Ci siamo, è il giorno dei giorni. Gli europei francesi vedono al via un bel gruppo di corridori in condizione, ma soprattutto i tre più attesi. Vingegaard, che non corre con la nazionale dal 2018. Pogacar, che arriva dall’impresa dei mondiali e sfoggerà la fresca maglia iridata. Evenepoel, che ha già ribadito la sua condizione vincendo la crono e magari vorrà rifarsi dello smacco di Kigali.
Attorno alla loro voglia di soffrire a fine stagione e dare spettacolo ruoterà la riuscita di un campionato europeo che raramente ha avuto al via così tanti nomi di grido e in condizione. Lo hanno fatto rilevare anche loro nella conferenza stampa di vigilia.


Jonas e le classiche
Vingegaard parteciperà oggi alla prima gara di campionato dall’inizio della sua carriera professionistica. Il solo mondiale in precedenza fu quello di Innsbruck 2018 da under 23, che chiuse al 63° posto. L’ultima classica che ha concluso fu il Lombardia del 2022, in cui arrivò sedicesimo.
«Ho deciso di correre gli europei – ha detto Vingegaard, vincitore della Vuelta – perché è un buon momento per riprovarci. Altrimenti, la mia stagione sarebbe comunque finita. Ho sempre detto che mi piacerebbe fare più corse di un giorno, ma non ho mai trovato la ricetta per ottenere buoni risultati. Se dovesse andare bene, potrei dare più spazio alle corse con la nazionale (i prossimi due mondiali saranno ugualmente molto duri, ndr), perché si inseriscono meglio nel mio programma annuale rispetto, ad esempio, alla Liegi-Bastogne-Liegi. I mondiali e gli europei sono a fine anno, quindi potrei fare la mia preparazione per il Tour e alla fine pensare alla nazionale. Questo è un percorso che mi si addice, ma non sono sicuro della mia forma dopo un’estate con due Grandi Giri. Pogacar che dice che non parteciperei se non fossi in forma? Se sapessi che verrei staccato per primo, non lo farei. Quindi non succederà. Ma se non sono in forma per competere e vincere, voglio aiutare Skjelmose».


Tadej e i calendari
Fasciato della seconda maglia iridata, Pogacar vive con leggerezza il momento. Ha provato il percorso con Urska Zigart, la sua compagna che ieri ha chiuso all’undicesimo posto nella gara vinta da Demi Vollering. Lo sloveno ha ammesso più volte che se potesse correre tutte le gare cui partecipa anche lei, sarebbe molto contento. E’ consapevole delle attese, ma ormai c’è abituato e ci scherza.
«Mi sento abbastanza bene – ha detto Tadej – anche dopo il lungo viaggio di ritorno dal Rwanda e poi fino a qui. Le salite sono davvero dure, ma più brevi, quindi sarà una corsa più esplosiva, molto incalzante. Ci saranno più corridori in lotta per la vittoria, anche perché la gara è più corta di 70 chilometri, quindi richiederà un diverso stile di corsa. Per vincere da soli, bisognerà davvero volare, avere una potenza enorme. Non credo che succederà, ma vedremo: mai dire di no. Ovviamente l’europeo non è l’obiettivo principale della stagione o della carriera. Non è un bene che si corra negli stessi giorni del Giro d’Emilia (vinto ieri dal suo compagno Del Toro, ndr), perché alcuni corridori hanno dovuto scegliere tra correre per la squadra o per la nazionale… La perfezione non esiste, ma se me lo chiedessero, cambierei molte cose nel calendario ciclistico. Intanto però siamo qui. Spero che la gente sia contenta che siamo qui tanti e così forti. Non parlo solo di Remco e Jonas (Evenepoel e Vingegaard, dr), molti corridori sono in ottima forma! Sarà una grande giornata di ciclismo».


Remco e la Redoute
E poi c’è Evenepoel. Nella crono ha piegato Ganna, imponendogli un distacco ben più pesante di quando fossimo abituati a subire negli ultimi anni. Questo ha fatto capire che il belga è in grande condizione. Al pari di quanto è accaduto in Africa, ci sarà da vedere se basterà per contrastare Pogacar.
«Il fatto che io sia qui – ha detto Evenepoel – ha sicuramente a che fare con la natura del percorso. Tuttavia, penso che quest’anno stiamo esagerando un po’. Sarebbe meglio se i mondiali e gli europei si completassero a vicenda. Uno per gli scalatori o gli attaccanti, uno per i velocisti. Sarà dura, molto dura. Dal momento in cui si arriva al circuito, la corsa diventa difficile. Tre volte la salita lunga di Saint Romain des Lerps, poi sei volte la Val d’Enfer: per me è più duro del Rwanda. Se sommi la lunghezza delle tre salite, arrivi a un vero passo di montagna, seguito da sei volte la Val d’Enfer. Non credo che ci sarà molta esplosività nelle gambe su quell’ultima salita. La Val d’Enfer mi ricorda La Redoute, ma con un fondo peggiore. Mi ispira. Mi aspetto che le cose si muovano solo sull’ultima salita, che è quella lunga. Non credo che il percorso si presti a un attacco da lontano, è più probabile un corpo a corpo nell’ultimo giro».
Ci sono tutti gli ingredienti per una super domenica sul divano, il giusto antipasto per Il Lombardia che bussa alle porte. L’Equipe scrive scherzando che in Drome e Ardeche, la regione in cui si corrono questi europei, non passa un treno passeggeri dal 1973. Ma quello che passerà oggi sarà certo indimenticabile.












































































