Un concetto appena accennato alla partenza dell’ultima tappa del Giro. Si parlava con Paolo Artuso, uno dei preparatori della Bora-Hansgrohe, quando il discorso ha preso una piega curiosa. A parità di salute e non considerando altri fattori esterni, sarebbe possibile sin d’ora dichiarare il podio del Tour. Infatti nelle tappe più dure, quelle con un dislivello davvero importante, il risultato è già scritto: l’atleta più leggero arriva in finale con una maggiore scorta di glicogeno, mentre chi è più pesante finirà prima la benzina. Si può mangiare di più, studiare le necessarie strategie, ma se nessuno commette errori non c’è modo di uscirne.
«Premetto che non sono un nutrizionista – spiega il veneto – ma il concetto è abbastanza semplice. Teoricamente, l’atleta con il peso corporeo più basso è avvantaggiato rispetto a ciclisti più pesanti. Volendo fare un confronto legato al Giro, fra Martinez e Thomas (secondo e terzo in classifica finale, ndr), gli 8 chili di differenza a favore di Martinez sono stati un muro insormontabile per l’inglese. Se sei più leggero, giorno dopo giorno spendi un po’ meno energia e quindi arrivi in finale con più glicogeno muscolare, più benzina per l’ultima ora di gara».
La differenza di peso ha fatto sì che nelle tappe dure del Giro fra Martinez e Thomas si sia scavato un solcoLa differenza di peso ha fatto sì che nelle tappe dure del Giro fra Martinez e Thomas si sia scavato un solco
Così scontato?
Dipende sempre da come vengono fatte le salite precedenti, perché se vengono fatte piano, anche chi pesa di più arriva in finale con maggiore energia.
Questo discorso va bene per le corse molto dure? Abbiamo visto che Van der Poel avrebbe potuto continuare la Roubaix per altri 60 chilometri, semplicemente evitando fuori giri e curandosi di mangiare il giusto…
In salita i wattaggi sono più elevati rispetto alla pianura. Ma in pianura si va più veloci, in termini di velocità pura. Per cui per durare di più, bisogna che anche in pianura non si vada a tutta, come si disse a proposito di Van der Poel. Altrimenti rischi di esprimere un wattaggio esagerato, cui però corrisponde una minima differenza di velocità.
Si può ridurre questa differenza nel consumo di glicogeno intervenendo sull’alimentazione?
E’ ovvio che questo ragionamento inizia dal presupposto che tutti quanti partano a posto, cioè con i serbatoi pieni. Quindi che tutti abbiano fatto il corretto carico di carboidrato e di conseguenza siano al massimo delle scorte di glicogeno. E poi parto dall’altro presupposto che tutti quanti in corsa si alimentino in maniera corretta e senza errori. Fatte queste premesse, chi pesa meno consuma meno. La potenza è espressa in due modi, a livello assoluto e relativo al peso. Per cui l’individuo che pesa di più è avvantaggiato a livello assoluto, quello che pesa di meno è avvantaggiato a livello relativo.
Pogacar ha perso peso e aumentato la potenza, mentre Evenepoel sarà l’oggetto misterioso del TourPogacar ha perso peso e aumentato la potenza, mentre Evenepoel sarà l’oggetto misterioso del Tour
Vuoi dire che a parità di condizioni di salute e alimentazione, avendo nel prossimo Tour in gara Pogacar, Vingegaard, Evenepoel e Roglic, potresti già scrivere la classifica finale?
Se non ci sono intoppi, sì! L’unica cosa che sfugge è il confronto fra Evenepoel e gli altri. Remco ha vinto la Vuelta battendo Mas e Ayuso, ma non si è mai misurato coi primi della classe. Lui lo vedo fortissimo nelle corse di un giorno: se a Liegi lo trovi in giornata, è imbattibile. Per cui secondo me, a parità di condizioni (quindi col presupposto niente affatto scontato che il danese arrivi al via nella condizione ideale), la classifica del Tour vede Vingegaard primo, secondo Pogacar e terzo Roglic. Tadej quest’anno sembra dimagrito rispetto all’anno scorso, lo capisci a vista d’occhio.
Ugualmente non potrebbe vincere?
Occhio, ci sono le variabili. Per cui alla fine se quello un po’ più pesante vuole vincere, si deve inventare qualcosa. Ad esempio se c’è tanta crono o se la tappa sullo sterrato diventa più incisiva: ci sono fattori legati all’abilità che non sono misurabili.
Sei spesso con gli atleti, che cosa dicono di queste statistiche così esatte?
Sanno che sono esatte, ma non infallibili. I 20 minuti di crisi possono averli chiunque, anche Vingegaard e Pogacar. L’anno scorso Tadej è saltato a metà della salita finale di Courchevel, perché magari pesando di più, aveva vuotato prima il serbatoio. Oppure c’entrava il fatto che avesse preparato il Tour in un mese, a causa della frattura della Liegi, per cui era rimasto fermo a lungo e probabilmente gli mancava la parte finale della preparazione. Quello che stavolta potrebbe toccare a Vingegaard.
Il Tour 2023 deciso dalle superiori leggerezza ed efficienza di Vingegaard e dalla preparazione frettolosa di PogacarIl Tour 2023 deciso dalle superiori leggerezza ed efficienza di Vingegaard e dalla preparazione frettolosa di Pogacar
Sembrano chiacchiere da bar, su cosa ci basiamo per andare avanti?
C’è tutta la parte legata al dispendio energetico: concetti abbastanza ampi, che sembrano teorici, ma sono molto importanti. Quanti grammi di glicogeno ha in corpo uno che pesa 68 chili rispetto a uno che ne pesa 60? Sicuramente ha il serbatoio più grande, però non sappiamo quanti grammi di glicogeno può contenere. Di solito quando abbiamo per avversario un corridore top cerchiamo di studiarlo e poi ci regoliamo su come lavorare con i nostri. Certo, in nome del peso, non si può cominciare una dieta troppo frettolosa. Bene o male sono tutti magri, difficile intervenire da fuori. Per cui nel prossimo Tour ci si dovrà attrezzare, sfruttando la tappa sugli sterrati e ogni altra situazione che possa rendere un vantaggio.
Le performance di Vingegaard superiori a Roglic possono spaccare la Jumbo Visma. Con Garzelli ripassiamo situazioni simili, per capire come potrebbe finire
Quantunque sia un campione e forse proprio per questo, Tadej Pogacar si accinge ad affrontare il secondo grande Giro nello stesso anno per la prima volta alla sesta stagione da professionista. Questa è certamente una gestione accorta e magari è alla base dei miglioramenti che lo sloveno riesce a fare ogni anno, contando su una grande freschezza atletica e una maturazione graduale. In questo, Matxin e lo staff tecnico del UAE Team Emirates non sbagliano un colpo.
Se il dubbio sulla durata delle carriere di questi giovani fenomeni riguarda l’eccesso di attività e il conseguente logorio, forse un’attività intensa ma non estenuante permetterà loro di andare avanti non tanto finché ne avranno le forze, ma finché ne avranno la testa. Se infatti chiedessimo a Pogacar cosa gli sia pesato di più del Giro d’Italia appena dominato, molto probabilmente non parlerebbe delle tappe, ma di tutto quello che vi girava attorno.
A partire dal 2014, Aru iniziò a fare due grandi Giri all’annoProprio quell’anno, la crescita di Aru creò una competizione interna all’AstanaA partire dal 2014, Aru iniziò a fare due grandi Giri all’annoProprio quell’anno, la crescita di Aru creò una competizione interna all’Astana
Due grandi Giri
Dall’articolo di ieri, in cui Fabio Aru commenta la maglia bianca di Tiberi, salta fuori uno spunto che non è passato inosservato. Provando con grande garbo a dare un consiglio al laziale della Bahrain Victorious, Fabio gli suggerisce di fare le cose per gradi.
«Deve avere un po’ di calma – ha detto Aru – poi logicamente ci saranno i suoi tecnici alla Bahrain Victorious a prendere sicuramente le scelte giuste: ormai le squadre sono gestite da professionisti. Io personalmente mi buttai un po’ troppo a capofitto. Già dal 2014 iniziai col fare sempre due grandi Giri ogni anno e non fu un bene. Guardiamo anche come è stato gestito Pogacar, che fino a quest’anno non ha mai fatto due grandi Giri nella stessa stagione. Giro, Tour e Vuelta sono belli, ma ti logorano. Quindi per Tiberi ci sta adesso fare il Delfinato, ma attenderei ad aggiungere il secondo Giro».
Tiberi ha corso un ottimo Giro, spendendo parecchio. E’ già in gara al Delfinato e ad agosto alla VueltaTiberi ha corso un ottimo Giro, spendendo parecchio. E’ già in gara al Delfinato e ad agosto alla Vuelta
Gambe e testa
Aru, a ben vedere, corse il Giro del 2013 al primo anno da pro’ in appoggio a Nibali. L’anno successivo, a 24 anni, corse Giro e Vuelta. Stessa cosa nel 2015. Nel 2016 corse soltanto il Tour, nel 2017 Tour e Vuelta. Nel 2018, Giro e Vuelta, prima che la sua carriera iniziasse a declinare in modo piuttosto rapido.
Quei primi anni all’Astana furono frenetici, belli e anche singolari. Di fatto a partire dal 2014 nel team kazako si era creata una sorta di spaccatura fra il gruppo Nibali e il gruppo Aru. Una competizione interna che faceva pensare a un dualismo all’antica, senza considerare che si stesse parlando di due compagni di squadra. Perché spingere Aru costantemente al doppio impegno? Erano anni in cui si potevano sostenere due grandi Giri all’anno senza grandi conseguenze, oppure si spinse troppo sul gas? Nonostante la sua carriera sia iniziata ben prima del Covid, quel tipo di attività l’ha resa inaspettatamente breve. Che sia stato per logorìo mentale oppure fisico, il percorso più bello di Aru nel professionismo è durato per quattro stagioni.
Nel 2019 Pogacar ha corso la Vuelta, conquistando il podio e la maglia dei giovaniNel 2019 Pogacar ha corso la Vuelta, conquistando il podio e la maglia dei giovani
La cura del campione
Tiberi ha partecipato al suo primo grande Giro nel 2022, a 21 anni: la Vuelta, alla terza stagione da professionista. Ha replicato lo scorso anno, mentre nel 2024 ha debuttato al Giro d’Italia, arrivando quinto. Il suo programma 2024 prevede nuovamente la Vuelta: è un passaggio utile per un atleta che il 22 giugno compirà 23 anni? Magari sono solo considerazioni personali: dopo il Delfinato e fino a Burgos, Antonio avrà un calendario tranquillo. E se ha voglia di fare la Vuelta, forse non sarà troppo pesante. Oppure la squadra non ha altri leader da schierare e, mandando Buitrago e Jack Haig al Tour, deve spedire Tiberi in Spagna. Sono considerazioni che invitano al ragionamento.
Vincenzo Nibali, cui Tiberi viene affiancato per caratteristiche caratteriali e in parte anche tecniche, affrontò il doppio impegno nel 2008, a 24 anni. Evenepoel, 24 anni, ha doppiato l’impegno lo scorso anno, anche se si era ritirato dal Giro alla nona tappa. Non si può dire pertanto che abbia partecipato a due grandi Giri nella stessa stagione e non è dato di sapere se quest’anno dopo il Tour parteciperà anche alla Vuelta. Vingegaard solo nel 2023, a 27 anni, ha partecipato al Tour e alla Vuelta.
Perché fare due grandi Giri all’anno, avendone appena 23? Costruire la carriera dell’atleta, rendere redditizio l’investimento oppure fare punti? L’esempio di Pogacar dovrebbe far riflettere. Al netto dei soldi, delle bici, degli sceicchi, della nutrizione e di tutto quello che gira attorno a uno squadrone come la UAE Emirates, quello che colpisce è la cura dell’atleta. Quanto durerebbe Pogacar facendo tutti gli anni due grandi Giri? Forse per questo, a meno di clamorosi ripensamenti, non andrà alla Vuelta. Significherebbe rimangiarsi ben più di una parola.
A tenere banco è sempre lui, Tadej Pogacar. Lo sloveno ha fatto qualcosa di gigantesco al Giro d’Italia e per come lo ha vinto già tutti sognano la doppietta ad occhi aperti. E se oltre alla doppietta Giro-Tour ci fosse altro? La Vuelta, per esempio…
L’asso della UAE Emirates potrebbe andare anche in Spagna? E come? Per vincere o per preparare il mondiale, che ha già detto di aver messo nel mirino? E’ possibile tutto questo? Oppure è troppo anche per un fenomeno assoluto come Tadej?
Proviamo a sviscerare questi dubbi con il supporto di uno dei nostri preparatori di riferimento, Pino Toni. E proviamoci soprattutto per capire se ciò è tecnicamente possibile.
Il coach toscano Pino ToniPino Toni è pronto a scommettere sulle qualità dell’austriaco, visto in Francia
Pino, prima della Vuelta una domanda sul Tour. Questa fatidica doppietta è fattibile dopo aver visto come è andato il Giro?
Al Tour de France per me lo vedremo ancora più forte. Al Giro ha fatto un bellissimo e funzionale blocco di lavoro. Adesso recupererà e lo metterà a frutto. Pogacar non si è tirato il collo più di tanto. Quelle accelerate che abbiamo visto le ha dovute fare…
Esatto, altrimenti avrebbe dovuto fare i rulli a fine tappa.
Però guardando avanti, al resto della stagione e alla Vuelta, non sarebbe troppo anche per lui?
Prendiamo l’intensity factor (quanto si sforza in generale, ndr) lui forse è arrivato a 0.9, neanche ad 1. Faceva 5′ a 7 watt/chilo per staccare gli altri e poi si metteva a 5,9-6 watt/chilo e continuava a guadagnare. Chiaramente sono stime che ho provato a fare con i dati a mia disposizione, per essere precisi bisognerebbe conoscere i suoi file. Ma conoscendo qualche numero di chi era dietro è possibile fare una stima attendibile. E poi la prova era Majka. Dopo che Rafal terminava il suo lavoro e si spostava poteva restare con chi inseguiva.
E’ possibile da un punto di vista fisiologico per Tadej andare anche alla Vuelta?
Sì, è possibile. E molto dipende dal Tour, ma per quel che si è visto al Giro se al Tour non emerge qualche fenomeno nuovo, non vorrei esagerare che farà come al Giro, ma si potrà gestire.
Majka tirava forte, poi si spostava e dopo un breve recupero poteva tenere le ruote degli altri bigMajka tirava forte, poi si spostava e dopo un breve recupero poteva tenere le ruote degli altri big
Però in Francia ci saranno Vingegaard, Roglic…
Il livello è ottimo, ma Roglic ha qualche annetto in più e per Vingegaard un incidente come quello che ha avuto non si recupera in tempi così stretti per essere super. Pertanto in ottica Vuelta tutto dipende da lui: dalla sua tranquillità e dai suoi stimoli, cose che Tadej mi sembra abbia entrambe. Pogacar non ha bisogno del motivatore. E poi c’è un’altra qualità.
Quale?
Almeno vista da fuori, lo scorso hanno non ha patito troppo la sconfitta da Vingegaard. E questo è un punto di forza. Cerca le sue motivazioni senza patire la sconfitta.
Che per un atleta del suo calibro che abbatte ogni record non è poco. A quel livello un secondo posto o una sconfitta diventano un macigno… Per te cosa dovrebbe fare dopo il Tour?
Prima di tutto bisogna vedere come esce dalla Grande Boucle. Che nelle tre settimane del Giro vada tutto bene tutti i giorni è già una fortuna, che ciò accada anche al Tour, lo sarebbe ancora di più. Basta una notte che dormi male, un giorno di malattia, un mal di pancia… e tutto si complica. In nove settimane, la Vuelta, diventa tutto un terno al lotto. Quindi, ripeto, vediamo come esce dal Tour. Recupera, non credo correrà, ma volendo potrebbe inserire nel mezzo anche una corsa di 5 giorni e poi andare in Spagna. Ma questa gestione così capillare può stabilirla solo che gli è strettamente vicino e lo conosce bene sotto ogni punto di vista.
Però dopo il Tour ci sono le Olimpiadi: anche questo appuntamento va valutato. E poi forse proprio in virtù di queste forse non è l’anno buono per andare anche alla Vuelta…
In effetti è tanta carne al fuoco, ma se devi fare un record unico, se deve mettersi al di sopra di tutto di tutto il mondo, questo è l’anno buono. La stagione gli si è messa bene sin dall’inizio. Cosa che non gli è successa l’anno scorso. In più prima del Giro ha corso poco.
Pogacar quest’anno non ha ancora fatto l’altura. Questo potrebbe essere un piccolo vantaggio per lui. Eccolo al Sestriere l’anno scorso (foto Matteo Secci)Pogacar quest’anno non ha ancora fatto l’altura. Questo potrebbe essere un piccolo vantaggio per lui. Eccolo al Sestriere l’anno scorso (foto Matteo Secci)
Invece il fatto di non aver fatto ancora l’altura è un vantaggio che si è tenuto nel taschino?
Tecnicamente per recuperare sì, per la testa non so. Quanto lavorerà in altura? Io immagino la farà per rigenerarsi, per risollevare le scorte di ferro e qualche punto ematico. Di certo lui di energia ne produce tanta e ha bisogno di recuperare. L’importante è che in altura prima del Tour non prenda neanche un raffreddore.
Se Pogacar andasse alla Vuelta, che comunque dobbiamo ricordare lui ha già scartato, come ci andrebbe: per vincerla o per preparare il mondiale?
Gente come Pogacar ha già dimostrato che non ha bisogno di fare un grande Giro per arrivare pronta ad un determinato appuntamento. Se avesse bisogno di gareggiare in quel periodo avrebbe a disposizione molte corse di un giorno e in questo modo arriverebbe al mondiale più riposato, più fresco. Perché poi l’obiettivo di questi super campioni è arrivare freschi all’obiettivo.
Chiaro…
Quindi se ci va, ci va per vincerla. Anche perché non so quanti arrivi in salita abbia la Vuelta stavolta, ma è sempre un “boom-boom”, tra l’altro alcune tappe neanche sono cortissime. Per me sarebbe impegnativa in ottica mondiale. E poi alla fine verrebbe dopo Giro e Tour e 63 giorni di corsa non sono pochi neanche per uno come Pogacar, se poi dovesse fare anche il mondiale.
Okay, Tadej Pogacar è un fenomeno, però se è così forte il merito è anche della cura che lo sloveno e il suo entourage ripongono nei dettagli. Bici al top, integrazione al top, accessori al top. E poi gregari, staff… tutto funziona al meglio. E in questo contesto non poteva mancare l’alimentazione, oggi tassello fondamentale.
Michele Romano è il cuoco della UAE Emirates. E’ lui che prepara per Tadej e i compagni i piatti durante le corse e persino durante i ritiri. E non sono mai pietanze banali: qualità e funzionalità sono sempre portate al massimo. In questo Giro d’Italia trionfale c’è dunque anche il suo zampino.
Se preparato ad hoc anche il sushi può essere un buon piatto per il recupero. Tadej e i suoi hanno fatto spesso ricorso al pesceSe preparato ad hoc anche il sushi può essere un buon piatto per il recupero. Tadej e i suoi hanno fatto spesso ricorso al pesce
Il tuo lavoro, Michele, è molto più complesso di quel che ci si può aspettare. Quest’inverno ci avevi parlato della “messa a punto”, del bilanciamento delle ricette. Spiegaci meglio…
Durante il ritiro spagnolo abbiamo bilanciato le ricette che poi i ragazzi hanno mangiato e mangiano nel resto dell’anno. Partiamo dai primi (sostanzialmente riso e pasta, ndr) e testiamo le ricette e le quantità dei condimenti. Per bilanciare intendo le quantità di grassi e degli altri macronutrienti per ogni piatto finito.
Fai questo insieme al nutrizionista?
Esatto, insieme. Studiamo i pesi precisi di quel che andiamo ad utilizzare nel corso della stagione. E questo è importante ai fini pratici perché si risparmia tempo quando si è in gara, si ha la certezza di quel che si andrà a preparare, e quindi fare fronte alle determinate esigenze del momento, e soprattutto è replicabile anche da altri cuochi, qualora non ci sia io.
E questo lavoro è tornato utile anche al Giro…
Chiaro. Abbiamo selezionato le ricette per le varie e tappe e ci siamo mossi di conseguenza. Che sia una tappa piana, ondulata o di montagna, abbiamo ricette specifiche.
Le ricette cambiano anche in base al meteo?
Certo. Faccio un esempio: se le temperature sono basse facciamo delle zuppe, delle vellutate o dei purè di verdure per aiutarli a mantenere il calore.
Il pane fatto in casa UAEMichele Romano e il pane fatto in casa UAE
Il menù è solo per la sera?
No, è per le colazioni, per il pranzo che poi sarebbe il recupero post tappa, e per la cena. Per le colazioni quello che varia da parte mia è il pane sostanzialmente. E ne abbiamo studiato diverse tipologie. Per esempio, se c’è una tappa piatta usiamo del pane dolce fatto con uva passa. Per una tappa di media montagna prepariamo pane alla curcuma o alle olive.
Perché curcuma o olive?
Perché sono antinfiammatori e restano facilmente digeribili. Mentre utilizziamo un pane bianco più classico per le tappe di montagna. A queste ricette aggiungiamo sempre delle fibre utilizzando delle farine biologiche macinate a pietra, quindi parliamo di farina di tipo 1 o 2.
Immaginiamo che sia tu a fare la spesa, vista la particolarità delle ricette. E’ così?
Esatto, la faccio io. Una settimana prima del nostro arrivo, invio una mail a tutti gli hotel presso cui andremo a soggiornare richiedendo prodotti specifici in base alle indicazioni del nutrizionista. Ma prima del via abbiamo una nostra scorta, tra l’altro fornita dai nostri sponsor, per quel che concerne i prodotti secchi, come la pasta, ma anche l’olio e i vari conservati. Questi prodotti sono stoccati in magazzino. Andiamo lì e ci riforniamo prima della grande partenza.
Michele, quando parli delle richieste agli hotel, indichi anche il marchio del prodotto che volete trovare?
Sì, sì… primo perché deve essere di qualità estrema e poi perché avendo fatto i nostri bilanciamenti siamo certi che quel brand ha determinate caratteristiche. Io poi comunque supervisiono quel prodotto e se non è quello richiesto o non mi soddisfa non lo uso.
Ecco (più o meno) il crumble alla nutella richiesto da TadejEcco (più o meno) il crumble alla nutella richiesto da Tadej
Quali sono state le tre pietanze più gettonate da Pogacar in questo Giro d’Italia?
Tadej è un buongustaio e mangia davvero di tutto. Gli piace molto il pesce bianco di qualità, come spigole e bronzini. Ma soprattutto ama la pasta più di ogni cosa. Nelle tre settimane l’ha mangiata in 15 modi diversi. Chiaramente erano tutte ricette bilanciate. Cerchiamo di unire le esigenze del nutrizionista con il gusto degli atleti.
La sua pasta preferita di questo Giro qual è stata?
Uno spaghetto con crema di zucca, peperone rosso e porro. Mentre per le paste corte si è orientato principalmente sulle mezze maniche con salsa di pomodoro arrosto.
Qual è stato lo sgarro di Pogacar nel Giro?
La sera di Bassano ha voluto un crumble alla nutella. Tra l’altro la ricetta di questo dolce me l’ha data proprio lui. Poi come sempre io e il nutrizionista gliel’abbiamo bilanciata. E’ stato il suo premio finale e il nutrizionista ha dato l’okay per questo dolce abbastanza calorico.
Juan Ayuso è pronto a dare assalto alla sua seconda Vuelta. Punta in alto e lo nasconde solo in parte. Ma la sfida con Vingegaard, Roglic ed Evenepoel lo stuzzica
Nelle parole di Matxin alla fine del Giro c’era soprattutto orgoglio. La UAE Emirates ha tre manager. C’è Gianetti, che cura i rapporti con gli arabi e si tiene in equilibrio fra le buone maniere di una volta e la necessità di fare risultato. Andrea Agostini che vigila e opera affinché ciò sia possibile. E poi c’è Matxin, che invece spinge a tutta con un solo obiettivo: vincere. Attenzione però: non si tratta di uno spingere cieco, ma un ragionare per gradi che colloca tutti nel posto giusto.
«Il fattore decisivo quando c’è Tadej – dice – è che tutti sanno di correre per un risultato, che è quasi sempre favorevole. Ovvio che oltre alla motivazione serve avere le gambe, perché anche io a volte sono molto motivato, ma non ho forza (ride, ndr). Qui si parla di atleti di alto profilo. Felix Grossschartner è un corridore che potrebbe vincere tutti gli anni, è uno dei migliori al mondo. Rafal Majka in questo Giro sarebbe potuto arrivare fra i primi cinque, ha qualità che non abbiamo scoperto certo noi (il polacco in apertura è con Pogacar sul Monte Grappa). Abbiamo dei corridori forti con cui abbiamo formato un gruppo importante. Loro ci credono e i risultati arrivano. Ogni volta che corriamo per un leader, l’atmosfera è la stessa: siamo contenti del gruppo che abbiamo».
Matxin, Gianetti, Agostini: la dirigenza UAE Emirates già a dicembre aveva annunciato obiettivi e formazioniMatxin, Gianetti, Agostini: la dirigenza UAE Emirates già a dicembre aveva annunciato obiettivi e formazioni
Che cosa li tiene insieme?
Abbiamo un modo di lavorare che permette a ciascuno di avere il suo spazio. Chiaro che quando si viene a correre per Pogacar, comanda lui. Ma ognuno di questi che hanno aiutato lui al Giro, nel corso dell’anno ha avuto oppure avrà spazio per giocarsi le sue carte. Li accontentiamo, diamo spazio sportivo a tutti.
Se quello che avete annunciato a dicembre fa ancora fede, ognuno ha programmi a lungo termine…
Esatto, ricordate bene. Abbiamo una linea molto chiara da ottobre, come avete visto. Da quanti anni segui il ciclismo? Non so quante squadre abbiano mai annunciato a dicembre gli otto corridori che faranno i tre grandi Giri senza poi cambiarli. Ovvio, ci sono gli imprevisti, ma ognuno dei nostri atleti sa qual è il suo obiettivo e in quali momenti invece dovrà lavorare per la squadra e per altri compagni. Ciascuno al suo tempo, anche i più giovani. Almeida, Ayuso, Del Toro e Morgado hanno avuto e avranno occasione di fare le loro corse.
Grossschartner è un corridore vincente, alla UAE dal 2023, votato alla causa del leaderGrossschartner è un corridore vincente, alla UAE dal 2023, votato alla causa del leader
Si può dire che il Giro sia riuscito alla perfezione?
Si può dire, ci voleva un momento come questo. Siamo arrivati a Torino con l’intenzione di vincere e la sceneggiatura ha seguito esattamente il copione. Tadej ha corso in modo intelligente, non credo che abbia sprecato più del previsto, pur sapendo che il Giro è una gara molto dura. I numeri dicono che le cose sono andate secondo i piani e i piani funzionavano a lungo termine, ma anche giorno per giorno. Vuol dire che la sera guardavamo la tappa del giorno dopo e stabilivamo il modo di correre più utile: per il Giro e per quello che ancora attende Tadej.
Peccato sia mancata la vittoria di Molano…
Forse è l’unico neo del Giro, ma si può vedere anche che Sebastian si è integrato benissimo nella squadra del Giro e ha fatto ottimamente la sua parte.
Molano, Oliveira e Novak: al Giro duro lavoro spesso invisibile, ma potentissimoLa UAE Emirates del Giro è parsa solida, con uomini “invisibili” come Laengen e BjergMolano, Oliveira e Novak: al Giro duro lavoro spesso invisibile, ma potentissimoLa UAE Emirates del Giro è parsa solida, con uomini “invisibili” come Laengen e Bjerg
L’appetito vien mangiando: se si vince il Tour, si punta alla Vuelta?
No, su questo siamo stati chiari da dicembre. Pensiamo molto attentamente agli obiettivi e non sarebbe positivo riaprire un file così importante. Abbiamo appena detto che si fanno programmi chiari per tutti, un cambiamento del genere sarebbe una forzatura. Per quest’anno abbiamo deciso di fare due grandi Giri, che per Tadej è già una novità. Ha 25 anni e ha ottenuto tante vittorie, però può sempre migliorare e fare esperienza. Da qui ai prossimi cinque anni penso che riusciremo a realizzare molte delle sfide che ci siamo prefissati.
Peccato che essendo una squadra araba, non abbiate potuto brindare con vero champagne…
Per rispetto, non abbiamo bevuto champagne in pubblico. Ma siamo soddisfatti. Volevamo essere al numero uno e ci siamo arrivati, ma possiamo anche migliorare. Lo scorso anno la Visma ci è stata superiore in alcune occasioni importanti, l’obiettivo è ribaltare quei risultati.
In questo Giro d’Italia, Tadej Pogacar è andato fortissimo anche nelle crono e il “nostro” esperto in materia Adriano Malori, ex pluricampione italiano contro il tempo, ci aiuta ad analizzare l’evoluzione dello sloveno in questa specialità. Specialità che più di altre è quella dell’estremizzazione, della perfezione.
Nei 71,8 chilometri contro il tempo che ha proposto il Giro, Pogacar ha fatto vedere cose importanti che noi analizziamo appunto con Malori, il quale ha individuato tre aspetti principali. Aspetti che in vista del Tour de Franceci dicono di quanto sia migliorato lo sloveno.
Secondo Malori, il vero punto di forza di Pogacar… è la la forzaSecondo Malori, il vero punto di forza di Pogacar… è la la forza
La muscolatura
«A me – sostiene Malori – quel che più ha colpito non è stata tanto la posizione, che secondo me ha ritoccato molto poco e resta sempre molto avanzato, ma proprio lui. La sua muscolatura. E mi ha colpito non tanto nella crono di Perugia, dove tutto sommato ha fatto il suo, gestendosi in pianura e dando tutto nella salita finale, ma in quella di Desenzano, una crono ben più veloce. Una crono per specialisti».
Quel giorno Pogacar è arrivato secondo alle spalle di Ganna, ma si è lasciato dietro passistoni e cronoman importanti come Thomas e Arensman che, al netto della caduta, gli sarebbe comunque arrivato dietro.
«In una crono così pianeggiate Tadej ha battuto Thomas che lo scorso anno era stato vicinissimo ad Evenepoel. Per fare questa prestazione serve potenza. Io Pogacar lo vedo più magro dell’anno scorso, ma anche con le gambe più muscolose, finalmente si vede “la curva del quadricipite”. Di certo ci ha lavorato. E infatti spinge rapporti più lunghi. Aveva il 62».
Qui Pogacar quest’anno al Giro…E qui alla Tirreno di due anni fa. Ora sembra leggermente più compatto, con le braccia più chiuseQui Pogacar quest’anno al Giro…E qui alla Tirreno di due anni fa. Ora sembra leggermente più compatto, con le braccia più chiuse
Materiali
Non è un segreto che la Colnago da crono andasse perfezionata. E in tal senso sia il clan del team che il costruttore hanno lavorato bene e a braccetto. Per esempio è stata alleggerita. Ma in una crono pianeggiante la componente peso non è poi così determinante. E anche sugli accessori non si è stati a guardare, basta pensare al casco, il Met (un lavoro che tra l’altro avevamo anche visto dal vivo).
«Questi grandi team – riprende Malori – spesso utilizzano dei materiali neutri, diciamo così, extra sponsor. E per me la ruota lenticolare che ha usato Pogacar non aveva scritte, pertanto posso presupporre non si trattasse dello sponsor ufficiale, Enve.
«Poi ricordiamoci che in generale, Pogacar ha fatto stravolgere le misure a Colnago, pertanto non stento a credere che anche a crono abbiano fatto grossi interventi. Ma sono interventi che con precisione conoscono bene solo nello stretto entourage».
Un grande passo avanti è stato fatto anche con il casco, il Met: sia nella zona anteriore che soprattutto in quella posteriore dove si scarica l’ariaQui Pogacar quest’anno al Giro…
Posizione
Come detto, secondo Malori Pogacar non è intervenuto troppo sulla posizione (anche se è leggermente più chiuso con le mani, come se avesse alzato un po’ gli avambracci), tuttavia Adriano ci parla del suo stare in sella sulla bici da crono.
«Pogacar mi sembra più composto – dice Adriano – merito anche di una maggiore potenza. E poi il fatto che fino a che bisognava affrontare le tappe contro il tempo abbia fatto il defaticamento post tappa sulla bici da crono mi ha fatto riflettere. Aveva la necessità di “rinnovare” questa posizione perché secondo me lui paga un po’ il giorno dopo la crono».
E qui Malori apre un capitolo, molto interessante. Ecco il suo ragionamento: «Pensateci, lo scorso anno dopo la crono di Combloux dove sì le ha prese da Vingegaard, ma era comunque andato fortissimo, il giorno successivo è crollato.
«Quest’anno a Prati di Tivo ha fatto lavorare la squadra tutto il giorno e poi ha fatto “solo” la volata… vincendola. Al Giro non aveva Vingegaard o Roglic e si è salvato, ma quel giorno per me non era super sul piano muscolare e per questo non ha attaccato. Per me quindi lui soffre il passaggio dalla bici da crono a quella da strada, dopo uno sforzo così importante».
Già dalla prima tappa Pogacar ha iniziato a fare il defaticamento con la bici da cronoGià dalla prima tappa Pogacar ha iniziato a fare il defaticamento con la bici da crono
Un punto debole?
E qui un paio di considerazioni a dare manforte a questa tesi le aggiungiamo noi. Quelli di Prati di Tivo sono stati proprio i giorni in cui Pogacar era un po’ più nervoso. Inoltre, quel suo “non attacco” verso il Gran Sasso secondo diversi tecnici era proprio perché non fosse super come al solito. E questo aveva anche alimentato qualche timida speranza in quel momento.
Poi però la fatica è aumentata per tutti, mentre lui essendo il più forte era il più fresco. Tra le altre cose il giorno di Desenzano dopo la crono Pogacar ha fatto defaticamento sulla bici da strada, non doveva più pensare a questo aspetto.
In vista del Tour questo è un “punto debole” (con due virgolette grosse così) da prendere in considerazione. Per fortuna sua, quest’anno in Francia la prima crono è seguita da una tappa impegnativa, ma non di montagna. Mentre la seconda segue le salite, ed è quella che chiuderà la Grande Boucle.
Il Giro d’Italia che si è appena concluso si potrebbe dire essere stato uno tra i più belli di sempre, una di quelle corse che verrà ricordata come noi oggi ricordiamo, per esempio, le imprese di Eddy Merckx. Anzi, potremmo dirci più fortunati, perché nessuno degli splendidi momenti che abbiamo vissuto verrà mai dimenticato…dai social! Già, il Giro 107 è stato molto attivo sui social grazie a dei protagonisti che sanno il fatto loro davanti ai cellulari.
Il re del Giro
Come se la Maglia Rosa non gli bastasse, Tadej Pogacar sui social è stato il Re indiscusso di questo Giro. Non sono passati di certo inosservati gli aggiornamenti praticamente quotidiani che faceva sui suoi profili, associando canzoni rap che hanno subito messo le cose in chiaro.
Pogi alla seconda tappa, quando ha preso la rosa, cantava “Volevo fare il boss”. In maglia rosa pedalava sulle note della Pantera Rosa. Nel giorno di riposo si è dedicato “Fenomeno” di Fabri Fibra. Mentre dopo la vittoria a Bassano del Grappa si è dato a qualcosa di più classico con il celebre pezzo di Andrea Bocelli “Con te partirò”, a richiamare quanto epica fosse la sua vittoria.
Tra pose simpatiche sul palco e sorrisi smaglianti, ci ha fatto anche emozionare parecchio. «La borraccia Tadej, la borraccia!», gli urlava un piccolo tifoso, al quale ha poi passato (direttamente in mano) la borraccia fresca fresca di rifornimento, dalla quale non ha nemmeno staccato il gel. Assieme a quello tra Coppi e Bartali, questo è il passaggio di borraccia più bello della storia. Spensierato assieme alla sua Urska che bacia dolcemente sulla fronte, complice con Giulio Pellizzari con quell’occhiata d’intesa sul Monte Grappa, Tadej ha indubbiamente vinto anche il Trofeo Social.
Dopo la terza tappa, su Instagram foto e messaggio di Thomas: «Bravo Tadej, ti sei divertito, domani tappa tranquilla»Dopo la terza tappa, su Instagram foto e messaggio di Thomas: «Bravo Tadej, ti sei divertito, domani tappa tranquilla»
Le provocazioni di “G”
Nessuno (nemmeno a dirlo) riesce ad eguagliare lo sloveno nemmeno da questo punto di vista. Ma sui social sono stati molti i volti che ci hanno fatti divertire.
Geraint Thomas, in ballo tra la seconda e la terza posizione in generale, ha lanciato diverse frecciatine. Dopo la terza tappa, quella dell’attacco di Fossano, scriveva: “Bravo Tadej ti sei divertito, domani però tappa tranquilla”. Nella tappa degli sterrati, quando Mister G è stato ripreso dalle telecamere con Tadej sulla sua ruota, ha chiesto al pubblico social: “Chi è l’impostore che ho a ruota?”.
Si sono divertiti anche alla Lidl-Trek, tra balletti pre-partenza sulle note degli ABBA e con uno scatenato fan club di Jonathan Milan. Grande protagonista anche il nostro Pippo Ganna, che ha dato il meglio di sé indossando il tricolore. Tra gli abbracci con la sua cagnolina, al siparietto con Luke Plapp dove chiedeva (gentilmente) a Tadej di rallentare cosicché potesse vincere la crono di Perugia.
Da Alaphilippe, una pizza per Maestri? Macché, dentro c’è la sua magliaDa Alaphilippe, una pizza per Maestri? Macché, dentro c’è la sua maglia
Una pizza per Maestri
Hanno fatto il giro dei social anche le immagini di Giulio Pellizzari che gongola un po’ incredulo con in mano occhiali e maglia del suo idolo: (indovinate un po’) Tadej Pogacar.
Con il suo fascino tutto francese, Julian Alaphilippe è molto seguito sui social: a favore di camera ha portato in regalo, in un cartone della pizza, una sua maglia a Mirco Maestri, dopo l’avventura in fuga del giorno prima. Sui social l’hanno definito “leggenda”, e non potevamo esimerci dal ricordarvelo.
Menzione speciale per Andrea, il meccanico della Intermarche-Circus Wanty. Dopo l’epica spinta in gara per aiutare il suo corridore a ripartire, i social si sono divertiti a fargli spingere… qualunque cosa, anche Marcell Jacobs!
Momento social particolarmente apprezzato anche il primo giorno di riposo, dove corridori e squadre sono stati avvistati nella città partenopea tra golose pizze e pause gelato.
E’ stato anche il Giro d’Italia del pubblico, raramente così numerosoE’ stato anche il Giro d’Italia del pubblico, raramente così numeroso
Il Giro del pubblico
Ma quindi, chi c’è sul podio social accanto a Tadej? Senza dubbio voi: il pubblico, i tifosi. Quest’anno il Giro d’Italia ha avuto un seguito incredibile di appassionati che si sono riversati sulle strade di tutta Italia anche sono per un saluto veloce alla carovana rosa. Tra striscioni, scritte e feste improvvisate lungo i percorsi, i veri protagonisti sono stati forse proprio i tifosi, che hanno indiscutibilmente contribuito a rendere questa edizione della Corsa Rosa unica e speciale. Ovviamente, documentando tutto sui social!
La vittoria alla penultima tappa di Pogacar al Tour de France ha costretto gli uomini di Deda Elementi a partire alla volta di Parigi con alcuni manubri dal colore speciale
CAMERINO – Lo sguardo abbraccia il mondo. La mattina si rischiara, dopo che l’alba ha coperto la campagna di un’insolita nebbia in quest’angolo silenzioso delle Marche. Pellizzari guarda giù, dopo aver raccontato la storia di un tunnel che collegherebbe la Rocca dei Borgia in cui ci troviamo con il castello dei Varano. Dice che quando erano bambini hanno provato a percorrerlo, ma di aver trovato una grata.
Si fanno quattro passi. Siete mai stati a Camerino negli ultimi otto anni? Era una città universitaria piena di vita, dopo il terremoto del 2016 è una città fantasma. Il centro è deserto, puntellato, ingabbiato, sfregiato. Fatti salvi pochi cantieri, è come se il tempo si sia fermato ai giorni del sisma. Tanta gente vive ancora nelle casette, altri se ne sono andati. Per questo quando Giulio ha attaccato sulle salite del Giro, è stato come se portasse nel petto anche il battito dei loro cuori. Glielo hanno detto martedì sera nella festa di bentornato, con una spinta d’animo che veniva da piangere. Erano quasi in 700 nell’Auditorium Benedetto XIII, intitolato al Papa che nel 1727 fondò l’Università di Camerino. E’ stato un incontro emotivo e dignitoso, con l’orgoglio marchigiano che si è sollevato sopra la difficile quotidianità.
Pellizzari ha corso un Giro a testa alta. Qui è secondo dietro Pogacar a Monte Pana, dietro MartinezPellizzari ha corso un Giro a testa alta. Qui è secondo dietro Pogacar a Monte Pana, dietro Martinez
Sveglia all’alba
Casa Pellizzari è una villetta divisa in due, che nell’altra metà ospitava il bed&breakfast di famiglia, ora occupato da una zia. Quando abbiamo mandato il messaggio per dire che eravamo arrivati, Giulio è sceso ad aprire con gli occhi di chi si è svegliato presto. Infatti alle 6,30 hanno suonato anche gli ispettori della Wada: quando entri nel gruppo di chi va forte, anche i controlli diventano più assidui. Un caffè farà bene ad entrambi. Il Giro d’Italia si è concluso da due giorni. Quando nella tappa di Roma abbiamo saputo che il martedì sera lo avrebbero accolto nella sua città, gli abbiamo chiesto di assistere e poi di fare due parole l’indomani. E’ tutto nuovo, aver incontrato la sua gente è stato un’esperienza inattesa.
«Beh, è stato emozionante – dice – non pensavo che fossero così tanti. Qua a Camerino ci conosciamo tutti, perché il paese è piccolino e tanti mi ricordano come il ragazzino che girava sempre in bici intorno alla città con gli amici. E ieri me l’hanno detto in tanti: “Allora era una cosa seria!”. E’ stato bello anche sentire questo…».
Pellizzari e la sua famiglia sono stati accolti nell’Auditorium Benedetto XIII a CamerinoMassimiliano Gentili racconta, Giulio, sua madre e suo padre ascoltanoLa commozione di Pellizzari, mentre sul palco viene ricordato il nonno MarioCon Fabio Luna e Lino Secchi, presidenti del Coni e della FCI regionaliCon Francesco Acquaroli, presidente della Regione MarchePellizzari e la sua famiglia sono stati accolti nell’Auditorium Benedetto XIII a CamerinoMassimiliano Gentili racconta, Giulio, sua madre e suo padre ascoltanoLa commozione di Pellizzari, mentre sul palco viene ricordato il nonno MarioCon Fabio Luna e Lino Secchi, presidenti del Coni e della FCI regionaliCon Francesco Acquaroli, presidente della Regione Marche
Il ragazzino che girava con la bici: eri così?
Sì, sempre. Facevamo le gare, partivamo da casa del mio amico Mirco, a 500 metri da qui. Andavamo in centro, ma qualcuno imbrogliava e prendeva le scale mobili. Poi scendevamo dalla Rocca e ritornavamo. Facevamo sempre lo stesso giro, sempre la gara: è stata così dai 7 ai 15anni. In casa c’era una mountain bike, il mezzo più veloce per muoverci. Poi ogni tanto, quando finivamo giù in basso, le caricavamo nelle navette. Però solo quando c’era l’autista buono…
Massimiliano Gentili, il tuo padrino ciclistico, racconta che nella prima uscita con lui, a 16 anni, lo guardasti in faccia e poi scattasti…
E’ vero (sorride, e abbassa lo sguardo, ndr), è successo sulla salita di Trevi, vicino Foligno. Questa cosa di arrivare primo in salita ce l’ho sempre avuta, anche quando ero più piccolo e mi allenavo qua a Matelica. Volevo sempre fare la salita per scattare. La salita è quello che mi piace, il simbolo del ciclismo. Da bambino guardavo il Giro d’Italia, soprattutto con mio nonno Mario e con il mio amico Mirco. Mi ricordo il Giro del 2015 con Aru in maglia bianca, infatti i suoi cani si chiamavano Aru e Contador.
Il passagio in testa sul Passo Sella gli è valso il Trofeo Cima CoppiIl passagio in testa sul Passo Sella gli è valso il Trofeo Cima Coppi
Martedì ti sei commosso al ricordo di tuo nonno…
Mario, detto Mariuccio (annuisce, ndr). Un signore accanto a me ha fatto un racconto su di lui: non volevo piangere, ma non ce l’ho fatta. Adesso gli anziani mi riconoscono come il nipote di Mariuccio e dicono che sarebbe orgoglioso di me. Ho scoperto al bar tramite amici che fosse un grande tifoso di ciclismo e suo padre anche più di lui. Gli assomiglio tanto. Quando nonna morì, andavo a dormire da lui e anche a tavola mangiavamo allo stesso modo. Strappavamo la carne col pane e mangiavamo pane e ciauscolo la mattina. Nonno se ne è andato nel 2015, l’anno prima del terremoto.
La gente, i tuoi compagni sanno che qui c’è stato il terremoto?
Ricordo che 3-4 mesi dopo, a mia madre è capitato di incontrare gente che le chiedeva dove si andasse per il centro. E lei doveva rispondere che il centro non c’era più. Erano passate poche settimane e nel telegiornale se ne era parlato anche parecchio…
Quei giorni ti hanno cambiato?
Se ci penso ora, magari non mi hanno cambiato, però mi dispiace non aver vissuto da grande lo splendore di Camerino prima che crollasse tutto. Il centro delle mie sfide in bici non c’è più. E allora penso alle nuove generazioni. Io potevo lasciare la bici per due giorni poggiata a un muro e trovarla ancora, oggi nel quartiere dei negozi che hanno costruito a valle non so se sia ancora così. Nel centro storico non passavano le auto, sotto ora c’è il traffico e non so se i bambini possono fare quello che facevamo noi.
Cosa ricordi di quei giorni?
Era mercoledì e io ero a casa di Mirco, praticamente ci ho passato l’infanzia. Stava venendo il temporale, così ho preso la bici per tornare che già cominciava a piovere. Nel parcheggio meccanizzato, quello con le scale mobili, le luci si accendevano e si spegnevano, c’erano tuoni e lampi. La sera eravamo qua e di colpo tutto ha iniziato a ballare. Due sono usciti da quella porta, uno si è messo sotto il tavolo, che era la cosa giusta da fare. In due siamo usciti dall’altra parte. Vedo diverse scene, una è quella delle coppe che cadono e si rompono. Subito dopo, la domenica, siamo andati con mia nonna a Bassano da amici di mio padre, però solo noi tre figli. Mamma e papà sono rimasti qui, perché giravano anche i ladri.
Nella ferramenta di Sandro Santacchi, a destra, covo dei ciclisti di CamerinoNella ferramenta di Sandro Santacchi, a destra, covo dei ciclisti di Camerino
Il viaggio nel ciclismo
Il suo viaggio è iniziato a 16 anni, quando Massimiliano Gentili ebbe una visione e lo indicò come possibile corridore da corse a tappe. Glielo affidarono, riconoscendogli grande fiducia. «Suo padre Achille – raccontava l’altra sera l’umbro – è sempre stato presente, ma rigorosamente un passo indietro». Achille sorride e ringrazia, discreto e per questo elegante. Sa che i genitori possono essere un peso, così ha preferito lasciar fare, tenendo l’occhio vigile. Ed è stato così che crescendo, Giulio Pellizzari si è trovato catapultato fuori dalla dimensione ovattata e protetta di Camerino, per andare a scoprire il mondo.
I tuoi coetanei erano qui con la solita vita, mentre tu a 18 anni giravi già per aeroporti. Hai mai avuto paura?
Sì! Più che altro a 18 anni non avevo mai preso un aereo, per cui finché si girava con la squadra, non avevo problemi. Ma da solo era un’altra cosa, ho avuto le mie ansie. Oltre a tutte le esperienze, anche questa mi ha fatto crescere. Mi sono ritrovato da solo dall’altra parte del mondo, in un aeroporto immenso, con la borsa della bici e l’inglese un po’ così. Un po’ d’ansia ti prende. Però adesso ho imparato a gestire anche quello. I miei amici mi dicono: “Beato te che sei sempre in giro!”. E io gli rispondo: “Beati voi perché state a casa!”. Non c’è una via di mezzo. Girare il mondo fa tanto, fa crescere, però in certi momenti la vita di casa mi manca davvero.
Queste immagini hanno fatto storia: Pogacar regala a Pellizzari la sua maglia rosa a Monte PanaQueste immagini hanno fatto storia: Pogacar regala a Pellizzari la sua maglia rosa a Monte Pana
Finalmente però sei arrivato a fare il Giro d’Italia…
E’ stato bello. Dopo il Tour of the Alps che è andato bene, il Giro diventava un banco di prova. Non volevo solo fare esperienza, volevo fare bene. All’inizio ero inquieto, perché tre settimane sono lunghe. Poi ho scoperto che diventa una routine e perdi anche il conto dei giorni. Solo a 3-4 tappe dalla fine, inizi a capire che sta per finire.
Hai vissuto giorni esaltanti e altri duri: come è stato correre per tre giorni con gli antibiotici in corpo?
Pesante, ti senti fiacco. Non riesci a spingere. Stare in gruppo non è mai facile, perché si va ogni giorno a tutta. Per fortuna l’unica partenza tranquilla del Giro è stata quella verso Francavilla in cui io stavo peggio e quindi mi sono salvato. Continuavo ad andare dietro e rientrare, andare dietro e rientrare. Per fortuna il giorno dopo si arrivava nelle Marche e mi sono ripreso, ma arrivare a Francavilla è stato davvero duro. Volevo mollare, ma mi hanno convinto a non farlo e devo dire grazie per questo. Una cosa che non ho mai raccontato è che nel riposo di Livigno, il giorno prima di fare secondo a Monte Pana, ho sognato che mi ero ritirato e il giorno dopo piangevo, pregando Roberto Reverberi che mi facesse rientrare in gara.
Giulio con la compagna Andrea Casagranda: trentina, anche lei atleta alla BePinkGiulio con la compagna Andrea Casagranda: trentina, anche lei atleta alla BePink
Il tuo amico Pogacar?
Prima del Giro, il sogno era correre con lui, adesso il sogno è staccarlo. Con calma, ovviamente, però alla fine se stacchi lui, vinci la corsa. La differenza fra me e lui è che lui è proprio un fenomeno, però un po’ mi rivedo nel suo modo di fare. Se avessi il suo motore, correrei allo stesso modo. Sempre per vincere. Alla fine, se uno ha le gambe… Corriamo per vincere, no? Ho letto un’intervista a Gianetti, ha detto che ci pagano per vincere ed è vero…
Come hai fatto a rientrare sulla fuga nel giorno del Grappa proprio a 100 metri dal GPM e prendere i punti per la maglia azzurra?
Ero partito per fare la gara, la squadra voleva che andassi in fuga. Io mi sentivo bene e sapevo che la fuga non sarebbe arrivata, quindi non volevo buttare via tutto. Però non ero certo che se mi fossi ritrovato con i primi venti, avrei avuto le gambe per attaccarli. Non sentivo bene la radio, perché prendeva poco e c’era tanta gente. Non sapevo quanto mancasse e nel dubbio sono partito a 3 chilometri dalla vetta. Alla fine tutti mi hanno chiesto come abbia fatto a riprenderli a 100 metri dal GPM, ma davvero penso che sia stato anche per fortuna.
Stremato dopo la fuga, sul Monte Grappa Pellizzari ha conquistato i punti per la maglia azzurra del GPMStremato dopo la fuga, sul Monte Grappa Pellizzari ha conquistato i punti per la maglia azzurra del GPM
Serve motivazione per andare in fuga sapendo che Pogacar punta alla stessa tappa?
Alla fine è una guerra persa, però ci provi: non sai mai come va. Se avessi preso un minuto in più, mi avrebbe ripreso un pezzettino dopo. Forse mi avrebbe staccato sullo strappo, ma rinunciare non mi appartiene. E’ stato bello correre a Roma con la maglia azzurra della montagna, il sogno però è arrivarci con un colore diverso. Alla fine ci siamo salutati, gli ho fatto i complimenti e in bocca al lupo per il Tour.
Com’è quando il giorno dopo si spengono le luci?
Un po’ mi manca. Quando c’è tanta gente che fa il tifo, i paesi in rosa, respiri l’aria di festa. Alla fine ti ci abitui, però è sempre emozionante. Negli ultimi giorni, ho capito che stava per finire, ma al contempo sono stanco, è giusto recuperare. Per cui farò lo Slovenia, il campionato italiano e poi si stacca per un po’ la spina.
Lo lasciamo alla sua casa, al suo cielo, alla famiglia e agli amici e andiamo a fare un giro in centro. Nella serata per Giulio abbiamo toccato con mano l’orgoglio. Ce ne andiamo con la speranza che la sua voce continui a raccontare la storia di Camerino e della sua gente. Basta che continui ad essere se stesso, il Giulio di sempre. Forse allora per queste strade l’oblio smetterà di essere l’unico destino possibile.
Enervit, il brand tutto italiano produttore di integratori sportivi, ha recentemente lanciato un nuovo concorso a premi chiamato “Win Like a Pro“. Questa iniziativa mira a celebrare la straordinaria prestazione di Tadej Pogacar, autentico dominatore del recente Giro d’Italia.
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Il premio più ambito del concorso Enervit è la maglia autografata da Tadej PogacarLa firma dello sloveno sarà anche sulla borraccia del UAE Team EmiratesIl premio più ambito del concorso Enervit è la maglia autografata da Tadej PogacarLa firma dello sloveno sarà anche sulla borraccia del UAE Team Emirates
Tra Sport e sostenibilità
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