Pidcock Coppa Mondo 2021

Pidcock e la vittoria nel “suo” regno preferito

17.05.2021
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Certe volte viene da pensare che Tom Pidcock sia un grande talento “prestato” al ciclismo su strada. Il perché lo si capisce da come ha reagito alla sua vittoria nella seconda tappa di Coppa del Mondo di mountain bike, in quella Nove Mesto na Morave (CZE) dove già aveva conquistato ben 2 successi lo scorso anno fra gli under 23, su un percorso che evidentemente gli si addice come un guanto, sia che ci si gareggi in piena estate come nella strana stagione scorsa sia in quest’occasione, su un tracciato ancora intriso d’acqua piovana.

Le sue dichiarazioni del dopo gara dicono molto del suo pensiero: «Penso di essere nato per la mountain bike, è la specialità che pratico sin da quando ero piccolo e sinceramente è quella che mi diverte di più. La scelta di concentrarmi su di essa fino alle Olimpiadi è quella giusta e lo sto dimostrando».

Pidcock Nove Mesto 2021
Prima vittoria da elite per Pidcock, che nel 2020 aveva trionfato fra gli U23 (foto Redbull)
Pidcock Nove Mesto 2021
Prima vittoria da elite per Pidcock, che nel 2020 aveva trionfato fra gli U23 (foto Redbull)

Un dominatore assoluto

A Nove Mesto Pidcock non ha vinto, ha dominato, come era abituato a fare lo Schurter dei tempi migliori. Il campionissimo elvetico non ha potuto far altro che guardare da lontano l’impresa del britannico, non riuscendo mai ad avvicinarsi. Il suo settimo posto finale a 3’04” ha quasi il sapore di un passaggio di consegne, anche se dare il re per morto, a 70 giorni dalle Olimpiadi, è quantomeno azzardato…

Raramente un secondo posto ha un sapore così amaro. Mathieu Van Der Poel ha fatto fatica a digerirlo e questo traspare anche fra le righe del suo profilo Facebook: «Io amo questo percorso, sono andato forte ma non abbastanza perché Tom Pidcock ha volato». Inizialmente VDP ha messo in pratica la sua solita tattica, partendo a bomba per scrollarsi di dosso gli avversari, ma il rivale britannico era lì, incollato come neanche nelle prove di ciclocross era solito fare, poi intorno a metà gara, quando si stava avvicinando il pericoloso svizzero Matthias Fluckiger, Pidcock ha aperto il gas e la partita si è chiusa.

VDP Nove Mesto 2021
Un misto tra fatica e delusione sul viso di VDP al termine della sua prova, chiusa al 2° posto (foto Redbull)
VDP Nove Mesto 2021
Un misto tra fatica e delusione sul viso di VDP al termine della sua prova, chiusa al 2° posto (foto Redbull)

Quant’è amaro questo podio…

VDP lo ha visto andare via a un ritmo insostenibile, qualcosa che, nel mondo del fuoristrada, non era abituato a subire. Gli avversari, l’olandese dell’Alpecin Fenix ha continuato a tenerli dietro, finendo secondo a un minuto esatto da Pidcock, ma per uno che punta senza mezzi termini all’oro olimpico, per il quale ha sacrificato gran parte della stagione su strada, non è un bel segnale.

Un capitolo a parte lo merita il ceko Ondrej Cink (Kross Orlen) che ha chiuso 4° a due minuti, perché la sua storia è quella di un biker andato controcorrente. Considerato un campione sin da giovanissimo, destinato a raccogliere l’eredità di Jaroslav Kuhlavy olimpionico a Londra 2012 proprio davanti a Schurter, dopo aver conquistato podi mondiali ed europei, nel 2017 decise che era tempo di passare alla strada, come molti suoi colleghi.

Cink Nove Mesto 2021
Ondrej Cink, un talento ritrovato dalla Mtb e non compreso nel mondo dei pro’ (foto Redbull)
Cink Nove Mesto 2021
Ondrej Cink, un talento ritrovato dalla Mtb e non compreso nel mondo dei pro’ (foto Redbull)

Cink, professionista solo per poco

Ingaggiato dalla Bahrain Merida, Cink si è accorto presto di quanta differenza ci sia fra un mondo dove sei un riferimento e un altro dove invece sei uno dei tanti: un “lavoratore” per gli altri, dove il miglior risultato portato a casa è il 9° posto alla Vuelta Andalucia. Poco, troppo poco. L’anno dopo Cink ha fatto il passo indietro. Quel mondo non gli era piaciuto, ma per tornare quello di prima c’è voluto tanto tempo. Nel 2020 stava vincendo nella tappa di Coppa a Vallnord, ma all’improvviso fu costretto a fermarsi.

Il cuore batteva a 233 battiti al minuto. Riprese a correre, finì 10° ma quel problema andava scoperto e risolto. Neanche un intervento chirurgico ha però scoperto la causa dell’aritmia e Cink ha ripreso a gareggiare con la spada di Damocle sempre su di lui. Per questo un quarto posto è stato bello come un raggio di sole. Eppure è arrivato dietro Van Der Poel, ma lo stato d’animo era esattamente l’opposto…

VDP Coppa 2021

Vdp e Pidcock in Mtb, ad Albstadt il primo assaggio

10.05.2021
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Mentre il Giro d’Italia iniziava a entrare nel vivo e la maggior parte dei candidati al Tour ne approfittava per allenarsi, due giovani piuttosto noti come Van Der Poel (in apertura nella foto di Alessandro Di Donato) e Pidcock hanno messo da parte la bici da strada e iniziato il loro cammino nella Mtb, che dovrà portarli a Tokyo. Il britannico aveva assaggiato le ruote grasse nel weekend del 1° maggio andando a conquistare una tappa della Swiss Cup, Van Der Poel si è presentato direttamente ad Albstadt, per la prima di Coppa del mondo.

Molti pensavano che i due avrebbero fatto subito a pezzi i “puristi” della Mtb, dimenticando alcuni punti focali. Innanzitutto che la Mtb è come il ciclocross, molto si gioca alla partenza e se sei costretto a scattare dal fondo, come è capitato a Pidcock (colpa della mancanza di punti in Coppa negli anni precedenti) devi remare un bel po’ e spendere un carico enorme di energie per tornare davanti. Poi che l’abitudine l’acquisisci solo gareggiando e anche VDP se ne è accorto, eccome…

Pidcock Albstadt 2021
Pidcock, iridato U23 in Mtb, in azione ad Albstadt (foto Alessandro Di Donato)
Pidcock Albstadt 2021
Pidcock, iridato U23 in Mtb, in azione ad Albstadt (foto Alessandro Di Donato)

Primo round per i “biker puri”

Terzo punto, forse il più importante: non è che gli altri, quelli che dedicano tutta la stagione alla Mtb, vadano piano, anzi meritano molto rispetto. Uno come Nino Schurter, per curriculum e carisma, è all’altezza dei principali campioni dello sport e chi vorrà l’oro olimpico dovrà innanzitutto fare i conti con lui.

Ad Albstadt, nel tempio tedesco delle ruote grasse, lo ha dimostrato fino a pochissimo dal traguardo, mettendoli tutti in fila, setacciandoli con le sue accelerate terribili soprattutto in salita. Il marchio di fabbrica di Van Der Poel, uno dei pochissimi che in passato aveva dimostrato di saper reggere, ma stavolta ha sentito le gambe pesanti e da metà gara in poi ha viaggiato fra i primi, senza però dare mai la sensazione di poter vincere.

VDP Albstadt 2021
Van Der Poel mancava dalla Mtb dal 2019, quando vinse 3 gare di Coppa e il titolo europeo (foto Alessandro Di Donato)
VDP Albstadt 2021
Van Der Poel mancava dalla Mtb dal 2019 (foto Alessandro Di Donato)

La beffa del francesino…

Fino a pochissimo dal traguardo? Sì, perché dietro Schurter si è posizionato Victor Koretzky, uno della nouvelle vague francese che sta riportando la Marsigliese a risuonare nei grandi eventi di Mtb. Il portacolori della KMC Orbea si è mantenuto dietro l’elvetico per sopravanzarlo prima dell’ultima curva, sapendo che così avrebbe avuto in mano la corsa e così è stato.

Van Der Poel ha chiuso settimo a 1’13” e per ora va già bene così, anche perché due giorni prima, nella specialità dello short track (una sfida molto più breve, su un circuito ridotto, utile per stabilire le prime file di partenza) aveva dato una lezione a tutti. Lo aveva detto alla vigilia: «E’ un anno e mezzo che non gareggio in mountain bike, non posso sapere come reagiranno le mie gambe». C’è da scommettere che già a Nove Mesto la musica sarà già diversa.

Un capitolo a parte lo merita Pidcock: lo avevamo lasciato in fondo al gruppo, ma il corridore della Ineos Grenadiers si è subito scatenato tanto che alla fine del primo giro era già nella Top 10. Alla fine ha chiuso 5° ad appena 29” da Koretzky. Il che significa che domenica potrà già partire insieme ai big, fianco a fianco, ma con tante energie in più e quel percorso in Repubblica Ceka gli piace assai…

L’Amstel dei millimetri e delle dure lezioni

18.04.2021
5 min
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Se nessuno si è lamentato, vuol dire che il risultato del fotofinish sta bene a tutti, anche se a guardare le immagini, Pidcock dà ancora adesso la sensazione di esserci passato per primo. L’Amstel si è conclusa da poco e dalla valutazione dei pixel della fotocamera dell’arrivo emerge che il vantaggio di Van Aert sulla linea è di 6 millimetri. Il podio ha posto fine a ogni possibile dubbio, il belga ha capito al Brabante che del piccolo inglese non poteva fidarsi e lo ha preso sul solo piano in cui era certo di poterlo sopraffare: quello della potenza. Ma c’è mancato davvero poco.

La vittoria è stata assegnata a Van Aert con margine di 6 millimetri
La vittoria è stata assegnata a Van Aert con margine di 6 millimetri

Rammarico Pidcock

Pidcock ha tirato su col naso ed è tornato verso il pullman. Il suo programma prevede che resti al Nord fino alla Freccia e poi torni a casa, ma non ci stupiremmo se gli chiedessero di farsi un giretto anche sulle colline fra Liegi e Bastogne.

«Sarei dovuto partire per primo – ha detto Pidcock – perché ero più veloce. Questa è stata una grande lezione. Ho lasciato a Wout un piccolo margine, ma eravamo troppo vicini al traguardo. Ero dietro di lui, mentre sarei dovuto restare al comando. Ho fatto una buona gara. Penso di essere stato il più forte e sono contento di quella sensazione. Ma è frustrante che la differenza sia stata così piccola».

Alaphilippe ha provato a fare il forcing sul Cauberg, ma non ha fatto male
Alaphilippe ha provato a fare il forcing sul Cauberg, ma non ha fatto male

Miglior italiano

«C’è mancato poco anche che li prendessimo – scherza Kristian Sbaragli, settimo all’arrivo – sono stati fortunati che Chaves ha bucato. Stava tirando per Matthews e di colpo, ciao… Sennò con lui che tirava e anche un mio compagno, non so se ce la facevano. Ma con i se e con i ma non si va da nessuna parte, per cui onore al vincitore».

Il migliore degli italiani si è reso conto subito che nella sua squadra mancava un nome importante e che se ci fosse stato lui, la corsa probabilmente non sarebbe arrivata tutta impacchettata fino agli ultimi 40 chilometri.

L’attacco decisivo di Pidcock, che si è dimostrato il più brillante in salita
L’attacco decisivo di Pidcock, che si è dimostrato il più brillante in salita

«Ma secondo me – dice – oltre che per l’assenza di Van der Poel, siamo andati tutti cauti perché nessuno conosceva il nuovo percorso. Compatti fino all’ingresso nel circuito del Cauberg, poi sono iniziate a saltare ugualmente le gambe, perché è venuta ugualmente dura. Eppure gli siamo arrivati a 3 secondi. Ho fatto una bella volata, mi porto a casa una bella top 10, un settimo posto tutto in linea con gli altri. Potevo benissimo essere quarto. Siamo arrivati a tanto così dal giocarci un’Amstel nonostante, senza Mathieu, nessuno ci desse un soldo bucato».

Lezione imparata

Van Aert è rimasto per un paio di minuti lunghi una vita al centro della strada, cercando nello sguardo dell’altro la conferma per una sensazione che non è mai stata davvero netta.

Per 5 minuti sullarrivo, Van Aert non credeva di aver vinto l’Amstel
Per 5 minuti sullarrivo, Van Aert non credeva di aver vinto l’Amstel

«Il margine è stato davvero piccolo – ha detto – perché dopo il traguardo non riuscivo a rendermi conto di nulla. Pochi istanti dopo, mentre alla radio mi dicevano che avevo vinto, sul maxi schermo ho rivisto le immagini e mi sono tornati i dubbi. Ci ho creduto solo quando la Giuria è entrata nel locale in cui ci stavamo cambiando e mi ha dato la conferma. Io da solo non ci sarei riuscito. La sola lezione che ho imparato mercoledì alla Freccia del Brabante è di non sottovalutare mai più Pidcock, anche se onestamente non credevo di averlo fatto. Oggi è stato uno sprint diverso, più veloce e piatto, quindi sapevo che era a mio favore. Ma a giudicare dal margine risicato, devo dire che ho trovato un grande avversario. Quel ragazzino è davvero forte».

Sul podio dell’Amstel, prima il momento dei fiori, poi quello della birra
Amstel, prima il momento dei fiori, poi quello della birra

Cosa fa Valverde?

Il resto è sparito nel segno della fatica che si è insinuata nelle gambe nonostante un dislivello non certo proibitivo. Come dice Sbaragli, ogni cinque minuti c’era una salita e questo alla lunga ha messo il piombo nelle gambe di tutti, soprattutto di quelli che sono arrivati a questo inizio di sfide al Nord con la riserva già accesa. Potrebbe essere il caso di Alaphilippe, ad esempio, che ha chiuso al sesto posto: forse il finale non si addiceva alla sua esplosività, ma per sapere come stanno davvero le cose, basterà aspettare un paio di giorni. Mentre Van Aert annuncia che ora la bici finirà in garage e Van der Poel ha annunciato un bel mese lontano dalle corse, per Julian arriva il clou della stagione. Cresce intanto il vecchio Valverde. Forse darlo per morto troppo presto non è stata la scelta migliore.

Brabante a Pidcock, adesso Thomas fa paura

14.04.2021
4 min
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Era bastato vederlo pedalare sugli strappi del Fiandre per capire che Tom Pidcock stesse crescendo, mentre gli altri iniziavano a vedere la riserva. Ma siccome il mondo del ciclismo è restio a dare spazio agli… intrusi, si pensava forse che il neoprofessionista star del cross potesse farsi un altro giro in sala d’attesa. Senza considerare che la Freccia del Brabante inizia a somigliare più a una corsa su strada che ad una sfida sui muri e le doti da scalatore del britannico sarebbero venute a galla. A costo di risultare ripetitivi, chiunque lo abbia visto vincere il Giro d’Italia U23 si è reso conto che quella superiorità non fosse affatto banale.

«Stavo bene – ha detto a caldo Pidcock e con una punta di malizia – perché finalmente sono riuscito a fare una settimana di allenamenti senza interruzioni. Van Aert è andato a tutta per tutto il giorno e io per stargli a ruota ho dovuto fare gli stessi suoi watt. Ma forse alla fine ha esagerato, mentre io sapevo che sarei potuto arrivare ancora con margine nel finale».

La Freccia del Brabante si corre nel circuito di Overijse che ospiterà i prossimo mondiali
Si corre nel circuito di Overijse che ospiterà i prossimo mondiali

Finale nervoso

Corsa di transizione, regno di uomini potenti e veloci e di campioni eclettici come Pidcock. Raramente negli ultimi tempi si era visto un atleta capace di domare il Mortirolo e poi di spianare i muri battendo in volata lo stesso Van Aert che alla Tirreno beffava i velocisti e alla Gand ha piegato Nizzolo, Trentin e Colbrelli.

«So che giocarsi in volata una corsa come questa – ha detto – non è esattamente come fare le volate al cartello alla fine dell’allenamento. Di solito ho fiducia nei miei mezzi, ma questa volta stavo diventando un po’ nervoso, perché il gruppo risaliva e noi eravamo fermi. Per fortuna è partito Van Aert…».

A 26 chilometri dall’arrivo della Freccia del Brabante, l’allungo di Matteo Trentin
A 26 chilometri dall’arrivo, l’allungo di Matteo Trentin

Trentin guarda lontano

Corsa di transizione, ma ugualmente animata dall’agonismo sfrenato di questi ultimi mesi. E quando a 26 chilometri dall’arrivo Trentin ha piazzato il suo allungo, con un po’ di ottimismo si è pensato tutti che finalmente Matteo volesse scrollarsi di dosso la iella delle apparizioni precedenti. 

«Ho iniziato l’ultimo giro del circuito con un discreto vantaggio – ha raccontato – ma non ho potuto niente contro il gruppo in rimonta. Quando ho visto Van Aert e Pidcock avvicinarsi, ho abbassato il ritmo per risparmiare un po’ di energie. Le gambe stavano bene oggi e mi è mancato soltanto il guizzo finale. Ha vinto giustamente chi è arrivato al traguardo con più freschezza. Non vedo l’ora di tornare ad affrontare questi percorsi nel mondiale a settembre».

Van Aert ha speso tanto: «Forse troppo», annota Pidcock, vincitore della Freccia del Brabante
Van Aert ha speso tanto: «Forse troppo», annota Pidcock

Van Aert è nero

Preso Trentin, nella testa di Van Aert deve essere scattata la convinzione della vittoria già in tasca, senza considerare che il modo di correre come al solito dispendioso lo avrebbe esposto alla rimonta dei rivali. E mentre Trentin nello sprint alzava subito bandiera bianca, il belga ha provato fino all’ultimo e poi è parso davvero contrariato, come si conviene a chi corre sempre per vincere.

«A un certo punto – ha detto il belga, riconoscendo la superiorità dell’avversario – ho capito che Tom aveva più gambe di me. Ha dato un paio di accelerate e per stare con lui ho dovuto stringere i denti. Ma speravo di farcela ed è proprio fastidioso essere entrato nuovamente nella giusta selezione e non essere riuscito a vincere».

Un paio di tirate di Pidcock mettono alla frusta i compagni di fuga
Un paio di tirate di Pidcock mettono alla frusta i compagni di fuga

Assaggio iridato

Terzo a Kuurne, quinto alla Strade Bianche, nel vivo ma poi staccato ad Harelbeke e al Fiandre, Pidcock farà ora rotta verso Amstel e Freccia Vallone, dove il suo peso leggero potrebbe giocare ancora qualche brutto scherzo agli avversari. Poi staccherà con la strada e inizierà a lavorare per le Olimpiadi in mountain bike. Il percorso della Freccia del Brabante ha intanto consentito ai corridori di prendere le misure con l’anello di Overijse che metterà il sale nel prossimo mondiale di settembre, come bici.PRO vi ha anticipato in esclusiva. Lo strappo di Moskesstraat ha fatto male. E vista la selezione di questi 201 chilometri, immaginando quel giorno di doverne fare altri 60, c’è da pensare che il mondiale di Leuven sarà un po’ meno veloce del previsto.

Cioni, raccontaci quel folletto di nome Pidcock

10.03.2021
4 min
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Ultima Strade Bianche, parla Cioni. Primi 5 arrivati tutti con un passato (per alcuni anche un presente) in altre discipline, ciclocross e/o mountain bike. Un caso? Difficile pensarlo e ritenere che le caratteristiche del percorso toscano fossero un terreno ideale per chi ha radici nell’offroad è riduttivo.

Guardiamo ad esempio Thomas Pidcock. Dopo la bellissima stagione nel ciclocross, al suo esordio fra i pro’ ha già fatto vedere di che pasta sia fatto alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne, terzo addirittura in volata. Dario David Cioni, uno dei preparatori della Ineos Grenadiers non ne è stupito: «La classica belga ha dato in questo senso risposte ancora più importanti, essere così brillante dopo 5 ore di gara, giocarsi la vittoria allo sprint ha detto molto del suo potenziale. Tutti pensano che sia un semplice scalatore, ma non è così. Non è certo fermo allo sprint… In Toscana ha fatto benissimo, ma lì per uno come lui era quasi più semplice».

Ai mondiali di cross ha pagato il percorso pesante e i suoi appena 59 chili
Ai mondiali di cross ha pagato il percorso e i 59 chili

Cioni, il precursore

Parlarne con Cioni non è casuale. Dario è stato un precursore della multidisciplina in Italia: nazionale nella mountain bike sul finire degli anni Novanta, autore di un clamoroso secondo posto in Coppa del mondo nel 1996 a Sankt Wendel (considerata al tempo la “Roubaix” delle ruote grasse), poi non ha resistito ai richiami della strada, dove si è costruito una carriera lunga e rispettabile. Un po’ si rivede in Pidcock, anche se le caratteristiche tecniche sono molto diverse: «Chi pensava che, vedendo le ultime gare di ciclocross della stagione, peccasse di resistenza sbagliava. Ma non dobbiamo dimenticare – prosegue Cioni – che sono discipline diverse. Nel ciclocross gli altri avevano accelerazioni nel finale che il britannico soffriva, nelle gare su strada i ritmi gli sono attualmente più congeniali, ma è agli inizi, ogni gara è una scoperta per lui e per noi».

I tre di questo podio del cross, protagonisti anche alla Strade Bianche
I tre di questo podio del cross, protagonisti anche alla Strade Bianche
Un Pidcock in Italia non c’è, forse perché si è iniziato troppo tardi a parlare di multidisciplina?

All’estero fare più discipline è normale soprattutto agli inizi, qui si è sempre stati più settorializzati. E’ un discorso che coinvolge anche la Federazione, nel passato non si è mai guardato alle varie discipline in un contesto unico. Parlando anche per esperienza personale, il ciclocross è in un’altra stagione e non dovrebbe essere visto come un ostacolo per la strada, mentre la Mtb per le sue caratteristiche tecniche sarebbe un giusto anello di congiunzione. Non bisogna però dimenticare che molto dipende dal singolo atleta. Qui parliamo di campioni veri, come Van Der Poel o lo stesso Pidcock, che riescono a cambiare disciplina con facilità.

Che cosa andrebbe fatto per accelerare su questa ricerca di cambiamento, anche culturale?

Io penso che le squadre continental dovrebbero avere un occhio di riguardo verso i giovani, soprattutto gli under 23 delle altre discipline ciclistiche. Attraverso di loro sarebbe più facile creare quelle strutture di passaggio. D’altronde se guardiamo al ciclocross, di ragazzi interessanti in Italia ce ne sono. Le continental sarebbero un ponte ideale per fare esperienza su strada senza precludere la loro carriera anche invernale, come per il campione olandese o per Tom.

Pidcock ha debuttato con la Ineos nel vecchio Tour du Haut Var
Pidcock la debuttato con la Ineos nel vecchio Tour du Haut Var
Cioni incontrò diffidenza quando cambiò disciplina?

Io ebbi la fortuna di correre in Mtb nella Mapei e di passare con loro alla strada. Quando ero alla Grassi e sempre con la Mapei avevo già fatto uno stage su strada correndo già ai massimi livelli in mountain bike. Io poi ho iniziato molto tardi nel ciclismo, a 18 anni, e ho concentrato tutte le esperienze in pochi anni.

E Thomas come viene visto nel gruppo, per questo suo essere tecnicamente dalle mille sfaccettature?

I tempi sono diversi, ormai non ci si stupisce più dei risultati di questi ragazzi provenienti da altre discipline. Lo stesso Roglic ha un passato addirittura nel salto con gli sci e quest’anno sono approdati al professionismo atleti provenienti dal triathlon o dalla corsa in montagna. Uno come Pidcock ormai è la normalità, non fa quasi più notizia…

Pidcock sorpresa in Belgio. E ora la Strade Bianche…

01.03.2021
3 min
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Quando lo vedemmo vincere al Giro d’Italia U23, bici.PRO non era ancora nato, per cui non riuscimmo a raccontarvi la sorpresa per la facilità con cui Tom Pidcock era riuscito a vincere la corsa. Poi lo abbiamo visto da lontano mentre vinceva gare di mountain bike e alla fine lo abbiamo ritrovato nel ciclocross, sempre a inseguire i due giganti del Nord – Van der Poel e Van Aert – salvo metterli in croce laddove i percorsi presentavano qualche salita. Tom Pidcock pesa 59 chili e compirà 22 anni a luglio.

Mads Pedersen vittoria
Mads Pedersen vince a Kuurne su Turgis, alla sua destra c’è Pidcock, terzo a sorpresa nello sprint
Mads Pedersen vittoria
Alla destra di Pedersen, l’insolito sprinter…

Negli ultimi due giorni abbiamo visto il britannico della Ineos Grenadiers in azione dal vivo sui muri delle Fiandre, prima all’attacco nella Omloop Het Nieuwsblad e ieri nello sprint della corsa di Kuurne. In un attimo si sono sommate le sue capacità atletiche con quelle di guida e di malizia nel gruppo. Sapere che la sua prossima corsa sarà la Strade Bianche, arricchisce l’attesa di una grande curiosità.

Puro istinto

Il suo weekend fiammingo non si può liquidare con la parola sorpresa, perché le accelerazioni che gli abbiamo visto fare sui muri fanno pensare che il ragazzo abbia sicuramente i mezzi atletici per ben figurare anche in una corsa come la Strade Bianche, anche se il suo limite attuale potrebbe ancora essere il fondo. Ha da poco concluso la stagione del cross, ma ha pur sempre nelle gambe il Tour des Alpes Maritimes et du Var.

Podio Pedersen Pidcock
Sul podio, a sorpresa un Pidcock soddisfatto, ma quasi spaesato
Podio Pedersen Pidcock
Sul podio, un Pidcock soddisfatto, ma quasi spaesato

«Il mio problema quando comincio a correre su strada – dice – è che faccio fatica a dimenticare di non essere nel cross. Sabato avevo delle ottime gambe, ma non sono riuscito a farci nulla. Ho sprecato tante energie. A Kuurne invece, ho semplicemente usato la testa ed evitato di dare fondo alle mie energie. E nella fuga avevamo Narvaez».

Messaggio a VdP

A questo punto, raggiunti e circondati anche da un paio giornalisti di lingua inglese, non si poteva fare a meno di chiedergli una opinione sulla corsa folle del suo rivale del Van der Poel

Pidcock primo piano
Dopo l’arrivo di Kuurne, spiegando come andate le cose
Pidcock primo piano
Dopo l’arrivo di Kuurne, spiegando come andate le cose

«Credo che Van der Poel – dice – abbia provato a mettere in scena un grande spettacolo, convinto che ci fosse il terreno per arrivare sino in fondo. In realtà non ha sbagliato di molto, ma a volte bisogna rendersi conto che per vincere si possono adottare anche altre tattiche. Io sono appena arrivato, ma il weekend mi ha dato grande ottimismo. Correre sulle strade bianche potrebbe essere molto divertente, anche perché la nostra squadra al momento sta dando a tutti la possibilità di fare la propria corsa. Ci vediamo in Italia».

Mathieu Van der Poel, coppa del mondo Hulst 2021

Mathieu vola e ringrazia i meccanici belgi

03.01.2021
4 min
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Altro che “nemo profeta in patria”… A Hulst, nella penultima prova di Coppa del mondo, l’Olanda ha fatto bottino pieno, con un Mathieu Van der Poel in grande spolvero, anche se a ben guardare la gara il confine tra la sua grande prestazione e i problemi dei suoi avversari è molto sottile.

Flop al box di Van Aert

La gara maschile, 10 giri in programma, è durata praticamente solo un paio di tornate, poi il campione iridato ha preso il volo. Van Aert ha pagato dazio per più motivi. Innanzitutto una partenza un po’ sonnolenta. Durante il primo giro, percorso praticamente in fila indiana dai protagonisti (salvo il sempre più sfortunato Iserbyt, più volte bloccato da stop dei suoi avversari e alla fine rimasto fuori dalle posizioni che contano) il belga della Jumbo-Visma vivacchiava sempre intorno alla sesta-settima piazza. Poi al secondo giro, quando VDP stava attaccando, un grave errore al cambio bici dei meccanici belgi, impreparati quando Van Aert ha lasciato la sua piena di fango e attendeva l’altra che però era ancora sporca.

Wout Van Aert, coppa del mondo Hulst 2021
Wout Van Aert ha corso su bici Bianchi con i colori della squadra. Dal 2021 utilizzerà bici Cervelo
Wout Van Aert, coppa del mondo Hulst 2021
Van Aert ha corso su Bianchi con i colori Jumbo-Visma

Si è trattato di 4-5 secondi persi, si potrebbe pensare a un’inezia, ma nel momento cruciale della gara hanno avuto il peso di una mazzata. Bisogna considerare anche che si trattava di una gara di Coppa del mondo, quindi i meccanici erano quelli della nazionale e non del suo staff. Un episodio che potrebbe avere strascichi sulla strada dei mondiali.

VdP a quel punto, liberatosi della presenza di Aerts che aveva provato a tenere il passo, ha trasformato la prova in un assolo, dimostrandosi il più a suo agio sul percorso molto melmoso, dove in certi tratti si affondava fino alle caviglie. Dietro, Van Aert è rimasto insieme al britannico Pidcock e al connazionale Vanthourenhout, il suo rivale nella classifica di Coppa che però si è presto staccato.

Spunto Pidcock

Mentre l’olandese volava verso la vittoria, Pidcock ha giocato la sua carta per la seconda piazza al penultimo giro, cercando di sfruttare anche alcuni errori di traiettoria di Van Aert che gli avevano dato l’illusione di un’aumentata stanchezza del rivale. Il belga invece ha risposto da par suo e sul pedalabile ha staccato il rivale arrivando al traguardo con 1’31” di ritardo, 1’49” invece per il britannico della Trinity Racing. Per il corridore della Jumbo Visma la leadership in classifica è sempre più in cassaforte.

Novità Betsema

Novità tra le donne, dove Denise Betsema aveva praticamente offerto un assaggio di quanto avrebbe poi fatto VdP. L’olandese, sempre battuta nelle ultime uscite internazionali, ha dominato la gara facendo registrare il miglior tempo in ognuna delle 7 tornate previste. Secondo posto per la Brand a 1’02”, con la certezza della conquista del trofeo di cristallo, terza la Alvarado a 1’09”. Ora spazio ai campionati nazionali, le grandi challenge riprenderanno il 23 e 24 gennaio con X2O Badkamers Trophy e la finale di Coppa.

Wout Van Aert, Herentals 2020

Dal cross alla strada, quale futuro per i tre tenori?

26.12.2020
3 min
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Nel cross il periodo delle feste natalizie è storicamente quello più ricco. Da oggi e fino al 3 gennaio saranno ben 5 gli eventi internazionali in programma, divisi fra le varie challenge. Oggi Van der Poel ha stravinto nel Superprestige di Zolder, ma senza che ci sia stata contesa. Negli occhi perciò abbiamo ancora lo splendido spettacolo di domenica scorsa a Namur, in Coppa del mondo, con la sfida a viso aperto fra i tre grandi della specialità, Van Der Poel, Van Aert e Pidcock, finiti nell’ordine. Una sfida che ha detto molto anche in proiezione futura e non parliamo solamente del ciclocross e dei mondiali di fine gennaio, ma anche delle loro rispettive ambizioni su strada. 

Molto c’è da capire, per farlo sono necessari occhi attenti ed esperti. Noi ci siamo serviti di quelli di Enrico Franzoi, ultimo azzurro a salire sul podio iridato elite del cross nel 2007.

«Di tempo ne è passato – racconta il veneziano – ma guardando la gara belga devo dire che questi campioni vanno forte, decisamente più forte di come andavo io».

Tom Pidcock, mondiali 2020
Tom Pidcock, passo da scalatore: sulle salite è il più forte dei tre
Tom Pidcock, mondiali 2020
Tom Pidcock è il più forte nei tratti in salita
Partiamo dal vincitore Mathieu Van Der Poel, come l’hai visto?

Ha sicuramente tanto margine di progresso davanti a sé. Si vede che rispetto agli altri due ha riposato un po’ di più, evidentemente aveva bisogno di ricaricare le batterie. Sta seguendo l’esempio dello scorso anno, sono sicuro che per fine gennaio avrà una condizione stratosferica. Per ora gli manca brillantezza.

A un certo punto, sembrava che VdP non ne avesse più e che Pidcock potesse scappar via…

Nel cross, la brillantezza incide anche sulla tecnica e può comportare passaggi a vuoto, ma col carattere ha reagito. L’olandese ha solo bisogno di correre, facendolo ritroverà anche la capacità di fare la differenza nella guida come gli è sempre accaduto.

Van Aert in che condizioni ti è parso?

Premesso che a simili livelli le differenze sono veramente minime, si vede che il belga ha lavorato più su strada e quindi paga rispetto agli altri quanto a tecnica specifica. Van Aert è più passista, Van Der Poel è più veloce ed esplosivo, nelle fasi di rilancio guadagnava sempre. Il belga però ha più fondo e questo gli deriva proprio dalla preparazione fatta pensando alla successiva stagione 2021. Secondo me si è ben programmato, anche lui per i mondiali sarà al top, il giusto equilibrio fra tutte le componenti.

Mathieu Van der Poel, Herentals 2020
Mathieu Van der Poel ha esplosività da vendere ed è arrivato al cross più fresco di Van Aert
Mathieu Van der Poel, Herentals 2020
Van der Poel, il più fresco dei tre
Resta il terzo incomodo, Thomas Pidcock…

Va in salita che è una meraviglia, si vedono le qualità da scalatore. E’ meno potente degli altri due, ma ha un rapporto peso/potenza secondo me superiore. E’ chiaro che su tracciati piani soffre, anche a Namur dove c’era da spingere sul passo perdeva. Ma sui tracciati più tecnici e con difficoltà altimetriche, può davvero dare filo da torcere agli altri due

Guardandolo, credi al fatto che si alleni poco per il ciclocross?

Non saprei, ma sono sicuro che ha doti tecniche naturali, si vede che fa azioni di guida che gli vengono spontanee. Diciamo che come tecnica si avvicina di più a VdP, Van Aert è un filino inferiore. Quello che a Pidcock manca è l’esperienza, data l’età e nel finale l’esperienza paga sempre…

Proiettando quanto si è visto alla prossima stagione su strada?

Il ciclocross è molto diverso dal ciclismo su strada, è difficile fare paragoni, ma vedo l’olandese come un grande cacciatore di classiche, grazie alla sua potenza unita alle sue doti veloci. Pidcock è più tagliato per le prove a tappe. Van Aert è potente sul passo, potrà fare davvero bene nelle Classiche del Nord. Anche a me erano le gare che piacevano di più, soprattutto la Roubaix. Van Aert è il più simile a me dei tre, un po’ mi ci rivedo, facendo le dovute differenze…

Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Namur 2020

Namur incendiata dal duello tra Van Aert e VdP

20.12.2020
4 min
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La prima sfida è arrivata: a Namur (Belgio), nella seconda tappa di Coppa del mondo, Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert si sono ritrovati faccia a faccia per la prima volta nella stagione del ciclocross. Poco più di due mesi dopo l’esito clamoroso del Giro delle Fiandre, che li aveva divisi per pochissimi centimetri a favore dell’olandese, ma che nella realtà ha scavato un solco profondissimo fra i due.

Nel Cyclocross de la Citadelle di Namur, uno degli appuntamenti più classici della stagione, i due hanno messo in campo tutto quello che avevano in un confronto di un’ora nel quale la bilancia ha oscillato a lungo per decretare il vincitore, premiando alla fine, ancora una volta, l’olandese. Anche se non sono stati solo loro i protagonisti di una gara davvero entusiasmante perché sempre sulla linea dell’incertezza.

Thomas Pidcock, Namur 2020
A Namur, Pidcock è parso a lungo superiore nei tratti pedalati in salita
Thomas Pidcock, Namur 2020
Nei tratti pedalati in salita di Namur Pidcock volava

Attacco di Pidcock

Fango a profusione sul tracciato belga, fango che ha influito molto sull’evoluzione della gara e che probabilmente ha contribuito a togliere subito di mezzo uno dei più attesi. Il campione continentale Eli Iserbyt è rimasto intruppato al via ed è transitato già al primo giro appena 65° a 1’35”. Il suo compagno di squadra alla Pauwels-Sausen Bingoal, Michael Vanthourenthout ha provato a sostituirlo mettendosi in testa (pensando anche che la situazione era ideale per costruirsi un gruzzolo di vantaggio in classifica generale), ma nel secondo dei 9 giri previsti è salito in cattedra Tom Pidcock. Il piccolo britannico della Trinity ha guadagnato subito qualche secondo sui due più attesi rivali. Ripreso nel 3° giro, “Pidders” ci ha riprovato nel 4° e si è andati avanti così, a fisarmonica per tutta la parte centrale.

Arriva la forma

Guardando l’evoluzione della gara, i segnali che arrivavano erano i seguenti: un Pidcock molto brillante in salita dove guadagnava sui rivali; un VdP già in possesso di una discreta potenza, ma un po’ carente nella parte a piedi, segno che c’è ancora da lavorare nello specifico (l’olandese confida molto nel periodo intorno alle Feste per crescere di condizione in vista della difesa della maglia iridata); un Van Aert che sembrava essere appena sceso dalla bici da strada, già in possesso di una buona condizione frutto del gran lavoro fatto in Spagna al ritiro della Jumbo-Visma, ma “acerbo” nei tratti più tecnici. Il bello è che i tre, seppur ancora con una forma da costruire, hanno mostrato una differenza abissale nei confronti degli altri, quelli che ad inizio stagione sembravano volare. Il solo Vanthourenhout è riuscito a tenere il loro ritmo, seppur perdendo secondi su secondi nella parte finale di gara.

Wout Van Aert, Namur 2020
Van Aert ha mostrato la condizione in crescendo e poca confidenza con la bici nel fango
Wout Van Aert, Namur 2020
Per Van Aert qualche problema di guida nel fango a Namur

Tattica vincente

Pidcock transitava a 2 giri dalla fine con 7” sulla coppia belga-olandese e 13” su Vanthourenhout e a quel punto sembrava che la gara fosse decisa, proprio per la maggiore brillantezza del britannico sui tratti iniziali del circuito, quelli più altimetricamente difficili. Lì però emergeva innanzitutto la capacità dei due di “leggere” la gara e le sue difficoltà. Pidcock infatti si intestardiva a pedalare anche sui tratti più fangosi, Van Aert invece scendeva di bici e correndo lo ha ripreso, trascinando con sé un VdP dal volto sofferente. A metà tornata “nuovo giro di roulette” ed ecco che proprio il VdP così apparentemente stanco dava un’improvvisa accelerata sul piano. Van Aert rispondeva soprattutto di carattere, Pidcock incassava il colpo, seppur rimanendo molto vicino.

Acuto Van der Poel

Nell’ultimo giro, in un tratto di discesa reso molto scivoloso dal fango ma pressoché impossibile da affrontare in bici, VdP riusciva clamorosamente nell’impresa di rimanere in sella, Van Aert non ci provava neanche. L’olandese partiva di gran carriera guadagnando metri su metri: il belga lo guardava allontanarsi, mentre avrebbe voluto ritrovarsi subito di fronte a lui, a giocarsi la vittoria sul (brevissimo) rettilineo conclusivo. Invece no, lo stesso VdP che appariva affranto pochi minuti prima sprigionava potenza a ogni pedalata. La sfida era vinta, Van Aert chiudeva a 3”, Pidcock a 11”, con la faccia di un pugile suonato da un 1-2 micidiale. Quarto Vanthourenhout a 1’07”, comunque contento per la leadership in Coppa con 7 punti su Van Aert, quinto l’altro belga Quinten Hermans a ben 2’09”. Iserbyt? E’ finito doppiato, ultima beffa di un pomeriggio da dimenticare quanto prima.

Mathieu Van der Poel, Namur 2020
E alla fine per Mathieu Van der Poel a Namur, vittoria con appena 3 secondi di vantaggio
Mathieu Van der Poel, Namur 2020
Per Van der Poel a Namur vittoria con margine risicato

Ancora Lucinda

Un cenno lo merita anche la gara femminile, unica altra disputata: la notizia non è certamente la vittoria di Lucinda Brand, l’olandese che ormai ha messo la museruola alle sue connazionali, quanto che fra lei e le altre arancio si è inserita la 23enne americana Clara Honsinger, finita a 29”: di nomi nuovi nel panorama femminile non ne emergono molto spesso, per questo è una notizia…