Niccolò Bonifazio, Parigi Nizza 2020

Casa Bonifazio, Niccolò presenta Leonardo

20.12.2020
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Niccolò Bonifazio era così pronto per la Sanremo di marzo, che quando si è trovato a correrla ad agosto devono essergli girate un bel po’ le scatole. Il fatto è che il ligure, che vive a Monaco e per allenarsi fa ogni giorno di qua e di là dal confine, aveva fatto un bellissimo inverno che gli aveva permesso di vincere alle prime corse, perciò il lockdown è arrivato con la prepotenza del bullo che ti porta via il pallone quando è arrivato il tuo momento di fare goal. E visto che nei giorni scorsi avevamo chiesto a suo fratello Leonardo di parlare di Niccolò, siamo qui per rendergli il favore…

Niccolò Bonifazio, Saudi Tour 2020
Niccolò Bonifazio, vince la seconda tappa al Saudi Tour 2020
Niccolò Bonifazio, Saudi Tour 2020
Vince così la 2ª tappa al Saudi Tour 2020

«Avevo fatto tre mesi alla grande – dice con frasi brevi e rapide – mi ero preparato con una precisione incredibile, per partire forte come piace a me. La prima corsa, sono caduto. La seconda l’ho vinta ed eravamo al Saudi Tour. Poi mi sono ammalato la sera prima dell’Haut Var e a quel punto, dovendo rientrare alla Tirreno-Adriatico, ho fatto una settimana di scarico. E proprio durante quella, il sabato, mi chiamano in tutta fretta dicendo che la corsa Rcs è stata annullata e che devo presentarmi per la Parigi-Nizza. Ci sono arrivato un po’ indietro, ma la gamba c’era e appena ho ripreso a respirare bene ho vinto la quinta tappa. Poi anche la Parigi-Nizza è stata fermata. E si è fermato tutto…».

Maledetto lockdown, dovremmo dire…

Con tanto esercizio fisico e poca bici. Ho preso qualche chilo e quando abbiamo ricominciato non ero al 100 per cento e non riuscivo ad arrivare alle volate. Un bel problema. Il Tour, che era l’obiettivo di tutti, è stato il più duro che abbia mai fatto. Praticamente, invece di calare verso la terza settimana, siamo andati sempre ad aumentare. E anche le tappe di volata non è che fossero proprio delle giornate veloci. Ormai per fare gli sprint devi avere dei buoni test nei 20 minuti. E ovviamente ci rimettono i velocisti puri, che stanno sparendo.

Quindi adesso che hai ricominciato, qual è l’obiettivo?

Seguire lo stesso schema dello scorso anno. Sono ripartito il 20 novembre, con il mezzo dolce in bocca del secondo posto a Scheldeprijs, quasi alla fine. Voglio essere pronto subito. Il ritiro di dicembre è stato annullato e rimandato a fine gennaio. Voglio fare subito un bel numero di vittorie. Ripartire per due volte quest’anno è stato davvero duro. Anche mentalmente.

TI alleni da solo?

No, parto ogni giorno da Monaco e mi trovo a metà strada con Troia e poi andiamo incontro a mio fratello Leonardo che stanno entrambi in Liguria. Facciamo l’allenamento insieme e poi ce ne torniamo ciascuno verso casa sua. Magari però sotto le Feste me ne sto un po’ a casa dei miei anche io.

Niccolò e Leonardo Bonifazio (in bici) 2016
Nel 2016, Niccolò Bonifazio passa la borraccia al fratello Leonardo
Niccolò e Leonardo Bonifazio (in bici)Niccolò e Leonardo Bonifazio (in bici) 2016
Nel 2016, Niccolò e il rifornimento per Leonardo
Nei giorni scorsi abbiamo chiesto di te proprio a Leonardo, cerchiamo di ricambiare il favore. Come lo vedi?

Fisicamente sta molto bene, pedala forte. Ha giusto bisogno di ingranare nelle corse che contano, perché è abituato a fare quelle cui potevano partecipare le continental (lo scorso anno correva alla Sangemini, ndr) e quest’anno per chi come lui doveva ambientarsi è stato un anno perso.

La squadra cosa dice?

Alla Total-Direct Energie sono soddisfatti, ma ovviamente aspettano che dimostri qualcosa. E’ un buon corridore e soprattutto mi ascolta molto. Una cosa che non faceva quando conduceva un’altra vita. Tutto sommato, anche adesso su certe cose mi dà retta e altre no, ma quando si parla di ciclismo non sgarra.

Ad esempio?

Più si sale e più ci sono dettagli che fanno la differenza. Ieri ad esempio avevamo in programma di fare 3 ore, ma il meteo diceva che oggi e domani c’era rischio pioggia. Così abbiamo allungato fino quasi a 5 ore e lui non ha battuto ciglio.

Ha le tue caratteristiche?

E’ certamente veloce, ma più leggero di me. Speriamo riesca a ritagliarsi il suo spazio. Per scelta della squadra non facciamo lo stesso calendario, perché non vogliono che si appiattisca su di me. E anche se un po’ ci dispiace, è un bel segnale, perché vogliono che si metta alla prova e abbia il suo spazio. Insomma, sono suo tifoso almeno quanto lui lo è per me.

Salvatore Puccio, Giro d'Italia 2020

Puccio, i grandi capitani e un… piatto di pasta

01.12.2020
5 min
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Puccio sperava di starsene per qualche giorno in Umbria a godersi la campagna, invece si è ritrovato a fare l’infermiere. E così dopo una decina di giorni, quando è stato certo che sua sorella sarebbe potuta subentrare, ha preso sua moglie Francesca e il cane Ercole ed è tornato a Monaco.

«Non abbiamo fatto il ritiro – sorride – per il rischio di prenderci il virus. E ho scoperto di avere la famiglia tutta positiva. Non è stato bello. Ho fatto per dieci giorni l’assistente, per fortuna stanno tutti bene. Anche mio nonno Salvatore che ha 92 anni e vive in Sicilia, ma è venuto su per stare in famiglia. Ha cominciato a isolarsi prima mio fratello e poi gli altri. E così sono stato giù per fare la spesa e poco altro…».

Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto
Tosatto in ammiraglia (qui con Pinarello e la maglia rosa) ha fatto la differenza
Fausto Pinarello, Tao Geoghegan Hart, Matteo Tosatto
Tosatto ha cambiato pelle al Team Ineos-Grenadiers

Trentuno anni, un metro e 82 per 68 chili, “Salvo” è passato professionista nel 2011 con Sky e non se ne è più andato. Ha partecipato a 7 Giri d’Italia e 2 li ha vinti con Froome e Geoghegan Hart. Ha partecipato 6 volte alla Vuelta e ha vinto con Froome quella del 2017. Incredibilmente, vista la squadra in cui corre, non è mai andato al Tour.

Hai ricominciato ad allenarti?

Sì, ma con calma. L’allenatore ha detto di non andare oltre le due ore e mezza, piano piano. E da solo. Sono uscito un po’ di volte con Diego Rosa, ma dopo un mese di stacco preferisco ripartire per i fatti miei. Non c’è niente di peggio di uscire con gente che va troppo più forte.

Come è stato il post Giro?

Niente di speciale, ci siamo tutti un po’ dispersi. Qualche messaggio, ma rimanderemo il brindisi a quando ci troviamo. La classica cena di Natale la faremo in videoconferenza, sperando che passi tutto alla svelta. Ma devo dire che è stato un Giro stupendo, me lo dice anche la gente…

Quale gente?

In Umbria, per esempio. Mi dicono che siamo stati tutti bravi, che abbiamo animato il Giro. Che non ci avevano mai visto correre così. A parte il Giro di Froome, ma anche lì nelle prime due settimane avevamo corso al solito modo. Invece la caduta di Thomas ci ha consegnato un Giro da incorniciare.

Salvatore Puccio, Giro d'Italia 2018, Colle delle Finestre
Colle delle Finestre, Giro 2018: Puccio prepara l’attacco di Froome
Salvatore Puccio, Giro d'Italia 2018, Colle delle Finestre
Finestre 2018, si prepara l’attacco di Froome
Quanto è contato avere Tosatto in ammiraglia?

Toso ha un carisma diverso, senti che è cattivo, senti la passione. Lui si butta dentro, sentirlo alla radio ti motiva. A Brailsford piace la gente che sa di ciclismo, alla Ineos-Grenadiers non è una dittatura. E Toso il ciclismo lo vive dentro, ha corso fino a ieri in grandi squadre e con grandi capitani. I suoi consigli valgono oro. La sua cultura non la impari nei libri.

Hai più sentito Froome?

Non so se sia qui a Monaco. Mi dispiace che sia dovuto andare via, ma si è trovato con tutti questi giovani e la squadra non poteva fermarli. Lui vuole correre da leader, non potevi dirgli di tirare. A questo si sono aggiunti l’infortunio e l’incertezza del ritorno. Ma quello che ha fatto in 10 anni non si può negare.

Pensavi o pensi ancora che tornerà forte?

Quando sono tornato a casa dall’ospedale, la prima volta, dissi a mia moglie che era finita lì. Aveva una gamba normale e l’altra praticamente non c’era più. Ma se penso che ancora zoppica e ha finito la Vuelta, credo che Chris davvero non sia una persona normale. Tornerà a vincere, per tutta la fatica che ha fatto. Ha tanto sudore addosso. Talento e lavoro.

Non sarebbe mai stato pronto per il Tour, però…

E’ stato sfortunato. Gli serviva correre, qualunque gara gli sarebbe stata buona, invece si è ritrovato come tutti sui rulli. E’ già difficile essere competitivi preparandosi normalmente, immaginate voi così.

Come ti trovi in mezzo a tante facce nuove?

Col mio carattere, non ho mai avuto problemi con nessuno e in mezzo a tanti ragazzi, comincio a sentirmi vecchietto. Mi rispettano tutti, nessuno dice male di me. Del resto, non mi sono mai legato a un capitano, io sono un corridore della squadra, voglio poter lavorare con tutti.

Salvatore Puccio, mondiali di Harrogate 2019, pioggia
Pedina chiave anche in azzurro: qui nel diluvio di Harrogate 2019
Salvatore Puccio, mondiali di Harrogate 2019, pioggia
Pedina chiave anche in nazionale. Qui nel 2019
Hai mai avuto offerte per andare via?

Anni fa qualcuno venne. Ma sono nella squadra numero uno. Siamo trattati da re, soprattutto qua a Nizza. Con tanti capitani c’è sempre da lavorare. Questo progetto è nato 10 anni fa e non è mai successo che si siano seduti. Siamo sempre aggiornati, cosa vuoi lamentarti? Se la manica del body è troppo larga, arrivano e te la fanno trovare stretta.

Come andiamo con la tavola?

I primi tempi c’erano tante leggende e magari lo chef ancora oggi mette a tavola bacche e succhi strani. Ma a parte che adesso quasi tutte le squadre seguono la stessa linea, mi ricordo che al primo anno rimasi a bocca aperta vedendo al buffet quante cose Boasson Hagen fosse stato capace di mettere in un solo piatto. Ci sono alimenti particolari, però magari nessuno li mangia. E ci sono anche ketchup e maionese, che in certe squadre italiane non si vedono proprio. Abbiamo i nostri nutrizionisti che indicano le quantità, ma io nonostante tutto sono italiano e preferisco la linea italiana. A me la pasta non la devono toccare…

Fausto Masnada, Joao Almeida, Tao Geoghegan Hart, Madonna di Campiglio, Giro d'Italia 2020

Masnada vola fra Caruso e grandi sogni

Giada Gambino
30.11.2020
3 min
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E’ lunedì mattina, a Montecarlo fa freddo, Masnada indossa i vestiti invernali. Mette il casco, prende gli occhiali e mentre sta per posizionarli sul viso, il suo sguardo è rivolto verso l’orizzonte. E improvvisamente, le pupille dei suoi occhi si dilatano come se volesse guardare ancor più lontano: cerca di carpire cosa ha in serbo per lui il futuro

«Se ripenso a come si è completamente rivoltata questa stagione mi vengono i brividi. Dovevo correre con la CCC Team e invece, causa Covid, mi sono ritrovato a stagione già iniziata alla Deceunick-Quick Step che, accogliendomi calorosamente, mi ha fatto sentire subito a casa. Conoscendo già molto bene alcuni corridori come Ballerini, Cattaneo e Bagioli, è stato un po’ come se facessi parte della squadra già da tanto tempo». 

Fausto Masnada, San Giovanni Rotondo, Giro d'Italia 2019
Vince a San Giovanni Rotondo, Giro d’Italia 2019, e si spalancano le porte del WorldTour
Fausto Masnada, San Giovanni Rotondo, Giro d'Italia 2019
San Giovanni Rotondo, Giro 2019: il sogno!

Sullo Stelvio

Posa gli occhiali da sole sopra il naso, stringe gli scarpini e sale sulla bici. Si guarda attorno, ammira l’azzurro del mare della costa. Ci sono pochissime macchine, la mattina presto non c’è alcun rumore, è il luogo perfetto per allenarsi e concentrarsi. La strada inizia a salire, Masnada si alza sui pedali e un ricordo improvviso gli giunge alla mente.

«Inizio a scalare lo Stelvio, sento le voci di tanti tifosi che urlano il mio nome così forte che quasi riescono a spingermi. Le mie gambe rispondono al meglio, sto bene e il mio obiettivo è uno solo: aiutare Almeida a difendere la maglia rosa. Mi volto, Joao è alla mia ruota, sono rimasto solo io. Sono il suo ultimo uomo e questo è un motivo di grande orgoglio; ha sempre mostrato tanta gratitudine nei confronti del lavoro che abbiamo fatto per lui. Ci ha sempre dato tanta fiducia e questo è stato determinante per costruire un clima sereno all’interno della squadra. 

«Improvvisamente, però, sento che dalla radiolina mi dicono qualcosa, mi volto e vedo una macchia rosa che perde sempre più terreno. Mi fermo ad aspettarlo e cerco di motivarlo il più possibile. E’ il mio capitano, la maglia rosa, devo proteggerlo. In questo momento sì che mi sento un vero professionista!».

Fausto Masnada, Delfinato 2020
Delfinato 2020, corre per pochi mesi alla CCC, poi passa alla Deceuninck-Quick Step
Fausto Masnada, Delfinato 2020
Pochi mesi alla CCC, poi la Deceuninck

Come Caruso

Il suo volto si illumina ed accenna appena un sorriso di soddisfazione.

«Aiutare la maglia rosa, proteggerla e sostenerla è stato gratificante quasi quanto una vittoria. In questo mi rivedo molto in Damiano Caruso. Anche se i miei punti di riferimento sono Froome per il suo essere preciso e calcolatore e Nibali per la sua fantastica imprevedibilità, mi rivedo molto di più nel corridore ragusano. Credo che sarà proprio questo il mio ruolo nei prossimi anni. Certo, vincere è tutt’altra cosa…

«Quando due anni fa ho vinto la tappa del Giro a San Giovanni Rotondo – prosegue Masnada – ho provato un concerto di emozioni indescrivibili. Era il mio sogno fin da bambino e riuscirci è stato un po’ come una liberazione da tutti i sacrifici fatti. Quando ho superato il traguardo il primo pensiero è andato a mio zio che era morto una settimana prima dell’inizio della Corsa Rosa, ho sentito il cuore esplodere. Ma poter stare accanto, per tutte le tre settimane del Giro, ad una promessa come Almeida ed aiutarlo è stata una bellissima esperienza!». 

La sua corsa

Masnada, però, non ha fatto solo questo, non si è limitato a fare da grande gregario a Joao. Ha concluso la sua corsa in nona posizione nella classifica generale regalando, insieme al settimo posto di Nibali, tanti sorrisi agli italiani. Forse non si è parlato abbastanza di questo ragazzo durante il Giro, non si è prestata la giusta attenzione al duro lavoro fatto. Ma certamente, in futuro si parlerà tanto di lui. 

Inizia la di discesa, Fausto assume la posizione aerodinamica e si lancia sicuro… verso le due grandi corse a tappe che gli hanno già… promesso per il 2021. Per aiutare al meglio Remco ed Almeida.

Elia Viviani, Rio 2016

Viviani, come si passa dalla strada alla pista?

14.11.2020
3 min
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L’ultimo concetto approfondito con Elia Viviani in tema di preparazione riguardava il tempo necessario affinché i lavori più duri su pista si trasformino in vantaggi su strada. Resta però aperta una questione molto importante legata alla posizione in bicicletta, dato che le ultime tendenze hanno reso molto più esasperato l’assetto in sella del pistard.

Elia Viviani, Rio 2016
Rispetto a Rio, la bici per prove di gruppo è più lunga di 3 centimentri
Elia Viviani, Rio 2016
Rispetto a Rio, la bici per prove di gruppo è diversa
Com’è passare dalla bici da strada a quella da pista e viceversa?

Non è mai stato traumatico, vediamo se lo diventa con il passare del tempo. Ora in pista si spingono rapporti esagerati e la posizione non è certo da meno. La bici della corsa a punti, uguale per uomini e donne, ha il telaio di 3 centimetri più lungo rispetto a quella di Rio. Si chiama Maat, in più ha il manubrio da 38 anziché da 42 come su strada e i cornetti che ci sono in cima servono per piegarsi di più. Si deve essere aerodinamici al massimo anche nelle prove di gruppo, quindi si fa in modo di allungarsi al limite.

Elia Viviani, manubrio bici De Rosa, 2020
Il manubrio da strada di Viviani è largo 42, quello da pista scende a 38
Elia Viviani, manubrio bici De Rosa, 2020
Manubrio da strada da 42, per Viviani, in pista da 38
Parlavi dei rapporti.

A Rio ho usato il 53-54×14 adesso mi pare si stiano allungando anche quelli. Ma siccome l’incognita del passaggio fra le due bici ce l’ho ben presente, si è deciso che in tutti i ritiri avrò con me la bici da pista, fosse anche per farci i rulli al mattino o quando è brutto. Saremo nell’anno olimpico e questa attitudine va coltivata.

La posizione sulla tua De Rosa da strada è cambiata in parallelo o quella non si tocca?

Non la tocco da quando sono neopro’. L’altezza di sella e l’inclinazione non si cambiano, altrimenti lo pago con le ginocchia. L’altezza del manubrio l’abbiamo sistemata a fine 2015 con Sky ed è perfetta. Pedivelle da 172,5 su strada e su pista e il 54 che ormai usano tutti i velocisti.

Non solo i velocisti, a dire il vero.

Sono stati gli ultimi uomini del treno a usare il 54 o il 55 per fare delle progressioni più regolari. Poi di riflesso anche i velocisti. Ai campionati italiani sono rimasto colpito dal fatto che Nizzolo abbia usato il 56, però ha un senso. Solo di recente Giacomo ha un treno, per cui dovendo fare le volate di rimonta da dietro, il 56 si spinge bene. E se viene duro, puoi sempre usare il 12. 

Matteo Trentin rulli lockdown 2020, Gianni, Jacopo

Sui rulli con Matteo, bevendo acqua e sali

11.11.2020
3 min
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La sveglia in casa di Matteo Trentin suona fra le 7,30 e le 8. Questo articolo è la prosecuzione ideale del precedente: per avere un quadro di insieme, vi conviene andare a leggerlo.

Matteo dunque scende dal letto e si dedica allo stretching. Poi, prima di uscire, avendo raccontato che al massimo per le 9 vuole essere in bici, si sposta in cucina per la colazione. Il neo acquisto della Uae Team Emirates non cucina né sembra avere voglia di farlo.

Colazione?

Dipende dall’allenamento. Se devo uscire a digiuno, un caffè. Altrimenti un uovo, cereali, un po’ di latte. Quando i bar erano aperti, a casa prendevo un thè verde. Adesso che i bar sono chiusi, perché la Liguria è diventata arancione, il caffè lo prendo a casa. E forse questo mi aiuterà a prenderne di meno. Sono arrivato anche a 10 al giorno e non è detto che faccia proprio bene.

Cosa metti in tasca quando parti da casa?

Un paio di barrette al muesli, una o due banane, oppure dei paninetti o crostatine. Una volta bastavano i 10 euro della salvezza, adesso neanche più quello…

Matteo Trentin, Claudia Morandini, Gianni, Jacopo
Dopo il lockdown, la voglia di stare all’aria aperto in famiglia
Matteo Trentin, Claudia Morandini, Gianni, Jacopo
Dopo il lockdown tutti all’aria aperta
Per il Covid?

Esatto, non puoi fermarti. Nella borraccia invece metto solo acqua. I sali li ho usati solo quando siamo stati per due messi attaccati ai rulli. Sudavo come una bestia (nella foto di apertura è con i figli Gianni e Jacopo, proprio sui rulli).

Rientri dalla bici e come pranzi?

Dipende dall’orario. Se faccio distanza e arrivo alle 16,30, sto leggero e aspetto cena per mangiare bene. Quindi prendo una piadina con pomodoro e prosciutto, un po’ di formaggio, oppure una bistecca o un trancio di pesce.

E a cena?

Pasta, se ho fatto distanza. Un bel piatto di pasta, visto che a Claudia piace cucinare.

In questo periodo in teoria anche Matteo deve anche perdere qualche chiletto?

Ho trovato il mio equilibrio, per fortuna. Ma anche per dimagrire serve un certo sistema. Mangi di più se fai distanza, perché il sacco vuoto non sta in piedi. Per il resto prediligi verdura o frutta. Certo non posso sfondarmi di carbonara…

Non ti piace?

E’ buonissima! E nel ciclismo mi tocca anche combattere per spiegare che non si usa la pancetta, ma il guanciale. E che non si mette la panna. Corridori! Non sanno le cose e pretendono di dirti come si fa. Comunque ieri a casa abbiamo mangiato la pasta al nero di seppia con calamari e pomodorini. A me è toccato scegliere il vino bianco. Di sicuro evitiamo la pasta in bianco.

FIlippo Ganna, Rohan Dennis, Sestriere, Giro d'Italia 2020
Nei Giri conta quello che mangi dopo la tappa: qui Ganna a Sestriere
FIlippo Ganna, Rohan Dennis, Sestriere, Giro d'Italia 2020
Nei Giri conta mangiare dopo la tappa: qui Ganna e la Ineos
Neanche più alle corse?

Abolita. Finché la mangi, la digerisci, la assimili e quella si trasforma in glicogeno, sei già sul bus verso l’hotel. Qualcuno che fa colazione prestissimo se la ritrova in finale, ma si può sostituire benissimo con un bel carbo-loading, che si può anche dire carico di carboidrati, visto che siamo italiani. Si comincia da due giorni prima e le scorte ci sono.

E nei Giri?

Nei Giri fai carico tutti i giorni. Ma in quel caso è più importante quello che mangi sul pullman dopo la corsa. Se pretendi di integrare tutto a cena, ti gonfi, non digerisci e dormi male. Nei Giri dopo un po’ non mangi perché hai fame, mangi perché devi tenere il motore in ordine.

Vino a tavola?

A volte, dipende dai giorni. Se non ti sfondi come se non ci fosse un domani, i piaceri della vita vanno coltivati, sennò salti di testa.

Matteo Trentin, campionati italiani 2020

Trentin, triplette e la domenica libera

11.11.2020
4 min
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Andare al parco con Jacopo è un bell’impegno, per questo a volte Trentin si distrae dal discorso. Il bimbo è vivace almeno quanto il padre, per cui una volta c’è da pregarlo che non lecchi lo scivolo e un’altra da consolarlo perché il gattino con cui giocherellava l’ha graffiato. Matteo è ancora in fase di recupero, ma avendo ricevuto la nuova Colnago, non esclude di usarla venerdì per una prova generale, prima di ripartire sul serio da lunedì. E noi di questo vogliamo che parli. Di come si allena, mangia e recupera. Per capire cosa ci sia dietro le scene di corsa e magari leggere in modo meno frettoloso alcune situazioni.

Matteo Trentin ciclocross
Trentin ha corso regolarmente nel ciclocross fino al passaggio nel 2011
Matteo Trentin ciclocross
Azzurro nel cross nelle categorie giovanili
Prima cosa, è cambiato molto per l’allenamento spostandoti dalla Valsugana a Monaco?

Sono cambiati il terreno e la temperatura. Qui è un po’ più caldo, ma non c’è poi tanta pianura. Ogni ambiente nuovo ha bisogno di adattamento, per cui i primi tempi li ho passati cercando strade e giri da fare.

E’ cambiata tanto la preparazione da quando sei professionista?

A grandi linee ho fatto sempre le stesse cose, però ogni anno si lavora sempre più in modo specifico. Bisogna andare meglio in salita, perché i percorsi sono più duri e ormai non trovi quasi più dislivelli inferiori ai 3.000 metri. I misuratori di potenza rendono più semplici alcune cose, ma allenarsi non è affatto più semplice. Se hai capito come fare, fai anche meno chilometri. Ma se hai un calendario fitto di gare, allora la preparazione non può essere mai precisa.

Manca continuità?

Certo. Non a caso quelli che vanno forte, ogni tanto spariscono. Si prendono il giusto tempo per lavorare. Prendi Roglic, uno che corre sempre tanto. Dopo il Tour ha corso il mondiale, quindi ha vinto la Liegi, è tornato ad allenarsi e poi è andato alla Vuelta. Se non fai così, non riesci a prepararti bene.

Come funziona la tua settimana di allenamento?

Non guardo i giorni, mi cambia poco che sia lunedì o martedì. La sola cosa che cerco di fare è di tenermi libero la domenica, ma so già che una ogni due settimane potrebbe toccarmi. Faccio blocchi di tre giorni e poi uno di riposo. A volte il secondo blocco può essere di due giorni, dipende dal lavoro che faccio. Di solito gestisco da me. Mi consulto, ma mi piace anche esplorare.

A che ora ti svegli?

Dipende. Con i bimbi a scuola, alle 7,30. Con i bimbi a casa, alle 8. Faccio in modo di essere in bici per le 9, così che non mi prenda tutta la giornata e possa tornare per stare il pomeriggio coi bimbi.

Tripletta, dunque: come funziona?

A ritroso. L’ultimo giorno è sempre il più lungo, se devo lavorare sul fondo a meno intensità. Il secondo giorno ci metto lavori di brillantezza di 20-30 minuti. Il primo giorno, che sono più fresco, faccio volate e lavori brevi di 5 minuti.

Le triplette compongono uno schema più ampio?

Esatto, tre blocchi che si ripetono. Due settimane di forza. Due settimane di capacità lattacida. Due settimane in cui unisco le due cose. Si parla di un mese e mezzo, quello che ho davanti adesso. In una stagione come l’ultima era quasi impossibile e non potevi sbagliare niente. Infatti si sono viste le differenze. C’è chi ha sbagliato tutto. Chi come me stava nel mezzo. E chi ci ha preso in pieno.

Quante distanze fai?

In base alla corsa che preparo e alle sensazioni. In due settimane può capitare che faccia per quattro volte uscite di 7 ore. Anche se le distanze…

Matteo Trentin, Freccia del Brabante 2020
Terzo alla Gand-Wevelgem, battuto da Pedersen e Senechal
Matteo Trentin, Freccia del Brabante 2020
Terzo alla Gand-Wevlgem
Cosa?

Una volta che hai acquisito il fondo, conta molto lavorare sull’anaerobico, che si fa meglio in corsa che a casa. E’ la lezione di chi arriva da cross e mountain bike. Ormai funziona che a un’ora e mezza dall’arrivo si accelera in modo violentissimo e loro hanno quella capacità enorme di andare fuori giri.

E allora perché hai mollato il cross?

Prima di tutto, perché non ero così forte a livello internazionale da convincere le mie squadre a incoraggiarmi. Poi perché non ho tempo e qui nel Sud della Francia non se ne fa. Continuo a farne un po’, l’anno scorso sono arrivato terzo a Scorzè. Ma scherzi a parte, ho cercato il modo di compensare quella preparazione e l’anno scorso ad esempio ero arrivato a quel tipo di gamba e si è visto da come andavo in salita. E comunque se fai tutto l’anno su strada, d’inverno devi recuperare. Fra un po’ se ne accorgeranno i due fenomeni del momento…

Quale il lavoro che ti piace di meno?

Il medio, quei 25-30 minuti sempre allo stesso ritmo.

Quale ti piace di più?

I lavori brevi e vivaci di 7-8 minuti. Un momento, aspetta… Mi piacciono quando sto bene, altrimenti a inizio stagione sembro un pesce palla, come appena uscito dal letto di un ricovero per anziani.

Vai in palestra?

Ci andavo quando erano aperte e anche questo fa la differenza. Vado due volte a settimana per i lavori di forza. A casa non ho spazio e poi preferisco lavorare nel modo giusto, con lo stimolo di fare bene. E’ capitato anche che andassi prima a fare le volate, poi in palestra a fare forza e poi continuassi in bici per velocizzare.

E lo stretching?

Leggero, tutte le mattine

E la sera a letto a che ora?

Alle 22,30 massimo le 23. Se facciamo assembramenti anche a mezzanotte. Ma con due bambini, anche il dopo cena è un bel momento per recuperare.

Adesso allora parliamo di alimentazione…

Guarda per quello servirebbe un altro articolo.

E che problema c’è. Ci spostiamo nell’altra stanza

Giulio Ciccone, Monaco, autunno 2020

Ciccone e un inverno per… ricostruirsi

06.11.2020
3 min
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Il comunicato della Trek-Segafredo è arrivato nel mattino della crono di Valdobbiadene: Ciccone non parte. Dopo una serie di esami presso l’ospedale di Bassano del Grappa, l’abruzzese si ferma. Il suo Giro finisce qui. Giulio si ferma e poi sparisce. Conoscendolo, non è difficile immaginare il fastidio di abbandonare la squadra alla vigilia delle tappe più importanti. Ma se Cicco decide di mollare, allora sta male davvero. E magari ne avrà le tasche piene di questa stagione che doveva spalancargli la porta del paradiso e si è trasformata in un baratro.

Sono passati venti giorni e di Giulio si erano perse le tracce. Era giusto lasciargli lo spazio per rielaborare la delusione, ma adesso il tempo è maturo. E il timbro di voce dell’abruzzese da Monaco è migliore di quanto si potesse immaginare, anche se la situazione non ancora del tutto superata e questo dà la misura di quanto il Covid sia materia sconosciuta.

Cicco, come va?

Mi sono curato, mi sto ancora curando. Ho dovuto fare altri accertamenti, il covid non era passato del tutto. E adesso sono totalmente fermo. Così fermo che, per passare il tempo, sto giocando con i Lego.

E’ stato incauto partire per il Giro?

I dati erano buoni, non è stata una scelta casuale. Avevo i test giusti, ma il freddo è stato più forte. Il covid non è un’influenza che passa e riparti, ma è talmente sconosciuto che fai fatica a inquadrarlo. Il Giro d’Italia non è una cosa banale. Porti il fisico al limite e te ne accorgi.

Giulio Ciccone, Roccaraso, Giro d'Italia 2020
Il freddo di Roccaraso, nonostante la buona prova, ha dato inizio ai problemi
Giulio Ciccone, Roccaraso, Giro d'Italia 2020
I primi problemi per il freddo di Roccaraso
Quando te ne sei accorto?

I primi giorni facevo fatica a livello di gambe. Lo sapevo, venivo da una lunga sosta. Poi piano piano sono iniziati i segnali positivi, soprattutto a Camigliatello. Però contemporaneamente col freddo sono arrivati i primi problemi di respirazione e ogni giorno si è fatta più dura. Il primo giorno veramente negativo l’ho avuto quando ha vinto Sagan a Tortoreto. Lì ho cominciato ad accusare.

Come stavi a quel punto?

Il morale era alto, il fisico perdeva colpi. E dire che aspettavo solo la terza settimana…

E’ stato duro fermarsi ancora?

Per un verso sì, per l’altro era il modo di chiudere definitivamente questa stagione orrenda. Tolto Laigueglia, non è mai andata bene. Almeno adesso si riparte da zero. Gli accertamenti hanno detto che ne sto uscendo. Era già nei miei piani fare 20 giorni di stop, adesso mi hanno fermato completamente. Devo recuperare.

Dicono che con te in corsa, lo strapotere degli stranieri sarebbe sembrato meno importante.

Sono abbastanza critico su questa cosa degli stranieri e mi infurio. Noi italiani ci pestiamo i piedi da soli. Ci esaltiamo e ci buttiamo giù. L’anno scorso e non perché ci sia di mezzo proprio io, dopo Giro e Tour ero l’erede di Nibali, ma siccome il Giro è andato male, non esisto neanche più. Abbiamo tanti giovani forti, davanti ai quali io mi sento un po’ vecchio. Ma sono più che convinto che in una stagione normale, avrei potuto dire la mia. Invece è saltato tutto.

Con che spirito ripartirai?

Riparto arrabbiato. Non come l’anno scorso, che ero quasi senza aspettative. Ovviamente non rischierò di strafare, perché la squadra mi segue, ma sono carico a molla.

Cosa resta del primo anno ad imparare da Nibali?

Un anno zero sul piano dell’esperienza. Al ritiro di San Pellegrino abbiamo lavorato tanto e bene. Al Giro invece è stato tutto storto, l’opposto di quello che ci aspettavamo. Si è creato un bel gruppo, ma il nostro obiettivo principale si è trasformato in un calvario.

Hai seguito il resto del Giro in tivù?

Un po’, ma siccome mi giravano, guardavo solo i finali.

Come sta tua madre?

Bene, grazie. Ha finito un ciclo di terapie e adesso si riguarda.

Sei stato in Abruzzo dopo il Giro?

Sì, qualche giorno, poi sono venuto a Monaco per riprendere la stagione. Fra un paio di settimane ricomincerò ad allenarmi e vorrò il clima più caldo.