ROMA – Elegante e con la battuta pronta, Elisa Longo Borghini ha tenuto a battesimo il Giro d’Italia Women 2025 sul palco dell’Auditorium Parco della Musica con la naturalezza della padrona di casa (in apertura, con Barbara Pedrotti e Pierluigi Pardo). Vedendo scorrere le immagini delle due maglie rosa del 2024 – quella di Pogacar e la sua – la battuta è stata che per evitare di essere sconfitto, lo sloveno l’abbia portata con sé alla UAE. Chiaramente si fa per ridere: le due squadre sono mondi distinti, resta però il fatto che con lo stesso sponsor quest’anno correranno i vincitori uscenti di entrambi i Giri d’Italia.
«Se penso a quell’ultimo arrivo – dice Elisa ridendo davanti all’altimetria dell’ultima tappa, quella di Imola – mi ricordo il mondiale del 2020 con una punta di amarezza. Fui battuta nella volata per il secondo posto dalla Van Vleuten, spero che a luglio si possa sprintare per il successo».
L’Aquila, 14 luglio: ultima tappa del Giro Women 2024. Kopecky cede, Longo Borghini capisce di aver vintoL’Aquila, 14 luglio: ultima tappa del Giro Women 2024. Kopecky cede, Longo Borghini capisce di aver vinto
La Longo e un gruppo di compagne sono in partenza per il Teide. Un’altra parte della squadra è nuovamente in Spagna e un’altra in Australia per il Tour Down Under, guidata da Sofia Bertizzolo ed Erica Magnaldi. Nel parterre della presentazione di Roma, Elisa si muove a suo agio, salutata da chiunque passi, come si conviene per una campionessa dal palmares davvero importante. Il Giro è casa sua e le immagini sul traguardo de L’Aquila, nel momento stesso in cui si rende conto di aver staccato definitivamente Lotte Kopecky e conquistato la maglia rosa, sono ancora oggi da pelle d’oca.
Che effetto ti ha fatto rivedere certe immagini?
Ho ancora i brividi. Per questo, anche nel 2025 portare a casa questo trofeo sarà uno dei miei obiettivi stagionali. Il percorso mi piace, si adatta molto alle mie caratteristiche.
Cosa te ne sembra?
Sulla carta non sembra durissimo, però ci sono delle tappe particolarmente impegnative. Tipo quella di Valdobbiadene, la tappa di Monte Nerone e l’ultima di Imola, che secondo me sarà molto dura. Poi ci sono delle tappe un po’ strane da interpretare, come quella con il Tonale all’inizio e alcune ondulate, come quella di San Marino.
Il trofeo del Giro d’Italia Women riproduce il simbolo dell’infinito ed è ricoperto di oro biancoIl Giro d’Italia Women 2025 si gioca tutto in un fazzoletto di regioni. Gran finale a ImolaIl trofeo del Giro d’Italia Women riproduce il simbolo dell’infinito ed è ricoperto di oro biancoIl Giro d’Italia Women 2025 si gioca tutto in un fazzoletto di regioni. Gran finale a Imola
Ti sembra che lo schema ricalchi quello del 2024?
Sì, esatto. Il format sembra molto simile, con una cronometro iniziale e le ultime tappe dure. Sembra un bel Giro, ma non credo che si vivrà in attesa della salita di Monte Nerone: sarebbe sbagliato. Prima ci sono delle tappe belle movimentate e c’è anche spazio per qualche fuga. E si sa che su 8 giorni di corsa, se va via una fuga di corridori buoni che ti rientrano in classifica, poi è difficile riprendere terreno. Si è visto al Tour de France, quindi sarà un Giro da tenere sempre gli occhi aperti.
Dicembre era il mese dei programmi: nel tuo ci sarà il Giro oppure il Tour?
Tutti e due (ride, ndr).
Ci saranno tappe da andare a vedere?
Sì, mi piacerebbe andare a vedere la tappa di Valdobbiadene, quella di Monte Nerone e quella di San Marino. E poi andrò a provare il percorso della crono, ma quella è una cosa che fai anche nei giorni prima.
Hai parlato del percorso di Imola: a parte la rivincita rispetto a quella volata, sarà una tappa decisiva come l’anno scorso a L’Aquila?
Secondo me sì, anche perché verremo comunque da una giornata particolarmente impegnativa come quella del Nerone. Ed è una tappa dove se non hai recuperato bene, puoi soffrire molto.
La volata fra Longo Borghini e Van Vleuten a Imola 2020, in cui l’olandese batté l’azzurra per l’argento alle spalle di Van der BreggenLa volata fra Longo Borghini e Van Vleuten a Imola 2020, in cui l’olandese batté l’azzurra per l’argento alle spalle di Van der Breggen
Fra Giro e Tour ci sono appena 13 giorni di stacco: si può pensare di andare con lo stesso gruppo di compagne o ci saranno due blocchi distinti?
Si potrebbe pensare di avere un gruppo molto simile di atlete che fanno sia il Giro che il Tour. Però visto anche come si è mosso il mercato ultimamente, secondo me in ogni squadra ci saranno gruppi distinti per ciascuna corsa. Se penso alla FDJ, potrebbe essere così, idem la SD Worx.
E in casa vostra?
Probabilmente cercheremo di fare bene uno dei due Giri e poi andare magari per le tappe nell’altro.
Doveva essere così anche l’anno scorso, poi dalle dichiarazioni di Gaia Realini venne fuori che anche al Tour saresti andata per fare classifica.
Quelle parole hanno stupito anche me. Ma in ogni caso, dal Tour mi sono proprio autoeliminata con quella caduta, quindi ci ho proprio messo io la firma.
Giusy Virelli, direttrice del Giro d’Italia Women (qui con Marta Bastianelli), ha spiegato il percorso dell’edizione 2025Giusy Virelli, direttrice del Giro Women (qui con Marta Bastianelli), ha spiegato il percorso dell’edizione 2025
Come si recupera fra Giro e Tour con così poco tempo?
E’ un periodo che ti permette di riposare, fare un po’ di compensazione e ripartire. Se non si esce distrutte dal Giro, è fattibile. Penso che farò un paio di giorni a casa e poi andrò in altura anche solo una settimana. Però vediamo come si mettono le cose e soprattutto che cosa dice Paolo (Slongo: il suo allenatore, ndr). E’ lui che valuterà la situazione.
Ultima cosa, prima di lasciarti andare: non pensi che otto tappe siano poche per un Grande Giro?
Sfondate una porta aperta, due settimane dobbiamo raggiungerle. Romperò le scatole a Giusy (Virelli, direttrice del Giro d’Italia Women, ndr) fino a farle venire l’esaurimento. Ma su ieri sera una cosa voglio ancora dirla: credo che finalmente il Giro Women abbia avuto il palcoscenico che si merita.
Elisa Longo Borghini riconquista il tricolore della crono e ora fa rotta verso la gara su strada. Poi Giro e Olimpiadi. Dietro di lei Paladin e Guderzo
ROMA – Il Giro d’Italia numero 108, presentato poche ore fa nella Capitale, ha subito suscitato opinioni contrastanti: c’è chi lo ha definito «Senza capo né coda», chi lo ha elogiato come «bellissimo» e chi lo ritiene «ben equilibrato e interessante». Noi di bici.PRO e anche Vincenzo Nibali, ci collochiamo in quest’ultimo gruppo, trovando che il disegno proposto sia intrigante e carico di sfide. Non è un Giro mostruosamente difficile, ma il dislivello complessivo supera i 52.000 metri, quasi 10.000 in più rispetto ad un anno fa: un incremento significativo rispetto al 2024.
Alla presentazione, tenutasi presso l’Auditorium Parco della Musica, abbiamo raccolto l’opinione del siciliano. Due vittorie del Trofeo Senza Fine per Nibali e una conoscenza profonda della corsa e dei corridori: senza dubbio lo Squalo rappresenta una delle voci più autorevoli.
In attesa di scoprire il lotto definitivo dei pretendenti, il livello medio si annuncia piuttosto buono, anche considerando le assenze quasi certe di Pogacar e Vingegaard. Qualche nome? Auyso, Adam Yates, Gee, Landa, Hindley, Tiberi, e soprattutto Primoz Roglic. Cosa riserverà per loro il percorso della corsa 2025? Scopriamolo appunto con Nibali.
Giro 2018 per la quarta volta la corsa rosa si arrampica sul Colle delle Finestre… e Froome regala l’impresa decisivaGiro 2018 per la quarta volta la corsa rosa si arrampica sul Colle delle Finestre… e Froome regala l’impresa decisiva
Vincenzo, sarebbe piaciuto questo Giro allo Squalo?
E’ un Giro molto duro, quindi direi di sì. La partenza però mi fa un po’ paura: da atleta, avevo spesso il dubbio di essere pronto o meno e una tappa così impegnativa all’inizio può fare male. Se sbagli giornata, rischi di compromettere tutto subito o comunque di metterti nei guai.
Che peso avranno le cronometro? Ricordiamo che i chilometri contro il tempo sono 42…
Avranno sicuramente un ruolo importante. Se sei in forma, già quei primi 13 chilometri a Tirana ti danno un’indicazione chiara di dove ti trovi in termini di condizione e questo vale un po’ per tutti. Mentre in generale per i cronoman, come Roglic per esempio, sono essenziali. Le crono permetteranno a Roglic di guadagnare terreno prezioso. E poi di gestire la corsa in certo modo.
Cosa ti piace di più e cosa di meno di questo percorso?
A prima vista, il percorso mi sembra bello. La partenza dall’Albania è impegnativa, ma coerente: costringe i corridori a mettersi subito in gioco. Ciò che mi convince meno sono i trasferimenti, che possono pesare sul recupero degli atleti e complicano il lavoro dello staff, sono uno stress in più. Magari da fuori non ci se rende conto ma pesano. E gli arrivi tardivi in hotel non sono mai ideali.
Una squadra forte sarà vitale secondo Nibali, specie per Roglic, visti i tanti trabocchetti. La Red Bull-Bora (qui alla Vuelta 2024 vinta giusto da Roglic) si annuncia fortissimaUna squadra forte sarà vitale secondo Nibali, specie per Roglic, visti i tanti trabocchetti. La Red Bull-Bora si annuncia fortissima
Le famose tappe “trabocchetto” ci è sembrato essere numerose: cosa possiamo aspettarci?
Vero, ce ne sono parecchie. Abbiamo quella di Siena con lo sterrato, ma penso anche alle tappe abruzzesi, che spesso vengono sottovalutate e invece possono fare grandi danni. E poi non sottovaluterei la Puglia. La tappa che va verso Matera sembra tranquilla, ma non lo è e da quelle parti il vento potrebbe diventare un fattore determinante. Quando c’è il vento, cambia tutto. Sono situazioni che possono mettere in difficoltà…
Magari proprio uno come Roglic che spesso in certe tappe ha pagato dazio…
Anche un corridore come Roglic, che tante volte in difficoltà ci si mette da solo… a meno che non abbia una squadra impeccabile. Lui per me in questo Giro deve fare una cosa sola. Sfruttare al massimo le cronometro, farsi scortare bene della squadra e non fare altro. Aspettare anche nelle tappe di montagna e aspettare, controllare.
Cosa ne pensi della posizione del Mortirolo? Non ti sembra un po’ lontano dal traguardo?
No, per me è il Mortirolo è posizionato bene: tiene gli atleti sempre sotto pressione, ma sposta l’attenzione verso la parte finale della tappa e del Giro. Dopo il Mortirolo, ci sono altre salite come Le Motte, che sono impegnative. Il Mortirolo e le altre salite lasciano il segno nelle gambe. Anche il giorno successivo, con il Sestriere, potrebbe essere decisivo. Questa sequenza mi ricorda molto la battaglia tra Hindley e Geoghegan Hart. Molto dipenderà dal supporto delle squadre.
Pensando al Sestriere e all’arrivo nelle zone di Bormio due giorni prima, Nibali ha ricordato il duello fra Hindley e Tao Geoghegan Hart del 2020Pensando al Sestriere e all’arrivo nelle zone di Bormio due giorni prima, Nibali ha ricordato il duello fra Hindley e Tao Geoghegan Hart del 2020
Ecco, hai toccato un tasto centrale: i team. Quanto conta la squadra in un Giro così?
Conta tantissimo. Con un dislivello così importante, è fondamentale avere un team in grado di supportarti fin dalle prime tappe. L’obiettivo è quello di risparmiarsi. Se a metà Giro i tuoi compagni sono già stanchi, rischi di rimanere solo nella parte più impegnativa, e quello è un problema.
Qual è la salita più dura secondo te?
Non ho analizzato tutto nei dettagli, ma il Mortirolo è sicuramente una salita vera, che si fa sentire soprattutto se dopo devi affrontare altre difficoltà. La fatica si accumula ed è qui che si vedono i corridori davvero forti. Mentre il Finestre è duro perché è lunghissimo: quello più il Sestriere sono salite che ti logorano.
E tra le tappe trabocchetto, quale ti preoccupa di più?
Siena ha i suoi insidiosi sterrati, ma anche la tappa di Castelraimondo nelle Marche o quelle abruzzesi possono riservare brutte sorprese. La salita di Tagliacozzo è il primo arrivo in quota e questo rende i corridori sempre un po’ nervosi. Non sanno mai davvero come andranno le cose. Tutti vorranno stare davanti. L’arrivo di Tagliacozzo (Marsia, ndr) non è impossibile, ma gli ultimi tre chilometri sono molto duri. E poi, come dicevo, il vento in Puglia: quello è un altro elemento che non va sottovalutato.
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ROMA – L’Auditorium Parco della Musica ha accolto la presentazione del Giro d’Italia 2025. Lo scenario è da grande evento e se non fosse per la data decisamente avanzata, da italiani potremmo dire che per questa volta non abbiamo nulla da invidiare ai cugini francesi. Proprio sul ritardo nella presentazione e nella firma del contratto, un sorriso viene strappato dal premier albanese Edi Rama, che ha ironizzato sulla trattativa con Urbano Cairo.
«Consiglio alla Groenlandia – ha sorriso – di ingaggiarlo per la trattativa con Trump».
«Sono 15 anni che partiamo dall’estero – ha replicato Cairo – e indovinate un po’ chi è quello che ha pagato meno!».
«Questo è vero – ha chiuso Rama – ma alla fine chi ci ha guadagnato?».
La serata è ricca di storie e personaggi. Elisa Longo Borghini, la vincitrice uscente, ha tenuto a battesimo il Giro d’Italia Women, accanto alla direttrice Giusy Virelli e a Marta Bastianelli, che si muove col piglio dell’ex campionessa e del tecnico federale in pectore. Poi quando si comincia a parlare del Giro d’Italia degli uomini, salgono sul palco Mauro Vegni assieme a Vincenzo Nibali e Alberto Contador. E’ il giorno del 55° compleanno di Marco Pantani: su quel palco ci sarebbe stato benissimo anche lui. Nell’annunciarlo, Barbara Pedrotti strappa l’applauso più bello: «Speriamo che questi auguri e questo applauso giungano dove devono arrivare».
La planimetria generale del Giro d’Italia 2025. Dall’Albania in Puglia e poi si inizia la risalitaLa planimetria generale del Giro d’Italia 2025. Dall’Albania in Puglia e poi si inizia la risalita
Dopo l’Albania, in Puglia
Il Giro d’Italia 2025 parte dall’Albania, con tre tappe impegnative, compresa una cronometro lungo le strade di Tirana. La prima è impegnativa con arrivo nella Capitale e finale con due salite ravvicinate anche con pendenze in doppia cifra. La prova contro il tempo sarà seguita dalla frazione di Valona con le salite di Qafa e Llogarase, primo punto sopra quota 1.000 metri.
Dopo il primo giorno di riposo, si riparte con tre tappe veloci, ma non necessariamente destinate all’arrivo di gruppo compatto. Dopo la Puglia e la Campania, con l’arrivo di Napoli che sta diventando uno stupendo appuntamento fisso, si risale la penisola l’Italia con il primo arrivo in salita a Tagliacozzo. In realtà il traguardo è posto 3,5 chilometri più in alto, a Marsia: località turistica dismessa, ma salita di tutto rispetto. Poi l’arrivo a Castelraimondo, quindi la Gubbio-Siena, tappa Bartali del Giro 2025, con cinque settori di strade bianche (per circa 30 chilometri) prima dell’arrivo in Piazza del Campo.
Foto di partenza con le autorità: spicca per statura e spirito il premier albanese Edi RamaFoto di partenza con le autorità: spicca per statura e spirito il premier albanese Edi Rama
Le 21 tappe del Giro 2025
Il Giro d’Italia 2025 parte dall’Albania e si conclude a Roma. Come sempre quando si parte dall’estero, i giorni di riposo sono tre. Due prove a cronometro individuale per un totale di 42,3 km. Sei tappe per velocisti, otto di media montagna e cinque di alta montagna. Saranno circa 38 i km di sterrato: 30 di strade bianche nel finale della tappa di Siena e 8 sul Colle delle Finestre (Cima Coppi del Giro con i suoi 2.178 metri). La Montagna Pantani sarà il Passo del Mortirolo, mentre la Tappa Bartali sarà la Gubbio-Siena, con arrivo in Piazza del Campo.
data
tappa
partenza-arrivo
km
dislivello
9/5
1ª tappa
Durazzo-Tirana
164
1.800
10/5
2ª tappa
Tirana-Tirana (crono individuale Tudor)
13,7
150
11/5
3ª tappa
Valona-Valona
160
2.800
12/5
1° riposo
13/5
4ª tappa
Alberobello (Pietramadre)-Lecce
187
800
14/5
5ª tappa
Ceglie Messapica-Matera
144
1.550
15/5
6ª tappa
Potenza-Napoli
226
2.600
16/5
7ª tappa
Castel di Sangro-Tagliacozzo
168
3.500
17/5
8ª tappa
Giulianova-Castelraimondo
197
3.800
18/5
9ª tappa
Gubbio-Siena
181
2.500
19/5
2° riposo
20/5
10ª tappa
Lucca-Pisa (crono individuale Tudor)
28,6
150
21/5
11ª tappa
Viareggio-Castelnovo ne’ Monti
185
3.850
22/5
12ª tappa
Modena-Viadana (Oglio-Po)
172
1.850
23/5
13ª tappa
Rovigo-Vicenza
180
1.600
24/5
14ª tappa
Treviso-Nova Gorica/Gorizia
186
1.100
25/5
15ª tappa
Fiume Veneto-Asiago
214
3.900
26/5
3ª riposo
27/5
16ª tappa
Piazzola sul Brenta-San Valentino (Brentonico)
199
4.900
28/5
17ª tappa
San Michele all’Adige-Bormio
154
3.800
29/5
18ª tappa
Morbegno-Cesano Maderno
144
1.800
30/5
19ª tappa
Biella-Champoluc
166
4.950
31/5
20ª tappa
Verres-Sestriere (Vialattea)
203
4.400
1/6
21ª tappa
Roma-Roma
141
600
tot. 3.413,3
tot. 52.500
Finale da brividi
Dopo il secondo riposo, il Giro 2025 riparte dalla Toscana con la cronometro da Lucca a Pisa. Il giorno successivo è estremamente interessante, con il ritorno al Giro dopo 25 anni di San Pellegrino in Alpe: salita che ha scritto pagine importanti nelle edizioni degli anni 90. Seguono Viadana con arrivo in volata, Vicenza sullo strappo di Monte Berico e Nova Gorica/Gorizia con il circuito transfrontaliero. La settimana si conclude ad Asiago con una tappa molto impegnativa da 3.900 metri di dislivello.
Il tappone trentino, l’indomani del terzo riposo, ha cinque salite dure una dietro l’altra con arrivo a San Valentino sul Monte Baldo che domina il Lago di Garda. Gli arrivi di Bormio – con il Passo del Mortirolo (Montagna Pantani) – e Cesano Maderno precedono le due tappe più terrificanti del Giro. La prima da Biella a Champoluc: breve ma dislivello di 4.950 metri. La seconda da Verrès a Sestrière, è lunga e ripropone l’accoppiata finale Colle delle Finestre e Sestriere, che nel 2005 lanciò la stella effimera ma splendente di Rujano.
Totale di 3.413 i km per 52.500 metri di dislivello: tutte le salite del Giro 2025Totale di 3.413 i km per 52.500 metri di dislivello: tutte le salite del Giro 2025
L’occhio di Contador
Alberto Contador segue tutto con grande attenzione e parla in quel misto di italiano e spagnolo che ha messo a punto in tanti anni di sfide sulle nostre strade. «Il Giro d’Italia per me è un ricordo speciale – dice – a partire da quando nel 2008 arrivai per la prima volta e all’ultimo momento. Mi sentii benvoluto come se fossi a casa mia. Per questo fra i Grandi Giri, mi sento di dire che il vostro è quello più speciale».
Poi Alberto sofferma la sua attenzione sulla cronometro di Pisa, che individua come la svolta da cui capire come impostare la corsa che resta. «E’ il momento in cui i corridori di classifica – dice – capiscono quello che hanno da recuperare o il vantaggio che hanno. E poi restano le montagne, in cui si può riprendere tanto terreno. Guardo le altimetrie e ricordo il Colle delle Finestre, quando Aru e Landa mi attaccarono nel 2015 e io mi staccai. Ma avevo ancora 4 minuti di vantaggio e gestii lo sforzo. Quella è una salita da stare attenti. Ricordo bene quando Froome riaprì il Giro e lo tolse dalle mani di Dumoulin».
1ª tappa, Durazzo-Tirana, 164 km2ª tappa, crono individuale Tirana, 13,7 km3ª tappa, Valona-Valona, 160 km4ª tappa, Alberobello (Pietramadre)-Lecce, 187 km5ª tappa, Ceglie Messapica-Matera, 144 km6ª tappa, Potenza-Napoli, 226 km7ª tappa, Castel di Sangro-Tagliacozzo, 197 km8ª tappa, Giulianova-Castelraimondo, 197 km9ª tappa, Gubbio-Siena, 191 km. Poi il primo riposo10ª tappa, Lucca-Pisa Tudor Itt, 28,6 km11ª tappa, Viareggio-Castelnovo ne’ Monti, 185 km12ª tappa, Modena-Viadana, 172 km13ª tappa, Rovigo-Vicenza, 180 km14ª tappa, Treviso-Nova Gorica/Gorizia, 186 km15ª tappa, Fiume Veneto-Asiago, 214 km, poi il secondo riposo16ª tappa, Piazzola Sul Brenta-San Valentino (Brentonico), 199 km17ª tappa, San Michele All’adige (Fondazione Edmund Mach)-Bormio, 154 km18ª tappa, Morbegno-Cesano Maderno, 144 km19ª tappa, Biella-Champoluc, 166 kmVerrès-Sestrière (Vialattea), 203 km21ª tappa, Roma-Roma, 141 km1ª tappa, Durazzo-Tirana, 164 km2ª tappa, crono individuale Tirana, 13,7 km3ª tappa, Valona-Valona, 160 km4ª tappa, Alberobello (Pietramadre)-Lecce, 187 km5ª tappa, Ceglie Messapica-Matera, 144 km6ª tappa, Potenza-Napoli, 226 km7ª tappa, Castel di Sangro-Tagliacozzo, 197 km8ª tappa, Giulianova-Castelraimondo, 197 km9ª tappa, Gubbio-Siena, 191 km. Poi il primo riposo10ª tappa, Lucca-Pisa Tudor Itt, 28,6 km11ª tappa, Viareggio-Castelnovo ne’ Monti, 185 km12ª tappa, Modena-Viadana, 172 km13ª tappa, Rovigo-Vicenza, 180 km14ª tappa, Treviso-Nova Gorica/Gorizia, 186 km15ª tappa, Fiume Veneto-Asiago, 214 km, poi il secondo riposo16ª tappa, Piazzola Sul Brenta-San Valentino (Brentonico), 199 km17ª tappa, San Michele All’adige (Fondazione Edmund Mach)-Bormio, 154 km18ª tappa, Morbegno-Cesano Maderno, 144 km19ª tappa, Biella-Champoluc, 166 kmVerrès-Sestrière (Vialattea), 203 km21ª tappa, Roma-Roma, 141 km
Lo spirito di Bettini
La presentazione va avanti fino alle 20,30. Sfilano personaggi. Paolo Pacchioni, giornalista di Rtl 102,5 radio ufficiale del Giro, fa le sue interviste dalla platea e coinvolge prima il presidente federale Dagnoni e poi Antonio Tiberi, quindi Paolo Bettini. E il “Betto” mette subito l’etichetta giusta a questo Giro così spettacolare e spigoloso, dall’inizio alla fine, quando le ultime due tappe di montagna saranno il terreno per la resa dei conti.
«Visto che in montagna non ero bravo come Vincenzo e Alberto – dice sorridendo – io avrei cominciato a fare un gran casino sin dalle prime tappe. La gente vuole lo spettacolo, ma anche i corridori quando attaccano il numero, vogliono divertirsi. Qui per fortuna non ci sono i velocisti, loro magari non sarebbero d’accordo».
Nibali gli fa notare che in sala c’è Bennati, commissario tecnico per ora non confermato e domani chissà. Ma Bettini è arguto: «Il Benna non era soltanto un velocista – dice – secondo me anche a lui sarebbe piaciuto combinare qualcosa».
Sono le ultime parole, poco prima di quelle in cui Paolo Bellino svela il sogno di Urbano Cairo di fare del Giro un prodotto superiore al Tour de France. Si respira l’entusiasmo che a volte fa perdere di vista le reali proporzioni, ma non è sera per fare confronti. Abbiamo assistito alla presentazione di un sontuoso Giro d’Italia. Domani ve ne offriremo qualche approfondimento. Ora non resta che scoprire quali campioni, a parte quelli già annunciati, verranno in Italia a prendersi lo scettro di Pogacar.
ROMA – Quando scorrono le immagini dell’arrivo dell’Aquila dell’anno scorso, Elisa Longo Borghini ammette di emozionarsi ancora. E noi con lei. Abbiamo vissuto quei momenti dal vivo e, ora, avere tra le mani un nuovo Giro d’Italia Women sembra già una grande opportunità per rivivere quel successo.
All’Auditorium Parco della Musica di Roma, in un contesto finalmente all’altezza di eventi di questa portata, si è svolta la presentazione del Giro d’Italia Women e del Giro d’Italia. La prima parola che viene in mente è: equilibrio. Il percorso del 2025 appare più aperto e meno “bloccato” da una tappa monolitica come quel del Blockhaus della passata edizione.
Elisa Longo Borghini sul palco dell’Auditorium: bella e preziosa la presenza della vincitrice in caricaElisa Longo Borghini sul palco dell’Auditorium: bella e preziosa la presenza della vincitrice in carica
Dislivello in crescita
Scopriamo quindi il percorso del prossimo Giro d’Italia Women. Abbiamo parlato di equilibrio, anche se poi a conti fatti il dislivello aumenta. Su un totale di 939,6 chilometri i metri verticali saranno 14.000, un migliaio in più rispetto all’anno scorso. In tutto otto tappe: una crono individuale in apertura, due tappe pianeggianti, tre di media montagna e due di alta montagna.
La prima tappa sarà una sfida contro il tempo: 13,6 chilometri sulle strade di Bergamo che daranno subito uno scossone importante alla classifica generale. Ma tutte, non solo le donne di classifica, dovranno spingere forte. Viste le frazioni successive la maglia rosa potrebbe fare gola a molte. E questo è il bello di questo Giro Women.
La seconda frazione infatti è sì, uno arrivo in quota, ma è anche molto pedalabile. Si va infatti da Clusone all’Aprica: sul traguardo del valico lombardo potrebbe presentarsi un gruppo di atlete relativamente nutrito. Non è così scontato che le scalatrici possano fare il vuoto, anzi… Specie in questo ciclismo femminile che sta crescendo e che pone livelli simili, una passista ci può arrivare lassù e nel finale può sfogare la sua potenza.
Data
Tappa
Partenza-Arrivo
Km
Dislivello
6/7
1ª tappa
Bergamo-Bergamo (crono individuale Tudor)
13,6
100
7/7
2ª tappa
Clusone-Aprica
99
1.400
8/7
3ª tappa
Vezza d’Oglio-Trento
124
1.350
9/7
4ª tappa
Castello Tesino-Pianezze (Valdobbiadene)
156
2.700
10/7
5ª tappa
Mirano-Monselice
108
100
11/7
6ª tappa
Bellaria Igea Marina-Terre Roveresche
144
2.300
12/7
7ª tappa
Fermignano-Monte Nerone
157
3.850
13/7
8ª tappa
Forlì-Imola (Autodromo Enzo e Dino Ferrari)
138
2.200
totale 939,6
14.000
La terza tappa è la Vezza d’Oglio-Trento e quasi sicuramente sarà la prima delle due occasioni per le ruote veloci. Diciamo quasi perché in partenza c’è il Passo del Tonale, salita vera, salita dura e non a caso Cima Alfonsina Strada con i suoi 1.883 metri. Questa potrebbe far nascere una fuga importante che per le squadre potrebbe non essere così facile da controllare. Però è anche vero che dalla cima del Tonale a Trento è tutta discesa o strada velocissima.
Chiude il primo troncone del Giro Women la Castello Tesino-Pianezze, secondo arrivo in salita di questa edizione. Ed è un’ascesa vera: 11,5 chilometri ad una pendenza media del 7,5 per cento. Non a caso qui vinse una certa Fabiana Luperini. Era il Giro Donne del 1995: 30 anni dopo chi sarà la sua erede? Sarà interessante anche confrontare i tempi d’ascesa in questo ciclismo dei numeri. Occhio però, perché non c’è solo Pianezze quel giorno, prima il menù propone i continui saliscendi delle colline del prosecco.
Il Giro d’Italia Women 2025 si gioca tutto in un fazzoletto di regioni. Gran finale a ImolaIl dislivello totale del Giro Women è di 14.000 metri per un totale di 939,6 kmIl Giro d’Italia Women 2025 si gioca tutto in un fazzoletto di regioni. Gran finale a ImolaIl dislivello totale del Giro Women è di 14.000 metri per un totale di 939,6 km
Nerone decisivo?
La seconda metà del Giro d’Italia Women inizia con una tappa che sulla carta è per le ruote veloci. Si ripartirà dal Veneto e la quinta tappa è totalmente pianeggiante: si va da Mirano a Monselice, lambendo i Colli Euganei. Chiara Consonni, Elisa Balsamo e le altre… sono avvertite!
Le ultime tre tappe sono dure (o durissime) e sono anche lunghe. Da Bellaria quindi si deciderà tutto. E’ dalla cittadina adriatica che scatta infatti la sesta frazione e che si concluderà a Terre Roveresche (Orciano di Pesaro). Non c’è una salita predominante, ma tanti strappi. Insomma, come una classica inserita in “grande Giro”.
E si arriva al 12 luglio con la tappa regina: Fermignano-Monte Nerone di 157 chilometri e quasi 3.900 metri di dislivello. Il Nerone è lungo, duro (spesso va oltre il 10 per cento) ed è assolato. Visto il caldo delle ultime estati potrebbe essere il colpo che segnerà le differenze. E anche prima non si scherza: una vera e pura tappa appenninica. La classifica del mattino potrebbe essere un lontano ricordo alla sera.
Il giorno dopo gran finale ad Imola. Si parte da Forlì e si arriva nell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari, ma guai a pensare ad una passerella. Il dislivello di questo atto finale supera di molto i 2.200 metri e dopo la frazione del giorno prima i conti potrebbero essere molto salati. Si pedala sulle strade dei Mondiali del 2020 con le ascese di Mazzolano e Cima Gallisterna da ripetere quattro volte.
Chi vincerà? Di certo un’atleta di fondo, che certamente saprà andare forte in salita, ma che sa guidare bene la bici (anche le insidie tecniche non mancano) e che saprà magari segnare differenze con lo sprint o comunque difendercisi bene. Il dislivello infatti, ad esclusione del tappone del Nerone e del piattone di Monselice, è una costante di questo Giro Women e in qualche modo bisogna farci i conti sempre.
Un percorso quindi equilibrato e, aggiungiamo, moderno.
Fra una settimana saremo nuovamente qui a commentare l’esito delle elezioni federali. Avremo il nome del presidente che guiderà la FCI fino a Los Angeles e le reazioni dei due sconfitti. Quello che potrebbe succedere nell’assemblea non ha limiti. L’ultima volta, con quattro candidati in lizza, il testa a testa fra Dagnoni e Martinello fu deciso da uno spostamento di voti dell’ultima ora. In teoria c’è solo da aspettare, mentre nel frattempo le corse australiane hanno iniziato a produrre titoli e immagini e le interviste portate a casa dal secondo giro di ritiri in Spagna racconteranno la preparazione e i buoni propositi degli atleti che di qui a poco debutteranno in Europa.
La politica federale non ha molta presa sul pubblico, forse per questo finora delle elezioni si è parlato poco. E forse per questo la settimana che ci attende vivrà di colpi di coda o colpi bassi e pochi approfondimenti, nel nome di convenienze più o meno manifeste.
Cordiano Dagnoni è il presidente FCI uscente, eletto nel 2021Silvio Martinello è uno dei due sfidanti, già in lizza nel 2021Daniela Isetti è la terza candidata alla presidenza FCICordiano Dagnoni è il presidente FCI uscente, eletto nel 2021Silvio Martinello è uno dei due sfidanti, già in lizza nel 2021Daniela Isetti è la terza candidata alla presidenza FCI
A metà del guado
Il ciclismo è un mondo speciale a metà del guado. E’ passione, sogno, esaltazione, sfida. Ha bisogno a tutti i livelli di gente che ci creda: gli atleti per sostenere fatiche al limite dell’umano, i volontari per riconoscere un senso ai loro sacrifici. Il ciclismo parla al cuore e lo fa senza mezze misure e forse per questo non si riconosce nelle verità non dette e nelle spiegazioni balbettanti della politica. Guccini cantava che il profumo del ricordo cambia in meglio, in questo caso la sensazione è che in assenza del minimo contraddittorio, il tempo ammanta gli eventi e lascia che siano dimenticati.
Stasera nell’Auditorium Parco della Musica di Roma (immagine depositphotos.com in apertura) saranno presentati i due Giri d’Italia WorldTour: quello degli uomini e quello delle donne. Ricordiamo bene la grande pressione esercitata sulla FCI nei giorni successivi alla vicenda delle provvigioni irlandesi e di come questa cessò, come per incanto, quando le organizzazioni del Giro Donne e quello U23 passarono al RCS Sport. Se avete dedicato qualche minuto alla lettura delle missive tra il presidente Dagnoni e l’ex presidente Di Rocco, pubblicate su Tuttobiciweb, avrete avuto probabilmente la sensazione di un cesto di panni sporchi che si è cercato per anni di tenere nascosto. Se ne sentiva persino l’odore. Certe cose devi leggerle, se vuoi farti un’opinione. E se vuoi toccare con mano lo scollamento fra il vertice e la base che cerca di districarsi fra mille problemi – economici, amministrativi e legali – senza il senso di avere nell’istituzione una madre capace di sciogliere i nodi prima che arrivino al pettine.
Renato Di Rocco e Marco Selleri fanno entrambi parte della squadra di Martinello: l’ex presidente resta figura centraleDi Rocco e Selleri fanno entrambi parte della squadra di Martinello: l’ex presidente resta figura centrale
Ottavi in classifica
Siamo cresciuti sentendoci dire che il ciclismo fosse il secondo sport d’Italia, preceduto soltanto dal calcio. In realtà non è più così da un pezzo. Al punto che un sondaggio Demos realizzato lo scorso anno per Repubblica mostra il nostro sport all’ottavo posto, dopo calcio, tennis, formula 1, volley, atletica, nuoto e motociclismo. Può bastare l’assenza di grandi campioni e di una squadra WorldTour, per giustificare un simile calo? Oppure la si prende come alibi per giustificare l’incapacità di guidare questo sport meraviglioso attraverso il guado?
Lino Secchi, il quarto candidato che però ha fatto un passo indietro, lo ha spiegato chiaramente. Il ciclismo non entra nelle scuole, così come non era presente ai tavoli della politica in cui si lavorava sul tema della sicurezza. Il ciclismo è sparito dalle feste di paese e non svolge azione di promozione sociale. Per contro, il ciclismo continua a campare sul volontariato, sperando che duri. Non mostra vigorosi tentativi nell’arginare il calo dei tesserati e la chiusura di squadre che riducono la possibilità di accesso allo sport. Non c’è una strategia o almeno non si vede. La partita non si gioca sul numero degli amatori, a nostro avviso, ma sul fatto che i ragazzini non sognano più di scoprire il mondo su una bicicletta. E quelli che ancora lo fanno, trovano la strada sbarrata da problematiche insormontabili, soprattutto perché non gestite.
Fra i progetti di Sport e Salute, Bici in Comune riguarda la promozione del ciclismo, fra società e sportFra i progetti di Sport e Salute, Bici in Comune riguarda la promozione del ciclismo, fra società e sport
I soldi scarseggiano
La FCI nuota in acque basse e questo non è un buon segno. I soldi scarseggiano, attendiamo di capire se l’accordo con Infront darà una svolta. Il tesoretto ricevuto in eredità grazie ai risparmi del 2020 è stato speso in tre anni. E anche se nel primo anno post olimpico ci saranno certamente meno spese, è chiaro che il disavanzo sia importante e il risparmio non sia una scelta ma una necessità. Nella conferenza stampa di Milano, che ha preceduto il Giro d’Onore in cui ha recitato per tutto il pomeriggio da conduttore, il presidente uscente Dagnoni ha vantato i risultati, sfoggiato le medaglie e spiegato i suoi risultati. Si è però detto stupito, a fronte dei risultati conseguiti, del taglio dei contributi da parte di Sport e Salute. E questo forse dà la misura del cambiamento non percepito: le sole medaglie non bastano più.
I progetti pubblicati sul sito della società che distribuisce i fondi per lo sport sono tutti nel segno della diffusione della pratica sportiva e della promozione sociale. Lo sport è veicolo di benessere e salute, limitarsi a sbandierare le vittorie espone il ciclismo ufficiale alla rimonta da parte degli Enti che fanno attività sui territori e possono vantare un numero di tesserati di tutto rispetto. Se vuole garantire un futuro allo sport – chiunque sarà il presidente chiamato a guidarla – la FCI deve cambiare pelle. Per non ritrovarsi ancora una volta a chiudere la stalla quando i buoi sono già tutti fuori. Prendere esempio dall’operato del Presidente di Lega Roberto Pella, firmatario con il ministro Abodi e Mezzaroma di Sport e Salute del progetto Bici in Comune, potrebbe essere un bel modo per fissare degli utili punti di riferimento.
PADOVA – Quasi Natale, un mese alle elezioni federali di Roma. Tre anni fa Martinello fu sconfitto da Cordiano Dagnoni per lo spostamento di voti durante il secondo turno di votazioni e già allora si ripromise di tornare. Che cosa è cambiato in lui nel frattempo? E che cosa è cambiato nel ciclismo italiano? Partiamo da qui, dal chiedergli la fotografia, secondo lui, del nostro movimento.
Martinello ha 61 anni. Da corridore è stato un grande pistard e un ottimo velocista. In pista ha vinto un oro e un bronzo alle Olimpiadi e cinque titoli mondiali. Da quando nel 2000 smise di correre ha aperto la sua palestra a Tencarola, alle porte di Padova, ed è stato opinionista televisivo e ora radiofonico in RAI.
Martinello sicuro: l’Italia ha raggiunto livelli di eccellenza in ambito maschile e femminileMartinello sicuro: l’Italia ha raggiunto livelli di eccellenza in ambito maschile e femminile
Che cosa ti sembra del ciclismo italiano oggi?
In alcuni settori, pensiamo alla pista, abbiamo un movimento di vertice molto importante. Siamo a tutti gli effetti un riferimento a livello internazionale, in ambito maschile e femminile. Nel settore endurance sono stati fatti dei progressi come pure nel settore velocità dove si è iniziato a lavorare, dato che per tanti anni non si era fatto nulla. I progressi ci sono stati, c’è un margine ancora ampio per arrivare ai massimi livelli che sarà colmabile solo ed esclusivamente con un progetto serio. E’ un ciclismo che in ambito professionistico ha delle eccellenze. Poi però c’è una base in grande sofferenza. Alcune categorie, la juniores, la under 23 e l’ambito continental, ci vedono ai margini del contesto internazionale. Abbiamo impiegato del tempo a capire la riforma entrata in vigore a metà degli anni 90, siamo in grave ritardo ed è un movimento che sotto questo punto di vista sta soffrendo molto.
Si potrebbe obiettare che negli juniores si sta tornando a vincere anche su strada.
Quando si parla di malessere e criticità del nostro ciclismo, di solito a chi lo gestisce salta la mosca al naso. Non sto negando i risultati che ci sono stati, fermo restando che bisognerebbe avere l’umiltà, la capacità e la razionalità di leggerli e interpretarli. Sottolineare certi numeri torna utile al megafono della propaganda, me ne rendo conto. E a quel punto, non serve neanche andare a vedere che il numero dei tesserati e delle società è in calo ed è un dato incontestabile. Si capisce che nel medio-lungo periodo, questo creerà delle gravissime difficoltà.
E cosa si fa?
Si può decidere di lasciare andare la barca o si decide di intervenire con politiche di attenzione. La Federazione ha il compito di creare le condizioni per arginare questa tendenza e poi per cercare di invertirla. Dovrebbe creare i presupposti – dal punto di vista economico, delle normative e della promozione – perché il movimento torni a crescere. Un serio piano di promozione, che magari parta dalle scuole, aiuterebbe le società nel reclutare gli atleti. Nei giovanissimi abbiamo dei bei numeri, negli esordienti si comincia a soffrire. Quando cominciano le categorie agonistiche, il ciclismo su strada soffre vari problemi, fra cui la sicurezza. Per fortuna ci sono tante altre discipline anche più accattivanti. Pensiamo al fuoristrada, per fare un esempio.
Trofeo Ekoi Body Energie a Villafranca di Verona, partenza degli esordienti: la categoria che registra i primi cali (photors.it)Trofeo Ekoi Body Energie a Villafranca di Verona, partenza degli esordienti: la categoria che registra i primi cali (photors.it)
Non credi che l’attuale Federazione stia facendo qualcosa del genere?
Per natura non sono un pessimista, però vedo la mancanza di visione e di una certa intraprendenza anche nel cercare di battere strade nuove. Serve il coraggio di andare in nuove direzioni, che non vuol dire rottamare il passato. Ma bisogna prendere atto che il mondo sta cambiando e dobbiamo adattarci, mettendo in atto delle tutele per questi ragazzi, a fronte di un movimento che va a intercettare l’eccellenza in età sempre più giovanile. Ne stiamo bruciando tanti, sia perché magari non hanno la capacità di rispettare le attese, ma soprattutto dal punto di vista psicologico. Le pressioni cui sono sottoposti in età ancora non matura a un certo punto li porta a fermarsi. E questo è un problema che non riguarda solo noi, ma il movimento internazionale.
I tesseramenti in calo riducono anche la base da cui vengono fuori i talenti?
Non c’è dubbio, è riconosciuto da chiunque si occupi di statistiche. Dobbiamo fare attenzione a questa base che si sta assottigliando e che ci obbliga a guardare con attenzione a un futuro non più lontanissimo. Sono problemi che stiamo già toccando con mano e che saranno sempre più reali e presenti. Aggiungiamo il calo demografico e il fatto che al momento di scegliere, le famiglie hanno decine di opportunità con cui il ciclismo deve mettersi in concorrenza. Pertanto dobbiamo anche modificare il nostro approccio, senza sbandierare in modo eccessivo la fatica che spaventa le persone. Non è un caso che il settore del fuoristrada abbia numericamente un riscontro maggiore, perché ha un approccio più divertente che aiuta a reclutare i ragazzini, oltre a poter togliere dal discorso i problemi legati al traffico.
La Federazione ha creato una super struttura per le nazionali e la sensazione è che la maggior parte delle risorse sia stata messa lì.
Questo tipo di assetto è lo stesso che avevo indicato nel mio programma di quattro anni fa. Di fatto lo hanno riproposto e realizzato. L’alto livello della struttura non dipende dal fatto che viaggino o meno col pullman, quello è relativo. Tutto ciò che è stato costruito intorno alle squadre nazionali nasce anche da scelte del passato, lo stesso Davide Cassani andava in questa direzione. Pertanto quello è un aspetto assolutamente da consolidare. Semmai mi sarei aspettato che le esperienze tecnico-scientifiche raccolte fossero trasmesse anche in basso, invece il Team Performance è un club chiuso, da cui non trapela nulla come per il rischio di spionaggio industriale. Sarebbe importante invece che questo lavoro, tra l’altro molto efficace, potesse essere veicolato anche alla base.
I bike park del fuoristrada rendono, come conferma Martinello, il ciclismo divertente e anche più sicuroI bike park del fuoristrada rendono, come conferma Martinello, il ciclismo divertente e anche più sicuro
Si torna sempre a parlare della base…
Io credo che la vera priorità sia quella, anche economicamente. Le medaglie sono importanti e credo di parlare con cognizione di causa, visto che so cosa c’è dietro alla conquista di una medaglia, ma le medaglie vanno pesate. Quindi concentriamoci ed inseguiamo quelle che servono, ma per il resto dedichiamoci a sostenere la base che è la priorità del futuro prossimo. Serve gente qualificata anche nel Consiglio federale. Non dimentichiamo che lo Statuto ci impone di lavorare alla composizione di una squadra di qualità e di competenza certificata. Perché è vero che il presidente Dagnoni qualche problema l’ha avuto e ha trasmesso qualche segnale di inadeguatezza, ma purtroppo per lui non era accompagnato da una squadra in grado di aiutarlo a commettere meno errori. E allora una cosa ve la dico: il 10 gennaio sarà indetta una conferenza stampa anche per presentare la mia squadra.
Da chi sarà composta?
Proporrò soggetti di chiara e certificata competenza, perché io non ho nessuna intenzione di circondarmi di persone che mi diano le pacche sulle spalle e mi dicano quanto sono bravo. Io ho bisogno di gente che ascolterò con grande attenzione, che rompa molto le scatole. Sul tavolo ci sono dei problemi enormi e mi piacerebbe che si trovassero le soluzioni, non per la gloria di Silvio Martinello, ma per l’interesse del ciclismo italiano.
Che cosa hai imparato dalle elezioni precedenti?
Mi sono portato via gli errori che ho commesso, non ho problemi a riconoscerli. Furono un’assemblea e una campagna particolari, condizionate dall’emergenza sanitaria in cui eravamo coinvolti. Arrivai con grande determinazione e non feci la necessaria attenzione a non scivolare nei tranelli che nel frattempo erano stati tesi, rispondendo punto su punto ad ogni provocazione. Questo ha consentito a qualcuno di veicolare il messaggio che io fossi un soggetto autoritario, egocentrico, ancora con il numero sulla schiena.
Il quarto Consiglio Federale del 2024 ha approvato il bilancio consuntivo 2023, ratificato dal Coni solo pochi giorni fa (foto FCI)Il quarto Consiglio Federale del 2024 ha approvato il bilancio consuntivo 2023, ratificato dal Coni solo pochi giorni fa (foto FCI)
In che senso?
Nel senso che mi sentissi ancora corridore e fossi ancora lì a sgomitare. Nulla di tutto questo, ho il mio carattere, certamente, ma sono uno a cui piace molto ascoltare. Prendo decisioni, ma dopo aver valutato e analizzato. Credo che questi messaggi abbiano fatto presa e condizionato il voto di alcuni presenti nell’assemblea, dove solo pochi prendono decisioni per un movimento invece molto complesso. Eppure ritengo quel primo turno fu molto soddisfacente, nonostante i tanti condizionamenti che ci sono stati. Mi ha permesso di capire che un’ampia parte del movimento credesse e ancora crede nella necessità di voltare pagina.
Che cosa è successo negli ultimi tre anni?
Sono passati a vuoto. Sarebbero stati l’occasione per fare scelte ragionate, che ora dovranno essere necessariamente coraggiose, perché il tempo non è tantissimo. Scelte condivise, soprattutto. Il Consiglio federale, se sarò investito di questa responsabilità, verrà chiamato a un lavoro importante. Colgo l’occasione per ripetere che sarà utilizzato solo ed esclusivamente il criterio della competenza. Ci saranno commissioni snelle, composte da soggetti competenti per la materia specifica. La nostra Federazione è molto complessa, io ho il mio percorso personale che spazia fra la pista e la strada e non mi permetto nemmeno di ragionare su altre discipline che non sono in grado di affrontare con la competenza necessaria.
Hai parlato dello statuto: non si era detto che riscriverlo fosse una necessità?
Tre anni fa tutti i candidati ne avevano proposto la modifica. Solo uno ha avuto la possibilità di farlo, ma ha spiegato la scelta di non farlo con due motivazioni inconsistenti. La prima pare sia stato il fattore economico. Ha parlato di 400 mila euro per organizzare un’assemblea straordinaria, mi chiedo se volesse organizzarla in resort esclusivo. Un’assemblea ha dei costi, ma francamente ritengo che siano ben al di sotto di quella cifra. La seconda giustificazione invece mi sembra molto grave e certifica, a mio avviso, l’inadeguata della guida federale.
Le precedenti elezioni federali videro in lizza Dagnoni, Isetti, Di Rocco, Martinello (foto Fci)Le precedenti elezioni federali videro in lizza Dagnoni, Isetti, Di Rocco, Martinello (foto Fci)
Quale è stata?
Dato che dalla scorsa assemblea il movimento è uscito con una divisione piuttosto netta tra le fazioni di Dagnoni, Isetti e Martinello, il presidente ha dichiarato che non sarebbe stato certo di poter portare in assemblea straordinaria lo statuto che aveva in mente lui. Domanda: lo statuto è lo strumento di cui il movimento deve dotarsi per essere più funzionale alle proprie esigenze oppure viene realizzato per le esigenze di una sola parte? Nella commissione che lavorerà al nuovo statuto, a parte i nomi di saggi che tutti conosciamo e che possono lavorare ad uno strumento così delicato, vorrei gli uomini e le donne indicati dai singoli candidati. Deve essere lo strumento della Federazione, non di Dagnoni, di Martinello o di chiunque sarà.
Perché è necessario cambiare lo statuto?
La composizione del Consiglio federale è anche un esercizio di equilibri geografici territoriali e le dinamiche assembleari possono risultare un limite. La Federazione ha bisogno di un nuovo strumento di rappresentanza, per cui entro la fine del 2026 sarà indetta un’assemblea straordinaria per il nuovo statuto. Bisogna dare voce alle società, c’è poco da fare e questo è un impegno chee mi sento di prendere.
Tu hai girato parecchio, che cosa hai visto sul territorio?
Ho voluto incontrare le società, non per caso. I miei competitor invece si stanno dedicando a incontrare i delegati. Sono quelli che votano, per carità, il ragionamento non fa una piega. Ma io fin dal momento in cui ho ufficializzato la mia candidatura, ancora nello scorso mese di giugno, ho parlato di scelte responsabili e consapevoli. Significa che le nostre società, che sono la spina dorsale del movimento, in realtà vengono considerate un problema. Non vengono tenute in considerazione nell’Assemblea nazionale, dove sono presenti tramite i delegati eletti nelle provinciali. Il fatto di girare per esempio in Veneto, Friuli, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio è servito, per spiegare alle società i punti fondamentali del mio programma. Sono stati momenti utilissimi, ho un quaderno alto così, perché c’è voglia di confronto. Fare scelte consapevoli significa che le società hanno il diritto di chiedere ai delegati quale sarà il loro voto, cosa che poi è accaduta di molte assemblee provinciali. Aggiungo un dettaglio…
Martinello ha girato l’Italia, come si può notare dagli appuntamenti sul suo sito, incontrando le societàMartinello ha girato l’Italia, come si può notare dagli appuntamenti sul suo sito, incontrando le società
Quale?
Questo tanto girare, ribadisco un dettaglio non banale, io l’ho fatto a spese di Silvio Martinello. Sono consapevole che in assemblea un delegato possa cambiare opinione venti volte, ma nell’attesa di avere un nuovo statuto che permetta alle società di esprimere la propria preferenza anche a livello nazionale, è giusto pretendere che i delegati rispondano del loro voto.
Il presidente Dagnoni ha detto di aver fatto molto per agevolare le società.
Io ho percepito una lontananza siderale. Non dimentico che siamo un popolo che si lamenta molto ed è abituato a scaricare le responsabilità sugli altri, però c’è una grande distanza, certificata dai comportamenti di questa Federazione. Vogliamo parlare di trasparenza? Vogliamo parlare di coinvolgimento? Basta leggere i comunicati ufficiali dopo i Consigli federali. Nessuno di noi sa cosa effettivamente viene deciso. Nel momento in cui, ai primi di giugno, il Consiglio federale ha certificato il bilancio del 2023, che poi è stato certificato dal CONI qualche settimana fa, nel comunicato pubblicato sul sito federale se ne dava un minimo cenno e si parlava invece del nuovo accordo con Infront. Si costruiscono comunicati ad arte per distogliere l’attenzione dai veri problemi. Il confronto e la trasparenza sono fondamentali in una macchina complessa come la Federazione, anche per legittimare chi è stato investito dalla responsabilità di guidarla. Tutto questo c’è stato pochissimo nei primi mesi, mentre è completamente scomparso dopo le nostre vicende dell’estate del 2022.
Cosa successe?
Si sono sentiti accerchiati per una vicenda che non è mai stata spiegata del tutto, quella dei contributi irlandesi, e si conoscerà solo ed esclusivamente nel momento in cui qualcuno andrà ad aprire quei cassetti. Per l’opinione pubblica magari è una vicenda chiusa, ma non lo è per chi ha sempre mantenuto l’attenzione sul caso. E si tratta della conferma che lo stesso Consiglio federale non fosse informato di quelle scelte. I componenti hanno dovuto firmare una dichiarazione di riservatezza. Potevano essere tutti più coraggiosi e pretendere di sapere, come Norma Gimondi, invece sono rimasti tutti buoni al loro posto.
Le dimissioni di Norma Gimondi (qui con Giovanni Malagò) sono rimaste una pagina critica nella gestione federaleLe dimissioni di Norma Gimondi (qui con Giovanni Malagò) sono rimaste una pagina critica nella gestione federale
Ritroveremo nella contesa elettorale con ruoli diversi anche personaggi come l’ex presidente Di Rocco e Lino Secchi, candidato alla presidenza.
A Secchi ho fatto una corte spietata, mi sarebbe piaciuto averlo a disposizione. Lino è stato il riferimento di tanti presidenti regionali per la sua esperienza, la sua capacità di dialogo e la sua conoscenza. Nel momento in cui mi ha comunicato la scelta di candidarsi, gli ho augurato buona fortuna. Quanto a Di Rocco, ci siamo dati qualche sportellata, però è impossibile non riconoscere il suo profilo dirigenziale. Un dirigente di alte qualità che potrebbe aiutare molto a portare avanti le nostre istanze sui tavoli internazionali. Le nostre e quelle di altri movimenti nazionali, come quello spagnolo che è pure in grande sofferenza. Se avessi vinto quattro anni fa, non mi sarei privato della sua esperienza e certo non avrei mai pensato a un suo allontanamento con le modalità con cui è avvenuto. Non credo che rottamare persone valide sia una strada da seguire, cosa ben diversa invece è pretendere di avere solo persone competenti. Il fatto che chi vince prende tutto e chi non vince è fuori dai giochi è stata una scelta che ci ha impoverito.
Perché ti sei ricandidato?
Con il nuovo statuto dovremo cercare maggiori collegialità e condivisione. Non ho altri obiettivi, tutelerei meglio i miei interessi personali continuando a occuparmene. Nella vita mi sono realizzato, anche nel post carriera. Grazie al cielo e sempre grazie al ciclismo, conduco una vita dignitosa, ma è arrivato il momento in cui voglio restituire qualcosa. Mettere la mia esperienza a disposizione dei tanti che mi hanno spinto in questa direzione e sono riusciti a convincermi che io possa dare qualcosa. Ebbene, Se posso dare qualcosa, io ci sono. Se invece dobbiamo andare avanti in modo che nulla cambi, allora non è una cosa che mi interessa.
L'uccisione di Sara Piffer ha colmato la misura. E' tempo di prendere posizione per la nostra sicurezza. Una manifestazione sarebbe il segnale che serve?
ROMA – Ci sono Paolo Bettini e sul tavolo la medaglia d’oro di Atene, con un casco, la maglia e un paio di scarpini. In un angolo alle spalle c’è la sua gravel 3T, pronta per partire anche domani. L’ambasciata di Grecia ha spalancato le porte al campione toscano che ad agosto compirà un viaggio a tappe dentro se stesso e lungo le strade di Grecia che vent’anni fa lo consegnarono alla storia di Olimpia. Fuori Roma è una fornace che ricorda davvero quei giorni magici di Atene 2004, quando lo vedemmo vincere e facemmo festa con lui e il cittì Ballerini.
«Partirò dall’Olimpo – sta dicendo Bettini alla presenza dell’ambasciatrice Eleni Sourani e della Console Onoraria di Grecia a Livorno Elena Konstantos – salirò su quel monte per andare a rendere omaggio agli Dei. E da lì inizierà il mio viaggio. Pertanto ci tengo a ringraziare per questa accoglienza. Abbiamo portato prima di tutto la bicicletta, con una grafica particolare che richiama l’antica Grecia e le antiche Olimpiadi. La maglia è una replica di quella 2004, ma in versione moderna, con i tessuti attuali. Il casco è dedicato e le scarpe saranno perfettamente in linea con tutto il resto. E grazie a Elena, perché da uno scambio di idee è nata questa avventura che mi permetterà di fare un viaggio in Grecia e dentro me stesso».
A destra, l’ambasciatrice Eleni Sourani, a sinistra la Console Onoraria Elena KonstantosA destra, l’ambasciatrice Eleni Sourani, a sinistra la Console Onoraria Elena Konstantos
Da Katerini ad Atene
Elena Konstantos è Console Onorario, ha l’accento livornese e ci racconterà di essere nata in Toscana da padre greco e madre italiana. Viene dall’atletica leggera e ha la praticità della sportiva e l’idea di usare lo sport come modo per favorire i contatti fra Grecia e Italia ce l’ha da sempre in testa. Bettini gliel’ha presentato Alessandro Fabretti e parlando fra loro della sua intenzione di fare un viaggio, è nata l’idea di organizzarlo in Grecia. Il tour di Bettini inizierà a fine agosto da Katerini, la città di origine della Console e dopo 12 tappe si concluderà ad Atene. Ed è proprio Paolo a guidarci in questa idea romantica in cui verrebbe già voglia di affiancarlo.
«L’ho sempre detto – racconta – sono legato a vari passaggi della mia carriera. Sicuramente la prima Liegi è quella che mi ha mentalizzato in maniera diversa e mi ha fatto capire, a me prima che a tutti voi, che se avevo vinto quella, forse avrei potuto vincere altre grandi corse. E’ partito tutto da lì e sicuramente la Liegi ha un valore. Sappiamo che valore abbiano i mondiali, quanto sia importante quella maglia, ma credo che portare a casa una medaglia olimpica ti tiri un po’ fuori. Lo dico banalmente, ma con tutta sincerità. Oggi siamo qua a parlare di ciclismo perché ho vinto le Olimpiadi, ma se fossi venuto solo con i miei mondiali, magari non avrebbero aperto le porte. La medaglia olimpica ha un valore completamente diverso che ti proietta in qualcosa di più grande».
E’ il 14 agosto 2004 quando Paolo Bettini conquista l’oro di AteneSul tavolo la medaglia, il casco Lazer, gli scarpini Sidi e la maglia rielaborata da SportfulLa medaglia d’oro di Bettini ad Atene fu la prima di quell’edizione dei GiochiE’ il 14 agosto 2004 quando Paolo Bettini conquista l’oro di AteneSul tavolo la medaglia, il casco Lazer, gli scarpini Sidi e la maglia rielaborata da SportfulLa medaglia d’oro di Bettini ad Atene fu la prima di quell’edizione dei Giochi
Con i 50 anni è nata l’idea del viaggio. Come mai?
E’ un’idea che avevo da tempo, già prima di Jovanotti, che ha fatto i suoi viaggi introspettivi prima di me. Avevo l’idea di regalarmi un viaggio: io e la mia bici in qualche parte del mondo. Avevo preso contatti per il Tibet e l’idea era di fare Lhasa-Kathmandu: 1.000 chilometri salendo per tre volte sopra i 5.000 metri, restando costantemente fra 2.800 e 4.000. Poi politicamente in Tibet sono cambiate un po’ di cose e avevo puntato il Sud America. Finché a gennaio ho conosciuto la Console ed è nato il progetto greco.
Viaggerai da solo?
Pedalerò da solo, ma non sarò solo. Ci sarà la mia compagna, che si muoverà con un mezzo e si sposterà lungo i vari punti del percorso. Ma è soprattutto il mio viaggio, sarà un pedalare e ripercorrere la mia vita. Documenterò tutto, perché l’idea è quella di mettere tutto insieme e fare il punto della situazione a 50 anni. Magari confezionando un docufilm che racconti il viaggio e lo scambio tra Italia e Grecia. Loro come turismo hanno attivato tutti i canali. Ho il patrocino del Ministero del turismo greco e mi stanno supportando in tutto. Sarà un mio viaggio di vita, un fare il punto sui primi 50 anni, guardandosi indietro e sfruttando i 20 che mi legano ad Atene e alla Grecia. Per me è una vacanza, dalla quale spero di portare indietro un sacco di belle cose.
Questa la traccia di massima del percorso: alcune tratte vanno ancora suddivise, fino al totale di 12 tappeQuesta la traccia di massima del percorso: alcune tratte vanno ancora suddivise, fino al totale di 12 tappe
Ti sei dovuto e ti dovrai allenare sul serio?
Ma non mi trovate meglio? Vedrete a settembre… Se non sarò finito (sorride, ndr) chiederò spazio a Bennati per fare il mondiale. Allora, devo pedalare. Non è una passeggiata, ci metterò tutta la mia esperienza. Quel quasi milione di chilometri che ho nelle gambe lo userò per cavarmela bene. Non stiamo lasciando niente al caso. Sono tappe giornaliere che non superano i cento chilometri, se non due o tre. La prima, tanto per capirci, che è la più lunga. Per andare sul Monte Olimpo c’è una sola strada e, dopo essere salito, devo tornare giù. Come si dice in Toscana, il problema è andare su, in giù vanno anche barattoli. A parte due o tre giorni più lunghi, non farò più di 85 chilometri per volta.
Perché la gravel?
Perché per me è un viaggio e la gravel vuol dire viaggiare. Gravel non è competizione, gravel sta nel mezzo. Lo dico sempre che le due facce del gravel siamo io e Pozzato. Lui, chapeau, il primo organizzatore di un campionato del mondo gravel senza regolamento. Una gara in cui partono anche con la bici da strada e le scarpe da strada, dice che l’UCI non ha capito molto neanche questa volta. Però lui è stato bravo a cogliere l’attimo. Io invece sono l’altra faccia del gravel: molto più cicloturistico. Non per niente abbiamo portato la bici con le borse.
La 3T Extrema Italia con cui Bettini effettuerà il suo viaggioLe grafiche non ingannano: si celebrano le Olimpiadi e l’antica GreciaSul fodero destro della forcella, il rimando alla vittoria olimpica di Bettini nel 2004La gravel di Bettini è equipaggiata con borse Miss Grape, con cui trasporterà soprattutto ricambiLa 3T Extrema Italia con cui Bettini effettuerà il suo viaggioLe grafiche non ingannano: si celebrano le Olimpiadi e l’antica GreciaSul fodero destro, il rimando alla vittoria olimpica di Bettini nel 2004La gravel di Bettini è equipaggiata con borse Miss Grape, con cui trasporterà soprattutto ricambi
Il bagaglio però non viaggia con te.
Sapendo che faccio 80 chilometri, avrò bisogno del necessario per essere autonomo. Se foro o si spacca qualcosa, più che avere il bagaglio con l’abbigliamento (e comunque un minimo me lo terrò, perché non si sa mai cosa succede), avrò arnesi e pezzi di ricambio. Avrò materiali da testare, sarà anche il modo per provare qualcosa e farlo a 40 gradi, trattandola anche male, perché non avrò il tempo di pulire la bici e lucidarla tutte le sere. Pertanto diventa anche una cooperazione con le aziende che mi seguono, per provare i tessuti e altri aspetti. Magari tornerò utile ai ciclisti che fra qualche anno viaggeranno in bicicletta.
Ci sarà un passaggio sulla riga d’arrivo delle Olimpiadi?
Devo ammettere che non so cosa mi succederà ad Atene, sta gestendo tutto la Console. Tra le altre cose, mi ha ricordato che sono cittadino onorario di Atene. Tutte le medaglie d’oro di Atene 2004 furono insignite della cittadinanza onoraria. Però sicuramente in piazza Kotzia io ci arriverò, perché è dove ho vinto.
La partenza è fissata per il 26 agosto, l’arrivo previsto per il 6 settembre. Sarà caldo, però mai come in quel 14 agosto del 2004. Se gli chiedi quando capì di aver vinto, non parla del momento di passare la riga o del podio. Ricorda il momento in cui Sergio Paulinho lo anticipa in volata. Lui lo recupera, lo affianca facilmente e capisce quello che sta per succedere. Quel giorno si scrisse la storia: farlo ai piedi del Partenone nella città delle prime Olimpiadi lasciò a tutti il senso di aver vissuto qualcosa di grandioso.
Sofia Collinelli si è trasferita da Ravenna a roma, è entrata nella Luss Sport Academy, si allena, studia, cura l'immagine e punta a Parigi. Sentiamola
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ROMA – La sede è quella giusta. Nella Sala Giunta del Coni si ritrovano tutti i tecnici delle nostre nazionali, con il presidente Dagnoni e quelli del Coni e del Comitato paralimpico: Malagò e Pancalli. Il Tour de France è nel pieno, Ganna sta correndo il Tour of Austria, le Olimpiadi di Parigi appaiono come un traguardo vicino eppure nei discorsi e nei calcoli dei tecnici sembrano ancora lontanissime. Malagò fa il punto scherzosamente delle medaglie, con il ciclismo e l’atletica che se la giocano al filo di lana e la scherma che è irraggiungibile.
E’ anche l’occasione per grandi annunci, come quello dell’accordo di sei anni con Infront che si occuperà di collocare il brand FCI nel posto che merita sul fronte del reperimento delle risorse e dell’organizzazione di eventi. In attesa di avere altri dettagli – dato che l’annuncio colpisce, le intenzioni sono chiare, restano da capire bene il come e gli importi (il comunicato uscito a seguire resta nel vago) – si tratta di un potenziale passo in avanti che punta a raggiungere gli standard di altre federazioni.
Ecco il momento della firma del contratto tra FCI e Infront, rappresentato da Alessandro GiacominiEcco il momento della firma del contratto tra FCI e Infront, rappresentato da Alessandro Giacomini
Crono: Longo, Ganna e Bettiol
Ma questo è il giorno delle nazionali e di un primo sguardo su Parigi. E così, seguendo l’ordine del calendario delle gare, i tecnici ci guidano nelle loro scelte. Il primo è Marco Velo, il cittì delle crono.
«I tre nomi che ho scelto – dice – sono Longo Borghini per le donne, Bettiol e Ganna per gli uomini. Gli atleti hanno avuto avvicinamenti diversi, ma siamo consapevoli che andremo a Parigi al 100 per cento. Vado con aspettative alte, insomma. I ragazzi stanno bene. Ho avuto parecchie difficoltà nello scegliere le squadre femminili. Nell’ultima prova, il campionato italiano di Grosseto, avevo chiesto alle due atlete in lizza che non arrivassero a 4-5 secondi. Ma siccome le donne mi mettono sempre in difficoltà, hanno pensato di arrivare a 90 centesimi (in realtà il verdetto della strada è stato riscritto dalla Giuria a favore di Vittoria Guazzini, ndr). Alla fine però ho scelto Longo Borghini, tenendo conto anche degli impegni in pista di Guazzini»:
Ai tricolori crono delle donne, Guazzini batte Longo Borghini. A Parigi andrà la piemonteseAi tricolori crono delle donne, Guazzini batte Longo Borghini. A Parigi andrà la piemontese
Celestino e la MTB
Mirko Celestino è il cittì della mountain bike, ma nessuno dimentica i suoi trascorsi da stradista. Il ligure si è calato ottimamente nella parte e spiega con piglio.
«Sono molto soddisfatto dei risultati dei nostri ragazzi – dice – ci presentiamo a Parigi con la quota massima, con due uomini e due donne. Questo per me è un orgoglio. I ragazzi si stanno preparando veramente bene, in questo weekend correranno in Coppa del mondo. Siamo in rifinitura, si stano comportando molto bene. Le donne convocate sono Chiara Teocchi e Martina Berta e correranno il 28 luglio. Il giorno seguente toccherà a Luca Braidot e Simone Avondetto. Alcuni giorni prima della nostra partenza, a Pergine Valsugana si svolgeranno i campionati italiani».
Roberto Amadio, il cittì della BMX Tommaso Lupi e Mirko Celestino per la MTBRoberto Amadio, il cittì della BMX Tommaso Lupi e Mirko Celestino per la MTB
Bertagnoli per la BMX
La BMX è rientrata in extremis grazie a una carta olimpica arrivata quasi per il rotto della cuffia. Si vede che il cittì Tommaso Lupi non ci sta a parlare solo di fortuna, per cui le sue parole sono legate alla prestazione e alla qualità dell’atleta convocato.
«Confermo un avvicinamento molto intenso – spiega – dopo due anni duri, cercando di portare a casa più punti possibili. Abbiamo avuto qualche infortunio che non ci ha aiutato, ma siamo riusciti a confermare la wild card per un uomo, che correrà il 2-3 agosto. Ho scelto Pietro Bertagnoli, classe 1999, che ha fatto una grande finale a Verona. E’ giovane, ma ha già grande esperienza. L’ho scelto per le doti che ha dimostrato in pista e anche in chiave futura. Ha dimostrato grande tenacia, ha avuto qualche infortunio di troppo, ma l’ho visto sereno».
Alberto Bettiol sarà il faro della squadra, in cui sarà affiancato da Luca Mozzato ed Elia VivianiAlberto Bettiol sarà il faro della squadra, in cui sarà affiancato da Luca Mozzato ed Elia Viviani
Bettiol, Mozzato e Viviani
Bennati è emozionato e si capisce. Per arrivare fin qui ha dovuto sfogliare la margherita e Dio solo sa quanto sia stato complicato scegliere due nomi, dato che il terzo è stato assegnato d’ufficio dalla Federazione a Viviani.
«E’ una grande emozione – conferma – perché è la mia prima Olimpiade e la tensione va crescendo. Spero di poterla finalizzare con buon risultato. I tre atleti saranno Alberto Bettiol, Luca Mozzato ed Elia Viviani. Bettiol si è laureato da poco campione italiano, mi è piaciuto soprattutto il suo atteggiamento anche nelle gare minori. Gli avevo chiesto continuità e sta dimostrando di essere uno dei nostri corridori più rappresentativi. Sarà il faro della squadra, anche se avremo solo tre atleti. Mozzato, anche lui al Tour come Alberto, si è guadagnato la convocazione a suon di risultati, facendo secondo al Fiandre dietro Van der Poel. Su quel percorso, con Bettiol, può giocarsi una medaglia.
«Viviani invece è stato una scelta condivisa con tutta la Federazione. Il suo ruolo sarà fondamentale all’interno della prova in linea, soprattutto nella prima parte di gara per cercare di tenere gli altri fuori dai pericoli e gestire i primi 200 chilometri di una gara lunga 280. Ha tutte le caratteristiche per svolgere questo ruolo da regista in corsa. Faremo un mini raduno in Val di Fassa dal 27 al 2 agosto prima della partenza».
I presidenti del CONI e del Comitato paralimpico: Giovanni Malagò e Luca PancalliI presidenti del CONI e del Comitato paralimpico: Giovanni Malagò e Luca Pancalli
Donne al top
Sangalli è quello più esperto e se per Bennati si tratta di un debutto, il tecnico delle donne si avvia alla quarta Olimpiade.
«Ma entrando qui dentro – dice Sangalli – il cuore batte sempre più forte. Per la gara in linea ci saranno Balsamo, Cecchini, Longo Borghini e Persico. E’ una squadra forte, di riferimento a livello mondiale, infatti andiamo con il massimo delle quote. E’ una squadra preparata per qualsiasi situazione di gara. Se sarà dura, avremo Longo Borghini e Persico. Per un’eventuale volata abbiamo Elisa Balsamo, che rientra da un incidente che ha coinvolto un’altra P.O. come Sofia Bertizzolo, ed è una delle due donne più veloci al mondo.
«Elisa ha recuperato, avrà giornate altalenanti ma dopo il Giro arriverà in piena forma per affrontare la strada e la pista. Elena Cecchini sarà la regista in corsa, ruolo che svolge abitualmente nella sua squadra, che è la più forte del mondo. Vado a Parigi con ambizioni alte. Abbiamo appena concluso un raduno in quota a Passo San Pellegrino, poi correranno il Giro d’Italia e ci troveremo ancora in Val di Fassa».
Elisa Balsamo è rientrata dall’infortunio al campionato italiano. Ora è attesa dal Giro d’ItaliaElisa Balsamo è rientrata dall’infortunio al campionato italiano. Ora è attesa dal Giro d’Italia
Torna la velocità
La pista viene per ultima, ma forse è il settore da cui a Parigi ci attendiamo qualche oro, il salto doppio e la piroetta. Abbiamo tutto quello che serve per lasciare il segno. Marco Villa si vede che è uomo di campo e preferirebbe essere a Montichari con i suoi, ma adesso tocca a lui.
«Inizierei con le specialità veloci – dice – che sono la novità, grazie a Miriam Vece che in questi anni è riuscita con tenacia ad arrivare alla qualifica di Parigi. Abbiamo avuto una doppia carta olimpica, Miriam ha qualificato un’altra ragazza. La abbiamo data a una giovane, a Sara Fiorin, che ha partecipato alle qualifiche.
Nella velocità femminile, Miriam Vece ha ottenuto due pass olimpici per la velocità femminile. Con lei Sara FiorinNella velocità femminile, Miriam Vece ha ottenuto due pass olimpici per la velocità femminile. Con lei Sara Fiorin
I due quartetti
Il momento più atteso, quello dei quartetti e del settore endurance più in generale, dato che a Parigi ci saranno cinque atleti e dovranno fare tutto. La surreale programmazione del CIO ha reso le scelte e la programmazione ben più che scomoda.
«Nel settore endurance femminile – prosegue Villa – abbiamo 5 posti, grazie anche alla carta P. Verranno a Parigi Alzini, Consonni, Paternoster, Fidanza e Guazzini. A loro, come per Viviani fra gli uomini, si aggiungerà dalla strada Elisa Balsamo, grazie alla convocazione di Sangalli.
«Nel maschile il quartetto olimpico: Milan, Consonni, Lamon e Ganna, cui si aggiunge Manlio Moro che in questi giorni sta andando molto forte. Elia Viviani ci sarà grazie alla convocazione su strada e alla collaborazione della FCI, per aver considerato quello che è Elia per il settore della pista. Un vero trascinatore».
Foto ricordo per i tecnici azzurri al CONI: Addesi Villa, Sangalli, Dagnoni, Bennati, Velo, Lupi e CelestinoFoto ricordo per i tecnici azzurri al CONI: Addesi Villa, Sangalli, Bennati, Velo, Lupi e Celestino
Un programma a incastro
Proprio la pista forse sconta in questo momento la sovrapposizione dei calendari. Villa parla e non vedeva l’ora di farlo e nella sua esposizione capisci anche che razza di puzzle gigante sia far coincidere la presenza degli atleti in pista e nei ritiri.
«Con il settore maschile – prosegue Villa – abbiamo individuato delle date per la presenza in pista. Ganna è impegnato prima con la crono. Adesso sta correndo il Giro d’Austria, mentre il quartetto si sta allenando a Montichiari. Il 9-10 ci troveremo tutti. Poi Ganna farà altura fino al 17 luglio. Dal 18 al 20 luglio ci troveremo tutti, poi Filippo partirà per la crono. Fatta quella, tornerà a Montichiari, dove dal 28 al primo agosto mattina potremo allenarci bene. Ci alleniamo fino all’ultimo in Italia, visto che il programma olimpico concede un’ora e mezza al giorno in pista e mi sembra poco. Siamo un gruppo forte, non posso nasconderlo, ma abbiamo bisogno dei sincronismi necessari. Arriviamo da favoriti, non dimentichiamo però che a Tokyo abbiamo vinto per pochissimo.
«Per quanto riguarda le donne – chiude Villa – abbiamo dovuto individuare delle date. Ci sarà il Giro, cui parteciperanno in cinque. Abbiamo lavorato molto prima, la settimana prossima non ci sarà possibilità di specializzare il quartetto. Ci troveremo il 16 luglio e avremo più tempo rispetto al quartetto maschile per preparare. Il solo punto di domanda è come Elisa Balsamo uscirà dal Giro d’Italia».
Alla conferenza di Roma è presente anche Paolo Addesi, tecnico della nazionale strada paralimpici. Assente invece Silvano Perusini per la pista. A loro dedicheremo un approfondimento a parte, il semplice elenco di nomi non sarebbe sufficiente.
La vittoria di Dagnoni su Martinello è stata netta. Il campione olimpico di Atlanta tenta una prima analisi, ma i conti non gli tornano. Riprovarci? Forse no
ROMA – Alla Camera dei Deputati, martedì scorso, oltre a Tiberi c’erano anche Pellizzari e i suoi ventuno anni. Il marchigiano aveva da poco concluso il Giro di Slovenia con il terzo posto finale (alle spalle di Aleotti e Pello Bilbao) e la maglia dei giovani: dopo il Giro degli attacchi meravigliosi e i siparietti con Pogacar, un altro segno di continuità. Eppure la sensazione era che volesse soprattutto essere tenuto fuori dalle celebrazioni per stare sulla sua bici, in mezzo alle sue salite, facendo il suo mestiere.
L’accoglienza di Camerino al ritorno dal Giro lo ha frastornato e ancora adesso, pensandoci, si mette le mani nei capelli accorgendosi di esserci andato con la felpa e i bermuda. La leggerezza dell’animo è la dote principale di chi vuole arrivare lontano: se fosse schiavo a questa età di manierismi e convenzioni, probabilmente non andrebbe lontano.
«Per me è rimasto tutto uguale – dice – sono quello di sempre. E’ stato bello essere accolti a quel modo, però poi sono tornato alla vita di tutti i giorni. Sono stato anche contento di correre in Slovenia, anche se è stato duro. Prima di partire abbiamo parlato con Piepoli. Mi ha chiesto quali fossero i miei obiettivi. Gli ho risposto: il podio e la maglia bianca e li abbiamo raggiunti entrambi».
Con Tiberi e il Presidente della Camera Fontana, a Montecitorio c’era anche Pellizzari (foto Lega ciclismo)Con Tiberi e il Presidente della Camera Fontana, a Montecitorio c’era anche Pellizzari (foto Lega ciclismo)
Avenir: no, grazie
Allo Slovenia è mancata forse la brillantezza di certi attacchi, probabilmente perché la curva della condizione è in fase discendente, dopo aver corso il Tour of the Alps e appunto il Giro d’Italia. Proprio nei giorni scorsi si ragionava con Mirco Rossato della scelta di portarlo al Giro dei grandi e non puntare su di lui per quello Next Gen. La stessa logica ha portato Pellizzari a declinare l’invito del cittì Amadori per il Tour de l’Avenir. Dicono che in casi come questi si abbia più da perdere che da guadagnare: l’esempio di Riccitello dello scorso anno è ancora negli occhi. Protagonista al Giro d’Italia, l’americano andò alla corsa francese e venne preso… a legnate, risalendo a fatica fino al quarto posto finale, giusto dietro Del Toro, Pellizzari e Piganzoli.
La curiosità sarebbe semmai quella di vederlo andare all’Avenir preparandolo come il Giro d’Italia, ma è qualcosa di cui dovremo fare a meno. La strada è tracciata. Giulio correrà il resto della stagione con la maglia del VF Group-Bardiani e poi dal prossimo anno indosserà quella della Red Bull-Bora, entrando a 22 anni nel grande gruppo.
Al Tour de l’Avenir del 2023, Pellizzari vinse una tappa, finendo secondo nella generaleAl Tour de l’Avenir del 2023, Pellizzari vinse una tappa, finendo secondo nella generale
Ipotesi austriaca
«Dopo il Giro – racconta – ho staccato per una settimana. Poi ho visto che stavo davvero bene, sentivo che la gamba veniva fuori, quindi andare in Slovenia è stato azzeccato, anche se nelle ultime due tappe ero un po’ in calando. Non ero certo al 100 per cento, sono curioso di vedere come andrà al campionato italiano.
«Comunque dopo la prima settimana, sono andato un po’ in Trentino da Andrea, anche perché su la temperatura era migliore che da me. C’è da capire cosa farò dopo l’italiano, se qualche corsa o subito stop. Andrea farà il Giro d’Italia, io potrei approfittarne per aggregarmi ai miei che vanno in vacanza in Puglia, ma non ho ancora deciso niente».
Pellizzari ha conquistato il podio dello Slovenia nella tappa di Krvavec, con il 4° posto all’arrivoPellizzari ha conquistato il podio dello Slovenia nella tappa di Krvavec, con il 4° posto all’arrivo
Obiettivo tricolore
Il campionato italiano lo chiama e la sua squadra al via è sempre una delle più numerose. Difficile dire se Pellizzari potrà correre per se stesso, se davvero la condizione è in calo. Così come ci sarà da valutare la possibilità che corra anche il Giro d’Austria, che inizia il 2 luglio. Staccare subito dopo il campionato italiano significherebbe rimanere senza corse per più di un mese.
«Intanto spero che il campionato italiano sia duro – dice – noi siamo una gran bella squadra, allo Slovenia siamo andati forte e forse abbiamo raccolto meno di quello che potevamo. All’italiano ci teniamo, ma questo non significa che si correrà soltanto per me, anzi. Nei giorni scorsi mi hanno aiutato tanto, voglio ricambiare perché non sono l’unico che va forte in squadra. C’è qualcuno che forse è ancora più adatto alle caratteristiche del percorso, quindi io mi metto a disposizione. Sarà Reverberi a dirmi cosa devo fare».