di orologi di immenso valore e portato nella famiglia britannica il seme della paura. Lasciando che la giustizia faccia il suo corso e che il tempo lenisca le ferite, ci siamo ritrovati con Alessandro Petacchi a ragionare del rinnovo di contratto firmato da Mark con la Quick Step-Alpha Vinyl: questo il nuovo nome della squadra di Lefevere.

Con lo spezzino si ragionò quando Cavendish firmò per la Deceuninck-Quick Step e lo vedemmo passare dalla perplessità iniziale alla certezza che, andando al Tour a causa dell’indisponibilità di Sam Bennett, Mark avrebbe fatto grandi cose.

Al Tour de France 2021, Mark Cavendish ha raggiunto Eddy Merckx a quota 34 tappe vinte
Al Tour 2021, Cavendish ha raggiunto Merckx a quota 34 tappe vinte

«Sapevamo più o meno tutti – dice lo spezzino – che per Lefevere il futuro è Jakobsen. Non so quanto gli costi, ma certo è nel suo interesse farlo crescere. Se non avesse avuto quel brutto infortunio, sarebbe già diventato il velocista più forte al mondo. Ha perso tempo, è tornato alla Vuelta e ha vinto. Andrà sempre più forte e tornerà al 100 per cento».

E Cavendish?

Rientrava da anni bui. Al Tour 2021 è andato perché ci sono stati quei problemi con Bennett, altrimenti non avrebbe dovuto farlo. I compagni hanno avuto il grande merito di stargli accanto e forse non c’erano avversari irresistibili, però è sempre Cavendish e va rispettato. Ha dimostrato di aver ritrovato un livello altissimo e sa che se resta lì, continuerà ad andare forte, mentre è lunghissimo l’elenco di quelli andati via da lì e che poi non hanno più vinto. Credo che in nome di questo, Mark abbia accettato il compromesso.

Vince e si commuove allo Sparkassen Munsterland Giro, nel giorno del ritiro di Greipel
Vince e si commuove allo Sparkassen Munsterland Giro, nel giorno del ritiro di Greipel
Pensi che Mark potrebbe convertirsi in gregario di Jakobsen come facesti tu per lui?

Non ha l’indole per tirare. Non puoi portare Mark Cavendish al Tour per tirare. Non ha la mentalità e neanche le caratteristiche per farlo. Per quel ruolo c’è Morkov, semmai cercherei di rafforzare il treno. La squadra del Tour è quasi fatta, con Jakobsen e Morkov, Alaphilippe e Asgreen e poi altra gente che dovrà lavorare.

Lo rivedremo al Giro?

E’ una possibilità. La sua motivazione per il Tour potrebbe essere battere il record di Merckx, ma credo che sia stato già tanto riuscire a eguagliarlo, considerato dov’era finito. Lo avevo visto aggressivo al Turchia, era super motivato e si fece trovare pronto. Magari sarà pronto anche la prossima estate, non si può mai dire.

Al Tour of Britain con Xander Graham, tifoso di 12 anni, che corse accanto al gruppo guadagnandosi una borraccia
Al Tour of Britain con Xander Graham, tifoso di 12 anni, che corse accanto al gruppo
Lasciare fuori uno che ha vinto 34 tappe al Tour, di cui 4 nel 2021, per puntare su un giovane che il Tour non l’ha mai fatto…

Lefevere per queste cose è molto bravo, non usa il cuore ma la testa. E forse battere il record di Merckx, per la squadra potrebbe non aggiungere niente. Ma lasciarlo a casa per portare Jakobsen potrebbe essere visto come un rischio e possiamo essere certi che il Mark del Tour è un’altra persona. Lo ricordo dal 2014. Lo avevo visto dieci giorni prima e quando lo ritrovai alla partenza da Leeds, mi chiesi se fosse lo stesso corridore. Cadde e andò a casa dopo la prima tappa, ma il Cavendish del Tour è davvero un’altra cosa. Non avrebbe vinto quattro tappe l’ultima volta, se così non fosse…

Selleri, quale futuro per il Giro d’Italia U23?

09.12.2021
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Ci sono manovre che dall’esterno non si vedono, ma seppure silenziose spostano equilibri e destini. Organizzare corse in Italia non è un lavoro facile, per la burocrazia, per i pochi soldi e perché gli attori principali fagocitano risorse reinvestendole in minima parte a favore dell’attività. Quale futuro c’è per il ciclismo giovanile?

Se il modello fosse la francese Aso, basterebbe andare sul loro sito per rendersi conto che la stagione è composta da 24 eventi professionistici e 10 amatoriali. Il notevole giro di soldi generato dal Tour de France serve certamente per arricchirne i gestori, ma anche ad allargare la base del movimento. In Italia la sensazione è opposta. Così se il Gs Emilia di Adriano Amici è arroccato sulle sue corse e ne rileva altre per salvarle dalla chiusura, Rcs Sport adotta politiche differenti e ha il potere di captare risorse a scapito dei più piccoli.

Davanti al fatto che Aso organizzerà anche il Tour Femmes, parrebbe ora che l’azienda di Cairo abbia pensato di far suo il Giro Donne a partire dal 2023. Il Tour Femmes avrà un montepremi di 250.000 euro, che ne fanno la corsa femminile più ricca al mondo: il Giro Donne farà lo stesso, reinvestendo parte del budget nei premi?

La Sd Worx di Anna Van der Breggen sul podio del Giro Donne 2021: per il futuro la corsa interessa a RCS?
La Sd Worx vince il Giro Donne 2021: nel futuro c’è RCS?

Avanti per inerzia

Tra coloro che rischiano di fare le spese di questo andazzo, se la Federazione di Cordiano Dagnoni non metterà sul tavolo le giuste strategie, c’è anche il Giro d’Italia U23 di Marco Selleri e Marco Pavarini. E’ palese che l’uscita di scena di Renato Di Rocco e la mancata conferma di Davide Cassani sull’ammiraglia azzurra siano stati un duro colpo per la corsa vinta quest’anno da Juan Ayuso (foto Giro d’Italia U23 in apertura).

«L’asse Di Rocco-Cassani – racconta Selleri – era un supporto che ora è venuto a mancare. Davide ora c’è in maniera marginale, mentre prima si serviva del Giro per le sue osservazioni da tecnico, con un’azione a medio e lungo termine. Se fosse stato qui per arricchirsi, ci sarebbe ancora, ma è chiaro che abbiamo fatto tutto con estremo volontariato e andiamo avanti con l’inerzia di questi ultimi 5 anni.

«Abbiamo già la richiesta di 35 team stranieri, sanno che in Italia facciamo le cose per bene. Tuttavia senza risorse, non si va avanti. Non vogliamo fare la fine dell’amico Giancarlo Brocci, che per salvare il GiroBio diede fondo al suo patrimonio. Per questo credo che la Federazione debba fare qualcosa. Con il Giro d’Italia U23 stiamo risollevando il ciclismo italiano, ma se diventa una corsa da organizzare senza un lavoro di promozione a monte, allora temo che non si andrà lontano. Se non viene fuori nel giro di due anni un italiano che possa lottare per la maglia rosa dei pro’, temo che una bella fetta di pubblico comincerà ad allontanarsi…».

L’apporto di Cassani rimane, ma più defilato, non essendoci più l’interesse tecnico
L’apporto di Cassani rimane, ma più defilato, non essendoci più l’interesse tecnico

La svolta della diretta

Il contratto della società con la Federazione scadrà dopo l’edizione del 2022, a capo di cinque anni in cui il Giro è tornato a brillare di luce propria, affiancato dalle prove di Extra Giro che hanno consentito la ripresa del ciclismo in Italia in piena pandemia. E a margine, si fa per dire, la piccola società di Mordano ha organizzato gli ultimi campionati italiani e prima i mondiali di Imola, motivo di vanto per UCI e CIO, che la nostra Federazione deve e può rivendicare con orgoglio.

«E’ chiaro – spiega Selleri – che se scende in campo un colosso come Rcs, ogni contributo futuro, anche il più piccolo, lo danno a loro.  Ma quanto può resistere il sistema giovanile a queste condizioni? Ormai tutti vogliono essere pagati, per cui credo che la sola via per cui una corsa come la nostra diventi appetibile per sponsor più grandi è la possibilità che vada in diretta. Pagare la produzione televisiva ha dei costi importanti, si fa se le immagini fanno il giro per il mondo, altrimenti non ha tanto senso. Questi sono i discorsi che stiamo facendo con la Federazione, ma è chiaro che affinché tutto vada a regime nella loro macchina, passerà del tempo».

Marco Selleri è arrivato al Giro U23 dopo gli anni con il Giro delle Pesche Nettarine. Quale futuro per la corsa?
Marco Selleri è arrivato al Giro U23 dopo gli anni con il Giro delle Pesche Nettarine

E poi la gravel

Intanto il Giro d’Italia U23 del 2022 prende forma. Attraverserà cinque regioni, con una sola tappa per questa volta in Emilia Romagna. Il profilo scelto è di una certa durezza, ma bisognerà aspettare tutte le conferme per poterne ufficializzare il tracciato.

«Sarebbe bello poter fare un’edizione che parta dalla Puglia – dice Selleri – e risalga fino alla Romagna e poi una che parta dalla Calabria, ma è bene stare con i piedi per terra. Intanto però l’anno prossimo organizziamo anche una gara di gravel per i professionisti. Ho idea che se il movimento prende piede, darà la possibilità a tanti ragazzi rimasti senza squadra di trovare un altro sbocco, piuttosto che andare sulla mountain bike. Stiamo studiando i regolamenti, si farà ad Argenta, in provincia di Ferrara, ma ne parleremo al momento opportuno. Disilluso? No, ma sto prendendo atto di tante cose…».

EDITORIALE / Caro Guillen, su Giro e Vuelta raccontala giusta

06.12.2021
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Comunque si voglia vederla, la colpa è del Tour e delle squadre che l’hanno eletto a punto di passaggio obbligato: il PPO della stagione. Per questo Javier Guillen può permettersi di dire che il Giro ha più storia, ma dopo il Tour come importanza viene la Vuelta. Certo non dirà mai che alla Vuelta si ritrovano soprattutto i corridori rimandati, quelli che il Tour ha respinto con perdite. E dato che al Tour vanno tutti i più forti, è chiaro che anche gli sconfitti di Francia costituiscano un parterre di tutto rispetto.

Podio di ripiego

Roglic che vince tre maglie rosse consecutive (in apertura, la vittoria 2021) è certamente un grandissimo campione, che però per un motivo o per l’altro al Tour finora ha sempre dovuto accontentarsi dei bocconi più amari. E alle sue spalle, con tutto il rispetto per chi si è sobbarcato quella fatica immane, non sono arrivati i grossi nomi schierati al via, ma corridori di belle speranze che, con l’eccezione di Mas (già secondo nel 2018), finora non erano mai riusciti a conquistare il podio di un grande Giro.

Bernal 6° alla Vuelta 2021 dopo aver vinto il Giro, però mai in lotta per la vittoria
Bernal 6° alla Vuelta 2021 dopo aver vinto il Giro, però mai in lotta per la vittoria

Spesso ci vanno perché vengono mandati, ma non hanno condizione e motivazione e in questo ciclismo selettivo ed estremo, un 5 per cento in meno basta per essere condannati. Forse nel 2022 balleremo una musica diversa, se in Spagna deciderà di andarci anche Pogacar, con tutte le incognite di vederlo all’opera nel secondo grande Giro dell’anno: argomento già discusso nei giorni scorsi con Adriano Malori.

La dimensione del Tour

La colpa è del Tour e di dirigenti che probabilmente allettano i loro sponsor, sempre più internazionali, promettendo un risultato sulle strade francesi. E’ talmente forte il richiamo del Tour, che il UAE Team Emirates si è reso conto dell’edizione femminile e per vincerlo o provarci s’è comprato la squadra nuova, annunciando alla ex Alè-BTC che il focus dell’anno prossimo sarà la maglia gialla

Finché passa il concetto che una tappa vinta in Francia basta per salvare la stagione, il Tour avrà sempre ragione e Guillen, da buon venditore del prodotto con le spalle coperte da Aso, potrà continuare a sostenere la sua tesi.

Solo Froome, qui con Guillen, ha centrato la doppietta Tour-Vuelta nel 2017, da quando la Vuelta si corre in estate
Froome cn Guillen nel 2017, quando centrò la doppietta Tour-Vuelta

Ricordate quando Geox ruppe il contratto con Gianetti perché, non avendo ottenuto la licenza ProTour per il 2012, capì che non avrebbe partecipato al Tour? Più in grande, è lo stesso problema che si crea da noi quando i dirigenti delle professional lusingano nuovi finanziatori promettendo di correre il Giro. E quando l’invito non arriva, ne devono fronteggiare l’ira e la minaccia di rottura.

Il Giro non è per tutti

Ma il Giro è più duro. Volendo fare un po’ di statistica, è più facile che un vincitore del Tour venga l’anno dopo a vincere il Giro, mentre è altamente improbabile che nello stesso anno vada a vincere la Vuelta. Anzi, evita proprio di andarci. Persino Contador, che pure avrebbe avuto i suoi motivi per tenerci, dopo la vittoria del Tour è mai andato alla Vuelta.

Neppure Contador ha mai corso la Vuelta dopo aver vinto il Tour
Neppure Contador ha mai corso la Vuelta dopo aver vinto il Tour

Tolto il super Froome del 2017, la doppietta Tour-Vuelta è stata centrata solo da Hinault e Anquetil, quando però la Vuelta si correva ad aprile. La doppietta Giro-Tour, che si sono sempre corsi nella stessa data, appartiene a Coppi, Anquetil, Merckx, Hinault, Roche, Indurain e Pantani. E tanti altri, a partire da Contador, l’hanno provata.

Quando a un grande campione parli di accoppiata, ha in testa la rosa con la gialla. Alla roja, dopo aver vinto la gialla, fa proprio fatica a pensarci. E se viene al Giro, avrà di sicuro il coltello fra i denti: magari non sarà al massimo, ma proverà a vincerlo. Tuttavia è proprio la paura di spendere troppo e arrivare stanchi in Francia a tenere lontani i top riders, che alla Vuelta possono permettersi invece di andare… disarmati.

Presidenti e prime pagine

La colpa del Tour è di avere… tanti meriti, non ultimo quello di far vivere le tre settimane di corsa come un evento planetario. I Presidenti sfilano sull’ammiraglia di Prudhomme. Le città sono piene di giallo e di biciclette. La gente fermata sulle strade, scende dall’auto e dal camion e si dispone per applaudire la carovana. I programmi televisivi grondano ciclismo, dalle storie in bianco e nero alle indagini più contemporanee. La prima pagina de L’Equipe è da testa a piedi per il ciclismo almeno tre giorni a settimana. Quando entri nella dimensione del Tour, che tu sia squadra, corridore, sponsor o semplice spettatore, percepisci di esser dentro qualcosa di immenso.

Il Presidente Macron in visita al Tour del 2021 parla con Alaphilippe
Il Presidente Macron in visita al Tour del 2021 parla con Alaphilippe

Da noi solo calcio

Al Giro d’Italia, nonostante gli sforzi della Rai, per finire sulla prima pagina del quotidiano organizzatore devi morire o vincere la rosa finale. Per il resto sei condannato a fare da puntello alla foto del calciatore di turno. Nelle strade ti bestemmiano in faccia, perché li rallenti e intanto teorizzano di raderti al suolo con ironie da codice penale. Perché dovrebbe piacerci, potrebbe chiedersi uno sponsor straniero, se non va giù nemmeno agli italiani?

In altre parole, abbiamo poco da lamentarci e tanto da fare per diventare migliori. Già solo per capire che il ciclismo professionistico è una cosa seria. Che alle corse si dovrebbe accedere per meriti sportivi e non per gli investimenti che si possono fare. E che se scegli i tuoi corridori per la dote e poi qualcosa va storto, magari se ne accorgono che provi a rientrare sotto altre spoglie e ti segnano due volte. Lo faranno anche all’estero? Chissà, magari andiamo a vedere.

Pogacar, due anni per provare Giro-Tour. Ecco perché

30.11.2021
4 min
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Il bello è che non hanno paura. E’ il privilegio di chi ha tanta forza più degli altri e può permettersi di… giocare, ma anche di chi applica la regola più vecchia del mondo: chi mena per primo, mena due volte. Al Lombardia probabilmente Pogacar non era il più forte del gruppetto, ma anticipando ha esposto gli altri al rischio di scoprirsi.

Così fanno anche Van der Poel e Van Aert oppure lo stesso Evenepoel. Dire se si tratti della condotta meno dispendiosa è compito per preparatori, di sicuro la capacità di mettere subito fieno in cascina permette di correre il resto della corsa amministrando e colpendo laddove se ne offra l’occasione.

Il Tour de France di Pogacar in questo senso è stato illuminante. Ma allora non potrebbe essere proprio questa la fase della carriera, benedetta da forza e sfrontatezza, per tentare l’accoppiata Giro-Tour?

L’attacco d’anticipo di Pogacar al Lombardia ha tagliato fuori tutti ad eccezione di Masnada
Il suo attacco d’anticipo al Lombardia ha tagliato fuori tutti ad eccezione di Masnada

Suggestione futura

Diciamo subito che lo sloveno e la sua squadra prima di lui hanno già da un pezzo ufficializzato che nel 2022 farà il Tour e semmai la Vuelta. Pertanto il ragionamento che segue è sul tema e sulla prospettiva che ciò avvenga, non sulla voglia di fargli cambiare idea. E dato che il nostro amico Adriano Malori ha già affrontato il discorso con un post su Facebook, siamo ripartiti da lui. Per capire che cosa lo abbia spinto a dire che lo sloveno sarebbe l’uomo ideale per la doppietta.

«E’ chiaro che dal suo punto di vista – dice Malori – volendo puntare a due grandi Giri nel 2022, faccia bene a concentrarsi su Tour e Vuelta, ma secondo me entro un paio d’anni potrebbe provare Giro e Tour. La differenza rispetto a tutti gli altri che ci sono oggi in gruppo è la freschezza. Ha 25 anni ed è stato capace di andare bene in tutti gli appuntamenti. E’ stato un missile per tutto l’anno».

Al Party A&J accettando la sfida anche nei giochi più elementari
Al Party A&J accettando la sfida anche nei giochi più elementari
Che cosa intendi con freschezza?

Recupero chiaramente e il fatto che corra in modo scanzonato. Come al Lombardia. Ha attaccato, la va o la spacca. E questo gli ha dato un grosso vantaggio. Il solo dubbio è vedere come esce dalle tre settimane e magari lo vedremo nel 2022 alla Vuelta.

Perché questo dubbio?

Perché a Tokyo gli è mancato qualcosa. E’ vero però che c’è stato di mezzo il viaggio e ci siamo detti più volte che tanti hanno sbagliato i tempi, riducendo quello del recupero. Di sicuro però per tentare un’accoppiata, c’è da cambiare qualcosa.

Roglic è il solo avversario che potrebbe fermarlo al Tour, se Pogacar ci arrivasse sotto tono
Roglic è il solo che potrebbe fermarlo al Tour, se Pogacar ci arrivasse sotto tono
Che cosa?

Dovrebbe rassegnarsi a una prima parte di stagione più pacata, non cominciare con vittorie al Uae Tour e quelle a seguire. Dovrebbe arrivare al Giro tramite il Giro dei Paesi Baschi o il Tour of the Alps, comunque corse che non richiedano tanta pressione. Dopo il Giro potrebbe fare lo Slovenia e poi andare al Tour. Può farlo perché è una spanna sopra agli altri, avrebbe potuto vincere il Tour con più vantaggio.

Non c’è il rischio che il Giro prima del Tour rischi di intaccare questo potenziale?

Di sicuro qualcosa gli toglierebbe, ma per questo ho fatto notare che ha vinto il Tour con ampia riserva. Al Giro troverebbe avversari ampiamente alla sua portata, cui è superiore in salita e anche a crono. Potrebbe iniziarlo senza problemi all’80 per cento. Guardate Froome nel 2018. Ebbe la caduta, lo iniziò tutto malconcio, ma alla fine aveva un’ottima condizione.

Con l’attacco a Le Grand Bornand, 8ª tappa del Tour, aveva già 1’48” sul secondo. Poi ha gestito
A Le Grand Bornand, 8ª tappa del Tour, aveva già 1’48” sul secondo
Forse però ha vinto il Tour con riserva perché Roglic è caduto…

Infatti lui può essere la vera incognita, perché ogni anno cresce e potrebbe migliorare ancora. Ha dominato la Vuelta, anche se gli avversari non erano neanche lontanamente al suo livello. Credo che i soli ostacoli per Pogacar siano Roglic e il volere dello sponsor, che sta facendo un mercato stellare proprio per il Tour. Dovrebbe imporsi lui, se gli interessa. E forse c’è un altro dubbio…

Quale?

Non abbiamo visto come gestisce le difficoltà. Abbiamo visto Contador vincere con grandi rimonte e con intelligenza, così come Froome. Pogacar ha sempre dominato, ci sarebbe da capire come eventualmente gestirebbe una crisi a mezzo Stelvio, tanto per fare un esempio. Ma se sta bene, al Tour ha dimostrato di sapere come si fa per spendere lo stretto indispensabile. Lui e Roglic sono come Hamilton e Verstrappen in Formula Uno, il passo falso di uno diventa vantaggio per l’altro.