Pidcock e Ferrand Prevot, due ori Ineos dalle genesi diverse

31.07.2024
5 min
Salva

Per la Ineos Grenadiers Parigi è qualcosa che evoca grandi successi “gialli” e che ora ha anche un forte sapore olimpico. Sia Pauline Ferrand Prevot che Thomas Pidcock, i due campioni olimpici di mtb, sono in forza al team britannico, ma la loro conquista dell’oro a cinque cerchi, sfalsata di 24 ore, ha un sapore ben diverso dall’uno all’altro. Entrambi però dal 2025 saranno probabilmente destinati ad altri lidi: se per la francese cambierà tutto, lasciando la mtb, per Pidcock c’è la possibilità di trovare un nuovo team pur avendo un contratto fino al 2027. La Ineos non sarebbe contraria, in quanto libererebbe una copiosa fetta del monte ingaggi.

Il ciclomercato ha in parte influito sulle loro prove, anche perché rappresenta il futuro dopo l’aver ottenuto il proprio obiettivo stagionale. In maniera diversa come diverse erano le prospettive e le radici. Partiamo da Pauline, chiamata alla gara della vita, davanti al proprio pubblico. Chiamata soprattutto a sfatare la maledizione olimpica: per tre volte era partita per vincere, a Londra 2012 sognava addirittura la doppietta strada-mtb, a Tokyo 2020 quasi nessuno avrebbe scommesso sulla sconfitta sua e/o della Lecomte e questa era stata una delle maggiori delusioni di tutta la spedizione francese.

L’arrivo trionfale della Ferrand Prevot, un momento che attendeva da tre anni
L’arrivo trionfale della Ferrand Prevot, un momento che attendeva da tre anni

Un’Olimpiade diventata ossessione

Da allora l’oro era diventato un’ossessione e la Ferrand Prevot per esso aveva sacrificato tutto: chi le è vicino parla di una ragazza solare e allegra che si era chiusa in se stessa, sembrava quasi triste anche dopo le vittorie in Coppa del Mondo. Al punto che da quasi un anno non risponde al cellulare né ai messaggi, a nessuno se non della sua stretta cerchia.

«Quando ho vinto l’ultimo mondiale, lo scorso anno a Glasgow– raccontava la transalpina dopo l’oro olimpico – ho avuto una successiva notte insonne, piena di pensieri. Per dissiparli ho preso la bici e in piena notte mi sono fatta due ore e mezza di pedalata per schiarirmi le idee. Sentivo forte la pressione per quest’oro, era quello che tutti volevano, ma anch’io lo volevo per ragioni diverse. Dovevo chiudere una pagina della mia vita, a questa ho sacrificato tutto, ho sacrificato soprattutto me stessa, il mio carattere, la mia creatività, diventando un’altra persona».

Le lacrime sul podio tradiscono l’emozione della francese, dopo la terribile delusione di Tokyo 2020
Le lacrime sul podio tradiscono l’emozione della francese, dopo la terribile delusione di Tokyo 2020

Un’attesa vissuta da asceta

Chi la conosce parla di una Pauline quasi maniacale nell’allenamento come nell’alimentazione, priva di quel caratteristico sorriso che la contraddistingueva, chiusa in un assoluto ascetismo. Forse un po’ schiacciata dall’essere una delle vincitrici quasi annunciate, un po’ come Marchand nel nuoto o le americane nella ginnastica. Per questo l’oro ha il sapore della liberazione e subito dopo, alla premiazione, sembrava una ragazza diversa, liberata, quasi ebbra di gioia.

Ora può riaprirsi al mondo e anche per questo ha bisogno di cambiare. Già prima della gara olimpica aveva detto che voleva lasciare il mondo che le ha dato tanto per tornare alla strada, con obiettivi precisi: il Tour de France Femmes in primis perché sente di poter dire la sua per la maglia gialla, poi la Roubaix che per una biker è corsa che più di altre si attaglia. Ma in generale tutte le classiche possono essere terreno di caccia per chi, pur in una carriera da stradista a mezzo servizio, ha dalla sua sempre un titolo mondiale e una Freccia Vallone.

La volata vincente della Ferrand Prevot a Ponferrada nel 2014, che le valse il titolo mondiale
La volata vincente della Ferrand Prevot a Ponferrada nel 2014, che le valse il titolo mondiale

Pidcock cambierà aria?

Per Pidcock la situazione è diversa, anzi quasi opposta se aveva dichiarato a fine stagione che con l’oro olimpico avrebbe messo la parola fine alla mtb. Il suo amore per le ruote grasse è troppo forte e chi gli è intorno dice che già pensa al tris, mai raggiunto da nessuno. Per questo però ha bisogno di un supporto che gli garantisca di continuare nella multidisciplina e i suoi legami personali di sponsorizzazione con la Red Bull fanno pendere la bilancia verso il team tedesco, che non ha problemi di budget.

Intanto però la sua vittoria non è stata scevra da polemiche. Quando ha forato, lasciando via libera al padrone di casa Koretzky, il pubblico è esploso sognando il trionfo, ma piano piano Pidcock ha eroso il vantaggio fino a riagganciarsi a due giri dalla fine. Poi è stato lui a provare a staccare il rivale, che però sembrava incollato. Fino a quel passaggio finale…

Sul percorso parigino il britannico ha messo in fila Koretzky (FRA), Hatherly (RSA) e Braidot (ITA)
Sul percorso parigino il britannico ha messo in fila Koretzky (FRA), Hatherly (RSA) e Braidot (ITA)

La giusta traiettoria

Un pezzo tecnico ma neanche troppo, casella di un percorso vario e neanche troppo disprezzabile per essere cittadino. Sul sentiero c’erano due alberi, si poteva passare in mezzo oppure esterni. Pidcock aveva sempre scelto la traiettoria esterna, all’ultimo giro, vedendo il francese fare lo stesso ha scelto l’altro passaggio per superarlo. Nella ricongiunzione inevitabile il contatto: «Mi ha toccato allentandomi la scarpa – lamentava Koretzky, tornato quest’anno alla Mtb dopo aver chiuso la sua esperienza alla B&B Hotels prima e alla Bora dopo senza aver lasciato il segno – ha spinto anche molto, è stata una mossa mediocre per non dire altro…».

La Francia però non ha sporto reclamo, dando di fatto ragione alle parole di Pidcock: «Non ho fatto niente di male, lui era davanti e ha fatto la sua scelta, ho visto un’opportunità e l’ho colta, in un punto che non si attendeva. Ma queste sono le Olimpiadi, baby…».

Pidcock durante il riscaldamento: anche a Parigi ha dimostrato di avere una marcia in più
Pidcock durante il riscaldamento: anche a Parigi ha dimostrato di avere una marcia in più

Ora la sfida della strada

La sua reazione alla vittoria è stata più contenuta, quasi si aspettasse anche lui che le cose andassero così. Attenzione però perché ora lo attende la prova in linea e chi lo conosce dice che nella mente gli frulla qualcosa. In una gara pazza come può essere quella olimpica, priva di squadre in grado di controllarla, chissà che il suo modo di correre garibaldino, da biker non possa regalargli qualche soddisfazione. In fin dei conti, gente come Van der Poel o Van Aert nessuno la conosce meglio di lui…

Challenge e Cycled Project donano “stile” al riciclo 

25.07.2024
3 min
Salva

Quando si pensa a Challenge il primo pensiero va immediatamente al ciclocross. Senza andare molto indietro nel tempo, nel 2022 negli Stati Uniti, esattamente a Fayetteville, Thomas Pidcock diventava campione del mondo montando coperture Challenge sulla sua Pinarello. Un sodalizio davvero incredibile quello fra il fuoriclasse britannico e Challenge. Il campione originario di Leeds ha saputo conquistare in carriera la maglia iridata del ciclocross nelle categorie Junior, U23 ed Elite, ed in tutte queste occasioni l’ha fatto montando coperture Challenge.

Luca e Silvio Ponente, fondatori di Cycled Project
Luca e Silvio Ponente, fondatori di Cycled Project

Non solo gare

Challenge ha deciso di recente di non limitarsi alla semplice progettazione e produzione di coperture altamente performanti….e nel caso di Pidcock vincenti. Ha voluto infatti dare nuova vita alle proprie coperture una volta giunte alla naturale conclusione del loro ciclo di vita. Per farlo Challenge ha attivato una collaborazione davvero speciale con Cycled Project, realtà specializzata nella trasformazione di pneumatici riciclati in accessori eleganti ed ecologici.

A creare nel 2014 Cycled Project sono stati due fratelli veneziani, Luca e Silvio Potente, desiderosi di dare vita ad un progetto fondato sulla passione per il ciclismo e sulla ricerca di infiniti modi per dare nuova vita agli pneumatici per bici da corsa. A guidarli un solo credo, come segnalato sul loro sito: l’economia circolare!

La sostenibilità

L’economia circolare è strettamente collegata al tema della sostenibilità, da sempre al centro delle politiche aziendali di Challenge. Ogni fase nella lavorazione di ogni singola copertura è finalizzata a ridurre al minimo l’impatto con l’ambiente, senza però che questo vada minimamente a discapito della qualità del prodotto finale. La riduzione dell’impatto sull’ambiente passa oggi anche attraverso la capacità di trasformare gli pneumatici usati in accessori durevoli e alla moda. Tra questi ci sono cinture eleganti e pratici portachiavi, ciascuno realizzato a mano da Cycled Project con meticolosa attenzione ai dettagli e l’impegno appunto nell’utilizzo di materiali riciclati.

Nelle intenzioni di Challenge e Cycled Project gli accessori creati non solo devono mettere in mostra la durabilità e la qualità dei materiali riciclati degli pneumatici, ma anche incarnare i valori condivisi della loro collaborazione: innovazione, sostenibilità e dedizione a fare una differenza positiva nel mondo.

L’invito che arriva oggi da Challenge e da Cycled Project è quello di regalare o regalarsi un accessorio elegante, e soprattutto sostenibile, che ci accompagni nel nostro tempo libero. E’ possibile vedere gli accessori nati dalla collaborazione con Cycled Project sulla pagina dedicata all’interno del sito internet di Challenge.

Challenge

Pidcock torna alla mtb. Col Tour sempre nel mirino

17.06.2024
5 min
Salva

Una cosa è certa: nessuno sta affrontando il percorso di avvicinamento al Tour de France come Tom Pidcock. Il suo è un continuo saltellare dalla bici da strada alla mtb e solamente il futuro dirà se è quello giusto. Il britannico è per certi versi tirato per la giacchetta tra chi guarda alla Grande Boucle sognando un possibile podio e chi invece punta a un clamoroso bis olimpico nelle ruote grasse, non dimenticando il fatto che, fra la conclusione della corsa a tappe e la prova di mtb a cinque cerchi ci saranno solamente 8 giorni.

Il primo a essere conteso è lo stesso britannico della Ineos Grenadiers (in apertura, foto Ramos) che vuole entrambe le cose e non ne fa mistero. Per questo si allena contemporaneamente per le due discipline, seguendo schemi che ha collaudato nel tempo. Il bello è che lo stesso Tom ne parla tranquillamente, molto meno tranquillo è il suo preparatore Kurt Bogaerts, che già di per sé è molto restio a comparire e che sul tema non proferisce parola, pensando a continuare a far lavorare il suo pupillo.

Pidcock ha chiuso 5° nella cronoscalata finale in Svizzera, a 50″ da Almeida
Pidcock ha chiuso 5° nella cronoscalata finale in Svizzera, a 50″ da Almeida

5 utili giorni di montagna

Pidcock è reduce da un Giro della Svizzera che, al di là del sesto posto finale, gli ha lasciato ottime sensazioni, soprattutto la cronoscalata: «Ho fatto la mia miglior prova contro il tempo da quando sono professionista – ha affermato all’arrivo – Quando ho iniziato la corsa elvetica ero appena sceso dall’altura e all’inizio le gambe non giravano, ma col passare delle giornate sono andato sempre meglio. I dati sono molto incoraggianti, soprattutto ritengo utile aver affrontato cinque giorni consecutivi di montagna, mi hanno fatto sentire sempre meglio ed è stato il miglior viatico per il Tour».

Ora però Pidcock resta in Svizzera. Niente campionati nazionali, c’è un altro evento che l’interessa: «Il fine settimana sarò a Crans Montana per affrontare la tappa di Coppa del Mondo di mountain bike, è un test importante per misurarmi con i miei avversari a Parigi. La forma c’è, ora bisogna riabituarsi in pochi giorni a un tipo di sforzo molto diverso».

Sesto posto finale nella corsa a tappe elvetica, dopo un inizio difficile buone sensazioni in salita
Sesto posto finale nella corsa a tappe elvetica, dopo un inizio difficile buone sensazioni in salita

Due allenamenti complementari

Il principale cruccio del britannico è proprio il lavoro specifico per la mountain bike, che viene giocoforza un po’ penalizzato in questo periodo della stagione: «So che non mi alleno in mtb quanto dovrei – ha detto in un’intervista su Cycling Weekly – ma io penso che i due tipi di allenamento siano abbastanza intercambiabili. Ora sto sicuramente facendo più sforzi in superleggera, il che significa fare più volume, ma questo lavoro si rivelerà utile anche per il fuoristrada. Io sono convinto che le due discipline si completino a vicenda».

Il passaggio repentino da una disciplina all’altra è per Pidcock cosa usuale, è anzi diventato una sorta di tradizione. Molti sono rimasti stupiti dalla sua scelta, all’indomani della sua quarta vittoria a Nove Mesto, nella tappa di Coppa, di atterrare a Barcellona e da lì, al lunedì, effettuare più di 230 chilometri verso la sua casa ad Andorra, il che vuol dire oltre 4.000 metri di dislivello: «Ho impiegato più di 8 ore in bici” affermava tramite social per poi spiegare nel dettaglio.

Pidcock prepara il Tour de France dove punta a far classifica, per poi pensare al bis olimpico
Pidcock prepara il Tour de France dove punta a far classifica, per poi pensare al bis olimpico

I lunghi viaggi in mtb

«I lunghi viaggi mi danno la possibilità di decomprimere la mente, di rilassarmi. Oltretutto, in bici ho scoperto posti e visto località che in auto non avrei mai apprezzato. Già due anni fa feci il trasferimento da Albstadt in Germania a Nove Mesto in Repubblica Ceka in bicicletta, oltre 190 chilometri e i risultati non mi pare che ne risentirono… Per me quella è una tradizione di primavera, è come se avesse un valore al di là dell’aspetto prettamente tecnico, è un buon auspicio. E poi sono sempre chilometri messi in cascina…».

Chi pensava che l’amore di Pidcock per la mtb stesse venendo meno (visto che aveva preannunciato come dal 2025 si dedicherà quasi esclusivamente alla strada) è servito. D’altronde i risultati che il britannico ottiene in mountain bike sono strategici nell’evoluzione della sua carriera. Quindi risponde stizzito a chi lo critica: «Sarò io e nessun altro a decidere come voglio che sia il mio Tour de France. Altrimenti non si otterrà nulla da me. Devo credere nella mia idea di come affrontare la Grande Boucle, come avvicinarmi, che cosa fare.

In mtb il britannico ha già dominato a Nove Mesto, per la quarta volta in carriera
In mtb il britannico ha già dominato a Nove Mesto, per la quarta volta in carriera

«Nessuno sarà come Pidcock…»

«Chi mi è accanto sa come lavoro e quanto sono serio, so che cosa serve per ottenere il mio obiettivo. So che molti guardano la mia carriera, paragonandola a quella di Pogacar o Evenepoel che sono della mia generazione e mi criticano. Ci sta, ma credo che al termine della mia carriera, se avrò vinto una classica Monumento o un mondiale su strada, unendoli a quel che ho portato a casa fra ciclocross e mountain bike, si potrà dire che come Pidcock non c’è stato proprio nessuno…».

Pidcock come Harry Potter. Magie in discesa, vittoria sull’Alpe

14.07.2022
5 min
Salva

Questa mattina al via Thomas Pidcock era molto serio. Molto più del solito. Era uno dei pochi che stava facendo i rulli sulla sottile striscia di ombra del suo bus. Torso semi-nudo e pantaloncini, mulinava gambe e pensieri nella testa.

Alla luce di tutto questo, poteva starci che stesse tramando qualcosa. La riunione in casa Ineos-Grenadiers l’avevano già fatta.

E noi? Il tempo di montare in auto per fare il trasferimento da Briançon all’Alpe d’Huez e appena arrivati in sala stampa ce lo siamo ritrovati a fare pieghe da MotoGp con Froome a ruota.

Al via di Briancon, l’inglese era concentrato sui rulli, uno dei pochi a farli
Al via di Briancon, l’inglese era concentrato sui rulli, uno dei pochi a farli

Biker inside

Pidcock ha sempre dichiarato di essere un biker, prima ancora di uno stradista. La scorsa domenica si è disputata una super classica di Coppa del mondo: il cross country di Lenzerheide, tra l’altro vinta dal nostro Luca Braidot. Una bolgia con i suoi 50.000 e passa spettatori. Lenzerheide, in Svizzera, corrisponde ad un Fiandre per il Belgio o a una Roubaix per la Francia.

«Mi sarebbe molto piaciuto esserci», aveva detto il campione olimpico in carica. Chissà se adesso dopo questa vittoria prestigiosa sull’Alpe d’Huez, tappa regina del Tour de France, la pensa ancora così?

«Sono davvero felice – ha raccontato l’inglese – ho vinto su una salita iconica. Tutta quella gente lungo la scalata. E’ stata una delle esperienze più belle e folli della mia vita. E’ incredibile».

Dopo l’arrivo, al termine comunque di una scalata gestita con coraggio, Tom crolla. Non proprio sulla linea, come Vingegaard alla Planche, ma appena lo portano nella zona transennata del podio. Lì, si siede. Abbraccia il massaggiatore che lo ha sostenuto e per qualche istante sembra scoppiare in lacrime. Poi mette la testa tra le mani e respira profondamente.

Una discesa storica

Nella discesa che conduceva dal Galibier alla valle della Maurienne, Pidcock ha regalato emozioni. Si è vista tutta la sua classe nel guidare la bici. Non si è campioni olimpici di mtb per caso! Curve rotonde, fatte ad un velocità di entrata pazzesca e una d’uscita altrettanto elevata. Sfruttava tutta la strada.

«Per me è naturale. Credo di essere sceso sempre in sicurezza – dice Pidcock – ho sempre avuto un buon feeling con la bici, con le gomme. Sì – aggiunge scherzando – ogni tanto mi ritrovavo Froome in frenata!».

Sir Bradley Wiggins che lo seguiva era in estasi. Non credeva ai suoi occhi. Un vero show. Specie dopo che ha toccato e superato i 100 chilometri orari in più di un’occasione. Volava. Ha tirato delle curve che sono state delle vere magie. Magie degne del suo connazionale Harry Potter!

Voglia di vincere

Questa tappa però la voleva. La voleva lui e la voleva la sua squadra. A conti fatti era l’unico che poteva fare qualcosa. Thomas era troppo marcato e gli altri non avevano gamba a sufficienza su un percorso simile.

«In realtà la volevo già da un po’ – dice Pidcock – Avrei voluto fare bene anche nella quinta tappa (quella del pavè, ndr). Ma non era facile azzeccarla e azzeccare la fuga in quelle successive. Anche oggi all’inizio la Jumbo-Visma ha controllato molto, non ha lasciato spazio. E infatti in cima al Galibier il distacco dai fuggitivi non era tanto e così ci ho provato».

Giustamente Pidcock ha pensato che Vingegaard e i suoi non si sarebbero presi troppi rischi per rintuzzarlo. Alla fine lui aveva pur sempre 11’12” di ritardo dalla maglia gialla. E ha pensato bene.

Ma anche la sua scalata è stata ottima al pari (quasi) delle sue discese.

«Una scalata folle. Con tutta quella gente non riuscivo a sentire la radiolina, non capivo nulla. Però è stata un’emozione, una spinta pazzesca».

Non capiva nulla ma l’ha gestita alla grande. Non ha esagerato nelle prime rampe e dopo la sua accelerazione è stato più di 4 chilometri con Meintjes a 5″-10″, il che non è una bella sensazione per chi cerca di scappare. Ti senti sempre il fiato sul collo e non hai la certezza di essere il più forte. Poi pian piano il baratro si è aperto e il campione di Leeds ha potuto spiccare il volo anche in salita.

«Fino ai 2 chilometri dall’arrivo – ha concluso Pidcock – non sapevo cosa stesse succedendo. Se davvero potevo vincere. Non sapevo se andare duro, se andare agile e quanto spingere».

Pidcock Sanremo 2022

Pidcock fermato di nuovo. Come affrontare un caso simile?

23.03.2022
4 min
Salva

La falcidia che ha colpito il gruppo di ciclisti, soprattutto prima della Milano-Sanremo, ha avuto due origini mediche. Di quella relativa ai problemi respiratori abbiamo già parlato con Gaetano Daniele, ma molti sono stati fermati anche da disturbi gastrointestinali, il caso più eclatante è stato quello di Thomas Pidcock, fermato dalla Ineos Grenadiers dopo una ricaduta (foto di apertura).

Il numero di casi ha destato sicuramente allarme nel gruppo, così abbiamo voluto saperne di più e Carlo Guardascione, medico del Team BikeExchange inquadra il problema nel giusto contesto: «Io oltre che responsabile sanitario del team sono anche medico di base e quando non sono chiamato per gare, sono nel mio studio. Questo mi consente di avere un polso della situazione generale nella popolazione. Ebbene, posso dire con assoluta certezza che rientriamo nei canoni normali del periodo stagionale. La fine dell’inverno porta sempre virus gastrointestinali come respiratori. Le cause sono che ci si scopre di più, si cominciano a cambiare le abitudini invernali e questo ha un prezzo».

Guardascione 2022
Carlo Guardascione, oltre che medico del Team BikeExchange, ha il suo studio di base a Solbiate Olona
Guardascione 2022
Carlo Guardascione, oltre che medico del Team BikeExchange, ha il suo studio di base a Solbiate Olona
Quali sono i sintomi più evidenti?

Diarrea, vomito, febbre. A studio nelle ultime ore sono venuti 5 casi di seguito tutti con problemi gastrointestinali. E’ chiaro che a un aumento nella popolazione corrisponde in maniera direttamente proporzionale anche un aumento nel gruppo di ciclisti: basta una borraccia un po’ più fredda, il sudore che si gela addosso in discesa ed ecco che escono fuori i problemi, c’è un raffreddamento repentino. Inoltre non bisogna dimenticare che possono influire anche le diminuite difese immunitarie.

A tal proposito, Fabio Felline, unico italiano arrivato alla conclusione della Parigi-Nizza, parlava proprio di calo di esse identificandone la causa nella battaglia lunga due anni contro il Covid…

Sicuramente ha influito, ma bisogna capire bene il perché. Ho letto l’articolo e Felline parla di utilizzo delle mascherine che ci ha disabituato a contrastare gli altri virus invernali. Questo è vero solo parzialmente. Noi abbiamo fatto una grande campagna vaccinale contro il Covid, ma questa ha fatto passare in second’ordine quella classica contro l’influenza: nel gruppo quasi tutti si sono vaccinati per la pandemia, ma ben pochi hanno fatto il vaccino antinfluenzale e i risultati sono questi. Guardiamo invece che cosa succede a livello generale: l’85 per cento degli anziani si è vaccinato anche contro l’influenza e infatti sono più difesi. I casi che arrivano al mio studio non li coinvolgono.

Guardascione studio
Negli studi medici i casi di malattie gastrointestinali in questo periodo sono aumentati
Guardascione studio
Negli studi medici i casi di malattie gastrointestinali in questo periodo sono aumentati
Torniamo al discorso relativo ai ciclisti, come abbiamo detto parte sono stati fermati da problemi respiratori e parte da disturbi all’apparato digerente. Le cause sono le stesse?

Generalmente sì, poi per ogni soggetto la sintomatologia può cambiare. Dipende come il fisico reagisce, ma vorrei porre l’accento su un aspetto basandomi sulla mia trentennale esperienza in mezzo al gruppo: gare come la Parigi-Nizza e la Tirreno-Adriatico sono sempre state foriere di malanni, proprio per il periodo di effettuazione. In Francia si è sempre gareggiato affrontando un gran freddo e molti lo soffrono. Anche da noi è vero che si trovano più giornate di sole, ma capitano anchee giornate di freddo intenso. Basti guardare quel che è successo nella tappa del Carpegna. L’unica vera differenza come dicevo è che in gruppo sono stati molti meno i ciclisti che hanno fatto il vaccino antinfluenzale, un dato che deve farci riflettere per la prossima stagione.

Nel caso di Pidcock e della sua recidiva, il britannico è stato fermato dopo che, appena ripresosi dal primo caso, si era subito rimesso ad allenarsi a pieno regime…

Non posso naturalmente giudicare dall’esterno, posso basarmi solo su quello che la squadra ha detto. Trovo estremamente corretto il fatto che Pidcock sia stato fermato, nel suo caso servono a questo punto accertamenti diagnostici, magari una gastroscopia perché potrebbe trattarsi di un’infezione virale che rallenta la fase digestiva. Probabilmente quando ha ripreso non era ancora stata scoperta la causa del suo malessere o non era guarito del tutto.

Ciclisti freddo 2022
Il freddo alla Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico ha provocato molti problemi in gruppo
Ciclisti freddo 2022
Il freddo alla Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico ha provocato molti problemi in gruppo
Nel suo ritiro ad Andorra dopo il primo caso di problemi intestinali, ha detto di essersi allenato a pieno regime, oltre 30 ore in bici. Quando si esce da una simile situazione, come deve essere la ripresa?

A prescindere da quali possano essere state le cause, su questo aspetto che ho letto anch’io sono rimasto un po’ perplesso. Quando si viene da problemi di diarrea e vomito, bisogna riprendere con molta prudenza perché il fisico è debilitato, ha perso non solo molti liquidi ma anche molti minerali e il metabolismo è completamente sballato. Bisogna reintegrare, non solo con i primi, bisogna rimettere in equilibrio ogni componente fisica prima di riprendere al 100 per cento altrimenti si va incontro a recidive. Il ritorno deve essere graduale, prima con gli allenamenti e poi con le gare che, in qualsiasi caso, sono sempre uno stress.

Questo vale anche per chi ha problemi respiratori?

Certamente, anche in quel caso il fisico impiega un po’ per tornare al suo stato normale. Spesso i corridori hanno tanta voglia di riprendere e saltano un po’ di passaggi, ma questo fa commettere errori che poi si pagano…

Cross, strada e MTB: Pidcock sull’asse di equilibrio

21.02.2022
4 min
Salva

Sul traguardo dei mondiali di cross di Fayetteville, Tom Pidcock c’è passato come Superman e per fortuna non ha trovato un giudice zelante che l’ha squalificato per la posizione irregolare. Sul cross per fortuna brilla la goliardìa del fuoristrada e in America certe cose piacciono parecchio: il povero giudice lo avrebbero passato per le armi.

Campione del mondo di cross, juniores ed elite. Vincitore della Roubaix juniores e U23. Vincitore del Giro d’Italia U23. Campione olimpico di mountain bike. Primo nella Freccia del Brabante e secondo all’Amstel nel primo anno da pro’.

Mondiali Pidcock 2022
Pidcock plana sul traguardo: è il suo 6° oro mondiale tra cross, mtb e strada
Mondiali Pidcock 2022
Pidcock plana sul traguardo: è il suo 6° oro mondiale tra cross, mtb e strada

Amore cross

In nome del cross, Pidcock ha vissuto un inverno da nomade. La famiglia nel Nord del Regno Unito e la residenza ad Andorra, ha trascorso le vacanze di Natale in Belgio, raggiunto dai familiari. E la notte del 31 dicembre, è andato a letto presto, dato che l’indomani avrebbe corso a Baal.

Ma ora che la stagione su strada lo richiama all’ordine e che non tornerà in Gran Bretagna prima di ottobre, il britannico del Team Ineos Grenadiers ha iniziato a collegare i vari puntini della sua carriera.

«Ho bisogno del cross – dice – per avere obiettivi vicini e per la mia impazienza di raggiungerli rapidamente. Troverei insopportabile allenarmi tutto l’inverno pensando alla stagione su strada. Allo stesso tempo, bisogna usare la testa. I brevi sforzi del cross sono sicuramente utili in prospettiva delle classiche, perché si raggiungono intensità altissime, ma il pericolo è di fare troppo. La strada e i lavori necessari per avere la giusta base devi comunque considerarli. Serve pianificazione. Per questo mi limito a 11-12 gare di ciclocross durante il mio inverno».

In azione a Namur, dove Pidcock ha chiuso secondo dietro Vanthourenhout
In aziona a Namur, dove Pidcock ha chiuso secondo dietro Vanthourenhout

Impazienza e raziocinio

L’impazienza è una molla particolare. Da un lato si sposa con la fretta di arrivare dei talenti più giovani come Evenepoel e Pogacar (lo sloveno è del 1998, Pidcock del 1999, Remco del 2000), dall’altra è evidente come nella squadra britannica facciano di tutto perché Tom non bruci le tappe.

«Almeno fino alle Olimpiadi del 2024 – dice – andrò avanti anche con la mountain bike. Voglio difendere il mio titolo a Parigi e partecipare anche alla prova su strada. La mia grande ambizione è diventare campione del mondo in tutte e tre le discipline, il che significa che c’è molto lavoro da fare! Vincere da giovani è più facile che vincere coi grandi. Durante la scorsa stagione, la prima da professionista, ho dovuto abituarmi a questa idea, sia nel cross che su strada. Ho avuto molti problemi a lottare per il secondo posto e mi è servito per fare il cambio di mentalità. Mi ci è voluto un po’ per capire che anche i migliori corridori non vincono tutto».

All’Algarve un debutto sotto tono per Pidcock (76° nella crono) che si è ritirato nell’ultima tappa
All’Algarve un debutto sotto tono per Pidcock (76° nella crono) che si è ritirato nell’ultima tappa

I Giri fra due anni

Per questo, l’asticella resta a un’altezza ragionevole. Pur avendo vinto il Giro d’Italia U23 nel 2020 con grande facilità, Pidcock sta alla larga da tentativi prematuri.

«Un giorno mi piacerebbe dedicarmi a un grande Giro – dice – e muovermi verso questo obiettivo con allenamenti in quota sul Teide, lavori sulla potenza inseriti in un simile quadro, ma per ora è presto. Non vogliamo saltare nessun passaggio nel mio processo di sviluppo. La classifica generale di un Giro può diventare un obiettivo fra due o tre stagioni, quando avrò 25 o 26 anni. Per ora punto sulle classiche, al modo di correrle in quella maniera spettacolare che sta piacendo così tanto alla gente. Ma non è escluso che pensi di tanto in tanto a corse di una settimana».

Bennati e i fenomeni che stanno riscrivendo le regole

03.08.2021
5 min
Salva

Nell’epoca in cui il velocista faceva il velocista, quello delle classiche pensava alle classiche e il cronoman era sempre in posizione, c’è stato in Italia un professionista che da junior e U23 era fortissimo a cronometro, che sognava di vincere le classiche e che in volata vinse persino la tappa di Parigi al Tour de France. Quando ridendo diciamo a Daniele Bennati che a suo modo è stato un precursore di Wout Van Aert e dei fenomeni di oggi, il toscano sta guidando e probabilmente sbanda. Eppure, al di là del valore oggettivo degli atleti, la differenza fra quelli di ieri e questi di oggi è che nessuna convenzione è riconosciuta. Il velocista fa le crono, vince le classiche e se si ritrova davanti il Ventoux, si rimbocca le maniche e se lo mangia. Lo scalatore fa lo stesso e in mezzo vince le Olimpiadi di mountain bike.

Corridori moderni

Quei tre in particolare non hanno paura di niente e nessuno e sono andati avanti per tutta la stagione incrociandosi e scambiandosi… gentilezze di ogni genere. Con il Benna oggi parliamo proprio di loro, perché l’anomalia ha tratti comuni. Sono versatili, vincenti a 360 gradi, ambiziosi e sfrontati. Sono probabilmente quello che Robbert De Groot della Jumbo-Visma ha definito “corridori moderni”, con le caratteristiche e il carattere per fare sempre la differenza.

«Da professionista – dice Bennati – non mi sono mai specializzato nelle crono, salvo andare bene in qualche cronosquadre. Non ho fatto cross e neppure podismo, come ho visto fare su Instagram a Van Aert. Però grazie a loro le corse sono diventate esplosive e belle da seguire. Era da un po’ che non si vedeva gente così versatile. Quando correvo io c’era la specializzazione estrema, forse prima ancora era così…».

Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Namur 2020
Mathieu Van der Poel contro Wout Van Aert, scontro diretto a Namur. Nel cross sono fenomeni indiscussi
Mathieu Van der Poel, Wout Van Aert, Namur 2020
Mathieu Van der Poel contro Wout Van Aert, scontro diretto a Namur. Nel cross sono fenomeni indiscussi

Occhio da cittì

Il tema è caldo. Per la sua capacità di analizzare i corridori, Bennati meriterebbe a buon titolo il ruolo di tecnico della nazionale, ma è chiaro che in questo momento chiunque riceva l’incarico di succedere a Cassani (sempre che Davide sia da sostituire) rischi di beccare in faccia un boomerang piuttosto veloce. E poi siamo sicuri che il ruolo del cittì azzurro in Italia resterà come l’abbiamo sempre conosciuto?

Cominciamo da Van Aert, cosa te ne pare?

E’ veloce, al punto da vincere le volate di gruppo. Però spesso sbaglia. Parte sempre lunghissimo e rischia di farsi rimontare, succede quando ti senti il più forte. Sono contento per Carapaz, ma alle Olimpiadi il più forte era Van Aert. Che oltre ad andare bene in volata, vince le crono.

Pidcock ha 4 anni meno di entrambi, è alla pari in salita e anche veloce
Pidcock ha 4 anni meno di entrambi, è alla pari in salita e anche veloce
Invece Van der Poel?

E’ molto più esplosivo, però ha meno fondo. E poi commette delle leggerezze. Non so a chi attribuire la colpa, ma quella della pedana a Tokyo è stata troppo grande. Lui ha subito detto che avrebbe dovuto esserci, ma lo sapevano tutti che sarebbe stata tolta.

Si dice che fra i due, Van der Poel sia quello con più talento.

Sarà, ma Van Aert è quello che l’anno scorso al rientro ha vinto Sanremo e Strade Bianche e nello scontro diretto ha perso il Fiandre ma solo in volata. A parte gli errori di partire lungo nelle volate, secondo me Van Aert corre meglio.

Pensi che finirà nel mondo dei grandi Giri?

Se lo fa, secondo me sbaglia. In salita non può essere al livello degli scalatori, ma in questo ciclismo mai dire mai. Secondo me, un tentativo lo farà.

Sembra che gli venga tutto facile.

Sono giovani, sono indubbiamente dei fenomeni, ma con tutte le specialità che fanno, raschiano in continuazione il limite delle energie. Lo vedete Van der Poel agli arrivi, sempre distrutto? Arriva morto, riesce a dare l’anima e si vede che il cross gli dà la possibilità di fare questi fuori giri. Più degli altri. Van der Poel mi piace tanto, ma a volte non lo capisco. Potrebbe vincere con molto meno, invece parte a 60 chilometri dall’arrivo…

Al Tour è stato lucido…

Vero, con Van Aert che per contro è partito un po’ in sordina. C’è da capirlo, era in Francia per aiutare Roglic, ma vincere la crono del sabato e la volata di Parigi il giorno dopo è tanta roba. Stanno cambiando il ciclismo…

Thomas Pidcock, Giro d'Italia U23, Aprica 2020
Pidcock ha vinto il Giro d’Italia U23 2020: quest’anno malgrado i risultati già raccolti è un neopro’. Anche lui nel club dei fenomeni
Thomas Pidcock, Giro d'Italia U23, Aprica 2020
Pidcock ha vinto il Giro d’Italia U23 del 2020: quest’anno malgrado i risultati già raccolti è un neopro’
In che senso?

Van Aert vince la volata di Parigi, mentre Pogacar, che ha vinto due Tour, quasi lo batte in volata alle Olimpiadi. Sanno fare tutto al livello più alto, sono dei grandi.

E Pidcock come lo incastoniamo nel mosaico?

E’ appena passato, difficile valutarlo su strada. Certo però, uno che vince il Giro U23 e l’anno dopo fa quello che ha fatto l’inglese, tanto comune non è. Ha vinto la Freccia del Brabante, battendo Van Aert partito troppo lungo. E per lo stesso motivo stava per vincere l’Amstel. Su strada resta da verificare, nel cross spesso le ha beccate, ma ha anche qualche anno in meno ed è fra quelli che se la gioca. Uno dei fenomeni, insomma. E’ proprio un bel ciclismo, è dura andare ai mondiale a giocarsela con gente così. Dura davvero…

Thomas Pidcock Les Gets 2021

Pidcock, ritorno alla Mtb a Les Gets, con molti dubbi

05.07.2021
3 min
Salva

Mentre Mathieu Van Der Poel concentrava in una settimana il massimo delle emozioni al Tour, conquistando la maglia gialla e saldando un vecchio debito con la memoria di suo nonno, Tom Pidcock riassaporava la Mtb, in quel di Les Gets, rituffandosi nella Coppa del mondo (foto di Alessandro Di Donato).

Rivederlo in gara a solamente un mese dalla caduta in allenamento ad Andorra, che era costata al talento della Ineos Grenadiers la frattura della clavicola, ha del miracoloso, a prescindere da come sia andata la prova transalpina.

Pidcock Les Gets 2021
Il britannico in azione a Les Gets: il clima francese non lo ha favorito, come anche altri biker
Pidcock Les Gets 2021
Il britannico in azione a Les Gets: il clima francese non lo ha favorito, come anche altri biker

Un mese dall’operazione, un mese a Tokyo

Il contrattempo, risolto con un’operazione lampo a Girona, aveva costretto il britannico a riscrivere completamente la sua tabella di marcia verso la gara olimpica di Mtb del 27 luglio, che inizialmente ricalcava per sommi capi quella del suo rivale olandese. Pidcock voleva infatti rifinire la preparazione su strada affrontando una prova a tappe di medio cabotaggio come il Giro di Svizzera per poi concentrarsi sull’offroad, ma l’infortunio gli ha tolto questa possibilità, costringendolo quasi a ripartire da zero.

A Les Gets, sulle Alpi francesi, Pidcock ha trovato condizioni estreme, con pioggia e freddo e un terreno decisamente scivoloso, che è costato a molti la gara. Il britannico è partito con circospezione, chiudendo 28° il primo dei 7 giri a 58” dallo svizzero Mathias Fluckiger (Thomus RN Swiss Bike), leader di Coppa.

Pidcock world cup 2021
A Les Gets Pidcock aveva chiuso 16° lo short track di venerdì. In classifica generale ora è decimo
Pidcock world cup 2021
A Les Gets Pidcock aveva chiuso 16° lo short track di venerdì. In classifica generale ora è decimo

Problemi di tenuta

Nella seconda tornata però si tornava ad ammirare il talento del britannico che risaliva fino alla 14ª posizione grazie al secondo tempo parziale. Il suo recupero continuava nel terzo giro fino alla 12esima piazza, ma poi una nuova caduta sul fango gli consigliava prudenza e Pidcock si è ritirato.

Quella francese era l’ultima sfida al massimo livello prima della gara olimpica: quali indicazioni trarne? Tecnicamente Tom non sembra aver perso nulla soprattutto come esplosività, ma resta tutta da stabilire la sua condizione in termini di resistenza, di fronte a corridori come lo stesso VdP che ha retto al meglio una settimana di Tour o gli stessi specialisti come Fluckiger e l’ex pro’ Ondrej Cink (Kross Orlen) che da quando è tornato alla Mtb sembra aver trovato nuova linfa e si candida per un ruolo da protagonista a Tokyo.

Fluckiger Les Gets 2021
L’arrivo vittorioso di Fluckiger (Sui), già primo a Leogang e ora nettamente in testa alla Coppa del mondo (foto Red Bull)
Fluckiger Les Gets 2021
L’arrivo vittorioso di Fluckiger (Sui), già primo a Leogang e ora nettamente in testa alla Coppa del Mondo (foto Red Bull)

Italiani nella Top 10

Andando un po’ al di là della gara di Pidcock, la prova francese ha incoronato ulteriormente Fluckiger, sempre più padrone della challenge e in grande spolvero a differenza del “re” Nino Schurter, che comunque in condizioni climatiche a lui sempre indigeste ha chiuso buon quinto.

In chiave italiana ben 3 atleti nella Top 10, anzi ben 3 friulani, con Daniele Braidot sesto e suo fratello Luca, convocato per Tokyo, ottavo ma che nella prima parte era stato anche in testa e ha messo in mostra ottimi segnali al rientro dall’altura, lo stesso dicasi per Nadir Colledani, decimo, mentre Gerhard Kerschbaumer si è ritirato come Pidcock. Ora ultime tre settimane di allenamento, prima di giocarsi tutto al tavolo giapponese.

Pidcock Coppa Mondo 2021

Pidcock e la vittoria nel “suo” regno preferito

17.05.2021
4 min
Salva

Certe volte viene da pensare che Tom Pidcock sia un grande talento “prestato” al ciclismo su strada. Il perché lo si capisce da come ha reagito alla sua vittoria nella seconda tappa di Coppa del Mondo di mountain bike, in quella Nove Mesto na Morave (CZE) dove già aveva conquistato ben 2 successi lo scorso anno fra gli under 23, su un percorso che evidentemente gli si addice come un guanto, sia che ci si gareggi in piena estate come nella strana stagione scorsa sia in quest’occasione, su un tracciato ancora intriso d’acqua piovana.

Le sue dichiarazioni del dopo gara dicono molto del suo pensiero: «Penso di essere nato per la mountain bike, è la specialità che pratico sin da quando ero piccolo e sinceramente è quella che mi diverte di più. La scelta di concentrarmi su di essa fino alle Olimpiadi è quella giusta e lo sto dimostrando».

Pidcock Nove Mesto 2021
Prima vittoria da elite per Pidcock, che nel 2020 aveva trionfato fra gli U23 (foto Redbull)
Pidcock Nove Mesto 2021
Prima vittoria da elite per Pidcock, che nel 2020 aveva trionfato fra gli U23 (foto Redbull)

Un dominatore assoluto

A Nove Mesto Pidcock non ha vinto, ha dominato, come era abituato a fare lo Schurter dei tempi migliori. Il campionissimo elvetico non ha potuto far altro che guardare da lontano l’impresa del britannico, non riuscendo mai ad avvicinarsi. Il suo settimo posto finale a 3’04” ha quasi il sapore di un passaggio di consegne, anche se dare il re per morto, a 70 giorni dalle Olimpiadi, è quantomeno azzardato…

Raramente un secondo posto ha un sapore così amaro. Mathieu Van Der Poel ha fatto fatica a digerirlo e questo traspare anche fra le righe del suo profilo Facebook: «Io amo questo percorso, sono andato forte ma non abbastanza perché Tom Pidcock ha volato». Inizialmente VDP ha messo in pratica la sua solita tattica, partendo a bomba per scrollarsi di dosso gli avversari, ma il rivale britannico era lì, incollato come neanche nelle prove di ciclocross era solito fare, poi intorno a metà gara, quando si stava avvicinando il pericoloso svizzero Matthias Fluckiger, Pidcock ha aperto il gas e la partita si è chiusa.

VDP Nove Mesto 2021
Un misto tra fatica e delusione sul viso di VDP al termine della sua prova, chiusa al 2° posto (foto Redbull)
VDP Nove Mesto 2021
Un misto tra fatica e delusione sul viso di VDP al termine della sua prova, chiusa al 2° posto (foto Redbull)

Quant’è amaro questo podio…

VDP lo ha visto andare via a un ritmo insostenibile, qualcosa che, nel mondo del fuoristrada, non era abituato a subire. Gli avversari, l’olandese dell’Alpecin Fenix ha continuato a tenerli dietro, finendo secondo a un minuto esatto da Pidcock, ma per uno che punta senza mezzi termini all’oro olimpico, per il quale ha sacrificato gran parte della stagione su strada, non è un bel segnale.

Un capitolo a parte lo merita il ceko Ondrej Cink (Kross Orlen) che ha chiuso 4° a due minuti, perché la sua storia è quella di un biker andato controcorrente. Considerato un campione sin da giovanissimo, destinato a raccogliere l’eredità di Jaroslav Kuhlavy olimpionico a Londra 2012 proprio davanti a Schurter, dopo aver conquistato podi mondiali ed europei, nel 2017 decise che era tempo di passare alla strada, come molti suoi colleghi.

Cink Nove Mesto 2021
Ondrej Cink, un talento ritrovato dalla Mtb e non compreso nel mondo dei pro’ (foto Redbull)
Cink Nove Mesto 2021
Ondrej Cink, un talento ritrovato dalla Mtb e non compreso nel mondo dei pro’ (foto Redbull)

Cink, professionista solo per poco

Ingaggiato dalla Bahrain Merida, Cink si è accorto presto di quanta differenza ci sia fra un mondo dove sei un riferimento e un altro dove invece sei uno dei tanti: un “lavoratore” per gli altri, dove il miglior risultato portato a casa è il 9° posto alla Vuelta Andalucia. Poco, troppo poco. L’anno dopo Cink ha fatto il passo indietro. Quel mondo non gli era piaciuto, ma per tornare quello di prima c’è voluto tanto tempo. Nel 2020 stava vincendo nella tappa di Coppa a Vallnord, ma all’improvviso fu costretto a fermarsi.

Il cuore batteva a 233 battiti al minuto. Riprese a correre, finì 10° ma quel problema andava scoperto e risolto. Neanche un intervento chirurgico ha però scoperto la causa dell’aritmia e Cink ha ripreso a gareggiare con la spada di Damocle sempre su di lui. Per questo un quarto posto è stato bello come un raggio di sole. Eppure è arrivato dietro Van Der Poel, ma lo stato d’animo era esattamente l’opposto…