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Pidcock come Harry Potter. Magie in discesa, vittoria sull’Alpe

14.07.2022
5 min
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Questa mattina al via Thomas Pidcock era molto serio. Molto più del solito. Era uno dei pochi che stava facendo i rulli sulla sottile striscia di ombra del suo bus. Torso semi-nudo e pantaloncini, mulinava gambe e pensieri nella testa.

Alla luce di tutto questo, poteva starci che stesse tramando qualcosa. La riunione in casa Ineos-Grenadiers l’avevano già fatta.

E noi? Il tempo di montare in auto per fare il trasferimento da Briançon all’Alpe d’Huez e appena arrivati in sala stampa ce lo siamo ritrovati a fare pieghe da MotoGp con Froome a ruota.

Al via di Briancon, l’inglese era concentrato sui rulli, uno dei pochi a farli
Al via di Briancon, l’inglese era concentrato sui rulli, uno dei pochi a farli

Biker inside

Pidcock ha sempre dichiarato di essere un biker, prima ancora di uno stradista. La scorsa domenica si è disputata una super classica di Coppa del mondo: il cross country di Lenzerheide, tra l’altro vinta dal nostro Luca Braidot. Una bolgia con i suoi 50.000 e passa spettatori. Lenzerheide, in Svizzera, corrisponde ad un Fiandre per il Belgio o a una Roubaix per la Francia.

«Mi sarebbe molto piaciuto esserci», aveva detto il campione olimpico in carica. Chissà se adesso dopo questa vittoria prestigiosa sull’Alpe d’Huez, tappa regina del Tour de France, la pensa ancora così?

«Sono davvero felice – ha raccontato l’inglese – ho vinto su una salita iconica. Tutta quella gente lungo la scalata. E’ stata una delle esperienze più belle e folli della mia vita. E’ incredibile».

Dopo l’arrivo, al termine comunque di una scalata gestita con coraggio, Tom crolla. Non proprio sulla linea, come Vingegaard alla Planche, ma appena lo portano nella zona transennata del podio. Lì, si siede. Abbraccia il massaggiatore che lo ha sostenuto e per qualche istante sembra scoppiare in lacrime. Poi mette la testa tra le mani e respira profondamente.

Una discesa storica

Nella discesa che conduceva dal Galibier alla valle della Maurienne, Pidcock ha regalato emozioni. Si è vista tutta la sua classe nel guidare la bici. Non si è campioni olimpici di mtb per caso! Curve rotonde, fatte ad un velocità di entrata pazzesca e una d’uscita altrettanto elevata. Sfruttava tutta la strada.

«Per me è naturale. Credo di essere sceso sempre in sicurezza – dice Pidcock – ho sempre avuto un buon feeling con la bici, con le gomme. Sì – aggiunge scherzando – ogni tanto mi ritrovavo Froome in frenata!».

Sir Bradley Wiggins che lo seguiva era in estasi. Non credeva ai suoi occhi. Un vero show. Specie dopo che ha toccato e superato i 100 chilometri orari in più di un’occasione. Volava. Ha tirato delle curve che sono state delle vere magie. Magie degne del suo connazionale Harry Potter!

Voglia di vincere

Questa tappa però la voleva. La voleva lui e la voleva la sua squadra. A conti fatti era l’unico che poteva fare qualcosa. Thomas era troppo marcato e gli altri non avevano gamba a sufficienza su un percorso simile.

«In realtà la volevo già da un po’ – dice Pidcock – Avrei voluto fare bene anche nella quinta tappa (quella del pavè, ndr). Ma non era facile azzeccarla e azzeccare la fuga in quelle successive. Anche oggi all’inizio la Jumbo-Visma ha controllato molto, non ha lasciato spazio. E infatti in cima al Galibier il distacco dai fuggitivi non era tanto e così ci ho provato».

Giustamente Pidcock ha pensato che Vingegaard e i suoi non si sarebbero presi troppi rischi per rintuzzarlo. Alla fine lui aveva pur sempre 11’12” di ritardo dalla maglia gialla. E ha pensato bene.

Ma anche la sua scalata è stata ottima al pari (quasi) delle sue discese.

«Una scalata folle. Con tutta quella gente non riuscivo a sentire la radiolina, non capivo nulla. Però è stata un’emozione, una spinta pazzesca».

Non capiva nulla ma l’ha gestita alla grande. Non ha esagerato nelle prime rampe e dopo la sua accelerazione è stato più di 4 chilometri con Meintjes a 5″-10″, il che non è una bella sensazione per chi cerca di scappare. Ti senti sempre il fiato sul collo e non hai la certezza di essere il più forte. Poi pian piano il baratro si è aperto e il campione di Leeds ha potuto spiccare il volo anche in salita.

«Fino ai 2 chilometri dall’arrivo – ha concluso Pidcock – non sapevo cosa stesse succedendo. Se davvero potevo vincere. Non sapevo se andare duro, se andare agile e quanto spingere».

Pidcock Sanremo 2022

Pidcock fermato di nuovo. Come affrontare un caso simile?

23.03.2022
4 min
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La falcidia che ha colpito il gruppo di ciclisti, soprattutto prima della Milano-Sanremo, ha avuto due origini mediche. Di quella relativa ai problemi respiratori abbiamo già parlato con Gaetano Daniele, ma molti sono stati fermati anche da disturbi gastrointestinali, il caso più eclatante è stato quello di Thomas Pidcock, fermato dalla Ineos Grenadiers dopo una ricaduta (foto di apertura).

Il numero di casi ha destato sicuramente allarme nel gruppo, così abbiamo voluto saperne di più e Carlo Guardascione, medico del Team BikeExchange inquadra il problema nel giusto contesto: «Io oltre che responsabile sanitario del team sono anche medico di base e quando non sono chiamato per gare, sono nel mio studio. Questo mi consente di avere un polso della situazione generale nella popolazione. Ebbene, posso dire con assoluta certezza che rientriamo nei canoni normali del periodo stagionale. La fine dell’inverno porta sempre virus gastrointestinali come respiratori. Le cause sono che ci si scopre di più, si cominciano a cambiare le abitudini invernali e questo ha un prezzo».

Guardascione 2022
Carlo Guardascione, oltre che medico del Team BikeExchange, ha il suo studio di base a Solbiate Olona
Guardascione 2022
Carlo Guardascione, oltre che medico del Team BikeExchange, ha il suo studio di base a Solbiate Olona
Quali sono i sintomi più evidenti?

Diarrea, vomito, febbre. A studio nelle ultime ore sono venuti 5 casi di seguito tutti con problemi gastrointestinali. E’ chiaro che a un aumento nella popolazione corrisponde in maniera direttamente proporzionale anche un aumento nel gruppo di ciclisti: basta una borraccia un po’ più fredda, il sudore che si gela addosso in discesa ed ecco che escono fuori i problemi, c’è un raffreddamento repentino. Inoltre non bisogna dimenticare che possono influire anche le diminuite difese immunitarie.

A tal proposito, Fabio Felline, unico italiano arrivato alla conclusione della Parigi-Nizza, parlava proprio di calo di esse identificandone la causa nella battaglia lunga due anni contro il Covid…

Sicuramente ha influito, ma bisogna capire bene il perché. Ho letto l’articolo e Felline parla di utilizzo delle mascherine che ci ha disabituato a contrastare gli altri virus invernali. Questo è vero solo parzialmente. Noi abbiamo fatto una grande campagna vaccinale contro il Covid, ma questa ha fatto passare in second’ordine quella classica contro l’influenza: nel gruppo quasi tutti si sono vaccinati per la pandemia, ma ben pochi hanno fatto il vaccino antinfluenzale e i risultati sono questi. Guardiamo invece che cosa succede a livello generale: l’85 per cento degli anziani si è vaccinato anche contro l’influenza e infatti sono più difesi. I casi che arrivano al mio studio non li coinvolgono.

Guardascione studio
Negli studi medici i casi di malattie gastrointestinali in questo periodo sono aumentati
Guardascione studio
Negli studi medici i casi di malattie gastrointestinali in questo periodo sono aumentati
Torniamo al discorso relativo ai ciclisti, come abbiamo detto parte sono stati fermati da problemi respiratori e parte da disturbi all’apparato digerente. Le cause sono le stesse?

Generalmente sì, poi per ogni soggetto la sintomatologia può cambiare. Dipende come il fisico reagisce, ma vorrei porre l’accento su un aspetto basandomi sulla mia trentennale esperienza in mezzo al gruppo: gare come la Parigi-Nizza e la Tirreno-Adriatico sono sempre state foriere di malanni, proprio per il periodo di effettuazione. In Francia si è sempre gareggiato affrontando un gran freddo e molti lo soffrono. Anche da noi è vero che si trovano più giornate di sole, ma capitano anchee giornate di freddo intenso. Basti guardare quel che è successo nella tappa del Carpegna. L’unica vera differenza come dicevo è che in gruppo sono stati molti meno i ciclisti che hanno fatto il vaccino antinfluenzale, un dato che deve farci riflettere per la prossima stagione.

Nel caso di Pidcock e della sua recidiva, il britannico è stato fermato dopo che, appena ripresosi dal primo caso, si era subito rimesso ad allenarsi a pieno regime…

Non posso naturalmente giudicare dall’esterno, posso basarmi solo su quello che la squadra ha detto. Trovo estremamente corretto il fatto che Pidcock sia stato fermato, nel suo caso servono a questo punto accertamenti diagnostici, magari una gastroscopia perché potrebbe trattarsi di un’infezione virale che rallenta la fase digestiva. Probabilmente quando ha ripreso non era ancora stata scoperta la causa del suo malessere o non era guarito del tutto.

Ciclisti freddo 2022
Il freddo alla Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico ha provocato molti problemi in gruppo
Ciclisti freddo 2022
Il freddo alla Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico ha provocato molti problemi in gruppo
Nel suo ritiro ad Andorra dopo il primo caso di problemi intestinali, ha detto di essersi allenato a pieno regime, oltre 30 ore in bici. Quando si esce da una simile situazione, come deve essere la ripresa?

A prescindere da quali possano essere state le cause, su questo aspetto che ho letto anch’io sono rimasto un po’ perplesso. Quando si viene da problemi di diarrea e vomito, bisogna riprendere con molta prudenza perché il fisico è debilitato, ha perso non solo molti liquidi ma anche molti minerali e il metabolismo è completamente sballato. Bisogna reintegrare, non solo con i primi, bisogna rimettere in equilibrio ogni componente fisica prima di riprendere al 100 per cento altrimenti si va incontro a recidive. Il ritorno deve essere graduale, prima con gli allenamenti e poi con le gare che, in qualsiasi caso, sono sempre uno stress.

Questo vale anche per chi ha problemi respiratori?

Certamente, anche in quel caso il fisico impiega un po’ per tornare al suo stato normale. Spesso i corridori hanno tanta voglia di riprendere e saltano un po’ di passaggi, ma questo fa commettere errori che poi si pagano…

Cross, strada e MTB: Pidcock sull’asse di equilibrio

21.02.2022
4 min
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Sul traguardo dei mondiali di cross di Fayetteville, Tom Pidcock c’è passato come Superman e per fortuna non ha trovato un giudice zelante che l’ha squalificato per la posizione irregolare. Sul cross per fortuna brilla la goliardìa del fuoristrada e in America certe cose piacciono parecchio: il povero giudice lo avrebbero passato per le armi.

Campione del mondo di cross, juniores ed elite. Vincitore della Roubaix juniores e U23. Vincitore del Giro d’Italia U23. Campione olimpico di mountain bike. Primo nella Freccia del Brabante e secondo all’Amstel nel primo anno da pro’.

Mondiali Pidcock 2022
Pidcock plana sul traguardo: è il suo 6° oro mondiale tra cross, mtb e strada
Mondiali Pidcock 2022
Pidcock plana sul traguardo: è il suo 6° oro mondiale tra cross, mtb e strada

Amore cross

In nome del cross, Pidcock ha vissuto un inverno da nomade. La famiglia nel Nord del Regno Unito e la residenza ad Andorra, ha trascorso le vacanze di Natale in Belgio, raggiunto dai familiari. E la notte del 31 dicembre, è andato a letto presto, dato che l’indomani avrebbe corso a Baal.

Ma ora che la stagione su strada lo richiama all’ordine e che non tornerà in Gran Bretagna prima di ottobre, il britannico del Team Ineos Grenadiers ha iniziato a collegare i vari puntini della sua carriera.

«Ho bisogno del cross – dice – per avere obiettivi vicini e per la mia impazienza di raggiungerli rapidamente. Troverei insopportabile allenarmi tutto l’inverno pensando alla stagione su strada. Allo stesso tempo, bisogna usare la testa. I brevi sforzi del cross sono sicuramente utili in prospettiva delle classiche, perché si raggiungono intensità altissime, ma il pericolo è di fare troppo. La strada e i lavori necessari per avere la giusta base devi comunque considerarli. Serve pianificazione. Per questo mi limito a 11-12 gare di ciclocross durante il mio inverno».

In azione a Namur, dove Pidcock ha chiuso secondo dietro Vanthourenhout
In aziona a Namur, dove Pidcock ha chiuso secondo dietro Vanthourenhout

Impazienza e raziocinio

L’impazienza è una molla particolare. Da un lato si sposa con la fretta di arrivare dei talenti più giovani come Evenepoel e Pogacar (lo sloveno è del 1998, Pidcock del 1999, Remco del 2000), dall’altra è evidente come nella squadra britannica facciano di tutto perché Tom non bruci le tappe.

«Almeno fino alle Olimpiadi del 2024 – dice – andrò avanti anche con la mountain bike. Voglio difendere il mio titolo a Parigi e partecipare anche alla prova su strada. La mia grande ambizione è diventare campione del mondo in tutte e tre le discipline, il che significa che c’è molto lavoro da fare! Vincere da giovani è più facile che vincere coi grandi. Durante la scorsa stagione, la prima da professionista, ho dovuto abituarmi a questa idea, sia nel cross che su strada. Ho avuto molti problemi a lottare per il secondo posto e mi è servito per fare il cambio di mentalità. Mi ci è voluto un po’ per capire che anche i migliori corridori non vincono tutto».

All’Algarve un debutto sotto tono per Pidcock (76° nella crono) che si è ritirato nell’ultima tappa
All’Algarve un debutto sotto tono per Pidcock (76° nella crono) che si è ritirato nell’ultima tappa

I Giri fra due anni

Per questo, l’asticella resta a un’altezza ragionevole. Pur avendo vinto il Giro d’Italia U23 nel 2020 con grande facilità, Pidcock sta alla larga da tentativi prematuri.

«Un giorno mi piacerebbe dedicarmi a un grande Giro – dice – e muovermi verso questo obiettivo con allenamenti in quota sul Teide, lavori sulla potenza inseriti in un simile quadro, ma per ora è presto. Non vogliamo saltare nessun passaggio nel mio processo di sviluppo. La classifica generale di un Giro può diventare un obiettivo fra due o tre stagioni, quando avrò 25 o 26 anni. Per ora punto sulle classiche, al modo di correrle in quella maniera spettacolare che sta piacendo così tanto alla gente. Ma non è escluso che pensi di tanto in tanto a corse di una settimana».

Bennati e i fenomeni che stanno riscrivendo le regole

03.08.2021
5 min
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Nell’epoca in cui il velocista faceva il velocista, quello delle classiche pensava alle classiche e il cronoman era sempre in posizione, c’è stato in Italia un professionista che da junior e U23 era fortissimo a cronometro, che sognava di vincere le classiche e che in volata vinse persino la tappa di Parigi al Tour de France. Quando ridendo diciamo a Daniele Bennati che a suo modo è stato un precursore di Wout Van Aert e dei fenomeni di oggi, il toscano sta guidando e probabilmente sbanda. Eppure, al di là del valore oggettivo degli atleti, la differenza fra quelli di ieri e questi di oggi è che nessuna convenzione è riconosciuta. Il velocista fa le crono, vince le classiche e se si ritrova davanti il Ventoux, si rimbocca le maniche e se lo mangia. Lo scalatore fa lo stesso e in mezzo vince le Olimpiadi di mountain bike.

Corridori moderni

Quei tre in particolare non hanno paura di niente e nessuno e sono andati avanti per tutta la stagione incrociandosi e scambiandosi… gentilezze di ogni genere. Con il Benna oggi parliamo proprio di loro, perché l’anomalia ha tratti comuni. Sono versatili, vincenti a 360 gradi, ambiziosi e sfrontati. Sono probabilmente quello che Robbert De Groot della Jumbo-Visma ha definito “corridori moderni”, con le caratteristiche e il carattere per fare sempre la differenza.

«Da professionista – dice Bennati – non mi sono mai specializzato nelle crono, salvo andare bene in qualche cronosquadre. Non ho fatto cross e neppure podismo, come ho visto fare su Instagram a Van Aert. Però grazie a loro le corse sono diventate esplosive e belle da seguire. Era da un po’ che non si vedeva gente così versatile. Quando correvo io c’era la specializzazione estrema, forse prima ancora era così…».

Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Namur 2020
Mathieu Van der Poel contro Wout Van Aert, scontro diretto a Namur. Nel cross sono fenomeni indiscussi
Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Namur 2020
Mathieu Van der Poel contro Wout Van Aert, scontro diretto a Namur. Nel cross sono fenomeni indiscussi

Occhio da cittì

Il tema è caldo. Per la sua capacità di analizzare i corridori, Bennati meriterebbe a buon titolo il ruolo di tecnico della nazionale, ma è chiaro che in questo momento chiunque riceva l’incarico di succedere a Cassani (sempre che Davide sia da sostituire) rischi di beccare in faccia un boomerang piuttosto veloce. E poi siamo sicuri che il ruolo del cittì azzurro in Italia resterà come l’abbiamo sempre conosciuto?

Cominciamo da Van Aert, cosa te ne pare?

E’ veloce, al punto da vincere le volate di gruppo. Però spesso sbaglia. Parte sempre lunghissimo e rischia di farsi rimontare, succede quando ti senti il più forte. Sono contento per Carapaz, ma alle Olimpiadi il più forte era Van Aert. Che oltre ad andare bene in volata, vince le crono.

Pidcock ha 4 anni meno di entrambi, è alla pari in salita e anche veloce
Pidcock ha 4 anni meno di entrambi, è alla pari in salita e anche veloce
Invece Van der Poel?

E’ molto più esplosivo, però ha meno fondo. E poi commette delle leggerezze. Non so a chi attribuire la colpa, ma quella della pedana a Tokyo è stata troppo grande. Lui ha subito detto che avrebbe dovuto esserci, ma lo sapevano tutti che sarebbe stata tolta.

Si dice che fra i due, Van der Poel sia quello con più talento.

Sarà, ma Van Aert è quello che l’anno scorso al rientro ha vinto Sanremo e Strade Bianche e nello scontro diretto ha perso il Fiandre ma solo in volata. A parte gli errori di partire lungo nelle volate, secondo me Van Aert corre meglio.

Pensi che finirà nel mondo dei grandi Giri?

Se lo fa, secondo me sbaglia. In salita non può essere al livello degli scalatori, ma in questo ciclismo mai dire mai. Secondo me, un tentativo lo farà.

Sembra che gli venga tutto facile.

Sono giovani, sono indubbiamente dei fenomeni, ma con tutte le specialità che fanno, raschiano in continuazione il limite delle energie. Lo vedete Van der Poel agli arrivi, sempre distrutto? Arriva morto, riesce a dare l’anima e si vede che il cross gli dà la possibilità di fare questi fuori giri. Più degli altri. Van der Poel mi piace tanto, ma a volte non lo capisco. Potrebbe vincere con molto meno, invece parte a 60 chilometri dall’arrivo…

Al Tour è stato lucido…

Vero, con Van Aert che per contro è partito un po’ in sordina. C’è da capirlo, era in Francia per aiutare Roglic, ma vincere la crono del sabato e la volata di Parigi il giorno dopo è tanta roba. Stanno cambiando il ciclismo…

Thomas Pidcock, Giro d'Italia U23, Aprica 2020
Pidcock ha vinto il Giro d’Italia U23 2020: quest’anno malgrado i risultati già raccolti è un neopro’. Anche lui nel club dei fenomeni
Thomas Pidcock, Giro d'Italia U23, Aprica 2020
Pidcock ha vinto il Giro d’Italia U23 del 2020: quest’anno malgrado i risultati già raccolti è un neopro’
In che senso?

Van Aert vince la volata di Parigi, mentre Pogacar, che ha vinto due Tour, quasi lo batte in volata alle Olimpiadi. Sanno fare tutto al livello più alto, sono dei grandi.

E Pidcock come lo incastoniamo nel mosaico?

E’ appena passato, difficile valutarlo su strada. Certo però, uno che vince il Giro U23 e l’anno dopo fa quello che ha fatto l’inglese, tanto comune non è. Ha vinto la Freccia del Brabante, battendo Van Aert partito troppo lungo. E per lo stesso motivo stava per vincere l’Amstel. Su strada resta da verificare, nel cross spesso le ha beccate, ma ha anche qualche anno in meno ed è fra quelli che se la gioca. Uno dei fenomeni, insomma. E’ proprio un bel ciclismo, è dura andare ai mondiale a giocarsela con gente così. Dura davvero…

Thomas Pidcock Les Gets 2021

Pidcock, ritorno alla Mtb a Les Gets, con molti dubbi

05.07.2021
3 min
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Mentre Mathieu Van Der Poel concentrava in una settimana il massimo delle emozioni al Tour, conquistando la maglia gialla e saldando un vecchio debito con la memoria di suo nonno, Tom Pidcock riassaporava la Mtb, in quel di Les Gets, rituffandosi nella Coppa del mondo (foto di Alessandro Di Donato).

Rivederlo in gara a solamente un mese dalla caduta in allenamento ad Andorra, che era costata al talento della Ineos Grenadiers la frattura della clavicola, ha del miracoloso, a prescindere da come sia andata la prova transalpina.

Pidcock Les Gets 2021
Il britannico in azione a Les Gets: il clima francese non lo ha favorito, come anche altri biker
Pidcock Les Gets 2021
Il britannico in azione a Les Gets: il clima francese non lo ha favorito, come anche altri biker

Un mese dall’operazione, un mese a Tokyo

Il contrattempo, risolto con un’operazione lampo a Girona, aveva costretto il britannico a riscrivere completamente la sua tabella di marcia verso la gara olimpica di Mtb del 27 luglio, che inizialmente ricalcava per sommi capi quella del suo rivale olandese. Pidcock voleva infatti rifinire la preparazione su strada affrontando una prova a tappe di medio cabotaggio come il Giro di Svizzera per poi concentrarsi sull’offroad, ma l’infortunio gli ha tolto questa possibilità, costringendolo quasi a ripartire da zero.

A Les Gets, sulle Alpi francesi, Pidcock ha trovato condizioni estreme, con pioggia e freddo e un terreno decisamente scivoloso, che è costato a molti la gara. Il britannico è partito con circospezione, chiudendo 28° il primo dei 7 giri a 58” dallo svizzero Mathias Fluckiger (Thomus RN Swiss Bike), leader di Coppa.

Pidcock world cup 2021
A Les Gets Pidcock aveva chiuso 16° lo short track di venerdì. In classifica generale ora è decimo
Pidcock world cup 2021
A Les Gets Pidcock aveva chiuso 16° lo short track di venerdì. In classifica generale ora è decimo

Problemi di tenuta

Nella seconda tornata però si tornava ad ammirare il talento del britannico che risaliva fino alla 14ª posizione grazie al secondo tempo parziale. Il suo recupero continuava nel terzo giro fino alla 12esima piazza, ma poi una nuova caduta sul fango gli consigliava prudenza e Pidcock si è ritirato.

Quella francese era l’ultima sfida al massimo livello prima della gara olimpica: quali indicazioni trarne? Tecnicamente Tom non sembra aver perso nulla soprattutto come esplosività, ma resta tutta da stabilire la sua condizione in termini di resistenza, di fronte a corridori come lo stesso VdP che ha retto al meglio una settimana di Tour o gli stessi specialisti come Fluckiger e l’ex pro’ Ondrej Cink (Kross Orlen) che da quando è tornato alla Mtb sembra aver trovato nuova linfa e si candida per un ruolo da protagonista a Tokyo.

Fluckiger Les Gets 2021
L’arrivo vittorioso di Fluckiger (Sui), già primo a Leogang e ora nettamente in testa alla Coppa del mondo (foto Red Bull)
Fluckiger Les Gets 2021
L’arrivo vittorioso di Fluckiger (Sui), già primo a Leogang e ora nettamente in testa alla Coppa del Mondo (foto Red Bull)

Italiani nella Top 10

Andando un po’ al di là della gara di Pidcock, la prova francese ha incoronato ulteriormente Fluckiger, sempre più padrone della challenge e in grande spolvero a differenza del “re” Nino Schurter, che comunque in condizioni climatiche a lui sempre indigeste ha chiuso buon quinto.

In chiave italiana ben 3 atleti nella Top 10, anzi ben 3 friulani, con Daniele Braidot sesto e suo fratello Luca, convocato per Tokyo, ottavo ma che nella prima parte era stato anche in testa e ha messo in mostra ottimi segnali al rientro dall’altura, lo stesso dicasi per Nadir Colledani, decimo, mentre Gerhard Kerschbaumer si è ritirato come Pidcock. Ora ultime tre settimane di allenamento, prima di giocarsi tutto al tavolo giapponese.

Pidcock Coppa Mondo 2021

Pidcock e la vittoria nel “suo” regno preferito

17.05.2021
4 min
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Certe volte viene da pensare che Tom Pidcock sia un grande talento “prestato” al ciclismo su strada. Il perché lo si capisce da come ha reagito alla sua vittoria nella seconda tappa di Coppa del Mondo di mountain bike, in quella Nove Mesto na Morave (CZE) dove già aveva conquistato ben 2 successi lo scorso anno fra gli under 23, su un percorso che evidentemente gli si addice come un guanto, sia che ci si gareggi in piena estate come nella strana stagione scorsa sia in quest’occasione, su un tracciato ancora intriso d’acqua piovana.

Le sue dichiarazioni del dopo gara dicono molto del suo pensiero: «Penso di essere nato per la mountain bike, è la specialità che pratico sin da quando ero piccolo e sinceramente è quella che mi diverte di più. La scelta di concentrarmi su di essa fino alle Olimpiadi è quella giusta e lo sto dimostrando».

Pidcock Nove Mesto 2021
Prima vittoria da elite per Pidcock, che nel 2020 aveva trionfato fra gli U23 (foto Redbull)
Pidcock Nove Mesto 2021
Prima vittoria da elite per Pidcock, che nel 2020 aveva trionfato fra gli U23 (foto Redbull)

Un dominatore assoluto

A Nove Mesto Pidcock non ha vinto, ha dominato, come era abituato a fare lo Schurter dei tempi migliori. Il campionissimo elvetico non ha potuto far altro che guardare da lontano l’impresa del britannico, non riuscendo mai ad avvicinarsi. Il suo settimo posto finale a 3’04” ha quasi il sapore di un passaggio di consegne, anche se dare il re per morto, a 70 giorni dalle Olimpiadi, è quantomeno azzardato…

Raramente un secondo posto ha un sapore così amaro. Mathieu Van Der Poel ha fatto fatica a digerirlo e questo traspare anche fra le righe del suo profilo Facebook: «Io amo questo percorso, sono andato forte ma non abbastanza perché Tom Pidcock ha volato». Inizialmente VDP ha messo in pratica la sua solita tattica, partendo a bomba per scrollarsi di dosso gli avversari, ma il rivale britannico era lì, incollato come neanche nelle prove di ciclocross era solito fare, poi intorno a metà gara, quando si stava avvicinando il pericoloso svizzero Matthias Fluckiger, Pidcock ha aperto il gas e la partita si è chiusa.

VDP Nove Mesto 2021
Un misto tra fatica e delusione sul viso di VDP al termine della sua prova, chiusa al 2° posto (foto Redbull)
VDP Nove Mesto 2021
Un misto tra fatica e delusione sul viso di VDP al termine della sua prova, chiusa al 2° posto (foto Redbull)

Quant’è amaro questo podio…

VDP lo ha visto andare via a un ritmo insostenibile, qualcosa che, nel mondo del fuoristrada, non era abituato a subire. Gli avversari, l’olandese dell’Alpecin Fenix ha continuato a tenerli dietro, finendo secondo a un minuto esatto da Pidcock, ma per uno che punta senza mezzi termini all’oro olimpico, per il quale ha sacrificato gran parte della stagione su strada, non è un bel segnale.

Un capitolo a parte lo merita il ceko Ondrej Cink (Kross Orlen) che ha chiuso 4° a due minuti, perché la sua storia è quella di un biker andato controcorrente. Considerato un campione sin da giovanissimo, destinato a raccogliere l’eredità di Jaroslav Kuhlavy olimpionico a Londra 2012 proprio davanti a Schurter, dopo aver conquistato podi mondiali ed europei, nel 2017 decise che era tempo di passare alla strada, come molti suoi colleghi.

Cink Nove Mesto 2021
Ondrej Cink, un talento ritrovato dalla Mtb e non compreso nel mondo dei pro’ (foto Redbull)
Cink Nove Mesto 2021
Ondrej Cink, un talento ritrovato dalla Mtb e non compreso nel mondo dei pro’ (foto Redbull)

Cink, professionista solo per poco

Ingaggiato dalla Bahrain Merida, Cink si è accorto presto di quanta differenza ci sia fra un mondo dove sei un riferimento e un altro dove invece sei uno dei tanti: un “lavoratore” per gli altri, dove il miglior risultato portato a casa è il 9° posto alla Vuelta Andalucia. Poco, troppo poco. L’anno dopo Cink ha fatto il passo indietro. Quel mondo non gli era piaciuto, ma per tornare quello di prima c’è voluto tanto tempo. Nel 2020 stava vincendo nella tappa di Coppa a Vallnord, ma all’improvviso fu costretto a fermarsi.

Il cuore batteva a 233 battiti al minuto. Riprese a correre, finì 10° ma quel problema andava scoperto e risolto. Neanche un intervento chirurgico ha però scoperto la causa dell’aritmia e Cink ha ripreso a gareggiare con la spada di Damocle sempre su di lui. Per questo un quarto posto è stato bello come un raggio di sole. Eppure è arrivato dietro Van Der Poel, ma lo stato d’animo era esattamente l’opposto…

VDP Coppa 2021

Vdp e Pidcock in Mtb, ad Albstadt il primo assaggio

10.05.2021
4 min
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Mentre il Giro d’Italia iniziava a entrare nel vivo e la maggior parte dei candidati al Tour ne approfittava per allenarsi, due giovani piuttosto noti come Van Der Poel (in apertura nella foto di Alessandro Di Donato) e Pidcock hanno messo da parte la bici da strada e iniziato il loro cammino nella Mtb, che dovrà portarli a Tokyo. Il britannico aveva assaggiato le ruote grasse nel weekend del 1° maggio andando a conquistare una tappa della Swiss Cup, Van Der Poel si è presentato direttamente ad Albstadt, per la prima di Coppa del mondo.

Molti pensavano che i due avrebbero fatto subito a pezzi i “puristi” della Mtb, dimenticando alcuni punti focali. Innanzitutto che la Mtb è come il ciclocross, molto si gioca alla partenza e se sei costretto a scattare dal fondo, come è capitato a Pidcock (colpa della mancanza di punti in Coppa negli anni precedenti) devi remare un bel po’ e spendere un carico enorme di energie per tornare davanti. Poi che l’abitudine l’acquisisci solo gareggiando e anche VDP se ne è accorto, eccome…

Pidcock Albstadt 2021
Pidcock, iridato U23 in Mtb, in azione ad Albstadt (foto Alessandro Di Donato)
Pidcock Albstadt 2021
Pidcock, iridato U23 in Mtb, in azione ad Albstadt (foto Alessandro Di Donato)

Primo round per i “biker puri”

Terzo punto, forse il più importante: non è che gli altri, quelli che dedicano tutta la stagione alla Mtb, vadano piano, anzi meritano molto rispetto. Uno come Nino Schurter, per curriculum e carisma, è all’altezza dei principali campioni dello sport e chi vorrà l’oro olimpico dovrà innanzitutto fare i conti con lui.

Ad Albstadt, nel tempio tedesco delle ruote grasse, lo ha dimostrato fino a pochissimo dal traguardo, mettendoli tutti in fila, setacciandoli con le sue accelerate terribili soprattutto in salita. Il marchio di fabbrica di Van Der Poel, uno dei pochissimi che in passato aveva dimostrato di saper reggere, ma stavolta ha sentito le gambe pesanti e da metà gara in poi ha viaggiato fra i primi, senza però dare mai la sensazione di poter vincere.

VDP Albstadt 2021
Van Der Poel mancava dalla Mtb dal 2019, quando vinse 3 gare di Coppa e il titolo europeo (foto Alessandro Di Donato)
VDP Albstadt 2021
Van Der Poel mancava dalla Mtb dal 2019 (foto Alessandro Di Donato)

La beffa del francesino…

Fino a pochissimo dal traguardo? Sì, perché dietro Schurter si è posizionato Victor Koretzky, uno della nouvelle vague francese che sta riportando la Marsigliese a risuonare nei grandi eventi di Mtb. Il portacolori della KMC Orbea si è mantenuto dietro l’elvetico per sopravanzarlo prima dell’ultima curva, sapendo che così avrebbe avuto in mano la corsa e così è stato.

Van Der Poel ha chiuso settimo a 1’13” e per ora va già bene così, anche perché due giorni prima, nella specialità dello short track (una sfida molto più breve, su un circuito ridotto, utile per stabilire le prime file di partenza) aveva dato una lezione a tutti. Lo aveva detto alla vigilia: «E’ un anno e mezzo che non gareggio in mountain bike, non posso sapere come reagiranno le mie gambe». C’è da scommettere che già a Nove Mesto la musica sarà già diversa.

Un capitolo a parte lo merita Pidcock: lo avevamo lasciato in fondo al gruppo, ma il corridore della Ineos Grenadiers si è subito scatenato tanto che alla fine del primo giro era già nella Top 10. Alla fine ha chiuso 5° ad appena 29” da Koretzky. Il che significa che domenica potrà già partire insieme ai big, fianco a fianco, ma con tante energie in più e quel percorso in Repubblica Ceka gli piace assai…

L’Amstel dei millimetri e delle dure lezioni

18.04.2021
5 min
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Se nessuno si è lamentato, vuol dire che il risultato del fotofinish sta bene a tutti, anche se a guardare le immagini, Pidcock dà ancora adesso la sensazione di esserci passato per primo. L’Amstel si è conclusa da poco e dalla valutazione dei pixel della fotocamera dell’arrivo emerge che il vantaggio di Van Aert sulla linea è di 6 millimetri. Il podio ha posto fine a ogni possibile dubbio, il belga ha capito al Brabante che del piccolo inglese non poteva fidarsi e lo ha preso sul solo piano in cui era certo di poterlo sopraffare: quello della potenza. Ma c’è mancato davvero poco.

La vittoria è stata assegnata a Van Aert con margine di 6 millimetri
La vittoria è stata assegnata a Van Aert con margine di 6 millimetri

Rammarico Pidcock

Pidcock ha tirato su col naso ed è tornato verso il pullman. Il suo programma prevede che resti al Nord fino alla Freccia e poi torni a casa, ma non ci stupiremmo se gli chiedessero di farsi un giretto anche sulle colline fra Liegi e Bastogne.

«Sarei dovuto partire per primo – ha detto Pidcock – perché ero più veloce. Questa è stata una grande lezione. Ho lasciato a Wout un piccolo margine, ma eravamo troppo vicini al traguardo. Ero dietro di lui, mentre sarei dovuto restare al comando. Ho fatto una buona gara. Penso di essere stato il più forte e sono contento di quella sensazione. Ma è frustrante che la differenza sia stata così piccola».

Alaphilippe ha provato a fare il forcing sul Cauberg, ma non ha fatto male
Alaphilippe ha provato a fare il forcing sul Cauberg, ma non ha fatto male

Miglior italiano

«C’è mancato poco anche che li prendessimo – scherza Kristian Sbaragli, settimo all’arrivo – sono stati fortunati che Chaves ha bucato. Stava tirando per Matthews e di colpo, ciao… Sennò con lui che tirava e anche un mio compagno, non so se ce la facevano. Ma con i se e con i ma non si va da nessuna parte, per cui onore al vincitore».

Il migliore degli italiani si è reso conto subito che nella sua squadra mancava un nome importante e che se ci fosse stato lui, la corsa probabilmente non sarebbe arrivata tutta impacchettata fino agli ultimi 40 chilometri.

L’attacco decisivo di Pidcock, che si è dimostrato il più brillante in salita
L’attacco decisivo di Pidcock, che si è dimostrato il più brillante in salita

«Ma secondo me – dice – oltre che per l’assenza di Van der Poel, siamo andati tutti cauti perché nessuno conosceva il nuovo percorso. Compatti fino all’ingresso nel circuito del Cauberg, poi sono iniziate a saltare ugualmente le gambe, perché è venuta ugualmente dura. Eppure gli siamo arrivati a 3 secondi. Ho fatto una bella volata, mi porto a casa una bella top 10, un settimo posto tutto in linea con gli altri. Potevo benissimo essere quarto. Siamo arrivati a tanto così dal giocarci un’Amstel nonostante, senza Mathieu, nessuno ci desse un soldo bucato».

Lezione imparata

Van Aert è rimasto per un paio di minuti lunghi una vita al centro della strada, cercando nello sguardo dell’altro la conferma per una sensazione che non è mai stata davvero netta.

Per 5 minuti sullarrivo, Van Aert non credeva di aver vinto l’Amstel
Per 5 minuti sullarrivo, Van Aert non credeva di aver vinto l’Amstel

«Il margine è stato davvero piccolo – ha detto – perché dopo il traguardo non riuscivo a rendermi conto di nulla. Pochi istanti dopo, mentre alla radio mi dicevano che avevo vinto, sul maxi schermo ho rivisto le immagini e mi sono tornati i dubbi. Ci ho creduto solo quando la Giuria è entrata nel locale in cui ci stavamo cambiando e mi ha dato la conferma. Io da solo non ci sarei riuscito. La sola lezione che ho imparato mercoledì alla Freccia del Brabante è di non sottovalutare mai più Pidcock, anche se onestamente non credevo di averlo fatto. Oggi è stato uno sprint diverso, più veloce e piatto, quindi sapevo che era a mio favore. Ma a giudicare dal margine risicato, devo dire che ho trovato un grande avversario. Quel ragazzino è davvero forte».

Sul podio dell’Amstel, prima il momento dei fiori, poi quello della birra
Amstel, prima il momento dei fiori, poi quello della birra

Cosa fa Valverde?

Il resto è sparito nel segno della fatica che si è insinuata nelle gambe nonostante un dislivello non certo proibitivo. Come dice Sbaragli, ogni cinque minuti c’era una salita e questo alla lunga ha messo il piombo nelle gambe di tutti, soprattutto di quelli che sono arrivati a questo inizio di sfide al Nord con la riserva già accesa. Potrebbe essere il caso di Alaphilippe, ad esempio, che ha chiuso al sesto posto: forse il finale non si addiceva alla sua esplosività, ma per sapere come stanno davvero le cose, basterà aspettare un paio di giorni. Mentre Van Aert annuncia che ora la bici finirà in garage e Van der Poel ha annunciato un bel mese lontano dalle corse, per Julian arriva il clou della stagione. Cresce intanto il vecchio Valverde. Forse darlo per morto troppo presto non è stata la scelta migliore.

Brabante a Pidcock, adesso Thomas fa paura

14.04.2021
4 min
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Era bastato vederlo pedalare sugli strappi del Fiandre per capire che Tom Pidcock stesse crescendo, mentre gli altri iniziavano a vedere la riserva. Ma siccome il mondo del ciclismo è restio a dare spazio agli… intrusi, si pensava forse che il neoprofessionista star del cross potesse farsi un altro giro in sala d’attesa. Senza considerare che la Freccia del Brabante inizia a somigliare più a una corsa su strada che ad una sfida sui muri e le doti da scalatore del britannico sarebbero venute a galla. A costo di risultare ripetitivi, chiunque lo abbia visto vincere il Giro d’Italia U23 si è reso conto che quella superiorità non fosse affatto banale.

«Stavo bene – ha detto a caldo Pidcock e con una punta di malizia – perché finalmente sono riuscito a fare una settimana di allenamenti senza interruzioni. Van Aert è andato a tutta per tutto il giorno e io per stargli a ruota ho dovuto fare gli stessi suoi watt. Ma forse alla fine ha esagerato, mentre io sapevo che sarei potuto arrivare ancora con margine nel finale».

La Freccia del Brabante si corre nel circuito di Overijse che ospiterà i prossimo mondiali
Si corre nel circuito di Overijse che ospiterà i prossimo mondiali

Finale nervoso

Corsa di transizione, regno di uomini potenti e veloci e di campioni eclettici come Pidcock. Raramente negli ultimi tempi si era visto un atleta capace di domare il Mortirolo e poi di spianare i muri battendo in volata lo stesso Van Aert che alla Tirreno beffava i velocisti e alla Gand ha piegato Nizzolo, Trentin e Colbrelli.

«So che giocarsi in volata una corsa come questa – ha detto – non è esattamente come fare le volate al cartello alla fine dell’allenamento. Di solito ho fiducia nei miei mezzi, ma questa volta stavo diventando un po’ nervoso, perché il gruppo risaliva e noi eravamo fermi. Per fortuna è partito Van Aert…».

A 26 chilometri dall’arrivo della Freccia del Brabante, l’allungo di Matteo Trentin
A 26 chilometri dall’arrivo, l’allungo di Matteo Trentin

Trentin guarda lontano

Corsa di transizione, ma ugualmente animata dall’agonismo sfrenato di questi ultimi mesi. E quando a 26 chilometri dall’arrivo Trentin ha piazzato il suo allungo, con un po’ di ottimismo si è pensato tutti che finalmente Matteo volesse scrollarsi di dosso la iella delle apparizioni precedenti. 

«Ho iniziato l’ultimo giro del circuito con un discreto vantaggio – ha raccontato – ma non ho potuto niente contro il gruppo in rimonta. Quando ho visto Van Aert e Pidcock avvicinarsi, ho abbassato il ritmo per risparmiare un po’ di energie. Le gambe stavano bene oggi e mi è mancato soltanto il guizzo finale. Ha vinto giustamente chi è arrivato al traguardo con più freschezza. Non vedo l’ora di tornare ad affrontare questi percorsi nel mondiale a settembre».

Van Aert ha speso tanto: «Forse troppo», annota Pidcock, vincitore della Freccia del Brabante
Van Aert ha speso tanto: «Forse troppo», annota Pidcock

Van Aert è nero

Preso Trentin, nella testa di Van Aert deve essere scattata la convinzione della vittoria già in tasca, senza considerare che il modo di correre come al solito dispendioso lo avrebbe esposto alla rimonta dei rivali. E mentre Trentin nello sprint alzava subito bandiera bianca, il belga ha provato fino all’ultimo e poi è parso davvero contrariato, come si conviene a chi corre sempre per vincere.

«A un certo punto – ha detto il belga, riconoscendo la superiorità dell’avversario – ho capito che Tom aveva più gambe di me. Ha dato un paio di accelerate e per stare con lui ho dovuto stringere i denti. Ma speravo di farcela ed è proprio fastidioso essere entrato nuovamente nella giusta selezione e non essere riuscito a vincere».

Un paio di tirate di Pidcock mettono alla frusta i compagni di fuga
Un paio di tirate di Pidcock mettono alla frusta i compagni di fuga

Assaggio iridato

Terzo a Kuurne, quinto alla Strade Bianche, nel vivo ma poi staccato ad Harelbeke e al Fiandre, Pidcock farà ora rotta verso Amstel e Freccia Vallone, dove il suo peso leggero potrebbe giocare ancora qualche brutto scherzo agli avversari. Poi staccherà con la strada e inizierà a lavorare per le Olimpiadi in mountain bike. Il percorso della Freccia del Brabante ha intanto consentito ai corridori di prendere le misure con l’anello di Overijse che metterà il sale nel prossimo mondiale di settembre, come bici.PRO vi ha anticipato in esclusiva. Lo strappo di Moskesstraat ha fatto male. E vista la selezione di questi 201 chilometri, immaginando quel giorno di doverne fare altri 60, c’è da pensare che il mondiale di Leuven sarà un po’ meno veloce del previsto.