Chilometri, salite, arancini: Velasco e i racconti dall’Etna

28.01.2024
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«Si sta bene quassù. Ormai ci sono abituato, visto sono già cinque volte che ci vengo. Posso sfruttare il tempo buono, l’altitudine e la buona tavola». Simone Velasco presenta così il suo ritiro in quota sull’Etna. Il campione italiano però non è da solo sul vulcano. Con lui ci sono anche Lorenzo Fortunato, da quest’anno suo compagno di squadra, e Kristian Sbaragli.

Il corridore dell’Astana-Qazaqstan inizierà la sua stagione agonistica il 10 febbraio a Figueras, in Portogallo. Poi continuerà sempre lì con l’Algarve. E man mano scriverà la sua stagione. Lui vorrebbe tornare al Tour de France quest’anno.

Dicevamo, Simone, non sei da solo…

Esatto, con me ci sono anche Sbaragli e Fortunato. E pochi giorni fa è arrivato anche Guillame Martin, non ci siamo messi d’accordo, ma cerchiamo di uscire insieme. Di coordinarci con i nostri programmi. Così siamo in compagnia.

L’elbano conquista il Laigueglia 2019. Questa corsa è stata uno degli ricordi emersi durante le uscite con Fortunato e Sbaragli
L’elbano conquista il Laigueglia 2019. Questa corsa è stata uno degli ricordi emersi durante le uscite con Fortunato e Sbaragli
E come fate per coordinarvi?

Qualche volta qualcuno fa un pelo di più, altre un pelo di meno, ma in questo modo ognuno riesce a svolgere il proprio programma. In più c’è un mio amico di Catania, Rosario Caruba, con il quale avevo corso da juniores. Siamo rimasti in contatto e lui ci segue in macchina. E’ davvero prezioso il suo aiuto. In questo periodo in quota comunque fa freschino e magari ci vestiamo di più quando dobbiamo scendere, ha la borsa del freddo se è nuvoloso. La sua presenza facilita le cose.

Com’è la vostra giornata tipo?

Ci ritroviamo alle 8-8,30 a colazione, dipende dai chilometri che dobbiamo fare. Poi tra le 9,30-10 si parte. Decidiamo se scendere in macchina o direttamente in bici anche in base al meteo. Ma la risalita finale avviene sempre in bici. Al termine dell’allenamento pranziamo, ci riposiamo un po’. Facciamo qualche chiacchiera tutti insieme e poi verso le 20 mangiamo. Ci fermiamo ancora un po’ a parlare e poi andiamo a letto. 

Il tempo passa in fretta, insomma…

Sì dai, ridiamo parecchio e siamo tutti abbastanza chiacchieroni. Ci raccontiamo vecchie storie di ciclismo, abbiamo tutti e tre un passato nella squadra in cui ora è Kristian (la Corratec-Vini Fantini, ndr) e poi siamo tutti ascoltatori de La Zanzara, il programma radiofonico di Radio24. E quindi evochiamo battute, prese di posizione, qualche puntata particolare…

E delle corse?

Chiaramente si parla anche di quelle. Abbiamo per esempio parlato del mondiale. Del Laigueglia 2019, del fatto che Sbaragli abbia avuto compagni come Van der Poel e Philipsen.

Chi va più forte?

Di sicuro non io! Sono sempre staccato in salita. Sono “Fortu” e “Sbara” che fanno la guerra…

Parliamo un po’ della preparazione. Oltre alle ore di sella ti abbiamo visto correre a piedi. Come mai?

E’ qualcosa che faccio nel giorno di scarico. In passato ogni volta che correvo a piedi mi “dilaniavo” le gambe, adesso invece ci ho preso mano e quindi vado più spesso. Anche quando devo fare palestra, preferisco correre a piedi per riscaldarmi, sono convinto che alla fine questo gesto mi dia qualcosa in più. Quindi nel giorno di scarico faccio 30′-40′ senza troppo stress muscolare. Mi assesto su un passo di 5′ al chilometro e corro. Ripeto, senza stancarmi.

Siete al Rifugio Sapienza. Più di qualcuno ci ha detto che si mangia bene…

Anche troppo direi! Loro sono gentilissimi. Ci coccolano. A qualsiasi ora rientriamo ci fanno trovare qualcosa da mangiare. Le porzioni sono davvero abbondanti. E la sera quando restiamo a tavola non ci mettono fretta.

Simone tu sei un ex biker e sull’Etna ci sono percorsi da urlo. Non ti viene voglia di fare un giro in mtb?

Caspita se mi viene! Avevo pensato di portare la mtb per usarla proprio nei giorni di scarico, magari al posto della corsa a piedi. Ma la logistica si complicava e così l’ho lasciata a casa. Però appena tornerò, un giro sulla mia ruote grasse me lo farò subito.

Come stai lavorando invece?

Tanta base. Abbiamo fatto anche 6 ore e mezza con oltre 4.000 metri di dislivello e presto contiamo di fare anche l’intero giro dell’Etna: 180 chilometri. E’ un po’ più corto rispetto alle 6 ore e mezza, ma è parecchio duro. E poi offrirà paesaggi unici e ci consentirà di vedere anche il versante Nord del vulcano.

Velasco non rinuncia ad addentare un arancino durante le sue distanze sull’Etna
Velasco non rinuncia ad addentare un arancino durante le sue distanze sull’Etna
Come create i percorsi? Tu sei un habitué, ma andate anche alla ricerca di strade nuove?

Più o meno i versanti li ho fatti quasi tutti, ma quello di Biancavilla mi manca. Era chiuso per lavori e ora che lo hanno riaperto contiamo di andarci nei prossimi giorni. Poi in generale mi piace ampliare i giri, scoprire nuove strade. Individuiamo i percorsi su Strava e poi li analizziamo con VeloViewer o Garmin Connect.

Forte questa cosa…

Abbiamo in mente di andare un po’ anche nell’entroterra. Certo, manca sempre un po’ di pianura, ma quella la faremo quando torneremo a casa e sarà ideale per rifinire la gamba in vista delle gare in Portogallo.

In queste vostre distanze di certo non mancherà la mitica “sosta Coca Cola”, ma non ti viene voglia anche di un cannolo siciliano?

Eccome no! Io però sono un fan dell’arancino e quando faccio il lungo prendo quello. Di soste magari ne facciamo due, però più brevi, perché non ci piace stare troppo fermi. Un cannolo o un arancino, una Coca Cola e via…

Sei un corridore dell’Astana, sei sull’Etna in Sicilia: ti hanno mai scambiato per Nibali?

Quest’anno no… Ho la maglia tricolore.

Buon anno tricolore da Velasco che sogna il Tour

01.01.2024
6 min
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ALTEA (Spagna) – La maglia tricolore non passa inosservata. E se correndo nella pista di Grenchen, Elia Viviani ha pubblicato un post su Instagram definendola la più bella del mondo, Simone Velasco non le è meno attaccato. Lui forse neppure se ne rende conto, ma rientrato dall’allenamento del mattino non faceva che passarci sopra il palmo della mano. Forse per saggiare la consistenza del nuovo tessuto Biemme, forse anche per avere la conferma di essere magro.

Con quella seconda pelle addosso, il campione italiano ha cambiato marcia o forse, volendo rovesciare la prospettiva, l’ha conquistata avendo raggiunto un livello superiore. Comunque sia, il quinto posto di Montreal, seguito dal secondo al Matteotti, il quinto al Pantani e le due top 10 ai mondiali e alla Serenissima Gravel dicono che il bolognese dell’Isola d’Elba sta diventando grande.

«L’anno scorso – conferma – ho fatto una grande seconda parte di stagione con questa maglia, quindi cercheremo intanto di ripartire da dove abbiamo lasciato. La maglia tricolore è sicuramente una spinta e non un peso, perché porti in giro per il mondo la storia e il nome di una Nazione. Ho visto anche io quel post di Viviani e poi io l’ho sognata per tanti anni, anche nelle categorie giovanili e in tante discipline e alla fine è arrivata, forse nel momento più bello».

La tua carriera va avanti per gradini, l’ultimo ti ha portato questa maglia. Quale sarà il prossimo?

Abbiamo visto che posso essere competitivo anche nelle corse vere, quelle dei big. Per cui adesso alziamo un po’ l’asticella per essere competitivi anche con loro. Ora so bene che arrivare alla vittoria con i grandi è sicuramente difficile, però comunque essere lì davanti a giocarsi le prime posizioni è senza dubbio lo step successivo che mi aspetto. E poi, se si vince un po’ di più, è sicuramente meglio.

Come si alza l’asticella? 

In ritiro abbiamo fatto tanto fondo, sfruttando anche l’occasione di essere al caldo, dato che a dicembre il sud della Spagna è appena più caldo di San Marino (sorride, ndr). E’ venuto fuori un bel blocco, un grande volume di lavoro. Poi a casa si recupera un po’ brindando al nuovo anno e sarà già ora di ripartire, perché a gennaio faremo altri due training camp. Uno dal 4 al 12 e il secondo dal 19 al 28. Rispetto ad altri anni, a gennaio saremo belli attivi, prima di tornare nuovamente a casa prima del debutto, che a me toccherà in Portogallo. Di solito all’inizio faccio sempre fatica, ma mi sono meravigliato di me stesso per la velocità con cui ho ritrovato la condizione.

L’Algarve è una di quelle corse piene di campioni…

E infatti sarà un bel un bel banco di prova, per questo voglio arrivarci a posto, pronto per dare tutto, stringere i denti a costo di mordere il manubrio e tirare fuori il carattere.

Simone Velasco è nato a Bologna il 2 dicembre 1995. Pro’ dal 2016, è alto 1,70 per 59 chili
Simone Velasco è nato a Bologna il 2 dicembre 1995. Pro’ dal 2016, è alto 1,70 per 59 chili
La maglia tricolore porta dritta al Giro d’Italia?

Vediamo, sarebbe bello. Però c’è anche il Tour che arriva a Bologna, nella mia città natale. Una tappa che mi piacerebbe correre, però al momento non è nel programma. Nei piani per ora c’è di fare il Giro, poi vedremo in base a come sarà la mia condizione e a quel punto un pensierino potrei anche farcelo.

Le cose cambiano: di te si disse che fossi passato troppo presto, oggi saresti considerato vecchio…

Esatto (ride, ndr), al giorno d’oggi sarei uno che è passato tardi, dato che lo feci al secondo anno da U23. E magari se al tempo si fosse ragionato come oggi, sarei andato direttamente in una grande squadra. Se ripensiamo a quello che ero da junior e ai risultati che ottenevo, al pari di tanti miei compagni di squadra, magari il mio percorso nel professionismo sarebbe stato diverso. Io poi al primo anno da professionista ebbi la sfortuna di una ricaduta di mononucleosi, che mi portai dietro a lungo. E comunque anche allora, quando passi sapendo di essere uno degli U23 più forti a livello internazionale e ti accorgi che nei professionisti non sanno neanche chi sei, la mazzata arriva lo stesso. Però non ho mai mollato e ho continuato a lavorare e alla fine sono arrivati i risultati e ho vinto la prima corsa al primo anno da elite (il Trofeo Laigueglia del 2019, ndr). Il Covid non ha aiutato, ma nelle ultime tre stagioni ho trovato una discreta costanza. Forse siamo sulla buona strada.

La prima vittoria a 24 anni battendo Bagioli e Sobrero: un bello spot sul futuro, no?

Però ormai ero al quarto anno professionista. Il tanto anticipare di adesso magari a livello di risultati immediati può farti guadagnare tempo, poi bisognerà vedere sulla lunga distanza. Perché se fai girare il motore di una macchina giovane sempre a 15.000 giri, quanto può durare? Nel calcio c’è chi a 16 anni gioca in serie A e magari fa qualche partita in Champions League. Il ciclismo è uno sport un po’ diverso, però sembra che si stia andando in quella direzione. Si guarda un po’ meno alla persona e più ai risultati e ai vantaggi economici che può portare un atleta. Lo sport è fatto di cambiamenti e noi dobbiamo sempre essere pronti ad adattarci e tirare fuori il meglio in qualsiasi occasione.

Fra gli amori non sopiti di Velasco c’è il fuoristrada. Qui è 5° alla Serenissima Gravel, dopo il 7° posto ai mondiali
Fra gli amori non sopiti di Velasco c’è il fuoristrada. Qui è 5° alla Serenissima Gravel, dopo il 7° posto ai mondiali
Com’è correre con Cavendish e condividere questo suo sogno?

Il suo arrivo ha cambiato le cose. Mark è un uomo squadra, uno dei grandi campioni di tutti i tempi e quindi anche il fatto che non sia né italiano né kazako ci ha aiutato a legare molto di più. Anche a tavola e nei momenti di relax in cui siamo tutti assieme, si vede il mix giusto per fare grandi cose tutti insieme. Io Cav non lo conoscevo, se non per i suoi risultati. A livello personale mi ha sorpreso. Ho trovato una persona umilissima e pronta a porgere la mano a chi ha bisogno. Ti dà tanti consigli ed è pronto a fare gruppo e a creare il team. Per questo mi auguro che riesca a coronare il suo sogno. Anche se ormai non è più solo un suo sogno, ma il sogno di tutti noi.

Biemme rientra (alla grande) nel mondo del WorldTour

22.12.2023
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Il maglificio sportivo Biemme torna a “vestire” il mondo del ciclismo professionistico di primissimo livello e lo fa supportando tecnicamente il team Astana Qazaqstan. A partire dal prossimo 1° gennaio 2024, la squadra WorldTour di Cavendish e compagni, tra questi anche il campione d’Italia in carica Simone Velasco, indosseranno ufficialmente il nuovo kit d’abbigliamento firmato Biemme.

«Abbiamo appositamente studiato e sviluppato una linea dedicata esclusivamente al Team Astana – dichiarano con una punta d’orgoglio dalla sede dell’azienda vicentina – realizzando capi altamente tecnici e performanti che possano soddisfare al meglio le necessità di tutti i professionisti della squadra. Da un punto di vista prettamente grafico, il design della maglia è stato rivisitato riprendendo l’azzurro tipico della bandiera kazaka, sfumato con un pattern unico ed estremamente originale ispirato ai minerali e alle pietre preziose estratte in Kazakistan. Siamo poi molto soddisfatti di vestire nel 2024 anche l’attuale campione italiano, Simone Velasco, e per lui abbiamo sviluppato una grafica esclusiva che ricorda la nostra bandiera nazionale tricolore».

Per Biemme anche l’onore di disegnare e realizzare la maglia di campione italiano di Simone Velasco
Per Biemme anche l’onore di disegnare e realizzare la maglia di campione italiano di Simone Velasco

Da sempre con i pro’

«Dalla prossima stagione 2024 – ha dichiarato Alexandr Vinokourov, il direttore generale dell’Astana Qazaqstan TeamBiemme sarà il nostro partner per quanto riguarda la predisposizione dell’abbigliamento da gara e da allenamento. E questa è una bella notizia per noi, perché siamo davvero contenti dell’avvio di questa nuova partnership. Biemme è un marchio italiano con una lunga storia alle spalle e una profonda tradizione nel ciclismo. Assieme a loro abbiamo potuto elaborare un design molto originale e distintivo per quanto riguarda la maglia per la prossima stagione. Per me personalmente questo abbinamento rappresenta una coincidenza speciale perché la mia prima vittoria l’ho ottenuta indossando una maglia Biemme».

Biemme torna nel WorldTour e lo farà accanto all’Astana Qazaqstan Team
Biemme torna nel WorldTour e lo farà accanto all’Astana Qazaqstan Team

La storia imprenditoriale di Biemme si avvia nel 1978. Nel corso dei suoi quasi cinquant’anni di attività, l’azienda si è sempre impegnata in ambiti di lavoro importanti quali la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione dei propri prodotti, prestando particolare attenzione anche al più piccolo dei dettagli. E fin dall’inizio del proprio percorso, Biemme si è costantemente impegnata nella collaborazione e nella sponsorizzazione di squadre professionistiche, vestendo col passare del tempo moltissimi grandi campioni del passato.

L’intera collezione d’abbigliamento team Astana Qazaqstan 2024 sarà presto disponibile per l’acquisto sia sull’e-commerce quanto su quello ufficiale della squadra.

Biemme

Zana brinda al 2023 e intanto culla il sogno del Tour

23.11.2023
4 min
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SAN GIOVANNI IN MARIGNANO – Per Filippo Zana la “Serata di Grande Ciclismo” è diventata un appuntamento fisso. L’anno scorso il premio della maglia tricolore della Challenge bici.PRO era andato a lui. Quest’anno ha passato il testimone a Simone Velasco.  

La vittoria di tappa al Giro e quella dello Slovenia sono stati due assoli che hanno posizionato Zana ai vertici di un’ipotetica classifica degli italiani più forti in questo 2023. Poi però sono arrivati la rottura della clavicola e il ritiro dalla Vuelta a causa di un virus. Una stagione positiva e di crescita che ben fa sperare per il 2024. Dopo quattro anni di Giro d’Italia, la voglia di misurarsi al Tour de France è chiara, così come quella di provare a fare classifica.

Che stagione è stata?

La prima parte è andata veramente bene. Dal fare il Giro in maglia tricolore con il successo di tappa, poi la vittoria al Giro di Slovenia. Dopodiché, non ho potuto fare il campionato italiano ed è stata una vera sfortuna perché stavo bene. Ho cercato di rifarmi alla Vuelta, ma sono stato male. Poi abbiamo fatto questo finale di stagione in Italia dove abbiamo cambiato un po’ i piani e non è andata malissimo. Diciamo che nel complesso è stata un’ottima stagione di crescita e sono contento. Sicuramente c’è stato un po’ di sfortuna e avrei potuto fare di meglio. Speriamo di continuare a crescere così anche per il prossimo anno.

Negli occhi di tutti c’è anche la caduta allo Slovenia…

Quella tappa ero da solo ed ero riuscito a staccare tutti, però in discesa ho sbagliato la curva, ed è andata veramente molto bene. Infatti, penso di aver finito tutta la fortuna che avevo, perché tre giorni dopo mi sono rotto la clavicola in allenamento a 500 metri da casa.

A livello personale il fatto che a metà stagione hai avuto quelle sfortune e non hai più indossato la maglia tricolore, ti ha un po’ destabilizzato?

Indossare la maglia è un privilegio. Mi è dispiaciuto non essere nemmeno partito per difenderla perché sapevo di stare bene. Però ho cercato comunque di lavorare duro per ritornare com’ero prima, facendo tutto il possibile. Quando pensavo di aver ritrovato la forma, ho preso il virus e la stagione è andata un po’ calando.

Il Giro chiuso in crescendo (qui la cronoscalata del Lussari) lo ha lanciato verso lo Slovenia
Il Giro chiuso in crescendo (qui la cronoscalata del Lussari) lo ha lanciato verso lo Slovenia
A livello fisico, le prestazioni che hai avuto fino alla Slovenia erano le migliori che hai mai espresso?

Sì. Spero di riuscire a ritrovare una condizione così anche il prossimo anno, magari cercare di arrivare al Giro o quello che si farà con la condizione che avevo quest’anno. 

Questo inverno cambierai qualcosa nella preparazione, anche in base alle ambizioni che hai per il 2024?

Farò più o meno come l’anno scorso. Cambieremo un po’, magari come arrivare ad un grande Giro. Cercherò di fare un lavoro molto più duro e cercherò insomma di far molta più fatica.

Perchè?

Nello specifico ho visto che comunque il Giro sono tre settimane di grande fatica. Un grande stress, ma il mio fisico ha dimostrato di reagire bene. Sopratutto dopo la metà della seconda settimana. Perciò vorrei fare in modo di arrivare alla partenza già “caldo”

Alla “Serata di Grande Ciclismo” erano presenti anche Rachele Barbieri, Filippo Baroncini, Simone Velasco
Alla “Serata di Grande Ciclismo” erano presenti anche Rachele Barbieri, Baroncini e Velasco
Sembra il discorso di uno che vuole fare classifica. E’ così? 

Diciamo che in squadra abbiamo gli uomini di classifica e io sarò di supporto ai capitani. Poi sicuramente in seconda battuta, non si sa mai cosa può succedere. Avrò l’approccio del primo gregario che tende a non uscire di classifica. Cercherò di stare lì, poi si vedrà durante la corsa. 

Hai detto che ti piacerebbe fare il Tour dopo quattro anni di Giro…

Adesso stiamo parlando con la squadra. Dobbiamo ancora decidere il calendario. Sicuramente il Giro mi piace tanto. In più si passa sulle strade di casa, perché il tappone del Grappa è praticamente dove mi alleno e sarebbe bellissimo esserci. Vorrei essere al Giro, ma allo stesso tempo dico che sarebbe bello anche correre al Tour, che per di più parte dall’Italia. Mi piacerebbe un po’ cambiare. 

Appuntamenti per questo inverno?

Ho iniziato gli allenamenti: tra poco faremo due ritiri, uno a dicembre, uno a gennaio. Poi se tutto va bene dovrei iniziare a febbraio in Spagna.

Pensieri e parole di Velasco sulla magia del tricolore

19.11.2023
5 min
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SAN GIOVANNI IN MARIGNANO – Una “Serata di Grande Ciclismo” sulle colline riminesi al confine tra Romagna e Marche. L’occasione creata da Fisioradi e Ca’ Virginia per incontrare i campioni italiani e non solo, per premiarli in nome della bici.PRO Challenge. Arrivata alla sua terza edizione, quest’anno a ricevere la maglia tricolore stampata in 3D da Morfeo Gadget non poteva che essere Simone Velasco.

Il bolognese dell’Isola d’Elba è stato infatti premiato per la sua stagione e per la vittoria conquistata in quel di Comano Terme (Trento). Sul palco Simone ha risposto con tanto orgoglio e un sorriso che lo accompagnerà per 365 giorni. Arrivati quasi al giro di boa, abbiamo chiesto un bilancio di questo suo finale di stagione in tricolore e le ambizioni per il 2024. 

La vittoria al campionato italiano ha riacceso l’entusiasmo nel 2023 di Velasco
La vittoria al campionato italiano ha riacceso l’entusiasmo nel 2023 di Velasco

Piccola rinascita

Per Velasco il 2023 è stato un anno di svolta. Le vittorie sono state “solo” due, ma il significato di quella che gli è valsa la maglia tricolore, ha mosso sicuramente qualche consapevolezza in lui. Magari basata sul passato, quando il professionismo era solo un sogno. 

«Davo segnali di forza e di classe – spiega Velasco – a sprazzi non ero più quello che ero una volta, quando da juniores o da dilettante avevo la mia continuità ed ero sempre ai vertici. Da quando ho vinto la maglia tricolore ho ritrovato questa voglia e si è visto durante tutto il corso della seconda parte della stagione. Questo mi fa ben sperare per il 2024. E’ sicuramente un’iniezione di fiducia e di motivazione.  

«Questo 2023 – dice – si è concluso con la “botta” alla Veneto Classic che mi ha lasciato un po’ di traumi e di residui. Comunque abbiamo ripreso normalmente la preparazione. Adesso stiamo preparando al meglio il 2024 e speriamo che sia un’altra bella annata. Avendo avuto l’infortunio facciale nella zona dentale ed essendo un punto molto delicato, poteva compromettere anche parte dell’inverno. Però in qualche giorno ho recuperato, un po’ di punti ma fortunatamente eravamo già a riposo e non mi ha compromesso niente».

Per Simone Velasco un buon finale di stagione che ha confermato l’ottima annata
Per Simone Velasco un buon finale di stagione che ha confermato l’ottima annata

Oneri e onori

Il ciclismo è da sempre uno sport democratico e paritario. Allo stesso modo ogni anno vengono assegnate le maglie di campioni nazionali che vestono il ciclista che per un anno rappresenterà quella nazione sulle strade di tutto il mondo. Una responsabilità che comporta oneri e onori e questo Simone lo ha già imparato.

«Non sono in tanti – afferma Velasco – che possono dire di aver vinto la maglia tricolore. Quando rappresenti la tua Nazione per un anno intero e lungo tutte le strade del mondo, poi rimani nelle pagine della storia per sempre. Quindi è per me è un onore vestire la maglia di campione italiano. Ti regala quella spinta per dare ancora qualcosina in più e fare sempre il meglio possibile.

«Sicuramente si fa fatica a riposarsi – sostiene Simone – però allo stesso tempo è bello essere in queste manifestazioni. Fino a poche ore fa, ero in tutt’altra parte d’Italia, ho fatto una corsa per esser qui. Ho piacere di prendere parte a questa serata e penso che sia anche doveroso essere presente per chi vuole premiarti e omaggiarti con passione e sorrisi. Vedo sempre tanti giovani ed è importante fare queste cose anche per loro».

L’apertura dello spumante Astoria per il brindisi finale
L’apertura dello spumante Astoria per il brindisi finale

La ciliegina

Salito sul palco per ritirare il premio e mettere in palio le sue maglie (dimenticate a casa, ndr) per la lotteria della serata, Velasco si rivolge a Filippo Zana che siede al suo stesso tavolo: «Vorrei fare come Filippo e vincere magari al Giro in maglia tricolore. Sarebbe la ciliegina sulla torta».

Un auspicio che fa sognare gli appassionati e può essere un obiettivo realizzabile e replicabile in più occasioni, non solo al Giro. Un modo per motivarsi per il 2024 alzando l’asticella e ponendosi standard di nuovo più ambiziosi a cui Simone forse mancavano da un po’.

«La preparazione per il 2024 – conclude Velasco – rimane bene o male la solita. E’ certo che cerchiamo di concederci qualche momento di relax in meno perché gli anni passano anche per me. Quindi ogni anno bisogna fare qualcosina in più e implementare quello che poi riguarda la performance, però comunque non andiamo a stravolgere niente. Quello che faremo sarà focalizzare il programma in funzione di qualche appuntamento importante. Come le classiche di inizio stagione tipo Milano-Sanremo e in prospettiva magari del Giro d’Italia, poi si vedrà».

I trofei realizzati con la stampante 3D da Morfeo Gadget rappresentata da Riccardo Pellegrini
I trofei realizzati con la stampante 3D da Morfeo Gadget rappresentata da Riccardo Pellegrini

Grande ciclismo

Oltre 200 partecipanti, appassionati e praticanti hanno applaudito nel corso della serata anche gli altri campioni presenti: Filippo Zana, Rachele Barbieri, Filippo Baroncini e Giovanni Carboni. Saliti sul palco si sono raccontati. Zana, premiato l’anno scorso con la maglia tricolore Challenge bici.PRO ha portato a termine una stagione ai vertici in più occasioni. Le vittorie al Giro e quella dello Slovenia su tutte. La Barbieri, ha invece spiegato a cuore aperto il suo addio momentaneo alla pista che ha raccontato anche a noi qualche giorno fa. Baroncini, ha rilanciato sulle classiche e sulla voglia di essere protagonista con la maglia della UAE Emirates. Infine Carboni, a cui è andato l’in bocca al lupo della sala per la ricerca della squadra per il 2024

Gli ospiti erano tanti, dai ciclisti più piccoli a quelli d’onore. Tra quelli che hanno sicuramente strappato un sorriso sono stati i tre commentatori di Eurosport. Luca Gregorio e Moreno Moser, dal palco, hanno videochiamato il convalescente Riccardo Magrini in via di guarigione, ma sempre sorridente e con la battuta pronta. Una “Serata di Grande Ciclismo” guidata dalla voce di Ivan Cecchini e gli interventi di Maurizio Radi di Fisioradi e Giacomo Rossi di Ca’ Virginia

Pontoni e il gravel: romanticismo e tanto agonismo

11.10.2023
6 min
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Il secondo campionato del mondo gravel, corso il fine settimana scorso, ha chiuso la breve parentesi su questa disciplina. Aperta in occasione del primo campionato europeo, disputato in Belgio il primo ottobre. Il gravel cresce, accoglie sempre più appassionati, sia tra i ciclisti quanto tra i tifosi. La provincia di Treviso, tra sabato e domenica, ha potuto godere di nomi illustri del panorama del ciclismo mondiale e di un pubblico da classiche. 

Ma dove potrà arrivare questa disciplina? Piace a tanti atleti, grazie a percorsi sempre nuovi e diversi tra di loro. La differenza tra il campionato europeo e quello del mondo era estremamente profonda. Scelte tecniche che portano anche ai vari cittì a dover fare delle selezioni, così da portare in gara la miglior squadra possibile. La stessa Italia di Pontoni tra uomini e donne è variata tanto, costruendo quattro squadre (due per gara tra europeo e mondiale) tanto diverse tra di loro. 

Le due prove elite del mondiale gravel 2023 hanno visto protagonisti di primo piano (foto Bolgan)
Le due prove elite del mondiale gravel 2023 hanno visto protagonisti di primo piano (foto Bolgan)
I due percorsi tra europeo e mondiale ci hanno detto che il gravel cresce e cambia nei percorsi, questo comporta scelte diverse per la selezione dei corridori?

Assolutamente, devi schierare il miglior atleta possibile in base alle caratteristiche del percorso. Quello degli europei mi ha spinto a scegliere atleti molto più veloci e a puntare quindi su di loro. Per esempio nelle donne ho portato Elena Cecchini in tutte e due le prove, ma all’europeo era l’atleta di punta, mentre al mondiale ha dato supporto alle altre. 

Cittì, tra europeo e mondiale hai cambiato tanto, soprattutto nella corsa delle donne.

Avevo più scelta, anzi ora posso dirlo: avremmo dovuto avere anche la Longo-Borghini, ma a causa dell’infortunio non è stato possibile. Con gli uomini ho lasciato più spazio agli under 23 all’europeo ma al mondiale non me la sono sentita, anche perché è venuta fuori una gara da cinque ore.

Nella gara delle donne l’Italia si è messa la corsa sulle spalle conducendo le danze per tanti chilometri (foto Bolgan)
Nella gara delle donne l’Italia si è messa la corsa sulle spalle conducendo le danze per tanti chilometri (foto Bolgan)
Il livello degli atleti si è alzato, lo si è visto sia tra le donne che tra gli uomini…

Si è alzato e molto. Sia come nomi che come qualità dello sforzo da parte degli atleti. Troviamo team professionisti, che fanno di mestiere questa specialità. Credo che nel giro di 2-3 anni avremo squadre dedicate a questa disciplina con professionisti del settore sempre più competitivi. Soprattutto nel campo femminile abbiamo visto il meglio, mancava la Ferrand-Prevot e qualche atleta della mtb, però se si guarda alla strada c’erano tutte. 

Il Lombardia il giorno prima della prova maschile ha un po’ precluso le scelte?

Alessandro De Marchi e Simone Velasco hanno comunque partecipato, certo la loro presenza va di pari passo con le esigenze dei team. Forse slittando la prova avanti di una settimana rispetto al Lombardia avremmo avuto differenti atleti, ma non scordiamo chi ha vinto (Mohoric, ndr) e il fatto che ci fosse un corridore come Van Aert.

Com’è il rapporto con le squadre dei vari corridori?

Non è semplice, siamo una specialità emergente, però già dall’anno scorso ad oggi si nota una voglia maggiore di partecipare. Una voglia che è anche delle aziende. Gli atleti, fosse per loro, ne avremmo tanti di più a disposizione. Credo che questi due mondiali e il prossimo, che si svolgerà nelle Fiandre, daranno il “la” definitivo a questa specialità

Ci si riesce a coordinare in maniera costruttiva?

Molte squadre in questi due giorni post mondiale mi hanno contattato mostrando un grande interesse, così come i costruttori. Basta pensare a quali tipologie di bici vengono vendute maggiormente ora: le gravel occupano una buona fetta di mercato.

Tra le protagoniste della gara femminile c’era anche Demi Vollering, vincitrice dell’ultimo Tour de France Femmes
Tra le protagoniste della gara femminile c’era anche Demi Vollering, vincitrice dell’ultimo Tour de France Femmes
Che crescita si immagina per il gravel in futuro?

Quella che c’è stata per la mountain bike negli anni ‘90. Pensiamo che le Olimpiadi del 2028 si svolgeranno negli Stati Uniti e questa è una specialità che nasce lì. Il gravel si afferma come terza disciplina del fuoristrada, considerando che hanno assegnato i mondiali fino al 2028. Si è partiti con due edizioni in Italia, poi ci sposteremo in Belgio, Australia, Francia, ancora Belgio e poi Emirati Arabi ad AlUla. Ripeto, non mi stupirei se questa specialità potesse avere un futuro sempre più radioso

Arrivare dal fuoristrada aiuta, ma le distanze poi diventano molto impegnative…

Chi ha già corso nel ciclocross o nella mtb a livello di guida è estremamente avvantaggiato. Già solo fare le curve in maniera corretta dà una grande mano, però poi entra in gioco la distanza. Entrambe le gare sono state sulle 5 ore, è chiaro dunque che la resistenza conta eccome. E quella la alleni solamente su strada. Pensiamo per esempio alla Cecchini che non ha mai fatto nulla in fuoristrada e si è comportata alla grande.

Il pubblico di Pieve di Soligo si è riversato in strada nella due giorni iridata, una prova di quanto il gravel sia ormai popolare
Il pubblico di Pieve di Soligo si è riversato in strada nella due giorni iridata, una prova di quanto il gravel sia ormai popolare
Il pubblico poi ha risposto in maniera incredibile, sia sabato che domenica…

Ho visto tantissima passione e secondo me chi era a bordo strada torna a casa con uno stupore negli occhi non indifferente. Il gravel è tanto entusiasmante, non si ha assistenza e il corridore ci mette tanto del suo, è un tornare indietro nel tempo. Bisogna saper sfruttare i piccoli momenti e noi cittì dobbiamo riuscire a far sentire il nostro appoggio in ogni istante.

A lei che è rimasto di questa esperienza?

Mi ha lasciato un’altra medaglia oltre a quella della Persico, le persone e lo staff ci hanno davvero messo il cuore e questo per me è un premio enorme. Devo ringraziare tutti per questa seconda esperienza fantastica.

Nella notte, lampi di gran Velasco a Montreal

11.09.2023
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In Italia era notte quasi alta quando a Montreal il gruppo si è sfidato per tutto il giorno sotto la pioggia, consegnandosi (dopo 227 chilometri e 17 giri del circuito che nel 2026 ospiterà i mondiali) allo sprint fra Adam Yates e Pavel Sivakov. Alle loro spalle, quinto e indomito, Simone Velasco ha provato fino all’ultimo a vincere, sprecando forse troppo. Con il contratto appena rinnovato, il campione italiano ha disputato probabilmente la classica WorldTour più bella da quando è professionista. E soprattutto ha ritrovato il fastidio di perdere, quello che si sopisce quando si va alle corse rassegnati. Invece mentre è sul lettino dei massaggi fra le mani di Michele Pallini, già uomo di fiducia di Vincenzo Nibali, a tratti il tono è seccato. Voleva vincere, non ci è riuscito.

In serata per Velasco il massaggio con Michele Pallini, domani (oggi) il volo di rientro e poi la Coppa Sabatini
In serata per Velasco il massaggio con Michele Pallini, domani (oggi) il volo di rientro e poi la Coppa Sabatini
Diciamo che se non vi fossero scappati Yates e Sivakov, si poteva pensare di riuscirci?

L’errore è stato farmi trovare un po’ indietro sulla salita quando sono partiti. Sono risalito, ma mi sono mancati quei 50 metri finali per prenderli. Comunque sia le gambe erano buone e nell’ultimo giro magari ho sprecato un po’ troppo. Mi sono fatto prendere un po’ dall’euforia, mentre potevo essere magari più furbo. E comunque il quinto posto qui a Montreal, con questo parterre, penso che sia un ottimo risultato.

L’euforia perché pensavi di rientrare?

Sinceramente volevo vincere. Ho detto: «Ci provo, magari davanti si guardano un attimo». Sivakov ha corso all’arrembaggio, tirando sempre. Ho pensato che magari agli ultimi 300 metri si sarebbero fermati. Invece loro sono andati e io ho fatto la maggior parte del lavoro per chiudere su Aranburu e poi O’Connor, per cui quando è stata ora di partire sono rimasto sulle gambe.

La miglior classica WorldTour fatta finora?

Sì, a livello di corse di un giorno, sicuramente. Oggi avevo delle belle gambe, questa è un’ottima cosa per il finale di stagione. Da quando ho vinto l’italiano, ho sbloccato qualcosa nella testa. Mi sono accorto che sono tornato ad essere quello che ero anche da dilettante e da juniores. Quindi sono fiducioso per tutto ciò che rimane del calendario.

Il Grand Prix Cycliste de Montreal l’ha vinto Adam Yates, che ha preceduto Pavel Sivakov
Il Grand Prix Cycliste de Montreal l’ha vinto Adam Yates, che ha preceduto Pavel Sivakov
Quando rientrate in Europa?

Voliamo domani e sarò subito alla Sabatini (14 settembre, ndr) e poi farò il Pantani e il Matteotti con la nazionale. A quel punto valuteremo se farò anche la Adriatica Ionica Race o se saltiamo direttamente fino all’Agostoni, per fare poi tutto il finale italiano.

Ti abbiamo visto al mondiale, come sei arrivato a questa condizione?

Innanzitutto, dopo l’italiano, come da programma ho fatto una settimana di stacco. Sono andato a casa all’Elba a festeggiare un po’ e mi è servita per ricaricare le pile, soprattutto a livello mentale. Poi sono andato a lavorare bene in altura, al passo Costalunga con la famiglia, per farmi trovare pronto subito alle corse in Spagna, quando è stata ora di tornare a correre. Ho cercato di fare un buon mondiale in supporto ai due capitani e successivamente ho fatto un altro breve stacco in vista del finale di stagione. Mi era venuto in mente di tornare in altura, però alla fine abbiamo optato per correre. Saltare la Vuelta e fare queste gare di un giorno e sembra che sia stata la scelta giusta.

Che cosa si è sbloccato all’italiano?

In realtà, già dopo che mi è nata la bimba, ho ritrovato tanta più consapevolezza in me stesso e ho lavorato bene durante l’inverno. Ho vinto subito alla Valenciana, mentre di solito a inizio stagione ho sempre bisogno di un po’ per ingranare la marcia. Quest’anno invece mi son fatto trovare subito pronto. Proprio alla Valenciana ho preso il Covid e quindi mi sono dovuto fermare e magari tirare un po’ il fiato mi ha permesso di fare una bella primavera fino al Giro.

Nell’Astana al via da Montreal, un solo straniero (Laas, a sinistra), poi Nibali, Garofoli, Boaro, Basso e Velasco
Nell’Astana al via da Montreal, un solo straniero (Laas), poi Nibali, Garofoli, Boaro, Basso e Velasco
A quel punto?

A quel punto ho fatto il Giro di Svizzera e poi ho recuperato bene fino all’italiano e ci sono arrivato consapevole e rilassato della gamba che avevo. Ho fatto bene nella crono e ho vinto su strada. Avevo con me la mia bimba e la mia compagna, quindi ero bello sereno e questo sicuramente mi ha aiutato a dare il massimo.

Il rinnovo del contratto?

Qui in Astana, ho trovato subito il mio posto. Sono migliorato molto e ora posso guardare avanti, puntando a qualcosa di più grande e ambizioso. Il tricolore è stato un sogno che si è avverato, per questo ora voglio puntate a traguardi più importanti. Magari questo quinto posto è il segno che qualcosa si sta muovendo.

Il ruolo di Leonardo Basso, un diesse già in corsa

19.08.2023
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Leonardo Basso, 29 anni, al suo secondo anno all’Astana Qazaqstan Team. Perché ci occupiamo di lui? Perché è la perfetta dimostrazione di come anche in questo ciclismo che va a velocità ipersoniche, dove tutto cambia dall’oggi al domani, si possa lavorare per trovare una propria dimensione e chissà, costruirsi anche un futuro remoto, quando la bici verrà appesa al classico chiodo.

Se chiedete risultati a Leonardo, per quest’anno non ce ne sono, o meglio i siti statistici vi diranno che di top 10 neanche l’ombra, ma i numeri non dicono sempre tutto. Perché dietro le vittorie e le soddisfazioni di altri, c’è il lavoro oscuro di gente come il veneto e c’è un esempio, neanche troppo lontano nel tempo, che lo dimostra.

Basso con Velasco. Il lavoro di Leonardo è stato basilare per la conquista della maglia tricolore
Basso con Velasco. Il lavoro di Leonardo è stato basilare per la conquista della maglia tricolore

«Avevo preparato con molta attenzione i campionati italiani – racconta Basso – andando al Tour de Suisse per rodare sempre più la gamba. Avevo compiti precisi, soprattutto dovevo lavorare nella prima parte della corsa per mettere le punte in condizione di dare tutto quando la gara si sarebbe decisa e la vittoria di Velasco è stata la vittoria di tutti noi, il premio per il buon lavoro svolto. Ho tirato per 100 chilometri, fino all’ultima risorsa di energia che avevo, ma alla fine ne è valsa la pena».

E dopo?

Ho tirato dritto verso le gare spagnole, continuando a fare il mio lavoro e vedendo che questo fruttava, ad esempio con la vittoria di Lutsenko al Circuito de Getxo. In totale fino a fine luglio ho fatto 48 giorni di corsa e se vado a vedere, avrò staccato dalla bici non più di 5 giorni.

Dopo i tricolori Basso ha corso le gare spagnole di luglio, dando sempre un importante contributo
Dopo i tricolori Basso ha corso le gare spagnole di luglio, dando sempre un importante contributo
La sensazione è che quello che ci troviamo di fronte sia un Basso diverso da quello che era alla Ineos…

E’ vero, sento dentro di me che qualcosa è cambiato. All’Astana mi trovo davvero bene, ho trovato la mia dimensione nel supporto ai compagni, nel lavorare per gli altri. Spesso chi entra in questo mondo ha un preconcetto nei confronti dei gregari, pensando che siano corridori che valgono meno e quindi sono relegati a ruoli di secondo piano. Quando ti ci trovi capisci quanto il discorso sia molto più complesso e quanto sia importante il lavoro svolto da altri per far vincere le punte del team. Il ciclismo è davvero un lavoro di squadra.

E’ vero, però ormai è opinione comune, quando un team del WT prende un giovane italiano, che questi vada a fare tappezzeria, a imparare sì il mestiere senza però poi avere occasioni per emergere…

Il ciclismo non è così. Entrare in una squadra è sempre uno stimolo e devi metterti in gioco con tutto te stesso, sta a te poi capire piano piano le tue possibilità, quel che puoi realmente dare. Se l’atleta c’è, viene fuori: è interesse del team che ciò avvenga. Ma è anche interesse personale quello di capire che cosa si può realisticamente fare e seguire quella strada. Io come detto ho trovato la mia dimensione e ci sto lavorando sopra.

Il corridore di Castelfranco Veneto ha ormai trovato la sua dimensione nel team
Il corridore di Castelfranco Veneto ha ormai trovato la sua dimensione nel team
Per completare il discorso, tu corri in una squadra kazaka che ha comunque una forte anima italiana, ma davvero nel WorldTour di oggi si guarda alla nazionalità di un corridore, privilegiando quello “di casa”?

Io non credo proprio, tutte le squadre sono delle multinazionali, che vogliono semplicemente emergere e vincere, se il campione è nazionale bene, se viene da fuori bene lo stesso. Che manchi un team italiano nella massima serie è fuori di dubbio, sarebbe comunque un canale privilegiato per far emergere i talenti italiani, ma se hanno qualità si metteranno in luce anche in team straniero. Però c’è dell’altro…

Cosa?

Non guardiamo sempre al discorso prettamente ciclistico. Approdare in un team di questo livello, soprattutto da giovani (io sono andato alla Trek a 21 anni) è un percorso di crescita anche personale. Impari nuove lingue, stabilisci obiettivi e priorità, insomma diventi uomo e in questa maturazione ci sta anche il trovare il proprio ruolo e svolgerlo sempre meglio.

Il veneto è al suo secondo anno all’Astana, ma spera di continuare nello stesso ambiente
Il veneto è al suo secondo anno all’Astana, ma spera di continuare nello stesso ambiente
E tu che obiettivi ti poni? Dalle tue parole, ma anche dal tuo modo di correre si prospetta un futuro in ammiraglia…

Ammetto che mi piacerebbe molto e mi ci sento portato, non so se al massimo livello o occupandomi dei giovani, ma si può fare molto avendo un approccio ampio al mestiere. Io però sono concentrato sull’oggi, mi piace rimanere in questa squadra, voglio continuare a lavorare e a contribuire ai suoi successi.

Ora che cosa ti attende?

Mi sto preparando per la lunga trasferta oltreoceano, con il Tour of Maryland e le due classiche canadesi del WorldTour. Quest’anno non ci saranno grandi Giri per me, ma come si vede le corse da fare non mancano…

Per Basso si profila un futuro da direttore sportivo, un’idea che sembra piacergli
Per Basso si profila un futuro da direttore sportivo, un’idea che sembra piacergli
Hai già molti più giorni in carniere rispetto allo scorso anno…

Il 2022 è stato davvero difficile ed essendo il primo anno all’Astana non nascondo che la cosa mi è pesata. Ho preso per due volte il Covid e la ripresa è stata ogni volta più complicata. Ho pagato fisicamente. Quest’anno è tutta un’altra storia, mi sento più solido, sotto ogni punto di vista e spero che questa progressione non si fermi.

La gioia di Velasco e la delusione di Baroncini. L’italiano di Mazzanti…

29.06.2023
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COMANO TERME – Poche centinaia di metri dopo aver visto Simone Velasco piangere di gioia abbiamo incrociato le lacrime di Filippo Baroncini, deluso e amareggiato per la sua maledetta foratura. Due scenari diametralmente opposti, da una parte la felicità per un campionato italiano vinto e dall’altra la rabbia per non esserselo nemmeno potuto giocare. C’è chi questa situazione l’ha vissuta in un solo colpo dovendosi dividere tra due stati d’animo sfogati in eccesso da un parte e dall’altra. Stiamo parlando di Luca Mazzanti, procuratore di Simone e Filippo. 

Luca, ti abbiamo visto arrivare alla macchina di Baroncini sulla bici di Velasco. Da un sorriso pieno di gioia sei dovuto passare a parole di conforto e comprensione. 

Diciamo che la giornata è stata bella intensa per me, ma si è creata una situazione per cui non me la sono proprio goduta al meglio.

Partiamo da Filippo…

E’ stato veramente sfortunatissimo e oltretutto la sua reazione, ci tengo a dirlo, è anche un po’ figlia dell’anno che ha passato. Perché come si sa, da quando è professionista ha avuto due infortuni uguali a inizio stagione. All’italiano stava bene. Aveva lavorato sodo e oltretutto aveva fatto una buona corsa. Era andato al Giro di Svizzera in preparazione ai campionati italiani cui puntava molto. La sua reazione è stata veramente figlia di questo. Non è solito fare così, però lo capisco.

Come ti sei “diviso” tra Simone e Filippo?

Io non sapevo dove stare, ho dovuto un po’ dividermi tra la festa di Simone e, come da mio compito, stare anche accanto a Filippo. Ovviamente ho preferito andare prima da lui, perché tanto il vincitore in quel momento era contento e impegnato a festeggiare. 

Poi però sei andato a festeggiare…

Sì, è stata una grandissima gioia. Simone ha cinque anni in più ed è professionista da più tempo. Al bilancio positivo ci aggiungo sicuramente anche la crono (Velasco si è piazzato al quarto posto, ndr), perché secondo me è indice che non è un campione italiano casuale.

Mazzanti segue e assiste Velasco da circa dieci anni
Mazzanti segue e assiste Velasco da circa dieci anni
Quando si vincono queste corse si può dire che ci si sblocchi? Si ha più motivazione per il futuro?

Si unisce anche dalla consapevolezza. Simone è passato pro’ giovanissimo, ha fatto solo due anni da under. Una volta passato, ha avuto un periodo davvero complicato, dovuto ad una mononucleosi poi riattivata che è stata un vero problema. Oltre a rallentarlo due anni alla Bardiani, lo ha condizionato in parte anche in quello successivo alla Wilier Triestina-Selle Italia. Da lì ha fatto due belle stagioni, la seconda alla Wilier e poi nel 2020 la prima alla Gazprom, dove però c’è stato il lockdown. Il 2022, primo anno con l’Astana nel WorldTour, è stato positivo. Nel 2023 infine ha vinto a febbraio e fatto delle ottime classiche. Ha completato un buon Giro d’Italia, contando anche qualche problemino fisico. Adesso può essere veramente lanciato verso un altro capitolo. Può davvero iniziare a ragionare in un altro modo.

Tornando a Filippo, nonostante la sfortuna ha dimostrato che la condizione finalmente è arrivata…

Infatti, nel cercare di consolarlo e parlandoci anche nei giorni successivi, gli ho detto che non si può essere certi che avrebbe vinto. Gli ho detto che Simone aveva fatto una grandissima corsa, era andato forte anche nella crono e ha battuto i cinque che erano lì. A parte il giovane Magli, che è andato fortissimo, gli altri erano tutti corridori di un certo peso. Forse Filippo li avrebbe battuti o forse no, non lo sapremo mai.

Ha messo buone basi per un buon finale di stagione?

Dobbiamo prendere atto che quando sta bene, è lo stesso corridore che abbiamo visto da under 23, da campione del mondo. Questo gli deve dare in tutti i modi la spinta in più. Finalmente siamo sulla buona strada e se la fortuna, che adesso è ancora più in debito di prima, gira a suo favore allora si può puntare in alto. E’ veramente forte, è veloce e specialmente quando si arriva stanchi è solito inventarsi qualcosa che non ti aspetti.

Per Mazzanti, Baroncini ha dimostrato un’ottima condizione
Per Mazzanti, Baroncini ha dimostrato un’ottima condizione
Ecco, se da una parte c’è stata appunto la consolazione, con Simone che ragionamenti avete fatto?

Lavoriamo insieme da dieci anni. Io credo molto in lui, secondo me con questa vittoria può mettere a posto i dettagli che non andavano bene. Prima si perdeva un po’ in cose che gli ho fatto notare in maniera schietta. Penso di essere abbastanza competente, per i 17 anni di professionismo che ho fatto e gli altri 10 nel nuovo ruolo da procuratore, ho veramente la convinzione che in lui ora cambierà qualcosa.

Hai esempi analoghi?

Colbrelli, un mio corridore: ne parlavo proprio ieri con Simone. Sicuramente Sonny, prima del 2021 era già un corridore di uno spessore differente rispetto a quello che è Simone adesso. Però Sonny cambiò dall’italiano in poi. Vinse il Benelux, fece bene al Tour, vinse l’europeo e poi ovviamente la Parigi-Roubaix.  Sono cose che non aveva mai fatto prima di vincere il campionato di italiano. A Simone auguro di fare tutto il percorso di Sonny, senza ovviamente quel maledetto 2022. Voglio dire anche una cosa che magari c’entra poco, ma ci tengo.

Che cosa?

Simone fu il primo dei miei a chiamarmi quando successe quel fatto a Corbelli al Catalunya. Se ci penso adesso, mi emoziono ancora. Era veramente disperato perché aveva visto la scena e ed era preoccupatissimo. 

Qui Sonny Colbrelli e Luca Mazzanti al Giro d’Italia 2014
Qui Sonny Colbrelli e Luca Mazzanti al Giro d’Italia 2014
Ti era mai capitata di vivere una delusione simile a quella di Baroncini nel finale?

No. So benissimo che cosa vuol dire arrivare vicino a un obiettivo. Non avrei mai potuto scegliere chi preferivo che avesse vinto. Ma avrei preferito che se la giocassero fino all’ultimo.

Che tu sappia tra di loro ci sono stati complimenti o dedicato frasi di conforto?

Loro si conoscono. Sicuramente avranno anche occasione di vedersi con le rispettive compagne, perché so che si sentono e sono amiche.  Non so se si siano già sentiti, ma credo che Baroncini, a parte la sua sfortuna e il dispiacere personale, sia contento che degli altri cinque abbia vinto Velasco. So che Simone avrebbe voluto vincerla battendo anche lui e sarà sicuramente dispiaciuto per Filippo. Avranno modo di vedersi in corsa e parlare.