Nonostante Lefevere e la iella, Alaphilippe ci crede ancora

04.03.2024
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Alaphilippe è caduto anche alla Strade Bianche, dopo identico destino alla Omloop Het Nieuwsblad. Alle coincidenze della corsa di sabato si aggiunge il fatto che il francese cadde anche nel 2022 per una violenta folata di vento, proprio mentre Pogacar spiccava il volo. Difficile dire se Julian cada così spesso per sfortuna, per via dell’età o perché poco concentrato. Di sicuro, la situazione in squadra non è per lui delle più idilliache. La pressione esercitata da Lefevere non accenna a diminuire e questo non contribuisce a costruire il giusto scenario attorno al due volte campione del mondo.

Come ha scritto di recente L’Equipe, Lefevere è prima di tutto un contabile e mal digerisce il dover pagare troppo un corridore, soprattutto se non vince. Per intenderci, lasciò andare Philippe Gilbert nonostante avesse appena vinto Fiandre e Roubaix, ritenendolo alla fine del viaggio. Nonostante l’agente di Alaphilippe neghi la presenza di Marion Rousse alla firma dell’ultimo contratto, il manager belga lo ha inserito fra i motivi di fastidio. Al pari del fatto che nessun compagno vorrebbe più dividere la stanza col francese per lo squillare ininterrotto del telefono a tutte le ore. Vero o falso che sia, il clima non è disteso. E quando guidi al limite su strade impegnative con bici che non perdonano errori, basta un battito di ciglia fuori posto per perdere il controllo.

Anche quest’anno per la Strade Bianche, la Soudal-Quick Steo ha alloggiato al Podere Pieve a Salti (foto Wout Beel)
Anche quest’anno per la Strade Bianche, la Soudal-Quick Steo ha alloggiato al Podere Pieve a Salti (foto Wout Beel)

La voglia c’è

Eppure Alaphilippe ci crede. I 31 anni e le 618 corse disputate da professionista sono un bel fardello, soprattutto per il modo di correre esplosivo e sbarazzino che si infrange sempre più spesso sulle identiche abitudini di corridori più potenti come Van der Poel e i suoi… fratelli. E mentre la Total Energies gli spalanca le porte, il francese fa la sua professione di fiducia, ammettendo qualche errore nelle ultime due stagioni.

«La voglia c’era ancora – dice – ma il fisico non sempre l’ha assecondata. Così un po’ per disperazione, tendevo a distruggermi sapendo che non avrei potuto vincere. Ora sento che posso tornare al mio miglior livello e sto facendo tutto il possibile. Già alla fine della scorsa stagione sentivo che sarei potuto essere di nuovo me stesso. Quindi, ho deciso di fare semplicemente quello che so fare dopo una bella pausa. Non ho fatto niente di pazzesco durante l’inverno, niente allenamenti lunghissimi o intensità pazzesche, ho solo gettato le basi per la mia condizione».

Alla Strade Bianche, Alaphilippe è caduto riportando escoriazioni. Nessun problema per la Tirreno-Adriatico
Alla Strade Bianche, Alaphilippe è caduto riportando escoriazioni. Nessun problema per la Tirreno-Adriatico

L’arrivo di Remco

La coincidenza dell’esplosione di Evenepoel non può passare inosservata. Avere in casa il giovane portento, per giunta belga, ha fatto sì che la squadra abbia spostato tutte le attenzioni su di lui. Ed è un fatto che difficilmente i programmi dei due coincidano, salvo quando a Julian viene chiesto di aiutarlo.

«Remco e io – dice Alaphilippe – non abbiamo mai avuto problemi o gelosie. L’ho visto arrivare in squadra, progredire e farsi strada. Ha realizzato cose incredibili e sono super felice per lui. E’ stato un enorme piacere aiutarlo alla Vuelta 2022 e sono stato sinceramente felice per lui quando è diventato campione del mondo in Australia. E’ capitato anche a lui di correre per me, ad esempio in una tappa del Giro dei Paesi Baschi. Avrebbe potuto vincere, invece mi ha tirato lo sprint e questo ha dato più valore alla mia vittoria. Abbiamo sempre sentito una forma di rispetto reciproco. Ha visto che negli ultimi due anni non sono stato al livello di prima, ma questo non lo ha reso diverso nei miei confronti». 

Giovedì 29 febbraio, Alaphilippe in ricognizione sul percorso della Strade Bianche (foto Wout Beel)
Giovedì 29 febbraio, Alaphilippe in ricognizione sul percorso della Strade Bianche (foto Wout Beel)

La scelta del Giro

Intanto però Remco punta alla Liegi (che ha vinto per due volte) mentre Alaphilippe va a fare il Fiandre: lui che una Liegi la buttò in modo… blasfemo nel 2020. Remco va al Tour e Alaphilippe passa al Giro

«Il fatto di correre in Italia – dice – è una decisione venuta da me e approvata dal team. Ho sempre detto che non avrei voluto chiudere la mia carriera senza aver corso il Giro almeno per una volta. Dato che il mio obiettivo primario per quest’anno è tornare al miglior livello e presentarmi al 100 per cento al Fiandre, è bene per la mia testa sapere che porterò poi la condizione fino al Giro e per una volta non avrò la pressione del Tour. Dopo due stagioni così difficili, è bello avere un nuovo obiettivo. Da quello che ho visto in televisione, il Giro è una delle gare più dure del calendario. E’ molto più probabile trovare pioggia e freddo che al Tour, ma ora non vedo l’ora di scoprirlo. Sogno di vincere una tappa, ma non ho ancora guardato nulla. So solo che sono 21 tappe e saranno tutte molto dure».

Alaphilippe ha definito prezioso il tempo che trascorre con suo figlio Nino, 3 anni (foto Instagram)
Alaphilippe ha definito prezioso il tempo che trascorre con suo figlio Nino, 3 anni (foto Instagram)

La famiglia al centro

Del resto preferisce non parlare, quantomeno si guarda bene dal trascinare la sua famiglia in disquisizioni inutili. Come ha ben detto Saronni, un manager può avere qualcosa da dire a un suo atleta, ma fa meglio a dirlo in privato e senza coinvolgere pubblicamente la sua famiglia.

«Adoro passare del tempo con mio figlio – dice Julian in una lunga intervista a L’Equipe – adoro il suo atteggiamento spensierato e sto imparando da papà a stare calmo, a preoccuparmi per lui, affinché non soffra. La famiglia è importante, mi sarebbe piaciuto che mio padre lo conoscesse. Nei momenti brutti, quando le cose non vanno bene, ho accanto Marion. Lei sa che ci vuole tempo e forse riesce a fare un passo indietro più facilmente grazie alla sua esperienza ciclistica. Tutte le mogli dei corridori conoscono la durezza del lavoro, dei sacrifici, dei viaggi, delle assenze. Non è mai cattiva e fa molto bene il suo lavoro di opinionista televisiva. Mi piace il suo modo di lavorare e mi piace ancora di più vederla divertirsi in quello che fa. E’ sempre più coinvolta nel ciclismo femminile, è fantastico per lei e il suo coinvolgimento è fantastico per le altre ragazze».

Altro da dire non c’è. Non resta che iniziare la Tirreno-Adriatico in cui ha già vinto tre tappe nel 2019 e nel 2021 e sperare che tutto fili in modo regolare. Che Lefevere lo lasci un po’ in pace. E che la fortuna giri finalmente dalla parte giusta.

Alle spalle di Tadej, stremati tra fatica e stupore

02.03.2024
4 min
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Se qualcuno, vedendolo attaccare, ha pensato che Pogacar stesse scherzando, può riporre la bici nel camion e cambiare lavoro. Il problema semmai è che tutti hanno preferito voltarsi dall’altra parte, come quando in salita partiva Pantani ed era meglio non provarci nemmeno. Quando Tadej s’è alzato in piedi e ha dato le dieci pedalate in più che l’hanno staccato dal gruppo di testa, nessuno ha avuto il coraggio di seguirlo. Ne serve tanto per andare all’attacco a 81 chilometri dall’arrivo.

Pidcock arriva 4° al traguardo con il rimpianto di non essersi mosso prima dietro l’attacco di Tadej
Pidcock arriva 4° al traguardo con il rimpianto di non essersi mosso prima

Il rimpianto di Pidcock

Pidcock è arrivato a Siena da vincitore uscente e con una condizione accettabile. L’ottavo posto dell’Omloop Het Nieuwsblad poteva essere un buon viatico per giocarsi la Strade Bianche, ma forse neppure lui immaginava di doversi confrontare con un simile attacco. Le gambe forse c’erano, perché quando poi ha deciso di cambiare ritmo, non ha avuto grosse difficoltà a liberarsi della compagnia.

«Anche prima che Tadej si muovesse – ammette in serata – eravamo a tutto gas. Quando poi ha attaccato, sembrava che fossimo nel grupetto dei velocisti, intorno c’erano solo cadaveri e io ho aspettato troppo a lungo. Ho fatto troppo poco e troppo tardi. Se me la fossi giocata un po’ meglio, sarei potuto arrivare secondo. E’ stato come se stessimo correndo sul vecchio percorso, ma quando si aggiungono 40 chilometri tutto diventa più difficile, anche se non credo che il risultato sarebbe cambiato.

«Ho mangiato senza sosta per tutta la gara, oggi era fondamentale e stasera penso che non mangerò nulla. Quando vai a tutto gas già nei primi 80 chilometri, mangi come se fosse in finale e poi devi continuare allo stesso modo sino in fondo. Non mi aspettavo che Tadej attaccasse in quel punto e quando lo ha fatto ci siamo guardati in faccia senza sapere cosa dire. Ho pensato che non avesse senso andare con lui in quel momento, perché mancavano ancora 80 chilometri e non volevo finire in rosso, ma potevo sicuramente fare diversamente».

Sulla salita finale di Santa Caterina, Skujins riesce a distanziare di 3″ Van Gils
Sulla salita finale di Santa Caterina, Skujins riesce a distanziare di 3″ Van Gils

La soddisfazione di Skuijns

Toms Skuijns è arrivato secondo, staccando nel finale Van Gils che per primo era riuscito ad avvantaggiarsi dalla testa del gruppo. Il lettone della Lidl-Trek si era già mosso bene in Belgio, ma il secondo posto di Siena è il suo miglior risultato in una grande classica.

«Onestamente – dice – senza la squadra non sarei arrivato secondo. E’ la prima volta che sono il leader designato in gara e spero di averli ripagati per questo. Ho forato due volte prima di cadere ed entrambe le volte ho preso le ruote da Jacopo (Mosca, ndr) ed entrambe le volte Eddie e Fabio (Theuns e Felline, ndr) mi hanno aspettato per riportarmi in testa al gruppo. Hanno fatto davvero tutto il possibile.

«Peccato che contro Tadej non ci fosse molto da fare, ma penso che con tutto quello che è successo oggi possiamo essere più che soddisfatti. Quando è partito avevo il cambio che saltava, è stato un momento molto difficile. E’ stata una battaglia: non solo fisicamente, ma anche mentalmente. E’ uno dei podi più belli che potessi ottenere, è una gara molto speciale. Sai sempre che sarà un giorno pazzesco in cui dovrai lottare senza sosta. Già lo scorso fine settimana in Belgio avevo fatto passo avanti e questo è l’obiettivo di ogni anno: fare un passo avanti. Ci sono altre gare in arrivo, il team sta crescendo e sono molto felice di farne parte».

Van Gils, 24 anni, dopo l’arrivo era sfinito ma soddisfatto per il podio
Van Gils, 24 anni, dopo l’arrivo era sfinito ma soddisfatto per il podio

Van Gils, un passo avanti

Van Gils, 24 anni, è partito all’attacco sulla salita delle Tolfe, dando l’impressione di avere ancora gambe. E forse la sua idea sarebbe stata la migliore, se qualcun altro lo avesse seguito. Anche se forse a quel punto le forze erano al lumicino per tutti.

«All’inizio della gara ero nervoso – ha detto il belga della Lotto Dstny – ci siamo impegnati così tanto per prepararla. Ho provato a seguire Tadej, poi sarei potuto restare alla sua ruota. Ma c’erano altri corridori prima di me e non sono riuscito a rispondere. Così Tadej se ne è andato, perché era semplicemente troppo forte per tutti. Quando ho attaccato, speravo di portarne altri con me, ma nessuno mi ha seguito, a parte Skujins. Sapevo che la Strade Bianche è adatte a me, questo podio è la conferma che posso competere con i grandi. E’ davvero bello sapere di aver fatto un altro passo avanti. Sono completamente esausto ora, ma super felice di questa prestazione».

Vittoria moderna, dal sapore antico: a Siena è Pogacar style

02.03.2024
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SIENA – Due anni fa titolammo: “La solitudine del numero uno”. Per la Strade Bianche di quest’anno potremmo riprendere quel titolo. Tadej Pogacar è stato ancora autore di un’impresa. Di quelle dal sapore antico, ma figlia più che mai del ciclismo moderno.

Si diceva che l’allungamento del percorso, con l’inserimento del circuito delle Tolfe, potesse addormentare la corsa. Che Sante Marie non sarebbe stata decisiva come in passato. E che forse, ma forse, Pogacar non avrebbe attaccato così da lontano e invece… Invece Pogacar ha fatto Pogacar! E’ andato in fuga da solo. Se pensiamo che era al debutto stagionale, in pratica era in fuga dal Giro di Lombardia!

Sul traguardo, dopo un momento d’incredulità e, forse di compiacenza, Tadej scende di sella. Alza la bici in segno di trionfo e la mostra a tutta Piazza del Campo che lo ha accolto con un boato pazzesco. Come un attore sul palco: prima da una parte, poi si volta dall’altra.

Scenari unici, ritmi alti. La fuga ha impiegato quasi due ore per partire
Scenari unici, ritmi alti. La fuga ha impiegato quasi due ore per partire

Trionfo moderno?

La cronaca è molto breve: una fuga che fa fatica ad uscire. Quando lo fa è super controllata proprio dalla UAE Emirates e dopo un “mezzo ventaglio”, ma comunque sempre con un compagno di Tadej in testa, Wellens, ecco l’affondo dello sloveno a 81 chilometri dall’arrivo. Sì, avete capito bene: 81 chilometri da Piazza del Campo.

Matej Mohoric ce lo aveva detto chiaro e tondo questa mattina che Pogacar era il favorito. Aveva ragione. Ma come è possibile che alla prima corsa della stagione si possa fare un numero del genere? Non dovrebbe mancargli qualcosa, cioè il famoso ritmo gara?

«La prima gara della stagione – ha detto Pogacar – è sempre dura dal punto di vista mentale. Mi sono preparato molto bene durante l’inverno. Durante la fuga chiedevo solo dei distacchi».

In questi giorni con la ripresa delle classiche e i big che man mano tornano e vincono, si è parlato di  approcci moderni alla gare, di freschezza muscolare. Lo stesso Brambilla l’altro giorno ci aveva avvertiti che poco avrebbe inciso il fatto che Pogacar fosse alla prima corsa dell’anno.

Piani all’aria

E allora possiamo dire che paradossalmente il non aver corso prima lo ha favorito in una gara tanto dura?

«Alla prima corsa della stagione non sai mai davvero come stai – dice il direttore sportivo Andrej Hauptman – noi sapevamo che Tadej stesse bene, ma così non avremmo potuto dirlo. Attacco vecchio stile: in realtà avevamo pianificato di partire più tardi. Ma poi quando Tadej sta bene non lo ferma nessuno. Improvvisa.

«Poi non è facile prepararsi per le corse di un giorno senza gareggiare, ma posso dire che abbiamo trovato un percorso di avvicinamento, un protocollo giusto, anche per le classiche».

Il tecnico sloveno preferisce non entrare nel dettaglio. Ed è comprensibile in un mondo che sempre di più assomiglia alla Formula 1, ma ci confida che non mancano i chilometri dietro motore, che Tadej preferisce fare dietro moto e non dietro macchina.

«Ogni campione – conclude Hauptman – è diverso e ha il suo modo di allenarsi e di trovare il suo top. Sapevo che stesse bene perché ha passato un buon inverno. Quando lo sentivo era sempre molto tranquillo. Ma di fatto la corsa resta il miglior test e così è stato anche per noi oggi. Insomma non è stata così facile questa vittoria».

Pogacar style

Mentre Tadej è sul palco, al bus della UAE i sorrisi sono lampanti. Dopo aver parlato con Hauptman ecco arrivare Joxean Fernandez Matxin. Anche allora partì su Sante Marie.

«Trionfo moderno? Io direi un trionfo Pogacar style – dice Matxin – ieri, dopo la ricognizione, abbiamo fatto la riunione e gli abbiamo chiesto: “Secondo te quando è il momento giusto per partire? “. E lui ci ha risposto: “Al primo passaggio sulle Tolfe”. “Bene, lì mancano 49 chilometri. Facciamo un passo forte prima e poi vai”. Mi sembrava giusto. Poi quando ho visto che è partito nello stesso punto del 2022 ho detto… va bene lo stesso. Solo che mancavano 81 chilometri!

«Però per un numero così bisogna fare i complimenti anche alla squadra. Perché ragazzi di altissimo livello, tutti, che si votano così a Tadej, che ci credono… danno molto a Pogacar stesso. Li ho visti disposti a menare come se la gara finisse lì a 100 metri. E Tadej ogni volta si dimostra leader e non capitano. Li ringrazia, li coinvolge».

Anche Pogacar si rende conto del numero pazzesco che ha fatto. E’ la sua fuga solitaria più lunga
Anche Pogacar si rende conto del numero pazzesco che ha fatto. E’ la sua fuga solitaria più lunga

Quella cena in Spagna

Anche con Matxin si tocca il tasto della preparazione, della freschezza fisica. E tutto sommato il tecnico spagnolo condivide la nostra disamina. E tira in ballo anche il tema dei giorni di corsa ad hoc.

«Di sicuro – racconta Matxin – ho visto un ragazzo che aveva tanta voglia di correre. Quando qualche settimana fa eravamo alla Comunitat Valenciana, Tadej si stava allenando da quelle parti. Così, una sera sono andato a cena con lui e il suo coach, il quale mi ha detto proprio che fosse fresco. Che era in condizione. Anzi quasi, quasi doveva rallentare per un paio di settimane, altrimenti sarebbe stato troppo avanti.

«Però noi abbiamo fatto un plan da gennaio a ottobre, per Tadej come tutti gli altri, e con quello andiamo avanti. Pogacar farà quattro gare, per un totale di 10 giorni di corsa prima del Giro d’Italia. Questa è la strada».

Duello toscano. Vince Kopecky ma Longo Borghini la fa tremare

02.03.2024
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SIENA – Il gomito si allarga ma Lotte Kopecky non passa. Elisa Longo Borghini deve così affrontare il muro di Santa Caterina in testa. C’è solo da capire quando l’iridata scatterà…

Una freccia. Kopecky passa al doppio della velocità Elisa e tutto sommato questa netta differenza riduce il dispiacere. Probabilmente anche se le avesse dato un cambio, il risultato non sarebbe cambiato.

Uno scatto secco a 550 metri dal traguardo e Kopecky mette a segno il bis a Siena. Qui aveva vinto già nel 2022
Uno scatto secco a 550 metri dal traguardo e Kopecky mette a segno il bis a Siena

Tre verdetti

Mentre arrivano le ragazze su Siena torna a scendere la pioggia. Come se non bastasse a complicare le cose di una gara tanto bella, quanto complessa anche nella sua logistica.

Ma a parte questo, la Strade Bianche Women ci ha detto tre cose a nostro avviso inequivocabili.

La prima: Lotte Kopecky è forte, ma non è quella dominatrice mostruosa che ci si aspettava o che abbiamo visto lo scorso anno al mondiale, al Tour e in tante classiche. Perché? Molto probabilmente perché è dimagrita e in salita va più forte, ma inevitabilmente ha perso qualcosa nella sparata. Chiaramente è un’ipotesi, anzi una “vox populi” da circus WorldTour. Ma è un fatto che Lotte sia più scavata in volto.

Seconda. Il livello medio si è alzato e di tanto. Forse è la prima volta che vediamo una corsa femminile tanto dura e tanto combattuta. Erano in molte nel finale, gli ultimi 20-25 chilometri, a giocarsela.

Le classiche voci che “il ciclismo femminile sia in crescita” , oggi hanno trovato una risposta anche sul campo. Una risposta tecnica. Distacchi più piccoli e bagarre: bene così.

Terza. Alla fine c’è sempre lei a tenere alti i colori dell’Italia: Elisa Longo Borghini non manca mai all’appello. Cambiano i percorsi ma la campionessa italiana c’è sempre.

E questo è possibile grazie a grinta, serietà e tanto, tanto lavoro specie dopo una stagione tanto tribolata come quella passata. Lei stessa ha parlato di un grande lavoro di endurance per recuperare le mancanze dell’anno scorso.

La bellezza dei paesaggio toscani. La Strade Bianche è entusiasmante anche quando non è sugli sterrati
La Strade Bianche è entusiasmante anche quando non è sugli sterrati

Grinta Longo

Oggi la piemontese era un falco. Attenta sugli sterrati e sull’asfalto. Marcava Vollering e Kopecky come nessun altra. Chiudeva facile su di loro. Si vede che la gamba era brillante.

«E’ vero, stavo bene – dice Longo Borghini – la gamba era attiva e reattiva. Tutto è andato bene. Ho avuto due intoppi, due piccole cadute, ma nulla di che. Anche il setup era buono. Ho fatto le mie prove e la scelta della copertura da 28 andava bene. Devo poi dire che il circuito finale che ha coinvolto tutto questo pubblico è stato proprio… figo!».

Elisa Longo Borghini (classe 1991) si dirige verso il podio. Piazza del Campo la chiama e lei risponde così…
Elisa Longo Borghini (classe 1991) si dirige verso il podio. Piazza del Campo la chiama e lei risponde così…

Senza rimpianti

Elisa è irrimediabilmente gentile ed educata. Siena l’ha accolta con passione e un grande abbraccio. Al netto dei belgi, giunti in massa in toscana, per Kopecky e per la granfondo di domani, il pubblico ha capito lo sforzo dell’atleta della Lidl-Trek. Quando ha girato la bici per andare al podio, si è alzato un grande applauso e lei ha ricambiato.

La questione dei cambi, anzi dei “non cambi”. «Il ciclismo è anche questo – dice Logo Borghini – con sportività – Ognuno fa la sua tattica. Sapevo che sarebbe stato difficile contro Lotte, ma avuto l’okay dall’ammiraglia per andare e… è andata così. Mi spiace perché oggi la squadra aveva lavorato tanto e benissimo. Eravamo nella fuga di giornata e abbiamo cercato di fare la gara.  Essere seconda dietro la campionessa del mondo comunque è un onore. E’ mancata la vittoria, dispiace… Il secondo posto era il massimo che avrei potuto ottenere. E bisogna essere contenti di questo».

Demi Vollering, compagna di squadra di Kopecky, completa il podio
Demi Vollering, compagna di squadra di Kopecky, completa il podio

Le paure di Lotte…

Anche Kopecky non si è nascosta. Alla fine la campionessa belga partiva da super favorita. Una delle domande più ricorrenti che le venivano poste in partenza era: «Senti la pressione sulle tue spalle?». Lei replicava di no, che voleva solo dare il massimo, che l’importante era la vittoria di squadra.

Poi però, anche nella ricognizione – come abbiamo avuto modo di vedere giovedì scorso – era serissima. silenziosa. Sulle Tolfe aveva fatto lo stesso identico scatto che poi ha replicato oggi in gara.

Ha dichiarato che l’atleta che più temeva nel finale era proprio Elisa Longo Borghini. Non era così felice di trovarsi con lei nel finale. E infatti chiudeva subito su di lei.

«Vedevo – dice Lotte – che in corsa rispondeva in modo brillante. Ha fatto una grande gara».

E forse anche per questo, pur essendo sicura della sua “sparata”, in quel chilometro che portava allo strappo di Santa Caterina non ha dato il cambio e anzi ha fatto girare la gamba in agilità.

Grande apprezzamento per il circuito finale. Tanta gente a bordo strada anche per la corsa femminile
Grande apprezzamento per il circuito finale. Tanta gente a bordo strada anche per la corsa femminile

I margini di Elisa

Elisa si conferma in ottima condizione. Ma non era scontato e dice: «L’inizio di questa mia stagione è decisamente meglio di quello che mi sarei aspettata. Anche perché dopo tanti mesi avevo lavorato molto sulla base, visto che all’UAE Tour Woman erano sette mesi che non attaccavo il numero sulla schiena. E per questo non ho fatto molta intensità».

E questa è una grande notizia. Significa che c’è molto margine in vista delle classiche del Nord. Ora  Elisa tornerà in altura e poi darà assalto alle Ardenne.

Strade Bianche: nuovo percorso. L’analisi con Brambilla

01.03.2024
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SIENA – «Cosa ricordo di quel 2016? Che saltellavo troppo sui quei sampietrini dentro Siena»! E’ Gianluca Brambilla a parlare. Il veneto, ora in forza al Q36.5 Pro Cycling Team, ricorda appunto la Strade Bianche 2016, l’edizione che stava per vincere. Gli mancarono 300 metri. Cancellara e Stybar lo divorarono nel finale. Ma lui fu autore di un attacco memorabile da lontano. Fu ripreso da quei due, appunto, e da Sagan, ma scattò ancora.

Ieri, dopo una lunga giornata di ricognizione, Brambilla, nel resort sperso sulle colline toscane, ci spiega bene l’edizione che invece sta per arrivare. Un’edizione più che rinnovata nel percorso. Quasi 34 chilometri in più. Più sterrato e più dislivello.

Gianluca Brambilla è uno dei corridori più esperti del gruppo. Ha affrontato la Strade Bianche già otto volte, solo Salvatore Puccio, tra coloro che saranno in gara domani, ne ha fatte più: nove. Con lo sterrato, viste anche le sue ottime doti da biker, Gianluca ha un grande feeling. Lo ricordiamo anche al Giro d’Italia dello stesso anno, protagonista e vincitore della tappa di Arezzo, che prevedeva sterrato. Pochi, dunque meglio di Brambilla, sanno dirci delle condizioni del percorso.

Gianluca Brambilla (classe 1987) ha preso parte ad 8 Strade Bianche, salendo sul podio nel 2016
Gianluca Brambilla (classe 1987) ha preso parte ad 8 Strade Bianche, salendo sul podio nel 2016
Gianluca, quanto è cambiata la Strade Bianche in generale rispetto a quel 2016?

Quello che soprattutto è cambiato credo sia il modo di affrontarla da parte dei corridori. Una volta l’inizio era più tranquillo, adesso si va a spron battuto sin da subito. Si è visto anche l’anno scorso. La fuga è durata il tempo del rifornimento, penso 15 chilometri, sul Sante Marie erano già ripresi tutti. Ma questo vale per molte altre corse. Magari proprio quest’anno col fatto che è più lunga assisteremo ad una tattica più simile al passato.

Ora è più lunga e non di poco: 34 chilometri quasi…

Era già una corsa durissima. Si arrivava uno per cantone, quest’anno ancora di più. Il quindicesimo potrebbe già avere 10′. La Strade Bianche è famosa anche perché nel finale gli atleti arrivavano stremati. Insomma, Van Aert cadde sul muro finale!

L’altimetria 2024: il dislivello passa da 3.100 a 3.700 metri. I chilometri da 181 a 215
L’altimetria 2024: il dislivello passa da 3.100 a 3.700 metri. I chilometri da 181 a 215
Oggi ti abbiamo visto impegnato durante la ricognizione: avevi un buon passo, mentre molti altri corridori erano meno concentrati. Perché?

Cerco di fare i tratti di sterrato con un certo impegno e una buona velocità per trovare il feeling con i materiali, soprattutto le gomme. Per capire il comportamento della bici e come guidare. E poi perché ogni anno comunque lo sterrato cambia un po’. 

E come lo hai trovato quest’anno?

L’ho trovato migliore: abbastanza battuto, compatto e con poco ghiaione sopra la base. Quindi era anche poco scivoloso e piuttosto veloce. E c’erano anche poche buche.

Bagioli e, a ruota, Mosca: grande concentrazione e grandi gomme
Bagioli e, a ruota, Mosca: grande concentrazione e grandi gomme
Veniamo proprio al nuovo percorso: quanto cambia? Cosa ci dici di questo anello di 31 chilometri nel finale: quanto incide nell’economia della corsa?

Tecnicamente, non è durissimo. E’ veloce, le strade sono belle larghe, i tratti di sterrato sono stati rimessi a nuovo. Per me forse è più impegnativa la parte in asfalto, visto che la strada sale per gran parte del tempo. Per quanto riguarda l’economia della corsa in generale, secondo me cambierà il modo di affrontare soprattutto lo sterrato di Monte Sante Marie.

Cioè?

Prima li si muovevano i big, magari adesso aspetteranno un po’. Prima questo segmento era a 50-55 chilometri dall’arrivo, ora sono 78. Ed è lunga a quel punto per andare all’arrivo. Dunque secondo me si muoveranno più tardi, magari sulle Tolfe, al primo passaggio. Anche se è un tipo di salita e di settore differente.

Spiegaci meglio…

Sante Marie dura 15′-20′, Le Tolfe sono uno sforzo più breve. Farà più differenza la fatica accumulata sin lì che non l’attacco. Immagino più una selezione da dietro, per sfinimento.

Pogacar da solo. Ci hanno riferito che ad un tratto ha accelerato, ha lasciato i compagni, transitati con ammiraglia al seguito 5′ dopo di lui
Pogacar da solo. Ci hanno riferito che ad un tratto ha accelerato, ha lasciato i compagni, transitati con ammiraglia al seguito 5′ dopo di lui
Prima, Gianluca, hai parlato di materiali. Oggi non abbiamo notato coperture al di sotto dei 30 millimetri, sia per uomini che per donne. Tu cosa scegli?

Vittoria ci ha consigliato la loro copertura tubeless da 32 millimetri, con l’inserto antiforatura all’interno e la pressione di 3.3 bar, almeno per me che sono 58 chili. Le ruote sono in carbonio, a basso profilo rinforzate.

Basso profilo e rinforzate: cosa intendi di preciso?

Profilo da 33 millimetri. Rinforzate, dato che con Zipp utilizziamo la versione per le classiche. Insomma non sono le Firecrest. Poi ricordiamoci che nonostante tutto la Strade Bianche è una corsa veloce. E la nostra bici (Scott Foil Rc, ndr) con il suo profilo aero è ottimale… Anche perché ci entrano le coperture da 32! Ma credo siamo proprio al limite.

Ormai, Gianluca, siete quasi dei computer voi corridori attuali, domani avrete 40′-45 in più di corsa: quanto cambia l’alimentazione?

In corsa non molto, anche perché oltre i 100-110 grammi di carboidrati l’ora non puoi andare. Cambia invece un po’ l’approccio il giorno prima. Di solito si fa un “carbo loading” solo dalla sera. Invece con il nostro nutrizionista abbiamo deciso d’iniziare già dal pranzo. Quindi più carbo anche a mezzogiorno.

In ricognizione sul percorso anche le donne: qui Marianne Vos. Laporte invece ha scalato le Tolfe in ammiraglia
In ricognizione sul percorso anche le donne: qui Marianne Vos. Laporte invece ha scalato le Tolfe in ammiraglia
Il maltempo inciderà sulle scelte tecniche? Per esempio, con coperture troppo larghe, non c’è il rischio che lo sporco si scarichi con più difficoltà con spazi tanto al limite tra coperture e telaio?

Non credo che il meteo inciderà sulle scelte tecniche visto il terreno. Non è comunque uno sporco fangoso tipo mtb che si attacca. Questa polvere, questa ghiaia, si dovrebbero scaricare bene anche se dovesse piovere. 

I favoriti per Brambilla?

I soliti. Diciamo Pogacar?

Anche se Tadej è alla prima corsa?

Ma ormai conta poco. Soprattutto questi campioni, riescono ad arrivare super preparati anche senza corse. E’ fresco muscolarmente e in una corsa così non è poco. Poi anche la Visma-Lease a Bike corre sempre molto bene. Stanno in testa, spendono meno e hanno gente forte come Laporte.

Dal UAE alla Strade Bianche: Van Eetvelt marcia sull’Italia

26.02.2024
5 min
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Con la vittoria della tappa finale e della classifica del UAE Tour, Lennert Van Eetvelt ha sollevato lo sguardo sul ciclismo belga. Ora il ragazzino è in marcia sull’Italia: terreno di caccia che ama molto. Al confronto col debutto stagionale dello scorso anno, sembra proprio un altro mondo. Anche nel 2023 era partito forte a Mallorca. E quando faceva ormai rotta sulla prima Liegi, accadde quello che nessuno sportivo vorrebbe sperimentare.

L’autorità antidoping francese si fece avanti con una domanda su un prodotto a restrizione d’uso trovato nelle urine al Tour des Alpes Maritimes. La Lotto Dstny ovviamente lo fermò subito e il mese di tempo dedicato alla burocrazia per dimostrare che si trattava di uno spray nasale autorizzato e regolarmente indicato prima del controllo, fece perdere al belga il debutto nella classica di casa.

«Alla fine ne sono uscito più forte – racconta adesso – ha solo alimentato la mia voglia di correre. Mi ha fatto capire quanto sia speciale aver potuto fare del ciclismo la mia professione. Ho passato tutto l’inverno in Spagna ad allenarmi. Non è super economico, ma mi pagano per farlo. Pedalare sotto il sole è tutto ciò di cui ho bisogno per essere felice. Giuro che non mi vedrete mai alla partenza senza un sorriso».

Van Eetvelt ha 22 anni, è pro’ dallo scorso anno: il suo contratto è in scadenza
Van Eetvelt ha 22 anni, è pro’ dallo scorso anno: il suo contratto è in scadenza

Primi lampi in Italia

Lennert Van Eetvelt, alto 1,76 per 63 chili di peso forma, compirà 23 anni il prossimo giugno ed è noto in Italia per aver vinto la tappa della Fauniera al Giro d’Italia U23 del 2022, chiudendo al secondo posto finale dietro Leo Hayter. Quello stesso anno si portò a casa la Corsa della Pace, mentre nella prima stagione da professionista ha vinto l’Alpes Isere Tour e una tappa al Sibiu Cycling Tour. Alla Vuelta, primo grande Giro a 22 anni, è partito in sordina per qualche malanno, ma ha ottenuto un terzo posto in montagna nel finale della gara.

«Ho potuto mettermi in mostra nelle competizioni a livello World Tour – spiega – e ho gareggiato per fare risultato nelle gare più piccole. Questo era l’obiettivo dichiarato in anticipo, quindi non posso che essere contento del mio primo anno da professionista. Mentre alla Vuelta ho ricevuto la conferma che posso gestire una gara di tre settimane. Ho intenzione di basarmi su questo per continuare a crescere».

Il 17 giugno 2022, Van Eetvelt scala da solo la Fauniera e vince la 6ª tappa del Giro Under 23
Il 17 giugno 2022, Van Eetvelt scala da solo la Fauniera e vince la 6ª tappa del Giro Under 23

Svolta alla Vuelta

Come accade spesso, la Vuelta lo ha fatto crescere nel motore e nella convinzione. La vittoria in cima a Jebel Hafeet lo ha mandato di filato in un elenco piuttosto nobile, popolato dei nomi di Tadej Pogarar, Adam Yates e Alejandro Valverde.

«Sto ancora scoprendo me stesso – dice – ma provare a diventare un corridore da Tour è un bel traguardo. Quest’inverno ho iniziato a concentrarmi maggiormente sulle salite lunghe e meno sull’esplosività. Sono cresciuto nel Brabante Fiammingo e da quelle parti tendi rapidamente a diventare uno scattista. Ora sto cercando di cambiare un po’ la situazione e vedere fino a che punto posso arrivare in salita. Sapevo che il livello degli scalatori del WorldTour sarebbe stato alto, ma ho dimostrato a me stesso che posso farcela».

Trofeo Serra de Tramuntana, a Mallorca Van Eetvelt batte Vlasov
Trofeo Serra de Tramuntana, a Mallorca Van Eetvelt batte Vlasov

Euforia Lotto Dstny

La squadra ovviamente si frega le mani, avendo aggiunto una carta vincente a quella già scintillante di Arnaud De Lie e con Segaert in rampa di lancio. Nonostante ciò, il piano non prevede per Van Eetvelt che partecipi al Tour de France.

«Forse è troppo presto – prosegue – mi serve tempo. Solo se riuscirò a mettermi alla prova in gare a tappe più brevi di alto livello, deciderò se è possibile puntare alla classifica della Vuelta già quest’anno. Anche una vittoria di tappa non sarebbe male».

Il direttore generale del team è Stephane Heulot e si capisce dalle sue parole che rimarrebbe volentieri fedele al programma, ma lascia aperta una porticina sulla Francia.

«Ci atterremo a questo piano – dice – a meno che lo stesso Lennert non indichi di voler assolutamente partecipare al Tour. Ma non penso che sia una buona idea. Credo che possa arrivare tra i primi dieci alla Vuelta. Alcuni hanno riso quando l’ho detto alla presentazione della squadra, io lo ripeto e ora ne sono ancora più convinto. Non avrei pensato che potesse vincere il UAE Tour, ma ero certo sarebbe salito sul podio finale».

A Jebel Hafeet, Van Eetvelt vince come Pogacar, Adam Yates e Valverde
A Jebel Hafeet, Van Eetvelt vince come Pogacar, Adam Yates e Valverde

Strade Bianche, arrivo…

Van Eetvelt ha costruito la sua condizione a Tenerife, ma non dormendo sul Teide oltre i 2.000 metri, bensì restando al livello del mare, e ora punta alle classiche, a partire dalla Strade Bianche.

«Ho affittato una casa con William Lecerf Junior (neoprofessionista di Soudal Quick-Step, ndr) – ha detto a Het Nieuwsblad – così posso anche dormire nella tenda e simulare l’altura per tutto l’anno. In questo modo sono migliorato tanto e spero di potermi ripetere, pur consapevole che diventerà sempre più difficile. Ora aspetto Freccia e Liegi, ma anche la Strade Bianche. Non vedo l’ora di partecipare. L’anno scorso ero a casa per un infortunio, quest’anno ci sarò. E’ una corsa dura per tutto il giorno, mi piacerà certamente».

Domani a Jaen le strade bianche di Spagna. E Calzoni racconta

11.02.2024
5 min
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Walter Calzoni ha iniziato, al Tour of Antalya, la sua seconda stagione tra i professionisti con la Q36.5. Un primo banco di prova per controllare lo stato di salute delle sue gambe e l’avanzamento della condizione. Su di lui si è acceso più di qualche faro dopo un bel 2023, anche se non è arrivata la vittoria. Brambilla, suo esperto compagno di squadra e mentore, crede molto in lui, così abbiamo voluto sentirlo per vedere con quale spirito affronterà questo 2024

«Per il momento sto bene – ci racconta il bresciano alla fine della seconda tappa – le gambe ci sono e girano. Anche se il vero punto sulla condizione lo faremo nelle prossime gare. Quest’anno proverò a correre al Nord: farò Brabante, Amstel e Freccia. In quel periodo avrò il primo picco di condizione. Mi piacerebbe stare bene già alla Strade Bianche, che si corre a inizio marzo, vorrei provare a mettermi in mostra».

Le strade bianche in Spagna

Nel 2023 Calzoni ha corso La Clasica Jaén, che si correrà giusto domani: quella che si può definire la “strade bianche di Spagna”,  giunta quest’anno alla sua terza edizione. Una corsa che si snoda nella regione dell’Andalusia, e nell’omonima provincia, dalla quale la corsa prende il nome. Il territorio è arido, polveroso e dal colorito giallastro, tipico della regione andalusa. Per fare della corsa un veicolo turistico, l’amministrazione locale e gli organizzatori hanno attaccato al nome Clasica Jaen quello di Paraiso Interior, per richiamare i silenzi e il fascino della zona, che non ha il richiamo mare e punta sul verde, sulla storia e i grandi silenzi.

La corsa si arrampica sulle strade che circondano Baeza, sede di partenza, e Ubeda, dove è situato l’arrivo. Un insieme di sali e scendi, circondati dal verde della macchia mediterranea. Arbusti bassi e ulivi a fare da cornice alla corsa, che in solo due edizioni ha raccolto già tanto successo. Nel 2022 l’ha vinta Lutsenko, mentre lo scorso anno a trionfare è stato Tadej Pogacar. Il corridore della Q36.5, alla sua prima stagione da professionista, aveva ottenuto, su quelle strade, un ottimo undicesimo posto. Insieme a lui ripercorriamo e scopriamo quella seconda edizione.

«E’ stata una gara abbastanza dura – ricorda Calzoni – con tanto sterrato e strappi davvero ripidi. Il giorno prima della gara avevamo fatto una ricognizione del percorso ed ero rimasto piacevolmente colpito dal contesto. Alla fine di uno strappo in sterrato si entrava nella città di Obeda, per iniziare il circuito finale, la cosa particolare era che lo sterrato finiva praticamente all’interno del paesino».

L’arrivo 2023 di Calzoni, nel centro abitato di Obeda, 11″ a 1’33” da Pogacar
L’arrivo 2023 di Calzoni, nel centro abitato di Obeda, 11″ a 1’33” da Pogacar

Corta ma esplosiva

I chilometri della Clasica Jaén sono contenuti, nel 2023 erano poco meno di 180, mentre nel 2024 sono stati ridotti a 162. Ma non fatevi ingannare, i valori vengono fuori, tanto che nell’edizione passata i corridori sono arrivati alla spicciolata. La differenza di chilometraggio, fino al 2023, non era così grande rispetto alla Strade Bianche. Quest’anno, invece, la corsa tra gli sterrati toscani supera i 200 chilometri. 

«La più grande differenza – racconta Calzoni – rispetto alla Strade Bianche, che ho corso poco più di un mese dopo rispetto alla Clasica Jaén, è negli sterrati. In Toscana le strade bianche sono varie e si trovano tanti tratti anche in discesa, dove serve saper guidare molto bene la bici. Mentre in Spagna gli sterrati sono prevalentemente in salita, con strappi duri. A livello tecnico risulta meno impegnativa, ma la pedalata deve comunque essere efficace. E’ uno sterrato più grosso, quindi il rischio di forature è maggiore. La cosa che ricordo del percorso, che mi ha colpito, è il dislivello totale. In poco meno di 180 chilometri abbiamo fatto 3.000 metri di dislivello. Tutti senza mai affrontare una grande salita, ma con continui su e giù».

Calzoni ha incontrato lo sterrato anche alla Coppi e Bartali, nella terza tappa
Calzoni ha incontrato lo sterrato anche alla Coppi e Bartali, nella terza tappa

Lo sterrato come amico

Calzoni poi ci ha preso gusto nel pedalare sullo sterrato. Questa “passione” si può dire che sia nata sulle strade della Clasica Jaén. E’ arrivata così la partecipazione alla Strade Bianche e anche alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali. Nella terza tappa, nella polvere di Monte Cavallo, il giovane bresciano si era messo in mostra. 

«Vero che sullo sterrato mi trovo bene – conferma Calzoni – soprattutto se questi sono accoppiati a percorsi duri, con continui strappi. Ne ho avuto la conferma alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali. Nella terza tappa, nel velodromo di Forlì sono arrivato sesto, dopo essermi messo in mostra proprio sullo sterrato di Pian del Cavallo. Quest’anno è uno dei primi obiettivi di stagione, tornerò lì perché voglio migliorarmi rispetto al 2023. Prima tornerò anche alla Strade Bianche, prima di lanciarmi verso le corse del Nord».

Anche il Tour sullo sterrato, alla ricerca del ciclismo eroico

05.11.2023
5 min
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In Spagna si chiamano “caminos de tierra”, in Francia “chemins de vigne”, in Italia “strade bianche”. Una volta erano il terreno su cui si misuravano gli eroi del ciclismo, oggi sono diventate lingue di sterrato preziose e temute. La nona tappa del Tour de France 2024 avrà ben 14 settori di sterrato spalmati sui 199 chilometri da Troyes a Troyes

Una frazione che sulla carta è già spettacolare, così come il contesto che la ospiterà. Immersi nelle vigne dello Champagne e del Pinot Nero, questo tipo di strade approderanno per la prima volta al Tour de France. Se si parla si strade bianche e ciclismo eroico, il primo nome che salta alla mente è quello del suo creatore Giancarlo Brocci, che ha reso queste strade dimenticate da tutti un valore aggiunto. 

Qui Vincenzo Nibali durante l’iconica tappa da Carrara a Montalcino nel 2010
Qui Vincenzo Nibali durante l’iconica tappa da Carrara a Montalcino nel 2010

Spettacolo da vedere

E’ impresso negli occhi di tutti l’immagine di Vincenzo Nibali in maglia rosa, imbiancato dalla polvere bagnata della frazione che da Carrara andava a Montalcino. Neanche a dirlo ma in Italia questo spettacolo in un Grande Giro lo abbiamo già visto. Ed è stato uno show incredibile. 

«Ho impresse – dice Giancarlo Brocci – le parole che mi disse Gianni Mura nel 2010 in occasione di quella tappa. “Il ciclismo disegnerà il suo futuro guardando al passato.” Da Repubblica gli raddoppiarono le righe che avrebbe dovuto scrivere perché in redazione tutti avevano guardato la tappa. Il segreto è tutto qui. Quel ciclismo che torna all’antico, recupera improvvisamente l’innocenza perduta e una dimensione umana che unisce tutto il gruppo. Il Tour tutto questo lo sa e ha rispetto per chi guarda la corsa».

Qui Pidcock alle Strade Bianche 2023 in mezzo a due ali di folla esaltate
Qui Pidcock alle Strade Bianche 2023 in mezzo a due ali di folla esaltate

Ciclismo eroico

Remco Evenepoel in merito a questa tappa ha detto: «Ci sono già gare e campionati separati per lo sterrato, non c’è bisogno di inserirle nei grandi Giri». Il pensiero di ASO per il 2024 è esattamente l’opposto e, inutile dirlo, Brocci approva. 

«Sulla strada bianca non si può stare a ruota – dice – e fare grande lavoro di squadra come sull’asfalto. Le differenze le noti e poi introduci altri elementi che sono la destrezza, la capacità di guida di una bicicletta e il coraggio, insomma, ci vogliono delle abilità supplementari per poter andare forte anche su strada bianca. Il Tour ha visto questi valori ed è andato anch’esso alla ricerca di quel ciclismo eroico che esce dalle dinamiche di oggi.

«Nel 2008 con l’Eroica io cercai proprio questo e da lì è partito un movimento che cresce sempre di più, nonostante la continua evoluzione dei materiali e della preparazione. Chi vince una Strade Bianche o una Roubaix rimane nella storia. Il volto infangato e l’impresa è un qualcosa che va a colpire lo spettatore e gli scolpisce un ricordo indelebile».

Qui alcuni dei tratti che verranno affrontati nella nona tappa del Tour (foto E.Garnier-L’Equipe)
Qui alcuni dei tratti che verranno affrontati nella nona tappa del Tour (foto E.Garnier-L’Equipe)

Patrimoni da conservare

Per la nona tappa il luogo individuato dagli organizzatori di ASO è quello delle colline dello Champagne. Strade sterrate che vanno su e giù in mezzo alle vigne. Luoghi magici e affascinanti come il villaggio di Essoyes, dove Pierre-Auguste Renoir visse e dipinse per trenta estati, trasponendo sulle sue tele la straordinaria gamma di colori della vite locale. Le strade non vedranno la carovana passare su di esse proprio per tutelare questi tratti oggi diventati preziosi.

«L’idea di riportare la bici da strada fuori dall’asfalto – prosegue Brocci – è quella che ha caratterizzato l’Eroica. E’ nata anche per la salvaguardia delle ultime strade bianche che a suo tempo erano fondamentalmente un disvalore, cioè erano un parametro di zona depressa. Oggi il ciclista deve avere coraggio per prendere la bici e pedalare in mezzo alle macchine e al traffico. Questo è un modo per avvicinare anche i giovani e portare il cicloturista a godersi una pedalata come lo era un tempo».

Giancarlo Brocci, ideatore e fondatore di Eroica e della Strade Bianche per i pro’ (foto Facebook/Eroica)
Giancarlo Brocci, ideatore e fondatore di Eroica e della Strade Bianche per i pro’ (foto Facebook/Eroica)

Un passo avanti

Un Grande Giro ogni anno disegna il suo percorso per mostrarlo al mondo intero. Per il 2024 il Tour ha deciso di misurarsi con le strade sterrate, mettendo un possibile primo appuntamento che potrebbe diventare un elemento caratteristico della corsa gialla. In Italia la classica di inizio anno e gli eventi di Eroica, ogni anno portano migliaia di appassionati in terra Toscana. L’abbiamo visto nel 2010 e in qualche altra timida occasione. 

«Sono stato contattato varie volte da Prudhomme – continua Brocci – per parlare anche di questo. Sono contento che abbiano deciso di puntarci e di mettersi in gioco, so che ci stavano lavorando da tempo. Negli anni ho provato anche io a proporre l’appuntamento “fisso” nella corsa rosa, ma l’idea non ha mai trovato una risposta positiva».

In un articolo realizzato da Gaétan Scherrer per L’Equipe, Thierry Gouvenou, direttore tecnico dell’evento e responsabile del percorso ha detto: «Ci siamo ripromessi di non disputare mai più di due tappe sprint di fila nel Tour. Tuttavia, con la configurazione del percorso nel 2024, ci troveremo in pianura all’uscita delle Alpi (4a tappa)  a Cantal (11a tappa). Quindi abbiamo dovuto trovare un trucco e togliere i sentieri bianchi rimasti un’ipotesi per cinque anni».

Podere San Giuseppe, un angolo di tranquillità da vivere in sella

05.04.2023
5 min
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In cima ad una collina, nel cuore della Toscana, sorge il Podere San Giuseppe. Un nido per ciclisti e amanti della natura che vogliono ricaricare le pile e godersi del tempo per sé, la propria famiglia o compagni di squadra. Situata nel Comune di Montalcino, la proprietà svetta dominando un panorama mozzafiato arricchito dalle strade bianche che ogni anno vengono animate dall’Eroica e dall’omonima corsa. Qui gastronomia, natura e sport si incontrano all’insegna di un’esperienza unica da vivere insieme alla propria bicicletta da corsa, Mtb o gravel che sia. Consociamo il Podere attraverso le parole del proprietario Gian Paolo Sandrinelli

Situato nel Comune di Montalcino il Podere si trova nel cuore della Toscana

Il Podere

«E’ un podere – spiega Sandrinelli – costruito nei primi anni del ‘900 in cima ad una collina nel Comune di Montalcino e intorno non c’è niente. Ci sono sette appartamenti. Ogni unità ha due camere matrimoniali e ognuna ha il bagno privato. Sono grandi e dotati di tuti i comfort. La struttura storica ha un parco privato dove ci sono due piscine che dominano il panorama. Un salone con una cucina comune dove si può mangiare tutti assieme e questo è comodo per le squadre che ci vengono a trovare

«La vista che ha questa struttura – afferma – è unica. E’ appunto in cima alla collina e non ha impedimenti a 360 gradi. Domina la Val d’Orcia, guarda verso Siena e Pienza che si vedono illuminate la notte».

Caratteristiche che rendono questi sette appartamenti una meta perfetta per chi vuole conoscere il cuore verace della Toscana. E’ possibile raggiungere le famose regioni vinicole e città pittoresche come Montalcino, Siena e Montepulciano. Le sorgenti termali sgorgano nell’ex piazza del paese di Bagno Vignoni. Il Parco Naturale della Maremma, con le più belle spiagge della Toscana meridionale, è raggiungibile in poco più di un’ora. E infine la vicina Firenze, culla del Rinascimento. 

Per la bici

Al Podere San Giuseppe la bici è di casa. Le strade sono libere dal traffico e immerse in terre uniche. E’ infatti possibile incontrare luoghi meravigliosi come Montalcino, Pienza, Bagno Vignoni raggiungendoli a colpi di pedale. 

Per gli amanti di questo sport, sono numerosi i percorsi adatti a tutte le esigenze e preparazioni. Chi sceglie questa meta si può rilassare facendo lunghe passeggiate in bicicletta nei percorsi immersi nel verde tra le colline senesi. Tratti misti di asfalto e sterrati tra oliveti, vigneti e morbide salite saranno gli scenari usuali delle escursioni in bicicletta. E’ inoltre possibile noleggiare presso punti convenzionati qualsiasi tipologia di bici. E se qualcuno ne avesse bisogno il Podere vanta collaborazioni con atleti ex professionisti del calibro di Alessandro Bertolini, Daniele Righi che accompagneranno i gruppi di ciclisti in esplorazione.

Le colline si perdono a vista d’occhio
Le colline si perdono a vista d’occhio

Arrivano i pro’

Il Podere San Giuseppe gode già di ospiti illustri che di ciclismo vivono e hanno “approvato” la struttura. «L’anno scorso – racconta Sandrinelli – è stato ospite qui da noi, Tiesj Benoot della Jumbo-Visma a fare un po’ di recupero dopo l’incidente di Livigno. Siamo stati meta anche di importanti aziende come Smith Optics, produttrice di occhiali da sole, maschere e caschi. In inverno abbiamo avuto il piacere di ospitare il team di Specialized e tutto l’entourage direttivo.

«Insomma, un posto meraviglioso dove si può fare attività fisica, fare riunioni in tranquillità, team building o ritiri per le squadre. Si adatta a tutte le tipologie di ospiti che si vogliono godere un periodo di tranquillità con la possibilità di pedalare e vivere queste colline.

«In occasione dell’Eroica – conclude – ospiteremo ad ottobre un team di professionisti, di cui al momento non si può fare il nome, che ha scelto Podere San Giuseppe per vivere questa esperienza sulle strade bianche. Un onore per noi».

Basta rilassarsi 

Sfogliando le pagine del sito online dove è possibile conoscere la struttura, si possono consultare anche i servizi che mette a disposizione la struttura. Tra questi ci sono attività di ogni genere.

A partire dalle degustazione enogastronomica con assaggi di ogni tipo, ad esempio una bruschetta con dell’ottimo olio biologico della Fattoria, dei formaggi pecorini tipici delle tradizioni locali ed un calice di buon vino come per esempio il Brunello, prodotto a pochi passi. 

Il Podere San Giuseppe offre ai suoi ospiti la possibilità di partecipare ad un corso di fotografia tenuto da un fotografo professionista, partner della struttura. Oppure un’esperienza yoga, per trascorrere l’intero periodo di soggiorno all’insegna della meditazione. E ancora, sono a disposizione 30 cavalli ben domati, ben allenati, ben curati, preparati con professionalità e passione per ogni livello di esperienza. Insomma, a chi sceglie Podere San Giuseppe come propria meta, una volta arrivati qui basta rilassarsi. 

PodereSanGiuseppe