Il Casentino di Meris, lampo da vero scalatore

23.08.2022
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Il Giro del Casentino è una delle gare più antiche del calendario italiano under 23 essendo arrivata alla sua edizione numero 105. Attraverso le sue strade nella provincia aretina sono passati fior di campioni, basti pensare che nel suo albo d’oro militano personaggi quali Bartali, Coppi e Nencini. L’ultimo a essere entrato in questo prestigioso consesso è Sergio Meris, che si era già messo in luce all’ultimo Giro d’Italia.

Già dalle sue prime parole si coglie come Meris, oltre ad essere profondamente appassionato per la sua attività, faccia parte di una cerchia andata restringendosi nel tempo, quella degli scalatori.

«Il Giro del Casentino è una gara nervosa – dice – con una salita di 7 chilometri prima di entrare ad Arezzo e un’altra di 18 divisa in due parti, che alla fine si è rivelata decisiva. La squadra si era votata alla mia causa e nella salita principale ho provato a fare selezione così siamo rimasti in una decina. Alla fine della discesa è partito Iacchi, al quale ci siamo accodati io e Menegotto. Ero solo contro due, ho dovuto rintuzzare ogni attacco, poi in volata ho saltato il primo e scongiurato il tentativo di rimonta del secondo».

Meris GPM Casentino 2022
Il passaggio al GPM: Meris è primo e ha già fatto selezione, ma i Qhubeka sono in agguato (foto Valerio Pagni)
Meris GPM Casentino 2022
Il passaggio al GPM: Meris è primo e ha già fatto selezione, ma i Qhubeka sono in agguato (foto Valerio Pagni)
Partendo dal tuo racconto e da quanto hai fatto nel corso della stagione, ti si può considerare uno scalatore?

Io vorrei essere un corridore completo, competitivo su tutti i terreni, ma certamente in salita mi trovo meglio. Si è visto anche al Giro Under 23, non solo nella tappa che ho chiuso al secondo posto. So però che devo migliorare ancora molto, soprattutto nelle salite più lunghe, quelle dove lo sforzo si protrae e bisogna saper dosare le energie, mentre invece sugli strappi brevi sono già in grado di fare la differenza. Io però voglio essere competitivo dappertutto.

Le squadre professionistiche cercano prevalentemente specialisti, potrebbe quindi essere quella una soluzione per il tuo futuro?

Io lo spero, ma come detto devo ancora lavorare molto e il Giro in tal senso è stato molto istruttivo. Le caratteristiche sono sicuramente quelle, ma devo dimostrare il mio valore nel tempo. Io comunque ce la metto tutta.

Meris Casentino 2022
La volata vincente di Meris in rimonta su Menegotto all’estrema sinistra (foto Valerio Pagni)
La volata vincente di Meris in rimonta su Menegotto all’estrema sinistra (foto Valerio Pagni)
Come è nata questa tua passione?

Non poteva essere altrimenti considerando che ho due fratelli più grandi che correvano e mi hanno contagiato subito, tanto che ho cominciato a gareggiare già da G1. I risultati arrivavano e mi instillavano la voglia di provarci sempre di più, sognavo di essere Nibali o Contador, i miei idoli del tempo. Ora mi piacciono i corridori che fanno spettacolo e vincono dappertutto, come Van Aert, completamente diversi da quelli di allora.

La tua stagione, partendo dal prestigioso secondo posto di tappa al Giro, è stata finora molto positiva, colpisce però il fatto che tu non abbia ancora avuto un’occasione per vestire la maglia azzurra. Con il cittì Amadori hai avuto contatti?

Ci siamo scambiati qualche battuta, soprattutto al Giro d’Italia, ma finora non è ancora arrivata quella benedetta convocazione. Non voglio però che sembri una lamentela, sono io il primo a dire che in molte occasioni ho sbagliato qualcosa, non mi sono mosso bene e devo lavorare molto dal punto di vista tattico. La vittoria di sabato è un buon punto di partenza in tal senso perché la gara si era messa in maniera difficile. Spero che da lì possa mostrare una buona continuità.

Meris Corsalone 2022
Meris, qui sul podio di Corsalone, è nato a Gorle (BG) il 10 marzo 2001 (foto Valerio Pagni)
Meris Corsalone 2022
Meris, qui sul podio di Corsalone, è nato a Gorle (BG) il 10 marzo 2001 (foto Valerio Pagni)
Al di là delle tue vittorie nelle gare d’un giorno, sembri avere caratteristiche più adatte per le gare a tappe…

Penso anch’io che possano essere un giusto approdo per me, anche al Giro mi sono accorto che andavo sempre meglio ogni giorno che passava, mentre altri cominciavano ad accusare la fatica. Ho chiuso 17° ed è una buona posizione vista la concorrenza, ma si può fare meglio. Credo comunque di essere adatto per quel tipo di gare.

Prossimi appuntamenti?

Intanto il Giro del Friuli dove appunto voglio mettermi alla prova cercando di puntare alla classifica, poi tutte le classiche italiane fino al Piccolo Lombardia, gara alla quale tengo particolarmente perché so essere durissima e spettacolare, chi emerge lì non è un corridore qualsiasi.

Meris Albola 2022
Prima del Casentino, Meris si era aggiudicato il Trofeo Castello di Albola ad aprile
Meris Albola 2022
Prima del Casentino, Meris si era aggiudicato il Trofeo Castello di Albola ad aprile
Che idee ti sei fatto per la prossima stagione, potresti cambiare squadra?

No, ho già il contratto con la Colpack Ballan, penso che il prossimo anno sarà decisivo per il mio futuro, per raccogliere quanto seminato se continuerò a lavorare bene. Lo scorso anno avevo ancora la scuola perché avevo perso un anno, quindi non mi ero potuto concentrare completamente sulla mia attività. Quest’anno la differenza si è già vista e voglio che si veda ancora di più nel 2023, magari per coronare il mio sogno: vestire la maglia azzurra. Ma devo meritarmela…

Della Lunga vuole prendersi la Colpack, guidato da Bevilacqua

15.07.2022
7 min
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Il Giro del Veneto ha portato alla luce qualche nome interessante: uno è quello di Riccardo Lucca, vincitore di una tappa e della classifica generale. Il secondo nome è quello di Francesco Della Lunga, ventunenne toscano del Team Colpack Ballan (foto Instagram di apertura). Un corridore che nei suoi tre anni nel team bergamasco si è visto poco, soprattutto nelle corse di spicco. Il suo diesse Antonio Bevilacqua però è fiducioso delle capacità atletiche di Francesco ed in lui crede, anzi ha addirittura una visione più ampia di tutto l’insieme.

Antonio Bevilacqua è convinto che ai giovani serve tempo per maturare ed imparare, qui con Padun
Antonio Bevilacqua è convinto che ai giovani serve tempo per maturare ed imparare, qui con Padun
Allora Antonio, intanto come è arrivato da voi Della Lunga?

Ce lo hanno segnalato quando era juniores, lo abbiamo visionato e successivamente sottoposto a dei test ed i risultati sono stati molto incoraggianti. In lui abbiamo sempre creduto molto, e lo continuiamo a fare, complici anche delle difficoltà iniziali abbiamo tuttavia preferito fare le cose gradino dopo gradino.

Che difficoltà?

E’ arrivato da noi nel 2020, al suo primo anno da under 23 si è ritrovato in mezzo alla pandemia e tra scuola e Covid ha corso davvero poco. L’anno scorso ha preso quel maledetto virus proprio ad inizio stagione complicandosi l’avvio e non ingranando nella maniera migliore. 

Quest’anno, invece, sembra essere uscito dal guscio.

Sì, nella prima parte di stagione è stato molto utile per noi e per i suoi compagni. E’ stato uno degli ultimi uomini più importanti per Gomez nei primi mesi del 2022 riuscendo a ritagliarsi anche il suo spazio. Si è riuscito a sbloccare a Gambellara, poco prima del Giro del Veneto, vincendo la sua prima corsa tra gli under 23. 

A proposito di compagni di squadra, la concorrenza è alta da voi: ci sono Gomez, Persico, Umbri, Meris…

Noi abbiamo questa filosofia secondo la quale puntiamo a far crescere un corridore gradualmente. Parliamo dei velocisti: Francesco, i primi due anni ha dovuto imparare a lavorare per la squadra e per i suoi compagni più grandi o in condizione migliore. Tra gli under 23 si è persa la voglia di fare fatica, di mettersi in gioco per gli altri. E’ diventata una categoria molto più egoista rispetto a qualche anno fa. Vi faccio un esempio.

Dicci.

Quando Consonni correva da noi i primi due anni ha tirato le volate a corridori più grandi ed esperti, ha preso aria in faccia. Alcuni ragazzi, anche primi anni, stanno a ruota tutto il giorno poi escono per fare la volata e si piazzano. In questo modo pensano di mettersi in mostra e di passare tra i professionisti più facilmente.

Consonni prima di affermarsi in Colpack ha fatto tanta gavetta lavorando per i compagni più grandi
Consonni prima di affermarsi in Colpack ha fatto tanta gavetta lavorando per i compagni più grandi
Ma non funziona così, giusto?

Certo che no, ditemi voi se è normale. Quando vai tra i pro’ devi imparare a prendere il vento in faccia, a farti le fughe di 150 chilometri. Se queste cose non le impari da ragazzo poi di là duri ben poco. Della Lunga ha fatto così, ha preso tanta aria in faccia e gli ha fatto bene, noi crediamo in lui, è forte e per dimostrarlo vi faccio un altro esempio: alla Popolarissima doveva tirare la volata per Gomez, è andato talmente forte che è arrivato secondo. Anni fa avevo un ragazzo di primo anno con il quale ho discusso più volte perché lui voleva fare le volate e non tirarle. Pensava che facendo i piazzamenti si sarebbe messo in mostra, ora è ancora tra i dilettanti e senza esperienza di corsa. Quanti ragazzi vediamo passare e poi tornare indietro perché non sono ancora maturi? 

Tanti…

Le squadre professionistiche non hanno pazienza di far maturare il corridore, e non dovrebbe neanche essere il loro compito. Lasciamo ai ragazzi il giusto tempo di maturare, Consonni e Masnada, che hanno corso da noi, sono passati pro’ quando erano elite. Ora i ragazzi passano alla fine del secondo anno, poi non vanno e ritornano tra i dilettanti.

Francesco è al suo terzo anno alla Colpack Ballan e dopo qualche difficoltà iniziale si sta ritagliando i suoi spazi (foto Instagram)
Francesco è al suo terzo anno alla Colpack Ballan e dopo qualche difficoltà iniziale si sta ritagliando i suoi spazi (foto Instagram)

Francesco cosa dice?

Le parole di Antonio Bevilacqua riecheggiano ancora nella nostra testa quando sentiamo Della Lunga. Quella con gli under 23 sembra una piega difficile da raddrizzare, anche se sarebbe bello vedere i ragazzi correre in bici per amore di questo sport e non per “rubarsi” il posto a vicenda. Anche se, alcune domande ci frullano nella mente, è vero che c’è bisogno di maturare, ma in questi anni Francesco non ha mai corso il Giro d’Italia Under 23 o il campionato italiano. Corse che comunque fanno parte dello sviluppo dell’atleta.

«Il Giro d’Italia non era la corsa più adatta alle mie caratteristiche – racconta il ragazzo – quindi si è deciso, insieme ai direttori sportivi, di non correrlo e di fare gare più adatte alle mie caratteristiche. La squadra voleva fare bene nell’ottica della classifica generale, per questo si è puntato su una squadra più “leggera”. Infatti sono andato all’Adriatica Ionica Race».

In pochi mesi Della Lunga ha raggiunto quota tre successi stagionali (foto Valentina Barzi)
In pochi mesi Della Lunga ha raggiunto quota tre successi stagionali (foto Valentina Barzi)
I percorsi delle grandi corse a tappe però sono ormai tutti tosti, i velocisti sono chiamati a grandi sforzi, non è meglio abituarsi gradualmente a questa cosa già da under 23? 

Da un punto di vista sì, fare 10 giorni di corsa del Giro rispetto ai 5 dell’Adriatica Ionica Race sarebbe meglio ma il roster è ristretto e la squadra numerosa. In qualche modo ci si deve adattare e comprendere che ci sono delle scelte da fare. Quando è stata selezionata la squadra per il Giro non ero in buona condizione, per cui è stato anche giusto così.

La concorrenza in squadra ti spaventa? Non sarebbe stato meglio correre in un team che ti avrebbe dato più spazio?

La concorrenza tra compagni fa bene e fa crescere, in allenamento è bene anche confrontarsi con gente forte. Non nascondo che quando sono venuto alla Colpack l’ho fatto anche per una questione di prestigio, se un corridore fa quel che deve fare qui poi ha più possibilità di passare. Reggere il confronto tra compagni di squadra tempra il carattere, bisogna essere giusti e disponibili ma farsi sentire in corsa, quando il momento lo richiede.

Della Lunga (a destra in maglia Dover) è stato notato dalla Colpack quando era junior (foto Scanferla)
Della Lunga (a destra in maglia Dover) è stato notato dalla Colpack quando era junior (foto Scanferla)
In questi anni sei stato a disposizione di ragazzi più grandi o in migliore condizione, come vi gestite?

Io sono consapevole che un mio compagno più grande debba avere più spazio rispetto a me, è giusto così. Gomez, che è al quarto anno, ha corso più gare da “protagonista” ma lui deve ritagliarsi il suo spazio e giocarsi le sue chance di passare professionista. Questo non vuol dire che si corra sempre per lui, tutti siamo a disposizione l’uno dell’altro a seconda dei periodi di forma e degli obiettivi stagionali.

Insomma, questa competizione non ti spaventa, anzi…

No no, non bisogna aver paura. Nel 2020 non ho corso, quindi mi sono trovato l’anno successivo con 12 mesi in più sulle spalle ma nessuna esperienza. Così ho preso consapevolezza della situazione e ho dato il mio contributo alla squadra, all’inizio del 2022 uguale. Ora, in questa seconda parte di stagione è arrivato il mio momento e l’anno prossimo sarò pronto a far vedere quanto valgo.

Colpack: resoconto di una corsa al Nord tra freddo e pioggia

18.04.2022
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La Colpack Ballan era l’unica squadra continental italiana presente al Circuit des Ardennes (immagine di apertura di Alexis Dancerelle). Corsa disputata nell’omonima regione della Francia, al confine con il Belgio. Territori dove si respira ciclismo e nei quali, anche ad aprile, fa molto freddo. I ragazzi della Colpack, guidati in questa avventura da Gianluca Valoti lo hanno imparato a proprie spese. Immergiamoci nel racconto di questa 4 giorni nel Nord, tra côte, stradine di campagna, vento e tanto freddo. 

Colpack, Circuit des Ardennes 2022
Colpack, Circuit des Ardennes 2022

Si parte da lontano

«Si potrebbe proprio definire un’avventura – ci dice Gianluca Valoti, diesse della Colpack – i ragazzi se la ricorderanno per lungo tempo, ne sono sicuro. Quella del Circuit des Ardennes è una corsa che abbiamo disputato per la prima volta 8 anni fa. 

«Avevamo una squadra molto forte – riprende – ed abbiamo chiesto di partecipare, andammo su con: Masnada, Orrico, Garosio, Toniatti, Muffolini e Viero. Ci siamo trovati bene e così abbiamo deciso di tornare ogni anno. L’esperienza per i ragazzi è molto bella e formativa e poi escono dalla comfort zone, che male non fa».

Una bella occasione

Un’esperienza che con il Covid purtroppo si è interrotta, nel 2020 la corsa non si è proprio disputata, mentre nel 2021 la squadra non è riuscita a partecipare. Con l’inizio della stagione la Colpack ha deciso di riprendere il feeling con queste gare e di tornare a disputare il Circuit des Ardennes.

«E’ una bella esperienza a livello internazionale ed i ragazzi ne hanno bisogno. E’ una corsa di livello 2.2, questo vuol dire che la competizione è alta, ma non così tanto da non far esprimere le squadre come la nostra, anzi. Proprio gare come questa servono ancor di più perché puoi metterti in mostra e sei chiamato ad agire in prima persona. C’erano tante formazioni development, come la Groupama di Germani o la Israel di Frigo (che ha vinto la quarta tappa, ndr)».

Vento, freddo e tante côte per i corridori di Valoti (foto Alexis Dancerelle)
Vento, freddo e tante côte per i corridori di Valoti (foto Alexis Dancerelle)

All’avventura!

Si sa che quando si va a correre su queste strade le incognite sono numerose, ed anche in questa edizione le complicazioni non sono mancate.

«I ragazzi – racconta Gianluca – sono partiti in aereo, mentre alcuni membri dello staff hanno portato i mezzi. Ora con i voli di linea il viaggio per i ragazzi è facile e comodo, qualche anno fa non era così. I corridori che hanno preso parte alla gara sono stati: Petrucci, Meris, Baroni, Umbri, Balestra e Gomez. La scelta della squadra era dovuta al tipo di percorso, molto vallonato e caratterizzato dalle tipiche côte: salite brevi ma con pendenze in doppia cifra.

«Lo staff – prosegue – era composto da 5 persone: due massaggiatori, un meccanico, Rossella Di Leo ed Io. Abbiamo portato un furgone che rimaneva in appoggio in hotel e due ammiraglie: una che seguiva la corsa e l’altra per i rifornimenti».

La terza tappa del Circuit des Ardennes è stata sospesa per la troppa neve (foto FG Photos)
La terza tappa del Circuit des Ardennes è stata sospesa per la troppa neve (foto FG Photos)

Un clima da classiche

Il clima, come ci racconta Valoti, non è stato molto clemente, ed i suoi corridori ne hanno sofferto un po’ ma fa tutto parte del loro percorso di crescita.

«Solo il primo giorno è andata liscia – dice – non ha piovuto, ma il clima era molto freddo. I ragazzi si sono dimostrati inesperti nell’affrontare queste situazioni, un esempio è come hanno preparato la borsa del freddo. Non erano pronti, non si erano portati dietro gli accessori necessari ad affrontare questo clima, considerate che la terza tappa è stata anche sospesa per neve. Ma ci sta, hanno imparato, è tutta esperienza in più, hanno capito perché la chiamano borsa del freddo», conclude ridendo.

Il cielo è rimasto coperto per la maggior parte del tempo durante i giorni di gara (foto Hervé Dancerelle-Bourlon)
Il cielo è rimasto coperto per la maggior parte del tempo durante i giorni di gara (foto Hervé Dancerelle-Bourlon)

Il feedback dei ragazzi

«I ragazzi – riprende il diesse – hanno avuto un riscontro positivo, anche se per un atleta correre sotto acqua, freddo e gelo non è particolarmente stimolante. Noi dall’ammiraglia abbiamo cercato di dargli tutto il supporto necessario, avevo con me del thè caldo e degli alimenti calorici per rifocillarsi. Anche se, più di qualche volta, ho dovuto rincorrerli fin quasi in mezzo al gruppo per dar loro da mangiare».

«Anche per noi dello staff è stata un’esperienza di formazione. Trattandosi di una corsa 2.2 non avevamo le radioline, gestirli con vento e pioggia dall’ammiraglia non è stato semplice. Però vedi che le altre ammiraglie ci riescono e allora capisci che è questione di allenamento. Prima del via abbiamo parlato spesso anche con Frigo, ci diceva che era contento che fossimo lì, così aveva qualche italiano con cui parlare in gruppo. Con lui ci si trova bene, è un ragazzo gentile e disponibile e dopo quello che ha fatto per Baroncini al mondiale lo incontriamo volentieri».

Il Liberazione in testa, Persico punta forte sul professionismo

09.04.2022
4 min
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In questi giorni di corse al Nord nella neve per il Team Colpack-Ballan, Davide Persico sta a casa e segue i suoi compagni tramite i social, benedicendo la fortuna di fare il programma italiano. Per il bergamasco classe 2001 di Cene in Val Seriana, la stagione si è aperta con una vittoria (in apertura l’arrivo alla Milano-Busseto, foto Scanferla) e un paio di podi interessanti. L’obiettivo del 2022 è abbastanza chiaro da poterlo scolpire sulla pietra: passare professionista, le alternative saranno considerate semmai dopo.

«E’ l’anno decisivo – conferma ridendo – passo o passo. Potrei fare la quarta stagione da U23, ma a questo punto la motivazione è giocarmi le mie carte al meglio. Sono arrivato terzo alla San Geo e alla Youngster Coast Challenge in Belgio. Peccato perché alla Gand non c’è stato nessuno per tirarmi la volata e sono rimasto incastrato nel gruppo. Però la condizione c’è, visto che poi ho vinto la Milano-Busseto. Perciò ora Vicenza-Bionde e via andare…».

Il 2022 per Davide Persico è il terzo anno al Team Colpack-Ballan
Il 2022 per Davide Persico è il terzo anno al Team Colpack-Ballan
Dove ti giocherai le tue chance di passare?

Non c’è chiaramente una sola corsa, ma sicuramente lo scorso anno mi è piaciuto molto il Gran Premio Liberazione. A Roma voglio fare bene dopo aver aiutato a vincere Gazzoli. Ho fatto un inverno di allenamenti più incisivi seguito da Fusi, Mazzoleni e anche Giovine che è arrivato quest’anno.

Procuratore o fai da te?

Procuratore, sono con Fabio Perego. Ma va anche detto che la squadra ha dei buoni rapporti con alcuni team dei pro’, vediamo come va la stagione. E dopo il Liberazione, la vetrina maggiore sarà il Giro d’Italia U23.

Anche tua sorella Silvia è partita forte, andate d’accordo oppure vi tirate il collo ogni volta che potete?

Siamo bravi (ride, ndr). Le poche volte che ci incrociamo a casa, lei mi dà i suoi consigli, ma ci vediamo davvero poco. D’inverno è stata fuori con il cross e adesso è a correre su strada fra Belgio e Olanda.

Ecco i cinque fratelli Persico: a un certo punto correvano tutti in bicicletta
Ecco i cinque fratelli Persico: a un certo punto correvano tutti in bicicletta
Sono passati Baroncini e Gazzoli, Martinelli e Verre: adesso tocca a te portare il peso della squadra?

Già l’anno scorso ho avuto i miei spazi, ma è chiaro che essendo andati via i vecchi, quest’anno facciano maggiore affidamento su di me e Nicolas Gomez. Lo schema della squadra è sempre lo stesso e funziona: provare a farci passare dopo il terzo anno. Per cui nel 2022 tocca a me.

Tre preparatori e altrettanti direttori sportivi, come ti trovi?

Lavoro bene con tutti, perché si capisce che sono una famiglia e in effetti lo sono davvero. Con Valoti sono più a contatto, perché ci segue di più anche in allenamento. Mentre per la preparazione Fusi è un ottimo appoggio. Non si tira indietro se c’è da fare dietro moto e si capisce che ne sa tanto. Mazzoleni fa le tabelle, lui è più operativo. E quando ogni tanto tira fuori qualche storia di quando era cittì degli U23 e poi dei professionisti, è bello starlo ad ascoltare. E’ davvero una persona molto valida.

Persico è molto veloce, vince le volate di gruppo, ma non è affatto pesante (foto AT Photography)
Persico è molto veloce, vince le volate di gruppo, ma non è affatto pesante (foto AT Photography)
Parliamo di preparazione allora: cambiato qualcosa?

Sono in linea con lo scorso anno, anche se abbiamo lavorato un po’ per la salita. Ormai le corse sono dure e le volate bisogna arrivare a farle. E’ anche vero però che bisogna starci attenti, perché è un attimo perdere troppo peso e anche l’esplosività che serve per sprintare.

Quando metterai il naso tra i pro’?

Probabilmente alla Adriatica Ionica Race, non al Giro di Sicilia perché quest’anno non siamo stati invitati. Correre con i pro’ dà una grande condizione se ci arrivi in crescendo. Se invece sei mezzo e mezzo, allora ti fai male. Perciò se riuscirò a correre senza tirarmi troppo il collo, potrei arrivare bene al Giro d’Italia. Ma è un’arma a doppio taglio…

Lo scorso anno alla Adriatica Ionica Race, dopo il 2° posto nella prima tappa, la maglia dei giovani (foto Scanferla)
Lo scorso anno alla Adriatica Ionica Race, dopo il 2° posto nella prima tappa, la maglia dei giovani (foto Scanferla)
In che senso?

Nel senso che sarebbe bello anche farsi vedere. Due anni fa alla Coppi e Bartali feci un quinto posto ed ero di primo anno. L’anno scorso feci un secondo alla Adriatica Ionica Race e so che alcune squadre si sono interessate. Io devo passare. E in un modo o nell’altro ci dovrò riuscire…

Nicolas Gomez: dalla Colombia la storia di un velocista atipico

11.03.2022
5 min
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Ogni volta che cerchiamo il nome di Nicolas David Gomez Jaramillo sul web per avere sue informazioni troviamo sempre delle foto che lo ritraggono sorridente. E’ arrivato in Italia, al Team Colpack Ballan, all’inizio della stagione 2019, questa è la quarta stagione con il team bergamasco. Non poteva cominciare meglio, due vittorie in due giorni: prima al Memorial Polese e poi al Gp De Nardi (foto Facebook del team in apertura).

L’abbraccio dopo l’arrivo per festeggiare la vittoria del G.P De Nardi (foto Facebook/Colpack)
L’abbraccio dopo l’arrivo per festeggiare la vittoria del Gp De Nardi (foto Facebook/Colpack)

L’inizio complicato

«Appena arrivato in Italia – incalza Nicolas – ho avuto alcune difficoltà nell’adattarmi al modo di correre che c’è qui. E’ un ciclismo più aggressivo e le squadre erano molto più organizzate di come ero abituato in Colombia. Continuavo a domandarmi se fossi stato all’altezza dell’impegno preso. Per fortuna c’erano in squadra con noi diversi elite che mi rassicuravano e mi hanno aiutato molto ad ambientarmi».

«Con la squadra mi sono trovato subito bene, sono sempre stato circondato da persone buone e gentili. Ho vissuto, e vivo ancora, nell’appartamento dedicato ai corridori in ritiro. Fino allo scorso anno c’era con noi una signora che mi aiutava nelle faccende domestiche, agli inizi mi faceva un po’ da mamma. Un altro fattore che mi ha aiutato a stare bene qui è stata la costante presenza di Gianluca (Valoti, ndr) e Rossella Dileo, con loro mi sono sempre sentito tranquillo».

Il sorriso di Nicolas contagia i compagni di squadra ed il team (foto Facebook/Colpack)
Il sorriso di Nicolas contagia i compagni di squadra (foto Facebook/Colpack)

Un mentore di fiducia

Gianluca Valoti ci ha detto che a scoprire il talento di Nicolas è stato Matxin, tecnico e talent scout della UAE Team Emirates, uno che difficilmente sbaglia ad inquadrare un corridore.

«A Matxin sono sempre piaciuti i corridori colombiani – riprende Nicolas – a quel tempo era in Quick Step. Aveva un bel rapporto con il mio diesse in Colombia così ha deciso di mettermi alla prova in Europa. Sono venuto a correre in Spagna al mio ultimo anno da junior, al team Plataforma Central Iberum. Matxin mi aveva detto che se avessi ottenuto dei buoni risultati sarei venuto a correre nella miglior squadra italiana under 23, e così è stato».

Per Gomez un weekend da ricordare, iniziato con la vittoria al Memorial Polese (foto Facebook/Colpack)
Per Gomez un weekend da ricordare, iniziato con la vittoria al Memorial Polese (foto Facebook/Colpack)

L’Italia e il sogno WorldTour

Qui da noi Nicolas si è sempre trovato bene, con un modo di parlare, condito dall’accento colombiano, che ti invita a conoscerlo sempre di più. Lui in Italia è rimasto anche quando è arrivato il covid e non è stata una parentesi facile. 

«Quando è arrivato il covid ero molto preoccupato – riprende con un tono di voce più grave Gomez – noi viviamo ad Almè in provincia di Bergamo, la zona più colpita dalla pandemia. Non era bello, anzi lo definirei traumatico, la casa si affaccia sulla strada provinciale e il rumore delle sirene era costante e scandiva le nostre giornate. Poi, dopo qualche mese, il virus è arrivato anche in Sud America e lì ho temuto per la salute della mia famiglia».

«In Italia però mi sono sempre trovato bene, la considero la mia seconda casa, l’anno scorso ho avuto la possibilità di passare pro’ con un team professional spagnolo ma ho deciso di rifiutare. Per due motivi: il primo è che non immagino la mia vita lontano dall’Italia, il secondo è perchè tutti noi corridori ambiamo a passare in una squadra WorldTour, sentivo di avere ancora qualcosa in più da dare e le prime gare mi hanno dato ragione». 

Quella che è iniziata è la quarta stagione in maglia Colpack per Gomez (foto Facebook/Colpack)
Quella che è iniziata è la quarta stagione in maglia Colpack per Gomez (foto Facebook/Colpack)

Velocista moderno

Nicolas pesa solamente 64 chili, eppure appartiene alla categoria dei velocisti, un fisico leggero abbinato ad un ottimo spunto veloce. Il che fa di lui un velocista moderno.

«Ne parlavo proprio oggi con il mio allenatore – dice Nicolas – non esistono più i velocisti di pura potenza, come Greipel o Kittel. Ora i percorsi sono mossi e bisogna adattarsi, infatti la mia non è una gamba da velocista puro, anzi. Ma il mio rapporto peso/potenza mi permette di fare bene negli arrivi che vanno leggermente all’insù (come quello del G.P. De Nardi, ndr) cosa che preferisco anche perché il gruppo arriva più scremato e si rischiano meno cadute.

Il corridore colombiano incarna la descrizione del velocista moderno: performante anche sui percorsi mossi (foto Facebook/Colpack)
Il corridore colombiano è performante anche sui percorsi mossi (foto Facebook/Colpack)

«E’ il classico ragazzo sudamericano – conclude Gianluca Valoti, diesse del team Colpack – sempre felice e pronto alla battuta, allo stesso tempo è un po’ permaloso, ma è bello averlo intorno. Fa molto bene al gruppo ed in questi quattro anni con noi è sempre stato benvoluto da tutti. Non sai mai cosa aspettarti da uno come lui, ama fare scherzi, d’estate è difficile non beccarsi un gavettone proveniente dalle sue mani (ride, ndr)».

Il mondo nuovo di Verre tra campioni e staff giganti

19.02.2022
6 min
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«E’ tutto un altro mondo, tutta un’altra organizzazione nella squadra, tutto un altro modo di correre e di stare in gruppo». Alessandro Verre ci racconta il suo approccio con il circus dei professionisti e del professionismo. Un mondo che in qualche modo lo ha già rapito.

Il lucano è passato nella fila dell’Arkea-Samsic e ci racconta questi primi passi con entusiasmo. Lo stesso che aveva ai tempi della Colpack-Ballan, anche se con la sua timidezza magari non lo dava a vedere.

Verre (maglia lunga nera) alla Comunitat Valenciana 1969, la sua prima gara da pro’ con l’Arkea-Samsic
Verre (maglia lunga nera) alla Comunitat Valenciana 1969, la sua prima gara da pro’ con l’Arkea-Samsic

Gruppo più rispettoso

«Il modo di correre rispetto ai dilettanti è molto più tranquillo – spiega Verre – in gruppo c’è più rispetto. Ognuno di noi ha un ruolo assegnato prima del via e sa quello che deve fare. Tra dilettanti anche se si fa la riunione prima di partire c’è chi cerca un po’ il risultato, c’è sempre qualcuno che fa il furbo.

«E poi c’è proprio più rispetto tra avversari. Per esempio, quando c’è un ostacolo tutti lo chiamano, tutti lo segnalano. Aumenta la sicurezza e c’è una certa solidarietà in merito».

L’Arkea-Samsic ha già lasciato un po’ di spazio a Verre. E’ accaduto nella tappa del Mont Bouquet all’Etoile di Besseges, nonostante il capitano Connor Swift fosse messo bene in classifica. Eppure questa possibilità di potersi giocare le sue carte così presto non ha sorpreso del tutto Alessandro.

«Me lo aspettavo sì e no – confida Verre – In ritiro avevo visto che stavo bene, ma non sapevo quali fossero i miei limiti, specie in corsa. Però mi ero reso conto che avevo tutt’altra gamba rispetto a quando ero a casa. Lo sentivo quando si alzava il ritmo e rientravo in hotel in buone condizioni. Sarà che stando a casa da solo un po’ mi “finivo” in allenamento. In ritiro invece ci si alterna in testa, a volte si molla un po’».

Alessandro stremato all’arrivo di Le Mont Bouquet all’Etoile de Besseges (foto Instagram – F. Machabert)
Alessandro stremato all’arrivo di Le Mont Bouquet all’Etoile de Besseges (foto Instagram – F. Machabert)

Piedi per terra

Alessandro si è concentrato molto su se stesso. Ha fatto spesso il confronto con le sensazioni rispetto all’anno precedente. E queste sensazioni erano buone. Ma alla Comunitat Valenciana 1969 in cui c’erano molte squadre WorldTour la fatica si è fatta sentire.

«Eh sì – racconta Verre – è cambiata la musica con tante squadre WorldTour in gara. Però è anche vero che essendo noi una professional avevamo meno responsabilità di fare la corsa. Il lavoro spettava ad altri, tuttavia bisognava cercare di fare risultato lo stesso».

Verre ha fatto il suo. Non ha mancato le consegne dategli dal team e in gruppo ci stava benone. E questi sono segnali molto importanti. Segnali che danno fiducia al corridore e al team nei confronti del ragazzo. Magari pensando anche a convocazioni per gare più prestigiose che non erano in programma.

Verre (maglia Colpack-Ballan) durante l’ultimo ritiro ha sentito ottime sensazioni e ha capito di essere sulla strada buona (foto Instagram)
Verre (maglia Colpack-Ballan) durante l’ultimo ritiro ha sentito ottime sensazioni e ha capito di essere sulla strada buona (foto Instagram)

Voglia di Giro

In questi giorni si parla del probabile forfait dell’Arkea-Samsic al Giro d’Italia. Un Giro che piaceva moltissimo a Verre con la settima tappa che passava davanti l’uscio di casa sua. Fare il Giro nell’anno in cui diventi pro’ è un piccolo sogno. E forse un sogno dovrà rimanere.

«Quello che so su questo argomento l’ho letto dai giornali e dai siti – dice Verre – all’interno del team non ne abbiamo parlato. Se lo vorrei fare? Certo che sì! I francesi non so, loro tirano tutti a fare il Tour, ma tutti gli altri ragazzi sono certo vorrebbero facessimo il Giro. Se ci saremo o no, sinceramente non so rispondere a questa domanda».

Ragionando dunque su quel che c’è di concreto rivedremo Verre all’Ardeche e a Laigueglia, che tra l’altro disputò anche lo scorso anno con la Colpack-Ballan.

«Andiamo per gradi comunque. Già nelle ultime gare ero un po’ affaticato, non stavo benissimo. Non ci sono ancora del tutto abituato a fare tante corse e a questa nuova vita. Ormai torno a casa tre giorni e poi riparto».

Già in Colpack-Ballan Alessandro gestiva con cura il pasto di recupero dopogara. Eccolo al Val d’Aosta 2021
Già in Colpack-Ballan Alessandro gestiva con cura il pasto di recupero dopogara. Eccolo al Val d’Aosta 2021

Cuoco, coach e nutrizionista

Torniamo al viaggio del neopro’. Delle sue “scoperte”. Verre riprende il discorso dell’organizzazione così curata. Racconta di quanto tutto sia ben strutturato e ogni cosa ponderata.

«La programmazione della giornata è sempre ben cadenzata e definita – dice il lucano – Il programma arriva già la sera prima e poi in corsa ognuno sa già cosa deve fare, più o meno. Anche il dopocorsa è deciso: i trasferimenti, le navette per dirigersi agli aeroporti, il cibo…

«A Besseges per la prima volta abbiamo avuto il cuoco con il camion cucina al seguito. E i nutrizionisti e i medici che ci seguivano passo passo. Siamo controllati su tutto. Cose che ero abituato a vedere in tv e che mi sono ritrovato a vivere in prima persona.

«Il nutrizionista ci fa un piano strategico personalizzato per l’intera giornata, dalla colazione al pranzo, dalla corsa al dopocorsa per il recupero, coi famosi 6 grammi di carboidrati per chilo a corridore. La mattina dopo ci pesano e ci fanno la plicometria per vedere le variazioni col passare dei giorni di gara».

A livello di alimentazione Verre fa un bel paragone. In linea di massima si gestisce nello stesso modo, ma in corsa, dice, mangia più rice cake.

«Il dopo corsa è molto simile a quel che mangiavo da under 23. Ci sono anche le caramelle gommose! La cosa con la quale stiamo ancora facendo delle prove semmai è la colazione con il porridge e l’avena, ma io sono più da pasta! Mi riempie di più e anche in corsa sento una gamba diversa, più piena.

«In squadra abbiamo la fortuna di avere a tavola anche l’olio extravergine italiano, anche se io comunque mi adatto abbastanza e non ho mai avuto problemi con il cibo e con il peso. Ho notato invece che i francesi utilizzano moltissimo il burro. Quello che per noi è pane e olio, per loro è pane e burro».

Verre (classe 2001) ha firmato questa estate con l’Arkea-Samsic (foto Instagram – F. Machabert)
Verre (classe 2001) ha firmato questa estate con l’Arkea-Samsic (foto Instagram – F. Machabert)

Affacciato sui campioni

Il sogno di Alessandro Verre è appena partito. Il ragazzo di Marsicovetere piano piano si sta affacciando sempre di più nel mondo dei grandi. Si tratta di acquisire sicurezza, fare e rifare, provare, sbagliare, capire. In una parola: esperienza. E a proposito di affacciarsi…

«In queste prime gare – racconta Verre – eravamo nello stesso hotel della Ineos-Grenadiers. Dalla finestra ho visto Ganna e Carapaz e mi sono detto: cavolo, sono a correre con loro. Mi sono emozionato. Poi in corsa per fortuna sono stato più tranquillo e tutto è stato più “normale”.

«Ma c’è una cosa che mi ha colpito. Un giorno, dopo che è partita la fuga, in testa al gruppo si è fatto il “barrage” e anche io sono andato davanti. Mi sono spostato su un lato e sono capitato vicino a Trentin e lui mi ha fatto: “Allora, giovane, com’è? Come ti sembra?”. “Eh – ho sospirato – è un altro mondo”, gli ho detto. E lui si è fatto una risata».

Un altro anno tra gli U23, la scelta coraggiosa di Petrucci

27.01.2022
6 min
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Gianluca Valoti ce lo aveva detto: «Mattia Petrucci era pronto per passare già lo scorso anno». Il veronese, classe 2000, si appresta ad affrontare il suo quarto ed ultimo anno da under 23.

Per certi aspetti oggi è considerato un “vecchietto”, ma lui lo sa bene. Questo ragazzo ha davvero le idee chiare. Le sue parole ci sono parse sempre molto ponderate. Sempre Valoti ha parlato di un corridore di sostanza. E dopo i cicloni Ayuso e Baroncini può davvero prendere in mano la Colpack-Ballan.

Petrucci, a destra, sul podio del Val d’Aosta 2021 dietro a Thompson e Garofoli (foto Giro della Valle d’Aosta)
Petrucci, a destra, sul podio del Val d’Aosta 2021 dietro a Thompson e Garofoli (foto Giro della Valle d’Aosta)
Quindi, Mattia, avevi l’opportunità di passare già lo scorso anno?

Passare, diciamo che c’era stata qualche chiacchierata effettivamente. Stavamo valutando dopo il Val d’Aosta con alcune professional italiane e non. Poi c’è stato un po’ di tentennamento. Alla fine ho preso io la decisione di fare un altro anno tra gli under 23, consapevole di tutti i rischi che questo comporta: un infortunio, la condizione che non va, un malanno… Ma sto crescendo bene, mi manca “poco” per essere il corridore che vorrei. E alla fine in accordo con il team e con i miei manager, i Carera, e consapevole che farò un calendario di primissimo ordine, ho deciso di restare un altro anno.

E che corridore vorresti essere?

Mi rifaccio sempre a quel che mi disse, Mauro Bissoli, il mio preparatore che avevo già da juniores. Lui mi ha sempre detto che per il tipo di corridore che sono nelle gare a cui punto, devo essere un cecchino. Devo essere al top per quegli appuntamenti che si cerchiano in rosso. Un po’ come ha fatto l’anno scorso Baroncini: quando ha puntato il dito difficilmente ha sbagliato.

Sei andato molto bene al Val d’Aosta (terzo): ti possiamo ritenere uno scalatore?

Ora come ora no, non mi ritengo uno scalatore. Okay, posso esserlo nella categoria under 23. Un corridore che pesa 58 chili ci sta che vada forte in salita, però non credo che io possa esserlo anche tra i pro’. Lì è tutto diverso. Ho uno spunto abbastanza veloce, gli arrivi con 5-10 corridori li devo vincere. Se l’arrivo è su uno strappo dopo una corsa dura: va bene. Se l’arrivo è in fondo ad una discesa dopo una lunga salita: ancora meglio.

Dove devi migliorare?

Devo sempre migliorare in salita, ma anche in pianura e non solo per il ritmo. Penso al vento, alle dinamiche di gruppo… Devo spendere il meno possibile. Devo essere sicuro che se arriviamo in cinque vinco. E quest’anno più di qualche volta mi è mancato davvero poco per vincere, non so un 5%. Quel qualcosina che non ho avuto in volata a San Vendemiano o al Piccolo Lombardia. Se in pianura ne avessi avuta di più, magari sarei arrivato con quel 5% di energia in più nel finale e non avrei perso la volata. E magari sarebbe anche cambiato qualcosa per il passaggio al professionismo. Il ciclismo è uno sport “del cavolo”: se fai secondo o primo cambia tutto.

In effetti…

Le squadre vanno a vedere i risultati, vogliono gente che vince. Sì, essere costanti è importante, ma loro vogliono la costanza nelle vittorie. Da quel che ho potuto constatare meglio vincere 3-4 gare, che salire 20 volte sul podio. Inoltre nella mia condizione di quarto anno se non sono capace di vincere tra gli under vuol dire che di là ti fanno del male.

Raccontaci un po’ di te… 

Ho iniziato nella categoria G6, quindi a 10-11 anni. All’inizio mi sono solo divertito. Anche se poi divertito… Nei primi quattro anni non ho fatto neanche un piazzamento! Però proprio qualche tempo fa ho contato tutti gli sport che ho provato a fare e sono stati più di 15. Oltre ai più noti come il calcio, ho provato anche il softball o l’arrampicata. Ma il ciclismo c’è sempre stato. E guarda caso è stato l’unico sport in cui all’inizio non sono andato bene. Però ci ho creduto, sono migliorato sempre un po’ e da allievo ho vinto un campionato italiano.

Boscaro (a sinistra) aiuta Petrucci a indossare la radiolina: in Colpack Mattia è rinato
Petrucci aiutato ad indossare la radiolina: in Colpack Mattia è rinato
Mattia, sei stato anche all’Equipe Continentale Groupama-FDJ: che esperienza è stata?

Ho fatto il primo anno nella General Store, volevo farlo al meglio pensando anche alla scuola. Feci con loro fino al Piva. Poi accade che un corridore della Groupama passò, venni chiamato per fare dei test in Francia e mi presero. Ci fu qualche controversia con il team di provenienza, ma tutto sommato per un anno e mezzo ho fatto una bella esperienza: corse importanti, ho vissuto da solo… Però dopo i miei problemi con il Covid qualcosa si è rotto. La Colpack-Ballan si è fatta avanti e per questo non smetterò mai di ringraziarli, a partire dal presidente Beppe Colleoni. Quando dico che qui non ci manca niente so veramente cosa significa dopo questa esperienza.

Una dimostrazione di fiducia da parte della Colpack…

Nel 2021 ho fatto la prima parte di stagione con le “mani legate”. Venivo dai problemi dell’inverno precedente appunto, mi sono dovuto mettere, giustamente, a disposizione del team e fino a maggio ho davvero fatto poco. Faticavo a finire le corse, ma la squadra mi ha sempre lasciato tranquillo. A maggio poi ho vinto una corsa e man mano, soprattutto dopo l’italiano, le cose sono andate meglio.

Quali sono i tuoi obiettivi per questa stagione?

Il Giro U23 è un grandissimo obiettivo. Sono inserito in lista, non so con che ruolo, lo vedremo strada facendo. Non so se sarò leader ma avrò i miei spazi. E poi ci sono le prime gare internazionali di primavera che sono il mio pane.

Petrucci, veronese, ha seguito le orme della passione per il ciclismo di papà Maurizio
Petrucci, veronese, ha seguito le orme della passione per il ciclismo di papà Maurizio
Quindi ti senti più portato per le corse di un giorno?

Per ora sì. Dopo qualche tappa faccio un po’ fatica. Mentre le gare di un giorno più sono lunghe e dure e più mi piacciono.

Eppure al Val d’Aosta hai fatto terzo e stavi bene nel finale…

Ma il Val d’Aosta 2021 era solo di tre tappe. L’anno prima avevo faticato parecchio. Ho detto che per ora credo di essere per le gare di un giorno perché di gare a tappe dopo che stavo bene non ce ne sono state nella passata stagione. Poi magari salterà fuori che sarò più portato per le corse a tappe, ma per ora mi baso su quello che sono adesso: non ho dati per mostrare il contrario.

Hai le idee chiare! La tua scelta di restare un altro anno tra gli under 23 è coraggiosa. Come hai detto te è rischiosa, ma magari potrai arrivare al professionismo dalla porta principale del WorldTour…

Quello è l’obiettivo. Sono consapevole che arrivare in una WorldTour da quarto anno è difficile. Per riuscirci devo vincere. Se avessi fatto i risultati di questa stagione da primo o secondo anno sarei già passato, tutti cercano l’astro nascente. Però è anche vero che da juniores ho vinto parecchio e nelle prime stagioni da under ho avuto dei problemi fisici: magari questo conterà. Certo, già lo scorso ho iniziato la stagione, quasi da “vecchio” accantonato, ma io ero sicuro di me stesso. Sapevo di poter contare su una super squadra e so che quest’anno il team potrà aiutarmi. In Colpack-Ballan sanno della mia situazione, della mia età, che corridore sono e che faccio la vita da atleta al 100%.

Cigala 2021

Da U23 all’Irlanda, le mille vite di Matteo Cigala

24.01.2022
5 min
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Parlando con Gianluca Valoti, diesse della Colpack-Ballan, ci aveva accennato di Ronan O’Connor, giovane prospetto irlandese indirizzato verso il team italiano da Matteo Cigala, che vive lì. Ricordandoci di quest’ultimo come buon Under 23 che poi non aveva mai fatto il grande salto, ci è venuta la curiosità di saperne di più e abbiamo scoperto una storia che vale la pena di essere raccontata.

Ventottenne di Nuvolento (BS), Cigala invece di passare professionista, appena superata la boa dei vent’anni ha preso armi e bagagli e si è involato alla volta della verde Irlanda: «E’ stata una scelta di cuore, allora stavo con una ragazza irlandese e decisi di trasferirmi nel suo Paese. Mi sono iscritto alla University Business Management, che con i suoi corsi online mi permetteva di lavorare e al contempo studiare. Pian piano mi sono stabilito e anche quando la storia d’amore è finita sono rimasto».

Cigala U23
Nato nel 1993, Cigala ha corso due anni fra gli U23, nella Viris Maserati
Cigala U23
Nato nel 1993, Cigala ha corso due anni fra gli U23, nella Viris Maserati
Perché lasciasti così presto?

Da Under 23 non me la cavavo male, diciamo che non ho avuto opportunità per passare e al contempo ho visto che dovevo pensare al mio futuro, non inseguire sogni che rischiavano di rimanere tali. Ho deciso di fare un investimento diverso, ma il ciclismo è rimasto il cardine nella mia vita.

In che termini?

Alcuni amici della zona, sapendo del mio passato, mi chiesero di far loro da allenatore e rimasero talmente soddisfatti da fare il mio nome anche ad altri, così pian piano si è sparsa la voce e quello è diventato il mio lavoro, o meglio parte del mio lavoro. Infatti, oltre ad allenare un gruppo di giovani, organizzo vacanze in bici in Italia, dal Lago di Garda alla Toscana, dal Lago di Como alle Dolomiti, cosa che mi permette di venire spesso nel nostro Paese. La nostra organizzazione è anche diventata Tour Official di alcune gare della Rcs come Strade Bianche e Lombardia. Inoltre, visto che molti ragazzi mi chiedevano prodotti specifici per il ciclismo, ho messo su un’impresa di E-commerce. E non basta…

Cigala Holdsworth 2018
Un’esperienza pro’ Cigala l’ha avuta, alla Holdsworth nel 2018, con molte vittorie nel calendario irlandese
Cigala Holdsworth 2018
Cigala l’ha avuta, alla Holdsworth nel 2018, con molte vittorie nel calendario irlandese
Mamma mia, che cos’altro ancora?

Ho messo su un mio brand, con prodotti realizzati in Italia, che da queste parti sono molto richiesti e infine faccio il talent scout. Sono in contatto con i fratelli Carera per portare all’estero i migliori esponenti del ciclismo irlandese e dare loro un’opportunità proprio com’è avvenuto con O’Connor.

Veniamo a quest’ultimo aspetto. Noi eravamo rimasti all’Irlanda di Kelly e di Roche, pochi atleti emergenti ma grandi campioni. Ora qual è la situazione?

L’Irlanda è un’isola piccola, quindi ci sono pochi ciclisti. La Federazione sta lavorando molto bene per incrementare il movimento, tenendo però anche conto che qui comandano altre specialità, soprattutto la pista che dà maggiori chance per emergere anche a livello olimpico. Si sta però lavorando per dare maggiore spazio alla strada, c’è un calendario piuttosto fornito, ma vorrei sottolineare quanto si è fatto durante il lockdown…

Cigala Mondiali 2011
Il bresciano ai Mondiali Juniores 2011, qui alla sinistra di Alberto Bettiol
Cigala Mondiali 2011
Il bresciano ai Mondiali Juniores 2011, qui alla sinistra di Alberto Bettiol
Ossia?

In quel periodo si era fermato tutto lo sport irlandese, anche calcio e rugby e il ciclismo virtuale divenne l’attività principale. Mettemmo su una league di eventi che aveva un seguito di partecipazione, ma anche di seguaci online enorme. E l’attenzione è rimasta viva, basti pensare che a inizio gennaio si è svolto il campionato nazionale di E-sport, primo in Europa nel 2022.

Torniamo ai talenti locali, parlaci di O’Connor.

E’ un buon scalatore e so che la cosa può sembrare strana parlando di un irlandese, visto che qui non ci sono salite lunghe. Ha mostrato numeri importanti, ho fatto vedere i suoi dati ai Carera e si sono subito convinti che aveva delle chance, così ho parlato con la Colpack per farlo provare. Ha bisogno di fare esperienza, imparare a correre in gruppo. Qui le gare sono al massimo per 50-60 corridori, non è lo stesso.

Cigala Lombardia 2021
Cigala è diventato un granfondista di vaglia, vincitore di 6 gare nel 2021 (qui il successo a Il Lombardia)
Cigala Lombardia 2021
Cigala è diventato un granfondista di vaglia, vincitore di 6 gare nel 2021 (qui il successo a Il Lombardia)
Ti sei mai pentito della tua scelta di non insistere nel ciclismo?

Ogni tanto ci penso, quelli della mia classe, con cui lottavo da U23 sono anche approdati in nazionale, qualcuno è andato nel WorldTour, ma poi penso che se le cose sono andate così non ci poteva far nulla. Io non ero al massimo allora, avevo avuto infortuni, anche la mononucleosi, era difficile scegliermi. Alla fine è stata la scelta giusta e poi le mie soddisfazioni agonistiche me le prendo ancora.

Come?

Intanto sono già entrato in nazionale per i Mondiali Zwift del 27 febbraio, avendo fatto terzo nella selezione europea. Poi profitto dei tour in Italia per partecipare a qualche Granfondo. Nel 2021 ne ho vinte ben 6 (è stato terzo nella graduatoria di vittorie, conquistando tra le altre il medio della Strade Bianche del Colnago Cycling Festival, la GF di Casteggio e la GF Perini, ndr) e spero di ripetermi quest’anno. Ci rivediamo sulle strade italiane…

Boscaro 2021

Alla scoperta di Boscaro, praticamente nato su pista

09.12.2021
5 min
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«Devo tantissimo a Marco Villa, mi ha dato un sostegno enorme fin da junior, mi ha accompagnato per tutto il percorso fino a qui e spero che di strada da fare ce ne sia ancora tanta… anzi di pista». Davide Boscaro è uno dei nuovi talenti del movimento italiano: si è parlato spesso di chi ci sia dietro i Moschettieri che hanno portato all’Italia l’oro olimpico e mondiale nell’inseguimento, di quei ragazzi che dovranno garantire la continuità del progetto negli anni e il corridore padovano è uno di questi.

Il portacolori della Colpack Ballan, uno dei millennial più in vista nel panorama italiano dei velodromi, si è distinto fin dagli inizi. Spesso raccontando i corridori sentiamo dire di padri, zii, fratelli che li hanno instradati verso il ciclismo. Per Davide no, non è stato così, nessuno in famiglia nutriva questa passione. «Ero semplicemente un ragazzino andato in un negozio con il padre per comprare una bici e imparare ad andarci. Proprio da quel negozio, visto che andare in bici mi piaceva, mi proposero di iniziare a fare qualche gara fra i più piccoli, per il GC Noventana. Andavo bene, mi piaceva, così ho continuato e ci ho preso sempre più gusto».

Subito dopo Davide ci dice una frase che fa capire molto di come sia vissuto il ciclismo nel nuovo millennio: «Quello che fai nelle categorie giovanili non conta nulla, è adesso che bisogna emergere, che bisogna dare tutto, ma io sono fiducioso».

Boscaro Roubaix 2021
Davide Boscaro vanta due argenti e un bronzo europei di categoria nel quartetto. E’ stato finalista assoluto nel km da fermo
Boscaro Roubaix 2021
Davide Boscaro vanta due argenti e un bronzo europei di categoria nel quartetto. E’ stato finalista assoluto nel km da fermo

Dalla velocità fino all’inseguimento

Non potrebbe essere altrimenti. Nell’entourage azzurro sono pronti a scommettere su questo ragazzo di 1,82 metri per 77 chilogrammi, che da sempre abbina la strada alla pista: «Nei velodromi ci sono praticamente nato. Andavo ogni settimana al Monti di Padova per allenarmi, ho visto subito che avevo le doti giuste per poter far bene, ero soprattutto veloce. La cosa curiosa è che nelle categorie giovanili non ho mai provato l’inseguimento a squadre, facevo soprattutto velocità. Sicuramente però quella base mi è servita».

Si parla di inseguimento e il pensiero non può non andare alle vittorie di Ganna e compagni. Davide le ha vissute in maniera differente: «Le Olimpiadi le ho viste da casa, è chiaro che avevo un particolare pathos addosso perché ho vissuto con loro parte della preparazione, i ritiri, so che cosa c’è dietro quella medaglia d’oro. Poi sono entrato nel gruppo per gli Europei e i Mondiali, non ho fatto parte diretta dei tornei, ma in allenamento ho spesso lavorato con loro, ero lì, l’oro mondiale l’ho sentito anche mio perché sentivo di far parte di quel gruppo».

Boscaro Colpack 2021
Il padovano all’Adriatica Ionica Race, dove si è distinto in volata. Ha chiuso 3° la Vicenza-Bionde
Boscaro Colpack 2021
Il padovano all’Adriatica Ionica Race, dove si è distinto in volata. Ha chiuso 3° la Vicenza-Bionde

La grande responsabilità del lancio

Non solo, ma su Davide le aspettative sono tante. Quando parlammo con Fabio Masotti, non nascose che lo staff tecnico vede in lui l’uomo perfetto per il lancio, un ruolo molto delicato: «Sono sempre stato il primo nei quartetti che ho fatto, nelle categorie junior e U23. Io sento molto la responsabilità del ruolo, è come se l’intero quartetto fosse sulle mie spalle, lanciarlo bene significa accrescere le possibilità di un buon risultato. Anche per questo, a livello individuale gareggio nel chilometro da fermo, proprio per specializzarmi sempre più sulla partenza: agli Europei sono arrivato 7° ed ero abbastanza soddisfatto, a Roubaix ho mancato di poco la finale, ma su quella pista non avevo gran feeling».

A tal proposito, su un concetto Davide è molto chiaro e fa ben capire quanto sia concentrato sul suo futuro: «Quando lanci un quartetto, viaggiare a oltre 60 chilometri orari è uno sforzo che ti resta nelle gambe, ma io voglio sempre e comunque dare il mio apporto anche dopo, faccio di tutto per resistere e non staccarmi, anche nel finale è durissima. E’ chiaro che devo ancora migliorare tanto, ma il futuro passa anche per la resistenza al dolore e quando vesti la maglia azzurra, sopporti ogni cosa perché hai un grande onore. La cosa che mi piace di più è che a fine gara spesso i compagni sono venuti a ringraziarmi per il lavoro svolto, per come li ho lanciati, per me è una grande gratificazione».

Boscaro velocista 2018
In carriera Boscaro ha vinto finora 3 volte su strada, sempre allo sprint
Boscaro velocista 2018
In carriera Boscaro ha vinto finora 3 volte su strada, sempre allo sprint

Uno sprinter utile per molti team

Fin qui abbiamo parlato di Boscaro pistard, e su strada con chi abbiamo a che fare? «I primi anni non sono stati facili, quando sono passato di categoria non stavo bene, ma dopo il Covid sono riuscito ad ingranare e quest’anno sono arrivati anche risultati importanti, ad esempio il 7° nella prima tappa dell’Adriatica Ionica Race. I percorsi che prediligo sono chiaramente quelli di pianura, ma anche su tracciati leggermente vallonati mi difendo bene».

Boscaro è un velocista puro, di quelli che non ha paura di buttarsi nella mischia: «Le mie tre vittorie le ho ottenute tutte allo sprint, ma sono in grado anche di lavorare per gli altri e tirare la volata come ultimo uomo del treno, mi è capitato e quando il compagno ha vinto è stato come se l’avessi fatto io, perché il ciclismo è questo, è condivisione, almeno per come lo intendo io».

Caratteristiche che potrebbero farne un elemento interessante anche per qualche grosso team. L’idea non dispiace a Boscaro, se dovesse andare all’estero lo farebbe un po’ obtorto collo, perché il suo pensiero primario è condividere strada e pista e non tutti i team sono favorevoli: «Non ho l’ossessione del professionismo, a me interessa continuare sulla strada intrapresa, perché so che su pista posso togliermi grandi soddisfazioni. Io mio sogno è andare alle Olimpiadi, non so se per Parigi 2024 troverò posto visti i campioni che ci sono davanti, ma l’età è dalla mia parte, l’importante è poterle vivere un giorno da protagonista».