Gasparotto cambia e torna a un antico amore

Gasparotto cambia e torna a un antico amore

07.11.2025
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Chiusa la sua esperienza alla Red Bull, Enrico Gasparotto approda alla Bahrain Victorious e per lui è quasi un ritorno alle origini. Nel team arabo ha infatti vissuto due stagioni da corridore, nel 2017 e l’anno successivo, quand’era quasi agli sgoccioli della sua fruttuosa carriera da corridore. L’ambiente giusto per ripartire dopo un’esperienza nel team tedesco durata un quadriennio nel quale ha imparato molto, ma sa che ora si riparte su nuove basi.

Il quarantatreenne di Sacile, appena chiusa la carriera di corridore è sempre rimasto nel ciclismo
Il quarantatreenne di Sacile, appena chiusa la carriera di corridore è sempre rimasto nel ciclismo
Il quarantatreenne di Sacile, appena chiusa la carriera di corridore è sempre rimasto nel ciclismo
Il quarantatreenne di Sacile, appena chiusa la carriera di corridore è sempre rimasto nel ciclismo

Tornare a casa dopo 7 anni non è mai semplice. L’Odissea di Ulisse insegna che le cose cambiano nel frattempo: «Molta strada la Bahrain ha fatto da quell’epoca. E anche molte persone nuove sono arrivate all’interno del team. Conosco il management, conosco Milan Erzen perché c’era già, conosco Vladimir Miholjevic perché abbiamo anche corso assieme in Liquigas come con Pellizotti. O con Bozic per esempio, parlando di direttori sportivi, però il resto dello staff per me è tutto nuovo, ma è anche bello ogni tanto vedere facce nuove e cambiare ambienti per avere nuovi stimoli».

Tu hai militato con loro nel 2017 e 2018, che anni furono quelli per te lì?

Intanto porto con me i ricordi di aver fatto parte del Giro d’Italia dove Nibali colse il podio nel 2017. Era il primo podio in un grande giro perché era il primo che facevamo come team Bahrain e con lo Squalo cogliere quel risultato è stata una grande soddisfazione. Poi ho partecipato a diverse gare con Colbrelli, che ho aiutato a cogliere i suoi primi successi. Quando è esploso con vittorie importanti, io non c’ero più, ma sono contento di averlo visto sbocciare. All’epoca era la prima esperienza post Bardiani, nel WorldTour ed ero affiancato a lui in diverse gare, quindi sono stato partecipe dei suoi successi e abbiamo iniziato una grande amicizia ancora viva. E a tal proposito c’è qualcosa che vorrei chiarire…

Gasparotto ha chiuso un quadriennio nella Red Bull Bora Hansgrohe partecipando alla sua evoluzione
Gasparotto ha chiuso un quadriennio nella Red Bull Bora Hansgrohe partecipando alla sua evoluzione
Gasparotto ha chiuso un quadriennio nella Red Bull Bora Hansgrohe partecipando alla sua evoluzione
Gasparotto ha chiuso un quadriennio nella Red Bull Bora Hansgrohe partecipando alla sua evoluzione
Riguarda il vostro passaggio di consegne?

Non è stato tale. Leggere che sono il rimpiazzo di Sonny mi è dispiaciuto, sono due cose completamente disgiunte. Io con Sonny mi sento quasi quotidianamente, siamo amici veri, è come mettere zizzania fra noi e non è giusto. Ho bellissimi ricordi con lui e questo è quello che voglio portarmi con me in Bahrain.

Come risultati che cosa ricordi?

Innanzitutto che nel 2018 feci terzo all’Amstel in maglia Bahrain, il mio il mio ultimo podio in quella che per me era come una seconda casa. Poi sesto alla Liegi. La fine della carriera si avvicinava (si sarebbe ritirato due anni dopo, ndr) ma ero ancora competitivo ad alti livelli.

Alla Bahrain Gasparotto ha corso due anni, vincendo l'Amstel Gold Race nel 2018
Alla Bahrain Gasparotto ha corso due anni, vincendo l’Amstel Gold Race nel 2018
Alla Bahrain Gasparotto ha corso due anni, vincendo l'Amstel Gold Race nel 2018
Alla Bahrain Gasparotto ha corso due anni, vincendo l’Amstel Gold Race nel 2018
Quei due anni hanno avuto un influsso nel tuo futuro, nel fatto che sei diventato un direttore sportivo di grande successo?

Hanno contribuito, certamente. Quasi tutta la mia carriera è stata nel WorldTour, tranne un anno in Barloworld dove ho vinto tanto, ho fatto risultati importanti e poi due anni alla Wanty dove ho rivinto l’Amstel. Ma quando arrivai alla Bahrain fu uno “step back” nel WorldTour e credo che questo processo di riuscire a rivincere gare importanti con squadre piccole e poi portare questa esperienza nel WorldTour di nuovo e chiudere la mia carriera, questo sì, mi ha aiutato molto nella mia carriera da direttore sportivo.

In quale maniera?

Nell’ultima fase di carriera sono stato affiancato a corridori giovani, Sonny in Bahrain e il compianto Gino Mader in Dimension Data, per cercare di aiutarli a crescere e a capire quello che poi il World Tour significa e le squadre importanti richiedono come impegno. I ragazzi giovani devono anche imparare un po’ a gestire poi quello che è l’approccio della stampa, che all’epoca era molto diverso rispetto ad oggi perché l’influenza dei social media era inferiore, anche se parliamo di 7-8 anni fa.

Enrico insieme a Kreuziger in un'Amstel. Oggi i due sono colleghi nello stesso team
Enrico insieme a Kreuziger in un’Amstel. Oggi i due sono colleghi nello stesso team
Enrico insieme a Kreuziger in un'Amstel. Oggi i due sono colleghi nello stesso team
Enrico insieme a Kreuziger in un’Amstel. Oggi i due sono colleghi nello stesso team
Nella Bahrain c’è una forte componente slovena, non solo per il fatto che c’è Milan Erzen ai vertici. Era già così quando tu ci correvi?

Quando Bahrain ha iniziato nel WorldTour si è appoggiata al gruppo Nibali e quindi c’era un entourage italiano, molto più staff italiano. Oggi il baricentro è spostato in Slovenia, ho avuto occasione di visitare il loro magazzino a Novo Mesto. Hanno molte più persone dello staff slovene, ma credo che ci sia molta più internazionalità rispetto a prima. Abbiamo fatto un performance meeting con i vari direttori sportivi, allenatori, dottori, nutrizionisti e in realtà su 30 persone c’erano 16 nazionalità diverse…

Come la Red Bull?

Su quella strada, ma la Red Bull secondo me ha veramente un’incidenza internazionale a tutti i livelli soprattutto da quando la Red Bull stessa è entrata come proprietario e co-owner del team. C’è un’internazionalità incredibile e per questo secondo me il Bahrain sta andando in quella direzione lì. Poi i paragoni sono sempre difficili da fare perché i budget sono diversi nel team.

Insieme a Nibali e Colbrelli. In quegli anni la Bahrain aveva una forte impronta italiana
Insieme a Nibali e Colbrelli. In quegli anni la Bahrain aveva una forte impronta italiana
Insieme a Nibali. In quegli anni la Bahrain aveva una forte impronta italiana
Insieme a Nibali. In quegli anni la Bahrain aveva una forte impronta italiana
Che idea ti sei fatto come primo approccio?

L’età media è relativamente bassa. C’è un grande numero di giovani, promettenti e quindi faremo il primo ritiro a dicembre e avrò tempo di incontrarli, conoscerli, inquadrarli. Per questo prevedo che farò entrambi i team camp che ci saranno a dicembre e gennaio appunto per trascorrere tempo insieme e capire quel che ci sarà da fare.

Un record: dopo Giro e Tour, anche la Vuelta a casa di Sobrero

24.08.2025
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TORINO – Una tripletta casalinga difficile da ripetere. Tutti i corridori sognano, almeno una volta nella vita, che un Grande Giro passi sulle strade di casa, quelle su cui si è imparato a pedalare e cominciato a sognare in grande. Difficilmente però qualcuno riuscirà a emulare Matteo Sobrero. Non contento di aver vissuto il primo Giro d’Italia della sua carriera nel 2020 e di aver bissato lo scorso anno con il passaggio del Tour de France, oggi verrà travolto dal bagno di folla ancora una volta nella sua Alba.

 «E’ un traguardo personale più unico che raro – comincia a raccontarci il ventottenne della Red Bull-Bora-Hansgrohe – ma davvero splendido. Il Giro 2020 è stato tutto strano e speciale. Ero all’esordio nel mondo dei pro’ e non nascondo che ero parecchio emozionato. In realtà, lo ero anche l’anno scorso al Tour, mentre stavolta mi sento più rilassato. Sono molto contento che la Vuelta parta dal Piemonte e passi da Alba e sto cercando di assaporare ogni momento».

Il primo assaggio

Un bell’assaggio c’è stato già giovedì con la presentazione delle squadre in Piazzetta Reale: «C’era tantissimo tifo, nonostante qualche goccia di pioggia ed è stato emozionante sentirmi incitare a gran voce e chiamare da tanti appassionati, grandi e piccini, oltre ad avere al mio fianco la mia famiglia e gli amici».

Nulla però in confronto a quanto accadrà oggi su tutto il percorso, come ci ha anticipato la sorella minore Francesca, che ogni anno organizza la festa del fans club a fine novembre.

«Abbiamo saputo della sua presenza soltanto domenica scorsa – racconta – per cui non abbiamo organizzato nulla di grandioso. Un po’ anche per scaramanzia perché quest’anno eravamo già pronti per il Giro e poi è caduto, per cui non abbiamo voluto bruciare le tappe. Noi siamo di Montelupo Albese, 10 minuti sopra Alba e sembra davvero che ultimamente i percorsi dei Grandi Giri siano fatti apposta per lui. A parte gli scherzi, cercheremo di sospingerlo su tutto il tragitto. Noi saremo in partenza e in arrivo, ma so che anche la squadra dei giovanissimi in cui è cresciuto Teo, l’Asd Alba Bra Langhe Roero, si schiererà a Pollenzo di fronte alla loro pista con tutti i bambini e striscioni dedicati per omaggiarlo. Tanti amici e parenti saranno disseminati nei primi chilometri». Poi aggiunge: «L’ho visto più tranquillo del solito, molto contento del calore e del tifo e davvero carico».

La seconda Vuelta

Ci pensa Matteo a raccontare come è nata la sua seconda campagna spagnola dopo quella del 2023: «Tutto è iniziato lo scorso inverno – spiega – quando abbiamo fatto i programmi con la squadra. Avrei dovuto fare Giro e Vuelta se tutto andava bene e avevo chiesto io di poter fare soprattutto quest’ultima perché partiva dal Piemonte. Poi, la caduta ha rimesso in discussione tutti i piani».

Già, perché gli strascichi non sono stati semplici da cancellare e il ritorno alla normalità è stato ben diverso da quanto ipotizzato in un primo momento: «Non pensavo onestamente di metterci così tanto ed è stato forse il rientro più difficile da quando ho cominciato a correre in bicicletta. Nel letto d’ospedale, non avevo ben capito cosa fosse successo. Ricordo che all’inizio credevo di cavarmela con qualche giorno di stop, addirittura di potercela fare per la Sanremo o quantomeno per preparare con calma il Giro».

Con il 3° posto nella crono finale, Sobrero ha conquistato il podio del Polonia, confermando il ritorno ad alto livello
Con il 3° posto nella crono finale, Sobrero ha conquistato il podio del Polonia, confermando il ritorno ad alto livello

Al telefono con Ganna

Invece, è andata diversamente: «Non sono riuscito ad arrivare in forma nemmeno in ottica Tour de France e per ritrovare le migliori sensazioni in corsa c’è voluto il Polonia. Quando batti la testa ti sembra una cavolata, ma è una delle cose più difficili perché non riesci mai a capire se sei davvero tornato quello di prima.  Più che le fratture al naso o allo zigomo, è stata la commozione celebrale a richiedere più tempo. Dopo un mese dalla caduta, uscivo in bici e pensavo di sentirmi come prima, ma non era così. La mia condizione andava bene per un’uscita da amatore, ma c’era tutto da ricostruire, fisicamente e mentalmente.

«Ne ho parlato molto poi anche con Filippo (Ganna, ndr), che ha avuto un problema simile, anche se più leggero. I sintomi erano gli stessi e ci siamo sentiti parecchio per confrontarci e supportarci. Lui, sua sorella Carlotta che è la mia ragazza e tutta la mia famiglia sono stati davvero preziosi in questi sei mesi e ora mi sento finalmente in forma».

Ultima altura nel rifugio Umberto Maroli di Macugnaga, poi Sobrero e Ganna hanno raggiunto Torino (immagine Instagram)
Ultima altura nel rifugio Umberto Maroli di Macugnaga, poi Sobrero e Ganna hanno raggiunto Torino (immagine Instagram)

Fra squadra e sogni

E la Red Bull-Bora si è affrettata a inserirlo nel team per la Vuelta, perché la poliedricità del jolly piemontese sarà importante: «Diciamo che cercherò di ricoprire più ruoli – illustra Sobrero – in base alla giornata. Aiuterò Jai (Hindley, ndr) per la generale dove necessario. Darò il mio contributo fondamentale per la cronosquadre e qualche giorno spero di riuscire ad andare in fuga, visto che due anni fa ho sfiorato il successo col secondo posto dietro a Kamna nel mio ultimo anno in Jayco».

Per sognare la gloria personale però bisognerà aspettare il ritorno della Vuelta in terra iberica: «Più facile che abbia libertà nella seconda o nella terza settimana – spiega Sobrero – perché nella prima cercherò di dare una mano alla squadra. Conosco bene le strade che attraverseremo in questi giorni, visto che ci sono passato correndo nelle categorie inferiori. L’unica che conosco un po’ meno è la terza tappa, ma l’arrivo di Limone sarà senza dubbio scoppiettante e qualcuno proverà a muoversi per prendere la maglia. Comunque, cercherò di godermi per quanto possibile la giornata sulle strade di casa: al Giro e al Tour è passato tutto troppo in fretta».

Pellizzari, ecco il secondo Grande Giro: «Libertà e tappe»

20.08.2025
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Avevamo lasciato Giulio Pellizzari protagonista al Giro d’Italia. Il giovane talento della Red Bull-Bora si era messo in mostra in montagna, lottando con i migliori. Poi, per tutta la parte centrale dell’estate, era tornato in altura ad allenarsi. Il rientro alle corse è avvenuto alla Vuelta a Burgos, dove si è preso subito i riflettori.

In Spagna, oltre ad ottenere un incoraggiante quarto posto, ha di fatto lanciato la sua corsa alla Vuelta. Per la prima volta in carriera affronterà due Grandi Giri nella stessa stagione. La carne al fuoco è tanta e Giulio è pronto a raccontarcela.

Il marchigiano (classe 2003) sul podio dell’ultimo Giro come miglior giovane italiano
Il marchigiano (classe 2003) sul podio dell’ultimo Giro come miglior giovane italiano
Giulio, partiamo dalla fine. E’ la prima volta che affronti due Grandi Giri in stagione. Come ti senti?

La Vuelta all’inizio dell’anno era nei programmi. Poi avendo fatto il Giro, la stessa corsa spagnola era stata tolta, ma abbiamo insistito anche con il preparatore per reinserirla. Alla fine, per un corridore come me, servono le corse di tre settimane per continuare a crescere. Sarebbe stato più duro andare in Canada, a Plouay o in Germania, facendo tante gare o corse di un giorno solo. Quindi sono contento di essere qui e vediamo come andrà.

Hai detto subito una cosa importante: “Per continuare a crescere”. Quest’anno come sei uscito dal Giro rispetto all’anno scorso?
L’hai sostenuto meglio? Hai notato più voglia di tornare in sella? Oppure era come l’anno scorso?

Mi sarebbe piaciuto molto fare il Giro di Svizzera, perché dal Giro ero uscito bene. Poi parlando con il preparatore Artuso e con Gasparotto (all’epoca ancora in squadra, ndr), mi è stato fortemente consigliato di stare a casa. Un po’ mi è dispiaciuto perché avrei voluto sfruttare la gamba che avevo al Giro, un po’ come l’anno scorso feci allo Slovenia. Però avendo poi optato per la Vuelta, ho staccato e anche molto… Ed ora eccoci qua alla partenza.

Sei già a Torino?

Sì, siamo a Torino perché questa mattina abbiamo fatto la prova per la cronosquadre. Il team ci punta molto. Abbiamo fatto delle prove, anche con gli ingegneri.

E com’è andata?

Ho capito che sarà più dura del previsto! Finora ho fatto una sola cronosquadre, quella Tour de l’Avenir nel 2023, con Piganzoli. Anche quella fu dura, ma qui ti giri intorno e vedi compagni da 75-80 chili… Sarà tosta tenere le ruote!

Pellizzari (con a ruota Aleotti) era rientrato a San Sebastian ma si era fermato. A Burgos invece ha colto un ottimo 4° posto nella generale
Pellizzari era rientrato a San Sebastian ma si era fermato. A Burgos invece ha colto un ottimo 4° posto nella generale
Raccontaci un po’ il tuo post-Giro. All’Italiano ti abbiamo visto appena rientrato…

All’Italiano avevo appena ripreso ad allenarmi. Avevo fatto due settimane di recupero: una senza bici e una con qualche uscita quando volevo. Poi ma na mano ho aumentato le ore di sella. Proprio all’italiano ero nel pieno della “non-forma” e soffrivo, perché avevo ancora in memoria la gamba del Giro. Ci ho messo un po’ a riprenderla, ora vedremo se alla Vuelta quella gamba è tornata.

Come hai lavorato in questi mesi?

Ho fatto molta altura: una settimana in Trentino a casa della mia compagna, poi 23 giorni a Livigno. Sarei dovuto andare anche a Macugnaga con Sobrero e Ganna, ma alla fine abbiamo deciso di ritornare a casa. In generale, specie in altura, ho lavorato come sul Teide prima del Giro. Da Livigno sono andato diretto a Burgos.

Cosa significa “lavorare come prima del Giro”? Cambia qualcosa tra il primo e il secondo Grande Giro dell’anno? si riparte dallo stesso livello o da un gradino più in alto?

Il fatto che la Vuelta parte il 23 agosto e il Giro d’Italia partiva il 9 maggio incide molto. Eravamo all’inizio della stagione, avevo corso poco e quindi era molto più facile allenarsi. Ora siamo a stagione inoltrata, l’estate è quasi finita e sembra quasi più pesante (esattamente come ci ha detto Michele Bartoli qualche giorno fa, ndr). Credo che la differenza sia quella alla fine. Vedremo in corsa come starò e vi saprò dire se sarò ripartito da un gradino più alto o da uno più basso.

Qualche allenamento particolare?

Ci sono stati un paio di giorni  in cui ho sofferto particolarmente – ridacchia Giulio e il perché è presto detto – Avevamo in programma una tripletta, vale a dire tre giorni di carico. Il primo di questi giorni al mattino pioveva, quindi siamo usciti nel pomeriggio. Il secondo giorno avevamo dei lavori di intensità, quindi belli spinti. I due giorni successivi è stata dura tornare in hotel. Ero veramente finito senza il recupero del pomeriggio del primo giorno. Di buono c’è che eravamo veramente un bel gruppo. Con Sobrero e Aleotti abbiamo sofferto, ma ci siamo divertiti.

Giulio ha parlato di un gruppo coeso a Livigno. Qui, eccolo con Sobrero (foto Instagram)
Giulio ha parlato di un gruppo coeso a Livigno. Qui, eccolo con Sobrero (foto Instagram)
Che lavori di intensità erano?

Specifici di VO2 Max: un minuto e mezzo forte, uno forte e mezzo di recupero… E poi i 40”-20”. In quei giorni stavo benissimo. Mi dicevo anche: «Che gamba!». Ma poi…

E le sensazioni adesso? Di solito quelle del corridore dicono molto…

In verità a Burgos non erano eccezionali. Fortunatamente nella tappa regina sono rimasto con i primi e questo mi ha dato morale. Ma ripeto: le sensazioni non erano delle migliori. Ho dovuto soffrire più del previsto. Burgos  mi è servita per far fatica. Mi spiace aver perso il podio della generale nell’ultima tappa.

Vero, Giulio, ma hai visto chi c’era davanti a te? Tutta gente rodata, brillante che veniva a un mese di gare. Tu eri al rientro…

Sì sì, infatti quello mi ha dato morale. Mi ha dato una marcia in più per la Vuelta. Sapevo che andavo lì per far fatica, ma se guardo indietro, a prima di Burgos, avrei messo la firma per essere nei primi cinque all’ultima tappa. 

Hai notato qualche cambiamento del gruppo nei tuoi confronti? Gli altri ti marcano, ti osservano, in modo diverso?

No, come sempre direi. Ho sempre avuto tanti amici in gruppo. Mi piace ridere, scherzare e giocare anche in corsa. Non è cambiato questo rapporto con gli altri e spero che non cambi.

Per lo stesso motivo per cui ha preso parte all’italiano a crono, Pelizzari cercherà di fare al massimo anche la prova contro il tempo alla Vuelta
Per lo stesso motivo per cui ha preso parte all’italiano a crono, Pelizzari cercherà di fare al massimo anche la prova contro il tempo alla Vuelta
Alla Vuelta ci si va per la classifica?

No, per la classifica ci sarà Jai Hindley. Io e gli altri punteremo alle tappe. La squadra spinge molto perché io punti alle tappe, perché è il secondo Grande Giro dell’anno, sono giovane ed è meglio non esagerare. Di certo, però, la seconda cronometro sarà un obiettivo: la farò forte anche in ottica futura.

C’è una tappa che ti intriga di più?

Per ora “me la vivo bene”, tranquillo… Non ho studiato ancora il percorso, valuterò tappa per tappa.

Giulio dicci una cosa, ma la curiosità di misurarti con Vingegaard, Almeida e i big c’è?

Sì, certo che c’è! Il fatto di non fare classifica me lo permette. Posso provare a vincere entrando in fuga o restando con i migliori, un po’ come successo a San Valentino Brentonico quest’anno al Giro quando ero diciottesimo… peccato che quel giorno ce ne fossero due davanti. Mi piace questa situazione. Mi sembra di tornare al Giro dell’anno scorso, quando avevo libertà di fare quello che volevo. E speriamo di portare a casa una tappa.

Gilbert: «Remco? Scelta giusta, ma dovrà guadagnarsi tutto»

13.08.2025
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Patrick Lefevere, televisioni, giornali, colleghi e persino Romero Lukaku sono intervenuti sul trasferimento di Remco Evenepoel dalla Soudal-Quick Step alla Red Bull-Bora-Hansgrohe. Ma soprattutto ne ha parlato Philippe Gilbert: il grande ex belga a Le Soir si è espresso con grande chiarezza.

Qualche giorno fa abbiamo fatto anche noi un quadro di cosa troverà e di cosa si sarebbe potuto attendere dalla nuova squadra Remco. Senza dubbio il salto è grande. Il campione olimpico si gioca tanto, se non tutto, della sua carriera. E’ chiamato a vincere il Tour de France, cosa affatto scontata, si ritroverà con altri compagni, alcuni dei quali molto agguerriti e sponsor giganteschi che già impongono pressioni.

Romelu Lukaku è uno dei tanti vip belgi ad essersi espressi sul passaggio di Remco alla Red Bull (foto @EPA)
Romelu Lukaku è uno dei tanti vip belgi ad essersi espressi sul passaggio di Remco alla Red Bull (foto @EPA)

Da Lukaku a Lefevere

Per dire che eco abbia avuto questo trasferimento, prima di sentire Gilbert ecco alcune dichiarazioni interessanti.
Il calciatore Romelu Lukaku ha sentito sui social Remco chiedendogli: «Tu sei contento?». Remco ha risposto: «Sì, era il momento per qualcosa di nuovo». E ancora Lukaku: «Red Bull è davvero una top-squadra… Hai fatto il passo giusto al momento giusto».

Dalla famiglia, il padre, Patrick Evenepoel: «E’ chiaro per tutti che è stato chiuso in buon accordo. Sono sollevato per il ritrovato l’equilibrio di Remco». La madre Agna Van Eeckhout ha commentato con la classe di chi comprende le sfide: «Hai sempre obiettivi nella tua testa. Spero che tu possa realizzarli: a volte bisogna agire», aggiungendo che hanno molto da ringraziare Patrick Lefevere, il manager storico di Soudal-Quick Step.


E a proposito di Lefevere, l’ex manager della Soudal all’inizio è rimasto in silenzio poi ha parlato con la sua proverbiale schiettezza. «Nessun rancore – ha detto Lefevere a Rtbf – la vita è questa. Il ragazzo ha 25 anni e se può guadagnare qualche milione in più altrove… ci va. La notizia non mi ha sorpreso. Questa trattativa era già in corso quando ero ancora al comando. Remco ha poi ripetuto più volte che non ci avrebbe mai lasciato. La gente lo ricorda, ma io lo perdono, perché è il genere di cose che si dicono in un momento di emozione».

E coinvolgendo la gente, cioè i tifosi, in tanti gli hanno messo di fronte il tema del Wolfpack, tanto caro alla Soudal.

Remco a Peyragudes, da lì sono iniziati i suoi guai al Tour di quest’anno
Remco a Peyragudes, da lì sono iniziati i suoi guai al Tour di quest’anno

Parla Gilbert

Ma passiamo al nocciolo della questione e a quanto detto da Philippe Gilbert, il quale ha toccato anche spunti più tecnici.

«Remco – ha detto Gilbert sulle pagine di Le Soir – ha fatto bene a uscire dalla sua zona di comfort. I mezzi finanziari non sono l’unica cosa: parlo delle possibilità di ricerca, di sviluppo, dell’allenamento e dell’inquadramento in generale che può dargli un top team (per corse a tappe, ndr). Dovrà dunque rimettersi in gioco. Ho l’impressione che negli ultimi mesi alla Soudal-Quick Step si fosse isolato in una bolla dove gli si diceva sempre di sì, indipendentemente dalle circostanze».

Il tema dell’ambiente troppo accomodante per un atleta con tali ambizioni non è nuovo e in un certo senso fu Giuseppe Martinelli a dirlo prima di tutti. Il diesse bresciano ne parlò immediatamente durante l’altalenante Vuelta del 2023, quando Remco si arrese alla prima difficoltà… pur non stando male.

Per Gilbert il fatto di uscire dalla comfort zone e di passare in un team con maggior concorrenza sarà un bene per Evenepoel
Per Gilbert il fatto di uscire dalla comfort zone e di passare in un team con maggior concorrenza sarà un bene per Evenepoel

Leader sì, ma…

Ovvio che uno come Evenepoel è un capitano. E’ un corridore fortissimo: numeri e palmares parlano per lui. Ma è anche leader? E soprattutto lo sarà in un team in cui la competizione interna è ben più elevata? Senza stilare l’intera lista diciamo solo due nomi: Primoz Roglic e Florian Lipowitz.

«Come all’inizio della sua carriera – va avanti Gilbert – quando arrivò alla Quick-Step nel 2019, Remco dovrà guadagnarsi il suo spazio in un collettivo più forte. Si ritroverà in un ambiente agonisticamente più ampio che lo costringerà a competere ogni giorno».

Per Gilbert questa competizione è un vantaggio, ma tra leader e capitano c’è differenza. Un esempio? Anche Ayuso è fortissimo, ma non è un leader in seno alla UAE Emirates, dove la concorrenza certo non manca. Cosa diversa quando scende in campo Pogacar. Tutti allineati. Anche se Tadej non dovesse essere al top tutti gli sarebbero vicini.

Secondo Gilbert finché Vingegaard e Pogacar saranno a questo livello sarà pressoché impossibile per lui vincere il Tour
Secondo Gilbert finché Vingegaard e Pogacar saranno a questo livello sarà pressoché impossibile per lui vincere il Tour

L’erede di Pogacar?

Gilbert entra poi in aspetti più tecnici e parla del supporto che uomini come Hindley, Vlasov e ma anche gli stessi Roglic e Lipowitz potrebbero dargli. Dal punto di vista tecnico senza dubbio, in ottica Grandi Giri lo step è importante.

«La Red Bull-Bora tatticamente è molto forte – dice Gilbert – Lo abbiamo visto recentemente al Giro con la vittoria di Jai Hindley (a dire il vero, grande merito va a Enrico Gasparotto in ammiraglia, che però ora non c’è più, ndr) e all’ultimo Tour, con manovre perfettamente orchestrate. Questa dimensione tattica mancava fino ad ora a Remco. Troverà direttori capaci di imporgli scelte. Ed è esattamente quel che gli serve per crescere».

«Anch’io, dopo sei anni alla FDJ mi sentivo bene, in una bolla di fiducia, con compagni solidi. Eppure scelsi di andare alla Lotto, dovetti ricostruirmi altrove, in un ambiente più competitivo. E abbiamo visto che effetto ha avuto…». Questo è vero. Gilbert esplose del tutto ma i due corridori hanno lo stesso carattere? In tal senso su Evenepoel qualche enigma, concedetecelo, c’è.

Il vallone ha espresso pareri positivi anche sulla continuità tecnica, vale a dire con Specialized. Lavorare con gli stessi materiali, gli stessi tecnici è un bel vantaggio, specie oggi in cui l’aerodinamica è importantissima. «Significa non ripartire da zero, ma continuare un processo di sviluppo».

Sin qui Evenepoel ha disputato 6 Grandi Giri collezionando una vittoria (la Vuelta in foto), un podio, un 12° posto e tre ritiri
Sin qui Evenepoel ha disputato 6 Grandi Giri collezionando una vittoria (la Vuelta in foto), un podio, un 12° posto e tre ritiri

La sfida del Tour

L’articolo di Le Soir si conclude con la questione immancabile del Tour de France: lo potrà vincere davvero Evenepoel?

«Per Remco – dice Gilbert – una rottura volontaria può rilanciare la carriera e aprire un nuovo ciclo. Come detto prima, si mette in difficoltà e va bene così! Nei Grandi Giri vincono i più forti e oggi i migliori sono Pogacar e Vingegaard. Batterli nell’arco delle tre settimane è durissimo. Anche con mosse tattiche azzeccate, fare meglio del terzo posto sarà arduo per lui finché i due colossi sono così in forma. Ma se uno o entrambi caleranno, Remco sarà il primo a poter raccogliere l’eredità. I suoi compagni erano troppo deboli per difendere una maglia gialla per tre settimane. Alla Red Bull, se dovesse prendere la maglia, ci sarebbero ragazzi in grado di scortarlo fino a Parigi».

Si vedrà, la nuova Red Bull è in costruzione. Vedremo come organizzeranno i gruppi di lavoro e come divideranno gli obiettivi. Ma prima di tutto sarà interessante capire come reagirà davvero Remco… per la prima volta fuori dal guscio.

E Lipowitz fa riscoprire il grande ciclismo ai tedeschi

05.08.2025
6 min
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E’ salito sul podio del Tour de France non come un fulmine a ciel sereno, ma quasi: Florian Lipowitz aveva dato grandi segni già al Delfinato. Ma il giovane tedesco non è uno sconosciuto. Quella maglia bianca, la tenacia e i nervi saldi mostrati a La Plagne dopo la paura del giorno prima sul Col de La Loze dicono già tanto di lui.

Nato nel 2000 a Bruckmuhl, in Baviera, e cresciuto nel biathlon, è salito in bici definitivamente nel 2019. Definitivamente perché prima comunque i suoi 5-6.000 chilometri all’anno in sella li faceva eccome per farsi trovare pronto con sci stretti e carabina. La bici è sempre stata parte dei suoi allenamenti e se vogliamo anche della sua famiglia. Pensate che a 9 anni si è sciroppato 120 chilometri di una granfondo in Austria insieme alla mamma e al papà!

Il corridore della Red Bull-Bora, si è ritagliato un ruolo da protagonista, ma soprattutto dopo anni di vuoto, Florian ha riportato la Germania a riscoprire la passione per il ciclismo professionistico.

Florian Lipowitz sul podio finale del Tour. E’ arrivato terzo e ha conquistato anche la maglia bianca di miglior giovane
Florian Lipowitz sul podio finale del Tour. E’ arrivato terzo e ha conquistato anche la maglia bianca di miglior giovane

Un figlio del lavoro

Nessuno si aspettava Florian Lipowitz sul podio del Tour de France, nemmeno lui, almeno al via da Lille. Si sapeva che potesse fare bene, ma con un leader come Roglic non era così scontato. Invece è rimasto sempre coperto, tutto sommato non doveva fare un corsa complicata, ma doveva stare “solo” sulle ruote dei big e rimanere lontano dai guai, una cosa che nei Grandi Giri non è proprio facile. Ebbene lui ci è riuscito.

«Sono state tre settimane difficili – ha detto Florian – volevo solo arrivare al traguardo sano e salvo. Nel complesso, ci sono stati molti alti e bassi e l’inizio non è stato dei migliori. Ma ci siamo avvicinati sempre di più come squadra. Perché alla fine, un risultato come questo non è merito solo mio, ma è un lavoro di squadra. Ecco perché voglio ringraziare ancora una volta tutti.

«Ora? Sono semplicemente felice che tutto sia andato così bene e che abbiamo portato a casa il terzo posto. Se il mio successo riuscisse a ispirare qualche giovane a dedicarsi al ciclismo, allora varrebbe quanto un piazzamento sul podio».

Il bavarese nella notte ciclistica di Bruckmuhl (foto Red Bull)
Il bavarese nella notte ciclistica di Bruckmuhl (foto Red Bull)

Modello tedesco

In Germania hanno esaltato parecchio non solo il risultato di Florian, ma la sua abnegazione al lavoro. Un lavoro metodico, rigoroso, a tratti ossessivo, scrivono in particolar modo i media bavaresi, quelli della sua Regione appunto. Lipowitz è approdato nel WorldTour nel 2022, prima era alla Tirol-KTM, dopo una crescita silenziosa ma continua, ma già allora era sotto osservazione

Il Tour 2025 ha rappresentato la sua consacrazione. Con un rendimento costante nelle tappe di montagna e una gestione (quasi sempre) lucida delle forze, ha resistito agli attacchi di Oscar Onley. Ma riavvolgendo il nastro della sua Grande Boucle, oltre al ritiro di Evenepoel comunque già in forte declino, non è stato aiutato da circostanze favorevoli o fortunose. Tipo una fuga bidone, cadute degli avversari… No, quel che ha raccolto è tutto merito suo.

Dalla squadra non sono emerse grandi dichiarazioni. E lo stesso Lipowitz ha detto poco e solo in poche occasioni, come l’arrivo a Parigi e un circuito serale a Bruckmuhl (100 giri da 600 metri l’uno): ovviamente lo ha vinto lui! «Devo ancora abituarmi a questo clamore, è tutto nuovo»: le sue parole si possono racchiudere in questa frase sostanzialmente.

Forse ha avuto anche indicazioni sul parlare poco. La Red Bull-Bora sta vivendo una forte rivoluzione interna. Sono stati allontanati un coach, il capo dei tecnici (Rolf Aldag) ed è stato risolto il contratto del primo direttore sportivo, Enrico Gasparotto. E in tutto questo a breve dovrebbe essere ufficializzato l’arrivo dell’ex cittì belga, Sven Vanthourenhout, prevedendo l’ormai “certo” arrivo di Remco Evenepoel.

La squadra lo ha omaggiato con questa t-shirt nel gran finale di Parigi (foto Instagram)
La squadra lo ha omaggiato con questa t-shirt nel gran finale di Parigi (foto Instagram)

La Germania e i pro’

Ma torniamo a Florian Lipowitz. E’ bastato che tornasse a casa, perché fosse accolto come un eroe. Decine di persone ad aspettarlo, cartelli di benvenuto, giornalisti e televisioni. Dopo anni di distanza emotiva dal ciclismo professionistico fortemente colpiti dalla parabola discendente di Ullrich e alle ombre sul passato, la Germania ha finalmente trovato un nuovo volto pulito a cui affidarsi. “Festa spontanea”. “Entusiasmo che non si vedeva da tempo”. Così hanno titolato i giornali.

La sua figura sembra cucita su misura per il rilancio del ciclismo tedesco: parla poco, lavora molto, non ama esporsi e quando lo fa, lo fa con lucidità. Il podio al Tour ha mosso le acque anche tra gli sponsor e nei vertici federali, con la speranza che Lipowitz diventi il simbolo di una nuova generazione, più libera da pesi del passato.

«Non riesco a immaginare una vita senza sport – ha detto Lipowitz a RennRad – Ne ho bisogno: esercizio fisico e natura. E quella sensazione dopo. Quella sensazione la sera dopo un allenamento intenso: quella soddisfazione. Quella sensazione di stanchezza nei muscoli. E’ quasi una dipendenza».

Grande reazione del tedesco a La Plagne. Il giorno prima le aveva prese da Onley (alla sua ruota), poi gliele ha restituite con gli interessi
Grande reazione del tedesco a La Plagne. Il giorno prima le aveva prese da Onley (alla sua ruota), poi gliele ha restituite con gli interessi

Finale leggero…

Da qualche giorno Florian Lipowitz è tornato a lavorare, ma senza farsi trascinare dall’euforia. In tutte le interviste ribadisce che c’è ancora tanto da imparare. Anche secondo chi gli è vicino, sembra sia ancora lontano dal suo apice.

«Florian – ha detto John Wakefield, tecnico del team Red Bull-Bora – è ben lontano dal raggiungere il suo apice fisiologico. Il Tour gli ha mostrato dove può arrivare, ma anche quante cose debba ancora affinare. Non si considera un campione, ma un atleta in costruzione».

Da qui a fine stagione il calendario di Lipowitz è da definire. Il team manager Ralph Denk ha escluso la sua presenza alla Vuelta, mentre non ha sciolto le riserve circa la presenza di Florian al Giro di Germania (20-24 agosto, ndr), dato che visto il successo post Tour in tanti lo reclamano. E forse potrebbe essere la ciliegina sulla torta per un interesse pubblico verso il ciclismo professionistico che sta rifiorendo.

«Credo che mi concentrerò sulle corse di un giorno – ha detto Florian – rientrerò forse in Canada e sarebbe bello fare il Giro di Lombardia. Quest’ultimo monumento dell’anno sarebbe un altro momento clou per me in questa stagione, e voglio fare bene lì».

La Red Bull chiaramente se lo coccola. E’ un “germanofono”, è fedele al dogma del lavoro. Ma soprattutto è il profilo ideale per il progetto Grandi Giri del team stesso. In attesa di Remco, con Lipowitz l’obiettivo è chiaro: diventare un corridore da Grandi Giri, anche se gli 11′ da Pogacar non sono pochi. Magari proprio l’arrivo del bi-campione olimpico potrebbe sgravarlo da ulteriori pressioni.

Moscon ormai è un vero uomo squadra e Roglic se lo tiene stretto

04.07.2025
5 min
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LILLE (Francia) – Domenica scorsa a Gorizia lo cercavamo prima del via, ma il suo compagno Giulio Pellizzari ci aveva presto chiarito ogni dubbio: «Gianni? No, non c’è. E’ sullo Stelvio perché sta preparando il Tour de France». Gianni è Moscon. Quella che dunque sembrava essere solo una voce si è trasformata in realtà e così il trentenne della Red Bull-Bora dopo il Giro d’Italia è pronto a sciropparsi anche i 3.338 chilometri delle strade francesi.

Sono pochissimi i corridori presenti qui a Lille che hanno fatto anche la corsa rosa e quei pochi sono tutti di qualità, a partire dal re del Giro, Simon Yates, passando per i suoi alfieri Edoardo Affini e Wout Van Aert, Mattia Cattaneo e appunto Gianni Moscon.

Gianni Moscon correrà il Tour accanto a Roglic
Gianni Moscon correrà il Tour accanto a Roglic

Idea Tour già al Giro

Dopo 44 giorni dall’arrivo di Roma, Moscon riattaccherà il numero sulla schiena. Quaranta giorni in cui ha cercato prima di tutto di recuperare al meglio e poi di ritrovare la gamba, buona e solida, che aveva mostrato sulle strade del Giro.

«Sto bene dai – esclama Moscon – mi sono allenato nel modo giusto in questa fase. Come è nata questa partecipazione al Tour? Non è stata una sorpresa del tutto, perché con la squadra se ne era iniziato a parlare già durante il Giro. Ma ci saremmo risentiti dopo un po’. E così una settimana dopo Roma, le sensazioni erano buone, mi sembrava di aver recuperato bene e quindi si è deciso di fare anche il Tour.

«Sono stato sullo Stelvio circa due settimane, sono sceso giusto domenica. Ho svolto un lavoro di costruzione, senza strafare, sfruttando la quota e seguendo le sensazioni».

Moscon, anche se non si è visto moltissimo, è stato un vero uomo squadra durante il Giro. Ha lavorato prima per Primoz Roglic e poi è stato vicino a Pellizzari. Nessun piazzamento, nessuna grande fuga: un vero gregario.

«Come dicevo – riprende Gianni – le sensazioni sono buone, sono uscito bene dal Giro. Per il lavoro che sono chiamato a fare io, la prima cosa necessaria era aver recuperato bene». Probabilmente, visto l’andazzo, anche la parte finale del Giro è stata gestita in ottica Tour. Roglic deve averlo precettato.

Di fatto tante tappe a lui congeniali non c’erano, meglio dunque lavorare in un certo modo. Sono gli schemi che impone il ciclismo moderno e i suoi livelli stellari.

Gianni ha parlato di un ottimo clima in squadra. A Lille ci è parso sereno e motivato
Gianni ha parlato di un ottimo clima in squadra. A Lille ci è parso sereno e motivato

Moscon uomo squadra

Prima abbiamo parlato di un Moscon uomo squadra. Gianni fino a qualche tempo fa era uno dei nostri (italiani) cavalli di razza. E senza scomodare quella famosa Roubaix, più di qualche volta ha vinto o si è giocato gare importanti. Però poi, tra imprevisti vari, qualcosa col tempo è cambiato. Due cambi di squadra nelle ultime tre stagioni… non sono qualcosa di facile. Ma ora forse ha girato pagina e trovato una sua dimensione.

«Sicuramente – dice Moscon – mi fa piacere questo ruolo e il fatto che la squadra mi abbia voluto anche qui al Tour. So qual è il mio valore e potrebbe anche essere più alto il mio rendimento di quel che si vede, ma sono anche consapevole che oggi le cose sono cambiate rispetto a qualche tempo fa. Il livello è altissimo e la prendo con filosofia. Vincere oggi per me sarebbe difficilissimo e se mi dessero altre responsabilità, che infatti non voglio, rischierei di prendere delle delusioni. Io invece così sono tranquillo, svolgo bene il mio lavoro e sono contento.

«Fare Giro e Tour in un team così importante è un’ambizione, un’opportunità e una responsabilità al tempo».

Sono parole importanti quelle di Moscon. Lui parla di filosofia, noi ci sentiamo di dire consapevolezza. A 31 anni, ha totale consapevolezza, appunto, della persona e dell’atleta. E dunque onore a lui che sa riconoscersi e dare il massimo in questa nuova dimensione.

Di certo, se una squadra piena zeppa di grandi atleti come la Red Bull-Bora ti porta nella corsa più importante del mondo, dopo già aver fatto un grande Giro, un motivo ci sarà. Nulla si lascia al caso e i test di rendimento devono per forza aver dato un certo esito.

I sette alfieri di Roglic. Il pubblico di Lille ha riservato gli applausi più forti per Primoz (e anche per Alaphilippe)

Tutti per Primoz

Test di rendimento ma non solo. O meglio: come si valuta il rendimento di un pro’? E di un gregario in particolare? Non certo solo con i famigerati watt. E’ anche una questione di esperienza, di capacità di stare e fare gruppo.

«Alla Red Bull-Bora – racconta Moscon – mi trovo molto bene. Mi sono subito ambientato e sono davvero contento. Siamo un bel gruppo.

«Il mio ruolo? Più o meno come al Giro: cercare di essere presente nei momenti delicati e far risparmiare più energie possibili al capitano. Chiaramente, visto il livello attuale, dovrò lavorare di più nelle tappe veloci e mosse, perché in salita ora come ora, per stare davanti, mi servirebbe il motorino!».

Roglic è il leader della squadra, che sarà guidata da Enrico Gasparotto. Al suo fianco ci saranno altri ottimi atleti come Aleksandr Vlasov e Florian Lipowitz, secondo alcuni un possibile outsider di Vingegaard e Pogacar.

«Con Primoz, ma anche con gli altri ragazzi, è nata subito una certa sintonia. In particolare con Roglic non c’è neanche tutta questa necessità di parlarci più di tanto. A volte lo seguo io quando bisogna fare così, e lui sa che io ci sono. Tante volte è il contrario: lui mi segue perché si fida. Daremo il massimo. Come avete detto, siamo un’ottima squadra. Non la favorita numero uno, ma magari questo potrebbe essere un punto a nostro vantaggio».

Denz risolleva il Giro della Red Bull-BORA: ora tutti per Giulio

30.05.2025
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CESANO MADERNO – Uno scatto secco in una curva che girava a destra e non l’hanno più visto fino al traguardo. Nico Denz porta a casa la sua terza tappa al Giro d’Italia e la prima per la Red Bull-BORA-hansgrohe in questa edizione. Dopo la linea finale quasi non ci crede, sbatte la bici prendendola dalla parte alta del manubrio e digrigna i denti.

Il team austriaco dopo tanti problemi e qualche colpo sfortunato arriva a conquistare ciò che era considerato l’obiettivo minimo quando il gruppo si trovava in Albania. Con il passare dei giorni si era capito che non sarebbe stato semplice. Roglic nell’arrivo di Tagliacozzo si è fatto battere in astuzia e gambe da Ayuso. Ad Asiago è arrivata la fuga ma lo sloveno ha ceduto rimanendo fuori dal gruppo dei migliori.

Nico Denz, Red Bull-BORA-hansgrohe, Giro d’Italia 2025
Nico Denz, Red Bull-BORA-hansgrohe, Giro d’Italia 2025

I leader a casa

In un certo momento si è pensato che il Giro della Red Bull-BORA-hansgrohe si fosse sgretolato nelle fragilità di Roglic e della sfortuna di Hindley. Quando i due capitani designati si sono ritirati è cambiato tutto nella testa di chi era rimasto. Il primo a dare un segnale di questo tipo è stato il giovane Pellizzari, nella stessa tappa in cui Roglic ha alzato bandiera bianca. L’attacco del marchigiano sulla salita di San Valentino ha acceso gli animi dei tifosi ma per una formazione che vuole vincere e ha investito per farlo non basta un terzo posto anche se ambizioso e sorride al futuro.

«Eravamo partiti in questo Giro – racconta con il volto rosso a causa del caldo esploso ieri sulla corsa – con l’idea di vincere con Roglic o Hindley. Quando poi entrambi sono stati costretti al ritiro le cose sono cambiate. Il nostro diesse Christian Pomer mi ha guardato dicendomi che la tappa 18, quella di ieri, sarebbe stata perfetta per le mie caratteristiche. Prima di allora non eravamo focalizzati su una vittoria di tappa».

Cosa hanno voluto dire per voi i ritiri di Hindley e Roglic?

Non si tratta solo di due corridori che tornano a casa, ma anche di sogni che finiscono e di un sacco di lavoro che abbiamo fatto in prima linea che, alla fine, non è servito a nulla. Se decidi di essere triste per questo, allora ti deprimi e non fai nulla. Al contrario, se decidi di lottare, ed è quello che abbiamo fatto e faremo, può succedere qualcosa di bello.

Quanto è importante il successo di ieri per il team?

Tanto. La vittoria di ieri significa che ogni corridore qui è in grado di fare bene e la forza della Red Bull-BORA non si limita solamente a un uomo solo. E’ una caratteristica che siamo stati in grado di dimostrare anche nei giorni scorsi. Non ci siamo mai arresi.

La tua può essere l’unica vittoria per voi.

Forse, ma è arrivata ed era importante reagire dopo giorni difficili. Lo abbiamo fatto bene.

Nelle ultime due giornate sarà Pellizzari a fare la corsa con l’obiettivo di migliorare la posizione in classifica e magari vincere una tappa
Nelle ultime due giornate sarà Pellizzari a fare la corsa con l’obiettivo di migliorare la posizione in classifica e magari vincere una tappa
Arrivano due tappe importanti e impegnative, sosterrete Pellizzari?

Chiaro (dice senza nemmeno il tempo di metabolizzare la domanda, ndr). Giulio sta facendo un lavoro fantastico e sì, avrà tutto il supporto che possiamo dargli. Ciò che posso fare io per lui si concentra maggiormente nelle parti iniziali della tappa. Ovviamente cercheremo di dargli lo stesso aiuto che avrebbe avuto Roglic, in modo che possa avere la possibilità di ottenere il miglior risultato possibile.

Ora che obiettivi avrete?

Non abbiamo più obblighi d’ora in poi, abbiamo vinto una tappa. Insomma, possiamo solo divertirci e goderci la gara.

Lampi di Donati fra i campioni: la profezia di Nicoletti

04.04.2025
4 min
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Poco più di un anno fa, era il 25 aprile, raccontammo la vittoria di Davide Donati al Gran Premio Liberazione di Roma. Erano passati appena cinque giorni dall’incidente che avrebbe messo fine alla carriera del compagno Galimberti e a lui, ancora sedato in ospedale, il bresciano dedicò la vittoria. Azzeccò la volata perfetta nel gruppetto di testa e precedette Montoli e Biagini.

Quest’anno, con pari naturalezza ma con la maglia della Red Bull-Bora, Donati ha centrato il secondo posto nell’ultima tappa della Settimana Coppi e Bartali, vincendo la volata alle spalle di Jay Vine, davanti a Lutsenko e Sheffield. Se a 19 anni (in realtà saranno 20 fra tre giorni) è questo il suo livello, forse possiamo aspettarcene di belle. Nel frattempo, lasciando il corridore al suo percorso, abbiamo riavvolto il nastro e chiesto a Dario Nicoletti, suo diesse lo scorso anno alla Biesse-Carrera, di raccontarcelo, per scoprirne qualcosa di più.

25 aprile 2024, Donati precede il compagno Montoli e Biagini sul traguardo di Roma
25 aprile 2024, Donati precede il compagno Montoli e Biagini sul traguardo di Roma
Partiamo dalla fine: Donati ha vinto il Liberazione al primo anno e al secondo è partito verso la Red Bull: si sapeva dall’inizio?

No, è venuto fuori nel corso dell’anno. Il suo procuratore è Omar Piscina, con cui abbiamo un buon rapporto. E’ stato corretto e ci ha sempre tenuto informati sulle varie tappe. Dopo il Liberazione c’era già interesse sul ragazzo. Ho tentato in tutti i modi di trattenerlo, anche parlando con lui. Gli dicevo che secondo me lui è un predestinato e sarebbe potuto arrivare al WorldTour anche restando con noi. Ma non c’è stato niente da fare.

Predestinato?

A che livello non lo so, non vuol dire che diventa come Pogacar. Secondo me lui è destinato ad andare nel WorldTour. Ha valori molto importanti e una grande determinazione. Ha finito la maturità scientifica e quando ha pensato solo a correre, si è visto che è scaltro, sa stare in gruppo. In più ha dati fisici da corridore moderno. Che sia determinato l’ho toccato con mano nella seconda parte di stagione, quando ha avuto un calo. Si poteva pensare che avendo firmato con la Red Bull si fosse seduto, invece era furibondo perché non riusciva a tornare ai risultati di primavera.

Furibondo?

A Poggiana si è ritrovato in fuga con quelli della Jumbo-Visma. Si era staccato sulla salita, che è impegnativa. E siccome voleva rientrare a tutti i costi, ha rischiato troppo e si è schiantato in discesa. Me lo sono trovato sul marciapiede con la mano fratturata (il GP Sportivi di Poggiana 2024 è stato vinto da Nordhagen, ndr). Ha dovuto saltare diverse corse, è rientrato nel finale di stagione e ha fatto ancora qualche piazzamento in Puglia. 

Nella tappa finale di Forlì alla Coppi e Bartali, Donati vince bene la volata di gruppo alla spalle di Vine
Nella tappa finale di Forlì alla Coppi e Bartali, Donati vince bene la volata di gruppo alla spalle di Vine
Per cui i piazzamenti alla Coppi e Bartali stupiscono fino a un certo punto?

A me non stupiscono tanto, perché dopo un test fatto prima della stagione 2024, il nostro preparatore disse: «Ragazzi, questo qua è diverso!». Sapevamo di aver preso uno buono e i test ce lo hanno confermato. E poi lo abbiamo scoperto preciso in ogni cosa e determinato. Dispiace che sia andato via, ma lui è la conferma che alle devo a volte qualcosa scappa.

Lui era sfuggito?

Completamente. Era in ballo con una continental straniera, ma alla fine hanno preso un altro e lui è venuto con noi. Donati è davvero la conferma che i devo team non possono vederli proprio tutti. Anche se poi tornano indietro e se li portano via ugualmente (Nicoletti sorride con una punta di rassegnazione, ndr).

Cosa puoi dirci di suo fratello?

Si chiama Andrea ed è partito con l’handicap di un infortunio, perché anche lui si è rotto la mano in allenamento. Domenica scorsa è rientrato e andava già bene, ma è caduto ancora. Per fortuna non si è fratturato, però ha preso una botta fortissima al ginocchio e ha dovuto fermarsi. E’ forte anche lui, ha lo stesso procuratore e viene fuori dalla Trevigliese, come suo fratello.

La vittoria del Liberazione è stata l’unica nel primo anno da U23 di Donati: accanto a lui il ds Nicoletti
La vittoria del Liberazione è stata l’unica nel primo anno da U23 di Donati: accanto a lui il ds Nicoletti
Che futuro ti aspetti nel breve periodo per Donati?

Piscina ci ha detto che hanno per lui un bel progetto per le classiche. Lui forse ancora non ha ben capito che tipo di corridore potrebbe diventare, ma quando entri in quelle squadre, ti studiano, individuano quali sono i tuoi mezzi e vanno avanti per la strada che hanno scelto. Per cui non resta che aspettarlo. E io intanto faccio crescere un altro ragazzino interessante, un altro che è per ora è sfuggito ai devo team.

Pellizzari e il Natale pensando a Red Bull: «Sono nel posto giusto»

25.12.2024
5 min
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L’umore di Giulio Pellizzari è frizzante, come se fosse una bottiglia di spumante alla quale non vede l’ora di togliere il tappo perché sprigioni la forza delle sue bollicine. Il marchigiano è di ritorno dal primo ritiro con la Red Bull-Bora Hansgrohe con gli occhi che ancora luccicano (in apertura è con il suo mentore Massimiliano Gentili). Ma l’emozione si è quasi diradata lasciando spazio a pensieri profondi di un ragazzo pronto a diventare grande

«Ho un pochino di raffreddore – dice mentre si trova in aeroporto pronto per partire in direzione Venezia, da lì poi tornerà a Camerino in macchina – questi giorni non sono stati bellissimi a livello di meteo. Ha piovuto e ha fatto anche freddo, praticamente i pantaloncini corti non li abbiamo mai messi. Siamo stati dieci giorni a Palma de Mallorca ad allenarci e fare gruppo. E’ stato fantastico, mi sono divertito parecchio e ho preso le misure con la nuova realtà. E’ tutto ampliato, quello che prima era per uno ora è per dieci».

Nei dieci giorni a Palma de Maiorca la Red Bull-Bora non ha trovato un clima sempre favorevole (foto Instagram)
Nei dieci giorni a Palma de Maiorca la Red Bull-Bora non ha trovato un clima sempre favorevole (foto Instagram)

Come se fosse a casa

Ormai l’emozione del momento si è sciolta, Pellizzari ha preso confidenza con i nuovi compagni e la sua simpatia ha abbattuto ogni barriera. In squadra è uno dei più giovani, gli altri lo vedono e gli vogliono bene. Anche perché il ragazzo cresce a grandi passi. 

«Mi sono allenato con la gente che ho sempre visto in televisione – racconta – visto che ero nel gruppo degli scalatori. C’erano i vari Roglic, Hindley, Martinez e Vlasov. Ridiamo e scherziamo comunque, sono persone normali. Rispetto alla Bardiani c’è un altro modo di divertirsi, più adulto. Qui in Red Bull i corridori hanno tutti figli, da Reverberi eravamo un gruppo di diciottenni sempre con la risata in bocca. Anche questo fa parte della crescita».

Con questo post Instagram la Red Bull ha annunciato la presenza di Roglic al Giro d’Italia 2025 (foto Instagram)
Con questo post Instagram la Red Bull ha annunciato la presenza di Roglic al Giro d’Italia 2025 (foto Instagram)
Che giorni sono stati?

Tranquilli. Il gruppo degli scalatori inizia a correre abbastanza tardi. Io sarò il primo a iniziare a fine gennaio con tre gare proprio a Mallorca. Sinceramente non vedo l’ora di correre anche se saremo un gruppo misto, metà dal WT e metà dal devo team. Il diesse sarà Cesare Benedetti, che conosco molto bene, quindi sarà un inizio un po’ più morbido. 

Sei il più giovane del gruppo, cosa ti hanno detto i tuoi compagni?

Roglic mi ha parlato un po’ quando ha saputo che sarei stato tra le riserve del Giro d’Italia. Mi ha detto di non preoccuparmi che ho una carriera lunga davanti e di fare le cose con calma. Lui alla mia età non era ancora salito in bici. 

Prime pedalate e primi test per i corridori, ma senza fretta (foto Instagram)
Prime pedalate e primi test per i corridori, ma senza fretta (foto Instagram)
Ti dispiace essere riserva al Giro?

Da un lato certamente mi spiace, ma è comunque una scelta della squadra e la rispetto. Ognuno ha il suo programma. Ho parlato con Gasparotto e mi ha detto che fare il Giro con Roglic sarebbe un rischio perché intorno alla squadra si crea tanta attenzione e molta pressione. Per un ragazzo di vent’anni può non essere facile fare il gregario in una situazione del genere. Di contro sono stato inserito nella squadra della Vuelta. 

Sei felice di questa occasione?

Sì, perché proverò qualcosa di diverso. Inoltre la squadra ha scelto questo Grande Giro per due motivi: il primo per avere una minore pressione. Il secondo, invece, è perché potrei avere più libertà. Correre con Roglic vuol dire lavorare al 100 per cento per lui. E’ una garanzia: dove va, fa bene e vince. 

Pellizzari sarà uno dei più giovani del team, prima di lui c’è il solo Herzog
Pellizzari sarà uno dei più giovani del team, prima di lui c’è il solo Herzog
Poi hai anche nove mesi per ambientarti e capire.

Farò un calendario molto interessante e avremo occasione di capire come reagirò ai vari impegni. Per settembre conto di aver imparato come lavorare con la squadra e di apprendere ogni dettaglio. 

Che programma hai?

Dopo Mallorca andrò al UAE Tour e poi in altura a marzo per preparare il Catalunya che correrò con Roglic. Sarò ancora in Spagna ai Paesi Baschi e andrò anche al Romandia. Mi fermerò ancora per un altro ritiro e farò il Giro di Svizzera, Burgos e Vuelta. E’ un calendario bellissimo. 

Pellizzari sarà tra le riserve del Giro, per lui la squadra ha pensato potesse essere più utile la Vuelta
Pellizzari sarà tra le riserve del Giro, per lui la squadra ha pensato potesse essere più utile la Vuelta
Sei carico?

Non vedo l’ora di mettere la divisa per la prima volta, dopo tre anni cambiare è bello e stimolante. Qualche giorno fa mi hanno spedito il pacco da 25 chili a casa pieno di vestiti. L’ho aperto subito, un regalo di Natale bellissimo. 

Come ti senti tra i grandi?

Più che bene, sento di poterci stare. Inizialmente mi dispiaceva l’idea di correre poco in Italia, sarà per il prossimo anno. Magari farò le gare di fine stagione, ma non ne sono sicuro ancora. 

Altri corridori, come Piganzoli, sono rimasti in una professional un altro anno per correre il Giro da protagonisti e una volta fatto questo passo saranno pronti per il WorldTour. Tu ti senti già pronto?

Penso che da grande voglio essere un corridore vincente. Per fare ciò, questo era il passo giusto da fare. Provare a essere un atleta vincente e conquistare un Grande Giro vuol dire anche fare un passo come questo. Sono sicuro che se andrò forte avrò le mie occasioni e penso di essere nella squadra giusta. Qui mi possono dare il sostegno giusto, se puntano su un corridore lo fanno al 100 per cento.